Informazione

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TRA I RESPONSABILI DELL'ESODO VERSO L'EUROPA

L'ex Ministro degli Esteri francese Laurent Fabius è stato denunciato da un gruppo di 14 cittadini siriani per le sue responsabilità nell'attizzare la guerra civile in Siria e, di conseguenza, per avere causato l'esodo di massa dei loro connazionali. In prima istanza il Tribunale ha riconosciuto le ragioni di merito ma ha ritenuto non siano perseguibili penalmente; lunedì 7 settembre p.v. si tiene l'udienza di appello, dove i denuncianti sosterranno che il sostegno al terrorismo prestato da Fabius va punito per il grave danno procurato non solo ai siriani ma agli stessi francesi...


From: EditionsDémocrite 
Sent: Thursday, September 3, 2015 7:07 PM
 
 

 

 

Communiqué de Presse                         Diffusion immédiate

 

Procès en appel des civils syriens contre Fabius

Attiser la guerre civile, la politique de la France ?

 

De même que les récentes déclarations de François Hollande, les propos tenus par Laurent Fabius depuis sa prise de fonction au ministère des affaires étrangères ont eu pour effet, sur le terrain en Syrie, de relancer l’agression dont les civils de toutes religions et confessions sont les premières victimes.

 

Quatorze civils syriens demandent à l’ État français la réparation du dommage dont elles souffrent à cause des fautes graves commises par l’agent Fabius à l’occasion de l’exercice de ses fonctions.

 

Le Tribunal Administratif de Paris, le 19 décembre 2014, tout en reconnaissant que les déclarations et les prises de position du ministre ont « attisé la guerre civile en Syrie et encouragé la lutte armée contre le pouvoir en place », a pu néanmoins rejeter les requêtes au motif que ces déclarations et prises de position « se rattachent à la conduite de la politique extérieure de la France ».

 

La question qui se pose en appel est de savoir si l’on peut rejeter sur l’ État la responsabilité d’agissements qui consistent à soutenir le terrorisme, si l’on peut imputer à la France pareille politique, alors que la population française en est aussi bien la victime.

 

 

Audience publique

Lundi 7 Septembre 2015 à 10h00

Cour administrative d’appel de Paris

68 rue François Miron - Paris IVème

 

Ferney, 26 août 2015

BARDECHE – CHAMY – JUNOD - – STENNLER – VIGUIER –YON

 

RAPPEL des déclarations du ministre

29 mai 2012, la France interviendra contre le régime syrien.

17 août 2012, Bachar El Assad ne méritait pas d’être sur terre.

14 décembre 2012, le front Al-Nosra fait du bon boulot.

13 mars 2013, France et Grande Bretagne vont livrer des armes aux rebelles.

22 août 2013, appel à réaction de force, sous prétexte du coup monté de l’attaque chimique.







http://it.sputniknews.com/mondo/20150504/339043.html

Il patto sovietico-tedesco di non aggressione: chi aiutò i nazisti?

Zinoviev Club, Oleg Nazarov – 4.5.2015


Piu di 75 anni fa, il 23 agosto 1939, venne firmato uno dei più famosi documenti diplomatici nella storia dell'umanità, il Patto sovietico-tedesco di non aggressione.

Ignorando il nome ufficiale del documento, i politici e gli storici occidentali lo chiamano "il Patto Molotov-Ribbentrop". Hanno accusato l'Unione Sovietica ed oggi se la prendono con la Russia, sostenendo che stipulando un accordo con la Germania nazista, il Cremlino ha reso il nostro Paese complice dei nazisti nello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Questa tesi è una bugia sfacciata e cinica, ideata per scaricare la responsabilità della Seconda Guerra Mondiale da sé stessi su di noi, da una testa malata ad una sana.

Chi ha liberato Hitler dalle "catene di Versailles"

In realtà il nazismo tedesco è un sottoprodotto della civiltà occidentale, così come i complici di Adolf Hitler nello scoppio della "Seconda Guerra Mondiale" erano le cosiddette "democrazie occidentali", come provato da una valanga di fatti ben determinati. Non è un caso che l'Occidente cerchi di evitarli, come il diavolo con l'acqua santa.

