Informazione

FOIBE E MONUMENTI

Sta facendo parlare in città l’iniziativa dell’associazione
“Promemoria” contro il previsto obelisco “pacificatore” che il Comune
di Trieste ha intenzione di erigere in piazza Goldoni quale monumento
alle “vittime di tutti i totalitarismi”. Va subito detto che tale
iniziativa non è dovuta alla fantasia della giunta Di Piazza, ma risale
ancora alla gestione di Riccardo Illy, persona che comunque sembra dare
particolare importanza al concetto di “pacificazione” e di
“riconciliazione”, dato che in una delle sue prime esternazioni dopo
l’elezione a “governatore” della Regione ha nuovamente manifestato
l’intenzione di indire una giornata pacificatrice tra Italia e
Slovenia, al momento dell’ingresso di quest’ultima nell’Unione Europea,
con cerimonie in quelli che è diventato in voga definire “luoghi
simbolo” della barbarie dei totalitarismi, cioè la Risiera di San Sabba
e la “foiba” di Basovizza.
A prescindere dalle connotazioni revisionistiche storiche di tali
iniziative, vorremmo iniziare a dire qualcosa in merito alla cosiddetta
“riqualificazione” di piazza Goldoni.
Piazza Goldoni non è che sia poi una gran bella piazza. Incastrata tra
le principali direttrici del traffico cittadino, piena di rumore e di
inquinamento, ha perso le sue iniziali connotazioni di piazza di
mercato e quindi di ritrovo; ciononostante, con quella miseria di
arredo urbano (quattro panchine e qualche aiuola con degli alberi
volonterosi che hanno resistito negli anni all’inquinamento del luogo),
è rimasta un punto di ritrovo di pensionati al mattino, di giovani nel
pomeriggio ed alla sera, punto base per decidere di andare da qualche
altra parte. Farne una spianata con obelisco, così come appare dal
progetto pubblicato sul “Piccolo”, è semplicemente demenziale.
Intanto non si riesce a capire perché i megagalattici progettisti della
“riqualificazione” urbana non riescano a considerare, nei loro
progetti, la possibile presenza di qualche zona verde (alberi, aiuole,
fiori, cespugli) e di panchine degne di questo nome (forse per non fare
concorrenza sleale ai locali che possono sistemare le proprie sedie
nelle zone riqualificate, cosicché chi si vuole sedere potrà farlo solo
a pagamento e non usare le gratuite panchine pubbliche?); ma poi ci
chiediamo il significato urbanistico di un obelisco e di una specie di
porticato stile Ventennio in una piazza ottocentesca. Non sarebbe
possibile lasciare le aiuole, magari curandole un po’ meglio, ed
impedire la sosta selvaggia dei motorini per fare di piazza Goldoni un
luogo vivibile, nei limiti del possibile stante la sua posizione in
pieno centro città? Oppure se non si parla di grandi opere non ci si
volta neppure indietro, in questi tempi di progresso?
Torniamo all’obelisco. Bontà loro, i progettisti hanno progettato un
“normale” obelisco e non hanno seguito l’esempio dei loro colleghi di
Crotone, dove è stato eretto un monumento dedicato sia ai caduti della
Repubblica sociale che della Resistenza, monumento che ha la forma
inequivocabile di un gladio romano (che vi sia qualche doppio senso non
tanto nascosto?), come vediamo in una foto pubblicata sul “Secolo
d’Italia”.
Però il senso del monumento è lo stesso: pacificare, ovverosia
parificare le vittime ai carnefici, senza stare a distinguere che
quando c’è una guerra, di solito c’è sempre qualcuno che la inizia, e
forse ha più torto di chi non avrebbe voluto farla però è stato
costretto a difendersi.
Così l’obelisco di piazza Goldoni servirà a ricordare alla popolazione
coloro che sono stati impiccati e fucilati nelle rappresaglie
nazifasciste, che sono stati massacrati in Risiera o nei rastrellamenti
in Carso ed in periferia; ma nello stesso tempo ricorderà anche quelli
che sono poi stati uccisi, per vendetta personale o condannati a morte
dopo processo in Jugoslavia. Ricorderemo così assieme ai caduti
partigiani del rastrellamento di Borst del 10/1/45 (Dusan Munih, Stanko
Gruden, Ivan Grzetic e Danilo Petaros, poi ucciso in Risiera), anche
uno di coloro che parteciparono al rastrellamento operato dalla “banda
Collotti”, Mario Fabian, infoibato a Basovizza. Ricorderemo un altro
aguzzino della “banda Collotti”, Alessio Mignacca, che fu fucilato a
Lubiana: era specializzato nella ley de fuga (sparò uccidendo Francesco
Potocnik e ferendo Roberto Caprini), ma fu responsabile di avere fatto
abortire una prigioniera picchiandola; lo ricorderemo assieme alle
persone che lui uccise.
Ricorderemo Ernesto Mari, capo degli agenti di custodia al Coroneo,
infoibato nella foiba Plutone, assieme agli agenti di custodia che egli
fece deportare in Germania e trovarono la morte nei campi, come
Salvatore Leone. Ma ricorderemo altri agenti di Collotti, Ferruccio
Soranzio e Domenico Sica, fucilati anch’essi a Lubiana: li ricorderemo
assieme alle vittime del rastrellamento di Longera del 21.3.45 (Andrej
Pertot, Pavel Petvar, Angel Masten ed Evald Antoncic) al quale essi
parteciparono attivamente; e Soranzio, partigiano traditore detto Crok,
lo ricorderemo anche assieme alle 25 vittime del rastrellamento di
Ronchi del 25.4.44, che furono deportate in Germania dopo la sua
delazione.
Potremmo andare avanti a lungo su questo argomento, ma ci fermiamo qui.
Un unico suggerimento: se si vuole ricordare assieme tutti questi
morti, lo si faccia almeno con una nota biografica a fianco di ciascun
nominativo, in modo che si sappia chi era civile, chi partigiano, ma
soprattutto anche chi era SS, chi della “banda Collotti”, chi delatore
e via di seguito.


La Redazione di "La Nuova Alabarda", Trieste
nuovaalabarda@...

http://www.wsws.org/articles/2003/oct2003/germ-o02_prn.shtml

World Socialist Web Site www.wsws.org
WSWS : News & Analysis : Europe : Germany


Germany deports 50,000 immigrants a year

By Elizabeth Zimmerman
2 October 2003


The current policy in Germany of widespread detention of those awaiting
deportation was introduced when the right of asylum, originally
guaranteed in the German constitution of 1949, was largely abolished in
1993. The imprisonment of asylum-seekers is based on paragraph 57 of
the Aliens Act, a paragraph with a long and terrible tradition. Its
forerunner was paragraph 7 of the Aliens Police Regulation, which goes
back to the days of Nazi rule, and was in force from 1938 to 1965,
enabling the forcible deportation of foreigners who refused to leave
the country voluntarily. Detention pending deportation served to
prepare and effect this measure.

Today, any foreigner residing in Germany without legal immigration
status can be arrested and placed in detention pending deportation.
This includes refugees who are refused asylum, civil war refugees whose
right to remain has not been extended, and immigrants in the broadest
sense, who either entered Germany without a valid visa or whose
residence permit has expired.

Since the beginning of the 1990s, the law has allowed the detention of
such people, in order to procure passports or travel documents before
deporting them. Those affected are in a desperate situation lacking any
recourse. The reason for their arrest is not any criminal offence they
have committed, but restrictive German laws that turn them into
“illegal immigrants.” Moreover, deportation detention can drag on for
up to 18 months. During this time, people threatened with deportation
are almost completely cut off of from the external world and can
neither seek legal advice nor—if they prefer to leave the country
“voluntarily”—even obtain their departure papers.

The Berlin Initiative Against Deportations has recently documented how
many people are affected and, citing individual examples, has shown the
desperate situation of many of those arrested.

According to the Initiative, over 50,000 migrants and asylum-seekers
are deported from Germany each year, most of them by plane. Each day,
130 to 140 are returned to the conditions from which they fled—civil
war, political persecution, dire economic hardship and regimes that
suppress ethnic minorities and women.

Deportees are frequently accompanied by the paramilitary German Border
Police or private security agents, who are prepared to use force. Those
who resist are beaten, restrained and injected with drugs. A number
have already been killed, but the culprits and the authorities
responsible have so far escaped prosecution. The dead and abused
refugees and immigrants are consciously accepted as the price of a
brutal deportation practice.

Since 1993, 99 people have taken their own lives or died trying to
avoid deportation, 45 while in detention.

In 2000, more than 7,000 were taken into detention in Berlin; at any
one time there were about 50 women and 250 men being held. In 2001,
there were over 5,000 in detention in the city. Those arrested are
between 16 and 65 years old. Pregnant woman are detained in hospital
six weeks before they are due to give birth. German objections to the
UN Rights of the Child Convention mean that minors can also be detained
and deported without an accompanying adult. Those aged 16 years and
over count as refugees and are subject to the restrictive asylum law.
They are also prohibited from seeking training and work.

The massive introduction of deportation detention is a part of the
dismantling of democratic rights and the almost complete abolition of
the right of asylum in Germany. It is part of a system of state
deterrence and intimidation.

For 10 years, detention facilities in North Rhine-Westphalia have been
used to hold those facing deportation. According to official figures,
in 2002 the biggest detention facility in Bueren held on average 599
detainees at any one time, most of them for many months. On one day in
April, seven young people under 18 years old were being held in
detention in Bueren, and four at another facility in Moers.

Deportation detainees frequently resort to desperate acts to protest
their imprisonment. On July 31, Hueseyin Dikic set himself on fire when
faced with deportation to Turkey. He died recently as a result of his
injuries.

It is no wonder that those taken into detention to ensure their
deportation from Germany, and are then exposed to subhuman prison
conditions and mistreated by the guards, try to resist. In the Berlin
detention facility, there have been several hunger strikes.

Sixty-eight prisoners took part in the last hunger strike at the end of
January, predominantly emigrants from Russian-speaking countries and
India. Their demands included the immediate release of those who could
not be deported for legal reasons but who had nevertheless spent more
than six months in detention, an end to inhumane treatment by the
guards, and an improvement in their intolerable hygienic conditions.

A March 11 report in the Frankfurter Rundschau exposed the situation
for those in deportation detention: before the fall of the Berlin Wall,
“the Gruenauer building was a women’s prison. Since 1995, the Berlin
city government has jailed accommodated those awaiting deportation
there. It is a collection centre for those who are now stranded and who
wanted a better life for themselves in Germany, but were prevented from
remaining in the country. Like Larissa from Azerbaijan, a woman of 34,
who has lived in Germany for 10 years, with some interruptions. In
Hanover and Berlin she worked illegally looking after old people at
home. Her mobile phone rang and an old woman asked whether she could
come today. But Larissa cannot, she is sitting in detention.”

Another detainee, who features in the report, is a student from
Moldavia who has attempted suicide in the past. He is now free, but is
required to leave the country. He expects to be deported to Moldavia at
any time. He has no legal possibility of entering Germany again. If he
nevertheless tried to, the German government would ask him to pay 60
euros per day for holding him in deportation detention. That is as much
as he could earn as a bookkeeper in a month in Moldavia, if he could
get at a job there.

Desperate living conditions in their home countries push people again
and again to risk mortal danger to emigrate. The reaction of the German
authorities and politicians, whether in Berlin or elsewhere, is to
sharpen the policy of deterrence.

The governing SPD (German Social Democratic Party) and the Greens, as
well as the PDS (Party of Democratic Socialism, governing in a state
coalition with the SPD in Berlin), have no other answer to the social
and political problems bound up with immigration than to intensify
repression. They attempt to save money for the state coffers by
increasing the use of private security agencies to carry out the dirty
work in the detention facilities.

Germany’s conservative parties also adopted repressive immigration
measures, but the situation facing asylum-seekers and immigrants has
worsened considerably since the SPD and Greens entered government in
1998 and were re-elected in 2002. Although the number of asylum-seekers
has declined to an historic low due to the restrictive laws and
deterrence measures employed by the federal and state governments,
deportations have increased—even of those with families who have lived
in Germany for a long time.

Those migrants who have work, whose children were born here and go to
school, or are undertaking an apprenticeship and are fully integrated
into society, can also face deportation. A sinister statement issued in
December 2001 makes clear that this is the declared policy of the
Social Democratic-Green Party government: “The government will also in
future undertake all steps required to safely and securely return
foreigners subject to deportation—if necessary, also against their
will.”


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1. Tribunal lazi
("Sovjetska Rusija", 2. oktobra 2003. godine)

2. Hag: Sudije - advokati NATO-a protiv naroda
(Konferencija za stampu Medjunarodnog komiteta,
Hag, 30. septembar 2003.)


=== 1 ===


Da: "Vladimir Krsljanin"

"Sovjetska Rusija",
2. oktobra 2003. godine

Tribunal lazi

Sta se sada desava na procesu Slobodanu Milosevicu? Evo sta se desava.
Nepravedno sudjenje traje vec skoro dve godine. Za to vreme su tuzioci
Medjunarodnog tribunala za bivsu Jugoslaviju (MTBJ) na sudski sto
istresli brda sumnjivih dokumenata i izveli stotine laznih svedoka.
Cinovnici "tribunala" su potrosili stotine miliona dolara iz budzeta
OUN, obezbedivsi poprilicne prihode sebi i Holandiji gde MTBJ konaci.
Gigantski napori, ali je rezultat - nula. Optuzba dozivljava potpuni
krah.

Sud je doneo odluku da optuzba mora zavrsiti za tri-cetiri meseca. Onda
pocinje etapa odbrane. Tada ce Milosevic moci da deluje znatno
aktivnije, iznoseci svoja dokumenta i pozivajuci svedoke odbrane. Jer,
dosad je mogao samo da ucestvuje u ispitivanju svedoka optuzbe.
Medjutim, o nepristrasnosti sudjenja nema vajde govoriti. Sudskim
procesom iza kulisa upravlja engleska obavestajna sluzba. Prosudite
sami: glavni sudija je Englez Ricard Mej; mnogi svedoci su priznali da
ih je zavrbovala engleska obavestajna sluzba. Naslednici Dzemsa Bonda
rediguju "iskaze svedoka". Eto, takav je to "medjunarodni tribunal" -
privezak uz englesku obavestajnu sluzbu...

Posle neuspeha da Milosevica slome u direktnom okrsaju, lutkari koji
stoje iza "tribunala" pokusavaju da ga moralno slome. Njemu kao i
ranije ne dozvoljavaju kvalifikovanu lekarsku pomoc. Dobro je poznato
da bivsi predsednik SRJ boluje od ishemijske bolesti srca. Potrebno mu
je specijalisticko lecenje na kardioloskom odeljenju krupne bolnice.
Ali nikako ne u zatvoru.

Pocetkom godine, na preporuku izvesnih holandskih "velicina" koje svog
pacijenta nisu ni videle, Milosevicu su poceli da daju lek koji mu
izaziva naglo zamaranje i nesanicu. Milosevic je telefonirao svom
dugogodisnjem lekaru u Beograd. On mu je rekao da smesta prestane s
uzimanjem tog "leka".

Sta stoji iza tih sitnih i krupnih pakosti? Evo sta. Milosevic je s
njegovim disciplinovanim umom, izvanrednim (do najsitnijih pojedinosti)
poznavanjem dogadjaja tog vremena (cime se tuzioci ne mogu pohvaliti) -
grozan protivnik. On rusi lazi tuzilaca i brzo obnavlja svoju
popularnost u Srbiji. Zapadu bi, jasno, bilo bolje kad bi bivsi lider
SRJ dao Bogu dusu. Nema coveka - nema problema. Medjutim, optuzbe bi i
dalje ostale da vise na njemu. Eto otkud cudovisne manipulacije s
njegovim zdravljem. Coveka u predinfarktnom stanju (pritisak 240 sa
130) vuku u sudsku dvoranu. Kud cete dalje.

Postepeno se otkrivaju skandalozne pojedinosti toga kako su SAD,
Engleska i Nemacka raspirivale rat u Jugoslaviji, obezbedjivale
finansiranje separatista, isporuke oruzja i, sto je najvaznije,
prebacivanje stranih placenika koje je svojevremeno CIA pripremila za
rat protiv SSSR u Avganistanu. Ti su placenici vrsili najkrvavije
zlocine u Jugoslaviji. Tako da su mnogi zapadni lideri zainteresovani
za to da se Milosevic ucutka.

Medjutim, Milosevic se odvazno bori ne samo sa lazljivim tuziocima i
fals "svedocima", nego i sa svojom bolescu. Njegov duh ostaje
nesalomiv. A to je glavno. Zato se novi udarac nanosi upravo u tom
pravcu. I to na najpodliji nacin. Dobro je poznata vezanost Milosevica
za njegovu porodicu. Redovni mesecni dolasci u zatvor njegove zene -
Mire Markovic - bili su mu mocna potpora. Znacajni su bili i susreti sa
drugovima iz Socijalisticke partije Srbije, ciji je S. Milosevic i
dan-danas
opstepriznati vodja. E, tu su i resili da udare.

Ne moze se M. Markovic zabraniti da posecuje muza u zatvoru. To bi
protivrecilo pravilima samog MTBJ. Zato su pronasli gnusan nacin. Na
brzu ruku su smislili nekakvu smesnu optuzbu i raspisali medjunarodnu
poternicu za Mirom Markovic. I gotova stvar - M. Markovic vise nema
mogucnosti da putuje u Hag. Cist jezuitizam - niko zeni ne brani da
posecuje muza u zatvoru. Ali ona to ne moze uciniti posto ce se smesta
i sama naci u zatvoru. Ista shema je ponovljena i protiv Milosevicevog
sina - Marka (lazna optuzba, medjunarodna poternica).

E, a da ne bi pustali u Hag rukovodioce Socijalisticke partije, latili
su se primitivne provokacije. Nedavno je kod Milosevica u zatvoru bila
delegacija SPS. Uobicajena stvar. Takvih je susreta bilo dosta. Ali, tu
je iznenada "tribunal" optuzio clanove delegacije da su po povratku u
Beograd navodno dali izjave koje krse pravila MTBJ. I zabranili
predstavnicima SPS posete njihovom lideru. Usput su posete Milosevicu
zabranili i predstavnicima drustvenog komiteta "Sloboda" koji
podrzavaju Milosevica, ali nemaju nikakve veze sa SPS. Eto, takvim
podlim metodama pokusavaju da izbiju jos jedan oslonac borbenom duhu S.
Milosevica.

Sada o samom procesu. Nastavlja se ispitivanje svedoka optuzbe. Svedoci
su razni. Na primer, nedavno je ispitivan holandski general Van Bal
koji je 1995. godine komandovao mirotvorcima u Bosni. Taj je general,
odgovarajuci na pitanja S. Milosevica, priznao da su antisrpske snage
imale podrsku SAD i da je u Srbe pucano iz zgrada bosanske vlade u
Sarajevu. To jest, potvrdio je Milosevicevu tvrdnju da krvoprolice nisu
isprovocirali lideri SRJ, vec bosanski ekstremisti uz podrsku Zapada i
stranih placenika. Sudija Mej je, zabrinut sto Van Bal fakticki svedoci
u Milosevicevu korist, nekoliko puta zabranjivao generalu da odgovara
na pitanja.

Medjutim, postoji i druga kategorija svedoka. Najrasirenija. Nedavno je
istupao izvesni Mustafa Ramic, bivsi gradonacelnik bosanskog grada
Brcka. Taj covek je 1994. godine naredio unistenje nekoliko srpskih
sela u Bosni zajedno s njihovim ziteljima. Jula 1995. godine je isti
taj Mustafa bio osudjen (u odsutnosti) na 15 godina zatvora zbog ratnih
zlocina.
I evo sad zlocinac istupa kao tuzilac.

Ali to jos nije nista! Nedavno je u "tribunalu" saslusavan posebno
zasticeni, tajni svedok. On je svedocio iz druge prostorije, glas mu je
bio izmenjen. Ipak ga je beogradska stampa brzo "provalila". E, pa,
najnoviji "kljucni" svedok je bio sadista koji je streljao preko sto
ljudi. Tog nitkova su 1996. godine sami Srbi uhvatili i poslali u Hag.
Dalje su pocela da se desavaju cuda. Tog patoloskog ubicu su osudili na
samo deset godina zatvora. A kroz cetiri godine oslobodili, dali mu
stalni boravak u jednoj zapadnoj zemlji i poceli... da ga pripremaju za
ulogu svedoka. Od takvog "pravosudja" se kosa dize na glavi.

Uzgred, dok u Hagu uzaludno pokusavaju da dokazu Milosevicevu krivicu,
na Kosovu pod budnim okom "mirotvoraca" i dalje ubijaju Srbe. Ali, MTBJ
cak i ne pokusava da sudi albanskim banditima koji prolivaju Srbima
krv. To je sasvim svesno prikrivanje zlocina.

Sta ce biti dalje? Dalje mora poceti faza odbrane. Naizgled je sve
pravicno. Ali, ne. Stvar je u tome sto je optuzba pocela da se priprema
jos povetkom 1999. godine kada su protiv Milosevica iznete optuzbe u
vezi dogadjaja na Kosovu. (To je bila ucena sefa drzave koji odbija da
se potcini ultimatumima Zapada). Dok je Milosevic sedeo u sudskoj
dvorani, braneci se od klevetnickih optuzbi, stotine cinovnika
"tribunala" nastavljale su da "prekopavaju zemlju" u potrazi za
dokazima.

Da bi raskrinkao falsifikovana dokumenta i lazne svedoke, Milosevic je
morao pregledati ta dokumenta i upoznati se sa pismenim izjavama
svedoka. Zato je, presedevsi citav dan u sudskoj dvorani, on umesto
odmora morao da se u celiji priprema za sledecu porciju "svedoka" i
dokumenata. To je prekomeran posao koji je Milosevicu upropastio
zdravlje.

Sada je sud doneo odluku da Milosevic dobije svega tri meseca za
pripremu odbrane. To jest, stotine cinovnika MTBJ pripremale su optuzbu
cetiri godine. A Milosevic mora sam da podnese punovredan komplet
dokumenata i svedoka odbrane maltene sutra. I to jos iz zatvorske
celije. Zamislite dva boksera. Jedan je dobro uhranjen, ispavan. Drugi
- lisen hrane i sna, pa jos i vezanih ruku. Eto to se naziva
"ravnopravnoscu strana". Tu nema cak ni privida ravnopravnosti.
Predsednik Ruskog drustvenog komiteta za odbranu Milosevica, poznati
pisac i filozof A.A. Zinovjev tu je sudsku odluku nazvao sramotnom i
skandaloznom.

Jednakost strana u sudskom procesu (ukljucujuci pravo optuzenog na
dovoljno vremena i potrebne uslove za pripremu odbrane) - jedna je od
kljucnih normi medjunarodnog prava, predvidjena, na primer, Evropskom
konvencijom o ljudskim pravima. Milosevic zahteva da se proces
privremeno prekine na dve godine, da bi prikupio potrebna dokumenta. On
zahteva da mu se omoguci da sa svedocima razgovara bez tuzilackih
usiju. Podsetimo da Milosevic moze da se sretne sa posetiocima samo u
prisustvu cinovnika MTBJ. To jest, on bi unapred tuziocima davao
potpunu sliku svoje odbrane. On takodje mora povratiti svoje zdravlje,
upropasceno iscrpljujucim procesom i odsustvom lekarske pomoci.

No, sud je odbio. Dakle, sta to dobijamo u "suvom ostatku"? Neskriveni
politicki obracun. Prosudite sami: coveka, cija krivica nije sudski
dokazana, prvo lisavaju kontakata sa stampom, zatim ga lisavaju
kvalifikovane lekarske pomoci i mogucnosti vidjanja sa clanovima
porodice i prijateljima. Zatim mu uskracuju uslove za pripremu odbrane.
U sustini, Milosevica pokusavaju da zivog zazidaju u zatvorsku celiju,
nadajuci se da ce on umreti pre nego sto krah "sudjenja" postane svima
ocigledan. Jos jednom potvrdjujem svoju ubedjenost - engleski sudija
Ricard Mej i svajcarski tuzilac Karla Del Ponte stvar vode ka polaganom
fizickom unistenju Slobodana Milosevica.

Stotine evropskih i americkih politicara, hiljade podmitljivih novinara
u nebrojenim clancima i televizijskim reportazama gradili su predstavu
o S. Milosevicu kao surovom diktatoru. I Zapad je poverovao u sopstvenu
laz. Ali, kad je doslo vreme da se gnusne optuzbe potvrde na sudu,
ispostavilo se da su one (te optuzbe) sazdane od vazduha, tacnije od
smrdljive lazi spomenutih zapadnih dzentlmena. Zato se moraju oslanjati
na "izjave svedoka" koji su sadiste i patoloske ubice.

Ipak, rusi se ogromna zgrada lazi koja je maltene citavo desetlece oko
S. Milosevica gradjena. Nedavno je Brazilska konfederacija rada -
najvece udruzenje sindikata Brazila - protestovala protiv obracuna. To
je dogadjaj od principijelne vaznosti. Pre toga je sudjenje Milosevicu
predstavljalo pre svega evropski dogadjaj. Sada solidarnost sa
Milosevicem postaje deo svetske borbe protiv globalizacije.

Vjaceslav Tetjokin


=== 2 ===


www.ICDSM.org
Medjunarodni komitet za odbranu Slobodana Milosevica

Hag, 30. septembar 2003.                        

SAOPSTENJE ZA JAVNOST

DVE GODINE SLOBODE ZA SLOBODANA MILOSEVICA

DA SE ZASTITI NJEGOV ZIVOT, ISTORIJSKA ISTINA I PRAVDA ZA NARODE BALKANA

·       SUDIJE TRIBUNALA KAO ADVOKATI NATO-a

Tribunal je doveo u pitanje zivot Predsednika Milosevica. Zasto?

Vec na pocetku haskog procesa, Predsednik Milosevic je najavio da ce
zahtevati da se osobe kao sto su Bil Kilinton, Medlin Olbrajt i Vesli
Klark pojave kao svedoci.

Logicni i legitimni kurs njegove borbe za istinu je da dokaze krivicu
onih koji su ubijali Jugoslaviju i njene narode podrzavajuci
separatiste, teroriste, paravojske i trgovce drogom i oruzjem, namecuci
genocidne sankcije, bombardovanjem, nametnutom promenom rezima i
uvodjenjem pro-NATOovske diktature povezane sa mafijom. Ako bude
prikazana njihova ocigledna krivica, onda su Slobodan Milosevic i
srpski narod nevini!

