Informazione

[ en francais: KKE - à propos du parti de la gauche européenne
http://it.groups.yahoo.com/group/jugoinfo/message/172 ]


Partito Comunista di Grecia (KKE) - Comitato Centrale
http://www.kke.gr

Atene, 21 settembre 2005.

Cari compagni,

con la presente, vorremmo darvi maggiori dettagli sulla nostra
posizione nei confronti del "Partito della Sinistra Europea" (PSE)
che, come probabilmente saprete, terrà il suo primo congresso ad
Atene, il prossimo 29 e 30 ottobre 2005.

Le ragioni per le quali il nostro partito non partecipa a questo
progetto sono note: riguardano il contesto stesso dell'esistenza di
questo partito, le relazioni che intrattiene o che sta pianificando
con le istituzioni dell'Unione Europea e, naturalmente, la sua
piattaforma politica ed ideologica.

Cari compagni,

la cooperazione e l'azione comune tra i partiti comunisti ed operai
così come tra le forze, i movimenti ed i partiti antimperialisti sono
in generale una condizione essenziale per lo sviluppo delle lotte e
del rovesciamento degli equilibri sfavorevoli nei rapporti di forza in
Europa e nel resto del mondo.

Questa cooperazione deve assolutamente migliorare e deve poggiare sul
rispetto della sovranità e dell'uguaglianza nelle relazioni tra partiti.

Tutto ciò è tanto essenziale e vitale, a nostro avviso, altrettanto
quanto è pericoloso e nefasto per lo stato futuro ed attuale del
movimento la costituzione di un assembramento di forze differenti in
seno ad un solo partito, con una sua gerarchia interna e dei partiti
"preponderanti", sotto l'egida e le linee di condotta del centro
imperialistico che si chiama Unione europea.

La creazione del PSE esprime, secondo noi, la tendenza alla
capitolazione assoluta di fronte all'attuale equilibrio negativo dei
rapporti di forza, tendenza che porta ad una nuovo vicolo cieco per il
movimento operaio e di sinistra in Europa. Inoltre questa tendenza,
senza tener conto delle intenzioni e delle dichiarazioni soggettive,
esalta oggettivamente l'accettazione fatalistica dei limiti imposti
dalla "legalità" imperialista. Il PSE, secondo ciò che emerge dalla
lettura del suo manifesto e dei suoi statuti, rigetta le tradizioni
comuniste e l'esperienza delle rivoluzioni socialiste del ventesimo
secolo, così come la teoria del socialismo scientifico.

Dalla sua fondazione fino ad oggi, ci sono stati diversi sviluppi e
diverse prove che confermano questa posizione:

# Il programma del PSE non fa in nessun modo riferimento al socialismo
come un suo obiettivo.

# Secondo i suoi documenti, è evidente che la sua fondazione è stata
la risultante di un processo tra i più oscuri. Questi documenti
stabiliscono una relazione evidente con la deviazione fallimentare del
cosiddetto "eurocomunismo" e la sua ostilità verso il movimento
comunista e di liberazione.

# Si dichiara apertamente l'ostilità al socialismo, così come
l'abbiamo conosciuto in Europa ed in URSS nel ventesimo secolo.
Minimizza e calunnia il contributo ed il ruolo stesso di questo
socialismo. Minimizza di molto persino le responsabilità
dell'imperialismo nel fascismo e nella guerra disprezzando in maniera
evidente il ruolo di avanguardia dei partiti comunisti nella
resistenza dei popoli.

# Riprende la becera posizione anticomunista che afferma che i partiti
comunisti fossero patrocinati da forze esterne ai propri paesi e, più
precisamente, da Mosca. Sviluppa tutta la discussione che riguarda la
"condanna dello stalinismo" e, simultaneamente, riprende l'offensiva
anticomunista delle classi dirigenti a proposito del 60° anniversario
della vittoria sul fascismo. Questo dimostra chiaramente fino a che
punto il suo orientamento ideologico è invischiato con la corrente
anticomunista contemporanea.

# La stupefacente assenza di una qualsiasi iniziativa per resistere
alle macchinazioni antidemocratiche ed anticomuniste e l'assenza di
sostegno alle lotte antimperialiste non è casuale.
Per questo non c'è nessuna reazione da parte sua (del PSE, ndt) al
fatto che diversi partiti comunisti in Europa sono dichiarati
illegali. E nessuna reazione c'è stata alla mozione anticomunista,
proposta all'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, che mira
all'esclusione dei comunisti dalle elezioni. Non il minimo sostegno
neanche ad uno degli avvenimenti antimperialisti mondiali più
importanti, ossia il XVI° Festival Mondiale della Gioventù e degli
Studenti.

# Il PSE rifiuta il principio di base dell'uguaglianza, del rispetto
della sovranità e della non ingerenza negli affari interni dei
partiti. Prevede una "affiliazione individuale", entra nel merito "del
modo in cui i partiti-membri nazionali garantiscono la democrazia e
l'indipendenza nella espressione delle opinioni al loro interno".
Nessuno si stupirà, allora, se ci sono stati già tre casi, finora, in
cui il PSE è intervenuto negli affari interni di alcuni partiti-membri.

# In un momento in cui il trattato costituzionale è morto, e in cui
una nuova dinamica positiva emerge in seno all'Europa, confutando gli
argomenti secondo i quali i popoli dovrebbero "accettare l'Europa in
quanto realtà", il PSE è il primo a rilanciare questo argomento e a
parlare della necessità di "proposte di alternative concrete in vista
di un'altra costituzione europea". Ecco che rimette la questione sul
tavolo persino prima che i dirigenti stessi dell'UE pensino di
rilanciarla.

Noi siamo dell'avviso che gli elementi sopra citati rafforzino il
nostro punto di vista che il PSE sta imboccando una strada pericolosa
- l'impasse - che conduce all'estinzione dell'identità comunista e
all'integrazione in seno alle strutture dell'UE.
Inoltre, mina gli sforzi di coordinamento e di cooperazione su base
egualitaria dei partiti comunisti, di quelli operai e di quelli di
sinistra nella loro opposizione al centro imperialistico europeo e,
più in generale, al sistema capitalista.

Cari compagni,

durante questo periodo, nel nostro paese così come in Europa, si sta
sviluppando una lotta di classe accanita contro le linee politiche
reazionarie, esaltate dalla strategia di Lisbona, e contro la
direzione generale dell'UE. La messa in piedi di questo congresso e il
perseguimento del rafforzamento di questa formazione filo-UE non hanno
niente di positivo da offrire alle lotte che si stanno sviluppando. Al
contrario, questa formazione entrerà in conflitto con le speranze e le
attese dei lavoratori e dei giovani nei partiti e nelle forze
comuniste ed anticapitaliste.

Dimitris Koutsoumpas,
membro dell'Ufficio Politico del CC del KKE

(Fonte: http://it.groups.yahoo.com/group/aa-info/ )

riceviamo e giriamo
---------

AI LAVORATORI E AI CITTADINI ITALIANI LE BASI USA COSTANO CARE

E così quello che sospettavamo ha trovato conferma nella denuncia del
parlamentare Mauro Bulgarelli: i nostri soldi – i soldi dei lavoratori
e dei cittadini italiani – contribuiscono, per centinaia di miliardi
di euro l'anno, alle spese per il mantenimento delle basi USA in
Italia. Esistono accordi segreti bilaterali che hanno resistito nel
tempo alle legislazioni passate e ai governi di centrodestra e
centrosinistra. Con il governo Berlusconi lo stanziamento finanziario
è gradualmente aumentato nel tempo, ma con il passato governo D'Alema
il "contributo" dello Stato italiano è stato molto più consistente.

Viene da pensare al crescente grado di militarizzazione del territorio
italiano in funzione delle strategie di "guerra infinita" USA, alle
esercitazioni nucleari e ai pericoli per la vita delle popolazioni e
all'inquinamento ambientale, ai pesanti condizionamenti sulle
istituzioni pubbliche nei territori, al ruolo delle basi nelle
aggressioni e nei bombardamenti di altri paesi, alle azioni "sporche"
antiterrorismo. Il sequestro di Abu Omar nel 2003 e le torture subite
nella base di Aviano da parte di agenti dei servizi segreti
statunitensi, ci convince sempre di più sulla necessità di cercare di
imporre la messa all'ordine del giorno dell'agenda politica nazionale
la questione delle basi militari, il superamento di tutti i segreti e
l'uscita dell'Italia dalla condizione di paese a "sovranità limitata".

Viene da pensare al lavoro di indagine del magistrato milanese Guido
Salvini che ha svelato al paese e raccontato alle commissioni
d'indagine parlamentari il ruolo svolto dalle basi militari USA e Nato
negli attentati terroristici degli anni '60 e '70, gli anni della
strategia della tensione, di gladio, delle stragi fasciste.

Vuoi vedere che, noi lavoratori e cittadini italiani, abbiamo pagato
le bombe e abbiamo finanziato le stragi?

Può sembrare un paradosso, una asserzione assurda e incredibile, ma
questo pensiero deve convincerci ancora di più della necessità di
rafforzare la mobilitazione contro la guerra e le basi militari.

Il nuovo progetto di legge di Mauro Bulgarelli per la desecretazione
di tutti i documenti coperti dal segreto di Stato, dopo quello per
l'indizione del referendum sulle smilitarizzazione del territorio
italiano, è un ulteriore strumento di battaglia politica che il
movimento no-war ha a disposizione in sintonia con le aspettative
della maggioranza degli italiani.


"COMITATO NAZIONALE PER IL RITIRO DEI MILITARI ITALIANI DALL'IRAQ"

Info e contatti

viadalliraqora @ libero.it

348/7213312

Da: "icdsm-italia\@libero\.it"
Data: Gio 13 ott 2005 17:36:59 Europe/Rome
A: "icdsm-italia" <icdsm-italia @ yahoogroups.com>
Oggetto: [icdsm-italia] Frankfurt, 21/10: G. Zaccaria su Mirjana Markovic


(italiano / deutsch)

COMUNICATO STAMPA

Giuseppe Zaccaria presenta il libro

„MIRA MARKOVI´C. Memorie di una <strega rossa>"

Mira Markovi´c, moglie di Slobodan Miloševi´c, ha raccontato le
vicende della sua vita nel corso di una lunga intervista con l'Autore
durata alcune settimane:
la nascita in un campo di battaglia, l'infanzia a casa dei nonni, la
sua educazione laica, l'incontro con Slobodan Miloševi´c e con la
politica, gli anni del potere e della sua nuova esistenza a fianco di
Slobodan.

(...) La sua importanza deriva dall'ammirevole capacità dimostrata dal
suo autore, il giornalista Giuseppe Zaccaria, di aver saputo prendere
in esame, con semplicità e naturalezza, gran parte dei pregiudizi che
oggi vigono sulla Jugoslavia facendo sì che – attraverso le
argomentate risposte di Mira Markovi´c - essi si trasformino in dubbi,
in quesiti, qualche volta in certezze che scaturiscono dalla realtà
dei fatti.
In verità è difficile imbattersi oggi in un giornalismo dotato di
simili qualità. (...)

Peter Handke, Parigi, giugno 2005

Da quelle conversazioni Zaccaria ha tratto un libro (Mira Markovi´c,
memorie di una strega rossa, Zambon Editore) che è contemporaneamente
un ritratto, un dialogo ed uno sguardo sulla storia balcanica del
secondo dopoguerra...

Sergio Romano, Corriere della Sera (Milano), 8 giugno 2005


Giuseppe Zaccaria, 55 anni, è nato a Bari. Inviato speciale del
quotidiano La Stampa, è stato testimone negli ultimi 15 anni dei più
clamorosi avvenimenti internazionali che egli ha vissuto in prima
persona: dalla caduta di Ceaucescu in Romania, alla prima guerra del
Golfo ed ai più recenti avvenimenti in Iraq, dall'investitura di
Nelson Mandela a Presidente del Sudafrica fino alla crisi indonesiana
ed ai disordini a Timor orientale, per giungere infine alla crisi
jugoslava che egli ha registrato in tutti i suoi dettagli (guerra fra
Serbia e Croazia, fra Croazia e Bosnia–Herzegovina, guerra civile in
Bosnia-Erzegovina e conflitto nel Kosovo).


LUOGO / ORT: Ökumenisches Zentrum - Christuskirche
Beethovenplatz - 60318 Frankfurt/Main
ORE / ZEIT: 20.00
GIORNO / DATUM: Freitag/Venerdì 21.10.2005

Organizzatore: ZAMBON Editore, Francoforte sul Meno
zambon @ zambon.net - Tel. 069/779223 Fax 069/773054

Ringraziamo la Chiesa Serbo-ortodossa di San Luca Apostolo per averci
gentilmente concesso l'uso dei locali

---

MEMORIE DI UNA STREGA ROSSA
Quarant'anni di passione e potere in Jugoslavia

Libro-intervista a Mira Markovic, a cura di Giuseppe Zaccaria

Zambon Editore, Frankfurt 2005
ISBN 88-87826-30-7
Brossura
214 pagine
prezzo 12 euro

## disponibile anche in spagnolo e tedesco ##

---

Mira Markovic

Erinnerungen einer roten Hexe

Vierzig Jahre Leidenschaft und Macht an der Seite Slobodan Milosevics

Herausgegeben von GIUSEPPE ZACCARIA

Vorwort von GERHARD ZWERENZ
Aus dem Italienischen von Christina Koblitz und Kristyna Kreß

1. Auflage 2005
© 2005 Giuseppe Zaccaria
© 2005 Zambonverlag, Frankfurt am Main
Broschiert, 214 S.
ISBN 3-88975-080-x
euro 13,80

Mira Markovic, die immer wieder als die ‚rote Hexe', als ‚Lady
Macbeth' des Balkans bezeichnet wird, war eine der einflussreichsten
Frauen der Welt und die unbestrittene Hauptdarstellerin der letzten
zehn Jahre Ex-Jugoslawiens. Sie verließ die politische Szene durch
eine kühne Flucht. Dem Autor gelang es, mit Mira Markovic einige lange
Wochen zu verbringen, in denen sie ihm ihr Leben schilderte: ihre
Geburt, die Kindheit bei ihren Großeltern, ihr aufgeklärtes
bürgerliches Leben, ihr Zusammentreffen mit Slobodan Milosevic und der
Politik, die Jahre an der Macht und ihr Leben an der Seite Milosevic.
Es handelt sich um ein glänzendes Beispiel für die Geschichte einer
Familie und politischer Ereignisse, die miteinander verwoben und
verflochten sind und die Grenzen zwischen Privatem und Öffentlichem
verwischen bzw. aufheben.
Wir haben es hier mit einem kostbaren, historischen Dokument zu tun,
in das man sich gerne vertieft und dabei auf einen unvoreingenommen
Geist trifft, der frei von politischen Vorurteilen und ideologischem
Ballast die Geschichte eines traumatisierten Europas am Ende des 20.
Jahrhunderts schildert.

Giuseppe Zaccaria, 53 Jahre alt, wurde in Bari geboren. Er arbeitet
als Sonderberichterstatter für die italienische Tageszeitung La
Stampa. Während der letzten 15 Jahre berichtete er über und erlebte
hautnah bedeutende internationale Ereignisse wie z. B. den Sturz
Ceaucescus in Rumänien, den ersten Golfkrieg und die Ereignisse im
Irak, den Antritt Nelson Mandelas als Präsident Südafrikas, die Krise
in Indonesien und die Ereignisse in Ost-Timor und darüber hinaus
beobachtete er en Detail den Zerfall des ehemaligen Jugoslawien
während der Kriege zwischen Kroatien und Serbien, Kroatien und
Bosnien-Herzegowina, dem langen Bürgerkrieg in Bosnien-Herzegowina und
den Auseinandersetzungen um und im Kosovo.
Für sein Buch „Noi criminali di guerra", bei Baldini und Castoldi
veröffentlicht, erhielt er 1996 den Hemingway-Preis. Das Buch
behandelt zum ersten Mal hier im Westen die Schwierigkeiten mit dem
Haager Tribunal und beinhaltet dazugehörige Studien. Es wird jetzt
während des Prozesses als Beweisunterlage für die vom Autor
mitverfolgten politischen Ereignisse im Jahre 1997 benutzt. Nach dem
Kosovokrieg und seiner Festnahme gewährte Slobodan Milosevic Zaccaria
das einzige von ihm zugelassene Interview über die Ereignisse der
letzten 7 Jahre, eine Art politischem Testament, das in La Stampa
veröffentlicht wurde. Viele andere Zeitungen druckten es nach und
selbst CNN befasste sich damit ausführlich. Im Jahr 2000 erhielt
Zaccaria den Saint Vincent Preis.

"Ich will nach Lektüre der Vorgeschichte und wiederholten Lektüre der
Gespräche mit Mira Markovic, Ihnen zukommen lassen, wie wesentlich
(ein so oft missbrauchtest Wort) dieses Buch mir erscheint, in dem es
alle die (vielleicht auch da und dort berechtigten) Vorurteile in
Fragen, Zögern, Sachlichkeiten verwandelt. Vor allem ist die Arbeit
des Journalisten Giuseppe Zaccaria erstaunlich, indem es nämlich
schlicht eine unvoreingenommene, sozusagen normale ist, was heute im
Journalismus ganz und gar nicht mehr der Fall ist. Ein Buch mit
solcher Sachkenntnis, solchem Tiefblick, solchem Wirkenlassen der
Probleme ohne viel persönliche Besserwisserei, ist in Deutschland, vor
allem was die "seriösen Medien" (die sich selber so bezeichnen)
betrifft, undenkbar geworden. Solche Bücher können in der Tat die
Augen öffnen, auch wenn man danach, was Serbien und Jugoslawien
angeht, umso ratloser ist. Aber das wäre schon und den Lesern in
Germany, zu wünschen, ein Vorhangaufgehen."

Peter Handke, 2. Juni 2005




==========================
...Il libro del fascismo ancora non è completato. Le "migliori" pagine
devono essere ancora scritte sul genocidio totale dei Serbi. A suo
tempo l'Olocausto di ebrei, comunisti, slavi, rom, sottintendeva un
largo spazio di rappresaglia, dalle Isole Britanniche fino ad Ulan
Bator... Nel 1999 il nuovo fascismo si è scagliato sulla piccola
Serbia, concentrandosi su alcune vie dove si trovano gli ospedali.
C'è in qualche parte del mondo - bianco, giallo o nero - c'è qualcuno
ancora al quale non è chiaro il messaggio? Non credo, perciò credo
nella rivolta, nella resistenza, nella protesta; perché il loro
messaggio non è indirizzato soltanto ad un popolo da estirpare se non
si piegherà... Il messaggio è universale, ed è indirizzato contro
tutti quelli che hanno il coraggio di ribellarsi, di essere come
vogliono essere, che credono che ogni popolo nel mondo è ugualmente
importante e che tutti hanno lo stesso diritto alla libertà e allo
sviluppo...
(Slobodan Milosevic, nel 1999, al IV Congresso del PSS)
==========================
ICDSM - Sezione Italiana
c/o GAMADI, Via L. Da Vinci 27 -- 00043 Ciampino (Roma)
tel/fax +39-06-4828957 -- email: icdsm-italia @ libero.it
http://www.pasti.org/linkmilo.html
*** Conto Corrente Postale numero 86557006, intestato ad
Adolfo Amoroso, ROMA, causale: DIFESA MILOSEVIC ***
LE TRASCRIZIONI "UFFICIALI" DEL "PROCESSO" SI TROVANO AI SITI:
http://www.un.org/icty/transe54/transe54.htm (IN ENGLISH)
http://www.un.org/icty/transf54/transf54.htm (EN FRANCAIS)

riceviamo e volentieri giriamo:

----------

COOPERATIVA SOCIALE PHRALIPE' – FRATERNITA'

Sede legale Via di Porta Labicana n° 59
00185 Roma
Tel. 06/44700166 06/44701860
Fax 06/ 44701859
C.F. e P. I.V.A. 04508111004
Iscrizione al Tribunale n. 9137/93
coopsocialephralipe @ supereva.it


"Pijats Romanò"

manifestazione culturale
e esposizione artigianale
dei Rom e Sinti del V Municipio

- Mostra di artigianato in rame, antiquariato, abiti usati,
collezionismo...

- musica e danze balcaniche

- esibizione lavoro maestri ramai

- mostra storico – documentaria sul popolo dei Rom, Sinti e Camminanti

- banchetti di libri e materiale informativo sul popolo dei Rom, Sinti
e Camminanti


in collaborazione con:

Municipio Roma V

COMUNE DI ROMA
DIPARTIMENTO V - IV U.O.
Ufficio Speciale Immigrazione

Opera Nomadi

Sportello di avviamento al lavoro delle Comunità Rom Sinti e Camminanti


Domenica 16 ottobre 2005 Ore 9.30

INAUGURAZIONE

con

Municipio Roma V
Assessore Carmine Farcomeni
Comune di Roma Assessora Raffaela Milano

Sono stati invitati associazioni, cooperative sociali, amministratori
e personalità politiche municipali, comunali e provinciali


davanti supermercato Sisa

Area Parcheggio Via Mirtillo (zona La Rustica - quartiere Casale Caletto )

come ci si arriva:

Uscita "La Rustica" del Grande Raccordo Anulare
Prendere Via Vertunni, proseguire Via Delia, Via Naide e si arriva a
Via Mirtillo

Uscita Via Tor Cervara dell'A24 (autostrada Roma – L'Aquila)
Prendere Via di Tor Cervara, Via Cervara, Via Dameta si arriva a Via
Mirtillo

Autobus 447 partenza Stazione Metro Rebibbia scendere fermata Jacopo
della Quercia/Mirtillo

---

Vieni a Trovarci!

tutte le domeniche
dalle ore 8.00

davanti supermercato Sisa
Area Parcheggio Via Mirtillo (zona La Rustica quartiere Casale Caletto)

Da: "icdsm_italia"
Data: Gio 13 ott 2005 20:58:22 Europe/Rome
A: icdsm-italia @yahoogroups. com
Oggetto: [icdsm-italia] Harold Pinter, amico della Jugoslavia, Nobel
per la letteratura


(english / italiano)

Harold Pinter, amico della Jugoslavia, Nobel per la letteratura


Harold Pinter, il maggiore drammaturgo inglese vivente, ed ora anche
premio Nobel, è stato tra i pochissimi intellettuali occidentali ad
opporsi esplicitamente alla aggressione della NATO contro la
Repubblica Federale di Jugoslavia nel 1999.

Su quella vicenda ha scritto ad esempio la prefazione del libro:

DEGRADED CAPABILITY. THE MEDIA AND THE KOSOVO CRISIS
(Pluto Press, London, June 2000,
Hardback ISBN: 0745316328 - Paperback ISBN: 074531631X
http://www.plutobooks.com/ - l'indice anche alla URL:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/259 )

Ha poi partecipato ad iniziative e mobilitazioni (vedi ad esempio:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/260 ).

Nella primavera 2004 è stato tra i sottoscrittori dell'Appello di
intellettuali ed artisti, promosso dall'ICDSM, nel quale si è chiesta
la liberazione di Milosevic, lo scioglimento dell'illegittimo
"tribunale ad hoc" dell'Aia, ed una vera indagine e condanna dei
crimini di guerra commessi in tutti questi anni contro la Jugoslavia
ed i suoi abitanti (si veda:
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/message/68 )

Riportiamo di seguito un articolo del 2001 sull'impegno di Pinter per
la causa jugoslava e, più in fondo, la notizia odierna della
assegnazione a Pinter del Premio Nobel per la Letteratura.

(a cura di ICDSM-Italia)

-------

FREE MILOSEVIC, SAYS PINTER

Fiachra Gibbons, arts correspondent
Thursday July 26, 2001
Front Page
The Guardian


The playwright Harold Pinter has joined a
campaign to free the former Serb leader Slobodan
Milosevic.

Pinter, who was a fierce opponent of the Nato
bombing of Serbia and once defined US policy to
the former Yugoslavia as "kiss my arse or I'll
kick your head in", said that Mr Milosevic's
extradition to face trial at the war crimes
tribunal in the Hague was illegal.

"I believe his arrest and detention by the
international criminal tribunal is
unconstitutional, and goes against Yugoslav and
international law. They have no right to try
him," he said.

His decision to lend his name to the
International Committee to Defend Slobodan
Milosevic, a loose coalition of leftwingers,
human rights activists and Serb sympathisers
formed in March, follows years of criticism of
what he sees as the west's selective morality in
the Balkans and its "persecution" of ordinary
Serbs.

Although he believes that Mr Milosevic was
"ruthless and savage", he has long argued that he
has been unfairly demonised as the "butcher of
the Balkans". He blames his former
vice-president, the ultra-nationalist Vojislav
Seselj, for much of the ethnic cleansing.

Pinter also says that if Mr Milosevic is to be
tried, former US president Bill Clinton should
join him in the dock for dropping millions of
"cluster bombs that cut children to pieces - from
those brave bombers at 15,000ft. And this is an
act which [Tony] Blair, with his moralistic
Christianity, applauds".

He also said the bombing of the Yugoslavian
television station in Belgrade by Nato was
"murder" and made him "ashamed of being British".

Although Pinter - currently working at a festival
of his work in New York - has not given any money
to the Milosevic defence fund, the committee
hopes to start raising cash soon.

-------

http://www.repubblica.it/2005/j/sezioni/spettacoli_e_cultura/pinter/pinter/pinter.html

L'Accademia di Svezia premia il grande drammaturgo inglese
che non ha mai smesso di condannare la politica anglo-americana

Contro l'assurdo e contro la guerra
A Pinter il Nobel per la letteratura

Autore di capolavori come "Il guardiano" e "Gli ultimi fuochi"
descrive la falsa normalità della borghesia e l'ipocrisia del potere
di DARIO OLIVERO


ROMA - Harold Pinter ha vinto il Premio Nobel per la letteratura.
L'Accademia di Svezia ha motivato il riconoscimento al 75enne
drammaturgo inglese sottolineando che "nelle sue opere svela il
baratro sotto le chiacchiere di ogni giorno e costringe a entrare
nelle chiuse stanze dell'oppressione". Una definizione del lavoro di
Pinter concisa e probabilmente vera.