Le prime tracce del cammino verso una nuova guerra sono state lasciate dagli inglesi e francesi subito dopo che i nazisti salirono al potere in Germania. In meno di sei mesi, il 15 luglio 1933 a Roma, la Gran Bretagna, la Francia, l'Italia fascista e la Germania nazista firmarono il "Patto a quattro." Se i leader della Repubblica di Weimar Londra e Parigi li tenevano al "guinzaglio", la Germania di Hitler è subito entrata nel circolo delle grandi potenze ed hanno iniziato a parlare con essa da pari a pari!
Le democrazie occidentali non avevano trascurato il fatto che Hitler aveva da molto tempo sollecitato i tedeschi a marciare verso Est per conquistare le risorse e lo "spazio vitale." Con la firma del "Patto a quattro", il fuhrer del Terzo Reich non solo ottenne un grande successo diplomatico, ma guadagnò il "Drang nach Osten" ("Spinta verso Est") verso "le vaste distese della Russia", piano coerente con gli interessi di Londra e Parigi. Proprio loro spinsero i nazisti in questa direzione! È interessante notare che, demonizzando il "Patto Molotov-Ribbentrop", l'Occidente mette in secondo piano il "Patto a quattro", che ha dato il via alla politica di "appeasement" ("accomodamento dell'aggressore") a scapito dei territori e degli interessi di Paesi terzi.
E' finito nell'oblio l'accordo navale anglo-tedesco — estremamente vantaggioso per Berlino- firmato il 18 giugno 1935 dai ministri degli Esteri di Gran Bretagna e Germania Samuel Choir e Joachim von Ribbentrop con uno scambio di note. Questa firma concesse alla Germania l'opportunità di creare una flotta tedesca pari al 35% delle forze navali del Regno Unito e dei Paesi del Commonwealth britannico e il diritto di intraprendere un ambizioso programma di costruzione di sottomarini, sconfessando di fatto il Trattato di Versailles.

Il successivo colpo alle "catene di Versailles" Hitler lo inflisse nel 1936, occupando militarmente la Renania, lasciata dalla Germania nel 1919. Londra e Parigi non reagirono. Dopodichè con la Guerra Civile Spagnola, in cui la Germania e l'Italia diedero il loro sostegno al generale Franco, la Spagna divenne il terreno dove i "superuomini" tedeschi acquisirono una preziosa esperienza di combattimento.

Patti di Monaco

Il picco della politica di "appeasement" fu l'accordo firmato nel settembre 1938 a Monaco di Baviera tra Hitler, il duce Benito Mussolini e i primi ministri di Gran Bretagna e Francia Neville Chamberlain ed Edouard Daladier. La regione dei Sudeti che apparteneva alla Cecoslovacchia venne strappata via e trasferita con tutti i beni materiali di valore al Terzo Reich. Pezzi di Cecoslovacchia se li sono presi l'Ungheria e la Polonia, che Winston Churchill paragonava ad una iena.
Chamberlain e Daladier non si sono preoccupati di aver fatto spartire a dittatori sanguinari il territorio di una democratica e pacifica Cecoslovacchia, in assenza dei capi di Stato ed in violazione della Costituzione della Repubblica Cecoslovacca. Li rendeva felici che l'Unione Sovietica non potesse venire in soccorso della Cecoslovacchia, sebbene ci avesse provato, e che in campo internazionale Mosca rimase isolata.
Giunto euforico, Chamberlain si era "dimenticato" che prima di partire per Monaco di Baviera aveva promesso alle autorità della Cecoslovacchia di tenere conto dei loro interessi. In realtà ha ricordato né più né meno come avevano ricordato le loro promesse al presidente ucraino Viktor Yanukovych i ministri degli Esteri di Germania, Francia e Polonia nel mese di febbraio 2014. Dopodichè Chamberlain non si dimenticò il 30 settembre di firmare con Hitler un patto di non aggressione. Secondo lo storico Oleg Rzheshevsky, come l'accordo analogo tra Parigi e Berlino del 6 dicembre 1938, entrambi "erano essenzialmente dei patti di non aggressione."
Dopo le grandi potenze, hanno firmato con la Germania patti di non aggressione anche Danimarca, Lituania, Lettonia ed Estonia. È interessante notare che gli stessi paesi baltici non rinnegano di aver firmato patti di non belligeranza con la Germania nazista.