Posto je pokusaj tuzilastva da dokaze lazi i izmisljotine NATO
propagande, propao zahvaljujuci velicanstvenoj borbi Predsednika
Milosevica, u pomoc NATO-u su priskocile sudije tribunala.

Oni su odlucili da bolesni i utamniceni Predsednik Milosevic mora da
predoci njima i tuzilastvu (!) sve detalje svoje odbrane u roku od sest
nedelja!A posle toga sudije ce odluciti sta od toga sme, a sta ne sme
da bude izlozeno! Svakako ne Bil Klinton i njegov drugar Vesli Klark.
Svakako ne deca koja su umrla pod bombama.To je irelevantno!

Na ovaj nacin, posto mu je uskraceno lecenje, Predsedniku Milosevicu je
uskraceno i pravo na odbranu.

Kao dopunska garancija da ce istina biti ucutkana, protiv Predsednika
Milosevica se primenjuje tortura. Ne moze da vidja svoju porodicu. Ne
moze da vidja svoje prijatelje. Stotinama hiljada clanova
Socijalisticke partije Srbije i Udruzenja „Sloboda“ zabranjeno je da
posecuju svog predsednika. Ne moze da vidja ni svoje lekare iz
Beograda. A cak su i lekari koje je odredio tribunal morali da priznaju
da obim procesa i zatvorski uslovi ugrozavaju njegov zivot. Zatvoren u
svojoj celiji on mora da se suoci sa svim onim sto je ceo aparat
tribunala pripremao deset godina.A jedino u njegov proces je bas sve to
ukljuceno! Sa svojih 1248 zaposlenih i desetogodisnjim prilivom samo iz
budzeta UN od 694828400 dolara, tribunal je 75% te sume ili pola
milijarde dolara, potrosio u poslednjih pet godina, od vremena agresije
NATO i podizanja prve optuznice protiv Predsednika Milosevica. Uz sve
to, tribunal prima podrsku i pomoc zapadnih vlada i njihovih tajnih
sluzbi, a od nedavno i od marionetskog rezima u Beogradu. Nasuprot
tome, da pripremi svoju odbranu Predsedniku Milosevicu je ostavljeno
samo tri meseca, tacnije sest Nedelja, u zatvorskoj celiji, i samo uz
pomoc volontera, bez fondova, infrastrukture i pristupa drzavnim
arhivama. Da li je to nacin da se tretira osoba ciji je zivot ugrozen?
Da, ako je on vodja naroda koji se suprotstavio NATO-u.

Medjunarodni komitet optuzuje tribunal za kriminalno ponasanje i
kriminalno saucesnistvo sa NATO-om.

Danasnji pokusaj da se nametne advokat Predsedniku Milosevicu protiv
njegove volje i da se sudjenje odvija u odsustvu bolesnog Predsednika
je jos jedan dokaz za to. Tribunal krsi medjunarodne norme pravosudja i
zastite ljudskih prava. Tribunal krsi svoj sopstveni Statut.

Dve godine na slobodi, koje je zatrazio Predsednik Milosevic su
minimalna garancija da ce njegov zivot biti sacuvan i da ce se istina
cuti.To je velikodusna, dzentlmenska ponuda. A odgovor tribunala je
sraman i skandalozan.

Ruska Duma je zatrazila akciju Ruske Vlade da se zastiti medjunarodno
pravo i da se spreci ova sramota i zlocin.

Deset profesora i doktora medicine iz Nemacke poslali su tribunalu
peticiju u kojoj se naglasava da bolest Predsednika Milosevica zahteva
njegovo oslobodjenje. Medjunarodni komitet prima poruke od lekara iz
drugih zemalja, koji osudjuju tretman Predsednika Milosevica i
izrazavaju spremnost da se ukljuce u njegove preglede i lecenje.

Predsednik Milosevic mora biti odmah oslobodjen!

Mnoge partije i organizacije iz velikog broja zemalja podrzavaju nasu
poziciju. Medjunarodni komitet i Nacionalni komiteti u Rusiji, SAD,
Nemackoj, Kanadi, Italiji, Britaniji, Irskoj i drugim zemljama zapoceli
su kampanju usmerenu prema odgovornim telima Ujedinjenih nacija i prema
vladama zemalja clanica sa ciljem da se zaustavi zlokobna farsa u Hagu.
Medjunarodne demonstracije 8. novembra u Hagu, koje organizuje komitet
Srba iz dijaspore uz podrsku Medjunarodnog komiteta treba da budu
vrhunac kampanje.


Medjunarodni komitet za odbranu Slobodana Milosevica

Hag, 30. septembar 2003.                     
SAOPSTENJE ZA JAVNOST
KOJE JE IZNEO g. IAN JOHNSON,
clan Borda Medjunarodnog komiteta i Koordinator njegove Britanske
sekcije, a zatim odgovarao na pitanja novinara.

www.ICDSM.org


=== * ===

SLOBODA urgently needs your donation.
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http://www.icdsm.org/ (the international committee to defend Slobodan
Milosevic)
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http://www.icdsmireland.org/ (ICDSM Ireland)
http://www.wpc-in.org/ (world peace council)
http://www.geocities.com/b_antinato/ (Balkan antiNATO center)

> SRNA: Interview: The ISSI director: Evidence of ties between
> Izetbegovic and Osama Bin Laden (by Sonja Lakic)
> http://groups.yahoo.com/group/decani/message/77387#3

EVIDENCE OF TIES BETWEEN IZETBEGOVIC AND OSAMA BIN LADEN

Commenting on information that there are al-Qaida training camps in the
north of Albania, Copley emphasized that those camps were at one time
supported by the USA.
"The USA and the Albanian Government worked very closely on this. These
camps still exist. We know that a large group crossed from Albania into
Kosovo a few months ago for terrorist operations. If the Albanian
government says that it doesn't know anything about it, that means that
it doesn't know what is happening on its own territory."

SRNA News Agency, Bijeljina
October 2, 2003

Interviewer: Sonja Lakic

BELGRADE - Gregory Copley, the director of the International Strategic
Studies Institute in Washington, claimed in an interview with SRNA that
he has evidence of ties between Alija Izetbegovic and al-Qaida, as well
as that a group of terrorists, trained in camps in the north of
Albania, was transferred to Kosovo and Metohija a few months ago, and
that one of the goals is to make Raska a state within a state.

He explained that the magazine "Defense & Foreign Affairs" and the
Global Information System, under the auspices of the International
Strategic Studies Institute, are just in the process of publishing
documentation pointing out the ties between radical Islamists in key
positions in the Bosnia-Herzegovina government with known or suspected
Islamists with terrorist connections.

"There is evidence of the involvement of Izetbegovic and connections
with the Islamic network al-Qaida. Izetbegovic personally met with
Osama bin Laden several times, and personally intervened to ensure that
bin Laden and all those who followed him receive Bosnia-Herzegovina
passports," claims Copley, adding:

"According to evidence, some of them directly or indirectly
participated in the tragedy of September 11, 2001. It is completely
clear that people who hold positions such as Izetbegovic are attempting
to cover up all traces connecting them to something like this. We are
surprised ourselves that we were able to get documents directly
supporting it but we also have video tapes as well as other proof from
the time of the civil war in Bosnia-Herzegovina."

Copley confirmed that he also has a copy of instructions from the
former war-time president Alija Izetbegovic to Muslim ambassadors in
Bosnia-Herzegovina that they are issuing passports to everyone who
supports him.

When asked whether the administration of then-US president Bill Clinton
was aware of this, he emphasizes that this is "a big question but there
is very strong evidence that the cooperation, and even friendship, at
that time between Clinton and Izetbegovic resulted in the recent visit
of Clinton to Srebrenica and Bosnia-Herzegovina."

"We know that Clinton also visited Izetbegovic, who is claimed to be
ill and on his deathbed. And we also know that Izetbegovic's political
party paid 250,000 US dollars for his arrival in Bosnia and
participation in the uncovering of the monument in Srebrenica. The
question needs to be asked to what extent that monument was in fact
built out of political motivation instead of as a memorial to the
victims of the civil war in Srebrenica," said Copley.

When reminded that he at one time published the testimony of a "Der
Spiegel" journalist, who claims she met Osama bin Laden in
Izetbegovic's presidential office in Sarajevo during the time of war
operations, Copley answered that "most of the world's population,
including the population of the USA, focused its knowledge of the
situation on the Balkans through daily news coverage which confused it."

Explaining why the public ignores claims of ties between Izetbegovic
and bin Laden, Copley said that this population "is happy that that
conflict is now in the past."

"These events are increasingly being seen in a new light, although the
process is slow. For the majority of Americans, Muslims were no longer
the only victims and Serbs the only and exclusive guilty ones.
Increasingly all three participants in the civil war are being blamed
and sympathized," he said.

"The general opinion of people in the West was that all Muslims are
naive and all Serbs are guilty but this changes after September 11 and
people automatically understood that there are good guys and bad guys
on all sides. The citizens of Serbia and Republika Srpska were unable
to effectively protect themselves during war operations, first and
foremost, in the sphere of public opinion."

"The Islamist side, Izetbegovic and the Croatian side under Tudjman
together spent hundreds of millions of dollars for media and political
support. I would be very surprised to learn that the Serbs spend even a
million. In that sense the Serbs failed to understand that wars are not
won only on the battlefield but also through other, political means,"
he said.

Copley confirmed that he has "complete evidence" that diplomat Safet
Djatovic, who he claims organized "a summer jihad camp in Pennsylvania"
one month before the terrorist attack on September 11, played a key
role in logistical support for Muslim military operations in
Bosnia-Herzegovina in Winter 94-95.

"Catovic participated as the spokesman of certain, now we can say
so-called humanitarian organizations, which were directly involved in
the al-Qaida network. We know that he got his Bosnian passport in the
Bosnian Embassy in Vienna under suspicious circumstances. At this point
we suspect that his real name is Safet Djatovic because he received his
passport in Vienna at the same time that many other Islamic
fundamentalists received Bosnian passports," explained Copley.

When asked about Mrs. Emina Keco, who served as the ambassador in
Vienna throughout the war, at a time when many passports were issued,
Copley answered that "at this point I would not comment on the
participation of Mrs. Koce, especially in connection with her position
and what was happening."

"At this moment my organization as well as other organizations are
carefully following the situation," he said.

Commenting on information that there are al-Qaida training camps in the
north of Albania, Copley emphasized that those camps were at one time
supported by the USA.

"The USA and the Albanian Government worked very closely on this. These
camps still exist. We know that a large group crossed from Albania into
Kosovo a few months ago for terrorist operations. If the Albanian
government says that it doesn't know anything about it, that means that
it doesn't know what is happening on its own territory."

"The American government under Clinton knew of the existence of these
camps but there is still no information that the camps have been
dismantled but instead that people from Islamic countries are serving
as instructors there and that they are training Kosovo Albanians for
terrorist activities. Some of them are hiding behind the Kosovo
Protection Corps," warned Copley.

He said that "connections with these people, as well as with the drug
cartel, is more than apparent."

"It's actually the way that some terrorist organizations are financed.
Terrorism has a strong infrastructure and regardless of the fact that
Kosovo and Raska are a part of the territory of Serbia, terrorists can
absolutely do whatever they want. The Serbian government and police are
afraid to react because of the global black-and-white picture on human
rights violations created earlier."

"Rights violations is not the issue at all but the fact that in this
part of the region there has been a line for some time between
politicians, drug dealers and weapons traders," he explained.

On the basis of gathered evidence, Copley believes that the terrorists
"want to create a state within a state in Raska.".

"When you draw a line between Kosovo - Raska - the Gorazde corridor
Serbia is completely cut off from Montenegro. Regardless of the intent
of Montenegro to secede from Serbia this will be catastrophic for it
because it will be completely isolated. The long-term goals of
Izetbegovic's Democratic Action Party (SDA) is for all these
territories to be joined all the way to Albania, including Kosovo,"
claims Copley.

He emphasizes that there is a lot of material that could assist the
chief prosecutor in The Hague Carla del Ponte to issue indictments
against Albanian terrorists.

"The question is whether del Ponte wants to proceed on this. What is
tragic is that she did not issue and look at the indictments against
Franjo Tudjman and Alija Izetbegovic. The Hague tribunal received
evidence regarding the crimes of Izetbegovic and Tudjman a long time
ago but there is still a blockade."

"And thus Tudjman is supposed to get a place in history just because he
died," said Copley at the end of his interview with "SRNA," asking the
question whether "the story of Izetbegovic's illness and being on his
deathbed is just a way of avoiding trial."

In conclusion Mr. Copley explained that similar research is being
conducted with the help of GIA and other institutions in all parts of
the world, including the Middle East and Africa.

"Sometimes our studies appeal to some but not to others but we strive
to be as objective as possible. We have bee faced with death threats
but we hope that by spreading the truth we are contributing to the
benefit of all humanity," concluded Copley.

"Operazione foibe": spunti di discussione

1. Le foibe: ennessima occasione di leggere la storia in chiave
revisionista (Igor Canciani)
2. Note dal dibattito in corso sulla lista di discussione del Bologna
Social Forum


=== 1 ===


da "Liberazione" del 5/10/2003

Le foibe: ennessima occasione di leggere la storia in chiave
revisionista

La grave e spiacevole vicenda di Marghera pone all'ordine del giorno
della nostra discussione due questioni che, a mio parere, non sono più
ulteriormente rinviabili. La prima riguarda il rapporto tra partito e
centri sociali del Nord-Est, che ritengo non possa più essere una
questione da delegare interamente ai Giovani comunisti ed alle
federazioni o ai comitati regionali, vista la recente frequenza di
episodi di attrito e di quelle che eufemisticamente potremmo definire
"incomprensioni" e che continuano, in un modo o nell'altro, ad essere
fonte di accese discussioni al nostro interno.

La seconda questione attiene invece la posizione che il partito (non)
ha sulle foibe. E' questa l'opinione che mi sono fatto sulla base di
colloqui e confronti con alcuni nostri compagni eletti del Piemonte,
dell'Emilia Romagna e di altre regioni, assillati da un problema
comune: quale posizione prendere su proposte, generalmente avanzate da
An, di intitolazione di vie o piazze ai martiri delle foibe. Rispetto a
questo tema mi sembra che nel partito regni abbastanza confusione. Lo
rilevo anche nei tre interventi pubblicati su Liberazione, che denotano
quantomeno una conoscenza molto approssimativa della vicenda e indicano
però un fatto in sé molto preoccupante: sulla tragedia delle foibe
rischia di passare, anche nel partito, una lettura degli eventi
mistificatoria e revisionista che è iniziata proprio nella nostra
città, posta in atto dai maggiorenti locali della destra, che
continuano a proporsi, almeno a Trieste, come il peggior sedime della
cultura liberal-fascista e si prefiggono, con questa pluriennale
campagna ideologica, di raggiungere sostanzialmente due obiettivi: a)
screditare la lotta di liberazione in queste terre, in Istria ed in
Dalmazia, insinuando l'affermazione che si trattò in realtà di guerra
civile fomentata dai comunisti; b) giustificare l'occupazione
nazifascista della Jugoslavia (e di tutta l'Europa) come atto
necessario per contrastare l'avvento del pericolo rosso.

E non è un caso che proprio a Trieste e nella nostra regione alberghi
la parte più retriva di An che negli ultimi anni ha tentato e tenta,
continuamente, di sdoganare gli ex Ss, i ragazzi di Salò e la Rsi, e
che insiste (purtroppo non da sola) a definire occupazione titina la
liberazione di Trieste, avvenuta nel 1° maggio del 1945.

Trovo invece francamente incomprensibile e del tutto fuori luogo la
necessità, nostra, di rimarcare la nostra distanza da episodi di
barbarie ascrivibili al cosiddetto "socialismo reale" o quello di
ribadire, in questa occasione, il rifiuto della connessione tra
Rifondazione ed ogni forma di residuo stalinista, poiché la vicenda
delle foibe con lo stalinismo non c'entra assolutamente. Sull'argomento
esiste una copiosa e riconosciuta storiografia ufficiale, esiste una
storiografia revisionista di destra (che purtroppo ha attecchito o
quantomeno sta traendo in inganno molta gente inconsapevole e non
informata), ma esiste anche una relazione predisposta da una
commissione italo-slovena di storici (nominati dai rispettivi governi)
che ha fornito un prezioso contributo di conoscenza in materia. E
guarda caso, proprio il lavoro della commissione di storici, invocato
per anni dalla destra più oltranzista, è stato dalla stessa
sconfessato, anche perché proprio sulle foibe gli esiti della ricerca e
le conclusioni della commissione ridimensionano di parecchio la portata
e la rilevanza della questione.

Per guardare, oggi, alla vicenda delle foibe con gli occhiali della
storia non basta aver letto qualche buon libro in materia, né sposare
le tesi di alcuni storici di area. Innanzitutto resta valido il
principio che non si dovrebbero esprimere valutazioni incaute e giudizi
definitivi e sommari su una vicenda con molti aspetti ancora da
chiarire e che però fu soprattutto reazione ad un ventennio di
occupazione fascista e di soprusi e di violenze. Fu un atto ingiusto ed
esecrabile? Sicuramente, se esaminato secondo le consuetudini, il metro
di giudizio ed i canoni di vita e di esistenza civile odierna. Ritengo
però che non si trattò di eccidio o di pulizia etnica, ma di reazione,
sulla quale non mi sento di esprimere giudizi netti e definitivi, così
come non mi sento legittimato, oggi, a proporre l'intitolazione di
monumenti alle vittime di tutti i totalitarismi, in nome di una
riconciliazione solo asserita e fasulla, senza che nel merito si
possano esprimere quanti persero la vita a causa del fascismo e del
nazismo. Ritengo però che questo tipo di operazione e l'enfatizzazione
della vicenda delle foibe, contribuiscano sicuramente alla
proliferazione dei quel brodo di coltura dell'oblio che consente a
Berlusconi, oggi, di parlare di fascismo bonario. Recentemente, durante
la campagna referendaria, il compagno Curzi venne a Trieste. In
quell'occasione, chiacchierando parlammo anche della necessità di
utilizzare il giornale per dare un'informazione storicamente più
attendibile e politicamente più corretta sul fenomeno delle foibe.
Proprio per offrire un contributo di conoscenza alle compagne e dai
compagni che si trovano spiazzati sul tema, riproposto a forza in tutti
i comuni d'Italia.

Alla luce dei fatti di Marghera, delle reazioni e dei commenti
registrati, mi sembra che la questione passi all'ordine del giorno. A
beneficio del partito, di Gianfranco Bettin, dei rapporti tra Verdi e
Rifondazione a Venezia, ma soprattutto per iniziare una discussione di
merito su un tema che, lo dico con grande rammarico, è del tutto
assente al nostro interno e rischia di formare mere posizioni
ideologiche.

Igor Canciani, segretario provinciale Prc Trieste 


=== 2 ===


From: "Gruppo Consiliare PRC Casalecchio"
To: "Bologna Social Forum Lista di Discussione"
Subject: Re: [BSF] Disobeddienti veneti contro PRC?
Date: Sun, 5 Oct 2003 12:25:59 +0200

Sono convinto di ciò che ho scritto perchè la storia delle Foibe nel
mio Consiglio Comunale è passata già dalla passata legislatura ed hio
avuto modo di dibattere e di avere documenti storici in proposito
redatti dai Partigiani casalecchiesi ("Mirko" Zappi che non è certo un
mangiafascisti a tutti i costi ma è un amante della verità) che sempre
a questo proposito già nel 1998 misero in piedi un iniziativa per
approfondire la vicenda Foibe.
Per prima cosa ti invito a leggere su Liberazione di oggi l'articolo
scritto dal Segretario Triestino del PRC in merito alla vicenda e mi
sembra che già gli dia un taglio meno duro rispetto alle mie parole ma
altrettanto chiaro in merito a ciò che scatenò il fenomeno delle Foibe.
Vedi io sicuramente ho usato parole senza mezzi termini ma ne sono
ampiamente convinto.
Per prima cosa non si può parlare del fenomeno delle Foibe
decontestualizzandolo da quegli anni, da quelle tragedie. Ed è solo
così che si può capire l'esasperazione delle situazioni (vedi la
tragedia che capitò a tua madre e quella che capitò a Marzabotto, di
segno opposto ma figli della stessa situazione) e che è solo una follia
sperare che si fermino al termine della guerra ad esempio.
Io non ho votato nel mio Consiglio Comunale una via alle vittime delle
Foibe perchè AN ha solamente strumentalizzato la vicenda (vedi come ha
fatto Vecchi a Bologna), così come l'ha strumentalizzata a chiederne
una per i caduti della battaglia di El Alamein. Vogliamo parlare delle
foibe? Bene partiamo dal 1918 quando la Venezia Giulia e la Dalmazia
conoscono le violenze e le spedizioni punitive delle squadre fasciste
contro le sedi e le organizzazioni popolari di sinistra e contro gli
oppositori sia slavi che Italiani. Passando per la snazionalizzazione
dei 500.000 Sloveni e croati che abitavano la Venezia Giulia all'epoca
dell'arrivo al potere del Vecchio Benito.
Non dimenticandosi che nel 1927 Mussolini impone la italianizzazione
degli uffici pubblici, delle scuole, delle parrocchie e dei Cognomi.
Arriviamo fino al Giugno 1941 quando a Lubiana le truppe Italiane
fucilano in piazza 24 persone mentre altre 878 sono uccise nelle loro
case. 3000 vengono caricate sui camion e scompaiono.
I dati dicono che in 29 mesi di occupazione italiana in Slovenia
vengono fucilati 5000 civili mentre 200 sono bruciati nelle loro case,
900 Partigiani Slavi vengono fucilati, 7000 donne e bambini sono
deportati e muoiono nei campi di internamento.
Questi dati sono tratti dall'opuscolo di Graziano "Mirko" Zappi che
posso dare a chiunque me ne faccia richiesta e che a sua volta ha
tratto i dati dai Quaderni n°8 e 10 del Comitato Reg. ANPI del Friuli
Venezia Giulia 1995 e 1998.
Il fatto è che i dati continuano fino ad arrivare al primo fenomeno
delle Foibe (grotte create dai corsi d'acqua sotterranei) accaduto in
seguito alla caduta del fascismo e alla prima insurrezione delle
popolazioni Slovene e Croate in Istria che eliminano circa 500 persone
in maggioranza italiani oltre ad una ventina di tedeschi e di
collaborazionisti Croati e Sloveni.
Da qui si capisce cosa può essere successo nei primi mesi del 1945
(Aprile /Maggio/Giugno) quando le forze Partigiane e regolari Jugoslave
completano la liberazione della Jugoslavia dalla occupazione
nazifascista.
Nelle Foibe sono stati trovati, uccisi dai Partigiani Slavi ed
Italiani, anche dei militari Tedeschi, dei fascisti locali, dei
domobrani, dei cetnici, ustascia.
Ci furono anche eccessi che colpirono innocenti, vendette personali,
rese dei contio per motivi sociali o personali.
Ecco perchè dico che non vanno decontestualizzate da quel periodo e del
perchè sostengo che sono operazioni revisionistiche tese a far
rientrare i Ragazzi di Salò nella storia Italiana come combattenti
legittimati (anche se dalla parte sbagliata), a far passare il Fascismo
come un momento storico e non tragico dell'Italia fino a permettersi di
dire che il confino in realtà fosse solo un'operazione Alpitour vecchia
di 70/80 anni.
Con questo sostengo che Via 25 Aprile, Via della Resistenza Via della
Libertà anche Via 8 Settembre hanno senso di esistere ma non una Via ai
Martiri delle Foibe o ai caduti di El Alamein. Tra poco ci chideranno
di accettare una Via a Ciano o a qualche altro fascista che. in fin dei
conti, ha combattuto per l'Italia ed il suo onore!
Sarò stalinista? Io non credo assolutamente, non chiederò mai una via
per Stalin! E non la voterò mai caso mai si presentasse una opportunità
del genere! Mentre non negherò mai un riconoscimento a Lenin o Marx!
Concludo dicendo non auspico mai una strada che porti a delle nuove
Foibe ma nel 1945 dopo anni di vessazioni, morti, negazioni dei diritti
la violenza credo che sia una normale pratica! Con gli occhi di ora non
la giustificheremmo mai ma, ti/vi faccio una domanda, noi sogniamo un
mondo diverso, alternativo che a certi signori non piace di sicuro.
Pensiamo di costruirlo senza violenza e dolori? Io me lo auguro ma il
Capitale, i sigori e padroni del mondo non òasceranno mai il Potere a
gratis e, soprattutto, in maniera indolore!

Un grosso saluto ANTIFASCISTA!

Oddo


Da: andrea
Data: Lun 6 Ott 2003 18:48:54 Europe/Rome
A: forum@...-forum.org
Oggetto: Operazione foibe a Marghera

Vorrei commentare la vicenda di Marghera lasciando un attimo da parte
("per carita' di patria", come direbbe Cossiga - che c'entra Cossiga?
Cossiga c'entra sempre...) il problema politico pur grave costituito da
certi ambienti "disobbedienti", i quali hanno deciso di imporre
l'"anti-totalitarismo" agli altri a forza di calci e pugni.

I fatti di Marghera, e le relative reazioni, esemplificano il caos
mentale ed ideale esistente a sinistra, a livello generale.

Nel corso della Guerra Fredda e fino ad oggi, sulle questioni del
"confine orientale" nella sinistra italiana si sono radicati due
atteggiamenti, collegati fra loro:

- da un lato, alla demonizzazione del movimento di Liberazione
partigiano sul "fronte orientale" non si ribatte con la necessaria
controinformazione, e viceversa si rafforzano concezioni assurde. Si
riduce infatti nell'oblio tutta la memoria della Resistenza, che fu una
battaglia *internazionalista*, e MAI di "pulizia etnica". C'erano
partigiani jugoslavi a combattere nel centro Italia e partigiani
italiani a combattere in Bosnia: chi ne parla? I partigiani jugoslavi
erano di tutte le nazionalita', anche in Istria ed a Trieste, e le loro
vittime (quelle della guerra e quelle di eventuali vendette personali)
idem, poiche' la guerra era tra fascisti ed antifascisti, NON fra
italiani e slavi. Le "pulizie etniche" nella storia le hanno fatte, e
continuano a farle, solo i nazifascisti ed i loro epigoni.

