Informazione

riceviamo e volentieri giriamo:


---------- Initial Header -----------

From : "phralipè"
Date : Fri, 30 Sep 2005 13:07:12 +0200
Subject : invito Pijats Romanò V Municipio


COOPERATIVA SOCIALE PHRALIPE' - FRATERNITA'


Sede legale Via di Porta Labicana n° 59
00185 Roma
Tel. 06/44700166 06/44701860
Fax 06/ 44701859

C.F. e P. I.V.A. 04508111004
Iscrizione al Tribunale n. 9137/93

coopsocialephralipe @ supereva.it


"Pijats Romanò"

manifestazione culturale
e esposizione artigianale
dei Rom e Sinti del V Municipio


in collaborazione con

Municipio Roma V

COMUNE DI ROMA
DIPARTIMENTO V - IV U.O.
Ufficio Speciale Immigrazione

Opera Nomadi

Sportello di avviamento al lavoro delle Comunità Rom Sinti e Camminanti


Vieni a Trovarci!


tutte le domeniche
dalle ore 8.00

davanti supermercato Sisa
Area Parcheggio Via Mirtillo (zona La Rustica quartiere Casale Caletto
)

- Mostra di artigianato in rame, antiquariato, abiti usati,
collezionismo, etc.

- musica balcanica,

- mostra storico - documentaria sul popolo dei Rom, Sinti e Camminanti

- banchetti di libri e materiale informativo sul popolo dei Rom, Sinti
e Camminanti


come ci si arriva:

Uscita "La Rustica" del Grande Raccordo Anulare
Prendere Via Vertunni, proseguire Via Delia, Via Naide e si arriva a
Via Mirtillo

Uscita Via Tor Cervara dell'A24
(autostrada Roma - L'Aquila)
Prendere Via di Tor Cervara, Via Cervara, Via Dameta si arriva a Via
Mirtillo


Cicl. in proprio Via di Porta Labicana, 59 00185 Roma

----- Original Message -----
From: Centro Studi sulla transizione al socialismo -
centro_transizione@...
Sent: Thursday, September 29, 2005 4:50 PM
Subject: Milano - sabato 15 ottobre - Convegno: Dalla Russia all'URSS,
dall'URSS alla Russia: transizione sovietica e globalizzazione

Italia-Russia Lombardia, Associazione per i rapporti culturali
italo-russi

Centro studi sui problemi della transizione socialista

 
Nel XX secolo la Russia, con la rivoluzione bolscevica e la
costituzione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, è
stata protagonista di straordinarie trasformazioni economiche, sociali,
culturali, che l’hanno portata, per un’intera fase del secondo
dopoguerra, a poter sfidare la superpotenza statunitense sul piano
globale. La sconfitta dell’“assalto al cielo” bolscevico manifestatasi
platealmente tra il 1989 e il 1991 nella fine delle “democrazie
popolari” dell’Europa centro-orientale e nella dissoluzione dell’URSS,
ha aperto le porte alla “globalizzazione”, all’unificazione del mercato
mondiale sotto l’egida del sistema capitalistico.

     Tornare a riflettere - con l’apporto di relazioni e comunicazioni
di storici, filosofi, studiosi dell’economia e della società - sulla
storia “grande e terribile” della transizione sovietica e sul suo ruolo
nella storia mondiale, non è solo, contro ogni rimozione e damnatio
memoriae, interessante operazione di studio storico, ma è un contributo
essenziale alla comprensione del presente mondo “globalizzato”, nel
quale si svolgono e prendono forma altre esperienze di transizione
originali e complesse.

     Il convegno, promosso dall’“associazione Italia Russia” di Milano
e dal “Centro studi sulla transizione socialista” (Napoli), è anche
occasione per la presentazione del libro “Problemi della transizione al
socialismo in URSS” (Napoli, 2004).


Milano - sabato 15 ottobre

Presso la sede dell’associazione Italia-Russia, via Silvio Pellico 8
(Angolo galleria Vittorio Emanuele)

 

Convegno

Dalla Russia all’URSS, dall’URSS alla Russia: transizione sovietica e
“globalizzazione”


Ore 9.30. Apertura del Convegno

 
prof. Fausto Malcovati, Presidente dell’associazione Italia-Russia
Lombardia

Introduzione del Convegno


ing. Rosario Alessandrello, Presidente della Fondazione “Centro per lo
sviluppo dei rapporti italo-russi e della Camera di commercio italo
russa

Saluto ai convegnisti

 
Ore 10.00 - Prima sessione. Relazioni di:


Prof. Domenico Losurdo, Università di Urbino

La filosofia di Marx, l'Ottobre bolscevico e la dialettica della
rivoluzione


Prof. Alessandro Mazzone,Università di Siena

Transizione storica e figure politiche di transizione


Hans Heinz Holz, Professore emerito dell’Università di Groningen

La contraddizione ideologica tra Stalin e Bucharin nella critica
gramsciana dei “Quaderni del carcere”


Coordina: Andrea Catone (Centro studi sui problemi della transizione
socialista)

 Ore 12.30-13.30 – dibattito e interventi sulla prima sessione


ore 15.30 – Seconda sessione. Relazioni di:


Cristina Carpinelli, ricercatrice

Bilancio delle politiche di genere nella Russia sovietica e
postsovietica

 
Andrea Catone, direttore del Centro studi sui problemi della
transizione socialista

Dalla Russia all’URSS, dall’URSS alla Russia: alle radici della “doppia
transizione” russa nel XX secolo

 
Sergio Manes, direttore editoriale de “La città del sole”

Passato e presente: transizione sovietica ed esperienze di transizione
al socialismo nell’epoca della “globalizzazione”

 
Coordina: Daniela Barocchi, segretaria dell’associazione Italia-Russia
- Lombardia


Ore 17.30. Dibattito e interventi

 
*************************

Il convegno è anche occasione per la presentazione del libro - a cura
di Andrea Catone ed Emanuela Susca - Problemi della transizione al
socialismo in Urss – La città del sole, Napoli 2004

(Per informazioni e prenotazioni: 02 8056122)

VIVA FIDEL ! VIVA FIDEL !


Da: "Gennaro Scala"
A: Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.
Oggetto: I musicisti osannano Fidel: La Russa ferma il concerto

I musicisti osannano Fidel: La Russa ferma il concerto

da Milano Luca Telese

Il Giornale, 25 settembre 2005

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=31045&START=0


La scena è di quelle che non si dimenticano: il gigante nero con la
tromba,
che poco dopo risulterà rispondere al nome di Ramon Martinez è lì, sul
palco
della festa tricolore, proprio sotto la fiamma del simbolone di An.
Alza il
suo strumento al cielo, avvicina la bocca al microfono e grida: «Vi-va
Fidel! Vi-va Fidel!». Possibile? Castro osannato alla festa di An? Che
si
tratti di uno scherzo, o forse della scena di un film girato in piena
città?
No, tutto vero.

In una serata con due colpi di scena, il primo è quello del gigante
nero; il
secondo quello di Ignazio La Russa, che un minuto dopo il trombettista,
afferra anche lui il microfono e, a sorpresa, dice.... No. cosa fa La
Russa
ve lo diremo solo alla fine dell'articolo.

Infatti, per raccontare le cose con ordine bisogna partire dall'inizio
della
serata e dall'equivoco che la segna. Gli uomini di An hanno invitato a
parlare nella loro festa alcuni dissidenti cubani per un dibattito sulle
libertà negate a Cuba.

L'ospite principale è l'intellettuale Carlos Caballero, occhialini da
miope,
baffi e fisico minuto. A seguire - per restare in tema - è prevista una
serata di musica cubana. Per l'occasione gli organizzatori sono
riusciti a
ottenere la presenza dei Sabor Tropical di Santiago de Cuba -
trent'anni di
storia e note - una delle migliori orchestre dell'isola caraibica. Solo
che
i musicisti non sanno nulla della festa in cui stanno per suonare, né
del
dibattito che precede la loro performance. Quando Caballero inizia a
raccontare che Cuba vive sotto una dittatura, dietro il palco iniziano
le
prime concitate discussioni. Forse alcuni musicisti temono la presenza
di
qualche diplomatico dell'ambasciata, sicuramente molti di loro sono
sinceramente fidelisti e lo vogliono dire. Discutono animatamente con il
loro manager, decidono che suoneranno solo se potranno dissociarsi
pubblicamente dalle parole dei dissidenti: «Noi siamo una orchestra con
trenta anni di storia, facciamo musica - dice Martinez a nome degli
altri al
microfono - ma siamo anche patrioti, crediamo nelle conquiste della
nostra
rivoluzione. Suoneremo lo stesso, ma viva Fidel!». Tutti gli altri
musicisti
alzano i loro strumenti e gli fanno il coro: «Vi-va Fidel! Vi-va
Fidel». La
platea è gelata, e non sa cosa fare: difendere i dissidenti? Tacitare i
musicisti? Come conciliare l'ospitalità e l'identità del partito? Mentre
tutti si stanno facendo questa domanda, una figura piomba sotto il
palco con
tempismo impareggiabile. È lui, La Russa. Prende il microfono e dice con
tutto il fiato che ha in corpo: «Questa è casa nostra, e noi siamo
persone
corrette non possiamo nemmeno accettare che si esalti un dittatore!
Allora
vi ringraziamo, vi pagheremo lo stesso, ma non vogliamo sentirvi
suonare,
qui, stasera!». Boato della platea, facce scure dei musicisti che
scendono
dal palco. Accorre un cordone di agenti, il responsabile delle forze
dell'ordine teme incidenti (che non ci saranno). Civilmente divisi i due
schieramenti si ritirano: i giovani di An a chiacchierare con gli
antifidelisti, i musicisti e le loro famiglie con il manager, Lucio
Laganà:
<<Siamo dei musicisti, non dei mercenari - ripete Martinez - io sono
iscritto al partito comunista cubano da trent'anni, non potevo tacere».
Passata la rabbia e chiarito l'equivoco, in tempi di grandi
contestazioni la
soluzione della festa tricolore potrebbe diventare un piccolo modello:
An
non accetta il comizio dei suonatori, ma vuole pagare egualmente; gli
oppositori anti-castristi riescono ad ottenere il massimo della
visibilità;
i suonatori castristi hanno difeso le proprie ragioni e anche loro non
hanno
accettato il compenso. Potrebbero rifarsi con il marketing involontario:
vuoi vedere che ora li invitano a tutte le feste di Rifondazione del
Pdci?
Sarebbe bello, se accadesse davvero, che si ricordassero di ringraziare
La
Russa.