La stanza si chiamava la sua opera prima, atto unico scritto in pochi
giorni nel 1957, e primo passo per affacciarsi verso quello che allora
era il teatro. Dopo Checov, dopo Stanislasvkij con il suo metodo dello
straniamento, dopo Beckett e Sartre, in scena andava questo miscuglio
di inquietudini, ansie, incomunicabilità, azione scenica che
squarciava il velo patinato che ricopriva la vita borghese. Squarciava
l'oppressione appunto.

Poi cambiarono i tempi, le scene, i blocchi politici, ma in Pinter è
sempre rimasta l'esigenza di mettere i suoi personaggi di fronte alle
stesse difficoltà. Moonlight del '93 o Ceneri alle ceneri del '96
ancora mostrano quanto il vero assurdo sia la cosiddetta normalità e
quanto sia spaventosa e opprimente la sua messa in scena specie se
condita con l'ironia british di cui Pinter è maestro.

Gli accademici hanno fatto una scelta coraggiosa per almeno due
motivi: Pinter non è uno scrittore in senso stretto, è sì un poeta ma
soprattutto uomo di sceneggiatura, che sia teatro o cinema. E in
questo la scelta ricorda quella del Nobel a Dario Fo.

Il secondo motivo è l'impegno politico. Pinter è sempre stato un
attivista dei diritti umani e la sua voce si è levata spesso contro la
guerra in Iraq. Dopo il Nobel per la pace a El Baradei, direttore
dell'Aiea, per l'impegno contro il proliferare delle armi atomiche che
in molti hanno letto come richiamo diretto alla politica estera Usa,
ecco un altro riconoscimento a un britannico non allineato sulla
posizione del suo governo al punto da definire Tony Blair "un
criminale di guerra che gira con quel delizioso sorriso cristiano
sulla faccia" e a chiederne l'impeachment.

Pinter è nato in un sobborgo di Londra nel 1930. Dopo l'esordio con La
stanza, ha scritto tra l'altro Il compleanno (1958) Il calapranzi
(1960), Il Guardiano (1960). Poi, dopo lunghe parentesi in radio, si è
rivolto verso il cinema. Nel 1976 fu autore della sceneggiatura degli
Ultimi fuochi di Elia Kazan e, nel 1981, della Donna del tenente
francese di Karel Reisz con Jeremy Irons e Meryl Streep, candidato
all'Oscar. Ma non furono gli unici.

Da tempo malato e sottoposto a chemioterapia, Pinter decise nel marzo
scorso di dedicarsi quasi unicamente alla poesia senza mai scordare
l'impegno pacifista come testimonia il volume War del 2003. E solo tre
giorni fa, per il suo compleanno, Pinter ha preparato un nuovo testo,
Voices che è l'ennesimo atto d'accusa contro, parole sue, "la durezza
impietosa dell'infernale condizione che stanno vivendo tutti gli
uomini, in Occidente come in altre parti del mondo, per colpa di un
potere dissennato".

(13 ottobre 2005)



==========================
...Il libro del fascismo ancora non è completato. Le "migliori" pagine
devono essere ancora scritte sul genocidio totale dei Serbi. A suo
tempo l'Olocausto di ebrei, comunisti, slavi, rom, sottintendeva un
largo spazio di rappresaglia, dalle Isole Britanniche fino ad Ulan
Bator... Nel 1999 il nuovo fascismo si è scagliato sulla piccola
Serbia, concentrandosi su alcune vie dove si trovano gli ospedali.
C'è in qualche parte del mondo - bianco, giallo o nero - c'è qualcuno
ancora al quale non è chiaro il messaggio? Non credo, perciò credo
nella rivolta, nella resistenza, nella protesta; perché il loro
messaggio non è indirizzato soltanto ad un popolo da estirpare se non
si piegherà... Il messaggio è universale, ed è indirizzato contro
tutti quelli che hanno il coraggio di ribellarsi, di essere come
vogliono essere, che credono che ogni popolo nel mondo è ugualmente
importante e che tutti hanno lo stesso diritto alla libertà e allo
sviluppo...
(Slobodan Milosevic, nel 1999, al IV Congresso del PSS)
==========================
ICDSM - Sezione Italiana
c/o GAMADI, Via L. Da Vinci 27 -- 00043 Ciampino (Roma)
tel/fax +39-06-4828957 -- email: icdsm-italia @ libero.it
http://www.pasti.org/linkmilo.html
*** Conto Corrente Postale numero 86557006, intestato ad
Adolfo Amoroso, ROMA, causale: DIFESA MILOSEVIC ***
LE TRASCRIZIONI "UFFICIALI" DEL "PROCESSO" SI TROVANO AI SITI:
http://www.un.org/icty/transe54/transe54.htm (IN ENGLISH)
http://www.un.org/icty/transf54/transf54.htm (EN FRANCAIS)

KOSMET (francais)

0. LINKS en francais

1. 2005, année de tous les dangers, année de tous les espoirs
(ALAIN DELETROZ, Vice-président de l'«International Crisis Group» - La
Libre Belgique, 17/02/2005)

2. En protégeant la minorité serbe, l'OTAN entérine sans le vouloir la
division ethnique du Kosovo [SIC! SIC!]
(LE MONDE, 06.12.04)
"Soyez sur le terrain, parlez aux gens"
(LE MONDE, 07.12.04)
Le TPIY remet en liberté, jusqu'à son procès, l'ex-premier ministre
albanais du Kosovo
(LE MONDE, 09.06.05)
Premier accusé de l'UCK, Fatmir Limaj raconte sa guerre
(LE MONDE, 09.06.05)

3. Site de l'OTAN : Hommage du Secrétaire général de l'OTAN à un
criminel de guerre

4. L'ancien Premier ministre du Kosovo formellement inculpé de 37
chefs de crimes de guerre et crimes contre l'humanité (ENGLISH) /
Détail des chefs d'accusasion de Haradinaj (mars 2005)

5. Le Kosovo et la réorientation politique suisse en faveur des
Etats-Unis (juin 2005)

6. KOSOVO - Réorganisation des forces de l'Otan
(Le Soir du 01.09.05)
KOSOVO : La mort de deux Serbes met fin à l'accalmie
(Le Monde. 30.8.2005)
L'ONU va ouvrir le débat sur le statut final du Kosovo
(Le Monde, 10.10.2005)


=== 0: LIENS ===

Ombudsperson Institution in Kosovo
http://www.ombudspersonkosovo.org

Kosovo : un voyage pour rompre 5 ans de silence
http://www.csotan.org/Kosovo2004

Mission au Kosovo
Sujet vidéo tourné lors d'une opération humanitaire dans les enclaves
du Kosovo en décembre 2004
http://www.gael.ch/collectif/spf/

Pourquoi ne parle-t-on jamais des 8ème et 10ème corridors ?
http://www.michelcollon.info/display.php?image=img/livres/Monopoly_Kosovo/96_petrole_gaz_corridors_strategiques.jpg

Table des matières du livre Monopoly:
http://www.michelcollon.info/table_mo.php

,,Un morceau de terre sans statut"

BERLIN/PRISTINA - Des parlementaires allemands issus de tous les
grands partis plaident dans des émissions albanophones de la radio
d'Etat allemande ,,Deutsche Welle" pour une sécession rapide de la
province du Kosovo, située au Sud de la Serbie. Dans une interview
accordée à cette station, qui, dans la population albanophone du
Kosovo, est la plus écoutée parmi les programmes internationaux, la
spécialiste sociale démocrate de politique extérieure Utta Zapf
déclare qu'elle milite depuis des années déjà pour accorder la
souveraineté nationale à ce territoire. Un plan du ,,Groupe de crise
international", soutenu par Berlin, prévoit que le gouvernement
provincial de Pristina se voie octroyer à partir du milieu de l'année
prochaine les droits d'un Etat souverain. Alors que les responsables
de la politique extérieure allemande travaillent depuis des années
dans cette optique, leurs détracteurs prévoient un ,,effet domino dans
la région" et mettent en garde contre la transformation du Kosovo en
un ,,Etat voyou" de caractère mafieux.

http://www.german-foreign-policy.com/fr/news/article/1107644400.php

Pas de standardisation avant status

BERLIN/BELGRADE/PRISTINA (Information interne) - Les discussions
internationales, à propos de la séparation du Kosovo et de la Serbie,
s'intensifient. Sur pression intense de l'Allemagne des négociations à
ce propos sont prévues pour cet automne. Certains observateurs pensent
soit à un ajournement soit à une "stratégie de fuite" de la part des
Nations Unies. En résultante l'on pourrait renoncer à l'adoption de
standards humanitaires au Kosovo. Tandis que la fondation allemande
Bertelsmann propose la séparation de la province au sud de la Serbie
et l'adoption d'un protectorat des Nations Unies, Belgrade cherche à
gagner la République Populaire de Chine. A la faveur d'un veto du
Conseil de Sécurité des Nations Unies, Beijing pourrait sauvegarder
l'intégrité territoriale de la Serbie, si la stratégie de céssécion de
l'Allemagne s'imposait. Les pourparlers actuels introduisent la
dernière étape de démembrement de l'ancienne Yougoslavie qui avait été
entreprise, avec une importante participation de l'Allemagne, dès le
début des années 1990. La justification journalistique des attaques
contre Belgrade fait l'objet d'une étude sur la presse allemande parue
récemment. On y analyse l'importance des interprétations dans le
processus de destruction.

http://www.german-foreign-policy.com/fr/news/art/2005/55652.php

Procès d'anciens combattants de l'UCK à La Haye : les témoins en danger
(IWPR, 1er avril 2005)

Ceux qui acceptent de se porter volontairement comme témoins contre
d'anciens guérilleros de l'UCK à La Haye le font en dépit d'une longue
tradition de loyauté et de silence. La protection des témoins est une
priorité du TPI, mais les conditions réelles de sécurité au Kosovo
rendent la tâche difficile...

http://www.balkans.eu.org/article5312.html


Á LIRE AUSSI SUR LE SITE ANTI-YOUGOSLAVE "COURRIER DES BALKANS":

### Kosovo : l'indépendance dès 2006 ? ###
http://www.balkans.eu.org/article5035.html

Kosovo : il est temps d'ouvrir les négociations
(10 octobre 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5860.html

Kofi Anan donne son feu vert à l'ouverture des négociations sur le
statut du Kosovo
(9 octobre 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5857.html

Les « standards » devraient ouvrir la voie aux discussions sur le
statut du Kosovo
(26 septembre 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5821.html

Kosovo : la guerre de succession d'Ibrahim Rugova est-elle déjà ouverte ?
(13 septembre 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5773.html

Kosovo : corruption électrique, donateurs fatigués
(11 septembre 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5765.html

Statut du Kosovo : les négociations ont déjà commencé
(8 septembre 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5754.html

Kosovo : Ibrahim Rugova « sérieusement malade »
(2 septembre 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5736.html

Le projet de décentralisation ne suffit pas aux Serbes du Kosovo
(22 août 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5712.html

Kosovo : la vendetta retrouve tous ses droits
(19 juillet 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5663.html

Kosovo : les fractures de la communauté islamique
(5 juillet 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5635.html

Kosovo : le concept des trois vitesses
(4 juillet 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5631.html

Kosovo : le pont de la discorde continue de diviser Mitrovica
(1er juillet 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5627.html

Kosovo : après le bac, à la rue !
(28 juin 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5615.html

Pillage de l'héritage archéologique et culturel du Kosovo
(25 juin 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5613.html

La pollution, problème de santé publique numéro 1 au Kosovo
(21 juin 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5601.html

Guerre douanière entre le Kosovo et la Macédoine
(17 juin 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5588.html

La MINUK essaie d'unir les Kosovars avant les négociations
(15 juin 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5578.html

Kosovo : Comment protéger les forêts d'une exploitation abusive ?
(10 juin 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5562.html

Kosovo : des charniers encombrants
(9 juin 2005) La découverte au Kosovo de nouveaux corps de civils
serbes pourrait dégrader davantage le climat politique juste avant le
début des discussions sur le statut final du pays... (SIC)
http://www.balkans.eu.org/article5557.html

L'Union européenne, les États-Unis et le statut du Kosovo
(1er juin 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5535.html

La Macédoine ignore (dangereusement) les réalités du Kosovo
(1er juin 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5533.html

Richesses minières : le patrimoine inexploité du Kosovo
(29 mai 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5522.html

Statut du Kosovo : négociations, compromis ou décision internationale ?
(28 mai 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5521.html

Universités : le Kosovo reste exclu de la Charte de Bologne
(27 mai 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5518.html

Statut du Kosovo : l'Église orthodoxe serbe veut avoir son mot à dire
(22 mai 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5497.html

Et si la Serbie avait tout intérêt à abandonner le Kosovo ? (SIC)
(22 mai 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5496.html

Patrimoine religieux du Kosovo : reconstruction et polémiques
(16 mai 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5465.html

Unesco: 10 millions de dollars promis pour la réhabilitation du
patrimoine du Kosovo
(13 mai 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5459.html

Mettre un terme à la guerre des clans au Kosovo
(27 avril 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5402.html

Kosovo : pas d'école pour les filles rroms
(17 avril 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5367.html

Kosovo : les maladies ravagent les camps de déplacés rroms et ashkali
(17 avril 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5365.html

Le retour n'est toujours pas possible pour les réfugiés rrom et
ashkali du Kosovo
(15 avril 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5361.html

Gangs of Kosovo
(11 avril 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5349.html

Le Kosovo et les « standards » de l'ONU : mission impossible ?
(8 avril 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5331.html

L'épée de Damoclès qui pend au-dessus du Kosovo
(6 avril 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5328.html

Les Albanais de la Vallée de Presevo et les discussions sur le statut
du Kosovo
(6 avril 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5320.html

Procès d'anciens combattants de l'UCK à La Haye : les témoins en danger
(5 avril 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5312.html

Kosovo : jours de deuil et regrets généraux après la mort du pape
(4 avril 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5310.html

Les villages serbes du Kosovo toujours privés d'électricité
(3 avril 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5304.html

Bras de fer entre le Saint Synode de l'Église orthodoxe serbe et
l'évêque du Kosovo
(2 avril 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5303.html

Kosovo : Bajram Kosumi, un nouveau Premier ministre de continuité
(26 mars 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5272.html

Etre ou ne pas être juge au Kosovo
(22 mars 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5257.html

Personnes disparues au Kosovo : un grand pas en avant (SIC)
(18 mars 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5244.html

Veton Surroi : l'avenir du Kosovo est dans l'Europe
(17 mars 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5241.html

Attentat manqué contre Ibrahim Rugova : le Kosovo entre dans une zone
de turbulence
(16 mars 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5234.html

Ramush Haradinaj : un acte d'accusation à donner froid dans le dos
(16 mars 2005)
http://www.balkans.eu.org/article5229.html


TPI : le départ de Ramush Haradinaj crée un grand vide politique au Kosovo
http://www.balkans.eu.org/article5218.html

Balkans : les mois de mars sont toujours périlleux
http://www.balkans.eu.org/article5211.html

Départ de Ramush Haradinaj pour La Haye : les réactions au Kosovo
http://www.balkans.eu.org/article5205.html

Kosovo : Ramush Haradinaj démissionne et part à La Haye
http://www.balkans.eu.org/article5203.html

Inculpé par le TPIY, Ramush Haradinaj démissionne
http://www.balkans.eu.org/article5201.html

Kosovo : un plan de décentralisation contesté
http://www.balkans.eu.org/article5198.html

Les coupures de courant mettent les Serbes du Kosovo en colère
http://www.balkans.eu.org/article5185.html

La communauté internationale abandonne les Roms du Kosovo
http://www.balkans.eu.org/article5176.html

Kosovo : Ramush Haradinaj promet l'indépendance dès 2005
http://www.balkans.eu.org/article5158.html

Kosovo : le désastre de l'Université de Pristina
http://www.balkans.eu.org/article5104.html

Entre Sandjak et Kosovo, le paradis des contrebandiers
http://www.balkans.eu.org/article5097.html


Retrouvez tous les points du médiateur des droits de la personne au
Kosovo, Marek A.Nowicki :
http://www.balkans.eu.org/mediateur


=== 1 ===

2005, année de tous les dangers, année de tous les espoirs

La Libre Belgique
Mis en ligne le 17/02/2005

Le statut de protectorat international assigné au Kosovo depuis 1999
est en passe d'étouffer cette région des Balkans

ALAIN DELETROZ, Vice-président de l'«International Crisis Group»


Dans le cadre juridique et politique actuel, la situation économique
au Kosovo ne cesse de se détériorer, nourrissant ainsi les
frustrations des Kosovars albanais, qui supportent de plus en plus mal
de vivre sous protectorat international. Les investissements sont
rares dans une région dont le statut juridique n'est pas clair et où
les violences pourraient éclater à nouveau à tout moment. Pour les
Kosovars albanais, la communauté internationale, ses agendas divers,
sa bureaucratie et son ineptie apparaissent de plus en plus comme
l'ennemi qui les empêche d'accéder à une pleine indépendance et qui
fait donc, à leurs yeux, le jeu de Belgrade. Si rien ne change cette
année, on peut s'attendre à ce que le Kosovo redevienne le théâtre
d'émeutes et de violences, qui, cette fois-ci, pourraient être
dirigées non seulement contre les Serbes du Kosovo mais également
contre les représentants sur place de l'Onu, de l'Union européenne et
de l'Otan. Si par malheur de nouvelles exactions devaient avoir lieu
contre les Serbes du Kosovo, et que Belgrade réagissait par une action
armée, c'est toute la région qui pourrait replonger vers une violence
généralisée.

La situation actuelle n'est plus tenable. Afin d'éviter à la MINUK et
à la KFOR d'en arriver à être perçues par la population locale comme
une force d'occupation, il est urgent d'être inventif et de proposer
cette année aux Kosovars un calendrier réaliste qui leur permette de
prendre leurs affaires et leur destin en main. L'acquisition d'une
souveraineté reconnue et d'un statut final qui assurerait aux Kosovars
un destin politique définitivement délié de celui de Belgrade reste
toutefois impensable tant que la majorité albanaise se montre
incapable d'accepter en son sein la minorité serbe et d'en assurer la
sécurité. S'il est clair que Belgrade, après avoir violemment expulsé
plus de 700000 Kosovars en 1999, a perdu toute légitimité à gouverner
la province, il est également évident qu'après les événements de mars
2004, la majorité albanaise du Kosovo doit prouver qu'elle est capable
de garantir les droits et la sécurité de la minorité serbe dans un
Kosovo indépendant.

Dans quelques mois, les Nations unies devront procéder à une
évaluation de l'engagement démocratique du gouvernement du Kosovo. Si
cette évaluation montre que le nouveau gouvernement respecte les
droits humains fondamentaux et que son engagement envers le pluralisme
politique et la liberté d'expression se traduit en politiques
concrètes, alors la communauté internationale ne devrait plus hésiter
à aller de l'avant. Le Groupe de contact (France, Russie, Etats-Unis,
Grande-Bretagne, Allemagne et Italie) devrait immédiatement présenter
un agenda détaillé conduisant à la résolution définitive du statut du
Kosovo. Les contours de ce statut final devront impérativement exclure
un retour sous l'autorité de Belgrade, une division de la province
entre Nord (à majorité serbe) et Sud (à majorité albanaise), ainsi
qu'une éventuelle union du Kosovo avec l'Albanie ou aucun autre Etat
voisin.

Le Secrétaire général des Nations unies devrait rapidement nommer un
Envoyé spécial dont la tâche consisterait à préparer un accord sur le
statut définitif et à tracer le processus permettant d'y parvenir. Les
Nations unies devraient organiser, en fin d'année 2005, une conférence
internationale afin d'entériner cet accord. Parallèlement, l'Assemblée
élue du Kosovo rédigerait une constitution qui prendrait en compte
toutes les préoccupations de la communauté internationale. Ce texte
serait également entériné par la conférence internationale puis soumis
à référendum début 2006. La constitution du Kosovo une fois adoptée,
l'Accord international sur le Kosovo entrerait en vigueur tout comme
la reconnaissance internationale du Kosovo comme Etat souverain.

L'Accord et la Constitution prévoiraient quelques limites à la liberté
d'action d'un Kosovo indépendant: a) le Kosovo s'engagerait
explicitement à ne jamais envisager une union avec l'Albanie ou
d'autres territoires voisins, dans un contexte autre que celui de
l'intégration européenne; b) la Cour suprême comprendrait un certain
nombre de juges nommés par la communauté internationale; c) le Kosovo
devrait accepter une présence internationale de suivi dont la fonction
consisterait à enregistrer tous les dérapages sur les engagements
internationaux du Kosovo, ainsi qu'à recommander des réponses et
corrections concrètes à ces dérapages.

Il est évident que cette construction devrait viser à obtenir l'accord
de la Serbie et également être approuvée par le Conseil de Sécurité
des Nations unies. Il n'est toutefois pas à exclure que Belgrade
s'oppose à un tel processus. La Russie ne s'éloignerait
vraisemblablement pas des positions serbes, ce qui aboutirait à un
blocage au Conseil de Sécurité. Sans troupes sur le terrain, Moscou a
tendance à adopter une position attentiste et quelque peu lointaine,
se contentant souvent de faire écho aux arguments de blocage avancés
par Belgrade. Pour la France et les autres pays dont les soldats
engagés au Kosovo vont devoir faire face à de nouvelles violences si
rien ne change cette année, la question du statut final du Kosovo se
pose en termes bien plus urgents. Si un blocage de Belgrade, relayé
par Moscou au Conseil de Sécurité, devait empêcher un transfert de
souveraineté, la France et les autres pays du Groupe de contact
devront quand même reconnaître la souveraineté de jure du Kosovo. La
situation sur le terrain est trop fragile pour que le risque soit pris
de ne rien faire, dans le seul but d'éviter de froisser Belgrade ou
d'obtenir une reconnaissance par le Conseil de Sécurité. Un Kosovo
indépendant sans reconnaissance par le Conseil de Sécurité aurait une
position certes relativement inconfortable mais la décision d'aller
tout de même de l'avant serait plus défendable que celle prise en 1999
d'intervenir militairement malgré le veto russe.

La France reste perçue en Serbie comme un allié historique proche des
préoccupations serbes. Sa diplomatie pourrait faire merveille et
contribuer grandement à convaincre les Serbes de bouger, une fois
toutes leurs préoccupations légitimes prises en compte par l'Accord et
la Constitution du Kosovo indépendant. Il n'est plus possible de ne
rien faire au Kosovo. Se complaire dans une cécité paresseuse risque
de coûter très cher à une région d'Europe où le sang n'a déjà que trop
coulé.

Le rapport «Kosovo Towards Final Status» peut être téléchargé à
Webhttp://www.crisisgroup.org

© La Libre Belgique 2005

SOURCE: http://fr.groups.yahoo.com/group/alerte_otan/


=== 2 ===

SOURCE: http://fr.groups.yahoo.com/group/alerte_otan/

De : "Roland Marounek"
Objet : Le Monde : En protégeant la minorité serbe, l'OTAN entérine
sans le vouloir la division ethnique du Kosovo

REPORTAGE

En protégeant la minorité serbe, l'OTAN entérine sans le vouloir la
division ethnique du Kosovo

LE MONDE | 06.12.04 | 14h29

Six mois après les violences de mars, que la communauté internationale
n'avait pas vu venir, il suffirait d'une étincelle pour provoquer une
nouvelle flambée de violence.
Mitrovica (nord du Kosovo) de notre envoyé spécial

Le pont Austerlitz, qui traverse la rivière Ibar, est le symbole
concret de la division ethnique du Kosovo. Des points de contrôle
permettent aux soldats de la KFOR (Kosovo Force, la force
multinationale de l'OTAN) de contrôler le flux des piétons, des
véhicules internationaux et des bus, seuls autorisés à franchir les
chicanes de béton. Côté sud, à majorité albanaise, un important
détachement de soldats français équipés de véhicules blindés est prêt
à intervenir pour empêcher qu'une étincelle de violence enflamme la
ville. Côté nord, où résident 20 % (la plupart Serbes) des quelque 80
000 habitants de Mitrovica, un contingent de soldats danois assure la
même veille.

La rivière sert de ligne de démarcation et de cordon sanitaire entre
les deux communautés. Dans le souci de protéger les Kosovars serbes de
"Mitro-Nord", les forces internationales confortent, sans le vouloir,
la séparation ethnique de la ville et du Kosovo. Pourtant, le paysage
ethnique est moins tranché qu'il n'y paraît. Au nord, de part et
d'autre du pont Austerlitz, s'étendent le lieu-dit des "Trois tours"
et le quartier de la "petite Bosnie", dont les habitants sont à 80 %
Albanais. Enhardie par la protection de l'OTAN, leur présence
s'accroît irrésistiblement en raison de facteurs démographiques (6 à 7
enfants dans une famille albanaise, moins de 2 pour une famille Serbe).

"La crainte des Serbes d'être colonisés par les Albanais nous fixe à
Mitrovica, pour garantir cette frontière de fait", reconnaît le
général Jacques Lechevallier, "patron" de la brigade multinationale
nord-est, sous commandement français. Le 17 mars, la mort par noyade
de deux enfants albanais à Cabra, au nord-ouest de Mitrovica, a
provoqué une flambée de violence antiserbe dans la province. La KFOR
et la Minuk (Mission des Nations unies au Kosovo) avaient été
totalement pris par surprise, témoignant ainsi de l'aveuglement de la
communauté internationale devant le calme trompeur qui semblait régner
au Kosovo.

Preuve était faite, en tout cas, que, cinq ans après la guerre,
l'objectif d'enraciner dans cette "province" de Serbie-et-Monténégro à
80 % albanaise (sur une population d'environ 1,9 million d'habitants)
une société multiethnique, était encore lointain, voire irréaliste.
Six mois après ces violences, l'OTAN et les Nations unies savent que
les éléments qui pourraient provoquer un nouvel embrasement sont
toujours là, et que celui-ci risquerait de réveiller de vieux démons
dans les pays voisins, en Bosnie notamment, où perdure un fragile
équilibre ethnique.

Il suffirait d'un rien : "Une vache "serbe" qui va paître dans un
champ "albanais" voisin, un vol de bétail, des cailloux lancés contre
des enfants de l'autre communauté, autant de prétextes pour une
explosion de violence, contre laquelle on ne peut rien, à moins de
placer un soldat derrière chaque paysan", explique un officier de la KFOR.