- dall'altro lato si perde completamente la memoria del carattere
colonialista del fascismo e dei crimini commessi da camicie nere ed
ufficiali dell'esercito italiano all'estero, innanzitutto nei Balcani
(camicie nere ed ufficiali spesso riciclatisi poi nelle istituzioni e
nei centri di potere "reale" della Repubblica). "Italiani brava gente",
no?

Questa disinformazione a due facce (falsificazione + omissione)
prosegue ancora oggi, in particolare con la propaganda sulle "foibe"
(stimolata soprattutto da settori apertamente fascisti) e la campagna
sui "lager di Tito" (sostenuta principalmente da ex-cominformisti oggi
diventati supermiglioristi, ma sempre fieramente slavofobi).

Destra fascista e post-fascista e sinistra post-comunista in queste
campagne oggi si alternano e si sostengono, oggettivamente, a vicenda,
in un ping-pong alla ricerca di legittimazione e spazio in un sistema
politico-istituzionale votato a NUOVE imprese coloniali, e ad un NUOVO
imperialismo straccione. La riscrittura della storia sul nostro
"confine orientale" e' infatti strategica per la riconquista economica
dei Balcani.

Per quanto riguarda le "foibe", va premesso che durante la guerra, dopo
l'8 settembre, Trieste ed il suo entroterra divennero parte della
regione del Terzo Reich denominata "Adriatisches Küstenland". In questa
regione il collaborazionismo - di ogni "etnia" - si rese responsabile
di crimini facilmente immaginabili. La risposta a tutto questo, da
parte dei partigiani, fu quella necessaria e ben raramente sconfino'
fino alle vendette personali. Di fatto, queste ultime - regolarmente
sottoposte a giudizio dai Tribunali jugoslavi nel dopoguerra -
causarono assai meno lutti nella regione giuliana di quanto nello
stesso periodo non successe, ad esempio, in  Piemonte od in
Emilia-Romagna.

Fa ribrezzo fare la contabilita' dei morti, ma, visto che qualcuno dopo
quasi 60 anni ancora insiste su questo, e' forse proprio il caso di
farla, e demolire cosi' molti miti e molte speculazioni. Gia' durante
la Guerra Fredda, infatti, sui media italiani la campagna sulle "foibe"
ha assunto per la pubblica opinione italiana connotati abnormi,
legandosi alle operazioni di guerra psicologica dei servizi segreti
(nella zona giuliana strutturati e cresciuti attorno alla Decima Mas,
poi trasformatasi in Gladio). Questa campagna ha ripreso particolare
enfasi dopo il 1991 come forma di pressione su Slovenia e Croazia (cfr.
C. Cernigoi, "Operazione Foibe a Trieste", ed. KappaVu, Udine 1997).

Ovviamente, mentre la campagna sulle "foibe", iniziata dalla stampa
nazista dell'Adriatisches Küstenland, si avvale oggi del contributo in
senso revisionista di storici di “centrosinistra”, ed arriva a lambire
persino l'insegnamento nelle scuole dell'obbligo, nella stessa Italia
vengono sottaciuti gli episodi relativi ai crimini di guerra italiani,
illustrati ad esempio nel documentario della BBC "Fascist Legacy"
tuttora censurato dalla RAI; ed assai di rado si ricorda cosa fu ad
esempio il campo di concentramento nazista della Risiera di San Saba,
proprio dentro la città di Trieste, o cosa dovettero patire gli sloveni
da parte italiana non solo sotto il fascismo, ma anche prima.

Per quanto poi riguarda il cosiddetto esodo da Istria e Dalmazia, le
sue ragioni furono molteplici, ma esso non fu dovuto ad una ostilità di
carattere nazionalitario come vorrebbe certa storiografia
neofascista/postcomunista. Da una parte, il moto migratorio dalle
campagne alle città in quell'epoca era generalizzato, e comportò ad
esempio anche la emigrazione di triestini ed istriani verso città
industriali più grandi, ed anche verso l'estero; dall'altra,
interagirono fattori di carattere politico-ideologico: l'anticomunismo
di chi abbandonava la Jugoslavia, e viceversa le accuse e le inchieste
per collaborazionismo che spingevano a scappare.

Non a caso in quel periodo Trieste pullulava di esuli sloveni, croati e
serbi legati ai movimenti fascisti e nazisti delle loro terre, che
avevano anch'essi perso la guerra...

Per riassumere: la propaganda sulle foibe e' basata su molte menzogne,
e soprattutto sull'uso di "lenti di ingrandimento" ad hoc che fanno
diventare enormi dei fatti sostanzialmente analoghi a quelli accaduti
ovunque durante la guerra. Questa propaganda ha due fini: da una parte,
e' la vendetta morale di chi ha perso la guerra ma vorrebbe vincerla
adesso dal punto di vista del giudizio storico; contemporanemente, c'e'
un interesse geo-strategico ad agitare la questione come forma di
pressione contro i nuovi staterelli balcanici i quali, a differenza
della grande Jugoslavia, oggi non possono piu' difendersi ne' dalle
campagne propagandistiche ne' tantomeno dalle mire neocolonialiste.

Andrea

Srebrenica (english / deutsch)

1. ISSA: Srebrenica Casualty Numbers Challenged by Experts as
Politicized and Ethnically Divisive

2. W. Langthaler: Clinton in Srebrenica


=== 1 ===


http://groups.yahoo.com/group/decani/message/77206
http://www.freerepublic.com/focus/f-news/986581/posts

BALKAN & EASTERN MEDITERRANEAN POLICY COUNCIL

PO Box 20407, Alexandria, Virginia 22320, USA Telephone (703)
548-1070. Facsimile (703) 684-7476. Website:
www.StrategicStudies.org.
Contact: Gregory Copley, 703-548-1070

Srebrenica Casualty Numbers Challenged by Experts as Politicized
and Ethnically Divisive

WASHINGTON, DC, September 18, 2003: On the eve of the dedication
of a monument to Muslims killed at Srebrenica, in Bosnia-Herzegovina,
in 1995, a group which includes a former UN official, intelligence
experts, and journalists, released a statement challenging the alleged
casualty number of 7,000 victims as "vastly inflated and unsupported by
evidence".

They asserted that one-sided interventionist policies permitted
al-Qaida forces and radical Islamists backed by the Iranian clerical
government to take root during the Bosnian war, clouding the future of
the region. As well, they agreed that the "memorialization" of false
numbers in the monument actually appeared to be intended to perpetuate
regional ethnic hatred and distrust and to deliberately punish one of
the victim groups in the Bosnian civil war. Former US President Bill
Clinton is expected to attend and legitimize the dedication of the
monument at Srebrenica, which was constructed using one million dollars
of US Embassy funds at the request of High Representative Paddy
Ashdown. But former BBC journalist Jonathan Rooper, who has researched
the events in Srebrenica since 1995, says that the region was a
graveyard for Serbs as well as Muslims and that a monument to inflated
casualties on one side "serves neither truth nor the goal of
reconciliation".

Phillip Corwin, former UN Civilian Affairs Coordinator in Bosnia
during the 1990s, said: "What happened in Srebrenica was not a single
large massacre of Muslims by Serbs, but rather a series of very bloody
attacks and counterattacks over a three year period which reached a
crescendo in July of 1995." Mr. Corwin is author of Dubious Mandate, an
account of his experiences during the conflict. He points out that
Srebrenica, which was designated a safe zone, was never demilitarized
as it was claimed to be, and that Muslim paramilitary leader Nasir
Oric, who controlled Srebrenica, launched repeated attacks on
surrounding Serb villages. He noted: "I was the United Nations" chief
political officer in Bosnia the day that Srebrenica fell.
Coincidentally, it was the same day that the Bosnian Government tried
to assassinate me as I drove over Mount Igman on the way to Sarajevo."

Intelligence expert and strategist Gregory Copley, President of the
International Strategic Studies Association and the ISSA's Balkan &
Eastern Mediterranean Policy Council, accused US Ambassador Donald
Hays, who serves as Deputy High Representative of Bosnia-Herzegovina,
of using the power of the Office of the High Representative (OHR)
governing Bosnia "to force Bosnian Serb elected officials to sign a
fraudulent document accepting the official version of events in
Srebrenica. The leaders of Republica Srpska [the predominantly Serbian
province of Bosnia-Herzegovina] invited the office of the High
Representative to join their investigation of the events in Srebrenica.
Instead they were told they were told to sign a statement drafted by
OHR endorsing casualty figures they publicly disagreed with." Copley
added: "It is significant in that the former US Clinton Administration
fought this war unquestioningly supporting only the Croat and Muslim
factions and disregarding the historic alliance of the Serbian peoples
with the US. Then, after the war, the Clinton Administration failed to
follow US tradition in helping to heal the wounds of war, but, rather,
perpetuated ethnic divisions and hatreds. This differs from the US role
in all other wars."

"Unfortunately, all of the policies and officials put in place in
the region by the Clinton Administration remain. The current Bush
Administration has neglected the Balkans and has, instead, allowed the
Clinton policies to continue, which has meant that divisive politics
continue. This, then, requires the ongoing commitment of US
peacekeeping forces in both Bosnia and in the Kosovo province of
Serbia."

Copley added that, according to intelligence obtained from Islamist
sources, that the monument was intended to become a shrine for radical
Islamists in Europe and site for annual pilgrimages. He added: "Deputy
High Representative Donald Hays forced the Republica Srpska Government
to issue a statement which accepted the radical Islamists" version of
the Srebrenica affair, despite the fact that the Office of High
Representative does not have any investigative capability of its own to
make a valid assumption on the matter. As well, the International
Criminal Tribunal on Yugoslavia (ICTY) in The Hague " no friend of the
Serbs " has itself not completed its investigation of Srebrenica, and
nor has the office of the Government of Republica Srpska which has been
working with the ICTY."

Amb.. Hays and OHR chief Paddy Ashdown forced the Republica Srpska
statement merely to ensure that the opening of the "shrine" " to be
attended by Clinton " would vindicate Clinton Administration policies
of support for the radical Islamists." Yossef Bodansky, who has written
several books on the war in Yugoslavia and also serves as Research
Director of ISSA, calls the 7,000 figure "disinformation" and notes
that "all independent forensic evidence points to Muslim casualties in
the hundreds, possibly the low hundreds. Continued emphasis on such
allegedly high numbers of Muslim deaths at Srebrenica also obfuscates
the Muslim murders in that city, earlier, of Serb civilians." Bodansky
also wrote extensively on the link between Osama bin Laden and the
Bosnian Islamists in numerous articles and special reports and three
books, including Offensive in the Balkans: the Potential for a Wider
War as a Result of Foreign Intervention in Bosnia-Herzegovina (1995),
Some Call it Peace: Waiting for War in the Balkans (1996), and Bin
Laden: The Man Who Declared War on America (1999).

Rooper says that at least 1,000 Serbs, mostly civilians, were killed
by forces led by Oric who did not bother to hide his crimes, even
showing videotapes of slaughtered Serbs to Western journalists.
Meanwhile a group of academic experts and journalists from the United
States, Canada, Germany, France, Serbia, and the United Kingdom has
been organized by Professor Edward S. Herman of the University of
Pennsylvania to examine the evidence regarding events at Srebrenica in
July 1995 and earlier, how the media reported these events, and the
political role of claims about Srebrenica. It is expected that a report
from this group will be available in June 2004. Rooper points out that
the 40,000 inhabitants the UN used in July of 1995 before the capture
of Srebrenica roughly matches the number of former residents accounted
for in the aftermath. A commander of the Muslim-dominated Army of BiH
(Bosnia-Herzegovina) later confirmed to parliament in Sarajevo that
5,000 BiH troops escaped largely intact to Tuzla while the UN
registered some 35,632 civilian survivors.

While the capture of Srebrenica was reported in July 1995, as it
unfolded, an international outcry only took place a month later, after
Madeleine Albright, then US representative to the UN, held up a photo
which she said provided evidence that thousands of Muslim victims had
been buried at field near Nova Kasaba, 19 kilometers from Srebrenica.
Excavations which took place following the war, however, yielded 33
bodies at Nova Kasaba. Two years after the event, a total of 400 bodies
had been found at 20 sites near Srebrenica, an area which had seen
bloody fighting over a three year period. Instead of acknowledging that
there was no support for the original figures, Rooper says a various
means were used to prop up the official story.

"Spokesmen for the Clinton Administration suggested that Serbs might
have moved the bodies to other locations. Rooper points out that
excavating, transporting and reburying 7,000 bodies was "not only
beyond the capabilities of the thinly stretched, petrol-starved Bosnian
Serb Army, but would have been easily detected under intense
surveillance from satellites and geostationary drones.

By 1998, thousands of bodies excavated from all across Bosnia were
stored at the Tuzla airport. Despite state of the art DNA testing, only
200 bodies have been linked to Srebrenica. Around 3,000 names on a list
of Srebrenica victims compiled by the Red Cross matched voters in the
Bosnian election in 1996. "I pointed out to the OSCE that there had
either been massive election fraud or almost half the people on the
ICRC missing list were still alive," says Rooper. "The OSCE finally
responded that the voting lists had been locked away in warehouses and
it would not be possible for them to investigate."

The inflated Srebrenica statistics are part of a larger picture that
intelligence experts such as Bodansky and Copley find troubling. They
say US policymakers have been slow to recognize that Bosnia is viewed
as a strategic base for operations in Europe by al-Qaida and the
HizbAllah. In 1993, when the Clinton Administration was strongly
backing the Muslim President of Bosnia, Alija Izetbegovic, Osama Bin
Ladin was regular visitor to his office, according to Renate Flottau of
the German weekly, Der Spiegel. The Bosnian daily, Dani, reported that
the Vienna Embassy of BiH issued a passport to Bin Ladin in 1993.

A special report by Copley, issued Tuesday, September 16. 2003.
noted that Bosnia-Herzegovina Ambassador Huso Zivalj, who issued the
passport to Bin Ladin, later served as Bosnian Ambassador to the United
Nations in September 11. "It is becoming increasingly clear that the
movement of Zivalj to the New York post just before (and his departure
just after) the September 11,2001 attacks was not coincidental."

"To refer to US Bosnia policy as a success story is to disregard
substantial evidence to the contrary. Instead of misplaced symbolism in
Srebrenica, US policymakers need to take a hard look at assumptions
which have guided US actions in the region," Copley said.


=== 2 ===


[siehe auch:
Retter, Propheten, Sehide (von J. Elsaesser)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2807%5d


Da: joesb@...
Data: Mar 7 Ott 2003 11:34:20 Europe/Rome
Oggetto: Clinton in Srebrenica

Als am 20. September 2003 in Srebrenica die ausschließlich den
muslimischen Opfern des Krieges gewidmete Gedenkstätte Potoèari
eröffnet wurde, durfte Bill Clinton nicht fehlen. Denn er war der
geistige Autor des „Massakers von Srebrenica“, das ein wesentlicher
Bestandteil im Propagandafeldzug gegen Jugoslawien war und zur
Rechtfertigung des Nato-Krieges 1995 diente.

Der Inauguration des Monuments ging ein politisches Tauziehen voraus,
das Licht auf den Sinn der Medienaktion wirft. Das Büro des Hohen
Repräsentanten in Bosnien und Herzegowina (OHR) versuchte laut einem
„Special Report“ des amerikanischen „GIS / Defense & Foreign Affairs
Daily“ die Regierung der Republika Srpska (RS) zu zwingen, in ihrem
Namen knapp vor der Eröffnung einen „Schlussbericht“ über die
Srebrenica-Affäre zu veröffentlichen, in der sie vollinhaltlich der
westlichen Darstellung des „Massakers“ zustimmen sollte. Die
Darstellung sollte unter anderem enthalten, dass die Untersuchungen
abgeschlossen und die Schuldigen eindeutig festgestellt seien, allein
die genaue Zahl der Opfer sei noch offen. Die RS sollte sich für ihr
früheres Bezweifeln dieser unanzweifelbaren Wahrheiten entschuldigen.

Druckmittel dazu ist die uneingeschränkte Macht des Hohen
Repräsentanten, gewählte Volksvertreter jederzeit von ihrem Posten
entfernen zu können. Wolfgang Petrisch, eifriger Verteidiger der
Zivilgesellschaft und gleichzeitig Apologet des US-Imperiums, der
dieses Amt eine Zeit lang bekleidete hatte, machte von seinen
Vollmachten, demokratische Entscheidungen zu missachten, auch ausgiebig
Gebrauch. Bosnien und Herzegowina ist keine souveräne und demokratische
Republik, sondern ein halbkoloniales Protektorat, in dem die gewählten
Organe nur als Fassade dienen solange ihre Entscheidungen dem Hohen
Repräsentanten genehm sind. Es ist aussagekräftig, dass diese
Funktionsbezeichnung es zu sagen unterlässt, wessen Repräsentant der
Protektor denn ist. Auf der Webseite OHR wird nebulos von der
„internationalen Gemeinschaft“ gesprochen. Man ist geneigt annehmen,
dass es sich dabei um die UNO handeln würde – doch weit gefehlt. Formal
stützt man sich bei dieser abenteuerlichen Konstruktion
auf den Dayton-Friedensplan, der von der Nato kriegerisch erzwungen
wurde. Dieser sieht ein „Peace Implementation Council“ vor, das aus 55
Staaten bildet wird. Dieser Rat nominiert den Hohen Repräsentanten. Der
UNO bleibt die undankbare Aufgabe dessen Entscheidungen zu
„bestätigen“. Entlarvend die lapidare Feststellung auf der Website:
„Der Hohe Repräsentant hat keine Gewalt über die Nato-geführte
Stabilisierungsstreitmacht.“ Die eigentliche Macht liegt als bei der
Nato und damit bei den USA.

Selbst dem Nato-Tribunal in Den Haag (ICTY), das zum Zweck der Anklage
eigene Nachforschungen über die Ereignisse von Srebrenica anstellt und
als höchst parteiisch eingestuft werden muss, gingen die beschriebenen
Pressionen des OHR, die vom stellvertretenden Protektor, David S. Hays,
persönlich ausgeübt wurden, zu weit. Im Kampf um seine verlorene
Glaubwürdigkeit distanzierte sich das ICTY in dieser Angelegenheit vom
OHR.

Diese gescheiterten Manipulationsversuche weisen darauf hin, dass das,
was
in den gleichgeschalteten internationalen Medien als Tatsache
hingestellt
wird, in der Form nicht haltbar ist und in jedem Fall nur einen
tendenziös
ausgewählten Teil der Ereignisse wiedergibt.

Im allgemeinen muss erwähnt werden, dass der Westen und seine Medien
nicht zögerten Grausamkeiten zu erfinden, um ihr Eingreifen zu
rechtfertigen. Hier seien nur drei Beispiele von vielen genannt:
Erstens das berühmt-berüchtigte Foto vom serbischen
Kriegsgefangenenlager in Trnopolje mit dem abgemagerten Fikret Aliæ
wurde bewiesenermaßen von innen nach außen fotografiert. Die
Berichterstattung war daher eine bewusste Manipulation. Zweitens das
Massaker am Marktplatz von Sarajewo im August 1995 wurde den serbischen
Truppen unterschoben aber nachweislich von den moslemischen
Streitkräften begangen. Und drittens das Massaker von Raèak, dass zum
Angriff auf Jugoslawien 1999 diente. Auch dabei handelte es sich
nachweislich um eine Inszenierung, denn die Toten waren im Gefecht
umgekommen und nicht wie berichtet hingerichtet worden. Aus dieser
Sicht ist bei Srebrenica ebenfalls Vorsicht angezeigt, denn es geht
immerhin um das wichtigste antiserbische Propagandaelement.

Auf die Ereignisse selbst soll hier nicht eingegangen werden. Es sei
nur darauf hingewiesen, dass sich in der westlichen Darstellung einige
wesentliche Ungereimtheiten finden. So gehen ein Großteil der Leichen
der kolportieren rund 8.000 Opfer ab. Überhaupt wird von den Namen kaum
gesprochen. Dies verhilft den in der serbischen Presse immer wieder
erscheinenden Berichten von in der Öffentlichkeit auftauchenden
bosnischen Muslimen, die als in Srebrenica getötet bezeichnet wurden,
in den Augen vieler zu Glaubwürdigkeit. Viele nicht direkt der
muslimischen Seite zuzuordnenden Augenzeugen, wie beispielsweise die
niederländischen Soldaten, gaben an, nichts von einem Massaker gesehen
zu haben. Es soll und kann nicht behauptet werden, dass es kein
Massaker gegeben hätte, doch jenes ist durch keine rechtsstaatlichen
Normen würdige Untersuchung beweisen. Die Sache bleibt also offen.

Was hingegen keineswegs offen bleibt, ist die Tatsache, dass von
Srebrenica unter dem Schutz der Nato-Truppen die muslimische Artillerie
immer wieder serbische Dörfer in der Umgebung beschoss, es also genauso
von der anderen Kriegspartei verübte Grausamkeiten gab. Im Allgemeinen
kann gesagt werden, dass es sich um einen Bürgerkrieg zwischen den
Nationalitäten Bosniens zur Inbesitznahme von Territorium handelte, bei
dem es Vertreibungen und Massaker von allen Seiten gab. Die eigentliche
Schuld daran trägt die EU , die mit einem Unabhängigkeitsreferendum die
Abspaltung vom multinationalen Jugoslawien erzwang und dadurch den
Serben ihrerseits das Selbstbestimmungsrecht verweigerte, die nicht
bereit waren, in einem von einer antidemokratischen
muslimisch-kroatischen Elite kontrollierten Staat zu leben.

Clinton tischte jedenfalls die aufgewärmte Lüge vom „völkermörderischen
Wahnsinn“ der Serben nochmals auf. „Böse Menschen, die nach der Macht
strebten, töteten diese guten Menschen nur aufgrund dessen, wer sie
waren.“ „Der Stolz auf unsere eigene Religion oder unser ethnisches
Erbe erfordert weder, noch erlaubt er uns jene zu entmenschlichen oder
zu töten, die anders sind als wir.“

Würde man nicht hinzufügen, wer diese Worte sprach und wo er dies tat,
würde ein Großteil der Weltbevölkerung annehmen, es wäre eine Anklage
gegen den Terrorkrieg der USA in aller Welt, der sich heute vor allem
gegen den gegen Jugoslawien noch instrumentalisierten Islam richtet.

Willi Langthaler


**************************************
Jugoslawisch-Österreichische Solidaritätsbewegung
Meiselstraße 46/4
A-1150 Wien
Tel&Fax: (+43 1) 924 31 61
joesb@...
http://www.vorstadtzentrum.org/joesb
**************************************

[ Juergen Elsaesser e' l'autore di: "MENZOGNE DI GUERRA:
le bugie della NATO e le loro vittime nel conflitto per il Kosovo"
Napoli, La città del sole, 2002
190 p., 21 cm., ISBN 8882921832, si veda la presentazione:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1815%c2%a0
ed anche il sito internet dell'autore:
http://www.juergen-elsaesser.de ]

http://www.jungewelt.de

04.10.2003, Tageszeitung "junge Welt"

Jürgen Elsässer

Wende im Fall Djindjic

Zeuge: Drahtzieher des Mordes an serbischem Premier sitzt in der
Regierung


Wer am gestrigen Freitag die Belgrader Tageszeitung Kurir las, konnte
sich nur verwundert die Augen reiben. Wiederholt sich die Geschichte?
Die Parallelen zwischen der Ermordung des US-Präsidenten John F.
Kennedy im Herbst 1963 und der des serbischen Premiers Zoran Djindjic
im Frühjahr 2003 scheinen jedenfalls immer offensichtlicher.
Jugendlich, dynamisch,
gutaussehend, eine schöne Frau an seiner Seite: Zoran Djindjic galt –
ob berechtigt oder nicht – wie 40 Jahre zuvor JFK als die Hoffnung der
Jugend. Der Schock nach seiner Ermordung am 12. März war deshalb bei
seinen Landsleuten nicht geringer als der vieler US-Amerikaner nach der
Bluttat von Dallas: In Belgrad folgte eine halbe Million Menschen
seinem Sarg, tagelang sendeten die Rundfunk- und Fernsehanstalten nur
Trauermusik. In beiden Fällen wurde der Anschlag schnell den »Roten« in
die Schuhe geschoben –
damals wurde Fidel Castro, diesmal Slobodan Milosevic als Drahtzieher
verdächtigt. Ebenfalls gab es damals wie heute ernstzunehmende Hinweise
auf die Verwicklung des organisierten Verbrechens in den Fall. Wie aber
hätte die Welt 1963 reagiert, wären glaubhafte Zeugen aufgetaucht, die
einen politischen Rivalen aus Kennedys eigener Partei bezichtigten? Die
also aussagten, daß Lee Harvey Oswald vor dem Attentat mehrfach von –
sagen wir – Lyndon B. Johnson besucht worden wäre?

Solche Zeugen – »drei unabhängige Quellen, allesamt in Positionen, die
gute Informationen verbürgen« – präsentierten jetzt das der
militärischen Abwehr nahestehende Wochenblatt Nedeljni Telegraf und die
auflagenstarke Tageszeitung Kurir. Demnach soll es Videoaufnahmen von
einem »hochgestellten
Regierungsmitglied« geben, als dieser einige Tage vor dem Attentat das
Hauptquartier des Zemun-Clans betrat. Diese Mafiabande hat nach allen
bekannten Ermittlungsergebnissen den Mord ausgeführt. Ein Minister
sagte Telegraf unter dem Siegel der Anonymität: »Es wird ein Schock für
die Öffentlichkeit sein, wenn sie erfährt, daß der Mörder Djindjics in
dessen unmittelbarer Umgebung in der Regierung saß.«

Einen entsprechenden Verdacht hatte es bereits Mitte Juni gegeben. Ein
Wärter im Belgrader Zentralgefängnis hatte zu Protokoll gegeben, daß
der derzeitige Vize-Premierminister Cedomir Jovanovic einen der
mutmaßlichen Djindjic-Killer mehrfach dort besucht habe, einen gewissen
Dusan Spasojevic. Allerdings konnten diese Visiten damals nur für 2001
und 2002 nachgewiesen werden, also für einen Zeitraum lange vor dem
Attentat. Ob sich Vizepremier und Mafiakiller auch später noch
getroffen haben, konnte nicht mehr geklärt
werden: Spasojevic wurde nämlich seinerseits liquidiert, bevor er
plaudern konnte – nicht anders als vor vierzig Jahren Lee Harvey
Oswald. Bei der Fahndung nach den Djindjic-Mördern wurden Spasojevic
und sein Kumpan Mile Lukovic Kum von Spezialeinheiten der serbischen
Polizei erschossen, weil sie
sich angeblich mit Waffengewalt ihrer Verhaftung widersetzten. Doch es
gab widersprüchliche Angaben über den Tag dieses Show-Down, und die
freigegebenen Fernsehbilder zeigten blutige Schwellungen in den
Gesichtern der Leichen. »Es ist offensichtlich, daß Lukovic und
Spasojevic liquidiert wurden, damit sie nicht aussagen. Es ist auch
offensichtlich, daß beide
gefoltert wurden«, schlußfolgert Spomenka Deretic im oppositionellen
Internetportal Artel.