COMUNICATO STAMPA

Mercoledì 5, giovedì 6 e venerdì 7 ottobre 2005, presso la Sala
Proiezioni del Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione,
della Guerra, dei Diritti e della Libertà, in corso Valdocco 4/A
(Torino), si terrà una retrospettiva dedicata al regista croato Lordan
Zafranovic.

L'iniziativa, organizzata dall'Archivio Nazionale Cinematografico della
Resistenza insieme al Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia,
prevede la proiezione di tre film (Occupazione in 26 immagini, La
caduta dell'Italia, Il tramonto del secolo/Testamento) inediti in
Italia, centrati sui temi dell'occupazione italiana nei paesi dell'ex
Jugoslavia durante la seconda guerra mondiale.

Occupazione in 26 immagini (1978, Arena d’oro a Pola, in concorso a
Cannes) fu il film più visto in Jugoslavia e in Cecoslovacchia nella
stagione 1978/79. Il racconto delle atrocità commesse dai
collaborazionisti ustasa durante l’occupazione italiana e tedesca della
città di Dubrovnik nel 1941 è famoso per una memorabile scena su un
autobus in cui si scatena la ferocia degli assassini.

La caduta dell'Italia (1981, Arena d’oro a Pola, premio Jelen sempre a
Pola, e Grand Prix a Valencia, presentato a Venezia) analizza la
brutalità fascista attraverso le imprese compiute dalle truppe
d’occupazione italiane e tedesche e dai collaborazionisti ustasa e
cetnici in un’isola della Dalmazia.

Il tramonto del secolo/Testamento (1994) appartiene invece al genere
documentario, e può essere considerato la sintesi della sua opera
nell'ambito del filone storico-politico dedicato alla Seconda Guerra
Mondiale.

Il regista, presente in sala, introdurrà personalmente i film. Tutte
le proiezioni avranno inizio alle ore 17.00.

Per informazioni:
011/4380111
011/4357853
redazione@...

Torino, 22 settembre 2005

---

LORDAN ZAFRANOVIC - Maslinica, isola di Solta (Croazia), 1944

Cineasta controverso e scomodo, il suo tema o la sua ossessione è
l’analisi del male e del delitto, individuale e collettivo, a cui si
contrappone spesso il potere dell’eros.
Laureato in Lettere e Belle Arti a Spalato, pittore, completa gli studi
di regia all'Accademia di Cinema di Praga (FAMU), dove in seguito
insegna. Inizia con film amatoriali e sperimentali nel 1961 (ne
realizza una sessantina), e nel 1965 entra nel mondo della produzione
professionale di cortometraggi, con una serie di lavori (Pomeriggio,
Ave Maria) in cui già sono presenti i temi del male e della violenza
nell’animo umano.
Al lungometraggio si era già avvicinato come studente (La domenica,
1969), ma il suo primo lungometraggio importante è Muke po Mati (La
passione secondo Matteo) del 1975, premiato a Pola con il premio della
critica.
La sua opera si può dividere secondo due filoni: quello
esistenziale-metafisico-erotico – che include il già citato Muke po
Mati, Ujed andjela (1984), Haloa-praznik kurvi (1988), basato sul tema
del triangolo erotico, e Lacrimosa (1995), caratterizzato dal tema
della vendetta - e quello storico-politico, dedicato alla Seconda
Guerra Mondiale e compiuto ne La Trilogia : Okupacija u 26 slika
(L’occupazione in 26 immagini), Pad Italije (La caduta dell’Italia),
Vecernja zvona (Le campane a sera).
Okupacija u 26 slika (1978, Arena d’oro a Pola, in concorso a Cannes)
fu il film più visto in Jugoslavia e in Cecoslovacchia nella stagione
1978/79. Il racconto delle atrocità commesse dai collaborazionisti
ustasa durante l’occupazione italiana e tedesca della città di
Dubrovnik nel 1941 fu reso famoso da una memorabile scena su un autobus
in cui si scatena la ferocia degli assassini. Pad Italije (1981, Arena
d’oro a Pola, premio Jelen sempre a Pola, Grand Prix a Valenzia,
presentato a Venezia) continua ad analizzare la brutalità fascista
attraverso le imprese delle truppe d’occupazione italiane e tedesche e
dei collaborazionisti ustasa e cetnici in un’isola della Dalmazia.
La Trilogia di guerra termina con il film Vecernja zvona (1986, premio
per la regia, premio Jelen a Pola), che affronta le contraddizioni e le
tragedie di un’epoca significativa nella storia della Jugoslavia, e del
movimento comunista, quella del contrasto Tito-Stalin. Ma anche nei due
film precedenti vengono posti i temi della disuguaglianza tra gli
uomini, della ricchezza e della povertà, della consapevolezza e della
libertà, temi aperti a cui il regista non dà risposte predefinite.
Una caratteristica dei film di Zafranovic è il continuo indugiare sulla
bellezza dei paesaggi, quasi a indicare una contraddizione tra la
bellezza del mondo e la ferocia della specie umana.
La sua opera include anche la realizzazione di molti documentari, tra i
quali spiccano Antika (1972), Rad zida grad (1975) e Krv i pepeo
Jasenovca (1983), premiati al Festival del Documentario di Belgrado.
Una sintesi un po’ particolare della sua opera è il film Zalazak
stoljeca/Testament - Il tramonto del secolo/Testamento (1994): un
documentario della durata di più di tre ore, in cui si intrecciano
spezzoni di provenienza nazista e ustasa.
Si è anche dedicato a regie televisive per le televisioni di Zagabria e
Belgrado.
Dopo i cambiamenti politici degli anni '90 e la disgregazione della
Jugoslavia, si allontana dalla Croazia; a Praga, dove vive attualmente,
si dedica a nuovi progetti, spesso comunque legati alle tematiche del
territorio della ex- Jugoslavia.
Un' interessante realizzazione è il recente documentario, commissionato
dal governo della Repubblica Popolare Cinese, sulla città di Shangai
(Simfonija nebeskog grada/The Symphony of the Heavenly City) e
realizzato dalla Radio-televisione serba.

L'appassionato discorso all'ONU del Presidente della Bielorussia Alexander
Lukashenko. Di seguito il discorso completo, preceduto da alcuni brani tradotti
in italiano.

Quindici anni sono passati dalla fine del mio paese, l'Unione Sovietica.
Quell'evento ha drammaticamente cambiato l'ordine mondiale. L'Unione Sovietica,
nonostante gli errori e gli abbagli dei suoi leader, era una sorgente di
speranza e supporto per molti stati e popoli. L'Unione Sovietica forniva
il bilanciamento del sistema globale. Oggi il mondo è unipolare con tutte
le conseguenze che ciò comporta.
La prospera Jugoslavia è stata devastata ed è scomparsa dalla mappa dell'Europa.
L'infinitamente sofferente Afghanistan è divenuto un focolaio di conflitti
e traffico di droga. La macelleria irachena sta continuando anche oggi. Il
paese si è trasformato in una enorme fonte di instabilità per la regione.
Iran e Corea del Nord, Colombia, Cuba e gli altri stati sono continuamente
sotto tiro.
Se non ci sono conflitti, vengono inventati. Se non ci sono pretesti per
interventi, ne vengono creati di immaginari. Per questo fine una bandiera
molto conveniente è stata scelta, quella della democrazia e dei diritti umani.
E non nel loro senso originale dei diritti dei popoli e della dignità personale,
ma solamente ed esclusivamente nell'interpretazione della leadership degli
Stati Uniti.
Spiacevolmente, le Nazioni Unite, benché appartengano a noi tutti, vengono
usate come uno strumento di questa politica. Sto dicendo questo con particolare
amarezza e dolore come Presidente di una nazione co-fondatrice dell'ONU,
che ha sacrificato le vite di un terzo del proprio popolo durante la seconda
guerra mondiale per amore della nostra libertà e della libertà dell'Europa
e del mondo intero.
I leader di stati sovrani quali Jugoslavia e Iraq sono stati messi dietro
le sbarre in seguito ad accuse infondate, assurde e inverosimili. Questa
è una maniera comoda e opportuna per nascondere la verità sull'annientamento
dei loro paesi. Il processo Milosevic è divenuto una farsa da molto tempo.
Saddam Hussein è stato abbandonato alla mercè dei vincitori, come al tempo
dei barbari. Essi dovrebbero essere rilasciati per poter difendere liberamente
i loro diritti, l'onore e la dignità umana.