Au sud de l'Ibar, les Serbes vivent dans des enclaves, et bénéficient
des escortes de l'OTAN, qu'il s'agisse d'accompagner des paysans
allant couper du bois, de protéger un bus scolaire ou un groupe de
villageois se rendant au cimetière. A l'occasion, des caches d'armes
sont découvertes. Les prises ne sont jamais très importantes, quelques
fusils de guerre, des grenades, mais le potentiel est considérable :
selon l'ONU, il y a entre 330 000 et 460 000 armes au Kosovo... Il
arrive que des villages serbes soient suffisamment homogènes et forts
pour imposer le respect à leurs voisins. C'est le cas de Priluzje, au
nord-ouest de Pristina, où vivent plus de 3000 Serbes. Le lieutenant
marocain Elmansouri, dont la section garde l'entrée du village, se
veut rassurant : "En mars, il ne s'est rien passé et, depuis, tout est
calme. Quand nous entendons des "happy shootings" - tirs de joie, pour
des mariages notamment -, nous allons voir. Les gens de Priluzje se
rendent en train à "Mitro-nord" pour aller travailler, mais il y a des
soldats de la KFOR dans les wagons".

SOUPÇON, PRÉJUGÉS ET HAINE

En alerte, mais le moins visibles possible : telles sont les nouvelles
consignes des soldats de l'OTAN pour les mois à venir, afin de
redonner une chance à la coexistence ethnique. Le commandant de la
KFOR, le général Yves de Kermabon, a créé un comité de renseignement
réunissant les responsables des trois autres brigades, afin qu'un réel
partage des informations ait lieu. Chaque nation n'en dispose pas
moins de moyens autonomes. Les Français ont placé des équipes chargées
de la guerre électronique sur trois "points hauts". Nuit et jour, des
techniciens interceptent les communications téléphoniques et les
radios locales, à l'affût d'un regain de tension. En mars, l'onde de
la violence interethnique s'était propagée à toute vitesse, grâce aux
téléphones portables.

Quand ils franchissent l'Ibar, les Serbes retirent purement et
simplement les plaques "BG" (Belgrade) de leurs voitures, plutôt que
de fixer des plaques "KS" (Kosovo) qui pourraient leur assurer une
certaine impunité dans un Sud où les Albanais effacent
systématiquement, sur les panneaux, le nom en serbe du village. Le
soupçon, les préjugés, la haine : un même fléau contre lequel les
armes des soldats de la KFOR sont inopérantes...

Laurent Zecchini

---

"Soyez sur le terrain, parlez aux gens"

A Mitrovica, les soldats de la KFOR sillonnent les ruelles jour et
nuit, pour prendre le pouls d'une population désormais indifférente à
ce déploiement de force. Quelque 200 patrouilles dites "aléatoires"
ont lieu par vingt-quatre heures, le plus souvent à pied, par petites
équipes de 3 ou 5 hommes, en silence, les soldats se parlant par
signes, le fusil pointé. A son quartier général de Pristina, le
général français Yves de Kermabon, qui commande les 18 000 hommes de
la KFOR, s'efforce de faire comprendre à ses troupes que, sans baisser
leur garde, ils doivent se rapprocher de la population : "Je leur dis
tous les jours : "Soyez sur le terrain, parlez aux gens pour obtenir
du renseignement, mais aussi pour mieux faire accepter la présence
internationale"."

ARTICLE PARU DANS L'EDITION DU 07.12.04 de LE MONDE

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Le TPIY remet en liberté, jusqu'à son procès, l'ex-premier ministre
albanais du Kosovo

Le MONDE, 9 juin 2005
http://www.lemonde.fr/web/article/0,1-0@2-3214,36-660110@51-656131,0.html

L'ancien premier ministre du Kosovo, Ramush Haradinaj, a été remis en
liberté provisoire par le Tribunal pénal international pour
l'ex-Yougoslavie (TPIY) et doit regagner sous peu Pristina. Accusé de
crimes contre l'humanité et de violations des lois de la guerre pour
persécutions, détentions illégales, meurtres et viols commis à
l'encontre de civils serbes et albanais du Kosovo en 1998, l'ancien
commandant, pour l'ouest et le sud de la province, de l'Armée de
libération du Kosovo (UCK) sera placé sous la surveillance de la
Mission des Nations unies (Minuk), qui administre le territoire.

Selon la décision rendue lundi 6 juin, contre laquelle le procureur
n'a finalement pas fait appel, malgré ses oppositions, Ramush
Haradinaj ne pourra exercer aucune activité politique au sein du
gouvernement kosovar ou à l'extérieur de celui-ci. Mais les juges ont
cependant autorisé l'ancien premier ministre à conduire des activités
"administratives" au sein de son parti politique, l'Alliance pour
l'avenir du Kosovo (AAK).

Ramush Haradinaj est le dix-huitième accusé du Tribunal à bénéficier
d'une libération provisoire dans l'attente de son procès, qui ne
devrait pas débuter avant 2007. L'accusation avait demandé l'ouverture
rapide de l'affaire, mais les avocats s'y sont opposés. Le procureur a
estimé qu'il existait un risque pour la sécurité des témoins, d'autant
qu'une fois passés par le Tribunal les accusés disposent des éléments
principaux de leur dossier. A plusieurs reprises, l'accusation a fait
état de menaces sur des témoins en ex-Yougoslavie, et particulièrement
au Kosovo. Ces menaces ont été dénoncées dans plusieurs rapports de
l'OSCE.

Lors des audiences préalables à sa libération, Ramush Haradinaj a donc
dû plaider sa bonne moralité. "Jamais je ne suis intervenu dans un
processus judiciaire, et jamais je n'ai tenté d'influencer un témoin.
J'ai toujours travaillé pour l'Etat de droit" , a-t-il dit. Sa
démission du poste de premier ministre et sa reddition volontaire à La
Haye, dès l'annonce officielle de sa mise en accusation, le 9 mars,
ont pesé dans la balance.

Privé de son passeport, l'accusé devra rendre compte de sa présence
chaque semaine à la Minuk. En s'opposant à la libération de l'accusé,
le procureur n'a pas épargné ses critiques à l'égard de la Mission des
Nations unies, se déclarant "soucieux" . "Il n'y a pas de police
internationale efficace" , a relevé Dermot Groome, avant de rappeler
que les policiers locaux "ont été par le passé des combattants de
l'UCK" et que "la Minuk est une institution provisoire" . Sur ce
dernier point, le représentant de l'ONU a déclaré ne pas disposer
"d'une boule de cristal pour savoir quel sera l'avenir du Kosovo" ,
ajoutant : "Il n'est pas possible de prévoir ce que sera la situation
politique dans deux ans."

SOURCE: : http://fr.groups.yahoo.com/group/alerte_otan/messages
Liste gérée par des membres du Comité de Surveillance OTAN

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Premier accusé de l'UCK, Fatmir Limaj raconte sa guerre

LE MONDE | 09.06.05 | 13h54
http://www.lemonde.fr/web/article/0,1-0@2-3214,36-660111@51-656131,0.html

LA HAYE correspondance

Avant l'ouverture du procès de Ramush Haradinaj, prévu début 2007, le
Tribunal pénal international pour l'ex-Yougoslavie (TPIY) juge
d'autres membres de l'Armée de libération du Kosovo (UCK), le
mouvement de guérilla indépendantiste des Kosovars albanais. Fatmir
Limaj, alias"commandant Celiku" ("commandant Acier" ), a troqué sa
cagoule et son fusil kalachnikov contre une cravate rayée rose et un
micro. D evant le TPIY, l'ancien commandant est accusé de crimes
contre l'humanité et de violations des lois de la guerre pour
tortures, intimidations et meurtres contre des civils serbes et
albanais en 1998. Le procès de Fatmir Limaj est le premier ouvert à
l'encontre d'un officier de l'armée indépendantiste, qui a mené la
guerre contre l'armée serbe de Belgrade à la fin des années 1990.

Mais, en trente heures de témoignage, le "commandant Celiku" a sans
cesse balancé entre sa soif de faire le récit héroïque d'une guérilla
victorieuse et le souci de noyer les accusations du procureur. Précis,
incisif, l'Américain Alan Whitting accuse le chef de la 121e brigade
d'avoir participé à l'élimination des "collaborateurs" albanais et
d'avoir détenu et assassiné des civils serbes au camp de Lapusnik.

Les "collabos" étaient au service de la police serbe et de la sécurité
d'Etat, assure l'accusé. "Et la collaboration pouvait exister des deux
côtés. Il y avait des Serbes qui nous donnaient des informations.
Comme ce général chef d'état-major de l'armée serbe, limogé par
Milosevic après la guerre. Il était mécontent du régime et a contacté
des Albanais à l'étranger. Il leur a fourni des informations." Pour le
procureur, tout Albanais du Kosovo lié avec des Serbes, pour les
affaires ou par amitié, devait souffrir la vengeance des rebelles.

Lorsqu'il rejoint les rangs de la guérilla, en 1996, Fatmir Limaj a 25
ans. Pour le procureur, il était membre de l'état-major qui
rassemblait une trentaine de chefs. "Aucun membre de l'UCK n'avait
besoin d'ordre pour attaquer la police serbe" , assure l'accusé. "Vous
avez été l'un des premiers responsables de l'UCK... Mais pourquoi
riez-vous ?" , s'irrite le procureur, qui traque le moindre mouvement
sur le visage de l'accusé. "Excusez-moi, répond-il. Lorsque nous
sommes arrivés à Klecka -siège de l'état-major de l'UCK-, nous
n'étions que trois. Nous n'avions pas de responsable..."

"NOUS AVONS RÉUSSI..."
L'accusé refuse de porter les galons de "commandant" qui le rendraient
responsable pour les meurtres et les tortures commis au camp de
Lapusnik, et se dit "choqué par l'acte d'accusation" . Péremptoire, il
explique au procureur "comment fonctionne une guérilla" . "Par nature,
dit-il, une guérilla est composée d'un petit groupe de personnes qui
établissent une base." La base, c'est la maison de Sadik Shala : "Il a
couvert toutes nos dépenses pendant deux à trois mois. Il aidait les
soldats. Il a donné toute sa fortune à l'UCK." Sadik Shala est mort le
17 juin 1998. Un film de l'enterrement a été diffusé par la télévision
albanaise. "C'était un film de propagande pour montrer au monde qu'une
armée existait" , réalisé suite à "un accord entre l'état-major
général et une équipe de la télévision" , raconte-t-il.

En 1998, la guérilla restait secrète. Ses chefs apparaissaient en
cagoule et se cachaient derrière leur pseudonyme. "Pourquoi garder le
secret sur ces questions ?" , questionne le procureur. "Si les forces
serbes avaient su qui préparait la guerre, il leur aurait été facile
d'écraser le soulèvement... Au sein de l'UCK, nous ne savions pas qui
était qui, alors pensez-vous, à l'extérieur..." , répond l'accusé, qui
évoque une guerre dans laquelle les chefs montent au front, vont
"chercher des armes en Albanie" , des uniformes, et enrôlent les
volontaires, "des gens qui venaient de leur propre gré de pays
occidentaux" .

Le 24 mars 1999, les forces de l'OTAN débutent les opérations de
bombardement pour faire plier le président serbe Slobodan Milosevic.
"Avec l'aide de l'OTAN, nous avons réussi à faire prévaloir la liberté
et à ramener les déplacés au Kosovo" , conclut, politique, Fatmir
Limaj. Le premier procès impliquant des anciens membres de l'UCK doit
être bouclé fin juillet.

Stéphanie Maupas
Article paru dans l'édition du 10.06.05

SOURCE: : http://fr.groups.yahoo.com/group/alerte_otan/messages
Liste gérée par des membres du Comité de Surveillance OTAN


=== 3 ===

Déclaration du Secrétaire général de l'OTAN au sujet de la mise en
accusation de M. Ramush Haradinaj

http://www.nato.int/docu/pr/2005/p05-031f.htm

Je suis convaincu que M. Ramush Haradinaj s'acquittera, comme il l'a
annoncé, de ses obligations vis-à-vis du Tribunal pénal international
et qu'il coopérera pleinement avec lui.

Le Kosovo entre dans une période cruciale pendant laquelle ses progrès
vont être évalués par rapport aux critères fixés par la communauté
internationale. Parmi ces critères figurent la coopération avec le
Tribunal pénal international : une attitude responsable de la part de
M. Haradinaj et de la population du Kosovo constituera donc un message
positif à cet égard.

SOURCE: : http://fr.groups.yahoo.com/group/alerte_otan/messages
Liste gérée par des membres du Comité de Surveillance OTAN


=== 4 ===

AP: L'ancien Premier ministre du Kosovo formellement inculpé de 37
chefs de crimes de guerre et crimes contre l'humanité

SOURCE: : http://fr.groups.yahoo.com/group/alerte_otan/messages
Liste gérée par des membres du Comité de Surveillance OTAN


Dans la dépêche de l'AP qui suit (et c'est repris dans l'ensemble des
médias), on parle de 'la guerre de 98-99', probablement pour créer la
confusion : l'agression de l'OTAN contre la Yougoslavie ("la guerre du
Kosovo") a commencé le 23 mars 1999, prétendument pour faire cesser
les exactions des Serbes contre les Albanophones, alors que les
crimes pour lesquels est poursuivi Haradinaj ont eu lieu en 1998

All crimes alleged in the indictment occurred between 1 March 1998 and
30 September 1998 in the territory of Kosovo in the former Yugoslavia
and were directed against the Serb civilian population and those
members of the Albanian and Roma/Egyptian civilian population in
Decani/Deçan, Pec/Pejë, Djakovica/Gjakovë, Istok/Istog and Kline/Klinë
municipalities perceived to be collaborators or not supporting the
KLA. (http://www.un.org/icty/pressreal/2005/p946-e.htm)

Quelque chose qui cloche manifestement avec la propagande officielle,
que les médias tentent de couvrir en parlant de 'la guerre de 98-99',
comme si les crimes de Haradinaj étaient postérieurs (et donc
quasi-excusables) à la dite épuration ethnique que les forces
yougoslaves auraient entreprise après le début des bombardement de 99.
R.M.


L'ancien Premier ministre du Kosovo formellement inculpé de 37 chefs
de crimes de guerre et crimes contre l'humanité

LA HAYE (AP) - Le Tribunal pénal international pour l'ex-Yougoslavie
(TPIY) a rendu public jeudi son acte d'inculpation contre l'ancien
Premier ministre du Kosovo. Ramush Haradinaj est poursuivi pour 37
chefs d'accusation de crimes de guerre et crimes contre l'humanité
pour atrocités présumées commises contre les populations serbes.

L'ancien commandant des rebelles séparatistes albanophones, qui lutta
contre les forces serbes au Kosovo pendant la guerre de 1998-99,
s'était rendu mercredi au TPIY. Il avait démissionné mardi de son
poste de Premier ministre de la province séparatiste de Serbie pour à
l'annonce de son inculpation.
Alors qu'il était l'un des principaux commandants de l'UCK (Armée de
libération du Kosovo, la guérilla albanaise), «Haradinaj a
personnellement ordonné, contrôlé et participé à des passages à tabac»
de civils, peut-on lire dans l'acte d'accusation. Ses forces ont
notamment chassé des civils serbes et Roms de villages et «tué les
civils qui restaient en arrière».

Haradinaj, 36 ans, risque la prison à perpétuité. Il est inculpé
notamment pour 17 chefs d'accusation de crimes contre l'humanité pour
meurtres présumés, viols, persécutions, actes inhumains ou transferts
forcés de populations, ainsi que 20 chefs d'accusation pour crimes de
guerre, pour traitements cruels, meurtre et viol.

Les responsables internationaux ont tous salué la décision de l'ancien
commandant de démissionner de son poste de Premier ministre et de se
rendre au TPYI, appelant les autres pays de la région à suivre son
exemple. Avec lui se sont rendus deux autres co-inculpés et anciens
combattants à ses côtés, Lahi Brahimaj et Idriz Balaj, qui figurent
sur le même acte d'accusation.

Balaj, qui servait sous Haradinaj, dirigeait pour sa part une unité
spéciale, les «Aigles noirs», qui aurait selon le TPIY »enlevé,
frappé, mutilé, torturé et assassiné des civils et arrêté des
personnes ne prenant pas une part active aux hostilités».

---

http://www.un.org/apps/newsFr/storyF.asp?NewsID=10079&Cr=Kosovo&Cr1=MINUK

TPIY : première comparution de l'ex-Premier ministre du Kosovo, accusé
de crimes contre l'humanité, le 14 mars 2005

11 mars 2005 – Le Tribunal de l'ONU chargé de juger les crimes commis
lors des guerres qui ont suivi la dislocation de la Yougoslavie a fixé
la première comparution de Ramush Haradinaj, ex-Premier ministre du
Kosovo, au 14 mars prochain. Ce dernier est accusé de crimes contre
l'humanité et de crimes de guerre en sa qualité de commandant de
l'UCK, en 1998.

La première comparution de Ramush Haradinaj, l'ex-Premier ministre du
Kosovo, de Idriz Balaj et de Lahi Brahimaj est prévue pour le 14 mars
2005, indique un communiqué du Tribunal pénal international pour
l'ex-Yougoslavie ( TPIY ) paru aujourd'hui.

Le communiqué précise qu'elle diffusée en direct en français sur son
site à l'adresse :http://www.un.org/icty/latest-f/indexsched.htm.

Hier, le Tribunal a publié l' acte d'accusation à l'encontre de Ramush
Haradinaj, en sa qualité de commandant de l'Armée de libération du
Kosovo (UÇK selon son acronyme albanais) pour la région de Dukagjin et
en tant qu'un des dirigeants principaux du groupe, en 1998.

Sa responsabilité pénale est engagée pour avoir « planifié, engagé,
ordonné, commis, ou assisté et s'être rendu complice de la commission
de 17 faits de crimes contre l'humanité, notamment de persécution, de
déportation, d'emprisonnement, de meurtre et d'autres actes
inhumaines, et de 20 faits de violations du droit de la guerre, à
savoir traitements brutaux, meurtre et viol.

L'acte d'accusation vise notamment les actes commis en mai 1998 dans
un centre de détention improvisé à Jablanica, où au moins 16
non-combattants auraient été détenus, battus et torturés. Il vise
aussi la découverte, par les forces serbes, de près de 39 corps de
civils serbes, roms et albanais ayant disparu entre avril et septembre
1998 dans la région de Dukagjin.

Le TPIY accuse enfin Ramush Haradinaj d'avoir utilisé sa propre maison
à comme centre de détention et d'avoir non seulement ordonné la
commission de ces crimes mais aussi de les avoir pour partie
personnellement exécutés.

Ramush Haradinaj avait été nommé au poste de Premier Ministre du
Kosovo après les élections d'octobre 2004 (voir notre dépêche du 24
octobre 2004).

Dès l'annonce de sa nomination, le Représentant spécial du Secrétaire
général pour le Kosovo, Søren Jessen-Petersen avait laissé entendre
qu'elle pourrait poser problème en raison de sa possible inculpation
par le TPIY (voir notre dépêche du 29 novembre 2004).

Il a néanmoins salué son départ volontaire, signe selon lui « d'un
exemple de la maturité politique croissante du Kosovo » (voir notre
dépêche du 8 mars 2005).


SOURCE: : http://fr.groups.yahoo.com/group/alerte_otan/messages
Liste gérée par des membres du Comité de Surveillance OTAN


=== 5 ===

Da: Philippe Scheller
Data: Mer 29 giu 2005 21:22:23 Europe/Rome
Oggetto: Le Kosovo et la réorientation politique suisse en faveur des
Etats-Unis

Liste de diffusion : Damnés du Kosovo
http://www.gael.ch/collectif/damnes/inscriptions.html

Suite à la récente prise de position de la diplomatie suisse en faveur
de l'indépendance du Kosovo, le Comité pour la paix en ex-Yougoslavie
a demandé une entrevue urgente avec Mme Calmy-Rey, cheffe du
Département fédéral des Affaires étrangères . Un courrier lui a été
adressé dans ce sens, accompagné du rapport de mission d'inspection
citoyenne effectuée pendant l'été 2004, ainsi que du sujet vidéo
tourné pendant une opération du Secours populaire français dans les
enclaves du sud du Kosovo.

Le Kosovo et la réorientation politique suisse en faveur des Etats-Unis

La diplomatie suisse a choisi de marquer sa récente réorientation,
plus favorable aux Etats-Unis, en prenant position pour l'indépendance
du Kosovo. Les initiatives s'enchaînent : intervention M. Maurer,
Ambassadeur suisse à l'ONU, déplacement de Mme Calmy-Rey en Serbie,
annonce d'une prochaine visite au Kosovo pour fin juillet, après sa
rencontre avec Condoleezza Rice le 27 juin.

A première vue, ces initiatives peuvent sembler ridicules. De quel
poids dispose la Suisse pour exercer une quelconque pression sur la
Serbie - Monténégro, un pays qui a résisté pendant 78 jours aux
bombardements de l'OTAN ? Que peut espérer la Suisse, alors que
l'alliance militaire la plus puissante du monde n'avait - fort
heureusement - pas osé s'aventurer directement sur le terrain avant
qu'une résolution, adoptée par le Conseil de sécurité de l'ONU ne le
permette : la résolution 1244, qui garantit le maintien du Kosovo dans
le cadre de la Serbie.

Six ans plus tard, c'est le bilan de cette intervention militaire et
de l'occupation du Kosovo qu'il conviendrait de faire. La Suisse est
pourtant bien placée pour connaître cette situation puisqu'elle
figure, avec les Etats-Unis, parmi les principaux soutiens financiers
de l'Ombudsperson Institution in Kosovo, chargée de répondre aux
plaintes des citoyens envers les autorités locales ou internationales
(1). Ce travail de médiation est synthétisé chaque année dans un
rapport, qui représente un tableau saisissant des problèmes accablant
le Kosovo, de l'absence de normes juridiques aux violations
systématiques des droits des minorités, en passant par les errements
de la « communauté internationale ».

La situation est bloquée, sans autre issue que la négociation avec la
Serbie pour tenter d'arracher un statut pour cette province.
Impossible de faire adopter une nouvelle résolution du Conseil de
sécurité de l'ONU sans l'accord de la Russie et... de la Chine, dont
l'Ambassade à Belgrade avait été bombardée « par mégarde » en 1999 !
Impossible d'imposer une reconnaissance unilatérale de l'indépendance
du Kosovo : c'est la reconnaissance unilatérale des indépendances
slovène et croate puis bosniaque - en 1992 - qui avait mis le feu à la
poudrière balkanique. Il faut donc tout renégocier et revenir à la
situation de Rambouillet en février 1999, sans donner l'apparence d'un
échec de l'intervention militaire de l'OTAN.

C'est là que la diplomatie Suisse entre scène !

La Suisse dispose de bons atouts dans cette affaire, elle n'a pas
participé au bombardement de la Yougoslavie, elle s'est engagée, sous
les bombes de l'OTAN dans la première intervention humanitaire sur le
terrain à l'initiative de Direction du développement et de la
coopération (DDC), elle est également très active dans le soutien
financier aux déplacés du Kosovo en Serbie.

Cette initiative reste pourtant très éloignée de la recherche d'une
solution construite sur des négociations directes entre les
populations concernées. Alors que les responsables politiques albanais
défendent l'idée d'indépendance et les Serbes défendent le maintien du
Kosovo dans le cadre de la Serbie, rien, dans le dispositif actuel, ne
favorise le dialogue direct, indispensable à la recherche d'une
solution entre partenaires opposés. J'ai entendu de très nombreux
témoignages au Kosovo démontrant de façon très réaliste et pragmatique
que la promesse de l'indépendance est un obstacle au dialogue (2).
Quel élu albanais serait assez fou pour négocier directement avec les
Serbes et les autres populations minoritaires alors que l'indépendance
lui est promise par les puissances occupantes ? C'est pourtant la
position choisie par la diplomatie suisse, qui définit unilatéralement
l'issue d'une négociation avant qu'elle ne commence ! Une approche qui
sera favorablement perçue par les Etats-Unis...

Philippe Scheller
Membre du Comité pour la paix en (ex-)Yougoslavie

1) Ombudsperson Institution in Kosovo
http://www.ombudspersonkosovo.org

2) Kosovo : un voyage pour rompre 5 ans de silence
http://www.csotan.org/Kosovo2004

3) Mission au Kosovo
Sujet vidéo tourné lors d'une opération humanitaire dans les enclaves
du Kosovo en décembre 2004
http://www.gael.ch/collectif/spf/

--------------------------------------------------------------------------------
Comité pour la paix en (ex-)Yougoslavie
http://www.gael.ch/collectif/
CP 915 - 1264 St-Cergue
--------------------------------------------------------------------------------
Inscription - désinscription et historique des messages envoyés à la
liste de diffusion Damnés du Kosovo
http://www.gael.ch/collectif/damnes/inscriptions.html


=== 6 ===

KOSOVO - Réorganisation des forces de l'Otan (Le Soir du 1.9.05
d'après AFP)

L'Otan va procéder à partir d'octobre à une vaste réorganisation de sa
force de paix au Kosovo, la KFOR, sans réduire toutefois ses
"capacités", a annoncé mercredi un responsable de l'Alliance
atlantique. Il est notamment question "d'un quartier général
supplémentaire dans le sud-ouest du pays pour rendre plus efficace la
structure de commandement". La transition se fera en 12 mois. Ces
changements ont été jugés nécessaires à la suite des émeutes
anti-serbes qui ont fait 19 morts et plus de 900 blessés en mars 2004.

---

KOSOVO : La mort de deux Serbes met fin à l'accalmie (Le Monde
30.8.2005 - d'après Reuters)

Deux Serbes ont été tués et un troisième a été grièvement blessé
samedi 27 août près de Strpce, dans le sud du Kosovo, où leur voiture
a été la cible de coups de feu. Cet incident survient après plus d'un
an de trêve dans cette province serbe peuplée à 90% d'Albanais. Le
premier ministre serbe, Vojislav Kostunica, a dénoncé dimanche un
"terrorisme brutal contre les Serbes", mais la police a démentu les
allégations de medias serbes faisant état de trois Albanais de souche,
arrêtés en liaison avec les coups de feu de samedi. Un nouvel accès de
violence pourrait retarder les négociations sur le "statut final" de
cette province semi-autonome, placée sous administration de l'ONU
depuis l'intervention de l'Otan destinée à mettre fin aux exactions
serbes de 1998-99. L' émissaire de l'ONU, Kai Eide, doit présenter en
septembre, son rapport sur le niveau atteint par le Kosovo en matière
de démocratie, de sécurité et de respect des minorités - conditions
requises pour l'ouverture des pourparlers.