Nel settembre 2013 i patti di Monaco e l'accordo "Chamberlain-Hitler" hanno compiuto 75 anni. I motivi per cui la ricorrenza è stata ignorata dall'Occidente e dalla sua "quinta colonna" in Russia sono chiari. Più difficile da capire, perché l'evento più determinante nel cammino verso la Seconda Guerra Mondiale sia stato ignorato da quasi tutti i media nazionali… Ai colleghi smemorati ricordo che contro la Russia si conduce una guerra psicologica di massa e implacabile e continuare a fare concessioni all'Occidente nel terreno storico del fronte dell'informazione è più che un errore.

La trave e il fuscello

Per tutti gli anni '30, fino al 23 agosto 1939, il regime stalinista dell'Unione Sovietica insistentemente e costantemente aveva perseguito la politica di "sicurezza collettiva". Non è né per colpa né per disgrazia di Mosca che gli sforzi della politica di "appeasement" l'avevano costretta a rinunciarvi. La svolta in politica estera del Cremlino era stata preceduta dai negoziati trilaterali delle delegazioni militari di Gran Bretagna, Francia ed Urss a Mosca. La responsabilità del loro fallimento ricade sugli inglesi e i polacchi. I primi, con l'obiettivo di evitare il ravvicinamento tra l'Unione Sovietica e la Germania, hanno negoziato solo per il bene di condurre negoziati. I secondi, sperando in vano in Parigi e Londra, si erano categoricamente rifiutati di accettare aiuti militari dall'Unione Sovietica, nonostante l'ascia tedesca era già stata puntata sul loro Paese.
E' importante capire che nell'agosto 1939, il discorso non riguardava la spartizione della Polonia, dell'Europa o del mondo tra l'Urss e la Germania, ma piuttosto dove dopo l'inevitabile sconfitta della Polonia Hitler avesse mosso le sue orde: ad Est o ad Ovest. Si può avere qualsiasi giudizio su Stalin e sulla sua politica interna, ma non si può non ammettere che sia stato spinto in un angolo ed abbia fatto la scelta giusta. Inoltre ha battuto gli arroganti e troppo sicuri di sé inglesi, vincitori più volte di battaglie diplomatiche. Concludendo l'accordo con la Germania, Stalin ha fatto assaggiare a Parigi e Londra il frutto amaro della politica di "appeasement", ha guadagnato tempo per prepararsi alla resa dei conti finale con la Germania ed ha evitato al Paese la minaccia di una guerra su due fronti: era appena scoppiato il conflitto di confine sovietico-giapponese ed era in corso la battaglia di Khalkhin Gol.

"Il patto sovietico- tedesco non era un'alleanza, è stato solo un reciproco scambio di promesse di non aggressione e neutralità… In Occidente è stato fatto clamore sui crimini della Russia sovietica, che ha firmato un patto con la potenza fascista. E' stato difficile capire al contrario le accuse dei politici britannici e francesi che attivamente avevano contribuito alla divisione della Cecoslovacchia ed avevano anche cercato un nuovo accordo con la Germania a spese della Polonia,"- osserva lo storico britannico Alan John Percivale Taylor.

Tuttavia tali accuse da persone che vedono il fuscello nell'occhio di altri e non scorgono la trave nel proprio risuonano ancora oggi.
Il 31 agosto 1939 si svolse la sessione straordinaria del Soviet Supremo dell'Urss. Nel suo intervento il presidente dei Commissari del Popolo dell'Urss e Commissario del Popolo per gli Affari Esteri Vyacheslav Molotov disse:

"Il patto di non aggressione tra la Germania e l'URSS è un punto di svolta nella storia d'Europa, e non solo in Europa… Questo accordo, così come i naufragati negoziati anglo-franco-sovietici,  dimostrano che è ormai impossibile affrontare le questioni importanti in Europa orientale senza il coinvolgimento attivo dell'Unione Sovietica e che qualsiasi tentativo di aggirare l'Unione Sovietica e di risolvere tali questioni dietro l'Unione Sovietica è destinato al fallimento."