Dobbiamo essere consci che la diversità delle vie per giungere al progresso
è un valore duraturo della nostra civiltà, l'unico che può assicurare stabilità
in questo mondo.


Mr. President,
Ladies and Gentlemen,

To have an honest look at today?s world is the reason why state leaders have
convened here at the United Nations. Together we must gain the understanding
of the main thing: do we lead our countries and the mankind along the right
path? We should answer this question for ourselves and our nations. Without
that we have no chance to get out of the deadlock that we are in.
Fifteen years have passed since the break-up of my country, the USSR. That
event dramatically changed the world order. The Soviet Union, despite all
mistakes and blunders of its leaders, was the source of hope and support
for many states and peoples. The Soviet Union provided for the balance of
the global system.
Today the world is unipolar with all the consequences stemming from this.
The once prosperous Yugoslavia was devastated and disappeared from the map
of Europe.
The long-suffering Afghanistan became a hotbed of conflicts and drugs trafficking.
A bloody slaughter in Iraq is continuing to the present day. The country
has turned into a source of instability for the vast region.
Iran and North Korea, Columbia, Cuba and other states are looked at through
gun sights.
Belarus is a nation just like the majority represented in this hall. Having
emerged from the debris of the Cold War, Belarus has managed to become a
state of advanced science and technology inhabited by ten million of highly
educated and tolerant people. The UN ranked us as a developed country with
a high level of human development.
Like you, what we need from the world is peace and stability. Nothing more.
The rest we shall create ourselves through our own efforts. My country is
free from conflicts. Different nations and nationalities peacefully coexist
in Belarus each practicing religions of their own and having their own way
of life.
We do not cause any trouble for our neighbours, do not have any territorial
claims, do not try to influence their choice of the way of development.
We gave up our nuclear arms and voluntarily relinquished the rights of a
nuclear successor to the USSR.
Today we shall sign the Convention for the Suppression of Acts of Nuclear
Terrorism. We also declare that we have decided to sign the Additional Protocol
to the Agreement between the Republic of Belarus and the International Atomic
Energy Agency for the Application of Safeguards in Connection with the Treaty
on the Non-Proliferation of Nuclear Weapons.
We have established a lasting and successful union with Russia as our very
close neighbour.
We build our country using our own wits and on the basis of our own traditions.
But it is obvious that this very choice of my people is not to everyone?s
pleasure. It doesn?t please those who strive to rule the unipolar world.
Wonder how?
If there are no conflicts - they are invented.
If there are no pretexts for intervention - imaginary ones are created.
To this end a very convenient banner was chosen - democracy and human rights.
And not in their original sense of the rule of people and personal dignity,
but solely and exclusively in the interpretation of the US leadership.
Has the world really become so black-and-white, deprived of its diversity
of civilizations, multicoloured traditions and ways of life meeting aspirations
of people?
Of course not! The simple thing is that it is a convenient pretext and an
instrument to control other countries.
Regrettably, the United Nations, though it belongs to us all, allows itself
to be used as a tool of such policy. I am saying this with particular bitterness
and pain as President of the country that co-founded the UN, after sacrificing
the lives of one third of its people during the Second World War for the
sake of our own freedom and the freedom of Europe and the entire world.
The Human Rights Commission keeps mechanically stamping resolutions on Belarus,
Cuba and other countries. Attempts are being made to impose such resolutions
also on the UN General Assembly.
But how can the United Nations be minding imaginary "problems" while unable
to see true disasters and catastrophes? Those which nobody other than the
UN as community of civilized nations can cope with?
Quite recently, in the room next to ours we were shown maps and graphs allegedly
depicting weapons of mass destruction in Iraq. Were those weapons found?
They do not exist. In the meantime, Iraq is bleeding, devastated, people
brought to utmost despair. Terrorists are threatening to use weapons of mass
destruction against cities in Europe and America.
Has there been an open and independent trial under UN supervision of the
Guantanamo prisoners? How many of them are there and who are they?
Who will defend the rights of the Abu Graib victims and punish all of their
torturers without exception?
Afghanistan was destroyed with rockets and bombs under the pretext of finding
Bin Laden. Was the world?s "number one terrorist" captured? Where is he now?
He is at large, but Afghanistan and Iraq territories began to generate hundreds
and thousands of international terrorists.
Foreign troops occupied the independent Afghanistan but the drugs production
grew ten-fold. Did those troops enter the country for this purpose?
Today, Belarus, Tajikistan, Russia and other former Soviet states are literally
flooded with a wave of "traditional" drugs from Afghanistan meeting a wave
of previously unknown synthetic drugs from Europe.
The leaders of the sovereign states of Yugoslavia and Iraq were put behind
bars on groundless, absurd and far-fetched accusations. This was a very opportune
way to conceal the truth about annihilation of their countries.
The trial of Milosevic was made into a caricature since long ago. Saddam
Hussein was abandoned to the winner?s mercy, like in barbarian times. There
is nobody to defend their rights except the UN, their states no longer around,
destroyed.
They should be released to be able to defend freely their rights, honour
and human dignity.
AIDS and other diseases are ravaging Africa and Asia.
Poverty and deprivation have become a real and not a virtual weapon of mass
destruction, moreover - racially selective one.
Who will be able to stop this?
Who will insist that the United States of America put an end to its attempts
against Cuba and Venezuela? These countries will independently determine
their lives.
Trafficking in persons has become a flourishing business. Sexual slavery
of women and children are seen as a common thing, almost a norm of life.
Who will protect them and bring to justice consumers of "live commodity"?
How can this disgrace to our civilization be done away with?
This, in short, is the distressing account of the transition to the unipolar
world.
Was it for that purpose that we established the United Nations?
Is it not high time for the UN to put an end to internal corruption scandals
and get down in deed to address anguish and misery of the world? The answer
to this question, in our view, is very clear.
We cannot bury our head in the sand like an ostrich.
In the end, the UN is us.
Therefore, it is up to us to take the destiny of the world in our own hands.
We must realize that the unipolar world is a world with a single track, a
one-dimensional world.
We must become aware that THE DIVERSITY OF WAYS TO PROGRESS IS AN ENDURING
VALUE OF OUR CIVILIZATION, the only one that can ensure stability in this
world.
The freedom of choice of the way of development is the main precondition
for a democratic world order. This is exactly what this Organization was
established for.
I do hope that the mighty of the world will understand this too. Otherwise,
the unipolar world will ultimately strike them back. Great American Presidents
Woodrow Wilson and Franklin Roosevelt, who stood at the roots of the League
of Nations and the United Nations, were conscious of that.
Should we agree between us on this principal point, then we would succeed
in implementing the principles of multipolarity, diversity and freedom of
choice both in reality and the UN documents that we must abide by. We would
protect the world from terrorism and the vulnerable, women and children,
from slavery. We would protect all those unprotected.
It is then that the UN would become the organization of the genuinely united
nations. This, and not the numerical increase of the Security Council membership,
is precisely the core of the UN reform.
I thank you.

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Voce jugoslava - Jugoslavenski glas


Svakog utorka, od 14,00 do 14,30 sati, na Radio Città Aperta, i valu FM 88.9
za regiju Lazio, emisija:
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Ogni martedì dalle ore 14,00 alle 14,30:
VOCE JUGOSLAVA
su Radio Città Aperta, FM 88.9 per il Lazio. Si può seguire, come del resto
anche le altre trasmissioni della Radio, via Internet: http://www.radiocittaperta.it/
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----- Original Message -----
From: Redazione Ancr
To: "Undisclosed-Recipient:;"@...
Sent: Thursday, September 22, 2005 5:04 PM
Subject: Comunicato stampa: Retrospettiva Lordan Zafranovic


Trasmettiamo il comunicato stampa che annuncia la retrospettiva dedicata
al regista croato Lordan Zafranovic, che inaugura la programmazione autunnale
di proiezioni dell'Archivio. Alleghiamo anche una breve biofilmografia del
regista.

Grazie per l'attenzione

Redazione
Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza
Via del Carmine 13
10122 Torino
t 011 43 80 111
f 011 43 57 853
E redazione@...
w http://www.ancr.to.it/

---------------------------
COMUNICATO STAMPA

Mercoledì 5, giovedì 6 e venerdì 7 ottobre 2005, presso la Sala Proiezioni
del Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei
Diritti e della Libertà, in corso Valdocco 4/A, si terrà una retrospettiva
dedicata al regista croato Lordan Zafranovic.

L'iniziativa, organizzata dall'Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza
insieme al Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, prevede la proiezione
di tre film(Occupazione in 26 immagini, La caduta dell'Italia, Il tramonto
del secolo/Testamento) inediti in Italia, centrati sui temi dell'occupazione
italiana nei paesi dell'ex Jugoslavia durante la seconda guerra mondiale.