---

L'ONU va ouvrir le débat sur le statut final du Kosovo
Le Monde, 10/10/2005

Six ans après l'intervention de l'OTAN contre la Serbie, Kofi Annan a
informé, vendredi 7 octobre, le Conseil de sécurité de l'ONU de son
intention d'ouvrir la négociation sur le statut du Kosovo. Le
territoire, sous protectorat onusien depuis 1999, est officiellement
resté une province serbe. Sa majorité albanaise s'impatiente et exige
d'obtenir une souveraineté catégoriquement refusée par Belgrade. "La
question de l'indépendance est posée ; la question de l'autonomie est
posée", a déclaré, à Berne, le secrétaire général de l'ONU. Il va
nommer un envoyé spécial qui sera chargé d'orchestrer les tractations
diplomatiques, longtemps gelées par peur de déstabiliser les Balkans.


Kofi Annan s'appuie sur les conclusions du diplomate norvégien Kai
Eide, qu'il avait chargé d'un rapport selon lequel "le temps est venu
d'initier le processus" . Jusqu'à présent, l'ONU imposait, en prélude
à toute négociation du statut final du Kosovo, le respect dans la
province de plusieurs normes démocratiques. Des émeutes antiserbes,
qui ont fait 19 morts en mars 2004, ont révélé la volatilité de la
situation sur un territoire où la paix n'est maintenue que par la
présence de 18 000 soldats de l'OTAN. Derrière le slogan "Les normes
avant le statut" , l'ONU a tenté d'inciter la communauté albanaise,
qui constitue 90 % des 2 millions d'habitants de la province, à
progresser sur la voie de la réconciliation.

La mise en oeuvre de ces normes a, depuis, été "inégale" , reconnaît,
dans son rapport, Kai Eide. "En ce qui concerne la fondation d'une
société multiethnique, la situation est sombre", constate-t-il. Le
retour des minorités est "pratiquement au point mort" . Les
institutions, dont la création est un succès, sont toutefois minées
par le clientélisme et par le refus des Serbes ­ environ 100 000
personnes qui vivent pour moitié dans des enclaves ­ d'y participer.
La police et la justice sont "fragiles" et dépendantes des policiers
et des juges internationaux. Le crime organisé et la corruption sont
"largement répandus" , et l'économie est jugée "morose" .

SORTIR DE L'IMPASSE
Le diplomate norvégien estime toutefois qu'il est plus dangereux
d'attendre que de chercher à sortir de l'impasse d'un statut
incertain. "Il n'y aura pas de bon moment pour s'occuper de la
question" de l'indépendance, affirme-t-il. "L'influence -de l'ONU- au
Kosovo diminue", relève-t-il, assurant que l'Union européenne "devra
jouer le rôle principal" en usant du "levier" de l'intégration
européenne pour faire avancer parallèlement les normes démocratiques
et la négociation sur le statut final, sans se fixer de "dates butoir
artificielles" . Le Conseil de sécurité de l'ONU doit se réunir le 24
octobre pour examiner le rapport. Kofi Annan devrait ensuite choisir
Martti Ahtisaari comme envoyé spécial chargé de la négociation.
L'ex-président finlandais commencera sa médiation par des navettes
entre Pristina et Belgrade, qui renâclent à négocier face à face. Le
"groupe de contact" sur le Kosovo, qui rassemble les Etats-Unis, la
Russie, la Grande-Bretagne, la France, l'Allemagne et l'Italie, sera
central. Washington soutient déjà "pleinement" l'ouverture des débats
et va nommer son propre émissaire diplomatique.

Que deviendra le Kosovo ? Trois solutions ont été rejetées par le
"groupe de contact" : la partition du nord du Kosovo majoritairement
serbe, le rattachement à l'Albanie, et le retour à une province serbe
sans autonomie. Quel qu'il soit, le nouveau statut devra être approuvé
par le Conseil de sécurité de l'ONU, où la Russie, alliée de Belgrade
et opposée à l'indépendance, dispose d'un droit de veto. Les
Etats-Unis penchent plutôt pour l'indépendance, mais, en coulisse, les
diplomates européens travaillent à des scénarios alternatifs
d'indépendance "limitée" (sans armée, avec des garanties pour les
minorités) ou "conditionnée" à une forte présence internationale.

Philippe Bolopion
Article paru dans l'édition du 11.10.05


SOURCE : http://fr.groups.yahoo.com/group/alerte_otan/messages
Liste gérée par des membres du Comité de Surveillance OTAN.

Riceviamo e giriamo, segnalando ai nostri fini in particolare:

*** domenica 4.12.05 ore 14.30
MUSEO DEL RISORGIMENTO E RESISTENZA - Vicenza
"KOZARA L'ULTIMO COMANDO"
(1962) di Veljko Bulaijic, 90' ***

----------------------

Da: "Iniziativa PARTIGIANI! Roma"
Data: Mar 11 ott 2005 15:52:52 Europe/Rome
Oggetto: Continuano le iniziative nel 60.mo della Liberazione!


Continuano le iniziative nel 60.mo della Liberazione!

( 1 ) presentazioni libri e spettacolo a MILANO, 14 e 21 ottobre 2005
( 2 ) iniziativa-dibattito a MILANO, 22 ottobre 2005
( 3 ) rassegna cinematografica ed altre iniziative a VICENZA e
DUEVILLE, 13-20-27 ottobre, 3-11-13-18-20-25-27 novembre, 2-4-9-16
dicembre 2005
( 4 ) rassegna cinematografica a BASSANELLO (PD), 18 ottobre, 8-22
novembre, 6-13 dicembre 2005
( 5 ) presentazioni a PADOVA, 11-25 ottobre e 15 novembre


---( 1 )---

Casa della Cultura
via Borgogna, 3 - MILANO

Venerdì 14 ottobre 2005 ore 21

In occasione del Sessantesimo della Liberazione

La storia del Novecento tra testimonianza e impegno civile

presentazione dei volumi editi tutti dall'editore
La Città del Sole, Napoli:

# Giovanni Pesce - Fabio Minazzi,
Attualità dell'antifascismo

# Vincenzo Tonelli,
Un comunista, combattente dell'antifascismo europeo ,
a cura di Fabio Minazzi

# Onorina (Nori) Brambilla, Mario Ferro, Eolo Morenzoni, Giovanni
Pesce, Anello Poma, Vincenzo Tonelli,
La lotta antifascista dei comunisti in Europa,
a cura di Fabio Minazzi

partecipano

Alessandra Chiappano
INSMLI e Fondazione Memoria della deportazione

Alfonso Botti
Università di Urbino

On. Antonio Panzeri
Europarlamentare

Sarà presente il curatore e coautore Fabio Minazzi

con il patrocinio di:

Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia

Fondazione Memoria della Deportazione

---

Casa della Cultura
via Borgogna, 3 - MILANO

Venerdì 21 ottobre 2005 ore 17.30

Piero Martinetti filosofo ed antifascista

presentazione del volume di

Guido Bersellini,
La fede laica di Piero Martinetti. Appunti sul confronto religioso e
politico (in Italia e nel villaggio globale) ,
Manni Editore, San Cesario di Lecce

partecipano

Fulvio Papi - Università di Pavia

Fabio Minazzi - Università di Lecce

Amedeo Vigorelli - Università di Milano

Sarà presente l' Autore

Al termine lo spettacolo promosso dal Teatro delle Selve

Il filosofo con la pistola. Una storia quasi dimenticata

con Franco Acquaviva , regia di Simone Capula

con il patrocinio della

Federazione Italiana Associazioni Partigiane


---( 2 )---

A.N.P.I. (ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D'ITALIA)
Sezione Barona – Via Modica 8 – 20143 Milano.
Telefono 028135271 – E.mail anpibarona @ fastwebnet.it

SESSANTESIMO DELLA LIBERAZIONE - 1945-2005

Dalla RESISTENZA
libertà, legalità, giustizia, solidarietà,
la DEMOCRAZIA

Nori Brambilla Pesce – Direttivo ANPI Provinciale Milano
Livia Pomodoro – Presidente tribunale per i minorenni Mi.
Antonio Lareno – Segretario camera del lavoro CGIL Mi.
Gherardo Colombo – Consigliere Corte Cassazione.
Franco Rositi – Direttore scuola sup. Università di Pavia.
Un rappresentante del centro sociale ORSO Milano.
Moderatore: Jury Bogogna Radio Popolare Milano

Teatro EDI. Barrio's – Via Barona ang. Via Boffalora. Milano
ore 16.00 sabato 22 Ottobre 2005

ingresso libero

Coordinamento sezioni ANPI Milano Sud e Provincia


---( 3 )---

il Centro Studi Ettore Luccini ( www.centrostudiluccini.it ) ci segnala:

Rassegna Cinematografica in occasione del 60° anniversario della
liberazione d'Europa
MEMORIA RESISTENTE

MUSEO DEL RISORGIMENTO E RESISTENZA di VICENZA
13.10.2005 - 16.12.2005

rassegna in occasione del 60° anniversario della liberazione d'europa

Comune di Vicenza
Museo del Risorgimento e della Resistenza
Nanook circolo di cultura cinematografica
Circolo Cineforum Dueville

ingresso gratuito


# giovedi 13.10.2005 ore 21 - MUSEO DEL RISORGIMENTO E RESISTENZA


Paolo Gioli
Il muro dei fucilati di Villamarzana (RO)
esposizione fotografica (1997)

Bartolomeo Costantini
IMPUNITÀ E RIMOZIONE DEI CRIMINI DI GUERRA
le stragi nazifasciste in Italia
conferenza

L'armadio della vergogna – impunità e rimozione dei crimini di guerra
nazifascisti
Conferenza di Bartolomeo Costantini, procuratore militare di Verona,
sulle stragi nazifasciste in Italia
Bartolomeo Costantini è il procuratore militare della Repubblica a
Verona. Dal 1993 al 1997 ha fatto parte del Consiglio della
magistratura militare, che nel 1996 avviò le indagini
sull'archiviazione dei fascicoli per crimini di guerra irritualmente
disposta nel 1960 e scoperta nel 1994 (c.d. armadio della vergogna).
Dal 1996 ha svolto personalmente tutte le indagini nate dalla
trasmissione dei relativi fascicoli alla sua procura, compresi quelli
per gli omicidi commessi nel Lager di Bolzano dal dicembre 1944
all'aprile 1945. Il processo nei confronti del caporale delle SS
Michael Seifert si è concluso con la condanna all'ergastolo ed è in
corso la procedura di estradizione dal Canada.

ANATOMIA DI UN MASSACRO
di A. Prandstaller
proiezione

Anatomia di un massacro (2005) di Andrea Prandstaller, 52'
La storia che questo film racconta comincia a Pedescala, un piccolo
paese del Nord-Est d'Italia il 30 Aprile 1945. Quel giorno un reparto
dell'esercito tedesco in ritirata entra in paese e massacra 82 civili
innocenti fra cui donne e bambini. Le ragioni di quella rappresaglia
sono rimaste sconosciute.
Il massacro di Pedescala ha almeno due particolarità. La prima è
quella di essere stato fatto a guerra praticamente finita. Anche se la
data ufficiale della resa delle truppe del Reich in Italia è il 2
maggio 1945, il 30 aprile, giorno dell'inizio della carneficina,
l'Italia intera aveva già festeggiato la cacciata dei nazisti e la
fine della guerra. E', per così dire, una strage fuori tempo massimo.
La guerra era finita.
La seconda particolarità della strage di Pedescala è che la sua storia
non ha mai visto la parola fine. Per capire il perché dobbiamo per un
momento saltare al 1960 quando il procuratore generale militare Enrico
Santacroce mise sui fascicoli delle inchieste svolte dagli
anglo-americani nel dopoguerra sui crimini di guerra nazisti in Italia
il timbro "Archiviazione provvisoria". I fascicoli vennero chiusi in
un armadio con le ante rivolte contro il muro nella sede degli Uffici
Centrali Militari a Roma. Un insabbiamento perfettamente riuscito. Li
ha ritrovati nel 1994 il procuratore generale Intelisano che indagava
sui massacratori delle Fosse Ardeatine.


# giovedi 20.10.05 ore 21 - MUSEO DEL RISORGIMENTO E RESISTENZA


Emilio Franzina
LA MEMORIA BREVE - FASCISMO E RESISTENZA
Conferenza

Emilio Franzina è professore ordinario di storia contemporanea
all'Università di Verona. Ha collaborato con diversi istituti
universitari in Francia, Brasile e Stati Uniti. Si occupa di storia
sociale e di storia dei movimenti migratori di massa oltre che, in
ambito italiano, di storia regionale e di storia delle scritture
popolari. Presidente dell'Istituto Veronese per la Storia della
Resistenza e dell'Età Contemporanea e membro dei comitati scientifici
di vari istituti, è titolare di una vasta bibliografia su temi di
storia prevalentemente dell'Otto-Novecento.

GIORNI DI GLORIA
proiezione
(Italia, 1945) di Mario Serandrei, Luchino Visconti, Marcello
Pagliero, Giuseppe De Santis, 68'

Il documentario inizia con le riprese di alcune azioni partigiane. I
sabotaggi provocano la violenta reazione dei nazisti che divengono
sempre più sanguinosi. Viene rievocato da Pagliero con immagini di
cruda e tragica evidenza il massacro delle Fosse Ardeatine. Serandrei
e De Santis montarono in questo film le immagini girate da Visconti,
dopo la liberazione per conto dell'esercito alleato, sul processo
contro l'ex questore di Roma Pietro Caruso e l'aiutante Occhetto, e le
drammatiche sequenze della fucilazione di Caruso, del delatore
Scarpato e del seviziatore Pietro Koch. Visconti filma inoltre il
linciaggio di Carretta, l'ex direttore di Regina Coeli , strappato
dalla folla al tribunale. Il film è costruito usando immagini girate
da diversi operatori. In alcuni casi le immagini non sono documentarie
ma ricostruite con una messa in scena; i partigiani cioè nei momenti
di calma rifanno alcune scene di azione o recitano la cattura di un
prigioniero. Questo perchè non esisteva un servizio cinematografico
nelle bande e per questa ragione sono molto rare le immagini di guerra
partigiana e ci sono soprattutto immagini di riposo, marce e
trasferimenti.


# giovedi 27.10.05 ore 21 - MUSEO DEL RISORGIMENTO E RESISTENZA


L'ORECCHIO FERITO DEL PICCOLO COMANDANTE
proiezione
di Daniele Gaglianone, 1994, 9'

Autunno 1943. Un bambino accompagna la madre da un gruppo di
partigiani che per gioco lo nominano comandante. Il bambino si
allontana; il suo ritorno sarà tragico. 1° premio al festival di
Bastia 1995, menzione speciale al Festival di Locarno 1995.

Paride Brunetti (Comandante Bruno)
testimonianza

Nato nel 1916, ufficiale di carriera partecipa alla campagna di
Russia, dopo l'8 Settembre 1943 va nel bellunese e successivamente
diventa comandante della brigata garibaldina "Gramsci". E' stato
insignito della medaglia Bronze Star Medal dal comandante delle forze
alleate e medaglia d'argento al valor militare. E' cittadino onorario
di Feltre.

ANNAROSA NON MUORE
proiezione
(2002) di Mirco Melanco, 38'

Questa è la storia del partigiano Alfredo, nome di battaglia di
Giovanni Melanco che nella primavera del 1944 (all'età di 19 anni)
decide di andare in montagna a lottare per la libertà, la difesa della
propria terra e per il raggiungimento della giustizia sociale, insieme
ad Annarosa, Bruno, Orso, anch'essi protagonisti di questa vicenda
narrata tra presente e passato, dove i fatti di ieri, nel contesto del
paesaggio di oggi, si compensano testimoniando che "è sempre il tempo
per resistere all'ignoranza e alle barbarie".


# giovedi 3.11.05 ore 21 - MUSEO DEL RISORGIMENTO E RESISTENZA


DOCUMENTI D'ARCHIVIO DALL'IMPERIAL WAR MUSEUM
SULLA LIBERAZIONE DI ALCUNE CITTÀ VENETE
(1945), 45'

introduzione e commento di Alessandro Faccioli, Università di Padova

Sonorizzazione sperimentale dal vivo eseguita dal gruppo Haxan:
Renato Ercego-piano, Roberto Ercego- contrabbasso e strumenti
elettronici, Gi
Gasparin-chitarra elettrica

Presso gli archivi dell'Imperial War Museum di Londra è conservato un
fondo di materiali filmati editi ed inediti girati dagli alleati nel
Veneto durante la seconda guerra mondiale. Il confronto fra le
pellicole montate per essere fruite come cinegiornali e quelle mai
circolate sugli schermi e subito archiviate consente di capire quali
strategie di comunicazione e propaganda vennero attivate per
rappresentare il territorio veneto nel 1945, nei giorni cruciali che
seguirono la liberazione. Nel corso della serata verranno mostrate
immagini girate dai cineoperatori britannici che per primi entrarono a
Verona, Padova e Venezia.


# venerdi 4.11.05 ore 21 - CINEMA BUSNELLI - DUEVILLE (via Dante 30)


UN CONDANNATO A MORTE È FUGGITO
proiezione
(1956) di Robert Bresson, 102'
v.o. francese, sott. italiano

È la storia vera (il tenente André Devigny la pubblicò nel 1954 sul
"Figaro Litéraire") della fuga di un partigiano dalle prigioni
naziste. Devigny scappa una prima volta, lo riprendono e lo
rinchiudono nel forte di Montluc a Lione. Qui apprende la sua condanna
a morte. Con pazienza prepara una nuova evasione che stavolta gli farà
guadagnare la libertà. Una semplice didascalia,
«Lyon 1943», inquadra cronologicamente i fatti. Tutto qui: nessun
altro riferimento esplicito alla storia («alla verità della vicenda
reale che ha ispirato la sceneggiatura – dirà Bresson – si è
sovrapposta una verità interna al film»). Il film ha una concezione
severa e spoglia del linguaggio cinematografico: una gelida,
distaccata osservazione del mondo degli uomini.

RESISTENZA: UNA MEMORIA DIFFICILE
conferenza di Santo Peli, Università di Padova

Santo Peli insegna Storia Contemporanea all'Università di Padova. Ha
pubblicato diversi volumi, tra i quali: "La Resistenza in Italia.
Storia e critica", "La Resistenza difficile" e "L'altro esercito. La
classe operaia durante la Grande Guerra".


# venerdi 11.11.05 ore 21 - CINEMA BUSNELLI - DUEVILLE (via Dante 30)


IL TERRORISTA
proiezione introdotta dal regista
(1963) di Gianfranco De Bosio, 100'

Copia proveniente dalla Fondazione Centro Sperimentale di
Cinematografia - Cineteca Nazionale
A Venezia, verso la fine del `43, Renato Braschi (Gian Maria Volonté)
e un gruppo di partigiani compiono atti di sabotaggio contro i
tedeschi. Sotto la vernice di un film d'azione è un dibattito politico
ed etico, un'analisi storica delle varie forze che, tra contraddizioni
e attriti, si coagularono nel C.L.N. (Comitato di Liberazione
Nazionale) nella lotta antifascista durante la Resistenza.
Gianfranco De Bosio e il suo sceneggiatore Luigi Squarzina sono
riusciti a calare idee e conflitti nei personaggi, in un dialogo che
diventa traino dell'azione drammatica. Asciutto, essenziale, profondo
come tanta filmografia neorealista questo film, che si avvale di un
cast eccellente, espone didascalicamente un binomio centrale della
lotta di Liberazione: attendismo e azione.


# domenica 13.11.05 ore 14.30 - MUSEO DEL RISORGIMENTO E RESISTENZA


IL FASCISMO QUOTIDIANO
proiezione
(URSS, 1965) di Michail Romm, 128'
V.o. tedesco, sott. italiano
traduzione e sottotitoli a cura di Linda Rossato, Università di Bologna

presenta il film Carlo Saletti, Università di Mantova

Il fascismo quotidiano è un montaggio di documenti capace di evitare
una storia del fascismo o una ricostruzione dei grandi avvenimenti :
mostra il fascismo come situazione che si svela a partire da
comportamenti comuni e ordinari, avvenimenti quotidiani, atteggiamenti
del popolo o gesti dei capi colti nel loro contenuto psicologico, come
momenti di una coscienza alienata ( in Gilles Deleuze,
L'immagine-movimento). Suddiviso in quindici brevi capitoli, questo
straordinario documentario è costruito a partire da materiali
d'archivio di varia provenienza e variandone il sonoro. La nascita del
fascismo, il bagno di sangue in cui il fascismo ha immerso i popoli, i
crimini perpetrati. Il film mostra i metodi impiegati da Hitler per
condurre il popolo tedesco sulla via della violenza, e ne illustra gli
effetti: la Polonia devastata, il ghetto di Varsavia, i campi di
concentramento. Le ultime immagini cercano di rispondere alla domanda:
siamo sicuri che il fascismo sia stato veramente estirpato dal mondo?

Carlo Saletti: ricercatore e regista teatrale, tra le sue
pubblicazioni "Testimoni della Catastofe. Deposizioni di prigionieri
dei Sonderkommando ebraico di Auschwitz" Per L'editore Ombre Corte
dirige la collana di scritti storici "Documenta".


# venerdi 18.11.05 ore 21 - CINEMA BUSNELLI - DUEVILLE (via Dante 30)


L'INFANZIA DI IVAN
(1962) di Andrej Tarkovskij 90'. v.o. russo, sott. italiano
proiezione

Il dodicenne Ivan, persi i genitori durante l'invasione nazista
dell'URSS, diventa un prezioso collaboratore dapprima dei partigiani
ed in seguito dell'esercito, impegnandosi in una serie di pericolose
missioni esplorative oltre le linee. Rientrato da una di queste, viene
accolto dagli uomini del tenente Galcev, che in un primo momento lo
sospetta essere una spia nazista. In seguito alle rimostranze del
ragazzo, lo mette in contatto con il capitano Cholin ed il colonnello
Grjazanov, ai quali fornisce importanti informazioni sulla
dislocazione del nemico. Inviato alla scuola di guerra, Ivan riesce a
fuggire e viene raggiunto da Cholin, che decide di portarlo con sé.
Tornato al fronte, Ivan scompare durante una sortita. A guerra
terminata il tenente Galcev scoprirà che il ragazzo, catturato dai
tedeschi, è stato ucciso.

Maria Bacchi
I TRAUMI DELL'INFANZIA IN GUERRA
conferenza

Maria Bacchi dirige l'Istituto Mantovano di Storia Contemporanea e fa
parte del Comitato Scientifico della Fondazione Villa Emma di
Nonantola. È autrice di "Cercando Luisa. Storie di bambini in guerra
1938-1945", e di "Morire d'agosto. Vita breve di una partigiana"; con
Fabio Levi ha scritto "Auschwitz, il presente, il possibile. Dialoghi
sulla storia tra infanzia e adolescenza". Ha curato con Melita Richter
"Le guerre cominciano a primavera. Soggetti e genere nel conflitto
jugoslavo". Fa parte del Comitato Scientifico della collana "Letture
d'Archivio" della Casa Editrice Franco Angeli. Collabora con la
rivista "Cooperazione Educativa".


# domenica 20.11.05 ore 14.30 - MUSEO DEL RISORGIMENTO E RESISTENZA


1943: LA SCELTA
proiezione
regia di Mimmo Calopresti, 30', 1995

Documentario che contiene l'intervista a Nuto Revelli, che con
semplicità e grande capacità comunicativa racconta le vicende cruciali
di quegli anni e la necessità di fare la scelta: contro i fascisti o
con i fascisti.

Testimonianza di
Giulio Vescovi (Leo):
storia e memoria della guerra partigiana nell'alto vicentino.

Giulio Vescovi, nato nel 1921, presidente dell'Associazione Volontari
della Libertà, è stato comandante partigiano, medaglia d'argento al
valor militare. Laureato in pedagogia, direttore didattico a Vicenza e
colonnello degli alpini. Tra i suoi scritti si trovano i libri
"Resistenza nell'alto vicentino" e "La notte dei fuochi - racconti
della resistenza".


# venerdi 25.11.05 ore 21 - CINEMA BUSNELLI - DUEVILLE (via Dante 30)


Virgilio Biei
testimonianza

Nato a Torino nel 1924, partigiano nella 5° G.L. e gappista a Torino.
Ha combattuto contro la dittatura fascista e ha vissuto l'allucinante
vicenda narrata nel film di Daniele Gaglianone "I nostri anni".

I NOSTRI ANNI
proiezione
i(2000) di Daniele Gaglianone, 90'

Alberto (interpretato nel film da Virgilio Biei) e Natalino sono due
vecchi che, durante la guerra, hanno condiviso l'esperienza partigiana
sulle montagne piemontesi. Con loro era anche Silurino, caduto vittima
delle brigate nere. Natalino vive ancora in montagna, in un antico
borgo disabitato, mentre Alberto, rimasto vedovo, trascorre l'estate
in un pensionato dove incontra Umberto, un anziano costretto sulla
sedia a rotelle. A poco a poco le memorie del passato riaffiorano in
tutta la loro drammaticità.


# domenica 27.11.05 ore 14.30 - MUSEO DEL RISORGIMENTO E RESISTENZA


Franco Busetto
testimonianza

Franco Busetto, presidente regionale ANPI, è stato comandante
partigiano e deportato nel lager di Mauthausen.

BULOW
proiezione
(1999) di Fausto Pullano e Silvia Savorelli, 54'

Bulow è il nome di battaglia di Arrigo Boldrini, organizzatore delle
prime formazioni partigiane e gappiste in Romagna, medaglia d'oro al
valor militare, deputato all'Assemblea Costituente e vicepresidente
della Camera. Nel documentario sono ricostruiti alcuni significativi
momenti storici che hanno segnato la vita democratica italiana: la
guerra partigiana, la "pianurizzazione", le buche come rifugi, le
staffette, la difesa del grano e delle macchine, gli alleati fermi
sulla linea gotica. Il dopoguerra; l'uscita delle sinistre dal governo
provocata da De Gasperi nel 1947; Scelba, gli 800 uomini della
sinistra estromessi dalla polizia; il numero di prefetti e questori
che vengono dal fascismo nel 1960; la democrazia in pericolo e i
discorsi pubblici di Boldrini.