L'Urss, emarginata dall'Occidente nella soluzione della crisi cecoslovacca, un anno dopo tornò sulla scena mondiale, diventando uno dei principali protagonisti. Fu un successo sensazionale della diplomazia sovietica. C'è ragione di pensare che non valga la pena ricordare il 23 agosto nel calendario storico della Russia. Naturalmente, questa idea provocherà un acceso dibattito. Indiscutibilmente si tratta di altro: 75 anni fa le autorità sovietiche non hanno fatto nulla di cui dovremmo vergognarci o pentirci.

 
Oleg Nazarov, Dottore in Scienze Storiche e membro del Club Zinoviev per l'agenzia russa di stampa internazionale "Rossiya Segodnya"






La prossima volta che vi comprate una maglietta


Miniature dal mondo. A Venezia il mecenatismo alla Benetton”. Troneggia così sulla Home Page di Repubblica l’ennesima marchetta dedicata alle iniziative filantropiche di questa famiglia di “imprenditori illuminati”, già padroni di autostrade e aeroporti (ad essi regalati, anzi “privatizzati”, dal PD) e, quindi, padroni del Gruppo editoriale Espresso-La Repubblica. Della mostra e del servilismo dei Maître à penser del PD verso i Benetton non credo valga la pena di parlarne, non così di un’altra notizia riguardante (passata quasi sotto silenzio): Benetton è l’unico dei grandi marchi a non aver ancora versato nemmeno un dollaro al fondo ONU per risarcire le vittime del Rana Plaza. Rana Plaza? Chi se lo ricorda più? Nell’aprile 2013 morirono 1.100 operai, seppelliti nel crollo di una fabbrica. Una fabbrica, come tante, fatiscente posta nel Bangla Desh. Dove, per un dollaro l’ora realizzavano magliette per conto dei Benetton. Ricordatelo la prossima volta che vi comprate una maglietta, o Repubblica.

Francesco Santoianni

www.francescosantoianni.it

28 Agosto, 2015

http://pecorarossa.tumblr.com/post/127800141934/la-prossima-volta-che-vi-comprate-una-maglietta



(deutsch / italiano / english)

Farewell to Catalonia

1) Ein inoffizielles Plebiszit / An Unofficial Plebiscite (GFP 7.8.2015)
... the EU's currency, the Euro, can, in the long run, only be maintained within a uniform economic area. This would exclude Spain, but include a seceded Catalonia...
2) Risoluzione della Conferenza Nazionale del PCPC sulla questione nazionale (27/09/2014)
... Il Partito Comunista del Popolo di Catalogna chiama tutti i lavoratori e lavoratrici della Catalogna a non lasciarsi ingannare dal nazionalismo spagnolo e catalano...


Auch zu lesen:

Los von Madrid (Berliner Experten plädieren für Abspaltung Kataloniens – GFP 30.10.2014)
Kurz vor der unverbindlichen Abstimmung über die Abspaltung Kataloniens von Spanien am 9. November [2014] fordern Berliner Außenpolitik-Spezialisten Madrid zur Zustimmung zur Sezession auf. Die Loslösung Kataloniens, einer der wohlhabendsten Regionen des Landes, werde zwar zu gravierenden Problemen vor allem für die ärmeren Gegenden Spaniens führen und neue Spannungen im Sezessionsgebiet selbst auslösen, heißt es in einem aktuellen Papier aus der Deutschen Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP). Dennoch solle die Abtrennung nicht verhindert werden. Der katalanische Separatismus, über Jahrzehnte gewachsen, erstarkt vor allem, seit die Finanzkrise im Jahr 2008 Spanien erfasst hat; gefördert wird er von dem Gedanken, den relativen Reichtum der Region nicht mehr für die Umverteilung an ärmere Gebiete Spaniens zur Verfügung stellen zu wollen. Auf kulturpolitischem Wege hat auch Deutschland den katalanischen Separatismus unterstützt. Ein Mitglied im Wissenschaftlichen Beirat des Wirtschaftsministeriums urteilt, die katalanische Sezession stärke "den wirtschaftspolitischen Wettbewerb" und sei deshalb zu befürworten...
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58980