Zarko Korac, der Vorsitzende einer Regierungskommission zur
Untersuchung der Mordumstände, bestritt gegenüber Kurir, Hinweise auf
die Tatbeteiligung von Regierungsmitgliedern zu haben. Doch auch im
Abschlußbericht seiner Kommission vom 13. August finden sich Hinweise,
daß die Attentäter in
Djindjics Umfeld Unterstützer gehabt haben müssen: So wurden die
Überwachungskameras am Tatort, dem Sitz der serbischen Regierung, just
zwei Tage vor dem Mord abgeschaltet. Und als der Premier am 12. März
aus seinem
Wagen stieg und seinen Dienstsitz betreten wollte, fand er das
Eingangstor verschlossen. So mußte er warten und bot ein ideales Ziel.

Die Korac-Kommission beklagt statt dessen die mangelnde Kooperation der
deutschen Polizei. Das Bundeskriminalamt (BKA) hatte für Djindjic einen
Bericht für die Verbesserung seines Personenschutzes erarbeitet – doch
der wurde der Kommission nicht zugänglich gemacht. Außerdem ist von
Expertisen des BKA die Rede, wonach das bisher als Tatwaffe
identifizierte G3-Gewehr von Heckler&Koch aus technischen Gründen nicht
dafür in Frage kommen soll.
Es wird also Zeit, daß die Wiesbadener Behörde ihr Wissen öffentlich
macht.

Macelleria UCKFOR, settembre 2003 (ENGLISH / ITALIANO)


AVVERTENZE
Come al solito, questa nostra rassegna sul Kosmet non ha pretesa di
completezza: le notizie qui riportate sono da considerare solo come
esempi delle informazioni negate alla pubblica opinione.
Per quanto riguarda le rassegne precedenti, segnaliamo la serie in
quattro parti dedicata a stragi e violenze avvenute lo scorso agosto:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2736
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2739
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2742
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2745
ed i precedenti "bollettini di guerra" dal Kosmet (da maggio 2002 in
poi), elencati alla URL:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2697.
In generale, un grande numero di articoli sui vari aspetti del regime
di terrore instaurato congiuntamente dalle "nostre" truppe occidentali
(KFOR) e dai neonazisti locali (UCK) si puo' trovare nel nostro
archivio:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/
Per un inquadramento storico del terrore nazista in Kosovo-Metohija si
veda in particolare:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2521
ed i collegamenti ivi contenuti.
Due SITI IN LINGUA ITALIANA dove trovare informazioni aggiornate sulle
violenze perpetrate giorno per giorno in Kosmet sono
http://www.ansa.it/balcani kosovo/kosovo.shtml (ANSA) e
http://www.osservatoriobalcani.it
Si tratta di due servizi professionali di informazione, di orientamento
istituzionale, con tutto quanto cio' comporta dal punto di vista della
interpretazione e presentazione degli avvenimenti.
Molti dei materiali che riportiamo nelle nostre rassegne provengono
dalle mailinglists:
Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.
antinato@...
anti-imperialiste@...
Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.
e dal bollettino della chiesa ortodossa in Kosmet ERP KIM:
http://www.kosovo.com/erpkiminfo.html
Ulteriori informazioni si trovano sul sito curato dalla chiesa
serbo-ortodossa:
http://www.kosovo.com
(a cura di A.M.)


=== UN MORTO E QUATTRO FERITI ===


il manifesto - 02 Settembre 2003
KOSOVO

Bombe sui serbi, un morto

Un serbo è stato ucciso e altri tre sono rimasti feriti nel villaggio
di Crnica - a popolazione mista serbo-kosovara - dopo che gli erano
state lanciate contro delle bombe a mano. Andrea Angeli, portavoce
dell'Onu, ha reso noto che il serbo ucciso è il trentacinquenne Milomir
Savic. Quest'episodio è l'ultimo di una serie, che mostra che la
tensione tra comunità serba e albanese in Kosovo è sempre alta. Nelle
scorse settimane due ragazzi che facevano il bagno in un fiume e un
pescatore erano stati uccisi a fucilate.


http://www.b92.net/english/news/index.php?order=priority
Beta, September 1, 2003

Another violent Serb death in Kosovo

BELGRADE -- BELGRADE, Monday (Beta) – A Serb injured
in a bomb attack in a village near Gnjilane last night
has died in Camp Bondsteel, the US military base in
Kosovo, an UNMIK spokesman said this morning.
Miomir Savic (35) was heavily wounded by a bomb
apparently thrown at a Serb-owned shop in the village
of Cernica and transferred to the US military hospital.
Another four people suffered slight wounds in the blast.
At the same time as the shop was bombed, a hand
grenade was thrown into a children’s playground in a
Serb-occupied part of the village.
KFOR investigators found a detonator and a large
quantity of explosives in an abandoned Serb house nearby.
Six Serbs have been murdered in Cernica since the
arrival of KFOR in 1999.
he village has a population of 200 Serbs and more than
3,000 Albanians.


http://www.b92.net/english/news/index.php?nav_id=24428&style=headlines
Beta, September 1, 2003

Second shooting victim “critical”

CERNICA -- Monday – A man wounded in last night’s bomb
attack on a Serb shop near Gnjilane has been
transferred to Belgrade from a hospital in the
southern city of Vranje.
Relatives of Novica Simjonovic told media that he was
in a critical condition.
One victim of the bombing, Momir Savic (35) died this
morning after being transferred to the US army base
Camp Bondsteel.
Another two victims are in a satisfactory condition in
the Vranje hospital
Locals believe that the bomb was thrown from the yard
of a Serb-owned house whose owner has lived in
Switzerland for the past four years.


http://www.tanjug.co.yu/
EYug.htm#Serb%20injured%20in%20Kosovo%20bomb%20attack%20transferred%20to
%20Belgrade%20hospital
Tanjug, September 1, 2003

Serb injured in Kosovo bomb attack transferred to
Belgrade hospital

19:20 VRANJE , Sept 1 (Tanjug) - One of the four Serbs
injured in last night's terrorist attack in the
eastern Kosovo-Metohija town of Cernica, was
transferred to the Belgrade Orthopedics Clinic on
Monday for further treatment, nurse Tatjana Djordjevic
at the hospital in the southern Serbian town of
Vranje, where three wounded Kosovo Serbs were
admitted, told Tanjug.
Novica Trifunovic, 47, has been admitted to the
Belgrade hospital. The most gravely injured Serb,
Miomir Savic, died today at the United States military
hospital at Bondsteel Base in Kosovo.


B92, September 3, 2003

Murder victim buried

CERNICA -- Tuesday – Murdered Serb Miomir Savic was
buried today in the village of Cernica near Gnjilane.
About five hundred people, including Return coalition
MPs attended the funeral.
Local Serbs say that the citizens of Cernica will
remain in their homes and will not be going into
refuge as earlier reported.
Miomir Savic is the seventh villager to be killed in
attacks by Albanian extremists since the arrival of
international peacekeepers in Kosovo.
UNMIK has denied reports that explosives have been
discovered in Cernica, a spokesman saying that no
weaponry which could be linked to the murder had been
found.


=== TENSIONI TRA SERBIA ED ALBANIA ===


http://www.b92.net/english/news/
index.php?&nav_category=&nav_id=24449&order=priority&style=headlines
Beta, September 3, 2003

Formal protest to Albania over "gross interference"

BELGRADE -- Tuesday – The federal Foreign Ministry
today delivered a protest note to the Albanian Embassy
in Belgrade over yesterday’s condemnation by the
Albanian Parliament of the Kosovo Declaration,
Belgrade’s manifesto on Kosovo.
The Albanian Parliament described the declaration
adopted by the Serbian Parliament as a dangerous
return to the unsuccessful nationalist policy which
led to violence during the fall of Yugoslavia.
The Foreign Ministry today described the Albanian
Parliament’s resolution as gross interference into the
internal affairs of a sovereign state and harmful to
neighbourly relations.
The ministry statement noted that Belgrade is
advocating implementation of UN Security Council
resolution 1244 on Kosovo “which clearly confirms the
territorial sovereignty and integrity of
Serbia-Montenegro”.
The protest note accuses the Albanian Parliament in
its resolution as contradicting Tirana’s proclaimed
policy of strengthening stability and cooperation in
the region.


=== RIVOLTA E TRAGEDIA NELLA PRIGIONE ===


KOSOVO: INIZIO DI RIVOLTA IN CARCERE DUBRAVA

(ANSA) - PRISTINA, 4 SET - Circa 150 prigionieri rinchiusi in una
delle cinque sezioni del carcere di Dubrava, nel Kosovo centrale, si
sono asserragliati nella tarda mattinata di oggi nelle proprie celle
impedendo agli agenti di custodia di accedervi. ''Non si conoscono
ancora esattamente le ragioni della protesta'' ha detto all'Ansa
Andrea Angeli, portavoce della missione delle Nazioni Unite in Kosovo
(Unmik). Nel carcere di Dubrava sono rinchiusi complessivamente
circa 800 detenuti ma gli altri, ospitati nelle restanti quattro
sezioni, per il momento non si sono uniti alla protesta. Dal 2001
nella prigione sono in servizio 10 agenti di custodia italiani e 25
turchi, ma nessuno degli italiani presta servizio nel ''gruppo'' dove
oggi e' iniziata la rivolta. (ANSA). BLL/IMP
04/09/2003 16:28

KOSOVO: INCENDIO NELLA PRIGIONE IN RIVOLTA, CINQUE MORTI

(ANSA) - PRISTINA, 5 SET - Cinque detenuti albanesi sono morti nel
corso di un incendio divampato nel blocco numero due del carcere di
Dubrava, nel Kosovo centrale, dove ieri era iniziata una rivolta da
parte dei reclusi che chiedevano migliori condizioni di vita.
''Le fiamme erano state appiccate per protesta dagli stessi detenuti,
che poi ne hanno perso il controllo'', ha detto all' Ansa Andrea
Angeli, portavoce della missione delle Nazioni Unite (Unmik). Un
sesto detenuto e' rimasto ustionato in modo grave, mentre vi e' un
numero imprecisato di feriti. Nella stessa prigione sono presenti dal
2001 10 agenti della polizia penitenziaria italiana, che tuttavia non
sono stati coinvolti nei disordini. La protesta, iniziata nel
pomeriggio di ieri nel blocco numero due che ospitava circa 150 degli
800 prigionieri presenti a Dubrava, nel corso della notte si era
estesa anche al blocco numero tre, dove oggi invece la situazione e'
tornata sotto controllo. L' incendio ha completamente devastato
questa ala della prigione i cui detenuti sono stati ora trasferiti in
altri ambienti della struttura. Secondo fonti dell' Unmik, la
situazione al momento nella prigione appare sotto controllo. (ANSA).
BLL/ARS
05/09/2003 10:57


http://english.peopledaily.com.cn/200309/05/print20030905_123768.html

Turbulence Occurs in Kosovo's Biggest Prison

A group of prisoners occupied one of the five blocks of the "Durava"
prison in Kosovo Thursday, demanding better living conditions, said
Berry Fletcher, spokesman of the UN Interim Administration in Kosovo.
Fletcher told the Beta news agency that prisoners seized the control of
a part of the "Durava," about 70 kilometers west to Pristina,
protesting poor living conditions and bad food in the prison, the
biggest in Kosovo. No one was injured in the incident,he added.
Andrea Angeli, spokesman of the NATO-led peacekeeping force in Kosovo,
said that the incident happened at about noon time when some 150
prisoners prevented guards from entering the block. He said that the
situation is under control, hoping the problem to beresolved soon, he
was quoted by Beta as saying.
Kosovo, a province of Serbia of Serbia and Montenegro, has beenunder UN
administration since June 1999 following 11 weeks of NATO bombing.
People's Daily Online --- http://english.peopledaily.com.cn/


ROUNDUP: Five prisoners dead, sixteen injured in prison riot

Deutsche Presse-Agentur - September 5, 2003
Pristina, Kosovo - Five prisoners were killed and sixteen hospitalized
in a fire caused when prisoners set fire to their mattresses during a
demonstration in Kosovo's largest prison, a senior United Nations
official in Pristina said Friday.
At least one of the hospitalized prisoners, who were protesting prison
conditions, is still in critical condition. A prison official has also
been hospitalized for smoke inhalation, Paul Coffey the director of
Justice Department of the U.N. mission in Kosovo told reporters.
The incident occurred in one of the five cell blocs of the Dubrava
prison, some 70 kilometres west of the capital Pristina, which hosts
some 800 prisoners.
Shortly after noon on Thursday a group of prisoners forcibly overcame
several unarmed guards inside the building, and barricaded the main
entrance.
After the failure of several hours of talks - mediated by human rights
activists - the U.N. officials who run Kosovo's penal division decided
to forcibly retake the cell bloc.
"At approximately 22:45 guards, who were unarmed, protected by shields
and helmets, attempted to enter the building through the main entry
way. Some one inside threw a mattress, which had been set on fire.
Prisoners than set fire to other mattresses, which caused the fire to
burn quickly beyond their control", Coffey explained.
The U.N. official said an international judge will be appointed to
investigate the incident, and an independent mixed panel of
international and local officials will be formed to look into the
prisoners' complaints. dpa lu mga


=== RUSSIA PREOCCUPATA ===


http://en.rian.ru/rian/
index.cfm?prd_id=160&msg_id=3428886&startrow=11&date=2003-09-
04&do_alert=0
Russian Information Agency (Novosti), September 4, 2003

MOSCOW CONCERNED OVER ETHNIC MINORITIES' STATUS IN KOSOVO

MOSCOW, September 4, 2003. (RIA Novosti) - Moscow is
concerned over topical issues of ethnic minorities'
security, above all the Serbian community, as well as
regarding their proper representation in the ad-hoc
organs of power in Kosovo. RIA Novosti Foreign
Minister Igor Ivanov said this at a meeting in Moscow
on Thursday with Harri Holkeri, the United Nations
secretary general's special envoy and head of UN
Kosovo mission.
As reported by the Russian Foreign Ministry, they
stressed the need for stepping up efforts for the
return of refugees to Kosovo.
The sides have reaffirmed their adherence to the
"standards after status" concept, providing for the
ensurance of the required basic democratic conditions
for the adoption of a final decision on a status for
Kosovo. They have also expressed mutual interest in
the continuation of interaction on the Kosovo issues
and stressed the need for arranging a dialogue between
Belgrade and the Kosovo capital Pristina.


http://www.slobodan-milosevic.org/news/versty091303.htm
WAR'S OVER. FORGET IT?
Versty - September 9, 2003
Written by: Boris Vinogradov

PRESIDENT PUTIN BRINGS UP THE MATTER OF HUMANITARIAN CATASTROPHE IN
KOSOVO.

Strange though it may seem, Vladimir Putin's latest statement on the
Kosovo issue went mostly unnoticed by the media, Russian and foreign
alike. The statement was made the other day at the meeting with
President of Bulgaria Georgy Pyrvanov. The matter concerned the
lamentable lot of the locals, Serbs in the area occupied by NATO
troops since 1999, the area Russian peacekeepers left a couple of
months ago. Essentially, the statement may be viewed as the Kremlin's
first resolute demarche in the Balkans. Not in the Balkans alone, as a
matter of fact. It is as though Moscow has found its voice. Moscow has
not used this tone since Yeltsin when he claimed he would not let NATO
into Kosovo.
Making a speech in Sochi, the president of Russia pointed out the facts
we always, even without thinking, list as crying injustice. Like back
in 1998, when Albanians were leaving Kosovo - first 25,000, then
30,000, 40,000 - and everybody was talking of a humanitarian
catastrophe. This time, 250,000 Serbs left Kosovo, but the
international community is playing mum's the word. Here is a question:
what is NATO doing over there, and what did our paratroops do there?
What did they accomplish save for the unprecedented in the history of
peacekeeping operations nocturnal forced march from Bosnia to Pristina?
For starters, we should try to understand who Putin meant emphasizing
this crying discrepancy of figures and facts, this undeniable use of
dual standards in international affairs. Who did Putin address these
emotional phrases to? If he addressed them to president of the country
scheduled to chair the OSCE as of January 2004, it is one thing.
Pyrvanov should know what is happening across the borders of his own
country, what he should pay special attention to. If that is what
Putin meant, then it is a friendly message, nothing more. But if Putin
meant it as a message to the West that declared a war on Yugoslavia and
invaded Kosovo, it is a different matter altogether.
Why does the West pretend that nothing is happening? Nobody in the West
is saying so much as a single word about the humanitarian catastrophe.
Remember European capitals five years ago? Parliaments seethed,
demanding Slobodan Milosevic to be punished. All countries, even the
ones that had advocated a peaceful solution to the problem,
volunteered to participate in the NATO operation. Russia was left
alone, without a single ally to support its stand on the matter.
What happened afterwards merely deteriorated the situation. Russia sent
its troops to Kosovo without an invitation and failed to alter the
correlation of forces. On the other hand, it shouldered responsibility
for what was happening in the region. Serbs never got the protection
they needed either from NATO or from Russian peacekeepers. Ethnic
purges continue. The impression is that Europe with its permanent
bodies like the OSCE and European Parliament is used to this state of
affairs. Moreover, it is not interested in Russia's opinion out of
habit. As a matter of fact, Hari Halkerey, Special Envoy of the UN
Secretary General, did come to Moscow not so long ago for
consultations with the Foreign Ministry. Foreign Minister Igor Ivanov
is leaving for Serbia and Montenegro soon where he intends to bring up
the matter. It seems that Russia is determined to regain the positions
it once had and is taking steps to that end. It would have been great,
had it been true. But isn't it a bit too late? With all our sympathies
with Bulgarians and eagerness for restoration of mutual friendship,
this country's determination to join NATO and the European Union
remains firm. Pyrvanov reiterated it in Sochi.
To tell the truth, our president already had a chance to say all of
that more than once, both in the inner circle, and in public. Say, at
the St. Petersburg jubilee or at the G8 summit in Avian.
Unfortunately, in both episodes the situation in Kosovo was viewed as
"an example of fruitful cooperation" between Russia and NATO. Judging
by the final documents, both sides take pride in their successes in
this sphere. Nobody mentioned the scale of the Serbs' mass exodus.
Putin went against the tradition all of a sudden. Logically, we should
try to understand why it all happened the way it happened. And whose
fault it is. Just to know it. Just to be prepared. So far, however,
there have been no comments.

Copyright 2003 Agency WPS  
What The Papers Say (Russia)
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VEDI ANCHE / SEE ALSO:
RIAN: Russia considers any discussions on Kosovo status premature
http://newsfromrussia.com/world/2003/09/13/49943_.html


=== NIENTE SCUOLA A CAUSA DEL TERRORE ===


http://www.tanjug.co.yu/
EYug.htm#In%20Kosovsko%20Pomoravlje,%20lessons%20do%20not%20begin%20for%
20Serb%20children
Tanjug, September 5, 2003

In Kosovsko Pomoravlje, lessons do not begin for Serb children

12:23 GRACANICA , Sept 5 (Tanjug) - Lessons for Serb
children have not still begun in Kosovsko Pomoravlje,
eastern part of the province, since security
conditions have not been provided for, so that
teachers, parents and represntatives of the Serb
Return coalition at the Kosovo parliament have
demanded that UNMIK and KFOR provide security for
schools and school buses, and thus prevent future
tragedies children could be victims of.
"We demand that UNMIK and KFOR provide security in
schools and school buses, and prevent future tragedies
our children are victims of," the appeal said.


KOSOVO: MINORI PRIME VITTIME NUOVA ESCALATION DI VIOLENZE

(ANSA) - ROMA, 8 SET - Save the Children, insieme con le altre Ong che
costituiscono il Forum per i Diritti dei Minori in Kosovo (CARE,
Catholic Relief Services, Mercy Cops e l'Unicef come osservatore)
chiede ai leader politici del Kosovo ed alle forze di peace keeping di
fare tutto il possibile per prevenire atti di violenza contro i minori
e per costruire un futuro di pace e di sviluppo per tutti i giovani
kosovari, senza distinzione di etnia, religione o nazionalita'.
In un comunicato l' organizzazione sottolinea che in Kosovo i bambini
''sono le prime vittime di una nuova ondata di violenze''. Il 2 agosto
due ragazze di 11 e 14 anni sono state uccise a Pec (Peja in albanese)
dai colpi d'arma da fuoco esplosi da un auto in corsa da uomini non
identificati. Il 13 agosto a Gorazdevac (enclave serba poco fuori Pec)
due ragazzi di 11 e 16 anni sono stati uccisi dalla raffica di un auto
in corsa mentre facevano il bagno nel fiume che attraversa la
cittadina. Entrambi gli episodi sono stati attribuiti alle formazioni
estremistiche albanesi.
Negli ultimi mesi , inoltre, -prosegue il comunicato- si sono
registrati numerosi casi di violenze contro la comunita' serba.
Bambini e adolescenti sono quelli che stanno pagando il prezzo piu'
alto.
Il diritto dei minori alla vita e alla protezione in situazioni di
conflitto - si ricorda nel comunicato - e' stabilito dalla Convenzione
ONU sui Diritti dei minori ed e' accolto dalla maggior parte degli
ordinamenti legislativi nazionali e internazionali. COM-BON/IAT
08-SET-03 11:32 NNNN
08/09/2003 16:03


http://www.b92.net/english/news/
index.php?&nav_category=&nav_id=24717&order=priority&style=headlines
BETA, September 23, 2003

Assailants stone convoy of Serb children

PEC -- Monday – A bus convoy carrying Serb children
was stoned today on the Kosovska Mitrovica-Pec road in
Kosovo, Beta news agency reports.
Windows were broken by none of the children were hurt.
The children were returning to Gorazdevac from
Belgrade where they met Serbian Prime Minister Zoran
Zivkovic.


=== UCCISO IN AGGUATO AGENTE ALBANESE ===


KOSOVO: UCCISO IN AGGUATO AGENTE ALBANESE

(ANSA) - PRISTINA, 7 SET - Un agente albanese del corpo di polizia
del Kosovo (Kpc) e' stato ucciso la notte scorsa in un agguato
avvenuto nel villaggio di Ponushe nel Kosovo occidentale a ridosso
con il confine dell'Albania: l'ha detto all'Ansa Andrea Angeli,
portavoce della missione delle Nazioni Unite (Unmik). L'agente,
Hajdar Ahmeti, 27 anni, era appena smontato dal servizio e a bordo
della sua autovettura stava rientrando a casa quando un gruppo di
uomini armati ha aperto il fuoco con armi automatiche, uccidendolo
sul colpo. Non si conosce al momento il movente di questa uccisione,
ne' se sia legata ad eventuali indagini svolte dall'agente.
Appena 24 ore prima nel vicino villaggio di Irzniq, sconosciuti
avevano compiuto un altro omicidio uccidendo un uomo, Halil Cekaj:
anche in questo caso gli autori sono finora sconosciuti. (ANSA).
BLL-COR/MGG
07/09/2003 11:11


=== SVENTATO IL RAPIMENTO DI DUE RAGAZZE,
UN'ALTRA VIENE BASTONATA A GNJILANE ===


http://www.slobodan-milosevic.org/news/tanjug090803.htm

Kidnapping attempt of two young Serbian women in Dobrotin village

Tanjug - September 8, 2003
15:41 KOSOVSKA MITROVICA  - A group of ethnic Albanians on Monday
attempted to kidnap Dusica Popovic (23) and Milena Curcic (15) in the
village of Dobrotin, central Kosovo-Metohija, regional television
"Most" in Zvecan reported.
It is specified that the incident took place around 11.00 in the
village center when a white ford fiesta stopped and the driver and
passengers tried to force the two Serb women into the car.
Copyright 2003 Tanjug News Agency
Posted for Fair Use Only


http://www.slobodan-milosevic.org/news/beta092403.htm

Girl stabbed in Kosovo

Beta - September 24, 2003
GNJILANE -- A 16-year-old girl was stabbed this morning near the town
of Gnjilane in Kosovo, a spokesman for the UN mission in the province
told Beta news agency.
Andrea Angeli said the girl had suffered two stab wounds to the chest,
but that she was not in a critical condition.
Kosovo Serb sources told Beta that a Roma girl had been raped and
stabbed in the Gnjilane area this morning. Angeli said he could not
confirm the report but that an investigation was underway.
Copyright 2003 Beta News Agency
Posted for Fair Use only.