# venerdi 2.12.05 ore 21 - SALA EX LARIS - DUEVILLE (via Rossi 31)


Introduce la serata Erwin Fusato

FRAMMENTO INTERVISTA A MARY ARNALDI
( 2005) di Vincenzo Mancuso, 10'
proiezione

LOTTA PARTIGIANA
proiezione
(1975) di Paolo Gobetti e Giuseppe Risso, 62'

Diviso in brevi capitoli su momenti, fasi, tattiche, modi di vivere e
problemi della lotta partigiana in Italia e in Europa, il film
costituisce una efficace testimonianza dal vivo, commentata nella
colonna sonora da una serie di interventi di partigiani che completano
e arricchiscono le immagini. Contiene sequenze di immagini rare e poco
viste, come quelle girate da don Giuseppe Pollarolo con la Pathè-baby,
una piccola macchina da presa tascabile per dilettanti. Alcuni brani
sono tratti dai film "Aldo dice 26 x 1", "Giorni di Gloria",
"Partizanski documenti" , "Au coeur de l'orange " di Le Chanois, "La
libération de Paris".
La musica di questo film è di Luigi Nono.


# domenica 4.12.05 ore 14.30 - MUSEO DEL RISORGIMENTO E RESISTENZA


Sirio Luginbühl
UNA FAMIGLIA NELLA BUFERA DELLA GUERRA
testimonianza

KOZARA L'ULTIMO COMANDO
proiezione
(1962) di Veljko Bulaijic, 90'

Bosnia,1942. Il monte Kozara è difeso dai partigiani jugoslavi e il
generale Von Sthal riceve l'ordine di circondare e rastrellare la
montagna avendo a disposizione trentacinque mila nazisti e ustascia.
Mentre il villaggio di Dragojevo viene distrutto dai tedeschi, un
commando di partigiani agli ordini del capitano Vukscia rompe
l'accerchiamento. Ma soltanto una parte della popolazione civile
riesce a seguire i partigiani. Per soccorrere gli altri il commando
torna indietro; Vukscia viene gravemente ferito ma i suoi uomini non
si arrendono e continuano a lottare fino a quando i tedeschi non si
ritirano.


# venerdi 9.12.05 ore 21 - SALA EX LARIS - DUEVILLE (via Rossi 31)


VA E VEDI
proiezione
i(1985) di Elem Klimov, 123'

Florya, un giovane russo che vive in un remoto villaggio della
Bielorussia, si ritrova casualmente tra le fila dei partigiani e
partecipa alla difesa dalla brutale aggressione dei nazisti durante la
seconda guerra mondiale. I soldati tedeschi distrussero 626 villaggi
uccidendone gli abitanti, bruciati vivi negli edifici dove venivano
rinchiusi: municipi, chiese o taverne. Attraverso gli occhi di Florya,
testimone involontario sempre più ottenebrato e devastato nelle sue
percezioni fisiche e psicologiche, assistiamo agli orrori delle
vicende storiche cogliendo la realtà delle distruzioni e degli
stermini di massa.


# venerdi 16.12.05 ore 21 - SALA EX LARIS - DUEVILLE (via Rossi 31)


TRENI STRETTAMENTE SORVEGLIATI
proiezione
i(1966) di Jan Nemec, 88'

Il giovane Milos, ferroviere nella Cecoslovacchia occupata dai
nazisti, non riesce a dimostrare la sua virilità con la donna che ama.
Avvicinato alla Resistenza da un collega di lavoro, riesce finalmente
a scoprire l'amore con una staffetta partigiana, ma morirà il giorno dopo.
Uno dei film più interessanti della Novà Vlna cecoslovacca perchè
rifiuta le mitologie dell'atto eroico e della politica collocando il
tema resistenziale in una vicenda assolutamente non retorica .


### MEMORIA RESISTENTE ###

Comune di Vicenza
Museo del Risorgimento e della Resistenza
Nanook circolo di cultura cinematografica
Circolo Cineforum Dueville

In collaborazione con:
Provincia di Vicenza - Assessorato alla cultura
Comune di Dueville - Assessorato alla cultura
Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico - Roma
Archivio nazionale cinematografico della resistenza - Torino
Associazione Volontari della Libertà - Vicenza
ANPI Vicenza
Cineteca Codarri - Cesate (MI)
Dedalofurioso - società cooperativa
Dokumenta film - Bolzano
Imperial War Museum - Londra
Istituto storico della resistenza e dell'età contemporanea "Ettore
Gallo" - Vicenza
Lab 80 - Bergamo
Mezza Nota noleggio impianti - Montecchio Maggiore (VI)
Fondazione Scuola Nazionale di Cinema - Cineteca Nazionale, Roma
Pablo film, Roma
Veneri Fabio videoproduzioni, Monteforte d'Alpone (VR)

informazioni:
Nanook circolo di cultura cinematografica
via bortolan, 24 – 36100 Vicenza tel. 349.5514459 circolo_nanook @
virgilio.it

Museo del Risorgimento e della Resistenza
viale X giugno, 115 – 36100 Vicenza tel. 0444.322998

museorisorgimento @ comune.vicenza.it
Rassegna a cura di Moreno Menarin
Grafica Andrea Rosset

Comune di Vicenza
Provincia di Vicenza


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il Centro Studi Ettore Luccini ( www.centrostudiluccini.it ) ci segnala:

Rassegna cinematografica a Bassanello (PD)

1° spettacolo ORE 16.00 - 2° spettacolo ORE 21.00
Tutte le proiezioni avverranno presso

la Sala del Quartiere 4 Sud - Est
c/o Multisala Porto Astra
Via S. M. Assunta, 2
Bassanello—Padova

INGRESSO GRATUITO

Il partigiano Johnny - 18 ottobre 2005

I nostri anni - 8 novembre 2005

Annarosa non muore - 22 novembre 2005

Achtung banditi - 6 dicembre 2005

Le quattro giornate di Napoli - 13 dicembre 2005


---( 5 )---

il Centro Studi Ettore Luccini ( www.centrostudiluccini.it ) ci segnala:

Martedì di storia

Ciclo di presentazioni

Presso la sala L. Paladin-P.zo Moroni, Padova


# Martedì 11 Ottobre Ore 17.00

"La storia della Repubblica di Mussolini. Salò: il tempo dell'odio e
della violenza"

di Aurelio Lepre; edito da Mondatori nel 1999

interviene dott. Marco Borghi
direttore Ist. veneziano per la storia della Resistenza e dell'Età
Contemporanea


# Martedì 25 Ottobre Ore 17.00

"L'altra Resistenza. I militari italiani internati in Germania"

di Alessandro Natta; edito da Einaudi nel 1997

"Gli internati militari italiani in Germania 1943-45"

di Gabriele Hammermann; edito da il Mulino nel 2004

interviene dott.ssa Elisabetta Novello
dell'Università di Padova


# Martedì 15 Novembre Ore 17.00

"Le 2 guerre. Guerra fascista e guerra partigiana"

di Nuto Revelli; edito da Einaudi nel 2003

dott. Alessandro Casellato
ricercatore in storia contemporanea presso il
Dipartimento di Studi storici dell'Università di Venezia


=== * ===

P A R T I G I A N I !
Una iniziativa internazionale ed internazionalista
nel 60.esimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo

https://www.cnj.it/PARTIGIANI/index.htm

Per contatti: PARTIGIANI! c/o RCA/CNJ,
Via di Casal Bruciato 27, I-00159 Roma
partigiani7maggio @ tiscali.it
FAX +39-06-43589503

=== * ===

Parti communiste de Grèce (KKE) – Comité central

Tél. : (+30) 210 2592111 • Fax : (+30) 210 2592298
e-mail : cpg @ int.kke.gr
145 Leof.Irakliou, GR-14231 ATHèNES . http://www.kke.gr


Athènes, le 21 septembre 2005.

Chers camarades,

Par la présente, nous aimerions vous donner un peu plus de détails sur
notre position vis-à-vis du « Parti de la Gauche européenne » (PGE)
qui, comme vous en avez sans doute été informés, va tenir son premier
congrès à Athènes, ces 29 et 30 octobre 2005.

Les raisons pour lesquelles notre parti ne participe pas à ce projet
sont très bien connues : elles ont trait au contexte même de
l'existence de ce parti, aux relations qu'il entretient ou préconise
avec les institutions de l'Union européenne et, naturellement, à sa
plate-forme politique et idéologique.


Chers camarades,

La coopération et l'action commune entre les partis communistes et
ouvriers ainsi que les forces, mouvements et partis anti-impérialistes
en général est une condition essentielle au développement des luttes
et au basculement de l'équilibre négatif des forces en Europe et dans
le reste du monde. Cette coopération doit absolument s'améliorer et
reposer sur le respect de la souveraineté et de l'égalité dans les
relations entre partis.

Autant cela est essentiel et vital, à notre avis, autant il est
dangereux et néfaste pour l'état futur et actuel du mouvement de
constituer un rassemblement de forces différentes au sein d'un seul
parti, avec sa hiérarchie et ses partis « prépondérants », sous
l'égide et les lignes de conduite du centre impérialiste qui se nomme
Union européenne.

La création du PGE exprime, selon nous, la tendance à la capitulation
absolue face à l'équilibre négatif actuel des forces, tendance qui va
déboucher sur une nouvelle voie sans issue pour le mouvement ouvrier
et de gauche en Europe. Elle prône objectivement, sans tenir compte
des intentions et déclarations subjectives, l'acceptation fataliste
des limites posées par la « légitimité » impérialiste. Le PGE,
apparaît-il à la lecture de son manifeste et de ses statuts, rejette
les traditions communistes et l'expérience des révolutions socialistes
du 20e siècle, de même que la théorie du socialisme scientifique.

Dès sa fondation et jusqu'à présent, divers développements et
évidences, qui étayent cette position, se sont fait jour :

# Le programme du PGE ne fait en aucun cas référence au socialisme
comme étant son objectif.

# D'après ses documents, il est clair que sa fondation a été la
résultante d'un processus on ne peut plus opaque. Ces documents
établissent clairement sa relation avec la déviation en faillite
totale de l'« eurocommunisme » et son hostilité au mouvement
communiste et de libération.

# Il déclare ouvertement son hostilité au socialisme tel que nous
l'avons connu en Europe et en URSS au 20e siècle. Il rabaisse et
calomnie la contribution et le rôle de ce même socialisme. Il minimise
fortement les responsabilités de l'impérialisme dans le fascisme et la
guerre tout en dépréciant tout aussi fortement le rôle d'avant-garde
des partis communistes dans la résistance des peuples.

# Il reprend la position anticommuniste éculée affirmant que les
partis communistes étaient patronnés par des forces extérieures à
leurs pays respectifs et, plus particulièrement, par Moscou. Il
développe toute la discussion concernant la « condamnation du
stalinisme » et, simultanément, il reprend l'offensive anticommuniste
des classes dirigeantes à propos du 60e anniversaire de la victoire
sur le fascisme. Cela montre bien à quel point la composition de son
orientation idéologique est impliquée dans le courant anticommuniste
contemporain.

# Son absente choquante dans toute initiative visant à résister aux
machinations anticommunistes et antidémocratiques et son absence de
soutien à la lutte anti-impérialiste ne sont aucunement dues au
hasard. Il n'y a donc aucune réaction de sa part au fait que plusieurs
partis communistes en Europe sont illégaux. Aucune réaction à la
motion anticommuniste proposée à l'assemblée parlementaire du Conseil
de l'Europe en vue de l'exclusion des communistes aux élections. Pas
le moindre soutien non plus à l'un des événements anti-impérialistes
mondiaux parmi les plus importants, à savoir le 16e Festival mondial
de la Jeunesse et des Etudiants.

# Le PGE réfute le principe de base de l'égalité, du respect de la
souveraineté et de la non-intervention dans les affaires internes des
partis. Il prévoit l'« affiliation individuelle », discute « de la
façon dont les partis-membres nationaux garantissent la démocratie et
l'indépendance dans la formation des opinions en leur sein même ». Nul
ne sera étonné, dès lors, si l'on connaît déjà trois cas, jusqu'à
présent, où le PGE est intervenu dans les affaires internes de
certains partis-membres.

# À une époque où le traité constitutionnel est mort et qu'une
nouvelle dynamique positive émerge au sein de l'Europe en réfutant les
arguments prétendant que les peuples devraient « accepter l'Europe en
tant que réalité », le PGE est le premier à relancer cet argument et
parle de la nécessité de « propositions d'alternatives concrètes en
vue d'une autre constitution européenne ». Voilà qui remet la question
sur la table avant même que les dirigeants de l'UE osent la relancer.


Nous sommes d'avis que les éléments repris ci-dessus consolident notre
point de vue disant que le PGE emprunte la voie – l'impasse –
dangereuse menant à l'extinction de l'identité communiste et à
l'incorporation au sein des structures de l'UE. De la sorte, il
torpille les efforts de coordination et de coopération sur base
égalitaire des partis communistes, ouvriers et autres de gauche dans
leur opposition au centre impérialiste européen et, plus généralement,
au système capitaliste.


Chers camarades,

Durant cette période, dans notre pays ainsi qu'en Europe, des luttes
de classes acharnées se développent contre les lignes politiques
réactionnaires prônées par la stratégie de Lisbonne et la direction
générale de l'UE. La mise sur pied de ce congrès et la poursuite du
renforcement de cette formation pro-UE n'ont rien de positif à offrir
aux luttes qui se développent. Au contraire, cette formation va entrer
en conflit avec les espoirs et attentes placés par les travailleurs et
les jeunes dans les partis et forces communistes et anticapitalistes.


Avec nos salutations tout empreintes de camaraderie,

Dimitris Koutsoumpas,

membre du BP du CC du KKE

(traduit par Jean-Marie Flémal)

[ Di seguito il testo della relazione di W. Blum alla Conferenza sul
Diritto Internazionale umanitario, svoltasi a Parigi nei giorni 22-24
settembre 2005; il titolo della relazione può essere
approssimativamente tradotto: "Liberare il mondo fino alla morte".
William Blum è autore tra l'altro dell'opera "Killing Hope : US
military and CIA interventions since World War II (Uccidere la
speranza: l'apparata militare USA e gli interventi della CIA dopo la
II Guerra Mondiale - www.killinghope.org) ]

Bill Blum:

Freeing the world to death: How the United States gets away with it

(talk held at the CONFERENCE ORGANISEE PAR L'ASSOCIATION POUR LA
DEFENSE DU DROIT INTERNATIONAL HUMANITAIRE -ADIF- "Droit International
Humanitaire et impunité des États puissants, le cas des États-Unis" -
Paris 22-24 septembre 2005, Palais Bourbon)


This conference is about impunity, which is the exemption from
punishment or penalty. The impunity of powerful states – the case of
the United States.
It's not just those of us on the left who are concerned about impunity
and it's not just the impunity of powerful states. Here is the
American Secretary of War, Donald Rumsfeld, in 2002, about six months
before the US invasion of Iraq. He was speaking about the American
and British flights over Iraq, which had been going on for 11 years,
often dropping bombs, often killing Iraqi citizens. Iraq had been
firing at these planes for a long time without getting close, but
lately they had been getting closer. And Mr. Rumsfeld was very upset.
He declared: "It bothers the hell out of me that American and British
air crews are getting fired at day after day after day with impunity."

Most Americans would see nothing wrong with that statement. They
would not see the irony or the hypocrisy. Most of them would not even
have known that the United States had been invading Iraqi airspace and
bombing the country since 1991. And most of those who did know about
this were convinced that it was all being done at the request of the
UN Security Council, when in fact it was just something thought up by
Washington and London with no international approval.

This is the main reason that the United States can get away with what
it does all over the world – the lack of awareness of the American
people about US foreign policy. These Americans are not necessarily
stupid, but there are all kinds of intelligence in this world: there's
musical intelligence, scientific, mathematical, artistic, academic,
literary, and so on. Then there's political intelligence, which might
be defined as the ability to see through the bullshit which every
society, past, present and future, feeds its citizens from birth on to
assure the continuance of the prevailing ruling class and its ideology.

Months after the invasion of Iraq, polls showed that significant
portions of Americans believed that Iraq had a direct involvement in
what had happened on 11 September 2001, most of them being certain
that Iraqis were among the 19 hijackers; most believed that Saddam
Hussein had close ties to al Qaeda; more than 40 percent were
convinced that weapons of mass destruction had recently been found in
Iraq or they were not sure if such weapons had been found; one fourth
believed that Iraq had used chemical or biological weapons against
American forces in the war, many others were not sure if Iraq had used
such weapons.

The public was asked: "If Iraq had no significant weapons of mass
destruction and no close link to Al Qaeda, do you think we were misled
by the government?" Only half said yes.

Many Americans, whether consciously or unconsciously, actually pride
themselves on their ignorance. It reflects their break with the
overly complicated intellectual culture of "old Europe". I might also
point out that it's a source of satisfaction for them that they have a
president who's no smarter than they are.

This, then, is a significant segment of the audience the American
anti-war and progressive movements have to reach.
Friedrich Schiller wrote: Mit der Dummheit kämpfen Götter selbst
vergebens." "With stupidity even the gods struggle in vain."

I believe that the main cause of this ignorance about foreign policy
among Americans has to do with the deeply-held belief that no matter
what the US does abroad, no matter how bad it may look, no matter what
horror may result, the United States means well. American leaders may
make mistakes, they may blunder, they may even on the odd occasion
cause more harm than good, but they do mean well. Their intentions
are always noble. Of that Americans are certain. They genuinely
wonder why the rest of the world can't see how kind and generous and
self-sacrificing America has been. Even many people who take part in
the anti-war movement have a hard time shaking off some of this idée
fixe; they think that the government just needs to be given a push to
return it to its normal benevolent self.

Here is George W. Bush, speaking a month after the attacks of 11
September: "How do I respond when I see that in some Islamic countries
there is vitriolic hatred for America? I'll tell you how I respond:
I'm amazed. I'm amazed that there's such misunderstanding of what our
country is about that people would hate us. Like most Americans, I
just can't believe it because I know how good we are."
When I speak before American university students I say this to them:
If I were to write a book called The American Empire for Dummies, page
one would say: Don't ever look for the moral factor. US foreign
policy has no moral factor built into its DNA. Clear your mind of
that baggage which only gets in the way of seeing beyond the clichés
and the platitudes they feed us.

It's not easy for most Americans to take what I say at face value.
It's not easy for them to swallow my message. They see their leaders
on TV and their photos in the press, they see them smiling or
laughing, telling jokes; they see them with their families, they hear
them speak of God and love, of peace and law, of democracy and
freedom, of human rights and justice and even baseball ... How can
such people be moral monsters?
They have names like George and Dick and Donald, not a single Mohammed
or Abdullah in the bunch. And they all speak English. Well, George
almost does. People named Mohammed or Abdullah sometimes cut off an
arm or a leg as punishment for theft. We know that that's horrible.
Americans are too civilized for that. But people named George and
Dick and Donald go around the world dropping cluster bombs on cities
and villages, and the many unexploded ones become land mines, and
before very long a child comes by, picks one up or steps on one of
them, and loses an arm or a leg, or both arms or both legs, and
sometimes his eyesight.

What makes this low level of awareness about foreign policy even worse
is that there's no real opposition party in the United States. There
are some small differences between the Republicans and the Democrats
on domestic issues, but when it comes to foreign policy the two
parties are absolutely indistinguishable. They both strongly support
American imperialism, at least in practice and are proud of their
country's immense military power. The Democrats argue that they would
be tougher on terrorism than the Republicans.

And all this is the way it was during the Cold War as well. So you
should not make the mistake of thinking that George Bush and his
neo-conservatives are unique in the manner in which they relate to the
world. Don't think for a moment that no previous American government
has ever exhibited such arrogance and deceit; such murderous
devastation, violation of international law, and disregard of world
opinion.
No, we've seen all this wickedness before, many times. If not packed
quite as densely in one regime as it is under Bush, then certainly
abundant enough to earn the animosity of millions at home and abroad.
A short sample would include Truman's atom bomb and manipulation of
the UN that led to bloody American warfare in Korea; Eisenhower's
overthrow of democratically elected governments in Iran, Guatemala and
the Congo and his unprincipled policies which led to the disaster
known as Vietnam; Kennedy's attempts to crush the Cuban revolution and
his abandonment of democracy in the Dominican Republic; Ford's giving
the okay to Indonesia's genocide against East Timor and his
instigation of the horrific Angola civil war; Reagan's tragic
Afghanistan venture and unprovoked invasion of Grenada; Clinton's war
crimes in Yugoslavia and vicious assault upon the people of Somalia.

When the United Nations overwhelmingly voted its disapproval of the
Grenada invasion, President Reagan responded: "One hundred nations in
the UN have not agreed with us on just about everything that's come
before them where we're involved, and it didn't upset my breakfast at
all." George W. could not have said it better.

For those who think the United States has been shockingly brutal to
detainees in Iraq, here's how the US handled them in Vietnam. This is
from the New York Herald Tribune: "Two Vietcong prisoners were
interrogated on an airplane flying toward Saigon. The first refused
to answer questions and was thrown out of the airplane at 3,000 feet.
The second immediately answered all the questions. But he, too, was
thrown out."
It would be difficult to find a remark made today by an American
official about Iraq, no matter how illogical, arrogant, lying, or
Orwellian, which doesn't have any number of precedents during the
Vietnam War period, that constantly had those opposed to that war
shaking their heads or rolling their eyes, as we all do now with Bush.
Here is President Lyndon Johnson in 1966: "The exercise of power in
this century has meant for all of us in the United States not
arrogance but agony. We have used our power not willingly and
recklessly ever, but always reluctantly and with restraint."
And here is Vice President Hubert Humphrey in 1967: "I believe that
Vietnam will be marked as the place where the family of man has gained
the time it needed to finally break through to a new era of hope and
human development and justice. This is the chance we have. This is
our great adventure -- and a wonderful one it is."
Former US Senator William Fulbright, a critic of the Vietnam War,
later observed:

The causes of the malady are not entirely clear but its recurrence is
one of the uniformities of history: power tends to confuse itself with
virtue and a great nation is peculiarly susceptible to the idea that
its power is a sign of God's favor, conferring upon it a special
responsibility for other nations -- to make them richer and happier
and wiser, to remake them, that is, in its own shining image.

Fulbright wrote those words about the Johnson regime in the 1960s, not
the Bush regime in the 21st century.

Does anything done by Bush and his neo-conservatives compare to
Operation Gladio? From 1947 until 1990, when it was publicly exposed,
Gladio was essentially a CIA/NATO/MI6 operation in conjunction with
other intelligence agencies and an assortment of the vilest of
right-wing thugs and terrorists. It ran wild in virtually every
country of Western Europe, kidnaping and/or assassinating political
leaders, exploding bombs in trains and public squares with many
hundreds of dead and wounded, shooting up supermarkets with many
casualties, trying to overthrow governments ... all with impunity,
protected by the most powerful military and political forces in the
world. Even today, the beast may still be breathing somewhere in
Europe. Since the inception of the Freedom of Information Act in the
United States in the 1970s, the CIA has repeatedly refused requests
for information concerning Gladio, refusing not only individual
researchers, but some of the governments involved, including Italy and
Austria. Gladio is one of the CIA's family jewels, to be guarded
fervently.
The rationale behind it was your standard cold-war paranoia and
propaganda: There was a good chance the Russians would launch an
unprovoked invasion of Western Europe. And if they defeated the
Western armies and forced them to flee, certain people had to remain
behind to harass the Russians with guerrilla warfare and sabotage, and
act as liaisons with those abroad. The "stay-behinds", as they were
called, would be provided with funds, weapons, communication equipment
and training exercises.
As matters turned out, in the complete absence of any Russian invasion
(surprise, surprise), the operation was used almost exclusively to
inflict political and lethal damage upon the European Left, be it
individuals, movements or governments, and heighten the public's fear
of "communism". To that end, violent actions like those I just
mentioned were made to appear to be the work of the Left.

It may be that President Bush is held in such low esteem as much for
his character defects as for his policies, for the man comes off as
woefully crass, uninformed, insufferably religious, dishonest, and
remarkably insensitive.
Bill Clinton, by contrast, could be rather charming and very
articulate. This may have helped him get away with bombing the people
of Yugoslavia for 78 consecutive days and nights without mercy, and
that's still regarded by most people, including many on the left, as
an act of humanitarianism. And the United States was able to set up
the International Criminal Tribunal for the Former Yugoslavia in The
Hague.
All participants in the war were supposedly subject to this court, but
only former Yugoslavians, mainly Serbs, have been indicted. A group of
international-law professionals from Canada, the United Kingdom,
Greece, and the United States filed complaints with the Hague Court,
charging leaders of NATO countries and officials of NATO itself with
crimes similar to those for which the court had issued indictments
against Serbian leaders. These lawsuits names 68 leaders, including
Clinton, Madeleine Albright, William Cohen, and Tony Blair.
Their complaints were ignored for a long time, but they kept the
pressure up on the chief prosecutor of the court, Carla Del Ponte.
Eventually, in an interview with The Observer of London, Del Ponte was
asked if she was prepared to press charges against NATO personnel.
She replied: "If I am not willing to do that, I am not in the right
place. I must give up my mission."
The court then announced that it had completed a study of possible
NATO crimes as a response to public concerns about NATO's tactics.
The court declared: "It is very important for this tribunal to assert
its authority over any and all authorities to the armed conflict
within the former Yugoslavia."
This was in late December 1999, and one could wonder if this was a
sign from heaven that the new millennium was going to be one of more
equal justice. Could this really be?
No, it couldn't. From official quarters, military and civilian, of
the United States and Canada, came disbelief, shock, anger, denials
... "appalling", they said ... "unjustified". Carla Del Ponte got the
message. Four days after her Observer interview appeared, her office
issued a statement: "NATO is not under investigation by the Office of
the Prosecutor of the International Criminal Tribunal for the former
Yugoslavia. There is no formal inquiry into the actions of NATO
during the conflict in Kosovo." And there wouldn't be, it was
unnecessary to add.