Occupazione in 26 immagini (1978, Arena d?oro a Pola, in concorso a Cannes)
fu il film più visto in Jugoslavia e in Cecoslovacchia nella stagione 1978/79.
Il racconto delle atrocità commesse dai collaborazionisti ustasa durante
l?occupazione italiana e tedesca della città di Dubrovnik nel 1941 è famoso
per una memorabile scena su un autobus in cui si scatena la ferocia degli
assassini.
La caduta dell'Italia (1981, Arena d?oro a Pola, premio Jelen sempre a Pola,
e Grand Prix a Valenzia, presentato a Venezia) analizza la brutalità fascista
attraverso le imprese compiute dalle truppe d?occupazione italiane e tedesche
e dai collaborazionisti ustasa e cetnici in un?isola della Dalmazia.
Il tramonto del secolo/Testamento (1994) appartiene invece al genere documentario,
e può essere considerato la sintesi della sua opera nell'ambito del filone
storico-politico dedicato alla Seconda Guerra Mondiale.

Il regista, presente in sala, introdurrà personalmente i film. Tutte le
proiezioni avranno inizio alle ore 17.00.

Torino, 22 settembre 2005

__________________________________________________________________
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http://www.slobodan-milosevic.org/news/politika072105.htm

Serbian commentary questions NATO's motives for signing troop transit
accord

BBC Monitoring Europe (Political) - July 27, 2005, Wednesday

Text of commentary by Dragoslav Rancic entitled "Strategic gain or
loss" published by the Serbian newspaper Politika on 21 July


Jaap de Hoop Scheffer's visit to Belgrade has resulted in the signing
of the "Agreement on Ground Lines of Communication for NATO Forces
Through the Territory of Serbia-Montenegro". That clumsily titled
agreement constitutes our government's consent to henceforth allow
NATO to use roads and rail lines on our soil for the transport of its
troops to destinations of its choosing, in keeping with its own
intentions, plans and objectives.

It was not our guest, but rather Minister of Foreign Affairs Vuk
Draskovic, the signer of the document, who provided journalists with
an interpretation of the importance of the Agreement to NATO. He said
that "the Agreement will allow NATO forces, including Kfor [Kosovo
Force], to react anywhere in the region where human rights, people and
peace are threatened, as needed. And in the event of any attempts to
repeat the events of 17 March [2004] in Kosovo-Metohija, this
agreement will greatly facilitate a rapid and energetic reaction by
NATO forces."

Since it is believed that NATO forces aiming to preserve peace and
human rights "anywhere in the region" will henceforth travel on our
roads and rail lines mostly with regard to Kosovo-Metohija, that
implies the assumption - even the conviction - that the agreement
brings us an important strategic gain. As far as we can tell, however,
there is no mention of Kosovo anywhere in the agreement.

In order to determine what exactly the agreement means for NATO and
what it means for us, it is necessary to explain the nature of the
document itself. Is the agreement on the transport of foreign troops
(with no time limits) through a sovereign country that is not a member
of the same alliance as those troops a technical issue or a political
one? There is no easy answer to that question, since the text of the
document was not made public for unknown reasons, even though that
should have been done.

If it is a technical issue, that means that the chief diplomat was in
fact authorized to take the action that he did. However, we are not
aware of any institution of government having decided to reduce our
relations with NATO, which are of prime political importance, to the
technical level and having informed the public of that decision. Nor
are we aware of any public debate in the highest legislative and
executive bodies of government about this agreement, which goes
straight to the heart of the state union's sovereignty.

It is clear that the agreement is a political issue, not a technical
one, and that there can be no third option. In our people's minds,
however this is a very sensitive political issue. To recall, in 1999
in Rambouillet, the United States sought what NATO has now gotten,
albeit partially, and so when its ultimatum was rejected it led to the
aggression against the FRY [Federal Republic of Yugoslavia], after
which foreign troops occupied Kosovo-Metohija.

If we were previously asked to allow NATO to cross Serbia in order to
"impose order" on Kosovo-Metohija and thus be spared bombardment, it
is unclear what danger today makes it necessary to ask us for the same
thing that we were asked for in Rambouillet (although, to be fair,
without public threats). NATO has been "imposing order" on
Kosovo-Metohija for six years now, amid praise from the major Western
powers, but now it is suddenly fearful of renewed tension, and so
preparations are again under way to apply stronger force in
Kosovo-Metohija, and through the territory of SCG [Serbia-Montenegro]
instead of from Macedonia and Albania.

Before travelling to Belgrade, de Hoop Scheffer met in Brussels with
Jessen-Petersen. As usual, the head of Kfor said that "Kfor is doing
an extraordinary job" in maintaining security and that this is "the
basis for further progress in the political process". According to
him, there is no need to reinforce the NATO troops. But Scheffer said
that "the situation in Kosovo is fragile" and that "tension is on the
rise".

These assessments are contradictory, whereby Scheffer's is more in
keeping with our anxieties. It follows from that that the agreement on
NATO troop transit through our territory is beneficial to us because
it makes it possible to curb any new Albanian unrest and to better
protect Serbs in Kosovo, in keeping with Vuk Draskovic's
interpretation.

However, the magnanimity of NATO's motives is dubious for at least
three reasons. First, the existing NATO forces are in Kosovo-Metohija
in order to prevent unrest, not to allow it to flare up and only later
extinguish it with reinforcements. Second, there are certain reasons
why NATO wants, as it did before Rambouillet, when it was not present
in Kosovo-Metohija, to be able to move about freely in
Serbia-Montenegro, although at this point another reason is being
cited for that. Third, since stronger alliance forces are mentioned as
a possible means of assisting the "political process" - which could
result in independence for Kosovo-Metohija - from NATO's perspective
the instigators of tension are not necessarily limited to Albanians in
Kosovo-Metohija, but could also be Serbs intent on preventing the
secession of their southern province.

Serbs remain criminals and potential enemies in NATO's eyes. The US
Congress says that they are guilty of genocide, and in Brussels they
have been accused of intolerance and human rights violations, in
Vojvodina for example. Recently British members of parliament asked
NATO to send troops to Serbia, whether the Serbs like it or not. Now
there is no need to do that by force.

The signing of the Agreement is a political mistake on our part. The
proposal should have been considered after we become partners, within
the framework of a Council for Cooperation with NATO, which Scheffer
is proposing as a way of institutionalizing relations, so that the
alliance would also have certain obligations towards us and so that we
could stipulate that, say, any transit of foreign troops across our
soil must first be approved by the SCG Assembly.

As things stand, foreign armies have a continuous "green light" for
transit across our soil, even though they are neither our partners nor
our allies. They have no obligation to be friendly either. Instead of
emphasizing that unfortunately there is still no mutual trust between
SCG and NATO and that time is needed to gradually establish it, it
appears that we have gullibly slipped into a camouflaged protectorate
that is even being denied membership in an unimportant organization
like the Partnership for Peace, like a baby deprived of its rattle.
This protectorate will perhaps have the heaviest European
concentration of foreign troops, ready for any sort of intervention,
but unlike the other protectorates in our vicinity, it will not also
enjoy the protection of the UN Security Council.
 

SOURCE: Politika, Belgrade, in Serbian 21 Jul 05
© Copyright 2005 British Broadcasting Corporation
Posted for Fair Use only.  

Da: Vladimir Krsljanin
Data: Mer 21 set 2005 18:16:09 Europe/Rome
Oggetto: Milosevic and Seselj (in Serbian): Istinom do pobede!


The important testimony of Dr Vojislav Seselj just ended at The Hague.
Here we present the first part of the report about this testimony (in
Serbian), published in "Zemunske novine" and writen by the one of its
editors, Dr Uros Suvakovic, who is also Vice-Chairman of the Assembly
of Sloboda/Freedom Association.

****************************************************************
URL of the original:
http://www.sozemun.org.yu/novine/274/view.php?lm=novine&cont=hag

****************************************************************

Prof. dr Vojislav Seselj svedocio u Hagu kao svedok Slobodana
Milosevica (1)

ISTINOM DO POBEDE

Vojislav Seselj: "Nijedna druga politicka partija u celom srpskom
narodu, osim Srpske radikalne stranke, nikada se nije zalagala za
Veliku Srbiju...
Socijalisticka partija gospodina Milosevica, ne samo da se nikada nije
zalagala za Veliku Srbiju, nego je uvek iskljucivo bila za Jugoslaviju"
* "Nikome u Srbiji nije odgovaralo sto vecina Albanaca bojkotuje
politicke procese, sto ne ucestvuju na izborima" * "Po
kosovsko-metohijskim gradovima januara 1999. godine vladao je apsolutni
mir" * Na Kosmetu "policija je striktno postupala po nalozima Vlade
Srbije i po propisima o svome radu" * "Vojska je uglavnom dejstvovala
na granicnoj liniji i ona se sukobljavala sa bandama koje su pokusavale
da ubacuju oruzje iz Albanije na Kosovo i Metohiju"

- "Dobro jutro gospodine Seselj".
- "Dobro jutro gospodine Milosevicu".

Ovim recima otpocelo je svedocenje prof. dr Vojislava Seselja koji je,
kao svedok odbrane, u haskom procesu koji se vodi protiv Slobodana
Milosevica, zapoceo svoj iskaz 19. avgusta. Iako se predvi|a da njegovo
svedocenje traje bar jos dve nedelje, od cega prvu nedelju kao glavno
ispitivanje Slobodana Milosevica, a drugu kao unakrsno ispitivanje
tuzioca Dzefri Najsa (Velika Britanija), vec se sada, nakon prva cetiri
dana njegovog svedocenja, slobodno moze utvrditi da je rec o jednom od
najznacajnijih svedoka Slobodana Milosevica.