=== SOLDATI KFOR TRAFFICANO SIGARETTE ===


KOSOVO: ARRESTATI DUE SOLDATI KFOR, TRAFFICAVANO SIGARETTE

(ANSA) - PRISTINA, 12 SET - Due soldati ucraini appartenenti al
contingente a comando americano della Kfor (forza di pace a guida
Nato), sono stati arrestati oggi a Ferizaj (nel Kosovo orientale) con
l'accusa di contrabbando di sigarette. Insieme con loro sono finiti
in carcere anche due cittadini albanesi della Macedonia. Lo ha detto
all'Ansa Andrea Angeli, portavoce della missione delle Nazioni Unite
(Unmik). Al momento dell'arresto i soldati ucraini stavano
scaricando da bordo di un camion militare sigarette per una valore di
circa 200mila Euro. La polizia dell'Unmik, che ha condotto
l'operazione, sospetta che le sigarette siano state importate
illegalmente dalla vicina Macedonia, proprio grazie alla copertura
offerta dal veicolo militare ucraino che come tutti i mezzi della
Kfor non era sottoposto a controlli di dogana. Nella brigata
multinazionale est della Kfor a comando Usa, sono inquadrati circa
350 militari ucraini ai quali e' affidata la sicurezza delle
cittadine di Kacanik e Sterpce, entrambe a ridosso della frontiera
macedone. (ANSA) BLL
12/09/2003 19:12


=== LAUREA HONORIS CAUSA PER BILL CLINTON ===


KOSOVO: USA, CLINTON ESORTA ALBANESI A PERDONARE

(ANSA-AFP) - PRISTINA, 19 SET - L'ex presidente americano Bill
Clinton, in visita a Pristina, capoluogo della provincia serba del
Kosovo amministrata dall'Onu, ha esortato oggi la maggioranza
albanese a perdonare e a non cercare vendetta. Durante un discorso
tenuto all'universita' di Pristina, dove ha ricevuto una laurea
honoris causa, Clinton si e' detto ''onorato di aver fatto parte di
quelli che hanno liberato il Kosovo dall'oppressione'' dell'ex
presidente jugoslavo Slobodan Milosevic. ''Sta a voi decidere cosa
fare ora che Milosevic non e' piu' al potere - ha detto ai circa 200
studenti che lo ascoltavano -. Volete vendicarvi? Spero di no. Dovete
cercare di perdonare''. L'ex presidente americano - ricevuto in
mattinata all' aeroporto di Pristina dal presidente kosovaro Ibrahim
Rugova - e' considerato un eroe dalla maggioranza albanese del
Kosovo. Clinton era alla guida dell' amministrazione Usa durante i
bombardamenti della Nato del 1999 contro l'allora Jugoslavia, e aveva
gia' visitato il Kosovo nel novembre di quell'anno. A quattro anni
dalla fine del conflitto, in Kosovo le violenze antiserbe sono ancora
frequenti. Piu' di 200.000 serbi hanno lasciato la provincia per non
essere presi di mira dagli estremisti albanesi. Quelli che sono
rimasti - tra 80.000 e 120.000 - vivono in gran parte in 'enclaves'
protette dai soldati della Nato. Dopo una visita a Camp
Bondsteel, che con i suoi 2.000 soldati e' la base americana piu'
importante nella regione, nel tardo pomeriggio Clinton lascera' il
Kosovo per la Bosnia. Domani, a Srebrenica, l'ex presidente
partecipera' all' inaugurazione di un cimitero per i musulmani
bosniaci massacrati nel luglio 1995. (ANSA-AFP). RED-DIG
19/09/2003 16:15


=== ATTACCATI CAMION BULGARI ===


http://www.novinite.com/view_news.php?id=14500
Novinite (Bulgaria), September 13, 2003

Bulgarians Attacked in Kosovo

Two Bulgarian trucks were attacked in Kosovo on their
way back to Bulgaria. That was announced Tuesday by
the Chief secretary with the Interior Ministry upon
his return from the United States. Five Bulgarian
nationals traveled with the trucks, the authorities
said. Five kilometers away from Pristina, one of the
vehicles waited for the other since they got lost on
the way. Just when the second truck arrived, the
Bulgarians were attacked as one of them - a 59
year-old Bulgarian was badly injured.


=== INCIDENTE UCCIDE SOLDATO KFOR SVEDESE ===


http://www.ptd.net/webnews/wed/ai/Qkosovo-nato-sweden.R7LX_DSD.html

Swedish soldier killed, another injured in blast in
Kosovo

PRISTINA, Serbia-Montenegro, Sept 13 (AFP) - A Swedish
soldier serving with NATO-led peacekeeping force in
Kosovo (KFOR) was killed and another was injured on
Saturday in an accidental blast in a military base,
KFOR officials said.
"One soldier was immediately killed and another was
severely injured when an explosive charge was
detonated by mistake in a Swedish military base" in
Avajlia, near the provincial capital Pristina, a
spokesman for the Swedish troops told AFP.
Kosovo became a UN protectorate in 1999 after NATO
forced Serbian forces controlled by then president
Slobodan Milosevic to relinquish the ethnic-Albanian
dominated province. Some 21,000 NATO soldiers serve
with KFOR troops in Kosovo.


=== RESTITUITI ALTRI 4 CADAVERI: MANCANO ALL'APPELLO 1 3 0 3
DESAPARECIDOS SERBI ===


http://www.b92.net/english/news/
index.php?&nav_category=&nav_id=24664&order=priority&style=headlines
FoNet, September 19, 2003

Serb bodies returned from Kosovo

MERDARE -- Thursday – The bodies of four Serbs killed
in Kosovo were handed over to their families at the
Merdare border crossing today.
The families took the bodies of 87-year-old Jovan
Lazarevic who was abducted in Djakovica, Petar Djuric
who was murdered in his Istok home, Gordana Jovanovic
(48), murdered in Prizren together with her husband
and another Prizren murder victim, Radivoje Drakulovic (67)
More than 209 bodies, eighty of which have been
identified, have been exhumed in Kosovo this year
according to Belgrade figures.


http://www.slobodan-milosevic.org/news/srna091803.htm

MORE THAN 1,000 SERBS ABDUCTED OR MISSING FROM KOSOVO SINCE 1998 -
ASSOCIATION

SRNA - September 15, 2003
Banja Luka - From 1998 up to this day 1,303 Serbs have disappeared from
Kosmet (Kosovo-Metohija), although this figure is not final, the
Association of Families of Abducted and Missing Serbs from
Kosovo-Metohija has said.
A member of the association's headquarters in Belgrade, Dragana
Majstorovic, told SRNA that of all the Kosmet Serbs who have been
abducted or missing since 1998, more than 90 per cent have been
abducted or missing since the arrival (in summer 1999) of
international stabilization forces - Kfor (Kosovo Force) - in this
southern Serbian province.
"We hope for all Serb associations to unite into one organization so we
can point to the real truth regarding the suffering of Serbs in areas
of the former Yugoslavia," Majstorovic added, whose 17-year-old son
Ivan, a secondary school student, disappeared on 19 August 1999 in
Pristina.

Source: SRNA news agency, Bijeljina, in Bosnian/Croatian/Serbian 1054
gmt 15 Sep 03
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VEDI ANCHE / SEE ALSO:
Vecernje Novosti: Serbian graves dug over in Kosovo and Metohija (by D.
Damjanovic)
http://www.kosovo.com/erpkim30sep03.html#1


=== INTIMIDAZIONI CONTRO I SERBI DI PODUJEVO ===


http://www.b92.net/english/news/index.php?nav_id=24673&style=headlines
B92, September 19, 2003

Kosovo Serb refugees allege intimidation

Podujevo -- Friday – Some 30 Kosovo Serb families have
postponed their return to the province claiming the
Albanian-language press has called on ethnic Albanians
to demolish their homes.
“The press has strongly criticised the project, saying
that each and every Albanian has the right to demolish
every such house,” said Caslav Bojovic, the head of
the Vidovdan Association of Serb Refugees from Kosovo.
Bojovic said that construction of the new homes in
Podujevo had been stopped.
Some 30 families had signed up to return to the
municipality just over the border from Serbia proper.
Just 20 of the 2,000 Serbs who lived in the
municipality before the conflict are left.


=== MINACCE DI MORTE AI GIORNALISTI ===


http://www.slobodan-milosevic.org/news/b92092203.htm

KOSOVO SERB MEDIA JOURNALISTS RECEIVE DEATH THREATS

Radio B-92 - September 21, 2003
A group of Kosovo journalists for media in the Serbian language were
ambushed by a vehicle from which the passengers delivered a death
threat. The journalists were returning from mass in Obilic.
Journalists of KIM Radio and the Voice of the South have told BETA that
persons dressed in camouflage gear had made throat cutting gestures at
them from a black Golf while they were leaving the centre of Obilic.
They slowed down their vehicle several times on the way to Pristina.
This incident has been reported to the police.

Source: Radio B92, Belgrade, in Serbian 1500 gmt 21 Sep 03
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=== IMBOSCATA AL CONFINE CON LA PROVINCIA ===


SERBIA: FERITO UFFICIALE IN IMBOSCATA PRESSO CONFINE KOSOVO

(ANSA-REUTERS) - BELGRADO, 24 SET - Un ufficiale dell'esercito
serbomontenegrino e' rimasto gravamente ferito oggi nella Serbia del
sud, vicino al confine con il Kosovo, quando la jeep sulla quale si
trovava e' stata fatta segno di colpi d'arma da fuoco. Lo hanno
riferito fonti militari. La sparatoria, destinata a rinfocolare le
tensioni nell'area ai confini con la provincia a maggioranza
albanese, sembra essere uno dei peggiori incidenti nella valle di
Presevo, che ha visto sporadici episodi di violenza da quando nel
2001 la guerriglia albanese ha siglato una tregua patrocinata dalla
Nato. Il ministro della difesa serbomontenegrino ha parlato alla
televisione di stato di un ''atto terroristico''. ''Questa e' una
continua escalation del terrorismo e mostra inoltre che i terroristi
albanesi non hanno abbandonato il loro scopo di creare una crisi
sull'immaginaria linea di confine della cosiddetta Grande Albania'',
ha aggiunto. Il capo della missione dell'Osce (Organizzazione per
la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), Maurizio Massari, ha
condannato in un comunicato il ''vile attacco'' aggiungendo che
l'Osce fara' tutto quello che e' nei limiti del suo mandato per
assicurare e mantenere la stabilita'. Secondo un comunicato
dell'esercito serbomontenegrino, l'incidente e'avvenuto intorno alle
16:30 (locali e italiane) sulla strada che porta al villaggio di
Dobrosin, un'ex roccaforte dei guerriglieri. Sono stati sparati
contro la jeep circa 50 colpi. L'ufficiale, un maggiore, e'stato
colpito alla testa, ad un braccio e allo stomaco ma non e' in
pericolo di vita. L'autista invece e' rimasto illeso. (ANSA-REUTERS).
GGI 24/09/2003 23:22


http://www.b92.net/english/news/
index.php?&nav_category=&nav_id=24758&order=priority&style=headlines
B92, September 25, 2003

Soldiers ambushed in southern Serbia

BELGRADE -- Wednesday – A major in the
Serbia-Montenegro army has been shot and wounded in an
ambush in southern Serbia, B92 reports.
The major was wounded when his vehicle came under
machine-gun fire at about 4.30 this afternoon on the
Lucane-Dobrosin road. He was transported to hospital
in Vranje.
A second soldier was shot but escaped unhurt thanks to
his bulletproof vest.
The Presevo valley, bordering UN-governed Kosovo, was
rocked by an ethnic Albanian insurgency in 2001.
Though a NATO-backed plan brought an end to the worst
of the violence, tensions remain between the Serb and
ethnic Albanian populations.
The OSCE mission to Serbia-Montenegro quickly
condemned the attack, which it blamed on “terrorists”.
Ambassador Maurizio Massari said the attackers “do not
have the right to negatively affect stability in this
multi-ethnic constituency. The OSCE Mission will do
everything within its mandate to ensure that stability
and security are maintained in southern Serbia.”
Nebojsa Covic, the head of Belgrade’s Coordination
Centre for Kosovo, has travelled to Vranje to visit
the injured major.


http://www.b92.net/english/news/
index.php?&nav_category=&nav_id=24760&order=priority&style=headlines
Beta, September 25, 2003

Belgrade condemns “terrorist” attack

BELGRADE -- Wednesday – Belgrade has accused ethnic
Albanian “terrorists” of trying provoke a military
reaction in southern Serbia, after an army officer was
shot three times in an ambush this afternoon near the
town of Lucane.
“It is another attempt to escalate the conflict in the
southern municipalities and former Ground Safety Zone.
After a period of quiet, Albanian terrorist groups
have resumed activities”, Boris Tadic,
Serbia-Montenegro’s defence minister, said tonight.
Major Rahman Bandic was shot in the head, chest and
pelvis when attackers opened machine-gun fire on his
vehicle on the Lucane-Dobrosin road. He was taken to
hospital in Vranje, and later transferred to the
Military-Medical Academy in Belgrade, where his
condition is said to be stable.
The town of Lucane is a former stronghold of the
Liberation Army of Presevo, Medvedja and Bujanovac, an
ethnic Albanian extremist group that led a wave of
attacks on Serbian police and army units in 2001 in
the Presevo valley, a region of southern Serbia
bordering Kosovo.
Tadic accused Albanian extremists of trying to provoke
the Serbia-Montenegro military and win the attention
of the international community. He claimed they
included members of the Kosovo Protection Corps, a
civil unit created by the United Nations mission in
Kosovo from the ranks of the disbanded Kosovo
Liberation Army.
“Our operative data indicates that these are not only
members of the illegal Albanian National Army, but
also people from the Kosovo Protection Corps who have
their own political benefactors,” he said.


http://www.rferl.org/newsline/2003/09/4-SEE/see-250903.asp
[Note: The official US government site Radio Free
Europe has for years been employing the
politically-charged spelling Kosova for the
internationally-recognized Serbian province of Kosovo.]
Radio Free Europe/Radio Liberty, September 25, 2003

SHOOTING INCIDENT IN SOUTHERN SERBIA

An unknown gunman or gunmen fired about 50 bullets at
a jeep carrying Serbian Army Major Rahman Bandic near
Dobrosin in the Presevo Valley region of southern
Serbia on 24 September, injuring him but not
seriously, Reuters reported. In Belgrade, Serbia and
Montenegro's Defense Minister Boris Tadic called the
incident a "terrorist attack." He said that not only
the shadowy Albanian National Army (AKSH) but also
Kosova's Civilian Defense Corps (TMK) have had a role
in recent violence in the region, RFE/RL's South
Slavic and Albanian Languages Service reported. An
OSCE spokesman described the shooting as a "cowardly
act of violence." Dobrosin is near the border with
Kosova and was the scene of guerrilla activity in
2000-01. During the summer of 2003, the Serbian
authorities frequently accused unnamed "Albanian
extremists" of seeking to destabilize southern Serbia
through violence. Local Albanians charged that the
Serbian authorities were themselves exacerbating
tensions as an excuse for a crackdown on the region's
large ethnic Albanian population. PM


http://www.b92.net/english/news/
index.php?&nav_category=&nav_id=24772&order=priority&style=headlines
Beta, September 27, 2003

Army major recovering after shooting

NIS -- Thursday – Serbia-Montenegro army major Rahman
Bandic is recovering in hospital after being shot
three times yesterday afternoon in southern Serbia.
Sreten Milenkovic, head of the Military Hospital in
Nis, said that Bandic was recovering well after being
operated on last night.
The officer was shot in the head, chest and pelvis
when his military vehicle came under fire on the
Lucane-Dobrosin road. Serbia-Montenegro defence
minister Boris Tadic blamed ethnic Albanian
“terrorists” who he said were trying to destabilize
the situation in southern Serbia.


=== TENTATA ELIMINAZIONE TESTIMONE CRIMINI UCK ===


KOSOVO: BOMBA CON COMANDO A DISTANZA CONTRO TESTIMONE

(ANSA) - PRISTINA, 26 SET - Un attentato esplosivo e' stato compiuto
oggi nel Kosovo occidentale contro un albanese che aveva testimoniato
in un importante processo, che vedeva coinvolti ex guerriglieri dell'
ormai disciolto Esercito di Liberazione del Kosovo (Uck).
L'attentato, avvenuto nella citta' di Pec, e' stato compiuto con un
ordigno comandato a distanza, che e' esploso al passaggio dell' auto
sulla quale viaggiava il testimone. Il veicolo era blindato e
questo ha evitato che la potente deflagrazione provocasse vittime.
La notizia dell' attentato e' stata confermata all' Ansa da Andrea
Angeli, portavoce della missione delle Nazioni Unite (Unmik), il
quale tuttavia non ha fornito dettagli sull' identita' dell'
obiettivo dell' esplosione ne' sul suo movente. Altre fonti
investigative hanno tuttavia riferito che l'uomo era stato in passato
comandante delle Fark, un movimento di guerriglia che prima del
conflitto del 1999 in Kosovo, che vide la partecipazione della Nato,
era in contrapposizione con l'Uck. Il testimone, del quale non e'
stata rivelata finora l'identita', aveva recentemente testimoniato ad
un processo che vedeva imputati importanti comandanti dell' Uck,
tutti condannati con l'accusa di aver compiuto crimini contro la
popolazione locale. (ANSA). BLL/FV 26/09/2003 16:14


http://sg.news.yahoo.com/030926/1/3ei2g.html
Agence France-Presse, September 27, 2003

Kosovo trial witness narrowly escapes death

A Kosovo witness in a high-profile murder case
narrowly escaped an assassination attempt, officials said.
Ramiz Muriqi, a prosecution witness in the trial of
five former rebels jailed for illegally detaining and
murdering four fellow ethnic Albanians in 1999, was
targeted in the attack using an explosive device
placed in a manhole.
The attack happened early Friday in the western town
of Pec when the device was set off as Muriqi drove
over the manhole.
"This was a cowardly act that we believe was aimed at
Muriqi and took place in a densely populated area in
Pec, close to a children's playground," said Joel
Singelton, spokesman for the UN police in the town
some 85 kilometers (50 miles) west of the capital Pristina.
Singleton said no suspects have been arrested.
Earlier this year two other witnesses in the
well-publicised trial were assassinated after the
former members of the now disbanded Kosovo Liberation
Army received up to 15 years for the murders.
Kosovo came under UN and NATO control in June 1999
after the Alliance waged a 78-day bombing campaign
against Yugoslav forces to punish them for their
crackdown on ethnic Albanians in Kosovo.


=== MANIFESTAZIONE DI PROTESTA DEI GIOVANI
SERBO-KOSOVARI DAVANTI ALLE AMBASCIATE ===


http://www.tanjug.co.yu/EYug.htm#Kosovo-
Metohija%20Youth%20Association%20holds%20protest
Tanjug, September 27, 2003

Kosovo-Metohija Youth Association holds protest

20:48 BELGRADE , Sept 26 (Tanjug) - About 100 members
of the Democratic Association of Young People of
Kosovo-Metohija and Serb People's Assembly of Metohija
rallied in Belgrade on Friday and after a three-hour
protest stroll along the central city streets, they
handed over a demarche to representatives of the
Embassies of France, Italy, Great Britain, Germany and
the United States, which contribute staff to the UNMIK
and KFOR missions in Kosovo.
The demarche, read out by Association representative
Boris Mandic, called on Western governments to make
efforts aimed at finding and bringing before the
Hague-based war crimes tribunal the perpetrators of
crimes against Serbs and other non-Albanians and that
the UN Security Council declare the Albanian national
army a terrorist organisation.


http://www.b92.net/english/news/
index.php?&nav_category=&nav_id=24783&order=priority&style=headlines
Beta, September 27, 2003

Kosovo Serbs protest in Belgrade

BELGRADE -- Friday – Around 100 Serbs from Kosovo have
begun protesting in Belgrade outside the embassies of
countries with a military presence in the UN-governed
province.
The members of the Kosovo Democratic Youth Association
and the Serb National Council of Metohija are calling
for the arrest of those responsible for the killing of
two Serb youths in the town of Gorazdevac in August.


=== ANZIANO SERBO PICCHIATO ===


http://www.tanjug.co.yu/
EYug.htm#Two%20ethnic%20Albanian%20youths%20beat%20up%2072-year-
old%20Serb
Tanjug, September 27, 2003

Two ethnic Albanian youths beat up 72-year-old Serb

20:33 PRIZREN , Sept 26 (Tanjug) - Two ethnic Albanian
youths have beaten up 72-year-old Janko Jankovic in Prizren.
The Serbian Orthodox Church's Ras and Prizren Eparchy
said on Friday that Jankovic had sustained serious
injuries to the head and arms.


=== TENTATA ELIMINAZIONE DELL'INVIATO DEL
GOVERNO E VICE PREMIER SERBO, NEBOJSA COVIC ===


http://www.slobodan-milosevic.org/news/tanjug092903.htm

Ethnic Albanian extremists made assassination attempt on Covic

Tanjug - September 29, 2003
09:52 BELGRADE - Ethnic Albanian extremists in South Serbia have made
an assassination attempt on Serbian Deputy Premier Nebojsa Covic, the
Belgrade daily Vecernje Novosti said in its Monday issue.
Knowing that Covic would leave for Presevo to confer with
representatives of the local authority, following a session of the
municipal assembly, extremists made an ambush on the Bujanovac-Presevo
road.
Copyright 2003 Tanjug News Agency
Posted for fair use only.


=== LA NATO IN KOSOVO - IL KOSOVO NELLA NATO ? ===


http://www.mia.com.mk/ang/glavnavest/lastvest.asp?vest=\Refresh1\191-
2709.htm
Macedonian Information Agency, September 29, 2003

IMPLEMENTING THE ADRIATIC CHARTER CONFERENCE

A two-day Ohrid Conference on Implementing the
Adriatic Charter has began with the panel discussion
on "The Challenges that Adriatic Group Face With," led
by the host, the Macedonian Foreign Minister Ilinka
Mitreva.
The signing of the US-Adriatic Charter four months ago
in Tirana, Albania, was the factor of new partnership
in Europe, building of model of regional co-operation
and speeded up processes for integration of the three
countries in Europe, Macedonian Foreign Minister
Ilinka Mitreva said.
The accomplishment of the strategic goal means solid
foundation for peace and prosperity in the European
region, Mitreva said, adding "we are fully aware of
the importance of this moment in the European history
and we are also prepared to take our responsibility
contributing to security as safer partners, NATO -
allies and finally as EU members."
She pointed out the US support as the partner to the
Adriatic Charter, the support of the 19 NATO
member-states at the recently held Prague Summit and
support of the leaders of Visegrad Group and Vilnius
Group.
"The implementing the Adriatic Charter demands
combination of interior reforms and regional and
multilateral co-operation. Everything we do in order
to fulfil our joint aspirations to join the European
institutions will be the partnership of individual
accomplishments and collective political action,"
Mitreva said. She said that the countries from the
region should put up the challenge by themselves in
finding the ways to speed up the reforms in the
society and to develop more perfect mechanisms for
regional co-operation.
Foreign Minister welcomed the guests from other
countries of the region emphasising that the
membership in the Adriatic Charter is always open.
Mitreva at the panel discussion said that countries
aspirants on their path to NATO and EU should focus on
issues on what can be done for sooner implementation
of the interior reforms, and especially on threats
which represent a real danger for European democracies
in development of the region, like the crime,
corruption, illegal traffic in weapons, drugs and
people.
Bruce Jackson, Director of the Project on Transitional
Democracies, said that the Adriatic Charter is a
framework for democratic processes in the region and
if accomplished, will lead these countries to NATO.
Jackson said that the ministers who participate at
Ohrid Conference expressed preparedness to cooperate
with Serbia and Montenegro and Bosnia and Herzegovina
and on afternoon session it is possible to build a
position on enlargement of the Adriatic Group from
three to five countries.
No talks on Kosovo have been led at the first panel
discussion.
Answering the question whether Kosovo should be
included in the Adriatic Group and Euro-Atlantic
integration processes, Bruce Jackson stressed "the
best help for this region would be if all are included
in the integration processes."
"There is much promise of the fact that Defence
Ministers in this region discuss and work together.
This does not mean that they must agree on everything
immediately. It needs time for this," Carl Bildt, the
former Swedish PM, said after the first panel
discussion.
He said that we are on a good path than before but
much had to be done. "Many mistakes had been done on
the Balkans in the past 10 years and they should be
disclosed," Bildt said, expressing his concern over
the economic and social situation in the region.
He considers that there are no real threats for the
Balkans, and the world faces with the threats of the
organised crime and the terror. Bildt assessed that if
Serbia and Montenegro and Bosnia and Herzegovina are
to be included in the Adriatic Charter it will mean an
important step, warning that the international
community can not only help the Balkans but the
countries from the region must help themselves by
continuation of the democratic processes.
"The international community is here to help and not
to decide," Carl Bildt said.
At the opening of the Adriatic Charter Conference in
Ohrid on, U.S. Ambassador Lawrence Butler delivered a
message from Secretary of State Colin Powell to the
Conference participants.
He congratulated on the commitments of the countries
to enhance co-operation among the nations of southeast
Europe and to advance each of Macedonia, Croatia and
Albania partnership with NATO. He said he was proud
that was able to join the countries in Tirana in May
for the signing of the Adriatic Charter.
"You and your neighbours are on a clear path towards
Euro-Atlantic Integration, and the United States
supports that process for each nation in the region.
However, each of you must do the difficult work of
reform," reads the message.
"Your work together in the region to expand
co-operation between your states and at home to
further the development of democracy and market
economies demonstrates your commitment to achieve
together a new level of peace and prosperity for all
your peoples. On behalf of the United States, I wish
you continued success in this joint endeavour," reads
the message from US Secretary of State Colin Powell.
A working experts group is to be formed to prepare and
elaborate the strategy, programme and future projects
by the countries-signatories of the Adriatic Charter.
Several informal bilateral meetings between the
participants will be held in the margins of the
conference.
The Adriatic Charter signing ceremony was held on May
2, 2003 in Tirana by the Foreign Ministers of
Macedonia, Albania and Croatia Ilinka Mitreva, Ilir
Meta and Tonino Picula, and the US Secretary of State
Colin Powell.
Numerous meetings at different levels were realised
within the frameworks of the political, defensive and
parliamentary dimension as well as protection of the
exchanged information in the Adriatic Charter.
Ninety journalists from Macedonia and abroad follow
the Ohrid Conference.


=== ALTRI LINK:


Albania: Great and Greater (by Gary Brecher)

http://www.exile.ru/174/174052003.html

Presentation of the Memorandum on Kosovo and Metohija of the Holy Synod
of Bishops of the Serbian Orthodox Church

http://www.kosovo.com/erpkim05sep03b.html

Serbian-Montenegrin parliament adopts Resolution on Kosovo-Metohija

http://www.serbia.sr.gov.yu/cgi-bin/printpage.cgi?filename=/news/2003-
09/05/330718.html

Comment: Asleep at the wheel in Kosovo
(Misha Glenny, The Guardian 9/9/2003)

http://www.guardian.co.uk/print/0,3858,4749386-103677,00.html

Politika: UNMIK is manipulating numbers of Serb returnees

http://www.kosovo.com/erpkim23sep03.html#3

One more Serbian Orthodox Church vandalized in Kosovo

http://www.kosovo.com/erpkim24sep03.html

Life between barbed wire and fear

http://www.kosovo.com/erpkim27sep03.html
Contains:
71-YEAR OLD SERB HEAVILY BEATEN IN CENTRE OF PRIZREN
AFP - KOSOVO TRIAL WITNESS NARROWLY ESCAPES DEATH
KOSOVO SERBS PROTEST IN BELGRADE
SERB HOUSE IN ORAHOVAC ROBBED AND SET ON FIRE
COLIN POWEL MET SCG PRESIDENT MAROVIC IN NEW YORK

http://www.primorski.it/zgodovina/storia.html


Milan Pahor

L'attività pubblicistica slovena in Italia
prima del 2° conflitto mondiale

Lo sloveno nella stampa: Descrizione dell'attività giornalistica
slovena a Gorizia e Trieste tra la metà del secolo XIX e la metà del
secolo XX.