I think what has distinguished the Bush foreign policy from that of
its predecessors has been its unabashed and conspicuously overt
expressions of its imperial ambitions. They flaunt it, publicly and
proudly declaring their intention -- nay, their God-inspired right and
obligation -- to remake the world and dominate outer space as well;
"full-spectrum dominance", a term coined by the military, well
captures the Bush neo-conservatives style and ambition. And they have
not hesitated to put their dominance master plans into print on a
regular basis, beginning with their now-famous 1992 Defense Planning
Guidance, which stated: "We must maintain the mechanisms for deterring
potential competitors from even aspiring to a larger regional or
global role," and in the White House National Security plan of 2002
which read: "To forestall or prevent ... hostile acts by our
adversaries, the United States will, if necessary, act preemptively."

"Preemptive" military action is an example of what the post-World War
II International Military Tribunal at Nuremberg called "a war of
aggression"; the invasion of Poland was a case in point. US Supreme
Court Justice Robert Jackson, the Chief US Prosecutor at the Tribunal,
said:

We must make clear to the Germans that the wrong for which their
fallen leaders are on trial is not that they lost the war, but that
they started it. And we must not allow ourselves to be drawn into a
trial of the causes of the war, for our position is that no grievances
or policies will justify resort to aggressive war. It is utterly
renounced and condemned as an implement of policy.

The Tribunal's final judgment stated: "To initiate a war of
aggression, therefore, is not only an international crime, it is the
supreme international crime, differing only from other war crimes in
that it contains within itself the accumulated evil of the whole."

The bombing and invasion of Afghanistan and Iraq by the US government
are wars of aggression and international crimes, but legally and
morally no worse than many other US bombings and invasions, such as
against Vietnam, Laos, Cambodia, Cuba, Grenada, Panama, and
Yugoslavia. Nobody has ever suggested that Serbia was preparing to
attack a member of NATO, and that is the only event which justifies a
reaction under the NATO constitution.

In recent years, one of the most stunning examples of the United
States acting with impunity is the CIA and other American agents
carrying out what they call "rendition". These agents have given
themselves the right to go anywhere in the world, kidnap anyone they
want, while the person is walking to work or on his way home; it could
be anywhere, any time, anyone; all laws, domestic or international, be
damned. They grab the man, throw him into a car, tie him up,
blindfold him, and drive right to an airport to fly him to a country
where he will be tortured.
And no one dares to stop them. They've done this more than a hundred
times, in dozens of countries, and so far the only country to complain
angrily about it is Italy, which in June issued arrest warrants
against 13 American agents involved in a rendition and asked
Washington for "judicial assistance".

One of the most remarkable examples of rendition occurred in Bosnia.
In 2001, the United States informed the Bosnian government of an
alleged plot by a group of five Algerians and a Yemeni living in
Bosnia to blow up the American and British embassies in Sarajevo. The
Bosnians held the men for three months, during which time an
investigation failed to substantiate any criminal charges against
them. In January 2002, the Bosnian Supreme Court ruled that they
should be released. As the men left prison, they were grabbed and
thrown into waiting unmarked cars by masked men. They wound up at the
US prison in Guantánamo Bay, Cuba.
Guantánamo is where, a few months ago, one of the American military
judges said: "I don't care about international law. I don't want to
hear the words 'international law' again. We are not concerned with
international law."

Robert Baer, a former CIA officer who was active in the war on terror,
has described the renditions as such: "They are picking up people
really with nothing against them, hoping to catch someone because they
have no information about these terrorist networks."
It's very good news that Italy is complaining about the rendition in
their country, but this is a rare exception to the norm. Apart from
China, North Korea, Cuba and Venezuela, and to a much lesser extent,
Russia, who dares to challenge American imperialism? Who dares to
call it by its right name? Who else loudly and strongly and
undiplomatically condemns the empire's flagrant abuses of human rights
and international law and its plan for world domination? Most
Americans are convinced that France is an implacable enemy of US
foreign policy. I'm sure you've heard about "french fries" being
changed to "freedom fries". But in actuality, in recent years, the
French government has given in to Washington on crucial issues more
often than not, for example agreeing to compromises in the language of
Security Council resolutions which have enabled the United States to
pretend that it's gotten approval for its military adventures. In
France, Germany and Canada, government officials who said something
insulting about George Bush have all been forced to resign. It's hard
to imagine an American official being fired because of saying
something insulting about Jacques Chirac.

Do you know that the White House arranged for several Republican Party
loyalists who are enthusiastic supporters of US foreign policy to be
officials at the United Nations? And they have been promoting Bush's
political agenda at the UN. Here is one of them speaking to the
Washington Post: "I came here at the request of the White House. It's
my duty to make the UN more effective. My primary loyalty is to the
United States of America." He said this despite having taken an oath
of loyalty to the United Nations. And of course, making the UN "more
effective" means simply making it cooperate more with the aims of US
foreign policy.
Has France or any other country complained about this subversion of
the UN? Did France or any other country vehemently condemn the US and
the UK for its 12 years of flying over and bombing Iraq? The United
States can act with impunity because the opposition from other
governments and from the UN is as weak as from the Democratic Party in
the US. And I would urge all of you who live here in France to put
more pressure on your government to take a strong moral stand against
Washington's continuing crimes against humanity. Such statements by
foreign governments are actually reported in the American media, and
when that happens even arrogant neo-conservative government leaders
can be put on the defensive.

Although in general, the American media is not much help in
challenging their government's impunity.
For example, I do not think there was a single American daily
newspaper that unequivocally opposed the US bombing of Iraq in 1991.
Nor a single American daily newspaper that unequivocally opposed the
US bombing of Yugoslavia in 1999.
Nor a single American daily newspaper that unequivocally opposed the
US bombing of Afghanistan in 2001.
Nor a single American daily newspaper that unequivocally opposed the
US bombing of Iraq in 2003.
In a supposedly free society, with a supposedly free press, with about
1500 daily newspapers, it should be very unlikely that this is the
case. But that's the way it is.

Much of what I've discussed here this evening is the result of the
so-called War on Terrorism. I say "so-called" because the War on
Terrorism is primarily a means for expanding the American empire.
If I were the president, I could stop terrorist attacks against
American targets in a few days. Permanently. I would first apologize
-- very publicly and very sincerely -- to all the widows and the
orphans, the impoverished and the tortured, and all the many millions
of other victims of American imperialism. Then I would announce that
America's global interventions -- including the awful bombings -- have
come to an end. And I would inform Israel that it is no longer the
51st state of the union but -– oddly enough -– a foreign country. I
would then reduce the military budget by at least 90% and use the
savings to pay reparations to the victims and repair the damage from
the many American bombings and invasions. There would be more than
enough money. Do you know what one year of the US military budget is
equal to? One year. It's equal to more than $20,000 per hour for
every hour since Jesus Christ was born.
That's what I'd do on my first three days in the White House. On the
fourth day, I'd be assassinated.

(comments may be sent to: BBlum6[at]aol.com)

Se Prodi va al governo

Fonte: http://www.lernesto.it

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Prodi: "La politica estera la fa il premier, non Bertinotti. Resteremo
in Afghanistan"

di Franco Venturini

su Corriere della Sera del 06/10/2005

Intervista a Prodi: «La politica estera la farà il premier, non
Bertinotti» «Resteremo in Afghanistan» «Mi ispirerò alla
discontinuità, ma da quando Fini è alla Farnesina le cose sono migliorate»

Nel suo studio di Piazza Santi Apostoli il candidato premier Romano
Prodi ostenta una assoluta tranquillità. L'ultimatum di Berlusconi che
potrebbe anticipare le elezioni? «Non ci credo, e se poi accade meglio
così». Il ritorno al proporzionale? «Se vinco io si torna al
maggioritario». Ma poi non si può parlare agli italiani sempre e
soltanto delle stesse beghe, esiste il mondo, esiste la necessità di
avere una politica estera per difendere i nostri interessi e quelli
della pace. Ecco, è di questo che Prodi vuole conversare. Viene
spontaneo ricordargli che in politica estera tutti i governi italiani
usano proclamare la «continuità».
Se andrà a Palazzo Chigi, lui farà altrettanto?

«No davvero, la mia sarà una discontinuità. La linea in cui mi
riconosco è multilateralista e fortemente europea, dunque ben diversa
da quella dell'attuale governo anche se da quando Fini è alla
Farnesina le cose sono un po' migliorate. Dico subito che non si
tratta di essere filoamericano o antiamericano, questo è un dibattito
totalmente inventato. La mia politica estera certamente sarebbe una
politica estera prioritariamente europea ma questo non impedirebbe
all'Italia di essere il miglior alleato degli Usa».

Eppure sull'Iraq i problemi ci sono...

«L'Iraq rappresenta un grande punto di dissenso ma non compromette
l'insieme del rapporto con Washington. In tanti altri settori, come la
lotta al terrorismo, si può e si deve lavorare con gli Stati Uniti e
io l'ho fatto a lungo quando ero presidente della Commissione a
Bruxelles. L' Iraq è stato semplicemente un colossale errore. Del
resto da parte americana e inglese il problema oggi è come uscirne.
Certo non era infondata l'analisi che facevamo alla vigilia della
guerra: oggi più che mai si vede che lo strumento militare non
risolve, che occorre una soluzione politica».

A proposito di uscirne, se lei andrà al governo quando e come ne
usciremo noi italiani?

«Intanto diciamo che il ritiro lo ha già cominciato Berlusconi facendo
rientrare una certa quantità di truppe combattenti, non di supporto
logistico, e questo riduce fortemente la nostra capacità operativa.
Per quanto mi riguarda un giorno dopo aver vinto le elezioni io
fisserò un calendario preciso di ritiro militare, consultandomi sì con
le varie parti in causa ma senza ripensamenti. Rimarrà invece un
impegno per la ricostruzione e per gli aiuti. Anzi, con le risorse
risparmiate questo impegno potrà essere più forte».

Fausto Bertinotti la vede diversamente, lui vorrebbe il ritiro
immediato dall'Iraq e anche dall'Afghanistan e dai Balcani. Come
farete a governare insieme?

«Questo è uno dei motivi per cui ho voluto le primarie. Il che non
vuol dire che chi le vincerà potrà poi fare tutto da solo, ma le
questioni fondamentali devono essere chiare sulla base del programma
che è stato discusso e che ognuno avrà portato alle primarie. Del
resto le visioni diverse non sono rare nelle coalizioni, anzi, si
potrebbe dire che esistono sempre».

Ma Rifondazione non ha mai lasciato intendere di essere disposta a
cambiare idea...

«Ho parlato molto con Bertinotti, con reciproco rispetto. Ma certo su
temi di questo tipo le diversità esistono. Ritengo che la soluzione
stia nelle regole democratiche: anche chi non è d'accordo è chiamato
ad accettare il programma comune della coalizione. Noi andremo alle
elezioni con una linea, non con più linee».

Se capisco bene ci sarà il presidente del Consiglio e la politica
estera sarà la sua. Giusto?

«Esattamente, perché sarà la politica democraticamente decisa dall'
Unione. E io credo che Bertinotti sia un democratico. Il che non
esclude che il capo del governo tenga conto delle posizioni esistenti
nella sua coalizione. Ma quando una linea diventa patrimonio comune,
resta patrimonio comune».

Dunque in Afghanistan e nei Balcani i militari italiani resteranno?

«Certamente. Anche se, per quanto riguarda i Balcani, mi sembra ormai
giunto il momento di una riflessione profonda a dieci anni dagli
accordi di Dayton».

Dietro la questione irachena c'è il problema irrisolto dell'uso
legittimo della forza, e nel centrosinistra italiano non mancano
riflessioni nuove. Lei cosa ne pensa?

«Il punto di partenza deve essere l'articolo 11 della nostra
Costituzione che rifiuta la guerra. Stabilito questo, però, occorre
definire quali tipi di intervento armato possano essere considerati
giustificati. Stiamo parlando di genocidio, guerra civile, aggressione
a uno Stato sovrano, atti di terrorismo. In nessun modo l' uso della
forza può essere giustificato per risolvere una controversia
internazionale o determinare un cambio di regime in un altro Stato. In
alcune circostanze, pensiamo al genocidio, può essere giusto anche l'
intervento preventivo, e il metodo più ovvio è quello che fa dipendere
la legittimità dall'approvazione dell'Onu. Soltanto per il Kosovo non
è stato così, ma c'è stato il mandato della Nato. Certo, l'intervento
in Iraq non rientra in queste categorie, e va considerato tanto
ingiustificato quanto illegittimo. A differenza da quello in
Afghanistan, anche se pure lì nel post-intervento la politica ha fallito».

Quando si parla di esportazione della democrazia lei sottoscrive?

«Beninteso, purché si tratti di una esportazione pacifica. Come potrei
non essere a favore, del resto, sapendo bene che nessuno ha esportato
tanta democrazia quanto l'Unione Europea. L'allargamento della Ue è
stata l'esperienza più emozionante dei miei anni a Bruxelles.
Certamente noi avevamo a che fare con Paesi che tutti più o meno
avevano avuto una esperienza democratica, e la situazione è diversa
nella grandissima parte del mondo arabo-islamico. La difficoltà è
maggiore ma non può comunque appoggiarsi alla forza, occorre avviare
un dialogo politico e soprattutto economico, e capire che fenomeni
tanto profondi non possono che essere graduali. Ecco un terreno sul
quale europei e americani possono e devono collaborare strettamente
nell'interesse comune. Sottolineo collaborare, perché in non pochi
casi, per esempio nel "Quartetto" per il Medio Oriente, finora ha
suonato soltanto il primo violino. Anche per colpa della frantumazione
europea, beninteso».

Lei ha parlato spesso di «pari dignità» tra europei e americani. Cosa
intende, nella realtà d'oggi?

«È vero, non ho mai detto pari forza ma pari dignità sì. Oggi non
posso nascondermi che una nostra capacità di partecipare in quanto
europei a decisioni comuni con l'America è lontana nel tempo. Serve a
questo punto una intelligente politica americana, perché il mondo sta
cambiando e ridiventerà multipolare restituendo all'Europa un ruolo di
primo piano. Questo la Cina lo ha già compreso. Con Bill Clinton ne ho
parlato parecchie volte, lui aveva una visione positiva del futuro.
Non solo, la sua amministrazione ci aiutò non poco al momento
dell'introduzione dell'euro. Oggi le cose sono un po' diverse, ma
resta il fatto che all' America una Europa forte dovrebbe interessare
più di una Europa soltanto economica, debole e frammentata».

Parliamo appunto di Europa. Come si esce dalla crisi?

«Le rispondo con qualche proposta: gruppo di saggi che prepari il
rilancio sotto presidenza tedesca nel 2007; nuova conferenza
intergovernativa che adotti le necessarie modifiche al testo della
Costituzione bocciata in Francia e Olanda; nuovo referendum in
contemporanea alle elezioni europee del 2009; utilizzare da subito lo
strumento delle cooperazioni rafforzate, anche nel Consiglio di
sicurezza dell'Onu, anche nel Fondo monetario, anche nella
rappresentanza esterna dell'euro».

Da capo del governo, cosa cambierebbe nella lotta al terrorismo?

«Sulla difesa della sicurezza i metodi tradizionali sono comuni a
tutti. Metterei l'accento sulla cooperazione tra i servizi
d'informazione e sul controllo dei flussi finanziari: in entrambi
questi campi si può fare di meglio. Esiste inoltre un Islam moderato
con il quale occorre dialogare concretamente, e io riproporrei l'idea
di una Banca del Mediterraneo. Più in generale, visto che la miseria
aiuta il terrorismo, ho intenzione di creare una agenzia o un
ministero per gli aiuti allo sviluppo. E per quanto riguarda la
società italiana, gli islamici vanno trattati sulla base del rispetto
della legge come tutti gli altri immigrati. Scuola parificata
compresa, se ci sarà. In ogni caso ho intenzione di cambiare la legge
Bossi-Fini, responsabilizzando gli enti locali e creando un percorso
che deve poter portare alla cittadinanza».

Qual è il principale rimprovero che rivolge al governo Berlusconi,
l'errore che lei non ripeterebbe?

«Con Berlusconi l'Italia ha perso il suo tradizionale equilibrio tra
Usa e Europa. Oggi l'Italia è politicamente assente a Bruxelles. Io
intendo riequilibrare la posizione italiana senza per questo
rinunciare alla stretta alleanza con l'America e sperando che il
grande coraggio mostrato da Sharon abbia seguiti tali da portare la
pace tra israeliani e palestinesi. La politica estera non può essere
fatta solo di rapporti personali, e per questo, se vinceremo le
elezioni, nascerà un Consiglio per la sicurezza nazionale presso la
Presidenza del Consiglio. Un po' come in America, guarda caso».

---

Bruno Steri: "Prodi, il dominus: l'ultima parola vuole che sia la sua"

di Simone Oggionni

su redazione del 07/10/2005

L'intervista a Romano Prodi del 5 ottobre sul Corriere della Sera è
particolarmente significativa, innanzitutto per quell'apertura in cui
egli assicura che, in caso di una vittoria del centrosinistra, si
tornerebbe al maggioritario.

Sì, la prima affermazione importante di Romano Prodi è questa: «se
vinco io si torna al maggioritario». Non è più, quindi, soltanto di
D'Alema l'impostazione oltranzista dal punto di vista della opzione
bipolarista. E' anche il candidato dell'intera coalizione che dice
chiaramente che se vince il centrosinistra si torna al maggioritario.
Ma osteggiare e contrastare la proposta di riforma in senso
proporzionale avanzata dalle destre in forza dell'argomentazione di
una sua strumentalità nasconde la volontà precisa di difendere e
mantenere questa legge maggioritaria. È dunque una posizione
insostenibile dire che delle ipotesi di riforma in senso proporzionale
si tornerà a parlare dopo le elezioni con la vittoria del
centrosinistra: è una posizione che reputo ingenua, nel migliore dei
casi, ed ipocrita nel peggiore.

Il cuore dell'intervista di Prodi affronta una serie di questioni
internazionali sulle quali è bene soffermarsi.

Mi pare che una frase di Prodi sintetizzi l'intera intervista: «Noi
andremo alle elezioni con una linea, non con più linee». Se ancora ce
ne fosse il bisogno, Prodi ribadisce chi è il dominus: il dominus è
colui il quale vincerà le primarie, cioè egli stesso. È chiaro che chi
vince le primarie avrà il dovere di compattare la coalizione ma
l'ultima parola sarà la sua e dunque, sulla base della disciplina di
coalizione, anche chi è riottoso si dovrà adeguare.
Nel merito delle questioni affrontate: Prodi afferma, con ragione, che
grazie al governo Berlusconi i rapporti del nostro Paese con l'Europa
da un lato e con gli Stati Uniti dall'altro sono stati sbilanciati
nettamente a favore degli USA. Questo è vero ed ovvio. Aggiunge poi
che è necessario un riequilibrio della politica estera a favore
dell'Unione Europea. Sta di fatto che Prodi aggiunge un "però": non a
danno dei rapporti transatlantici. Questo riequilibrio è del tutto
formale, quindi, perché non se ne vede traccia concreta.
Prodi si dice, per esempio, entusiasta dell'allargamento dell'Unione
Europea a venticinque, quando, nei fatti, questo allargamento è stato
un cuneo, un cavallo di Troia dell'influenza nordamericana nel cuore
dell'Unione Europea, per non parlare della Turchia che, come ha
scritto giustamente Giulietto Chiesa su il manifesto, è il sigillo
dell'impronta del tallone USA sul progetto europeo. Anche di questo
Prodi non parla.

Come non parla del ruolo della NATO e del rapporto del nostro Paese
con la NATO…

Sì. Anche rispetto alle basi NATO e USA in Italia il silenzio di Prodi
è colpevole. Questo delle basi è un problema che sempre più sta
esplodendo: anche i nostri presidenti di Regione più illuminati
chiedono un ridimensionamento della presenza militare straniera per
invertire una tendenza che va esattamente nella direzione opposta (si
pensi al raddoppio della Maddalena e di Camp Darby e delle ingenti
dotazioni di armi non convenzionali e nucleari di cui dispongono
queste basi).
Se quando si parla di non dipendenza nei confronti degli Stati Uniti
non si entra poi nel merito si rimane, ripeto, colpevolmente reticenti.

Un'altra questione che mi pare rilevante è il passaggio in cui Prodi
affronta il tema della legittimità dell'utilizzo della forza.

Prodi dice apertamente che esistono le possibilità perché un
intervento armato possa ritenersi giustificabile, per esempio in
presenza di «atti di terrorismo» o di «genocidio», e cita il caso del
Kosovo. Non troviamo nell'intervista una sola riga di
ri-problematizzazione dell'accaduto, non dico di autocritica, anche se
quella vicenda, che ha inquinato i governi di centrosinistra,
imporrebbe quantomeno un ravvedimento.
Vorrei del resto ricordare che in Kosovo ancora oggi è in atto una
pulizia etnica ai danni di serbi e rom e le nostre truppe sono lì.
Ogni tanto qualcuno deve ricordarlo…
Anche su questo punto il riequilibrio di cui parlavamo è del tutto
formale perché non si sostanzia affatto di prese di posizioni chiare e
coraggiose, anche minime, come Zapatero in Spagna. Questo
atteggiamento pontificale di Prodi nasconde in realtà reticenze
gravissime.

Parlando di Europa, Prodi puntualizza l'esigenza di "alcune modifiche"
nella carta costituzionale…

E cosa vuol dire? Non si tratta di mettere qualche correzione qua e là
a quel testo perché è l'intero impianto ad essere inaccettabile.
Quella Costituzione è stata bocciata, insieme all'impianto generale e
all'impostazione di fondo delle politiche europee.

Un'ultima battuta sull'Iraq.

Ovviamente l'Iraq è la patata bollente. L'Italia impegna diecimila
soldati per le missioni cosiddette "umanitarie" che in realtà sono
missioni di guerra. In Iraq abbiamo tremila soldati italiani, il
movimento contro la guerra in questi anni ha espresso chiaramente,
nonostante il bombardamento mediatico, la propria contrarietà, così
come la maggioranza dei popoli.
Sull'Iraq il centrosinistra non è neanche in grado di parlare di
ritiro immediato perché traccheggia. Il quadro non è solo
insoddisfacente, è preoccupante.
A questo si aggiunge un ultimo elemento che reputo sconcertante e che
attiene all'idea che sia possibile esportare la democrazia. Prodi
rivendica questo aspetto, anche se in modo pacifico. È sconcertante
perché apre un varco enorme ad un atteggiamento di tipo neo-coloniale.
Qual è il tribunale della Storia che decide chi deve esportare il
proprio modello di organizzazione politica e come? Chi ha stabilito
che l'Occidente capitalistico è la civilizzazione? In base a quale
principio?


[Nota del CNJ: Bruno Steri è tra gli aderenti al nostro Coordinamento]

[ The original text in english can be found at:
http://www.artel.co.yu/en/izbor/yu_kriza/2003-10-02.html
or http://www3.sympatico.ca/sr.gowans/elich1.html ]

A cinque anni dal colpo di Stato neoliberista in Serbia - 5 ottobre
2000 - riproponiamo questo dettagliato studio sui metodi utilizzati da
USA ed UE per imporre una classe dirigente filo-atlantica in quella
che era allora la Repubblica Federale di Jugoslavia. (CNJ)


What's Left, 8 Novembre 2002

Guerra segreta: l'intervento USA e UE in Jugoslavia

di Gregory Elich


Per una lunga decade, l'Occidente ha attuato una feroce campagna per
soggiogare la Jugoslavia. Ogni mezzo e' stato usato: il sostegno ai
secessionisti violenti, l'imposizione di severe sanzioni, un
bombardamento per 78 giorni, seguito da una spietata occupazione del
Kosovo. La Federazione Jugoslava ha resistito a tutto ciò, ma le
manovre segrete dell'Occidente hanno portato, infine, al disastro.


Nel Novembre 1998 Clinton lanciò un piano per rovesciare il governo
della Jugoslavia. La parte iniziale riguardava il sostegno alle forze
secessioniste del Montenegro e alle forze di destra della opposizione
in Serbia. (1) Molti mesi dopo, mentre la NATO bombardava la
Jugoslavia, Clinton firmò un documento segreto che indicava alla CIA
il rovesciamento del governo della Jugoslavia. Il piano prevedeva il
finanziamento segreto, da parte della CIA, delle opposizioni e il
reclutamento di sabotatori nel governo e tra i militari jugoslavi. (2)
Gli sforzi per tale reclutamento nell'esercito e nella polizia diedero
i loro frutti due anni dopo, quando agenti rinnegati aiutarono
l'assalto al Parlamento Federale.