=== 1 ===

Ein inoffizielles Plebiszit (Wahlen in Katalonien als Sezessions-Referendum – GFP 07.08.2015)
Mit gemischten Gefühlen reagiert das deutsche Establishment auf die Ankündigung eines inoffiziellen Plebiszits zur Abspaltung Kataloniens von Spanien. Der katalanische Regierungschef Artur Mas hat die Regionalwahl am 27. September zum De-facto-Referendum über die Sezession des Gebiets erklärt. Erhält seine Einheitsliste die absolute Mehrheit, will er binnen acht Monaten die Trennung von Spanien verkünden. Die Bundesrepublik hat in der Vergangenheit immer wieder eine Abspaltung Kataloniens begünstigt; zuletzt haben sich einflussreiche deutsche Think-Tanks dafür ausgesprochen, der Sezession keine Steine in den Weg zu legen. Widerstände gibt es hingegen aus Wirtschaftskreisen. Katalonien ist ein zentraler Standort deutscher Unternehmen in Spanien, die ihre Geschäfte jedoch nicht auf die Region beschränkt sehen wollen, sondern auf den Handel mit ganz Spanien zielen; dafür wäre eine Loslösung des Gebiets von Madrid womöglich hinderlich. Regierungsberater halten die Probleme allerdings für lösbar. Manche Ökonomen wenden zudem mit Blick auf die EU-Währung ein, der Euro könne langfristig wohl nur in einem einheitlicheren Wirtschaftsgebiet erhalten bleiben. Dazu würde nach Lage der Dinge Spanien nicht gehören - möglicherweise aber ein abgespaltenes Katalonien, die stärkste Wirtschaftsregion der iberischen Halbinsel...
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/59178



An Unofficial Plebiscite
 
2015/08/07

BERLIN/BARCELONA
 
(Own report) - The German establishment is sending mixed signals in reaction to the announcement of an unofficial plebiscite on Catalonia's secession from Spain. Catalan Prime Minister Artur Mas has declared the September 27 regional elections a de facto plebiscite on the region's secession. Should his alliance secure the absolute majority, he will proclaim independence from Spain within 8 months. In the past, Germany had repeatedly supported Catalan secession. Influential German think tanks are demanding that secession not be obstructed. However, there is opposition rising from within business circles. Catalonia is a central site for German companies in Spain. Engaged in trade throughout Spain, they do not want to see their business possibilities limited to one region and Barcelona's secession from Madrid could possibly prove an obstacle. According to German government advisors, on the other hand, these problems could be solved. Some economists contend that the EU's currency, the Euro, can, in the long run, only be maintained within a uniform economic area. This would exclude Spain, but include a seceded Catalonia, the strongest economic zone on the Iberian Peninsular.

The Election as a Referendum

Artur Mas, Prime Minister of Spain's autonomous community of Catalonia, declared Catalonia's September 27, regional elections to be an unofficial plebiscite on the province's secession from Spain. "This date will go down in the history of Catalonia," predicted Mas at the beginning of the week, referring to the voting. This will far surpass an ordinary election, because the unified slate comprised of Mas' governing Convergència Democràtica de Catalunya (CDC) and the leftwing Esquerra Republicana de Catalunya (ERC) have sworn to declare Catalonia's unilateral independence from Spain, within eight months, should they receive more than 50 percent of the votes. In the Catalan establishment, this commitment is rather controversial, causing a rearrangement in the spectrum of political parties. The Christian democratic Unió Democràtica de Catalunya (UDC), which had been a long-standing alliance partner with the CDC, has now left this Convergència i Unió (CiU) alliance, because it is opposed to unilateral secession. Recent polls show the unified slate slightly lagging behind. However, given the support of prominent personalities - such as the soccer star, Pep Guardiola (currently with Bayern München) - it would not be surprising if they successfully bypass their rivals.