L'uscita del Primorski dnevnik fu preceduta da varie pubblicazioni che
videro la luce nel periodo tra le due guerre e durante
l'amministrazione austro-ungarica e che per certi versi, fecero
indubbiamente da modello per l'attuale quotidiano. Sotto questo
aspetto, naturalmente, vanno considerati in primo luogo i quotidiani,
ma non vanno dimenticate le pubblicazioni dei decenni precedenti che
hanno contribuito alla diffusione della lingua slovena a Trieste e nel
circondario ossia, in senso più ampio, nel Litorale.

Il precursore più recente è stato indubbiamente il Partizanski dnevnik
(Quotidiano Partigiano) (26 novembre 1943 - 7 maggio 1945), mentre il
Primorski dnevnik (Quotidiano del Litorale) ha visto la luce il 13
maggio 1945. Un altro predecessore è stato l'Edinost di Trieste
(1876-1928); il primo numero reca la data dell'8 gennaio 1876.
L'Edinost è stato l'organo d'informazione degli sloveni di Trieste e
successivamente degli sloveni di tutto il Litorale. Nato come
quattordicinale, nel 1880 diventò settimanale per assumere, nella
seconda metà del 1882, cadenza bisettimanale; dall'inizio del 1894 uscì
tre volte alla settimana, in edizione mattutina e serale. Nell'aprile
del 1898 diventò quotidiano con addirittura due edizioni giornaliere.
Nel 1900 assunse l'aspetto di un classico quotidiano, con un'unica
edizione giornaliera. In quegli anni veniva saltuariamente pubblicata
anche un'edizione serale, il Novičar (Il Cronista). Per tutto il 1914
e per parte del 1915 l'edizione serale si chiamò Večerna Edinost (Unità
della Sera). Una volta fallito il tentativo degli sloveni di Trieste e
del movimento dei giovani intellettuali sloveni di Gorizia di
costituire un organo di informazione comune, il giornale divenne organo
d'informazione del circolo politico Edinost. Fin dalle origini tale
pubblicazione si ispirò dichiaratamente ai principi di indipendenza,
di libertà e di pace, prendendo a cuore gli interessi della propria
gente. Gli editori promisero inoltre di non occuparsi di questioni
religiose. Nel corso dei decenni, tale programma è stato
sostanzialmente rispettato: a Trieste infatti non si sono scatenate,
fra gli sloveni, le grandi contrapposizioni di carattere
liberal-clericale come altrove.

Indice:
Il periodo precedente all'uscita dell'Edinost
L'epoca dell'Edinost
I giornali sloveni a Gorizia
L'epoca del Regno d'Italia
La stampa clandestina durante la guerra

---

http://www.primorski.it/zgodovina/storia1.html

Milan Pahor
L'attività pubblicistica slovena in Italia prima del 2° conflitto
mondiale

Il periodo precedente all'uscita dell'Edinost

L'Edinost di Trieste non potè ovviamente sorgere dal nulla, bensì
nacque quando furono maturate le condizioni necessarie. E fra gli
ambienti sloveni di Trieste, la presa di coscienza della propria
identità è andata maturando proprio grazie alle pubblicazioni che
videro la luce prima dell'Edinost

Soffermiamoci pure al 19° secolo, per non andare troppo indietro nel
passato. Risulta quanto mai eloquente il bando pubblicato nel 1816
sulla gazzetta ufficiale Osservatore Triestino. Il bando, firmato dal
direttore Fran de Baiardi, prevedeva che i candidati al posto di
segretario comunale conoscessero «perfettamente la lingua tedesca,
italiana e cragnolina». Dunque già sessant'anni prima della nascita
dell'Edinost veniva ufficialmente riconosciuta l'esistenza e l'uso
della lingua slovena. In verità si trattò solo di un bagliore nelle
tenebre in quanto doveva ancora seguire l'era assolutista del principe
di Metternich. Solo alcuni anni prima della della rivoluzione del marzo
1848 possiamo scorgere alcuni segni di disgelo. Di quel periodo sono
rimasti noti due tipografi sloveni di Trieste: Ivan Marinčič e Ivan
Papš. Nella tipografia del primo fino al 1843 venne stampato il
giornale Osservatore Triestino. Il secondo, che si fregiava del titolo
di «tipografo del governo Ivan Papš», nel 1846 diede alle stampe il
testo scolastico Berilo (Sussidiario per la seconda classe elementare)
e l'anno seguente un'edizione ridotta della Kranjska pismenost (La
Cultura nella Carniola) del Vodnik.

Con la tempesta politica del 1848 un vento nuovo scosse e ripulì
quell'atmosfera stagnante. Gli intellettuali sloveni e croati di
Trieste costituirono una società comune, lo Slavjansko društvo
(Associazione Slava). Alla prima solenne assemblea (6 dicembre 1848)
tracciarono un ampio programma politico-nazionale e culturale. Alla
guida fu eletto il poeta Jovan Vesel - Koseski. Nel 1849 lo Slavjansko
društvo pubblicò sei numeri dello Slavjanski Rodoljub (Patriota
Slavo), primo giornale sloveno di Trieste. Si trattava di un mensile
politico, con articoli in lingua slovena e croata e diretto dal
vicepresidente della società, Ivan Cerar. Nel marzo del 1850 troviamo
un nuovo organo d'informazione della società, Jadranski Slavjan,
«giornale istruttivo su vari argomenti, utili alla gente», diretto da
Šimen Rudmaš. Ma anche il nuovo mensile non andò oltre i sei numeri.
Del 1850 è anche l'importante pubblicazione Cvetje jugoslavljansko I.
(Fiori della Poesia Slovena), curato da Ivan Macun. Lo Slavjansko
društvo ben presto smise i panni prettamente politici per adeguarsi
alle aspettative della società borghese e trasformarsi, con gli anni,
nella Slavjanska čitalnica. Nel 1853 diede alle stampe il Koledarček
(Calendarietto), curato da Josip Godina-Verdeljski. Nel 1854 il
Koledarček non potè uscire, in quanto impedito dalle autorità. I 13
anni che seguirono furono di nuovo anni oscuri caratterizzati da un
generale ristagno dell'attività culturale. In campo politico-nazionale
merita di essere ricordata (1865) solo la prima elezione di Nabergoj,
Nadlišek, Danev, Cegnar nel Consiglio Comunale di Trieste, dove
rappresentavano il circondario.

L'anno seguente, il 1866, segnò l'inizio di un nuovo periodo nella
storia del giornalismo sloveno a Trieste. L'intraprendente maestro Ivan
Piano di San Giovanni si affermò pubblicamente, assieme a Josip Godina,
come editore dell'Ilirski Primorjan, un «giornale educativo, colto e
divertente» che usciva due volte al mese. Nel 1867 tale pubblicazione
cambiava nome, chiamandosi Slovenski Primorec (Lo sloveno del Litorale)
e trasformandosi in settimanale, che continuò ad uscire fino alla fine
del 1869. Il direttore era Vekoslav Raič, che ebbe come principale
collaboratore Fran Cegnar, scrittore e poeta. Nel periodo
luglio-dicembre 1866 Josip Godina-Verdeljski curò la pubblicazione del
Tržaški Ljudomil (Il Benefattore Triestino), «giornale politico
istruttivo e divertente».

Nel 1869 Gašpar Martelanc fondò lo Jadranska Zarja (Alba Adriatica),
quindicinale politico chiuso nel luglio del 1870. Nel contempo
Martelanc editò anche il primo giornale umoristico, Juri s pušo
(Giorgio con lo schioppo), di cui fu proprietario e direttore. Nel
sottotitolo si leggeva «un tedioso giornale per coloro che non
appartengono al popolo italiano e quello tedesco, ma si danno da fare
per l'italianizzazione e la germanizzazione e per altre persone goffe».
A causa dei contenuti del giornale Martelanc si trovò nel dicembre 1869
sul banco degli imputati e dovette subire un processo. Dopo essere
stato assolto, pubblicò tre numeri di un altro giornale umoristico, il
Petelinček (Il galletto). Negli anni 1870-1871 uscì anche il giornale
Pomorstvo in trgovina (Commercio Mercantile). Nel 1870, il vescovo
Jurij Dobrila fondò a Trieste il giornale Naša sloga (La Nostra Unità),
dedicato alla popolazione dell'Istria. Nel 1871 a Gorizia vide la luce
il giornale Soča (Isonzo), inizialmente diretto da Viktor Dolenc,
divenuto poi, dopo il suo trasferimento a Trieste, giornalista
dell'Edinost. Vari furono i tentativi di unificare i giornali Soča ed
Edinost, ma nessuno di questi ebbe successo. Anche Soča è stato un
precursore del Primorski dnevnik.

Nel 1871 nasce a Trieste un nuovo «giornale politico e istruttivo», il
Primorec (L'abitante del Litorale), diretto da Vekoslav Raič. Nel
decennio 1866-1876 videro la luce numerosi giornali che potenzialmente
prepararono il terreno all'Edinost di Trieste. Fra le varie iniziative
editoriali che sbocciarono in questo periodo va ricordato il libro Opis
in zgodovina Tersta in njegove okolice ( Storia di Trieste, e del suo
circondario), scritto da Josip Godina e uscito nel 1872. Nell'anno
precedente la tipografia Rupnik e altri avevano dato alle stampe
l'almanacco letterario Pomladansko cvetje (Fiori di primavera), redatto
dal già citato Vekoslav Raič. Lo stesso Raič scrisse l'opuscolo
Potrebe delavcev društva za Slovence v Trstu (Aspettative degli operai
sloveni a Trieste), uscito nel 1869 su iniziativa del circolo dei
lavoratori Čbela, diretto da Fran Cegnar. Tra le altre pubblicazioni,
di questo periodo ci sono anche delle opere minori di Josip Godina -
Verdeljski.

Il fermento che si registrava in campo editoriale coincideva con il
fermento che caratterizzava l'attività culturale e politica. A partire
dal 1868 a Trieste e nel circondario furono aperte varie sale di
lettura ed organizzati dei raduni popolari (i cosiddetti «tabori»).
Tale fermento politico, nazionale e culturale portò nel 1876 alla
fondazione del giornale Edinost che per lunghi decenni avrebbe
caratterizzato la vita degli sloveni di Trieste e del circondario, e
la cui influenza si sarebbe fatta successivamente sentire in tutto il
Litorale.

Il crescente numero di pubblicazioni richiedeva naturalmente la
presenza di tipografie adeguate. Così, all'aumento della produzione di
stampa si accompagnò la creazione, a Trieste, di una rete di tipografie
slovene. E'eloquente il caso del giornale Edinost. Negli anni
1876-1880 venne stampato nella tipografia del Lloyd Austriaco, dal
giugno 1880 al 1884 invece in una nuova tipografia, diretta da Franc
Hvala. Proprio in questa tipografia fu stampato il libro Trst in
okolica (Trieste e il Circondario), scritto da Matija Sila e uscito nel
1882. Ma solo verso la metà degli anni ottanta fu aperta a Trieste una
tipografia che a ragione merita l'appellativo di prima azienda
tipografica slovena. La tipografia fu fondata nel 1884 da Viktor
Dolenc, imprenditore, commerciante, politico e giornalista. Dolenc fu
molto attivo nelle organizzazioni politico-nazionali; lo troviamo tra i
fondatori e i giornalisti del goriziano Soča e dopo il suo arrivo a
Trieste nelle file dell'Edinost. Quando entrò nella redazione del
giornale, era già ben conscio di quanto fosse importante avere una
propria tipografia per garantirsi l'indipendenza in campo editoriale.
Nacque così la tipografia Dolenc, presso la quale il giornale Edinost
continuò ad essere stampato anche dopo la morte del suo fondatore e
proprietario, fino al 1898. In quell'anno il circolo politico Edinost
fondò la cooperativa tipografica Tiskarna Edinost. L'inaugurazione
della nuova tipografia ebbe luogo il 2 aprile 1898. All'inizio la sede
si trovava in via Torrebianca, nel decennio 1904-1914 invece nel
Narodni dom, con l'entrata in via Galatti. Nel 1914 la tipografia si
trasferì in un proprio edificio, in via S. Francesco 20, dove operò
fino al 1928 quando fu soppressa con la forza dal regime fascista.
Oltre all'Edinost bisogna ricordare anche una serie di altre
pubblicazioni di quel periodo, caratterizzate però da saltuarietà.


http://www.primorski.it/zgodovina/storia2.html

Milan Pahor
L'attività pubblicistica slovena in Italia prima del 2° conflitto
mondiale

L'epoca dell'Edinost

A intervalli veniva pubblicato il giornale Juri s pušo che faceva
riferimento agli ambienti dell'Edinost. I numeri pubblicati vanno dal
9. 4. 1884 al 29. 5. 1886 e dal luglio 1886 al 26. 3. 1887. Il
sottotitolo recitava: «un tedioso giornale per coloro che non
appartengono al popolo italiano, quello tedesco e ungherese, ma si
danno da fare per la snazionalizzazione e per altre persone goffe». Lo
Delavsko podporno društvo (Società operaia di mutua assistenza), che
parimenti gravitava nell'ambiente dell'Edinost, curò tra il 21. 9. 1884
e il 30. 12. 1884 l'edizione dell'organo d'informazione Slovenski
delavec (Il Lavoratore Sloveno). Nello stesso ambito rientrava il
giornale culturale Slovanski svet (Mondo Slavo) (1888-1895) che veniva
dapprima stampato a Lubiana, poi nel periodo 31. 12. 1890 - 17. 8.
1895, a Trieste e infine a Vienna. Il giornale si proponeva di offrire
uno sguardo sul mondo culturale slavo; gli articoli erano per la
maggior parte in sloveno e croato, saltuariamente in russo e
cecoslovacco.

L'uscita del primo numero del Delavski list, avvenuta il 2.10.1890 a
Trieste, rappresentò, per i socialisti sloveni, la realizzazione delle
loro aspirazioni chè finalmente potevano disporre di un proprio
giornale dal sottotitolo significativo «giornale che cura gli
interessi del popolo lavoratore sloveno». Il giornale continuò ad
uscire fino al 16.5.1891, quando fu vietato.

Il giornale umoristico illustrato Brivec (Barbiere), «che esce ogni
secondo e ogni ultimo sabato del mese», fu pubblicato dal 10.1.1891 al
27.2.1892 e dal 10.10.1896 al 31.12.1902. Il 20 aprile 1893 apparve il
Primorski list (Foglio del Litorale). Si trattava di un «giornale
istruttivo per la popolazione slovena del Litorale» di impronta
cattolica: affrontava infatti i temi della religione, della scuola e
delle problematiche sociali da un'ottica cristiana. Significativo era
il suo motto «tutto per la fede, la famiglia, l'imperatore». Il
giornale era curato dal sacerdote Ivan Slavec. Dopo il 6.9.1894 fu
trasferito a Gorizia, dove continuò a uscire. Il 10 aprile 1894 si
cominciava a pubblicare a Trieste la rivista Il Pensiero Slavo che in
pratica portava avanti la concezione del giornale Diritto Slavo di
Pola, il quale già dal 1888 riportava articoli in croato e italiano.
Il Pensiero continuò ad uscire fino al settembre 1898, quando mutò la
denominazione in Le penseè slave con contributi in croato e francese.
All'inizio del 1903 ne nasce Slavenska misao, in cui la lingua
principale era il croato.

Negli anni 1893-1898 vennero pubblicati alternativamente due giornali
indirizzati ai lavoratori sloveni: il Delavec (Il Lavoratore) e la
Svoboda (Libertà). Essi riprendevano essenzialmente il discorso
iniziato dal Delavski list; inizialmente venivano stampati a Vienna,
poi dal 23.9.1897 a Trieste. Il loro motto era «Con l'unione delle
forze» e «Dalla lotta alla vittoria». Il 18 marzo 1898 il movimento
operaio organizzato sloveno a Trieste può contare su un vero giornale,
il Rdeči prapor (Bandiera rossa), nel contempo portavoce della
Jugoslovanska socijalnodemokratska stranka (JSDS), come allora veniva
chiamato il partito dei lavoratori. Il sottotitolo recitava
«colui che non sa pensare liberamente, non può lottare per la
libertà». Josip Zavertanik e Josip Kopač sono stati fra i suoi
principali giornalisti. Dopo il 20 ottobre 1905 la redazione fu
trasferita a Lubiana, dove prosegì le pubblicazioni.

Poco prima della fine del secolo apparve il giornale letterario
femminile Slovenka (Slovena), un supplemento speciale dell'Edinost
uscito negli anni 1897-1902. Con il 1° giugno 1898 troviamo anche il
Gospodarski list za Tržaško okolico (Foglio economico per il
circondario di Trieste), portavoce della Kmetijska e vrtnarska družba
za Trst in okolico. Il giornale uscì fino alla fine del 1900, dal 15
gennaio 1901 cambiò nome in Vinarski in vrtnarski list. Al 1899 risale
invece il settimanale Novi list (Il Giornale Nuovo), diretto dapprima
da Valentin Vouk e in seguito da Anton Švara. Pubblicato dal 7.1.1899
al 30.10.1907, si affiancò dell'Edinost. Come supplemento al Novi list
troviamo il Mali novičar (Il Piccolo Cronista) (dal 7.1.1899 al
27.12.1902), in cui l'attenzione principale era rivolta alla cronaca
illustrata.

Il nuovo secolo portò anche la rivista Slovenska družina (La Famiglia
Slovena) (1900-1901), diretta da Fran Godnik e stampata nella
tipografia dell'Edinost. Nel periodo 1.1.1901 - 18.7.1902 Ivan Turk e
Fran Babuder curarono la pubblicazione del giornale di orientamento
cristiano Svetilnik (Faro), con il quale si cercò di colmare il vuoto
lasciato dal Primorski list dopo il suo trasferimento a Gorizia. Per il
1902 rileviamo una piccola notizia: il 22.12. cominciò ad uscire Naša
žena (La Nostra Donna), curata principalmente da Marija Skrinjar. Nei
due anni successivi troviamo anche il giornale umoristico Škrat (Elfo)
(1903-1904) che portò avanti la tradizione della satira e
dell'umorismo giornalistico a Trieste.

Eccezionalmente ricca è stata la collezione di giornali dedicata al
movimento operaio. Negli anni 1908-1909 possiamo ricordare l'organo dei
socialisti cristiani Zarja (Alba), negli anni 1909-1910 il settimanale
Narodni delavec (Il Lavoratore Sloveno) che faceva riferimento agli
ambienti patriottici. In questo campo, la produzione giornalistica più
importante risulta essere quella dei social-democratici ossia dei
socialisti. Quando la redazione del Rdeči prapor si trasferì a
Lubiana, venne a crearsi un vuoto a cui si cercò in vari modi di porre
rimedio. Nel decennio che precedette lo scoppio della guerra possiamo
ricordare ancora vari titoli. Dal 1906 al 1915 venne pubblicato a
Trieste il mensile International in italiano e in sloveno, e quasi
contemporaneamente il giornale Železničar (Il Ferroviere) (1908-1915).
Successivamente nel periodo 1911-1914 apparve lo Stavbinski delavec
(L'Operaio Edile), nel 1914 anche il Kovinar (Il Metallurgico). Ma il
vero indirizzo politico negli anni 1908-1909 lo dava il Delavski list
curato da Ivan Regent. Nel sottotitolo si leggeva «organo dei
socialisti sloveni nel Litorale». Nel 1911, a Lubiana troviamo lo
Zarja, organo del partito socialdemocratico jugoslavo. Negli anni 1914
e 1915 lo Zarja uscì a Trieste, aggiungendo nel sottotitolo «organo del
popolo lavoratore sloveno». Particolarmente ricca è stata l'attività
editoriale nel 1915, proprio all'inizio della tempesta portata dalla
guerra. Nel maggio 1915, infatti, uscirono quattro numeri dello Zarja,
mentre nel mese di settembre furono stampati ben dodici numeri
giornalieri successivi. L'ultimo numero risale al 29 settembre 1915. A
confermare il carattere pluralista che pervadeva l'attività editoriale
sul finire dell'era austro-ungarica vi erano il giornale nazionalistico
Jutro (Il Mattino) (1912), il Vestnik Tržaške sokolske župe (Notiziario
della Sezione dei Falchi Triestini) (15 aprile 1912 - 26 marzo 1914),
e durante la guerra anche il calendario tascabile Vedež (Il Veggente)
(negli anni 1916-1918), diretto da Jaka Štoka.


http://www.primorski.it/zgodovina/storia3.html

Milan Pahor
L'attività pubblicistica slovena in Italia prima del 2° conflitto
mondiale

I giornali sloveni a Gorizia

La stampa slovena a Gorizia si è sviluppata sostanzialmente in
condizioni identiche a quelle di Trieste. Il numero delle tipografie a
Gorizia era minore che a Trieste, ma vi era maggiore considerazione per
le opere ed i giornali sloveni. Questo risulta comprensibile se
consideriamo la composizione nazionale della popolazione di Gorizia.
D'altro canto i contrasti politici tra i partiti a Gorizia erano più
sentiti che altrove ed i conflitti fra i partiti della vicina Carniola
avevano, nella città isontina, una vasta risonanza. L'attività
tipografica stava acquistando, nella vita politica, nazionale,
economica e culturale degli sloveni, uno spazio sempre più ampio. In
tale contesto, un ruolo centrale è stato svolto dalle due città
maggiori, Trieste e Gorizia. Le numerose tipografie appartenevano a
proprietari di nome e di stirpe slovena, ma se si considerava la
tipologia della loro attività non si poteva affermare che fossero
realmente slovene; poche erano le tipografie, sia a Trieste come a
Gorizia, che potevano essere definite come tali. Per quanto riguarda la
stampa, i giornali che suscitavano maggior interesse presso il
pubblico erano quelli che si adoperavano principalmente nel ribadire
l'affermazione degli sloveni in ogni campo della vita sociale.

L'attività editoriale slovena a Gorizia prende avvio verso la metà del
secolo scorso. Nel 1843, le Bleiweisove novice potevano contare a
Gorizia su 98 abbonati, per la maggior parte sacerdoti, allora quasi
gli unici ad avere un buon grado di istruzione. Nel 1848 il numero
degli abbonati era più che raddoppiato. Tra i corrispondenti delle
Novice si distinguevano, in particolare, il sacerdote Andrej Marušič e
il maestro Fran Zakrajšek, quest'ultimo si adoperò con impegno,
affinchè Gorizia avesse un giornale sloveno. Le condizioni tuttavia
non erano ancora mature e fu necessario attendere ancora per alcuni
anni. Per l'inizio del 1861, Zakrajšek si era riproposto di preparare
un almanacco letterario, ma fu preceduto dal goriziano Giovanni Filli
che l'11 gennaio 1862 pubblicò il primo numero del giornale bilingue Lo
Speculatore Goriziano - Goriški oglednik. Lo scarso riscontro tra i
lettori ha impedito ulteriori uscite. L'almanacco Goriški letnik di
Zakrajšek uscì, invece, alla fine del 1863.

Il corso degli avvenimenti a Gorizia subì, in quel periodo,
un'accelerazione. Nel 1862 fu fondata la Slovenska čitalnica (sala di
lettura slovena) con sede in piazza Vittoria. Essa fu di grande stimolo
per il risveglio della coscienza nazionale slovena a Gorizia e a
questa si rivolse la Cesarskokraljeva kmetijska goriška družba (Società
Agricola Real-imperatrice di Gorizia), quando all'assemblea generale
del 22.5.1862 decise di pubblicare un proprio organo in lingua
slovena, per il quale, però, non disponeva di propri giornalisti. Fu
così raggiunto un accordo in base al quale la redazione venne affidata
ad Andrej Marušič e Josip Tonkli. Il primo giornale sloveno a Gorizia
venne pertanto alla luce il 31 luglio 1863. Il giornale era denominato
Umni gospodar (Il Padrone Saggio) «giornale mensile per l'agricoltura,
l'economia e l'artigianato». Con l'uscita di questo giornale le
aspirazioni degli sloveni di Gorizia e del circondario vennero
realizzate solo in parte. Tale pubblicazione, infatti, dovette
dedicarsi prevalentemente alle esigenze della Società agricola e solo
in modo minore a ciò che un giornale sloveno avrebbe dovuto
principalmente riportare.

Il giornale uscì per tre anni, l'ultimo numero reca la data del
19.12.1865. Marušič aveva cercato di sviluppare i temi nazionali
sloveni, ma ciò non andava a genio alla Società agricola, per cui
decise, con l'ultimo numero, di accomiatarsi dai lettori. La società
non trovò nessuno a sostituirlo e il giornale cessò le pubblicazioni.
Il 5.1.1867 Marušič iniziò a pubblicare il giornale Domovina (Patria),
sulle cui pagine poteva dedicarsi all'approfondimento dei temi
politico-nazionali. Il 10.6.1869 la Società agricola iniziò invece a
pubblicare il Gospodarski list (Giornale di Economia), successore
della parte economica dell'Umni gospodar: infatti portava, come
sottotitolo, «per l'agricoltura, la sericoltura, l'artigianato e le
altre necessità in regione» ed era curato da Fran Povše, insegnante
alla scuola agricola.

Il settimanale Domovina del Marušič cessò le pubblicazioni dopo tre
anni, alla fine del 1869. La sua pubblicazione, comunque coincise con
il periodo in cui gli sloveni di Gorizia completarono, con successo, la
prima fase della propria crescita politica e nazionale. Nel 1867 si
svilupparono le sale di lettura, mentre al 1868 risale il famoso
«šempaski tabor» (raduno di Šempas). Nel 1869 fu fondata a Gorizia la
società politica Soča che svolse un ruolo analogo a quello svolto
dalla società Edinost a Trieste e nel circondario all'epoca della
monarchia austro-ungarica.