Vi erano parecchie componenti nel piano, e gli assassinii erano
elementi chiave dell'arsenale occidentale. L'8 luglio 1999, ufficiali
USA e inglesi rivelarono che un commando era addestrato in operazioni
per la cattura di presunti criminali di guerra e del Presidente
jugoslavo Slobodan Milosevic. Come incoraggiamento ai mercenari, il
Dipartimento di Stato degli USA annunciò una taglia di 5 milioni di
dollari sul Presidente Milosevic. (3) Molti esponenti del governo e
figure di primo piano jugoslave, tra cui il Ministro della Difesa
Pavle Bulatovic, vennero uccisi. Molti di tali crimini rimasero
insoluti, poiché gli assassini riuscivano a sfuggire.
Goran Zugic, consigliere della sicurezza del governo secessionista
Montenegrino del Presidente Milo Djukanovic, venne ucciso il 31 maggio
2000. L'assassino scappò, permettendo ai leaders occidentali di
accusare il Presidente Milosevic. Proprio la settimana prima delle
cruciali elezioni locali in Montenegro, le forze che si opponevano al
Presidente Milosevic trassero vantaggio da questo assassinio, che
effettivamente servì a spingere gli elettori indecisi a votare in
favore dei partiti secessionisti. Pochi giorni dopo l'assassinio, il
Ministro dell'Informazione jugoslava Goran Matic tenne una conferenza
stampa in cui accusò la CIA di complicità negli omicidi. Matic fece
ascoltare una registrazione di una telefonata tra il capo della
missione USA a Dubrovnik, Sean Burns, l'agente del Dipartimento di
Stato USA James Swaggert, Gabriel Escobar del gruppo economico USA in
Montenegro e Paul Davies della Agenzia USA per lo Sviluppo
Internazionale. Estratti della registrazione di 20 minuti effettuata
dopo l'omicidio e di un'altra di tre ore dopo, includono commenti del
tipo: "è stato da professionisti" e "missione compiuta." (4)

Il primo piano noto dell'Occidente per uccidere il Presidente
Milosevic venne approntato nel 1992. Richard Tomlinson, un ex agente
dell'inglese MI6, svelò il piano. Il suo ruolo nell'MI6 era
l'attuazione di operazioni nascoste in Europa orientale, sotto le
spoglie di giornalista o di businessman. Tomlinson incontrava spesso
l'ufficiale dell'MI6 Nick Fishwick. Durante un incontro, Fishwick
mostrò a Tomlinson un documento intitolato: "la necessità di
assassinare il Presidente della Serbia Milosevic."
Tre metodi venivano proposti per uccidere Milosevic. Il primo, ricorda
Tomlinson, "era di addestrare ed equipaggiare un paramilitare serbo di
un gruppo di opposizione" che avrebbe avuto il vantaggio di nascondere
l'origine dell'operazione, ma avrebbe reso imprevedibile il successo
dell'esito. Il secondo metodo avrebbe impiegato una speciale unità
delle inglesi SAS per uccidere il Presidente Milosevic "o con una
bomba o con un cecchino." Fishwick considerava quest'ultimo più
affidabile, ma assai poco "coperto". Nel terzo metodo avrebbero ucciso
Milosevic "in un incidente d'auto." (5) Sette anni dopo, il 3 Ottobre
1999, il terzo metodo venne usato contro il leader del Movimento di
rinnovamento Serbo, Vuk Draskovic, quando un autocarro carico di
sabbia piombò sulla sua auto, uccidendo tutti, tranne Draskovic.
L'impulsivo Draskovic, responsabile della cronica frammentazione
dell'opposizione di destra, frustrava gli sforzi di Washington di
forgiare una opposizione unificata. (6)

Durante la guerra della NATO contro la Jugoslavia, un missile centrò
la casa del Presidente Milosevic, il 22 Aprile 1999. Fortunatamente,
lui e la moglie erano altrove quella sera. Il portavoce del Pentagono
Ken Bacon annunciò subito che "Non miravamo al Presidente Milosevic."
Ma cos'altro significa un missile che centra la stanza da letto di
Milosevic alle 3:10 del mattino? (7)

Nel Novembre 1999, membri di una squadra di assassini, nome in codice
"Spider" (ragno), vennero arrestati in Jugoslavia. Secondo il Ministro
Goran Matic, "l'intelligence francese stava dietro" al gruppo Spider,
che mirava all'assassinio del Presidente Milosevic. Le operazioni
pianificate prevedevano attacchi con cecchini, uso di ordigni
esplosivi nel percorso che si riteneva avrebbe fatto Milosevic per
viaggiare, l'inserimento di esplosivo nella sua auto, e
l'organizzazione di dieci commandos per assaltare la residenza
presidenziale. Il leader del gruppo, Jugoslav Petrusic, aveva la
doppia nazionalità jugoslava e francese. Matic dichiarò che Petrusic
lavorava per l'intelligence francese da 10 anni. Durante gli
interrogatori, Petrusic disse che aveva ucciso 50 uomini per ordine
dell'intelligence francese. Matic annunciò che uno dei membri di
Spider era uno "specialista negli assassini con autocarri carichi di
sabbia" – come nel caso di Draskovic nel mese prima. Dopo la guerra
bosniaca, Petrusic aveva organizzato il trasporto di 180 mercenari
serbo-bosniaci per combattere per Mobutu Sese Seku in Zaire, un affare
che era gestito dall'intelligence francese. Secondo un businessman
serbo-bosniaco, Petrusic "non nascondeva il fatto di lavorare per
l'intelligence francese. Io ho visto una foto di lui vicino a
Mitterrand, come sua guardia del corpo." In gioventù, Petrusic era
stato membro della legione straniera francese.
Durante la guerra della NATO contro la Jugoslavia, il gruppo Spider
s'infiltrò nell'esercito jugoslavo, fornendo informazioni ai francesi
e guidando gli aerei della NATO verso i loro obiettivi. Il servizio
segreto jugoslavo rivelò che il gruppo Spider era stato addestrato in
una base NATO in Bosnia dove "vennero costruiti alcuni edifici
somiglianti a quelli in cui Milosevic viveva." Denaro venne fornito al
gruppo Spider dall'intelligence francese, attraverso il confine tra
Ungheria e Jugoslavia, da un uomo di nome Serge Lazarevic. (8)

Un mese dopo, i membri di un secondo gruppo, autodenominatosi Esercito
di Liberazione Serbo, vennero arrestati. Loro scopo era l'assassinio
del Presidente Milosevic e la restaurazione della monarchia. (9)
Alla fine del luglio 2000, una squadra di quattro commandos olandesi
venne sorpresa mentre tentava di attraversare il confine tra Serbia e
Montenegro. Durante le indagini, questi ammisero che intendevano
uccidere o rapire il Presidente Milosevic. I quattro dissero che erano
stati informati di una offerta di 30 milioni di dollari per la "testa
di Milosevic", e che volevano "riscuotere il premio." Uno degli uomini
disse che il gruppo voleva rapire Milosevic o l'ex-Presidente
serbo-bosniaco Radovan Karadzic, e "portarli all'Aja." Il gruppo
voleva rapirli con un'auto, sistemandoli "dentro una scatola da sci, e
trasportarli fuori dal paese." Se il rapimento fosse fallito, uno del
gruppo "ebbe l'idea di uccidere il presidente, e di decapitarlo", e di
mettere la sua testa "in una scatola, e spedirla a casa" in Olanda.
Uno degli arrestati, Gotfrides de Ri, era vicino al Partito di Centro,
razzista e neo-nazista. Durante la guerra in Croazia e Bosnia, il
Partito di Centro inviò mercenari olandesi a combattere con le unità
paramilitari dell'estrema destra croata. Al momento del loro arresto,
i quattro avevano molti coltelli, incluso uno con la svastica, e lacci
con ganci per strangolare. Tutti e quattro ammisero che si erano
addestrati sotto il comando dell'inglese SAS. In una conferenza stampa
del 1 Agosto 2000, Goran Matic accusò gli USA di essere il maggior
sponsor degli assassini e dei tentati assassini.
"E' chiaro come essi reclutino vari gruppi terroristici poiché sono
frustrati dal fatto che i loro obiettivi militari, politici e
economici nell'Europa sudorientale non sono stati raggiunti. Tentano
di inviarli nel paese per mutare la nostra situazione
politico-sociale." (10)

Le flagranti interferenze occidentali distorsero la dinamica politica
in Jugoslavia. USA e Europa Occidentale finanziarono i partiti di
opposizione di destra e i media tramite organizzazioni come Il
National Endowment for Democracy e la Open Society Institute di George
Soros. Il National Democratic Institute (NDI) è un'altra delle miriadi
di organizzazioni semi-private che si sono attaccate, come
sanguisughe, all'Europa orientale. La NDI aprì un ufficio a Belgrado
nel 1997, sperando di capitalizzare i tentativi dell'opposizione di
abbattere il governo tramite le dimostrazioni di piazza. Dal 1999, la
NDI aveva già addestrato 900 leaders e attivisti dei partiti di
destra, nei settori "sviluppo del messaggio, comizi pubblici e
strategie elettorali." La NDI dichiarò di fornire "addestramento
organizzativo ed expertise nel creare coalizioni" all'opposizione. (11)
Il New Serbia Forum, fondato dall'inglese Foreign Office, portò
professionisti e accademici serbi in Ungheria per una regolare
discussione con "esperti" inglesi e dell'Europa Centrale. Scopo del
meeting era quello di "tracciare un progetto per una società
post-Milosevic." Il Forum sviluppò dei rapporti intesi a servire come
"piano di azione" per un futuro governo filoccidentale. I temi di
discussione includevano la privatizzazione e la stabilizzazione
economica. Il Forum chiedeva la "reintegrazione della Jugoslavia nella
famiglia europea" una frase che si traduce nello smantellamento
dell'economia socialista e nella sua consegna alle multinazionali
occidentali. (12)

Le mire occidentali furono chiaramente espresse dal Patto di stabilità
per l'Europa Sudorientale il 10 giugno 1999. Il documento chiede la
"creazione solerte di economie di mercato" nei Balcani, e "mercati
aperti al commercio internazionale, sempre in espansione, e al settore
degli investimenti privati." Un anno dopo, la Casa Bianca tracciò un
documento dettagliato sui "maggiori obiettivi" del Patto - tra cui,
secondo la European Bank for Reconstruction and Development (EBRD /
BERS) e secondo la International Finance Corporations, vi è la
"mobilitazione degli investimenti privati." Intanto il Business
Advisory Council del Patto "visita tutti i paesi dell'Europa del
Sud-Est" per "offrire consigli" sugli investimenti.

Un'altra iniziativa coinvolgeva l'opposizione locale ungherese e i
media di opposizione in Serbia, per influenzare le elezioni del 24
Settembre 2000 in Jugoslavia. Il 26 luglio 2000, la Overseas Private
Investment Corporation (OPIC) inaugurò un fondo investimento gestito
dalla Soros Private Funds Management. La Southeast Europe Equity Fund
"vuole investire in aziende della regione, di molti settori." Suo
scopo, secondo l'ambasciata USA in Macedonia, è "fornire capitali per
nuovi business di sviluppo, espansione e privatizzazione." Nel marzo
2000, il Montenegro firmò un accordo che permetteva le operazioni
della OPIC sul suo territorio.
Il miliardario George Soros spiegò che cosa tutto ciò significasse. Il
coinvolgimento degli USA nella regione, disse, "crea opportunità di
investimenti," e "io sono contento di dare il mio denaro, mentre loro
danno il proprio." Questo è il modo per fare denaro. George Munoz,
Presidente e CEO della OPIC, era stato, anche lui, chiaro. La
"Southeast Europe Equity Fund," annunciò, "è un veicolo ideale per
collegare il capitale istituzionale americano alle imprese europee
allo scopo di aiutare gli americani a gestire il loro crescente
mercato. OPIC è felice che la Soros Private Funds Management abbia
scelto e inviato un forte e positivo segnale che l'Europa del Sud est
sia aperta al business." Il testo finale del Patto di stabilità per
l'Europa del Sud-Est, suggerisce che una Jugoslavia che avesse
rispettato i "principi e gli obiettivi" del Patto sarebbe stata
"benvenuta" come nuova aderente al Patto. "Allo scopo di portare la
Repubblica Federale di Jugoslavia vicino agli obiettivi", il documento
dichiara che "il Montenegro potrebbe essere il primo beneficiario." I
leaders occidentali esprimono la speranza che la futura Jugoslavia
filoccidentale, come il resto dell'Europa orientale, sia "capace di
aiutare gli americani" a fare soldi. (13)

I leaders occidentali volevano installare un governo-fantoccio a
Belgrado, e riposero le loro speranze nella frammentata opposizione di
destra in Serbia. Nel 1999, ufficiali USA incoraggiarono questi
partiti ad organizzare dimostrazioni di massa per rovesciare il
governo, ma l'operazione fallì presto. Quando imminenti elezioni
locali e federali in Jugoslavia vennero annunciate il 24 luglio 2000,
gli ufficiali USA e occidentali incontrarono i leader dei partiti
della opposizione serba, per chiedergli di unirsi per le
presidenziali. Il candidato presidenziale delle opposizioni, Vojislav
Kostunica, venne letteralmente prescelto dagli ufficiali USA quando
sondaggi gestiti dagli americani dimostrarono che egli era il solo
candidato capace di avere sufficiente appoggio per vincere le
elezioni. (14)

All'inizio dell'agosto 2000, gli USA aprirono un ufficio a Budapest
destinato specificatamente ad assistere i partiti dell'opposizione in
Jugoslavia. Nello staff vi erano almeno 30 specialisti di guerra
psicologica, alcuni di essi erano stati ingaggiati nelle operazioni di
guerra psicologica durante la guerra contro la Jugoslavia e l'Iraq
nella guerra del Golfo. (15) Membri del gruppo di opposizione
studentesco Otpor vennero invitati a seguire un corso di 10 giorni,
che iniziava il 28 agosto e poi ancora l'11 Settembre 2000, nelle
ambasciate USA in Bulgaria e Romania. I corsi, condotti da personale
ed esperti di propaganda della CIA, erano focalizzati sulle tecniche
di immagine politica e pubblica. (16)
In Bulgaria, la Political Academy for Central and Southeastern Europe
finanziata dall'Occidente, istitui' un programma di addestramento per
l'opposizione serba. L'accademia era legata al Partito Democratico di
Serbia di Vojislav Kostunica, ad Otpor e altri vari gruppi di
opposizione. Un'altra organizzazione basata in Bulgaria e finanziata
dall'Occidente, la Balkan Academy of Leading Reporters, diede
"assistenza finanziaria, tecnica e di esperti" per i media
dell'opposizione jugoslava prima delle elezioni. (17)

Dal 13 al 15 agosto, il Direttore della CIA George Tenet visitò la
Bulgaria. In una serie di meetings straordinari, Tenet vide il
Presidente bulgaro Petur Stoyanov, il Primo Ministro, Il Ministro
degli interni e quello della Difesa. Ufficialmente, lo scopo della
visita di Tenet era di discutere il problema del crimine organizzato e
dei narcotici. Tuttavia, Tenet passò in tutto solo 20 minuti al
Quartier generale del Servizio di Sicurezza Nazionale e del Servizio
Nazionale per la lotta contro il crimine organizzato. Fonti
diplomatiche anonime rivelano che egli propose il transito di un
oleodotto proveniente dal Mar Caspio, come altro elemento di discussione.
Il motivo principale della visita di Tenet, però, era la questione
della Jugoslavia. Secondo fonti diplomatiche anonime, la secessione
montenegrina dalla Jugoslavia sconvolse l'agenda.
In seguito al meeting tra Tenet e il General maggiore Dimo Gyaurov,
Direttore del Servizio Nazionale di Intelligence, venne redatta una
dichiarazione pubblica che sottolineava la loro "comunanza di
interessi." Rapporti della stampa bulgara rivelano che varie opzioni
erano state discusse con il presidente e il primo ministro della
Bulgaria.
Alcune informazioni sul meeting indicano che l'opzione preferita da
Tenet era la rimozione del governo jugoslavo, che fosse come risultato
delle elezioni del 24 Settembre, oppure delle dimostrazioni di
piazza, o con un golpe. Un'altra alternativa che Tenet discusse fu
l'assalto militare della NATO allo scopo di installare un
governo-fantoccio.
La terza opzione era la secessione del Montenegro dalla Jugoslavia.
Poiche' una guerra aperta avrebbe seguito la secessione del Montenegro
dalla Jugoslavia, gli USA pianificarono una guerra totale.
Il Monitor di Sofia riporta che la "macchina golpista della CIA" era
pronta. "Un attacco contro Belgrado è imminente" avvertiva, e "la
Bulgaria servirà da base." (18)
In preparazione di una possibile azione militare, l'esercito italiano
firmo' un contratto di concessione per poter condurre esercitazioni da
Ottobre nel campo di Koren, presso Kaskovo, nella Bulgaria
sudorientale. L'esercito francese firmò un accordo simile, in cui i
soldati e i carri armati francesi si sarebbero addestrati a Novo Selo,
nella Bulgaria centrale, dall'11 Ottobre al 12 Dicembre.
Alcuni piani prevedevano che i militari USA facessero richiesta per
avere in affitto la base di Shabla nella Bulgaria nordorientale. Tutte
sarebbero servite da basi di attacco della NATO. (19) Esercitazioni
anfibie vennero svolte, con l'esercito croato e le forze USA, presso
Split in Croazia, subito dopo le elezioni jugoslave, e 15 navi da
guerra inglesi vennero inviate nella regione. (20)

La terza opzione di Tenet, la secessione del Montenegro dalla
Jugoslavia, avrebbe seguito il ben collaudato modello dello
squartamento della Jugoslavia, pezzo per pezzo. Le strade delle due
repubbliche della Jugoslavia iniziavano a divergere nettamente.
Solo la Serbia si opponeva ai disegni occidentali di integrazione dei
Balcani in un modello economico in cui le economie della regione
sarebbero state subordinate agli interessi occidentali. L'economia
della Serbia includeva una forte componente socialista, e aziende
medio-grandi erano di proprietà collettiva. Al contrario, il
Montenegro aveva adottato un programma per mettere la sua economia al
servizio dell'Occidente. Nel novembre 1999 si vide l'introduzione in
Montenegro del marco tedesco come divisa ufficiale e il passaggio
della legislazione che eliminava le proprietà collettive. Un mese
dopo, molte aziende vennero messe in vendita, inclusa la compagnia per
l'energia elettrica, il Complesso Agricolo 13 Luglio, l'azienda
Hotel-Turistica Boka, e molte altre. (21) Il programma di
privatizzazione della repubblica per il 2000 prevedeva la
privatizzazione di molte industrie statali, e includeva misure per
"proteggere gli investitori domestici ed esteri." All'inizio del 2000,
gli USA firmarono un accordo per fornire al Montenegro 62 milioni di
dollari, inclusi 44 milioni della U.S. Agency for International
Development (USAID). Secondo l'agenzia, essa avrebbe anche attivato
"programmi di assistenza per il sostegno alle riforme economiche e
alla ristrutturazione della economia... per portare il Montenegro
verso l'economia del libero mercato." Il consigliere politico USA per
i Balcani James Dobbins spiego' che gli USA vedevano "le riforme
liberiste del regime di Djukanovic come modello e stimolo per altre
riforme similari per l'ex-Jugoslavia."
Gli USA offrirono anche garanzie per gli investitori privati nella
repubblica. Aiuti aggiuntivi vennero forniti dall'Unione Europea (EU),
che approvo' 36 milioni di dollari per il Montenegro. "Sin dal primo
giorno", ammise Djukanovic, "noi abbiamo consulenti inglesi ed
europei." (22)
Il Center for International Private Enterprise, una affiliata della
Camera di Commercio USA, fornisce supporto al Center for
Entrepreneurship (CEP) in Montenegro. Secondo il direttore esecutivo
del centro, Petar Ivanovic, l'organizzazione "si focalizza sulle
scuole elementari e le superiori" stabilendo la imprenditorialità come
nuova materia da insegnare a scuola. Come spiega Ivanovic,
"introdurre i giovani al concetto di imprenditorialità li renderà
meno resistenti al privato." Il CEP intende inoltre "educare il
governo sulle potenzialità riguardo al privato" e aiutarli a
"comprendere i vantaggi della riforme economiche e della
privatizzazione." (23) Secondo Djukanovic, quando egli incontrò
Clinton il 21 giugno 1999, il presidente USA diede il via al processo
di privatizzazione dicendo a Djukanovic che gli USA volevano
"stimolare l'economia" "incoraggiando le corporations e le banche USA
a investire capitali in Montenegro." (24)

Djukanovic si mosse costantemente verso la secessione dalla
Jugoslavia, mostrando di voler spingere verso la separazione se il
Presidente Milosevic fosse stato rieletto nelle elezioni del 24
Settembre. In una telefonata a Djukanovic nel luglio 2000, Madeleine
Albright promise che gli USA gli avrebbero fornito altri 16.5 milioni
di dollari. La stessa settimana, Djukanovic affermava che il
Montenegro "non è più parte della Jugoslavia." Inoltre affermò
sorprendentemente che considerava una "priorità" per il Montenegro
l'adesione alla NATO, organizzazione che aveva bombardato il suo paese
solo l'anno prima. Il mese successivo, Albright annunciò che lei e
Djukanovic "cercano di discutere e di incontrarsi regolarmente" e che
gli "USA sostengono l'approccio del Presidente Djukanovic in termini
di sviluppo democratico e di riforme economiche." (25)

Il sostegno occidentale alla secessione andava ben oltre i meeting
della Albright con Djukanovic. Più di metà della popolazione del
Montenegro si opponeva alla secessione, ed una simile mossa avrebbe
potuto causare esplosioni di violenza. In preparazione del distacco,
Djukanovic si costrui' un esercito privato di più di 20.000 soldati,
la Polizia Speciale, comprendente unità armate con armi anti-tank e
mortai. Fonti del Montenegro rivelarono che forze speciali occidentali
addestravano l'esercito privato di Djukanovic. Prima delle elezioni,
Djukanovic richiese che la NATO stabilisse "uno scudo aereo sul
Montenegro." Un membro della Polizia Speciale, di nome Velibor,
confermo' che avevano ricevuto addestramento dalle SAS inglesi. "Se vi
è una situazione in cui le armi decideranno la posta, siamo pronti"
dice. "Siamo addestrati a ciò." A una conferenza stampa, il 1 agosto
2000, il Ministro Goran Matic dichiarava che "gli inglesi addestrano
le unità speciali montenegrine. Ed è anche vero", aggiunse, che la
Polizia Speciale "ha largamente ottenuto vari tipi di armi, dalle armi
antiaeree a quelle anti-elicottero eccetera, ed inoltre che essi sono
assistiti dalla Croazia, con le armi che passano da Dubrovnik e altri
posti." Inoltre, Matic puntualizzo': "L'anno scorso, prima e dopo
l'aggressione, un gruppo del MUP [Ministero degli Affari Interni]
montenegrino si è addestrato con unità della polizia e
dell'intelligence USA." Nell'agosto 2000, due veicoli corazzati
destinati al Montenegro vennero scoperti nel porto di Ancona, in
Italia. Uno dei veicoli era dotato di una torretta adatta per montare
una mitragliatrice o un'arma anticarro. I doganieri italiani, secondo
l'ANSA, erano "convinti" che il traffico di armi con il Montenegro si
"svolgeva su scala assai più grande di quanto il singolo episodio
facesse presumere." Esprimendosi come per anticipare un conflitto
armato, Djukanovic affermò che "molti metteranno la coda tra le gambe
e se ne dovranno andare via dal Montenegro." (26)

Un conflitto violento in Montenegro avrebbe fornito alla NATO un
pretesto per intervenire. Gia' ai primi dell'ottobre 1999, il Generale
Wesley Clark aveva tracciato un piano per la invasione NATO del
Montenegro. Il piano prevedeva un assalto anfibio con più di 2.000
marines che avrebbero occupato il porto di Bar rendendo il porto un
trampolino di lancio verso l'interno. Le truppe trasportate dagli
elicotteri avrebbero occupato l'aeroporto di Podgorica, mentre aerei
della NATO avrebbero bombardato le forze della Jugoslavia.
Secondo ufficiali USA, altri paesi occidentali avrebbero sviluppato
piani di invasione. (27) Richard Holbrooke, ambasciatore USA all'ONU,
dichiarava: "Siamo in contatto costante con la leadership del
Montenegro," e avvertiva che un conflitto in Montenegro "avrebbe
colpito direttamente gli interessi vitali della NATO." (28)
Il Segretario Generale della NATO George Robertson fu più esplicito.
"Dico a Milosevic: stai attento, guarda quello che e' successo
l'ultima volta che hai sbagliato." (29)

Ciò che gli USA volevano per davvero, comunque, era la Jugoslavia
intera, non solo un altro pezzo. Il Segretario di Stato Madeleine
Albright si aspettava e chiedeva dimostrazioni di piazza per abbattere
il governo se le elezioni non l'avessero soddisfatta. Al meeting di
Banja Luka nella primavera del 2000, Albright espresse disappunto per
il fallimento degli sforzi passati di rovesciare il legalmente eletto
governo jugoslavo. Albright disse che sperava che le sanzioni
spingessero il popolo ad "accusare Milosevic per le loro sofferenze."
Una esasperata Albright si chiedeva: "che cosa ferma la gente dallo
scendere nelle strade?" Indicando che gli USA aspettavano il pretesto
per intervenire, aggiunse: "Ora bisogna che accada in Serbia qualcosa
che l'occidente possa appoggiare." (30)
Ogni contingenza era pianificata nell'ambito della campagna
differenziata di destabilizzazione da parte USA. Alla fine fu lo
scenario preferito di George Tenet che venne scelto. Un processo
elettorale distorto dall'intervento occidentale, assieme a moti di
piazza, alla fine buttarono giù il governo della Jugoslavia.

Gli USA pomparono 35 milioni di dollari nelle tasche dell'opposizione
di destra nell'anno precedente le elezioni del 24 Settembre 2000. Tale
impegno includeva trasmissioni per le radio dell'opposizione, e
computers, telefoni e fax per molte organizzazioni. I media di destra
ricevettero altri 6 milioni dollari dall'Unione Europea durante questo
periodo. Due organizzazioni sotto l'ombrello del National Endowment
for Democracy, il National Democratic Institute e l'International
Republican Institute, diedero 4 milioni di dollari per una campagna
porta a porta e programmi elettorali. (31) Funzionari USA
assicuravano ai media dell' opposizione che "non avevano nulla da
preoccuparsi riguardo alle spese di oggi" poiché molto di più era in
arrivo. (32) Subito dopo le elezioni, Il parlamento degli USA decretò
una legge che autorizzava il versamento di altri 105 milioni di
dollari per i partiti di destra e i loro media in Jugoslavia. (33)
Organizzazioni come l'International Republican Institute e l'Agency
for International Development misero molti milioni di dollari nelle
tasche di Otpor, rendendo il piccolo gruppo di studenti
dell'opposizione una grande forza. Nel momento in cui la data delle
elezioni veniva annunciata in Jugoslavia, Otpor aveva stampato già 60
tonnellate di materiale elettorale. (34)

(fine prima parte - segue)

What's Left, 8 Novembre 2002

Guerra segreta: l'intervento USA e UE in Jugoslavia

di Gregory Elich

(SECONDA ED ULTIMA PARTE)


La settimana prima delle elezioni, l'Unione Europea inviò un
"Messaggio al popolo serbo" in cui si annunciava che una vittoria per
il candidato dell'opposizione Vojislav Kostunica avrebbe portato
all'eliminazione delle sanzioni. "Perfino se Milosevic fosse rieletto
democraticamente", affermava un funzionario dell'UE, le sanzioni
sarebbero rimaste. Questa era una potente pressione verso un popolo
impoverito e devastato da anni di sanzioni occidentali. (35)
Il funzionario del Dipartimento di Stato USA William Montgomery
notava: "Raramente si è impiegato tanto fuoco, energia, entusiasmo,
denaro – ogni cosa - quanto ne è stato impiegato in Serbia nei mesi
prima della caduta di Milosevic." (36)
Ancor prima delle elezioni, funzionari occidentali accusavano il
governo jugoslavo di frode elettorale, piantando i semi della distruzione.