A Feast for Separatists

The German establishment has been sending mixed signals recently in response to Catalonia's planned secession. In the past, the Federal Republic of Germany has systematically promoted Catalan separatism. For example, Catalonia was received as "guest of honor" - unprecedented for a region - at the Frankfurt Book Fair in 2007, a symbolically highly effective gesture, and a feast for secessionists. (german-foreign-policy.com reported.[1]) Two years ago, the German Chancellery-financed Institute for International and Security Affairs (SWP) publicly put into question Spain's territorial integrity. According to the SWP paper, the EU could "reach the point, where a negotiated separation is more preferable than a situation of permanent instability."[2] Last year the German Council on Foreign Relations (DGAP) seconded this opinion in a brief analysis. Even if Catalonia's secession could engender problems, this does not mean that the region "should forever remain a part of Spain," according to the DGAP analysis. Madrid "should work toward an agreement" that "accommodates the new state."[3] Support for secessionists corresponds to an old German foreign policy tradition of seeking to weaken potential rival nations, even without hesitating to use ethnic chauvinism to destroy their territorial cohesion.[4]

Spain's Economic Powerhouse

However, last year contrary views were also being heard. This is because of Catalonia's economic significance. The Region makes up only 6.3 percent of Spain's territory and a mere 16.1 percent of Spain's population, however it accounts for 19 percent of the country's GDP, and 26 percent of its exports. Germany imports 11.5 percent of Catalonia's exports and supplies 17.3 percent of its imports, becoming thereby, the most important trade partner and primary supplier of the region. Altogether, about 5,600 foreign companies have invested in Catalonia, which amounts to around 25 percent of all foreign direct investments in Spain. 18 percent of these are from Germany and France, who share first place, even though Germany has a slight lead.[5] Catalonia, Spain's economic powerhouse, maintains particularly strong economic ties to Germany. This is also due to the cooperation program "Four Motors for Europe." Established in 1988 on the initiative of Germany's state of Baden Wurttemberg, it has intensified economic cooperation. Four economically prosperous regions of four EU member countries are cooperating in this program - alongside Baden Wurttemberg, Rhone-Alpes (France), the Lombardy (Italy) and Catalonia.[6]

Spain's Market

Therefore, in Spain, Catalonia has a particular significance for German enterprises, also because it is part of the Spanish market. German companies "came to Catalonia for a market of 40 million Spaniards, not merely for the seven million Catalans," Andrés Gómez, Chair of the Barcelona-based Circle of German-Speaking Executives (kdf) was quoted saying at the beginning of 2014.[7] Kdf members are executives in Spain from business, politics and culture, including a Thyssen manager, a former German ambassador to Spain and a staff member of the Fundación Bertelsmann. In early 2014, predominantly German initiators had also published a "Barcelona Declaration" explicitly warning against the "devastating consequences" of secession. If the region secedes from Spain, it will no longer be an EU member, will no longer be able to trade freely with EU member nations and may be forced to give up the Euro, according to reasoning behind this admonition. The declaration's signers included Gerhard Esser, former Thyssen manager and Erwin Rauhe, Vice President of BASF-Spain.

Competition in Economic Policy

Government advisors see these difficulties as resolvable. Following secession, it simply must be attempted, using flexible means, "to, at least, avoid the formation of impermeable borders, for example for freight traffic or the four freedoms of the [EU's] Single Market," according to an analysis published by the SWP. The question whether Catalonia may continue to use the Euro, should also be flexibly approached.[8] Economists are adding more arguments in favor of secession. Secession would reinforce "the competition in economic policy" and should therefore be supported, explained, last fall, Roland Vaubel, professor of economics in Mannheim and a member of the German Ministry of the Economy's Academic Advisory Board. Besides, "today's European nations," are simply "the results of centuries and millennia of despotism and force," Vaubel continues, "the right of secession" is therefore " ultimately necessary to establish political units corresponding to the citizens' wishes."[9]