E' noto come ogni movimento politico abbia bisogno di un proprio organo
di informazione. E il 31 marzo 1871 uscì a Gorizia il primo numero del
giornale Soča, firmato da Viktor Dolenc, editore e direttore
responsabile. Tuttavia nella società non c'era unità di vedute
sull'orientamento politico. Ad alcuni il Soča sembrava troppo
liberale, per cui quelli di vedute più cattoliche pensarono di fondare
un nuovo giornale, il Glas (La Voce) (il primo numero è uscito il 18
giugno 1872). I rapporti fra gli sloveni progressisti e quelli di
vedute più tradizionali, erano abbastanza critici e ciò fece nascere
un clima di conflittualità. Quest'accesa contrapposizione portò alla
nascita di una nuova società: il 1.3.1873 venne omologato dalle
autorità lo statuto «della società politico-nazionale slovena su base
religiosa denominata Gorica». Il Glas diventò portavoce della nuova
società politica e ricoprì questo ruolo fino al momento della
riconciliazione fra i due schieramenti, riconciliazione che portò alla
chiusura di Gorica. Il Soča divenne così, nel 1876, l'unico portavoce
dell'associazione unitaria degli sloveni di Gorizia che prese il nome
simbolico di Sloga (appunto riconciliazione).

Nel corso del decennio 1870-1880 furono fatti quattro tentativi per
unificare il giornale Soča con l'Edinost di Trieste. Il primo risale al
periodo tra la fine del 1870 e gli inizi del 1871, il secondo al 1875,
il terzo al 1877, il quarto e ultimo al 1879. Le tendenze e le
aspirazioni all'unificazione erano presenti nel primo decennio di
attività delle due associazioni politiche, quando le loro fondamenta
non erano ancora consolidate. Allora era ben vivo il timore che le
strutture faticosamente create si disgregassero. Ma non appena si
riuscì a ripristinare solidi legami, organizzativi e finanziari, le due
associazioni ed i due giornali - Soča ed Edinost - acquistarono piena
vitalità, ognuna nel proprio ambito territoriale.

A Gorizia comunque si notarono spesso fenomeni, anche forti, di
fluttuazioni cicliche. Nel periodo menzionato, in cui prevalenti erano
le tendenze alla riconciliazione, il giornale registrò un forte
sviluppo quando se ne prese cura Anton Gregorčič. Questi riuscì a
portare in redazione il giovane insegnante Andrej Gabršček che nei
decenni successivi concorse attivamente a creare l'immagine slovena di
Gorizia. Il periodo in cui prevalsero le aspirazioni alla
riconciliazione era ormai chiuso, e nel 1889 si registrarono nuovi
contrasti che vertevano attorno alla figura del dott. Tonkli. Gregorčič
e Gabršček fecero un colpo di mano, e il 31.10.1889 troviamo un nuovo
giornale, il Nova Soča. Il Soča di Tonkli continuò ad uscire fino all'8
marzo 1891, mentre l'ultimo numero del Nova Soča risale al 23.12.1892.
Il 30.12.1892 Andrej Gabršček diventa editore e direttore responsabile
del vecchio Soča. A dieci anni di distanza dalla seconda rottura, nel
1899, proprio alla fine del secolo, avviene la rottura politica fra il
Gregorčič e il Gabršček. Il primo cominciò a pubblicare il settimanale
Gorica, mentre Soča rimase nelle mani di Andrej Gabršček.

La vita politica degli sloveni di Gorizia era allora, sotto l'aspetto
dei singoli partiti, ormai chiaramente delineata e ogni gruppo
disponeva del proprio giornale. Il Soča continuava ad essere organo
d'informazione del partito nazional-progressista di orientamento
liberale, dal 1900 attivo anche a Gorizia. Gabršček non era solo un
abile giornalista, ma anche un buon commerciante, tipografo, libraio e
un abile politico. Del Soča, che usciva tre volte alla settimana,
riuscì effettivamente a fare un buon giornale. Nei giorni in cui il
Soča non usciva, si poteva trovare il Primorec (1893-1915). L'ultimo
numero del Soča risale al 29.1.1915, mentre il Primorec durò un po'
più a lungo, fino all'inizio dei combattimenti sul fronte dell'Isonzo.
Dopo la rottura, il sacerdote Anton Gregorčič aprì un'azienda
tipografica, la Narodna tiskarna, costituita con l'obiettivo di
stampare i giornali del suo gruppo politico. Dalla metà del luglio 1899
fino alla fine del 1914 venne stampato il giornale politico Gorica.
Due anni dopo, a questo si aggiunse il settimanale istruttivo Primorski
list (Giornale del Litorale) (1901-1913), quindi il giornale agricolo
Primorski gospodar (1905-1915). Negli anni che precedettero il primo
conflitto mondiale vennero pubblicati anche i settimanali Novi čas
(Tempi Nuovi) (1909-1915) e il Goriški list (Giornale di Gorizia)
(1914-1915). Nel 1907, la Narodna tiskarna si assunse anche la stampa
del mensile Cvetje (Fiori), fino allora stampato dalla tipografia
Hilarijanska tiskarna. Il francescano Stanislav Škrabec vi pubblicava i
suoi famosi studi sulla lingua slovena. L'ultimo numero risale al
maggio 1915, quando la guerra interruppe la ricca e feconda attività
pubblicistica nel Goriziano. Il Cvetje risale già al 1880 ed era
dapprima conosciuto come «mensile per i fedeli sloveni».

Il sacerdote Gregorčič era più moderato di Anton Mahnič, estremamente
combattivo e contrario a qualsiasi collaborazione con la parte
liberale, assertore di un profondo cattolicesimo, in ogni campo. Mahnič
esternava le proprie posizioni sul Rimski katolik (Cattolico Romano)
(1889-1896) e soprattutto nel Primorski list (1895-1913) che nel 1893 -
come abbiamo già ricordato - vide la luce a Trieste. Per quel che
concerne gli anni 1898-1900 va menzionato anche il giornale
cristiano-sociale Delavski prijatelj (Amico dei Lavoratori).

Nel periodo dell'amministrazione austriaca, a Gorizia troviamo ancora
le seguenti pubblicazioni: il giornale degli insegnanti goriziani Šola
(Scuola) (1880-1885), il giornale politico Sloga (1893-1895), il
giornale per l'economia, l'artigianato e il commercio nazionale
Goriški vestnik (Notiziario Goriziano) (1894-1896), l'organo di
informazione del partito contadino di Gorizia Naš glas La Nostra Voce)
e quindi il Kmečki glas (La Voce del Contadino) (negli anni
1907-1910), l'almanacco periodico del Gabršček, il Kažipot
(L'Indicatore) (1894-1903), la gazzetta ufficiale dell'amministrazione
Samouprava (Autogestione) (1906-1913), il Sokolski prapor (Lo Stendardo
dei Falchi) (1911-1915). Dalla seconda metà del 19° secolo fino
all'inizio della prima guerra si possono contare all'incirca 80 titoli
giornalistici, e ci siamo limitati ai più importanti. Per concludere la
trattazione di questo periodo, vorremmo ricordare ancora due titoli:
la rivista liberale Veda (La Scienza) (1911-1915, ultimo numero il
15.5.1915) e la rivista socialista Naši zapiski (Nostri Appunti)
(1911-1914) che prima, negli anni 1902-1910 usciva a Lubiana. A
Gorizia dunque venivano editate, in quel periodo, pubblicazioni in cui
era vivo il dibattito su questioni ideologiche, economiche e politiche
che interessavano tutta l'area slovena.

Durante il primo conflitto mondiale solo l'Edinost di Trieste uscì
regolarmente, tutti gli altri giornali furono in gran parte chiusi.


(segue)

(english / italiano)

Un interessante documentario televisivo olandese, in due parti, sul
processo-farsa dell'Aia si puo' vedere in internet alla URL:

http://info.vpro.nl/info/tegenlicht/index.shtml?7738514+7738518+8048024

Il documentario verte sul carattere politico del "tribunale". La prima
parte illustra il modo in cui le azioni della "pubblica accusa" vengono
assistite da campagne di stampa mirate, costruite nel corso degli anni.
Un sistema usato dalle agenzie di PR ("relazioni pubbliche")
statunitensi per "istruire" la popolazione. Molti commentatori
ritengono che la creazione del "tribunale" sia stata il risultato della
conseguente reazione emozionale dell'Occidente. Nel documentario ci si
chiede come le immagini e le opinioni di gruppo influenzino la nostra
percezione dei fatti. L'episodio della ITN, una societa' giornalistica
britannica, viene considerato per esemplificare la strategia di
demonizzazione dei serbi. Viene intervistato Thomas Deichmann, che
scopri' la manipolazione delle immagini praticata dalla ITN nel caso
famoso del musulmano di Bosnia ripreso al di la' di un filo spinato
(filo spinato che pero' non stava a delimitare il perimetro del "campo
di concentramento", dal quale di fatto automobili entravano ed uscivano
liberamente). Il documentario presenta le riprese della ITN mai
mostrate al grande pubblico, che rivelano la truffa mediatica. La prima
delle conclusioni del documentario e' che il "tribunale" si trova
adesso in grave imbarazzo, non riuscendo a dimostrare le accuse. Nella
seconda parte, esso fa vedere stralci di dibattimento, con alcuni dei
"testimoni" e le difficolta' per la "pubblica accusa" a sostenere le
proprie tesi. Si contesta l'uso dei "testimoni protetti" e delle sedute
chiuse al pubblico. Il documentario rivela come ai "testimoni" (spesso
criminali di guerra) siano promesse ricompense, immunita', ed una nuova
vita in Occidente in cambio di testimonianze contro Milosevic. C'e' poi
una interessante intervista al "capitano Dragan".
Anche chi non comprende la lingua olandese puo' seguire il
documentario, che e' in gran parte in inglese, tedesco e serbocroato.

=== english:

Dutch TV documentary on the Hague process, in two parts

http://info.vpro.nl/info/tegenlicht/index.shtml?7738514+7738518+8048024

---

http://jurist.law.pitt.edu/issue_milo_discuss.php
Monday September 29, 2003 at 12:36 pm

The broad tone of the documentary is the politized character of the
tribunal. The first part deals on how the prosecutions actions are
preliminary driven by the media picture develloped through the years. A
picture that was made and polished by PR firm to 'educate' the
American people. Several commentators say that the installation of the
ICTY was the result of an emotional reaction in the West to this
picture, so that it could be seen doing something. It asks the question
on how images and group thinking influence our perception of facts. The
ITN story features in the part were the demonisation of the serbs is
discussed and how this strategy developped. Thomas Deichmann is
interviewed on how he discovered the manipulation of the images (barb
wire on inside of poles, no barbed wire around the rest of the camp,
cars drving in and out the camp). The documentary shows unedited ITN
footage which supports the allegations of the manipulation. One of the
general conclusions is that the tribunal now has diffuclties in proving
the often over the top allegations and demonisations then made for
political purposes. Part 2 deals a large part with specific witnessess
and the troubles the prosecutions has making its case. It attacks the
use of protected witnessess and closed sessions. The documentary brings
into the open how witnessess (often war criminals) are promised money,
immunity and a new life in the West for their statement implicating
Milosevic. Captain Dragan gives an interesting interview from the golf
course. Even if you dont understand dutch large parts are in English,
German and Serbian.

Peter Varavejke
Belgium

http://www.primorski.it/zgodovina/storia4.html

Milan Pahor
L'attività pubblicistica slovena in Italia prima del 2° conflitto
mondiale

L'epoca del Regno d'Italia

1. Il periodo dei giornali riconosciuti dalla legge

Con la caduta della monarchia austro-ungarica la situazione mutò
radicalmente. L'esercito italiano introdusse dapprima l'amministrazione
militare civile, quindi con il trattato di Rapallo fra il Regno
d'Italia e il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (SHS) tutto il
Litorale (o meglio, ufficialmente, la Venezia Giulia) entrarono a far
parte di un altro stato.

Per quanto concerne i giornali, bisognava cominciare daccapo, infatti
solo l'Edinost di Trieste sopravvisse in qualche modo alla tempesta
della guerra. Per Gorizia la guerra fu una vera catastrofe, poichè
tutto andò praticamente distrutto. I nuovi confini separarono il
Litorale dalla nazione madre, per cui se Trieste e Gorizia, avessero
voluto conservare l'alto livello culturale raggiunto prima del
conflitto, avrebbero dovuto necessariamente disporre di propri
giornali. Ben presto inoltre emerse anche il pericolo della
snazionalizzazione: lo Stato italiano - ancora prima dell'ascesa al
potere del partito fascista nel 1922 - mostrava chiaramente le proprie
intenzioni, iniziando ad esercitare forti pressioni sulla presenza
slovena e slava in genere. Ed i giornali erano indubbiamente uno degli
obiettivi a cui miravano gli attacchi alla comunità slovena in Italia.
Gli attacchi si concentravano soprattutto sulle tipografie, con lo
scopo di impedire la regolare uscita dei giornali. A tale compito
provvedevano le squadre fasciste con la tacita approvazione delle
autorità politiche e militari. Di assalti alle tipografie ce ne furono
moltissimi, la tipografia Edinost, per esempio, fino alla primavera del
1921 fu presa di mira per ben cinque volte. Molteplici leggi e decreti
impedirono la regolare uscita delle pubblicazioni, i processi contro i
giornalisti si susseguirono, i circoli che erano proprietari di singoli
giornali e tipografie vennero sciolti d'autorità. Nonostante ciò un
numero elevato di giornali riuscì a resistere fino al 1928, anno fatale
per l'attività editoriale slovena.

Questo periodo fu inoltre caratterizzato dal fatto che alcuni giornali
assunsero carattere regionale, a prescindere dalla sede ufficiale della
redazione, fosse questa a Trieste o a Gorizia. La descrizione delle
pubblicazioni slovene nel primo decennio di amministrazione italiana
(1918-1928) prosegue ora con un'analisi in cui i due centri, nonostante
i legami che li univano, vengono considerati distintamente. Numerosi
giornali erano infatti comuni e coprivano l'intera area.

Trieste 1918-1928

Come abbiamo ricordato, soltanto l'Edinost di Trieste uscì regolarmente
durante la guerra. Dopo la fine del conflitto tale pubblicazione riuscì
a conservare la funzione di principale quotidiano mantenendo immutato
il suo «programma di unità». L'Edinost, di indirizzo nazionale e
borghese, venne pubblicato fino al 4.9.1928. Dopo la guerra apparvero a
Trieste due nuovi giornali politici, uno curato dai comunisti, l'altro
dai cristiano sociali.

Nel suo primo anno di vita, quando era ancora settimanale, nel
sottotitolo del Delo (1920-1926) si poteva leggere: organo dell'unione
socialista della Venezia Giulia. Il primo numero risale al 20.2.1920,
ma già l'anno successivo divenne «organo dell'unione comunista della
Venezia Giulia» e quindi, dall'11 novembre 1921 in poi, «organo del
partito comunista in Italia». Fino all'incendio della tipografia del
Lavoratore nel 1921 si pubblicarono tre numeri alla settimana, per
scendere successivamente ad una sola uscita settimanale. La redazione
era curata da Ivan Regent e Jože Pertot, mentre tra i collaboratori
vanno citati Jože Pahor e Vladimir Martelanc. Dal 1926 in poi il Delo
venne pubblicato illegalmente.

Il settimanale Mali list (Piccolo Giornale) (1923-1929) fu l'organo
d'informazione dei cristiano-sociali. Tale periodico, molto diffuso in
provincia, era caratterizzato da una linea ferma e decisa e in
particolare attaccava volentieri l'Edinost. Per questo motivo alcuni
attivisti di ispirazione patriottica fondarono l'anno successivo le
Novice (Notizie) (1924-1927), con l'obiettivo di limitarne l'infuenza.
Possiamo ricordare anche l'iniziativa editoriale di Drago Godina che
nel 1926, con il suo settimanale Preporod (Rinascita), si collocava
politicamente in opposizione a tutti i partiti. Ma il Preporod arrivò
alla chiusura dopo appena dieci numeri.

Accanto ai giornali politici troviamo anche numerose riviste. Nel 1919
apparve la Njiva (Il campo) come «informatore culturale»; si trattava
di un'iniziativa editoriale nata in ambienti socialisti. La rivista, in
tutto 16 numeri, veniva curata da Ivan Regent, Ferdo Kleinmayr e Jože
Pahor. Nella primavera del 1920, su iniziativa della Zveza slovanskih
učiteljskih društev (Unione dei Circoli degli Insegnanti Slavi) , venne
alla luce il giornale progressista Učiteljski list (Giornale
dell'Insegnante) (1920-1926), curato da Janko Samec, Silvester Pertot,
Jože Pahor e per la parte croata da Vinko Šepi». L'Učiteljski list
fornì essenzialmente strumento di indirizzo ed istruzione agli
insegnanti sloveni e croati. La Zveza slovanskih učiteljskih društev
pubblicò anche il giornale giovanile Novi rod (Nuova Generazione)
(1921-1926); stessi i redattori, ai quali bisogna ancora aggiungere
Josip Ribičič. Fra i collaboratori del Novi rod troviamo alcuni dei
migliori poeti, scrittori e pittori sloveni. I due giornali
interruppero le pubblicazioni verso la metà del 1926, quando la Zveza
slovenskih učiteljskih društev fu ufficialmente soppressa.

Nel 1921 comparve il giornale femminile Jadranka (Adriatica)
(1921-1923), diretto e curato da Marica Stepančič. Questa pubblicazione
riportava come motto alternativamente «organo d'informazione delle
donne progressiste» oppure «organo d'informazione dei risoluti e degli
intrepidi». Dello stesso anno è anche il Pravni vestnik (L'informatore
di Giurisprudenza) che continuò ad uscire fino al 1928, curato
dall'associazione professionale Pravnik (Il Giurista). Sempre nel 1921
uscì lo Zadrugar (Il Cooperativista), «informatore delle cooperative
operaie di Trieste, dell'Istria e del Friuli». Il 1921, a differenza
delle pubblicazioni appena citate, è stato invece l'anno conclusivo
per l'Uradni vestnik (Gazzetta Ufficiale, 1919-1921), edito dal
commissariato generale civile per la Venezia Giulia con sede a Trieste.
Evidentemente era venuta a mancare la volontà politica da parte delle
autorità ufficiali di pubblicare avvisi ufficiali e decreti in lingua
slovena.

Nel 1923 uscì l'unico numero del giornale Primorska omladina (Gioventù
del Litorale). Dello stesso anno è anche un altro giornale femminile,
il Ženski svet (Mondo femminile) (1923-1928), «organo d'informazione
delle società femminili nella Venezia Giulia». Direttore responsabile
era Pavla Hočevar, con il notevole contributo di Milka Martelanc. Nel
1928 il giornale si trasferì nel Regno SHS, dove poi proseguì la
pubblicazione. Stessa sorte anche per il Novi rod: vietato a Trieste
dal 1926, lo troviamo a Lubiana.

Nell'ultimo periodo in cui i giornali sloveni furono ancora consentiti
a Trieste vennero pubblicati altri due giornali. Dal 1925 al 1928
troviamo il Naš glas (La Nostra Voce). All'inizio organo d'informazione
dello «Udruženje slovanskih srednješolcev v Italiji» e prodotto dagli
studenti delle medie, sloveni e croati, si trasformò poi in giornale di
famiglia. Allora era diretto da France Bevk, Kocjančič e Viktor Kjuder.
Il secondo giornale, Za našo deco (Per il Nostro Bambino), era in
sostanza un supplemento all'Edinost e alle Novice e voleva essere di
aiuto ai bambini sloveni, privati delle scuole di lingua materna. Venne
pubblicato nel 1926 e stampato dalla tipografia Edinost.

Gorizia 1918-1928

A Gorizia i giornali sloveni riuscirono a resistere un po'più a lungo.
Non troviamo più il Soča, tuttavia la presenza slovena in campo
editoriale era assicurata da numerose altre pubblicazioni. Un ruolo
importante fu svolto dal Goriška straža (La Sentinella Goriziana),
apparso nell'ultimissimo periodo della monarchia austriaca: il primo
numero risale al 19 settembre 1918; fino al 9.11.1918 il giornale uscì
regolarmente; le pubblicazioni si interruppero poi per circa un anno
per riprendere il 2.10.1919 e per chiudere definitivamente il
17.11.1928. Il settimanale, diretto da C. M. Vuga e Milan Brajda, era
diffuso nel Goriziano e a Vipacco come «organo d'informazione
provinciale degli sloveni di Gorizia». Nel 1921 iniziò ad uscire il
settimanale Proletarac (Il Proletario), «organo d'informazione
dell'unione socialista nella Venezia Giulia e dell'unione generale
professionale in Italia». In tutto furono dati alle stampe 23 numeri.
Il periodico nacque in seguito alla scissione del partito socialista
italiano al congresso di Livorno, quando il Delo diventò organo
d'informazione dei comunisti.

L'unico giornale umoristico e satirico del Litorale venne stampato a
Gorizia. Si trattava del Čuk na pal'ci (Il gufo sul ramo) (1922-1926).
La tiratura era relativamente alta ed era diffuso in città e nel
circondario. Il giornale era diretto da France Bevk. Il periodico di
maggior prestigio ed autorevolezza era la rivista familiare Mladika
(1920-1922), dal 1923 stampata a Prevalje. Come per altri giornali la
sua pubblicazione dovette essere trasferita fuori dal paese. Tra
coloro che hanno collaborato con questa rivista si contano i più
importanti letterati sloveni del tempo. Durante il suo terzo anno di
vita alla rivista Mladika veniva allegato un inserto, il Kulturni
vestnik (Informatore Culturale) con articoli sul cristianesimo di Janko
Kralj e Ivan Rejc. Il Kulturni vestnik trovò, nel 1923, il suo
successore nel Naš čolnič (La nostra barchetta), uscito fino al 1929 e
curato da Filip Terčelj.

Nel 1922 uscirono 8 numeri del giornale Prosveta (Cultura Popolare),
organo d'informazione delle associazioni culturali slovene, editore la
Goriška slovenska mladina. Nello stesso anno vide la luce lo Zbornik
svečenikov sv. Pavla (Almanacco della Confraternita di S. Paolo)
(1922-1928) che aveva a cuore soprattutto l'istruzione professionale
dei sacerdoti.

Nel dopoguerra, a causa delle differenti posizioni politiche, a Gorizia
venivano pubblicati ben due giornali di carattere economico. Nel 1922
troviamo dapprima il Gorspodarski list (Il Foglio Economico (fino al
1928), editore la Zadružna zveza (Unione delle Cooperative) di
Gorizia. Questa ha preceduto lo Slovensko kmetijsko društvo di Gorizia,
il quale assieme ad altre organizzazioni di categoria stava preparando
un giornale che avrebbe perpetuato la tradizione del Primorski
gospodar dell'anteguerra. La Zadružna zveza non aderì all'iniziativa e
nel 1923 uscì un altro giornale, il Gospodarski vestnik (L'Informatore
Economico) (1923-1928) che nel sottotitolo recitava «organo
d'informazione dello Slovensko kmetijsko društvo di Gorizia, della
Slovenska čebelarska zadruga di Gorizia, della Zadružna zveza di
Trieste e della Tržaška kmetijska družba di Trieste». Al Primorski
gospodar, la cui attività, 11 anni dopo sarebbe stata bloccata dalla
guerra, si aggiunse il Gospodarski vestnik, dedicato all'agricoltura e
all'economia. Il Gospodarski vestnik riuscì a resistere per cinque
lustri.

Dal 15 dicembre 1922 fino al 15 dicembre 1923 uscì regolarmente una
volta al mese il giornale femminile Slovenka (Slovena), diretto da
Gizela Ferjančič. Si trattava già del terzo giornale femminile di quel
periodo. Una volta definiti gli opportuni accordi, nell'anno seguente
venne creato il giornale comune Ženski svet (Mondo Femminile).

In quegli anni uscirono saltuariamente numerosi altri giornali e organi
di informazione, ma si trattava di numeri singoli. Vorremmo menzionare
solo il giornale studentesco Rast (Crescita) (1925-1926), che a
differenza di altre pubblicazioni ciclostilate, veniva stampato
normalmente.

2. La fine della stampa riconosciuta ufficialmente

Fino agli inizi del 1928,
tutta una serie di giornali era già stata costretta a sospendere le
pubblicazioni. Alcuni avevano cercato riparo nel Regno dei Serbi,
Croati e Sloveni, gli altri, o meglio, ciò che degli altri era ancora
rimasto, incapparono, nel 1928, nelle maglie della disposizione
ufficiale, categorica per tutti , secondo cui i direttori responsabili
dovevano essere iscritti in un elenco speciale di giornalisti e
pubblicisti. Nessuno era in grado di ottemperare a tale norma: infatti
una delle condizioni per l'iscrizione all'albo dei giornalisti era il
possesso della tessera del partito fascista. E così entro la fine del
1928 tutti i giornali sloveni furono ridotti al silenzio.

Con la fine del 1928 tutto il Litorale sarebbe rimasto senza alcuna
pubblicazione slovena se il deputato Engelbert Besednjak non avesse
ottenuto dal governo centrale un permesso speciale. In tal modo per
oltre un anno e mezzo poterono uscire ancora due giornali, ambedue
diretti dal Besednjak con la collaborazione di Bednarik e Kralj. Il
giornale Družina (Famiglia) (1929-1930) era un mensile istruttivo e per
il tempo libero, l'altro, il Novi list (Il Giornale Nuovo)
(1929-1930), era invece un settimanale di ispirazione cattolica. Negli
anni trenta registriamo ancora una breve eccezione, il giornale
religioso Svetogorska kraljica (La regina del Monte Santo) (1938-1939
), stampato dai monaci della Sveta gora.