Nei giorni delle elezioni ed in seguito, la coalizione detta
Opposizione Democratica della Serbia (DOS) proclamò la vittoria del
proprio candidato. Funzionari USA incoraggiavano l'opposizione ad
indire delle dimostrazioni di massa, perfino prima che fossero
annunciati i risultati ufficiali. In pratica ogni giorno la DOS
dichiarava differenti percentuali per il proprio candidato. A un certo
punto parlarono del 57 per cento. Due giorni dopo le elezioni, il 26
settembre, la DOS dichiarava che Kostunica aveva avuto il 54.66
percento dei voti, sulla base del 97.5 per cento dei voti scrutinati,
ma che 130.000 voti "e i voti dal Kosovo e Montenegro" non erano stati
considerati dalla DOS. Il giorno dopo, la DOS annunciò che Kostunica
aveva il 52.54 percento dei voti. Il dato era basato, dissero, sul
98.72 per cento degli scrutini. Stavolta, il portavoce dello Staff
Elettorale della DOS, Cedomir Jovanovic, cambiò di tono, dichiarando
che gli scrutini da fare erano quelli dei militari e quelli postali.
Secondo Jovanovic, il 26 settembre, 5.093.038 voti su un totale di
5.223.629 voti erano stati scrutinati, per un totale del 97.5%. Sulla
base del totale fornito da Jovanovic, ciò avrebbe significato che meno
di 64.000 schede sarebbero state scrutinate il giorno seguente, quando
fu dichiarato un conteggio pari al 98.72 percento. Assumendo che
Kostunica abbia perso tutti questi voti, la sua percentuale sarebbe
dovuta scendere a 52.75, comunque più alta dell'annunciato 52.54%.
Il DOS si avvantaggiò della confusione proveniente da tali
significative differenze sui totali. Il 26 settembre, Jovanovic
annunciò che Kostunica aveva avuto 2.783.870 voti, ed il giorno
seguente dichiarò che, quando tutti i voti sarebbero stati contati,
"Kostunica avrebbe avuto 2.649.000 voti." Quattro giorni dopo,
Jovanovic dichiarò 2.424.187 voti per Kostunica, e poi il 2 ottobre il
portavoce dell'opposizione Zoran Sami abbassò ulteriormente il totale
a 2.414.876, con una percentuale del 51.34%. In seguito, Sami disse
che il risultato finale mostrava 2.377.440 voti e una percentuale del
50.35% per Kostunica. Esclusi da tali conteggi erano i voti dal Kosovo
e dei rifugiati dal Kosovo.
I media occidentali accettarono acriticamente le dichiarazioni della
DOS, proclamandole precise e risultanti da meticolosi scrutini, e
grida di frode si alzarono invece contro il Governo jugoslavo.
Chiaramente c'erano state delle frodi. I dati forniti dalla stessa DOS
indicano chi stesse commettendo la frode. (37)

Nonostante le dichiarazioni in senso contrario dei media occidentali,
il conteggio ufficiale dei voti fu ampiamente pubblicizzato in
Jugoslavia. Vojislav Kostunica ottenne il 48.96 percento dei voti,
mancando di poco il 50% richiesto per la vittoria al primo turno. Il
Presidente Milosevic ottenne il 38.62 percento. Un secondo turno
elettorale per i due maggiori candidati venne indetto l'8 ottobre.
(38) Appoggiati dai funzionari occidentali, Kostunica e la DOS si
rifiutarono di partecipare al secondo turno, dichiarando che avevano
già vinto. La DOS presentò proteste prima alla Commissione Elettorale
Federale, e poi alla Corte Costituzionale. Chiedevano, tra l'altro,
l'annullamento dei voti dei rifugiati dal Kosovo, e quelli dal Kosovo
stesso, dove il Presidente Milosevic aveva ottenuto un vantaggio
ampio. La Corte Costituzionale sostenne la proposta di Milovan
Zivkovic, membro della Commissione Elettorale Federale, per
riesaminare il voto di tutti i distretti per eliminare i dubbi. (39)
Fu la minaccia del riconteggio dei voti a motivare la riduzione
quotidiana dei voti e delle percentuali dichiarate dalla DOS per i
suoi candidati. La percentuale finale che la DOS annunciò era vicina a
quella dei risultati ufficiali. Tuttavia, la DOS si rifiutò di
includere i voti dal Kosovo e quelli dei molti rifugiati dal Kosovo,
con il pretesto che il voto in Kosovo chiudeva alle 16:00 invece che
alle 20:00. Secondo la DOS, la chiusura anticipata dei seggi avrebbe
invalidato tutte le schede di questi votanti. Solo eliminando i voti
dei residenti e rifugiati del Kosovo la DOS potè proclamare una
vittoria attorno al 50 per cento per Kostunica.

Più di 200 osservatori internazionali di 54 paesi monitoravano le
elezioni. Gli osservatori seguirono
ogni stadio delle elezioni, incluso il conteggio del voto e la
correlazione dei risultati. Uno degli osservatori, il Ministro degli
esteri greco Carolos Papoulias, concluse: "Tutti quelli che hanno
annunciato ampie frodi, come [il commissario agli esteri dell'UE]
Javier Solana, hanno sbagliato" e il voto si è svolto in "modo
impeccabile."
Atila Volnay, un osservatore ungherese, disse che la sua delegazione
aveva visitato molte sezioni elettorali e confermava la presenza dei
rappresentanti dell'opposizione nelle commissioni elettorali, e che
"non ci potevano essere anomalie." Una delegazione di tre persone del
Socialist Labour Party del Regno Unito dichiarò che la Commissione
Elettorale Federale "ha fatto di tutto per assicurare che la gente
potesse votare senza intimidazioni ed in modo normale," ma che delle
irregolarità erano state rilevate in Montenegro. "Abbiamo ricevuto
molti rapporti di prima mano da persone che dichiarano di essere state
minacciate [dai sostenitori di Djukanovic] che avrebbero perso il
lavoro se fossero andate a votare." La delegazione notò anche che
"molti rifugiati dal Kosovo sono stati deliberatamente esclusi dalle
liste elettorali del Montenegro" e che la delegazione "può solo
concludere che tali tattiche di intimidazione e condizionamento erano
destinate ad avvantaggiare la cosiddetta Opposizione Democratica." Il
capo della delegazione russa, Konstantin Kosachev, disse che "erano
soddisfatti perchè non era stata possibile in pratica alcuna
falsificazione su larga scala delle elezioni in Jugoslavia."
Una dichiarazione finale degli osservatori afferma che "Il voto si è
svolto in modo ordinato e tranquillo" e che, "nell'opinione di molti
era eguale o superiore a quelli dei loro paesi." (40)

Dato il vantaggio elettorale al primo turno, una vittoria di Kostunica
era certa per l'8 ottobre. Quindi, perché Kostunica rifiutò di
partecipare al secondo turno? Come risultato delle elezioni del 24
settembre, la coalizione di sinistra aveva ottenuto 74 dei 137 seggi
nella Camera dei cittadini e 26 dei 40 seggi nella Camera delle
Repubbliche. La coalizione di sinistra aveva già la maggioranza nel
Parlamento serbo, la cui rielezione era prevista l'anno dopo. Sarebbe
stato dunque impossibile per la DOS attuare il proprio programma,
visto che i poteri del Presidente soro piuttosto limitati. Solo un
golpe avrebbe permesso alla DOS di superare i limiti legali e di
giungere al governo per regnare senza opposizioni. Il direttore
elettorale di Kostunica, Zoran Djindjic, chiamò allo sciopero
generale. "Noi dovremo paralizzare ogni istituto, scuola, teatro,
cinema, ufficio" e "far scendere in piazza tutti." (41) I sostenitori
della DOS ovunque nel paese seguirono la sua chiamata, fermando alcuni
settori dell'economia, mentre dimostrazioni di massa si avevano in
tutta la Serbia. Lo scenario di Madeleine Albright divenne realtà, nel
momento in cui i dimostranti si misero a chiedere la rimozione del
governo.

Secondo l'opposizione, almeno 10.000 sostenitori armati della DOS si
unirono alla manifestazione finale a Belgrado. L'assalto al Parlamento
Federale e alla Radio-Televisione della Serbia fu guidato da gruppi e
da squadre speciali di ex-soldati. Velimir Ilic, sindaco
dell'opposizione di Cacak, guidò gli assalti. "La nostra azione era
stata pianificata in precedenza" spiegò in seguito. "I nostri scopi
erano assai chiari; prendere il controllo delle istituzioni chiave del
regime, incluso il parlamento e la televisione." Ilic stabilì anche
precedenti contatti con poliziotti rinnegati che assistettero i
miliziani di Ilic. (42) E' probabile che la CIA fosse coinvolta nella
pianificazione dei ben coordinati attacchi. Dopo che forze speciali
armate ebbero aperto la strada verso il Parlamento Federale, ad esse
fecero seguito una massa di ubriachi, supporter della DOS, che
irruppero nell'edificio, distruggendo suppellettili e computer e
devastando il Parlamento. I poliziotti vennero attaccati e bande di
ubriachi, spesso armati di pistole, sciamarono nelle strade.
Le ambulanze, che portavano i poliziotti feriti negli ospedali,
venivano fermate dagli attivisti della DOS, che chiedevano di
consegnargli i poliziotti feriti. Dopo che la Radio Televisione della
Serbia a Belgrado venne occupata, essa pure fu incendiata. In tutta la
Serbia, gli uffici del Partito Socialista di Serbia (SPS) e della
Sinistra Unita Jugoslava (JUL) vennero demoliti. I socialisti vennero
minacciati e picchiati, molti furono minacciati per telefono. A
Kragujevac, dieci socialisti vennero legati e picchiati per ore. Gli
sgherri della DOS si spinsero fino a casa di Zivojin Stefanovic, il
presidente del Partito Socialista di Leskovac. Dopo aver saccheggiato
e distrutto le proprietà di Stefanovic, diedero fuoco alla sua casa. (43)

Mentre la teppaglia capovolgeva e bruciava le auto della polizia,
vandalizzando case e picchiando la gente, Kostunica annunciava: "La
Democrazia è arrivata in Serbia. Il Comunismo è caduto. Era proprio
ora." (44)
Stabilendo le loro credenziali democratiche, gli attivisti della DOS
occupavano sistematicamente i media di sinistra della Jugoslavia. I
giornali di sinistra, stazioni radio e televisioni vennero
riconvertite in strumenti della destra. Una cultura dei media già
ricca e diversificata, rappresentante l'intero spettro politico,
venne sottoposta alla cappa dell'uniformità e della propaganda per la
DOS. Bande di sgherri della DOS rimossero con la forza il management
delle imprese statali, delle università, di banche ed ospedali delle
città di tutta la Serbia. I ministri del governo vennero spinti alle
dimissioni, e la DOS creò un comitato di crisi per svolgere le
funzioni del governo, scavalcando il Parlamento Federale e i ministeri
governativi. Gli agenti della DOS minacciarono apertamente di
aumentare le violenza di strada come mezzo per spingere il Parlamento
Serbo ad accordare nuove elezioni, un anno in anticipo rispetto alla
scadenza.

I funzionari occidentali non potevano nascondere la loro
soddisfazione. Imprese statunitensi ed europee aspettavano il momento
per impadronirsi delle imprese di Stato. Il programma economico della
DOS era tracciato da una organizzazione denominata Gruppo 17+.
Il loro piano, Progetto per la Serbia, chiedeva una rapida transizione
a una piena economia di mercato.
Immediatamente dopo il golpe, la European Bank for Reconstruction and
Development subito annunciò piani per aprire un ufficio a Belgrado.
"E' importante che siamo sul posto subito" spiegava il portavoce della
banca Jeff Hiday. "Sospettiamo che ci saranno parecchie
privatizzazioni e ristrutturazioni." (45)

Giorni prima del golpe, il Presidente Milosevic aveva avvertito che la
DOS era uno strumento della campagna della NATO per imporre un
controllo neocoloniale sulla Jugoslavia. Milosevic indicava che i
paesi vicini, che erano già vittime dei diktat dell'Occidente, "si
sono rapidamente impoveriti in modo tale da distruggere ogni speranza
di una società più giusta ed umana" e che l'Europa Orientale vede "una
grande divisione tra una maggioranza povera e una ricca minoranza."
Inevitabilmente, disse, "tale quadro includerebbe anche noi." (46)

Sola e isolata, la Jugoslavia aveva resistito alla dominazione
imperiale, opponendosi alle secessioni, alle sanzioni, alle guerre, ed
alle operazioni coperte [cioè: attuate dai servizi segreti, ndt]
volute dall'Occidente. Viceversa, essa rimase indipendente e mantenne
una economia a carattere prevalentemente sociale. Le più potenti forze
del pianeta si schierarono contro di essa, e per un decennio la
Jugoslavia resistette. Il golpe della NATO ha spazzato via tutto. In
uno dei suoi primi atti da presidente, Kostunica si è unito al Patto
di Stabilità dei Balcani. Il suo ministro delle privatizzazioni,
Aleksandar Vlahovic, ha annunciato un piano per la privatizzazione di
7.000 aziende... "Mi aspetto che in quattro anni da oggi, le proprietà
sociali saranno totalmente eliminate", spiegava Vlahovic, chiarendo
che la privatizzazione delle aziende maggiori era appena iniziata.
(47) I milioni di dollari con cui l'Occidente aveva riempito le
tasche degli agenti della DOS avrebbero fruttato elevati dividendi.


NOTE

1) Paul Beaver, "Clinton Tells CIA to Oust Milosevic," The Observer,
November 29, 1998.
Fran Visnar, "Clinton and the CIA Have Created a Scenario to Overthrow
Milosevic," Vijesnik (Zagreb), November 30, 1998.

2) Douglas Waller, "Tearing Down Milosevic," Time Magazine, July 12, 1999.

3) Michael Moran, "A Threat to 'Snatch' Milosevic," MSNBC, July 8, 1999.

4) "Yugoslav Official Accuses CIA of Being Behind Montenegro Murder,"
Agence France-Presse, June 6, 2000.
Aleksandar Vasovic, "Serb Aide Says CIA Behind Slaying," Associated
Press, June 6, 2000.
"Yugoslav Information Minister Accuses CIA of Complicity in Zugic
Murder," Borba (Belgrade), June 6, 2000.

5) Statement by Richard Tomlinson, addressed to John Wadham, September
11, 1998.

6) "Serb Consensus: Draskovic Crash Was No Accident," Seattle Times
News Services, October 13, 1999.

7) "NATO: Milosevic Not Target," BBC News, April 22, 1999.

8) "Serbs Allege Milosevic Assassination Plot," Reuters, November 25,
1999.
"France Plots to Murder Milosevic," Agence France-Presse, November 26,
1999.
"SFOR Units Involved in a Plot to Kill Milosevic," Agence
France-Presse, December 1, 1999.
Gordana Igric, "Alleged 'Assassins' Were No Stranger to France," IWPR
Balkan Crisis Report (London), November 26, 1999.
Milenko Vasovic, "Belgrade's French Connection," IWPR Balkan Crisis
Report (London), November 26, 1999.

9) "Lt. Testifies at Milosevic Trial," Associated Press, April 26, 2000.

10) Aleksandar Vasovic, "4 Accused of Milosevic Death Plot,"
Associated Press, July 31, 2000.
"Dutchmen Arrested, Accused of Plotting Against Milosevic," Agence
France-Presse, July 31, 2000.
Email correspondence from Herman de Tollenaere, quoting from
NRC-Business Paper of August 1
"Arrested Dutchmen Admitted Plans to Kill, Kidnap Milosevic," BETA
(Belgrade), August 17, 2000.
"Dutch Espionage Terrorist Gang Arrested in Yugoslavia - Minister,"
Tanjug (Belgrade), July 31, 2000
"Yugoslav Information Minister Says U.S. Behind Dutch 'Mercenaries',"
BBC Monitoring Service, August 1, 2000.

11) "NDI Activities in the Federal Republic of Yugoslavia
(Serbia-Montenegro)," NDI Worldwide Activities, www.ndi.org

12) "Britain Trains New Elite for Post-Milosevic Era," The Independent
(London), May 3, 2000.
The New Serbia Forum, http://ds.dial.pipex.com/town/way/glj77/Serbia.htm

13) "Final Text of Stability Pact for Southeast Europe," June 10, 1999.
"Southeast Europe Equity Fund Launched July 26," U.S. Embassy, Skopje,
Macedonia, July 27, 2000.
"The Stability Pact for Southeast Europe: One Year Later," White House
Fact Sheet, July 27, 2000.

14) Michael Dobbs, "U.S. Advice Guided Milosevic Opposition,"
Washington Post, December 11, 2000.

15) "Federal Foreign Ministry Sends Memorandum to UN Security
Council," Tanjug (Belgrade), October 4, 2000.
"US Anti-Yugoslav Office Opens in Budapest," Tanjug (Belgrade), August
21, 2000.

16) "CIA Training Resistance Members in Sofia, Bucharest," Tanjug
(Belgrade), August 25, 2000.

17) Elena Staridolska, "Daynov Academy Trains Serbian Opposition,"
Standart News (Sofia), August 29, 2000.
Konstantin Chugunov, "We Report the Details: Our Little Brothers Have
Bent in the Face of NATO," Rossiyskaya Gazeta (Moscow), August 23, 2000.

18) "Bulgaria - Press Review" BTA (Sofia), August 12, 2000
"Bulgaria - Us CIA Director's Visit," BTA (Sofia), August 15, 2000
"CIA Did Not Tell Us the Most Important Thing," Trud (Sofia), August
16, 2000
"Bulgaria - Press Review," BTA (Sofia), August 14, 2000
"Bulgaria - Press Review," BTA (Sofia), August 16, 2000

19) Mila Avramova, "Italians Lease Training Ground for 400,000 Leva,"
Trud (Sofia), August 9, 2000
Michael Evans, "Balkans Watch for 'Invincible'," The Times (London),
August 26, 2000.

20) "U.S. Forces Travel to Croatia for Amphibious Exercise," Office of
the Assistant Secretary of Defense (Public Affairs), September 12, 2000.
"U.S. War Game in Adriatic, U.K. Navy in Mediterranean," Reuters,
September 16, 2000.

21) Ljubinka Cagorovic, "Montenegro Assembly Scraps Socially-Owned
Property," Reuters, November 13, 1999.
"Montenegrin Government Prepares to Privatise Economy," Tanjug
(Belgrade), December 25, 1999.

22) Central and Eastern Europe Business Information Center,
"Southeastern Europe Business Brief," February 3, 2000.
Central and Eastern Europe Business Information Center, "Southeastern
Europe Business Brief," April 27, 2000.
Anne Swardson, "West Grows Close to Montenegro," Washington Post, May
24, 2000.

23) Petar Ivanovic, "Montenegro: Laying the Foundation of
Entrepreneurship," Center for International Private Enterprise.

24) Statement by Montenegrin President Milo Djukanovic, "Important
Step in Opening New Perspectives For Montenegrin State Policy,"
Pobjeda (Podgorica), June 22, 1999.

25) "Albright Renews Montenegro Support," Associated Press, July 13, 2000.
"Montenegro Wants to Join NATO and the EU," Agence France-Presse, July
10, 2000.
Office of the Spokesman, U.S. Department of State, "Secretary of State
Madeleine K. Albright and Montenegrin President Milo Djukanovic,"
Press Stakeout at Excelsior Hotel, Rome, Italy, August 1, 2000.

26) "Montenegro Ahead of Elections: Boycott and Threats," BETA
(Belgrade), August 9, 2000.
"Montenegro and Elections - Boycott Becomes Official," BETA
(Belgrade), August 17, 2000.
Phil Reese, "We Have the Heart for Battle, Says Montenegrin Trained by
SAS," The Independent (London), July 30, 2000.
"Yugoslav Information Minister Says U.S. Behind Dutch 'Mercenaries',"
BBC Monitoring Service, August 1, 2000.
"Yugoslavia Says British SAS Trains Montenegrins," Reuters, August 1,
2000.
"Information Minister Sees Montenegrin Arms Purchases, Croatian
Assistance," BETA (Belgrade), July 31, 2000.
"Foreign 'Dogs of War' Training Montenegrin Police to Attack Army,"
Tanjug (Belgrade), August 9, 2000.
"Montenegro: Camouflaged Military Vehicles Seized in Ancona," ANSA
(Rome), August 21, 2000.
"Montenegro: Traffic in Camouflaged Armored Vehicles: Investigation
into Documentation," ANSA (Rome), August 22, 2000.
"SAS Training Montenegrin Police," The Sunday Times (London), October
1, 2000.

27) Richard J. Newman, "Balkan Brinkmanship," US News and World
Report, November 15, 1999.

28) "Clinton Warns Milosevic 'Remains a Threat to Peace," Agence
France-Presse, July 29, 2000.

29) "NATO's Robertson Warns Milosevic on Montenegro," Reuters, July
27, 2000.

30) Borislav Komad, "At Albright's Signal," Vecernje Novosti
(Belgrade), May 18, 2000.

31) George Jahn, "U.S. Funding Yugoslavian Reformers," Associated
Press, September 29, 2000.
Jane Perlez, "U.S. Anti-Milosevic Plan Faces Major Test at Polls," New
York Times, September 23, 2000.
"U.S., EU Generous to Foes of Milosevic," Associated Press, October 1,
2000.

32) Steven Erlanger, "Milosevic, Trailing in Polls, Rails Against
NATO," New York Times, September 20, 2000.

33) "U.S. House Votes to Fund Yugoslavia's Opposition Movement," CNN,
September 25, 2000.

34) Roger Cohen, "Who Really Brought Down Milosevic?" New York Times
Magazine, November 26, 2000.

35) Geoff Meade, "Cook Backs EU Over Oust Milosevic Message," London
Press Association, September 18, 2000.

36) Roger Cohen, "Who Really Brought Down Milosevic?" New York Times
Magazine, November 26, 2000.

37) "DOS Claims Kostunica Leading Milosevic with 54.66 to 35.01
Percent of Vote," BETA (Belgrade), September 26, 2000.
"DOS Announces Kostunica Clear Winner with 98.72 Percent Data
Processed," BETA (Belgrade), September 27, 2000.
"Federal Electoral Commission - DOS Election Staff Misinformed
Public," Tanjug (Belgrade), October 3, 2000.
"Who Lies Kostunica?" statement by the Socialist Party of Serbia,
October 11, 2000.

38) Federal Republic of Yugoslavia web site, www.gov.yu "Total
Election Results," and "The Federal Elections Commission Statement."
Both statements were removed following the coup.
"Final Results of FRY Presidential Election," Tanjug (Belgrade),
September 28, 2000.

39) "Yugoslav Constitutional Court Holds Public Debate on DOS Appeal,"
Tanjug (Belgrade), October 4, 2000.
"DOS Requests Annulment of 142,000 Kosovo Votes," BETA (Belgrade),
September 29, 2000.

40) "Contrary to EU Claims, Yugoslav Elections a Success: Greece,"
Agence France-Presse, September 26, 2000.
"210 Observers from 53 States Commend FRY Elections," Tanjug
(Belgrade), September 27, 2000.
"Foreign Observers Say Elections Democratic and Regular," Tanjug
(Belgrade), September 25, 2000.
"Yugoslav Elections - a Lesson in Outside Interference," Socialist
Labour Party statement.
Broadcast, Mayak Radio (Moscow), October 2, 2000.
"'A Fair and Free Election,' International Observers Say," statement
by international observers.

41) Misha Savic, "Milosevic Will Take Part in Runoff," Associated
Press, October 5, 2000.

42) Richard Boudreaux, "A Mayor's Conspiracy Helped Topple Milosevic,"
Los Angeles Times, October 10, 2000.
"Cacak Mayor Says He Led Assault on Yugoslav Parliament," Agence
France-Presse, October 8, 2000.
Jonathan Steele, Tim Judah, John Sweeney, Gillian Sandford, Rory
Carroll, Peter Beaumont, "An Outrage Too Far," The Observer (London),
October 8, 2000.
Gillian Sandford, "Army Units Claim Credit for Uprising," The Guardian
(London), October 9, 2000.

43) "Information for the Public," statement by the Socialist Party of
Serbia, October 7, 2000.
"Group of Demonstrators Demolished the House of the District Head,"
BETA (Belgrade), October 6, 2000.

44) "Protesters Storm Yugoslav Parliament," Associated Press, October
5, 2000.
"Good Evening, Liberated Serbia," The Times (London), October 6, 2000.
"Milosevic's Party HQ Ransacked by Protesters," Agence France-Presse,
October 5, 2000.

45) Jelena Radulovic, "Yugoslavia's Kostunica Sets Economic Goals for
New Government," Bloomberg, October 7, 2000.
"Brains Behind Kostunica Have a Plan," Sydney Morning Herald, October
2, 2000.
Stefan Racin, "Yugoslavia's Opposition Outlines Economic Plans," UPI,
September 27, 2000.

46) "Yugoslav President Milosevic Addresses the Nation," Tanjug
(Belgrade), October 3, 2000.

47) Beti Bilandzic, "Serbia Eyes New Privatization Law by April,"
Reuters, January 28, 2001.


Gregory Elich ha pubblicato decine di articoli sui Balcani e l'Asia
negli USA, in Canada ed Europa, in pubblicazioni come Covert Action
Quarterly, Politika, Junge Welt, Dagbladet Arbejderen,
Science&Society, Swans, e altre. Le sue ricerche sugli interventi
della CIA in Jugoslavia sono state il soggetto di articoli dei
giornali della Germania, Norvegia e Italia, incluso Il Manifesto. È
stato coinvolto nelle attività per la pace fin dalla guerra del
Vietnam, ed è stato coordinatore del Committee for Peace in Yugoslavia.
È stato membro della delegazione USA in visita in Jugoslavia dopo la
guerra della NATO, e membro della delegazione di Margarita Papandreou,
la prima occidentale a volare con la compagnia aerea nazionale
irachena a Baghdad in sfida alle sanzioni.


(Adattamento del testo a cura del CNJ, sulla base di una traduzione
pervenutaci da A. Lattanzio)

[ The original text in english can be found at:
http://www.artel.co.yu/en/izbor/yu_kriza/2003-10-02.html
or http://www3.sympatico.ca/sr.gowans/elich1.html ]