A Uniform Economic Culture

Alongside Vaubel, the economic historian, Werner Abelshauser, proposes a concept depicting Germany's long-term advantages from Catalonia's secession. Abelshauser declared that in Central Europe, there is "a relatively uniform economic culture." "For centuries, from Scandinavia to Northern Italy and from the Seine to the Oder, it has evolved through concentrated markets." This "economic culture" has been sustainably characterized by "the way of thinking and acting, the rules of the game and types of organization, constituting the social system of production." For example, their "working relations" are "cooperative," whereas elsewhere - particularly in Southern Europe - they are "conflict oriented." In times of crisis, this creates problems with a common currency.[10] Abelshauser is, therefore, in favor of maintaining only those EU regions within the common currency, that show evidence of "a relatively uniform economic culture." As the "Four Motors for Europe" demonstrate, along with Northern Italy (Lombardy), Catalonia could possibly join such a currency region - under the condition, it is no longer part of Spain.
[1] See Language Struggle and Ethnic Europe.
[2] Kai-Olaf Lang: Katalonien auf dem Weg in die Unabhängigkeit? Der Schlüssel liegt in Madrid. SWP-Aktuell 50, August 2013.
[3] Cale Salih: Catalonia's Separatist Swell. DGAPkompakt No 12, October 2014.
[4] See MinderheitenrechteDer Zentralstaat als Minusgeschäft and Hintergrundbericht: Die Föderalistische Union Europäischer Volksgruppen.
[5] Katalonien zeigt sich dynamisch und generiert einen Mehrwert für die europäische Wirtschaft. www.cataloniavotes.eu 14.05.2014.
[6] See The Federal State - A Loss-Making Business (II).
[7] Karin Finkenzeller: Der Preis der Freiheit. www.zeit.de 16.06.2014.
[8] Susanne Gratius, Kai-Olaf Lang: Das katalanische Labyrinth. SWP-Aktuell 5, Januar 2015.
[9] Roland Vaubel: Katalonien und das Recht auf Sezession. www.anc-deutschland.cat Oktober 2014. Regarding Vaubel see Brüche im Establishment (II).
[10] Werner Abelshauser: Politische Union bedroht deutsche Wirtschaftsinteressen. www.cicero.de 22.07.2012. "Bruchstellen auch mit Milliarden nicht zu kitten". Westfalen-Blatt 14.07.2012. See Wirtschaftskulturen.


=== 2 ===

http://www.resistenze.org/sito/te/po/sp/pospei30-015081.htm
www.resistenze.org - popoli resistenti - spagna - 30-09-14 - n. 513

Risoluzione della Conferenza Nazionale del PCPC sulla questione nazionale

Partito Comunista del Popolo di Catalogna (PCPC) | pcpc.cat
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

27/09/2014

Il Partito Comunista del Popolo di Catalogna, nel quadro della Conferenza Nazionale sulla questione nazionale e del cosiddetto processo "sovranista", prende posizione davanti alla consultazione convocata per il prossimo 9 novembre dalla maggioranza delle forze politiche del Parlamento catalano.

In primo luogo, il PCPC ribadisce che ha sempre difeso e sempre difenderà il diritto del popolo di Catalogna all'autodeterminazione, in virtù del carattere nazionale della Catalogna e pertanto del carattere di soggetto politico del popolo catalano.

In secondo luogo, il PCPC intende che il diritto all'autodeterminazione della Catalogna non è un diritto meramente formale, e che il suo esercizio non deve avere restrizioni politiche e temporali, e che pertanto, questo diritto include la capacità del popolo di Catalogna a rendersi indipendente dallo Stato spagnolo.

In terzo luogo, il PCPC chiama la classe operaia catalana a partecipare alla consultazione.

Infine, il PCPC, davanti al doppio quesito referendario e in generale davanti a tutto il processo sovranista, considera che esso sia funzione degli interessi della borghesia catalana al fine di far partecipare la Catalogna al polo imperialista europeo e alla NATO. La classe operaia catalana non ha nulla da guadagnare sotto il progetto della borghesia e dell'imperialismo, e pertanto chiama durante l'esercizio di voto in segno di protesta introdurre schede che manifestino il rifiuto all'UE e alla NATO.

Nel capitalismo, all'interno delle strutture economiche, politiche e militari dell'imperialismo europeo e nord-americano non c'è sovranità. Non possiamo parlare di una Catalogna sovrana sotto lo stivale dell'imperialismo.

La classe operaia catalana dietro le bandiere della borghesia, non troverà altro che miseria, guerra e sfruttamento.

Il Partito Comunista del Popolo di Catalogna chiama tutti i lavoratori e lavoratrici della Catalogna a non lasciarsi ingannare dal nazionalismo spagnolo e catalano. C'è solo una classe internazionale e la classe operaia catalana troverà la libertà e la sovranità solo nel Socialismo ed esercitando l'internazionalismo proletario, archiviando il capitalismo nel passato.