Salvo queste tre eccezioni, tra la fine del 1928 ed il gennaio 1929, si
giunse alla sparizione delle pubblicazioni legali slovene a Trieste e
Gorizia. Ma in realtà nel decennio antecedente il secondo conflitto
mondiale la stampa slovena non era mai completamente sparita: fra la
popolazione erano in qualche modo pur sempre diffusi i calendari ai
quali venivano tradizionalmente allegati ogni anno dei libri. In quegli
anni, realmente difficili e oscuri, di tanto in tanto si faceva spazio
qualche raggio di luce. Un ruolo importante neltener viva la coscienza
fu svolto soprattutto dalla Goriška Mohorjeva družba (Sodalizio di S.
Ermacora) e dalla Goriška matica; ricordiamo ancora la cooperativa
letteraria Luč (Luce). Le autorità fasciste naturalmente ostacolavano
l'attività delle case editrici e delle tipografie, ma non l'hanno mai
definitivamente vietata per cui la produzione libraria potè continuare
fino quasi all'inizio della seconda guerra. Tra la popolazione,
tuttavia, circolavano anche chiari messaggi di rivolta, diffusi tra le
gente tramite pubblicazioni illegali che in sostanza costituirono
l'elemento di connessione fra i giornali ormai chiusi e la stampa
partigiana durante la guerra. E' stata così garantita l'effettiva
continuità dell'attività pubblicistica slovena fino ai primi anni del
secondo dopoguerra, quando venne nuovamente costituita una rete di
giornali, e quindi fino ai nostri giorni, quando sono ormai trascorsi
già cinque decenni dalla pubblicazione del primo numero del Primorski
dnevnik.

3. Il periodo dei giornali clandestini

Nell'inverno del 1926 i
gruppi di opposizione antifascista passarono alla clandestinità. I
primi giornali clandestini apparvero nel 1927, avendo ogni gruppo
antifascista, ogni movimento di liberazione necessariamente bisogno
della stampa. Tutti i circoli culturali e giovanili sloveni furono
sciolti dalle autorità fasciste per disaggregare le nuove generazioni,
per esercitare una maggiore influenza sui singoli e di conseguenza
assimilarli con più facilità nella società italiana nazionalista,
allora dominante . Ma le autorità fasciste non ci riuscirono: gli
studenti continuavano ad incontrarsi negli istituti che frequentavano,
mentre i giovani lavoratori, privati delle sedi dei circoli ormai
disciolti, si riunivano nel corso di gite in campagna, incontri
sportivi, manifestazioni minori nei locali pubblici. Pubblicare e
leggere la stampa era di importanza fondamentale sia per le loro
stesse attività che per l'affermazione dello spirito antifascista.

Il periodo dei giornali clandestini si differenzia nettamente dalla
situazione precedente. Infatti, le pubblicazioni avevano origine da tre
aree distinte: quella studentesca, quello patriottica - gli
«štempiharji», e quella comunista. La veste esteriore dei giornali
clandestini era spesso simile, essendo in genere modesta. Si trattava
di manoscritti o ciclostilati e solo le pubblicazioni degli
«štempiharji» avevano un aspetto più attraente e ricco. Per sviare la
polizia alcune pubblicazioni cambiavano regolarmente nome . Spesso non
veniva menzionato il luogo di pubblicazione, le date erano travisate o
tralasciate del tutto. Il contenuto era estremamente vario e
interessante, a riprova di un'intensa attività. I giornali si
differenziavano per orientamento politico, cultura, impegno e
approccio, ma, anche se così diversi tra loro, esprimevano il comune
amore per la terra natìa, per la comunità nazionale slovena, per la
lingua materna, ed erano animati dalla volontà di opporsi al sistema
che voleva annientare gli sloveni come popolo.

Un primo gruppo è formato dalla stampa curata dai membri e dai
simpatizzanti del Partito Comunista. L'organo del Partito «Delo» (Il
Lavoro) fu proibito il 12.8.1926. Nell'inverno 1926-27 a Pristava
(Gorizia) furono stampati sei numeri clandestini, curati da Albin
Vodopivec, Teodor Ušaj e Stane Vilhar. La stessa tipografia di fortuna
stampò nel 1927 un unico numero del giornale giovanile «Rdeči prapor»
(Vessillo Rosso). Verso la metà del 1927 questa stessa tipografia
clandestina si trasferì a Salcano dove, in occasione del reclutamento
di leva diffuse un numero unico, il «Rdeči vojak» (Soldato Rosso). Nel
periodo gennaio - maggio 1928 furono pubblicati a Salcano ancora
alcuni numeri del «Delo», curati da Stane Vilhar con l'aiuto del
fratello Srečko e di Ljubomil Toroš. I due fratelli ben presto
emigrarono in Slovenia, dove proseguirono la pubblicazione del giornale
con l'aiuto di Ivan Regent. Anche i numeri pubblicati a Lubiana
recavano il sottotitolo «organo del Partito Comunista Italiano». Nel
1930 il «Delo» veniva pubblicato prima a Parigi e Vienna, come
portavoce comune del Partito comunista italiano e jugoslavo. In
seguito il giornale venne pubblicato, per tre anni consecutivi a
Parigi: anno XII (1933), anno XIII (1934) e anno XIV (1935) come
portavoce del Partito comunista italiano e jugoslavo. Nel Litorale, il
«Delo» fu presente in due periodi. Alcuni numeri vennero diffusi a
Renče e a Volčja Draga in provincia di Gorizia tra la fine del 1932 e
fino alla metà del 1934. Nel periodo 1937-1940 il «Delo» venne
pubblicato come «Organo del Partito Comunista della Venezia Giulia» su
iniziativa di Pinko Tomažič. Dal 1937 fino alla fine del 1939 il
periodico venne pubblicato in una tipografia clandestina nella località
Meje pod Žekanci presso Sgonico; l'ultimo numero (maggio 1940) invece
vide la luce a Goriče presso Divaccia. Proprio quel numero venne
inserito tra il materiale probatorio contro gli imputati al II
processo, davanti al Tribunale speciale a Trieste nel 1941.

Nel gruppo dei giornali comunisti apparve nel 1932 il «Kmetski glas»
(Voce dei Contadini), stampato nella tipografia clandestina a Gabrovica
in Istria. Vi si trovano contributi di attivisti del comune di San
Dorligo della Valle. Il primo periodo di attività dei gruppi
nazional-rivoluzionari che nel 1927, all'atto dello scioglimento dei
circoli giovanili e culturali, scelsero la via dell'opposizione
antifascista, fu pure caratterizzato da numerose pubblicazioni
clandestine. Alla fine del 1927 fu pubblicato il primo numero «Borba»
(La Lotta). Il giornale era regolarmente stampato, mentre in seguito
«Svoboda» (Libertà) fu diffuso su ciclostile.

Il secondo gruppo di pubblicazioni clandestine faceva capo ai giovani
studenti. In genere venivano curate e scritte da giovani che
frequentavano l'università, ma vi collaboravano anche diversi adulti.
Si sa che a Gorizia già nel 1927 e nel 1928 venivano diffuse
pubblicazioni clandestine studentesche con contributi letterari e
politici. Al giornale «Iztok» (Oriente) (1927-1928) i giovani
rivoluzionari erano in maggioranza: infatti nella redazione troviamo
Srečko Vilhar, Fanica Obid e Zorko Jelinčič. «Iztok» era una rivista
politico-culturale, in tutto ne furono pubblicati tre numeri. Nello
stesso periodo (1927-1928), nell'ambito del circolo Adria furono
probabilmente pubblicati tre numeri successivi del giornale «Soča»
(Isonzo). Vi collaborarono Srečko Vilhar, Fanica Obid, Zorko Jelinčič,
Stanko Vuk, Ciril Kosmač (che curò il 2° numero) e i due fratelli
Hreščak. Ma tra i giovani e i più anziani sorsero dei contrasti.

Altre pubblicazioni studentesche uscite successivamente e giunte fino a
noi facevano capo in genere ai giovani provenienti dalle file
cattoliche. Nel seminario goriziano si era formato un gruppo di
giovani che saltuariamente pubblicava «Človek iz višine» (L'uomo
dallÔalto) (1929-1930), «Metla» (La Scopa) (1930), «Dijaški listi»
(Fogli Studenteschi) (1932-1933). A queste modeste prime iniziative
seguirono negli anni seguenti alcune preziose pubblicazioni, ognuna
con un nome diverso e, per precauzione, anche senza data. A Natale del
1935 furono pubblicate «Tihe besede» (Parole Silenziose), curate da
Stanko Vuk, Milko Matičetov, Avguštin Žele. Nella primavera del 1936
apparve «Pisanice» (Uova Pasquali), con numerosi contributi di Milko
Matičetov. Durante le vacanze del 1936 gli stessi studenti, assieme ad
un gruppo di universitari, pubblicarono «Gmajna» (La Landa),
preparando la pubblicazione proprio in una landa carsica; si tratta
della migliore delle tre pubblicazioni ricordate. Le cinquanta pagine
di «Gmajna» erano dedicate alla memoria di Srečko Kosovel e raccolgono
inoltre contributi di Stanko Vuk, Alojz Kocjančič e Lado Piščanc. Due
anni più tardi, nel novembre del 1938, a Tomaj fu pubblicato
«Brinjevke» (Le Tordelle), al quale collaborarono Nadi Šemrl, Milko
Matičetov, Stanko Vuk e Boris Pahor. L'anno seguente Boris Pahor
pubblicò a Trieste «Malajda«, con l'aiuto di Nadi Šemrl e la
collaborazione di Stanko Vuk. Nel 1940 Pahor e Vuk diedero vita a una
pubblicazione priva di nome, ma con il motto di Kocbek: «Sollevàti
dalla domenica fissiamo l'orizzonte».

Da settembre a dicembre del 1938 l'Unione Cattolica Studentesca
pubblicò quattro numeri di «Tavžentroža» (Millefiori). Nella seconda
metà del 1939 e all'inizio del 1940 videro la luce ancora tre
pubblicazioni studentesche, tutte curate da Milan Bolčič. «Iskra» (La
Scintilla) fu soprattutto un'espressione di esercizi letterari: sui
cinque numeri furono pubblicati i migliori temi scolastici degli
studenti che frequentavano corsi clandestini di sloveno a Trieste. Nel
giornale «Plamenica» (La Fiaccola), prodotto e diffuso a Trieste, vi
erano contributi degli studenti di Gorizia. Nella primavera del 1940 fu
pubblicato «Plamen» (La Fiamma), di 34 pagine. Il materiale era stato
raccolto e curato da Pinko Tomažič e Drago Bucik,rivisto e preparato
per la stampa da Milan Bolčič. Sia l'«Iskra» che il «Plamen» furono
sequestrati dalle autorità fasciste e utilizzati come prove aggravanti
(«libello di propaganda») al 2° processo di Trieste nel dicembre del
1941.

Le pubblicazioni degli «štempiharji» naturalmente rientrano tra la
stampa clandestina, tuttavia per la loro importanza e caratteristiche
possono essere considerate a se stanti. I fondatori ed i principali
redattori delle pubblicazioni degli «štempiharji» erano Danilo Benčina
e Milan Bolčič, il quale così illustrò i loro intenti: «L'intenzione
iniziale era soprattutto quella di svegliare i giovani dal letargo e di
suscitare interesse per la lingua slovena.» In un numero dello
«Štempihar» vengono spiegate le ragioni di tale nome: «Vogliamo seguire
l'esempio del famoso eroe Štempihar che in tempi remoti procurò
preoccupazioni e grattacapi all'imperatore e fu stimato della gente
comune.»

Negli anni 1936-1937 apparvero 9 numeri dello «Štempiharski glas» (La
voce degli Štempiharji). Nel 1936 fu la volta dell'opuscolo «Štempihar
- komedija na 50 straneh» (Štempihar - commedia in 50 pagine). «Domača
kaplja» (Il Vino) fu pubblicata per 4 volte nel 1937. Sempre del 1937
sono l'opuscolo «Literati in štempiharsko državljanstvo» (I letterati e
la cittadinanza degli štempiharji), di 44 pagine, e i quattri numeri
dell'organo Štempihar. Nel 1938 uscirono cinque numeri dello
«Štempiharski glas» nonchè lo «Štempiharski koledar» (Calendario degli
Štempiharji), di 68 pagine. Nel gennaio del 1939 fu pubblicato
l'opuscolo «Plava ovca» (Pecora Azzurra), nell'aprile del 1940
l'opuscolo «Vali» (18 pagine), dedicato alla memoria di Vali Mikulus,
mentre prima, a febbraio, vide la luce l'opuscolo «Lipa» (Il Tiglio) di
58 pagine, indubbiamente il più curato dal lato tecnico e del
contenuto: era rilegato in stoffa, di colore bianco-blu-rosso e traeva
il nome da un articolo che trattava della venerazione del tiglio
(«lipa» appunto) presso gli antichi slavi.

Mentre i giovani sloveni, attivi antifascisti, scrivevano e
diffondevano le proprie pubblicazioni, l'Europa veniva già investita
dalla guerra che il 10 giugno 1940 coinvolse anche l'Italia fascista.


http://www.primorski.it/zgodovina/storia5.html

Milan Pahor
L'attività pubblicistica slovena in Italia prima del 2° conflitto
mondiale

La stampa clandestina durante la guerra

L'opposizione antifascista confluì nel Movimento di Liberazione
Nazionale. La stampa clandestina partigiana del Litorale nacque e si
sviluppò parallelamente alla nascita e allo sviluppo del Movimento di
Liberazione Nazionale. Ancora una volta emerse l'urgenza e il bisogno
di disporre di proprie pubblicazioni. I termini «stampa di liberazione
nazionale» e «stampa partigiana» testimoniano l'impegno del Movimento
di Liberazione Nazionale in questo campo, dettato dalle vive necessità
quotidiane.

[immagini:
Alcune testate giornalistiche prima della soppressione della stampa
slovena in Italia operata dal regime fascista.
Parte della stampa partigiana nel Litorale sloveno.
La prima pagina del Partizanski dnevnik.]

In questo senso, il Litorale era attivamente inserito nel resto del
contesto nazionale sloveno. La stampa partigiana nel Litorale raggiunse
uno sviluppo straordinario. Nel primo periodo della Lotta di
Liberazione Nazionale, dagli inizi del 1941 e fino alla capitolazione
dell'Italia nel settembre del 1943, operavano nell'area del litorale
ben 8 tipografie clandestine. Nel secondo periodo, dalla sollevazione
generale del settembre 1943 fino alla liberazione nel maggio 1945, la
rete delle tipografie clandestine si allargò ancora di più: si poteva
contare su 18 tipografie di fortuna o stamperie a ciclostile e su 2
tipografie professionali. In questo conto non prendiamo in
considerazione le numerose tipografie militari che operavano a livello
di battaglione, brigate, divisioni, e del IX Korpus. Inizialmente le
tipografie clandestine riproducevano gli organi d'informazione ed i
giornali principali : Slovenski poročevalec (Reporter Sloveno),
Ljudska pravica (Giustizia del Popolo), Kmečki glas (Voce Contadina),
Vestnik OF (Bollettino del Fronte di Liberazione), Mladina (Gioventù) .
In seguito incominciarono a stampare pubblicazioni prodotte nell'area
del litorale: Primorski poročevalec (Corriere del Litorale), Primorski
kmečki glas (Voce Contadina del Litorale), Mladi puntar (Giovane
Rivoltoso, portavoce dell'Unione Giovanile Slovena per il Litorale),
Slovenka (Slovena, portavoce dell'Unione antifascista femminile per il
Litorale), Mladi rod (Giovane Generazione, giornale per gli studenti,
curato da France Bevk), Učiteljski list (Foglio per i Maestri),
Prosveta (Cultura), Učiteljski svetovalec (Consigli per i Maestri),
Matajur, Bratstvo-Fratellanza, Delavska enotnost-Unità Operaia, Il
Lavoratore, Il Nostro Avvenire, Tedenski pregled (Rassegna
Settimanale), Trst tekmuje-Trieste in gara, Bollettino, Naša žena (La
Nostra Donna), Mladina (Gioventù) , Partizanski dnevnik (Quotidiano
Partigiano).

Nelle tipografie e nelle stamperie del Litorale videro la luce numerose
altre pubblicazioni: un estratto del dizionario ortografico sloveno,
due opuscoli per il centenario della nascita dello scrittore Josip
Jurčič e per i 25 anni della morte di Ivan Cankar , due quaderni di
poesie Naši pesniki novemu rodu (I nostri poeti per le giovani
generazioni), una carta geografica del territorio sloveno, un estratto
della grammatica slovena, il «Pregled zgodovine Slovencev» (Sintesi
della Storia Slovena) di Fran Zwitter, l'«Osnutek zgodovine Slovencev»
(Rassegna di storia slovena), «Zemljepis Slovenije» (Geografia della
Slovenia), di Mara Samsa, due canzonieri scolastici «Otroške pesmi» e
«Otroške narodne pesmi» (Canti per bambini e Canti popolari per
bambini), il libro illustrato «Našim pionirčkom» (Per i piccoli
pionieri), diverse raccolte di canzoni partigiane (Partizanska
pesmarica, Pesmarica, Pesmi, Partizanske, Pesmi naše borbe,
Partizanske pesmi), l'opuscolo stampato «Naj pesem naša zadoni» (Che
risuoni il nostro canto), nel centenario della nascita del poeta Simon
Gregorčič l'edizione «Izbrane pesmi» (Poesie scelte) su 64 pagine, due
pubblicazioni dedicate al maggior poeta sloveno France Prešeren (Uvod h
Krstu pri Savici e Zdravljica), un dizionario di parole straniere, la
«Zgodovina razvoja človeške družbe» (Storia dello sviluppo della
società umana) e la ristampa delle «Otroške pesmi» (Poesie per bambini)
di Oton Župančič nonchè «Leto ob Soči» (Un anno di combattimenti lungo
l'Isonzo). Tutte queste pubblicazioni furono stampate o ciclostilate
nelle tipografie clandestine slovene. L'elenco è limitato alle
pubblicazioni più importanti.

Una rassegna dei giornali sloveni fa riferimento soprattutto
all'attività che si è sviluppata a Trieste e a Gorizia. Durante la
guerra, in queste due città non esistevano tipografie slovene, la
stampa e la riproduzione avvenivano soprattutto in località di
difficile accesso. Tuttavia durante la guerra le stamperie clandestine
operarono anche nelle città, in primo luogo a Trieste.

Con la crescita del Fronte di Liberazione, nell'estate e nell'autunno
1941 emerse anche l'urgenza di disporre di una stamperia clandestina
dotata di ciclostile. Oskar Kovačič, il maggiore organizzatore del
Fronte di Liberazione in quest'area, incaricò il fratello Lev di
predisporre e dirigere una tipografia clandestina a ciclostile che
cominciò la propria attività a Trieste il 30 novembre 1941. Era situata
nell'abitazione dell'antifascista Michele Thoma in via Mauroner 15.
Oltre a Kovačič e Thoma vi lavoravano anche Josip Cerkvenič e Danilo
Peric. Vennero stampate varie migliaia di manifesti (di tre tipi) in
sloveno e italiano, che furono utilizzati per il volantinaggio durante
il secondo processo di Trieste, nella prima metà del dicembre 1941. Ma
l'attività di questa tipografia clandestina non durò a lungo: già nel
dicembre 1941 e agli inizi del 1942 la polizia l'aveva individuata ed
arrestarono i principali organizzatori. Alla fine del 1941 fu avviata
la stamperia clandestina di Gorizia, nell'abitazione di Ivan Dornik in
via Torriani 5. I suoi più stretti collaboratori furono Srečko Klavčič,
Jože Kodermac, Pepi Franinovič, Stanko Mačuš, Ivan Prinčič. Era ben
mimetizzata e nota solamente ai dirigenti. Del trasporto delle
pubblicazioni erano incaricati Angela e Milan Pavlin, Vandelina Colja,
Ivanka Bajt. L'attivista Anton Velušček-Matevž si rese conto che una
sola stamperia non era sufficiente per Gorizia ed incaricò Andrej Kumar
di organizzarne delle altre. Tra la primavera e l'ottobre del 1942
diventarono operative due tipografie, una nella località di Vogrsko,
l'altra in autunno, sull'Ajševica, dove fu probabilmente stampato
l'unico numero dell'organo del Fronte di Liberazione per il Litorale
«Naprej zastava Slave» (Avanti, bandiera della Slavia) e furono
ristampati alcuni numeri dello «Slovenski poročevalec» nonchè
riprodotto l'opuscolo «Zakaj je propadla Jugoslavija» (Perchè la
Jugoslavia è crollata). In seguito questa tipografia fu trasferita nel
Collio, ma quando la situazione si fece troppo rischiosa, fu
trasferita nuovamente altrove. Verso la fine del 1942 e nei primi mesi
del 1943 una tipografia operò a Monfalcone presso la famiglia Gambi, in
via Galilei 31, da dove la stampa slovena veniva diffusa nella
Bisiaccaria e sul vicino Carso. Dopo l'interruzione, bisognava aprire
una nuova tipografia clandestina anche a Trieste. Ci riuscirono, nella
primavera del 1942, Darko Marušič e Albin Čotar, i due principali
dirigenti attivisti di allora, che scelsero un'abitazione di via
Carpineto 18 nel rione di Servola. Potevano contare sull'aiuto di
Mariano Zudich, Josip Mezgec, Vladimir Žvab. Dalla seconda metà del
1942 fino alla primavera 1943 era operativa anche una stamperia più
piccola presso il falegname Dionizij Rumič in via Scuole Nuove a San
Giacomo.

Ambedue cessarono l'attività già prima dell'estate 1943. Immediatamente
dopo la capitolazione dell'Italia, nel settembre 1943, fu necessario
aprirne delle nuove. e dal settembre 1943 fino al gennaio 1944 operò
una stamperia a ciclostile presso il fornaio Zafred in Piazzetta
Belvedere. L'organizzatore politico era Henrik Ukmar che poteva contare
sulla collaborazione di Karel Švara, Mario e Rudolf Zafred, Ivan Strgar.

Ma una diffusione veramente imponente venne raggiunta all'inizio del
1944, quando a Trieste inizio ad operare la tipografia chiamata «Morje»
(Mare). L'organizzazione fu affidata al grafico Ladi Trobevšek-Jodi,
che fino allora aveva diretto la tipografia «Snežnik». La tipografia
Morje operava contemporaneamente e sotto lo stesso nome in due
località: a Gretta portava la sigla 0-44, a Domio invece con la sigla
0-44-1. A Domio l'attività iniziò il 17.2.1944 ed in sostanza durò
fino alla fine della guerra, anche se per tre volte si dovette cercare
una nuova sede (dal 17.2. fino al 14.5.1944 nell'abitazione di Josip
Šturman a Domio, dal 15.5. al 2.8.1944 in un bunker sotto San Servolo,
da settembre 1944 a maggio 1945 nell'abitazione di Josip Ušenič, non
lontano dall'abitazione dello Šturman). A Gretta invece, l'attività
iniziò il 2.8.1944 presso Anton Sukljan in Strada del Friuli 107 e si
protrasse fino alla liberazione. Dalle relazioni che si sono conservate
risulta che furono stampate le seguenti pubblicazioni: Slovenski
poročevalec, Kmečki glas, Delavska enotnost-Unità operaia, Bollettino,
Lavoratore, Tedenski pregled, Trieste in gara, Trst tekmuje, Borba e
inoltre la ristampa del canzoniere Partizanske pesmi (Canzoni
Partigiane). Ai giovani erano dedicati i giornali Mladina (Gioventù) e
Mladina na delu (Gioventù che lavora). Inoltre furono preparati due
opuscoli: Materialismo storico e dialettico nonchè la Dichiarazione del
Governo provvisorio della Federazione democratica Jugoslava. I numeri
naturalmente non dicono tutto, tuttavia sono abbastanza eloquenti:
nella tipografia clandestina «Morje» furono stampate 70.000 copie di
vari giornali, 50.000 blocchetti per il Prestito della libertà, nonchè
un milione di volantini.

Per avere una panoramica completa delle pubblicazioni esistenti in
questo periodo è necessario ricordare che a Gorizia, nel periodo
1943-1945, anche i «domobranci» e i «cetniki» (collaboratori dei
nazifascisti) editavano delle proprie pubblicazioni in lingua slovena.
La più importante era Goriški List (Il Giornale di Gorizia), pubblicato
tra il 6.5.1944 e il 28.4.1945. Tra le altre pubblicazioni vi erano
Tolminski glas (La Voce da Tolmino), Vipavec (L'Abitante di Vipacco),
Goriški stražar (La Sentinella di Gorizia), Mlada Primorska (Il Giovane
litorale), Narodna Edinost (Unità Nazionale) e Mladost (Giovinezza).

Con la liberazione, nel maggio 1945, I tempi cambiarono radicalmente.
La guerra e la clandestinità erano finite, iniziava una nuova era nella
quale si poteva finalmente operare in piena legalità. All'inizio del
mese di maggio 1945 furono pubblicati gli ultimi numeri del
Partizanski dnevnik e il 13 maggio vide la nascita di un nuovo
quotidiano, l'attuale Primorski dnevnik.

SERBIA: A BELGRADO PRIMO CAMPO DA GOLF DEL PAESE

Disoccupazione? Quisquilie. Cancri allo stomaco e leucemie? Non ci
risulta. Il paese verso la disintegrazione? Tanto meglio. Corruzione?
Macche' macche', se c'e' e' certo "una eredita' del passato regime".
Secondo l'ANSA, a Belgrado schioccano piuttosto i tappi delle bottiglie
di spumante, e la popolazione e' in festa, perche' e' stato finalmente
inaugurato, lo scorso 19 settembre, "il primo campo da golf della
Serbia e Montenegro, un impianto di 30 ettari nella zona di Ada
Tziganlja, in riva al fiume Sava, uno dei punti piu' suggestivi della
citta'."
Tra una notizia di costume ("Pitbull: dalla Serbia con orrore") ed un
commento soddisfatto sul disfacimento delle istituzioni della Serbia
(dopo quelle della Jugoslavia, sul cui cadavere i giornalisti sputano
sempre con piacere), l'agenzia di stampa dello Stato dal quale
partivano i bombardieri ad ammazzare i cittadini nelle piazze e sui
treni ci racconta una nuova favola: "Il proprietario, Aleksander
Andjelkovic, ha dichiarato di avere speso circa 2 milioni di euro per
la sistemazione del campo, e di sperare che l'iniziativa dia impulso a
questo sport, finora piuttosto disertato nel paese." Speriamo dunque
che i lavoratori della Zastava e le loro famiglie accorrano in massa a
giocare a golf, al fianco dei nuovi ricchi e dei mafiosi italiani in
trasferta. (i.s.)

(si veda:
http://www.ansa.it/balcani/serbiamontenegro/20030919190832695033.html )