Iskaz koji je pred "haskim vecem", kojim predsedava Patrik Robinson
(Jamajka), a u kome su jos O-Gon Kvon (Juzna Koreja) i lord Ian Bonomi
(Velika Britanija), dao svedok dr Vojislav Seselj, u potpunosti je
srusio dve kljucne tacke oslonca sve tri "optuznice" ( "kosovske",
"bosanske" i "hrvatske") protiv Slobodana Milosevica. Prvu, da se
Slobodan Milosevic navodno zalagao za stvaranje Velike Srbije i, drugu,
da je u tu svrhu stvorio "zlocinacko udruzenje" radi izvrsenja tog
"zajednickog zlocinackog poduhvata".

Na pitanje Slobodana Milosevica da kaze "za sta se zalaze Srpska
radikalna stranka", prof. dr Vojislav Seselj je odgovorio:

"Srpska radikalna stranka je demokratska, nacionalna politicka
organizacija patriotskog karaktera, koja ima svoj nacionalni,
politicki, ekonomski, socijalni i kulturni program. U politickoj sferi,
Srpska radikalna stranka zalaze se za Veliku Srbiju, i to je jedina
srpska politicka partija koja se zalaze za Veliku Srbiju, a koncept
Velike Srbije podrazumeva jedinstvenu srpsku drzavu u koju ce biti
ukljucene sve srpske zemlje i glavnina srpskog naroda bez obzira na
veroispovest, sto znaci za bratstvo-jedinstvo Srba - pravoslavaca, Srba
- katolika, Srba - protestanata, Srba - muslimana i Srba - ateista".

Patrik Robinson: "Da li Vi kazete da nijedna druga stranka nije
podrzavala ideju Velike Srbije?"

Vojislav Seselj: "Nijedna druga politicka partija u celom srpskom
narodu, osim Srpske radikalne stranke, nikada se nije zalagala za
Veliku Srbiju. Mozda u jednom kratkom periodu Srpski pokret obnove Vuka
Draskovica, ali Draskovic je napustio takvu orijentaciju cim je 1991.
godine dosao pod kontrolu americkog ambasadora u Beogradu Cimermana.
Dotadasnju nacionalnu orijentaciju on je promenio za 180 stepeni. Sto
se tice ostalih partija, na primer Socijalisticka partija gospodina
Milosevica, ne samo da se nikada nije zalagala za Veliku Srbiju, nego
je uvek iskljucivo bila za Jugoslaviju. Srpska demokratska stranka
Republike Srpske i Srpska demokratska stranka Republike Srpske Krajine
tako|e su bile iskljucivo za Jugoslaviju, a kasnije za savez srpskih
zemalja, kada je bilo ocigledno da Jugoslavija ne moze opstati".

Na trazenje Slobodana Milosevica da kaze kakva je nacionalna struktura
SRS, pre svega njenog rukovodstva, dr Vojislav Seselj je ukazao da se u
stranackom sastavu radikala i njihovog rukovodstva nalaze pripadnici
svih nacija i veroispovesti, navodeci pri tom kao primere da je
radikal Jovan Damjanovic bio prvi Rom koji je ikada postao ministar u
Srbiji, da je poslanik radikala Mehmed Spaho musliman, da je Bugarin
potpredsednik Narodne skupstine Republike Srbije iz reda SRS. "Od
pripadnika nacionalnih manjina trazimo samo jednu stvar: da budu
lojalni svojoj drzavi, da ne rade na njenom cepanju, na njenom rusenju,
na njenom unistenju", objasnio je prof. dr Vojislav Seselj.

U vezi sa desavanjima na Kosovu i Metohiji tokom 1998. i 1999. godine,
Slobodan Milosevic je svom svedoku, koji je u to doba bio potpredsednik
Vlade Republike Srbije, postavio pitanje: "Stekao se privid da se vrsi
neko nasilje nad civilima, to se moze videti i u tim dokumentima
Kontakt-grupe i, drugi element, da mi necemo dijalog. Da li je ijedna
od tih i takvih pretpostavki tacna?"

Dr Vojislav Seselj: " Prvo, nasilja nad civilima nije bilo. Civili su
na Kosovu i Metohiji, moze se slobodno reci, ziveli u optimalnim
uslovima, cak nisu bili u situaciji ni da postuju striktne zakonske
norme koje je nezamislivo nepostovati u nekim drugim drzavama i u uzoj
Srbiji. Civili nisu placali najcesce struju, nisu placali vodu,
komunalije, nisu placali poreze, a vlast je tolerisala to neplacanje
zeleci da ih odobrovolji. Zeleci da politicke predstavnike ipak navede
na dijalog. Vlast je intervenisala samo onda kada je dolazilo do
nasilja. Samo onda i dok je trajalo nasilje. Sto se tice mogucnosti da
se pokrene dijalog, njih apsolutno nije bilo. Zasto? Zato sto je neko
sa Zapada obecao albanskim predstavnicima: "Vi striktno ispunjavajte
ove naloge. Doci ce vasih pet minuta, mi cemo vam zadovoljiti sve vase
interese, onako kako smo to zajednicki planirali"".

Slobodan Milosevic: "Vas ulazak u Vladu bio je prvenstveno motivisan
kosovsko-metohijskim problemom?"

Dr Vojislav Seselj: "Da, ne biste nas ni mrtve naterali da u|emo u
Vladu sa ideoloskim protivnicima kakvi su iz Socijalisticke partije, da
nije bila u pitanju odbrana Kosova i Metohije i suprotstavljanje
predstojecoj agresiji zapadnih sila i NATO pakta".

Slobodan Milosevic: "Da li su pokusaji nasih vlasti da se pregovara sa
predstavnicima politickih partija kosovsko-metohijskih Alabanaca bili
posledica i odgovor na zahteve Ujedinjenih Nacija ili su se desili
mnogo ranije?"

Dr Vojislav Seselj: "Svi politicki faktori su u Srbiji zeleli
stabilizaciju unutrasnjih prilika, resavanje tih urgentnih problema.
Nikome u Srbiji nije odgovaralo sto vecina Albanaca bojkotuje politicke
procese, sto ne ucestvuju na izborima. Svi su osecali to kao jedan
politicki problem koji moze u
buducnosti da eskalira. Mi smo neprestano insistirali da albanske
politicke partije iza|u na izbore. Zahvaljujuci svojoj brojnosti mogle
su da imaju veliki broj poslanika u republickoj, u saveznoj skupstini,
mogle su kao takve vrlo cesto da ulaze u Vladu - i saveznu i republicku
- a sa druge strane, bili smo spremni da odredimo i kvotu ministara
koji ce biti obavezno
albanske nacionalnosti, kako bi na sto bolji i principijelniji nacin
resili ceo problem. Nikome u Srbiji nije odgovaralo da Albanci masovno
ne ucestvuju u politickim procesima, jer smo znali da su onda tako
podlozni manipulisanju spolja, a znali smo kakvi su planovi Amerike".

Podsecajuci da je prof. dr Vojislav Seselj, skupa sa svojim kolegama -
potpredsednicima Vlade Republike Srbije prof. dr Ratkom Markovicem i
prof. dr Milovanom Bojicem, pocetkom 1999. godine boravio u visednevnoj
poseti Kosovu i Metohiji, Slobodan Milosevic je svedoka upitao o
postupanju policije na Kosmetu, na sta je dr Seselj odgovorio:
"Policija je striktno postupala po nalozima Vlade Srbije i po propisima
o svome radu. Striktno. I nisam zapazio nijedan slucaj prekoracenja
nadleznosti policijskih organa niti krsenja propisa kojima se oni
rukovode. To znaci da je ona imala zadatak da stiti civile bez obzira
na nacionalnost, da cuva javni red i mir i da unistava teroriste bez
obzira gde se pojavljuju".

Slobodan Milosevic: "A kako je postupala Vojska koju ste obilazili na
Kosovu i Metohiji?"

Dr Vojislav Seselj: "Vojska je uglavnom dejstvovala na granicnoj liniji
i ona se sukobljavala sa bandama koje su pokusavale da ubacuju oruzje
iz Albanije na Kosovo i Metohiju. Ja sam obisao nekoliko karaula,
vojnih nekoliko jedinica i upravo sam se tamo zatekao nakon razbijanja
nekoliko albanskih grupa koje su na konjima prenosile oruzje".

Slobodan Milosevic: "Kakvo je bilo stanje u gradovima na Kosovu i
Metohiji koje ste obisli?"

Dr Vojislav Seselj: "U gradovima je bilo poptuno mirno, normalno se
zivot odvijao. Ja sam slobodno setao ulicama raznih gradova,
ukljucujuci i Pec i mnoge druge gradove. U gradovima je situacija bila
potpuno mirna, skoro bez ikakvih incidenata".

Osvrcuci se na genezu krize na Kosovu i Metohiji, Slobodan Milosevic se
pozvao na tvrdnje slovenackog profesora ustavnog prava dr Ivana
Kristana, inace eksperta haskog tuzilastva, koji je u casopisu
"Socijalizam" objavio tekst u vezi sa ovim problemom, u kome ukazuje na
ekstremne separatisticko-sovinisticke zahteve albanskih ekstremista. U
tom tekstu, koji je u vecim delovima citiran u toku Seseljevog
svedocenja i koji je uvrsten u dakazni materijal, prof. dr Ivan Kristan
pise o iseljavanju pod pritiskom Srba i Crnogoraca sa Kosmeta i iznosi
podatak da se broj Srba na Kosmetu u apsolutnom iznosu smanjio prema
popisu 1981. u odnosu na popis 1971. godine za 8.1, da se broj
Crnogoraca smanjio za 4.8, dok se broj Albanaca u istom periodu povecao
za 34. Imajuci taj kontekst u vidu, usledilio je deo procesa koji se
odnosio na tvrdnje o etnickom ciscenju.

Slobodan Milosevic: "Da li je bilo ko, tada, u Srbiji i (SFR)
Jugoslaviji postojao ko nije osudio jedan tako retrogradan pristup
resavanju drustvenog problema kao sto je etnicko ciscenje?"

Dr Vojislav Seselj: "Ne. Ja sam vec rekao. I hrvatski politicari i
slovenacki i muslimanski iz Bosne i makedonski i svi ostali jednodusno
su osudili politiku etnickog ciscenja koje je provo|eno na Kosovu i
Metohiji protiv Srba i ostalih nacionalnosti koje su bile na udaru
albanskih separatista."

Slobodan Milosevic: "Kako to da je deset godina kasnije upravo Srbima
koji su se suocili sa tim zlom, koji su se borili protiv tog zla, i u
cijem je javnom mnjenju etnicko ciscenje smatrano jednim prljavim i
zlocinackim ponasanjem, kako to da je doslo do toga da se Srbima
stavlja primedba i da se Srbi optuzuju za navodno etnicko ciscenje?"

Dr Vojislav Seselj: "Zato sto je naknadno doslo do mesanja zapadnih
sila i Vatikana u unutrasnje jugoslovenske odnose u cilju razbijanja
Jugoslavije, a tada su proradili zapadni servisi za vo|enje specijalnog
propagandno-psiholoskog rata i tada su birane najpodlije floskule kojim
bi se ocrnili Srbi u celini kao narod i srpski politicari, jer se na
Zapadu smatralo da je Srbima najiskrenije stalo do Jugoslavije i da su
Srbi jedini spremni da se energicno bore za opstanak Jugoslavije, da je
sve druge moguce instruisati u sprovo|enju zapadne politike razbijanja
Jugoslavije. Sve ono sto je bilo negativno u proslosti, u raznim
delovima Jugoslavije, naknadno se pripisuje Srbima, kao njihova namera,
kao njihov cilj, njihova volja, zelja, kao njihov plan, itd."

Patrik Robinson: "Znaci, Vi kazete da je postojao namerni pokusaj
Zapada da demonizira i ocrni Srbe?"

Dr Vojislav Seselj: "Da. Plan je postojao prvo u Vatikanu i Nemackoj, a
onda su se prikljucile i sve ostale zapadne sile. Negde do 1991.
Amerika se kolebala da li da ide na razbijanje Jugoslavije ili ne.
Izgledalo je u jednom trenutku da Amerika ima za cilj ocuvanje
Jugoslavije, naravno uz slamanje komunistickog sistema u njoj. Me|utim,
posto su Nemacka i Vatikan imale primarnu ulogu u svim politickim
procesima na Balkanu u to vreme i posto su one imale spremne servise za
sprovo|enje svojih namera, Amerika je jednostavno naknadno pocela da
sledi takvu politiku i cak uspela da ubrzo prednjaci u vo|enju takve
politike."

Slobodan Milosevic: "Kada se vidi cela ta decenija od 1990. do 2000.,
da li je uopste na podrucju Republike Srbije i u jednom casu, i dok su
bili ratovi u Hrvatskoj i Bosni, dok je trajala cela ta kriza, da li je
ikada igde doslo do pojave ideje, a pogotovu da li je doslo do
realizacije bilo kakve ideje o etnickom ciscenju?"

Dr Vojislav Seselj: "Ne."

Uros Suvakovic

Antrfilei:

Velika Srbija - razlog postojanja Srpske radikalne stranke

Odgovarajuci potvrdno na pitanje Patrika Robinsona da li on tvrdi da
nijedna druga partija osim SRS nije podrzavala ideju Velike Srbije, dr
Vojislav Seselj je utvrdio i sledece: "Veoma je bitno da ovde naglasim
da je iskljucivo Srpska radikalna stranka bila za Veliku Srbiju, da je
jedino Velika Srbija i koncept Velike Srbije predstavljao smisao
postojanja Srpske radikalne stranke. Kada bi slucajno, negde u
buducnosti, ne daj Boze, Srpska radikalna stranka napustila koncept
Velike Srbije, ne bi vise bilo apsolutno nikakvog razloga za njeno
postojanje".

"Zemunske novine" uvrstene u dokazni materijal

Ispitujuci svog haskog svedoka dr Vojislava Seselja, Slobodan Milosevic
ga je upitao i za pojedine detalje koje je citirao iz reportaze koju je
ekipa "Zemunskih novina" napravila prateci posetu trojice
potpredsednika Vlade Srbije Kosovu i Metohiji januara 1999. godine. Ta
reportaza objavljena je u zajednickom specijalnom izdanju listova
"Zemunske novine" i "Velika Srbija".
Odgovarajuci na ovo pitanje, dr Seselj je rekao: "Ja bih Vam skrenuo
paznju na fotografije. Ovde su fotografije iz mnogih
kosovsko-metohijskih gradova gde se vidimo nas trojica potpredsednika
Vlade - dr Ratko Markovic, dr Milovan Bojic i ja, kako sasvim slobodno
setamo, cak oko nas nigde necete videti ni policiju. I to Vam je
svedocanstvo kako je bila mirna situacija po kosovsko-metohijskim
gradovima 15. januara 1999. godine. Ekipa "Zemunskih novina" je pratila
nas trojicu potpredsednika Vlade za sve vreme boravka, na svim
sastancima koje smo tamo drzali, svim nastupima, u svim nasim
razgovorima itd. i ova reportaza je na taj nacin nastala".

Srbija se zalagala za dijalog sa predstavnicima Albanaca sa Kosmeta

Odgovorajuci na pitanje Slobodana Milosevica o poziciji vlasti u Srbiji
u odnosu na politicke predstavnike Alabanaca sa Kosmeta, dr Seselj je
ukazao:
"S jedne strane imamo Srbiju koja zeli dijalog, neprekidno poziva na
dijalog i spremna je da vodi dijalog po svim pitanjima, osim po pitanju
teritorijalnog integriteta drzave, a s druge strane imamo zapadne sile
koje neprekidno prete, koje neprekidno insistiraju, a zapravo instruisu
albanske politicke predstavnike da odbijaju dijalog".


*************************************************************

URGENT FUNDRAISING APPEAL

VASA DONACIJA JE HITNO POTREBNA!

******************************

NEW ACCOUNT IN AUSTRIA AVAILABLE
(with all necessary details for bank transfers)
AFTER OUR ACCOUNT IN GERMANY WAS FROZEN

*******************************

President Milosevic has the truth and law on his side. In order to use
that advantage to achieve his freedom, we must fight this totally
discredited tribunal and its patrons through professionally conducted
actions which would involve the Bar Associations, the European Court,
the UN organs in charge and the media.

Our practice has shown that ad hoc voluntary work is not enough to deal
properly with these tasks. The funds secured in Serbia are still enough
only to cover the expenses of the stay and work of President
Milosevic's legal associates at The Hague (one at the time). The funds
secured by the German section of the ICDSM (still the only one with
regular contributions) are enough only to cover minimal additional work
at The Hague connected with contacts and preparations of foreign
witnesses. Everything else is lacking.

These days, the fundraising activity of the German section was a target
of a groundless attack of the customs police in Germany. This makes the
need for your extraordinary effort dramaticaly urgent! Even the basic
defence activities at The Hague are at stake!

As a most practical way to send your donations, we are able to offer
now the account of a friendly organization in Austria (see below).
Please send your donations to that account now, to fill the gap made
after the German account was frozen. Have in mind that all bank
transfers within the EU are now at the same price like within any of
its countries.

***********************************************************

3000-5000 EUR per month is our imminent need.

Our history and our people oblige us to go on with this necessary
action.
But without these funds it will not be possible.

Please organize urgently the fundraising activity
and send the donations to the following account:

Jugoslawisch-Österreichische
Solidaritäts-Bewegung. (JÖSB)
Bank Austria
IBAN AT49 1200 0503 8030 5200
BIC BKAUATWW

************************************************************

All of your donations will be used for legal and other necessary
accompanying activities, on instruction or with the consent of
President Milosevic. To obtain additional information on the use of
your donations or to obtain additional advice on the most efficient way
to submit your donations or to make bank transfers, please do not
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Freedom for Slobodan Milosevic!
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On behalf of Sloboda and ICDSM,

Vladimir Krsljanin,
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IL FILO NERO TERRORISTA
DA GROUND ZERO A BASRA
(e il silenzio dei giornali di sinistra italiani)


MONDOCANE fuorilinea 22/09/05

di
Fulvio Grimaldi


Basra, Iraq.Dal “Manifesto” del 22/9/5: Titolo “Esplode il Sud sciita,
Blair blocca il ritiro”. Dopo gli incidenti avvenuti a Basra lunedì
scorso, scontri durante i quali l’esercito di Sua Maestà ha distrutto
la prigione centrale nel tentativo di liberare due agenti speciali
catturati dai poliziotti iracheni e consegnati da questi alle milizie
scite, sono stati annullati tutti i piani di ritiro delle truppe
britanniche… Il governatore della città, Mohammed Musbah al Wali, ha
chiesto al governo di Londra la consegna dei due agenti speciali
britannici, accusati di aver ucciso un poliziotto, liberati lunedì sera
con un blitz nel locale carcere nel corso del quale vi sarebbero stati
cinque morti…” Da “Liberazione” del 22/9/5: Titolo: “La crisi di
Bassora nuovo guaio per Blair”. …Il governo di Londra insiste di aver
preso la decisione di agire di forza perché i suoi soldati erano stati
consegnati alla milizia di Moqtada al Sadr…Diversi altri esponenti
hanno insistito sul fatto che i due soldati, che giravano armati e
vestiti da arabi, si potevano liberare in maniera meno eclatante… Sono
accusati di aver aperto il fuoco e ucciso un uomo dell’esercito
iracheno dopo essere stati fermati a un posto di blocco perché in
borghese…”

I “nostri giornali”

Così la stampa della “sinistra radicale” ha riferito ai cittadini
italiani che non si fossero accontentati dei servizi delle varie
televisioni e dei vari giornali di destra, di centro e di
“centrosinistra”- o ne avessero tratto qualche sacrosanta diffidenza -
per i quali, con immagini di soldati e carri inglesi incendiati dalla
folla di Basra, l’episodio andava per intero addebitato alla consueta
“ferocia sanguinaria dei terroristi islamici”, stavolta infiltratisi
nella polizia fantoccio irachena.

“Il manifesto” e “Liberazione” sposano senza dubbi e chiose questa
interpretazione, evitandoci soltanto la sconveniente compassione per i
mercenari britannici occupanti, comprovati torturatori, con la
temeraria precisazione, nel solo “Liberazione”, della circostanza che i
due gaglioffi circolavano in borghese e con la surreale considerazione
che fosse per questo che sarebbero stati fermati al posto di blocco
della polizia fantoccio. Entrambi i giornali avallano la fuga dalla
comune di Blair per cui gli agenti speciali britannici dovevano per
forza essere liberati, dacchè erano stati consegnati alle – ovviamente
“ferocemente sanguinarie” – milizie scite. Non li sfiora l’aporia per
cui i britannici assaltano un carcere della polizia fantoccio e poi
s’inventano una consegna a miliziani sciti che tutto potrebbero
controllare piuttosto che la prigione ufficiale. “Liberazione”, poi,
non rinuncia alla sua ormai consolidata geremiade su questo Iraq
“immerso nel sangue, nella violenza e nel caos”, del quale, peraltro,
da tempo si limita a parlare nelle cinque righette di quegli orribili
trafiletti che sistema in cime alle pagine. Anche se a Tal Afar 300.000
persone sono costrette alla fuga e le restanti sono seppellite sotto le
macerie della propria casa o giustiziate brevi manu da soldataglie USA
dopo aver sfondato la porta. Come a Falluja (a proposito, Giuliana
Sgrena, quand’è che ci racconti cosa ti hanno detto quelle donne di
Falluja che intervistasti per quattro ore prima di essere rapita? Dai,
un bel paginone, siamo in attesa!). Entrambi i giornali, infine, fanno
a gara ad accreditare la fantastica invenzione di un Al Zarkawi
alqaidiano, ubiquo, onnipotente, imprendibile capo di tutta la
Resistenza, da collocare via via a Falluja, Qa’im, Aditha, Ramadi, Tal
Afar, Samara, insomma ovunque occupanti e fantocci si apprestano a
radere al suolo città e massacrare popolazioni.

Terroristi a Basra, come a New York, Madrid, Londra, Bali…

La verità di quanto è successo a Basra - ed è enorme nella sua portata
solo per chi avesse bevuto come un’acqua minerale alla varechina le
assurdità logiche, fattuali e storiche dei racconti ufficiali, cioè
della banda di gangster al potere a Washington e Londra, sugli
attentati dell’11 settembre e seguenti – ci viene da un esercito di
controinformatori sparsi in tutto il mondo, ma soprattutto negli Stati
Uniti, oltrechè dalle dichiarazioni ufficiali nientemeno che dei
quisling collocati a governare il vicereame angloamericano d’Iraq.
Verità che, pur sotterrandola in silenzi, oscuramenti e mistificazioni,
nessuno dei mandanti degli agenti speciali britannici ha potuto
smentire.

Domenica 18 settembre due militari delle Special Air Forcesbritanniche
(SAS), quelle che si sono fatte conoscere in giro per il mondo,
dall’India allo Yemen, dalla Malaysia all’Irlanda, insomma in tutte le
colonie imperiali in lotta per la liberazione, per stragi, desparecidos
e provocazioni alla bomba da attribuire a una Resistenza da
satanizzare, viaggiano con la loro auto verso un obiettivo imprecisato
a Basra. Si muovono sicuramente, dati i dettagli che elencherò, verso
una qualche concentrazione di folla, tipo mercato o moschea. Sono
vestiti da arabi e, perlopiù, nella foggia che fa riconoscere alla
popolazione i militanti dell’esercito del Mehdi, la milizia del leader
scita dissidente, Muqtada al Sadr. Un posto di blocco della polizia
fantoccio, per quanto collaborazionista, o forse proprio per questo,
intima l’alt di prammatica, non si sa mai, potrebbero essere partigiani
anti-britannici e anti-fantoccio. Presi di sopresa, i due travestiti
sparano sui poliziotti fantoccio, ne uccidono uno e ne feriscono un
altro. Ma non riescono a fuggire e vengono bloccati, arrestati e
portati in prigione. Allo stupore per la rivelazione della loro
identità britannica, con la quale avrebbero tentato di opporsi
all’arresto, tra i poliziotti, forse davvero non immuni dalle
infiltrazioni di una Resistenza forimidabile per intelligence e
appoggio popolare, o, comunque, dotati di un minimo di dignità, si
aggiunge lo sbigottimento per quanto viene trovato nella vettura: due
fucili M4, due lanciamissili, due razzi anticarro, due mitragliatrici,
cesoie da filo spinato, diversi chili di esplosivo ad alto potenziale,
un detonatore, parrucche. Coloro che l’hanno esaminata hanno poi
constatato che la vettura era stata approntata per saltare in aria a
mo’ di autobomba con finto suicida tramite comando a distanza, pure
presente nell’arsenale.Aggiungo “finto”, poiché secondo le informazioni
di moltissimi osservatori non embedded e le testimonianze di centinaia
di civili iracheni, quasi mai gli “attentati suicidi” sono effettuati
da kamikaze. Perlopiù si tratta di veicoli fatti esplodere a distanza,
in particolare quando si tratta di stragi di civili, in moschee o
mercati, tutte rivendicate per la sua “guerra totale dei sunniti contro
gli sciti” (tanto cara, guardacaso, agli occupanti e programmata per la
spartizione dell’Iraq), da quello strumento delle operazioni sporche
israelo-americane che viene etichettato Abu Mussab Al Zarkaui e solo
dall’ormai isolatissimo Stefano Chiarini del “Manifesto” definito
“fantomatico”. Inutile che analisti, giornalisti, addirittura a volte
servizi occidentali, testimoni, famigliari di Zarkaui ripetano che
l’ex-galeotto giordano perse una gamba in Afghanistan e fu ucciso, con
tanto di cerimonia funebre a casa sua, da un bombardamento USA in
Curdistan nel 2003. La minaccia di un terrorista onnipresente e capace
di tutto, anche di far fuori una scuola di bambini, come a Beslan,
sostituto dell’altrettanto defunto (anche secondo il presidente
pachistano) Osama bin Laden, è troppo funzionale alla criminalizzazione
di una grande e politicamente cosciente resistenza di popolo e al
regime di paura universale che lubrifica il cammino dei nazisionisti di
Washington verso lo stato di polizia universale e il furto del pianeta
all’umanità.

Torniamo ai due sgherri inglesi di Basra, diretti a far saltare per
aria, nell’onorata tradizione del loro corpo, travestiti da terroristi
islamici e kamikaze, un bel numero di donne, bambini, civili, da
caricare sulle spalle dello spettro Al Zarkaui e da utilizzare come
pretesto per la non-riduzione e il non-ritiro delle forze d’occupazione
e rapina, visti gli imperanti “sangue, violenza e caos” dell’astuta
litografia governista bertinottiana. Incidentalmente, cosa immaginate
che succederebbe se due arabi, islamici, magari iracheni, venissero
scoperti in giro per New York o Londra, mentre sparacchiano alla
polizia in difesa della loro autobomba bell’e pronta a fare un bagno di
sangue a Manhattan o nella London Underground? L’atomica su Damasco?
Tsahal, l’esercito israeliano, che arriva a Mosul completando il sogno
sionista “dal Nilo all’Eufrate”? La RAF che bombarda Tehran? Pisanu che
concentra un milione di islamici a Ventotene? Magdi Allam che chiede al
suo dio copto di far piovere acido solforico su tutte le moschee
d’Italia? Quei due di Basra, quante altre operazioni del genere avevano
già compiute con successo? E se queste operazioni le fanno, come le
fanno da decenni, loro, gli inglesi, potete immaginarvi quali e quante
ne fanno gli sponsor statunitensi, pratici di terrorismo da quando
seminavano colera e raffiche tra i nativi d’America, o da quando si
autoincendiavano o si facevano bombardare, o fingevano di essere
bombardati (l’incrociatore “Maine”, o la flotta di Pearl Harbour e del
Tonchino) per fare guerra alla Spagna, al Giappone, al Vietnam e a
unaltro centinaio di paesi.

L’assalto al carcere collaborazionista con i carri armati, sinceramente
a rischio di sputtanamento universale e perciò disperato – seppure
giustificato poi con la facezia dei prigionieri consegnati alle milizie
scite – sfondando muri e lasciando scappare metà dei detenuti, per
quanto anche “terroristi”, e facendo imbestialire una città che fin lì
si era limitata a farsi ridurre da civile e illuminata sotto Saddam in
buco nero dell’oscurantismo islamico, era con ogni evidenza la misura
inevitabile per prevenire che i due criminali con la croce di
Sant’Andrea potessero finire con il raccontare le loro imprese e
rivelare i mandanti della Spectra più orrenda mai apparsa sulla faccia
della terra, nel nome di Cristo. Meglio scatenare la sollevazione di
una città, magari di una regione, rafforzare quella di un intero paese
(sediovuole), che rischiare di far apparire il filo nero che collega
probabilmente tutte le stragi terroristiche degli ultimi cinque anni e
che, se srotolato, ci mostrerebbe facce che più frequenti e onorate
dalle telecamere e dalla carta stampata non si può. Una volta rivelato
il metodo – compiere attentati stragisti e attribuirli a un nemico
inventato – il gioco è finito. Per noi contemporanei avrebbe dovuto
essere perso già tempo fa. La memoria corre a quell’aereo Cia della
Southern Air Transport del famigerato Oliver North (Iran-Contras) che
nel 1986 precipitò in Nicaragua mentre trasportava armi, esplosivi e
fondi per i banditi della Contras, specialisti di massacri nei villaggi
da attribuire ai sandinisti. Oppure a quell’altro aereo della Pan Am
che nel 1988 caddè su Lockerbee, con quasi 300 vittime e di cui si è
scoperto che un agente Cia aveva collocato tra i rottami un dispositivo
dinamitardo di origine libica… Ci fosse qualche giornale a riannodare i
fili della memoria!

Il fattaccio di Basra non è nuovo. Ignorato come questo sono numerosi
altri, documentati da testimoni iracheni, conducenti di veicoli
privati, tassisti che a qualche posto di blocco statunitense a Baghdad
si sono visti sequestrare la vettura per motivi ignoti. Poi gli fu
detto di recarsi al tale ufficio per farsela restituire e,
riottenutala, cammin facendo e guardando per caso nel bagagliaio o
sotto il fondale, vi hanno scoperto una cifra di esplosivo con tanto di
innesco da far detonare a distanza, magari quando l’ignaro autista
(ecco il “kamikaze!”) si fosse trovato in mezzo a tanta gente, magari
scita (ai sunniti, specie se sono esponenti del pensiero, della
scienza, della cultura e della religione, ci pensano gli squadroni
della morte allestiti dell’ex-ambasciatore John Negroponte (già
terrorista e serial killer in Salvador negli anni ’80) e, a quanto
riferiscono gli iracheni, guidati dagli esperti israeliani.

Guerra globale al terrorismo, o fiaba per lobotomizzati?

Abbiamo alle spalle in questo paese una serie di stragi, tutte di
Stato, tutte con dentro fino al collo i servizi segreti con sulle
spalle gli avvoltoi Cia e Mossad. Tutte servite a normalizzare,
reprimere, stroncare, avviare verso l’autoritarismo e la liquidazione
del dissenso nell’era dell’arricchimento dei ricchi e
dell’impoverimento di tutti gli altri. A Cuba, nel giugno scorso, si è
tenuto uno sconvolgente convegno di quattro giorni – e non bastavano –
sul terrorismo. Vittime, congiunti, testimoni, investigatori.
Terrorismo per mezzo secolo e più tutto yankee, dall’America Latina del
Piano Condor, delle dittature, dei desaparecidos, di Posada Carriles,
della Scuola delle Americhe, fino al terrorismo cosmico dell’Iraq e del
Medio Oriente. Fino agli orribili attentati che stanno preparando per
evitare che la loro barca di teschi e tibie vada rovesciandosi e possa
essere ancora guidata a sventrare pezzi di mondo.

Questa è gente che utilizza il terrorismo anche per far fruttare le
catastrofi “naturali”: aprire, con la dinamite contro gli argini (udita
da decine di testimoni) il passo a Katrina verso i quartieri neri,
latinos, poveri di New Orleans e deviarla dai quartieri ricchi;
annegare la “plebaglia” e lasciarla morire di fame, sete, incuria negli
ospedali; con la FEMA (Federal Emergency Management Authority),
militarizzata da Oliver North e gestita da un trafficante di cavalli
amichetto di Bush, tagliare le comunicazioni sopravvissute e impedire
l’arrivo di soccorsi; sparare al genio civile (4 morti) che si
apprestava a riparare la falla; inventarsi saccheggiatori tra chi
attingeva a negozi sommersi per il pane che il governo non faceva
arrivare, per giustificare l’irachizzazione della città; disperdere ai
quattro venti sotto la punta dei fucili la popolazione socialmente e
razzialmente inadeguata, perché non possa rivendicare alcun ritorno e
consentire alla già appaltata Halliburton del vice-gangster Cheney di
ricostruire una città a misura di iperdotati economici e evangelici
fanatici della sicurezza e dell’eliminazione fisica dei diversi;
approfittare del tutto per collaudare un apparato predisposto per
imporre la legge marziale, stroncare rivolte e proteste, instaurare
definitivamente con un Patriot Act III la dittatura e impedire, non
funzionando più la manomissione dei voti che ha consacrato due volte
l’utile idiota, che questa elite possa essere privata del potere.

E c’è chi preferisce chiudere gli occhi davanti alle voragini di
menzogne che si sono aperte sull’11 settembre, sul 7 luglio di Londra,
su tutti gli attentati in cui, guarda un po’, sono sempre morti tutti
gli “attentatori”. C’è chi preferisce non vedere, non capire, non
accettare l’enormità del crimine e continuare a vivere in una fiaba,
piuttosto che affrontare i veri terroristi. Presto o tardi si
sveglierà. Lobotomizzato.   

 

[ Sul sostegno del Vaticano al nazismo croato vedi anche:
RATLINES - La guerra della Chiesa contro il comunismo
https://www.cnj.it/documentazione/ratlines.htm
THE PAVELIC PAPERS
http://www.pavelicpapers.com/ ]

http://canali.libero.it/affaritaliani/papanascondecriminale.html

Vaticano/ Carla Del Ponte accusa: "Il Papa nasconde un criminale di
guerra"

Martedí 20.09.2005 16:39


La chiesa cattolica sta nascondendo un criminale di guerra croato
fuggiasco, Ante Gotovina , e papa Benedetto XVI e il Vaticano hanno
ignorato le richieste di localizzarlo, ha detto oggi il procuratore
capo del Tribunale penale internazionale per la ex Yugoslavia Carla
del Ponte .

"Ho delle informazioni in base alle quali so che si sta nascondendo in
un monastero francescano e quindi la chiesa cattolica lo sta
proteggendo. Ho affrontato l'argomento con il Vaticano, ma il Vaticano
rifiuta totalmente di cooperare con noi", ha dichiarato al Daily
Telegraph londinese.

La Conferenza episcopale croata, che guida la chiesa cattolica nella
repubblica dell'ex Yugoslavia, ha respinto le accuse di del Ponte .
Del Ponte ha detto che è "estremamente delusa" che mesi di richieste
segrete ad alti funzionari del Vaticano, Papa compreso, si siano
rivelati infruttuosi, e ha quindi deciso di rendere pubblico
l'argomento. Ha detto che Gotovina, un ex generale ricercato per
atrocità commesse contro civili serbo croati dalle
sue truppe nel 1995, è nascosto in uno degli 80 monasteri in Croazia e
che il Vaticano potrebbe scoprire dove si trova "in pochi giorni".

La Conferenza episcopale ha detto in una nota pubblicata dall'agenzia
di stampa cattolica Ika che "la direzione della Chiesa non ha alcuna
informazione o indicazione dei movimenti del generale Gotovina". "La
comunità internazionale dovrebbe chiedere al procuratore, che è una
parte del tribunale, di spiegare le sue dichiarazioni alla Chiesa
cattolica e alla Repubblica croata.

Gotovina, fuggiasco dal 2001 , è considerato un eroe da molti croati
per l'attacco con cui è stata recuperata la valle di Krajina dai
ribelli serbi alla fine della guerra di indipendenza dalla Yugoslavia
durata dal 1991 al 1995. Il fatto che il governo di Zagabria non abbia
rintracciato Gotovina e non lo abbia riconsegnato al Tribunale per i
crimini di guerra delle Nazioni unite all'Aja sta ostacolando il
percorso per diventare stato membro dell'Unione europea .

Del Ponte ha dichiarato al quotidiano che "la Chiesa cattolica ha
servizi segreti tra i più avanzati" ed essendo lei stessa cattolica è
doppiamente delusa dal rifiuto del Vaticano di prestare aiuto alle
indagini. La Croazia è in maggioranza cattolica. I serbi sono in
maggioranza ortodossi.

Voce jugoslava - Jugoslavenski glas


Svakog utorka, od 14,00 do 14,30 sati, na Radio Città Aperta, i valu
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Program - programma 20. IX. 2005


1. Jucer, danas, sutra, datumi ... da se ne zaboravi;
2. "Od Triglava do Vardara..."

1. Ieri, oggi, domani, date ... da non dimenticare;
2. "Dal monte Triglav al fiume Vardar, dal Danubio al Mare Adriatico..."