Informazione


Iniziative segnalate

1) Parte il corso di lingua serbo-croata a Torino
2) Parma 17/10: Europa tedesca? Germania, Trattati europei e neocolonialismo
3) Trieste 19/10: Le violenze per Trieste italiana


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Parte il corso di lingua serbo-croata a Torino

Il martedì dalle h 18,30 alle 20,30. Pridruzite se :) 

A soli 6,25 euro ... 20% di sconto.

Questa settimana si chiudono le iscrizioni ai corsi della scuola popolare di Red House. 

Per info: Red House Collegno
Via Bendini 11, Collegno (TO)
+39 3315899460



Il corso di lingua serbo-croata si tiene tutti i martedì h 18.30 alle h 20.30.

La lingua serbo-croata (o serbocroata) (srpskohrvatski/cрпскохрватски) è una lingua slava meridionale.

Era una tra le principali lingue ufficiali della Jugoslavia, parlata nelle repubbliche socialiste di Serbia, Croazia, Bosnia-Erzegovina e Montenegro, insieme allo sloveno e al macedone (rispettivamente nelle repubbliche socialiste di Slovenia e Macedonia).

Questa denominazione non è più ufficialmente usata dopo i tragici fatti del periodo 1992–1995 nella Jugoslavia ed il progressivo, vicendevole allontanamento dei Paesi interessati.

Oggi possiamo dire che la definizione di lingua serbo-croata non si usi più, sebbene la lingua sia perfettamente viva e parlata. Le persone oggi riconoscono la propria lingua come serbo parlato in Serbia, come croato parlato in Croazia, come bosniaco parlato in Bosnia-Erzegovina e come montenegrino parlato in Montenegro.



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Parma, sabato 17 ottobre 2015
alle ore 16.30 presso la Sala Civica Cittadella – Bizzozero, via Antonio Bizzozero 15/A

Europa tedesca? Germania, Trattati europei e neocolonialismo

ROSS@ ne discute con
Vladimiro Giacché – economista, autore di Anschluss. L’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa e di Costituzione italiana contro trattati europei. Il conflitto inevitabile
Alessandro Somma – docente di diritto pubblico comparato all’Università di Ferrara, autore di La dittatura dello spread e L’altra faccia della Germania.

Dopo il referendum greco del luglio scorso la maschera della governance neoliberale europea è definitivamente calata, mostrando il cinico volto delle aggressive politiche austeritarie antipopolari che il nuovo sistema di regole targate UE sta imponendo in tutta Europa. Sventola vittoriosa la bandiera del fondamentalismo monetarista, che assume competitività e mercato come principi fondanti. In questo nuovo scenario l’astratta retorica dell’unione paritaria e solidale dei paesi membri, uniti nella diversità e foriera di pace fra i popoli, non è che una favola. L’Europa è, ed è sempre stata, un pluralità conflittuale in cui alcuni stati contano più di altri e oggi l’egemone è la Germania. Lo è da un punto di vista geopolitico ed economico, quando instaura protettorati attraverso un neo-mercantilismo che permette di guadagnare interessi dai prestiti erogati dalle proprie banche ai paesi del sud e che crea surplus commerciali grazie ad un euro che avvantaggia artificialmente la propria produzione nazionale. Lo è da un punto di vista ideologico, quando impone l’ordoliberalismo e la cosiddetta economia sociale di mercato come dottrina dominante che assegna valore costituente alla concorrenza, a scapito del lavoro, principio fondante della Carta costituzionale italiana.

Diventa quindi di cruciale importanza comprendere il ruolo della Germania nella UE e della sua evoluzione interna a partire dalla “riunificazione”, dagli anni cruciali ’89 - ’90 in cui le veloci tappe verso una realizzazione dell’unione monetaria, facevano presagire più ad un’annessione della ex-DDR nella Germania Ovest. Si tratta di un laboratorio politico che con le riforme “Hartz” dei primi anni duemila – basate su una forte spinta alla flessibilizzazione del lavoro e continuate con i governi Merkel – non ha cessato di essere fonte ispiratrice delle politiche europee, determinando scelte di governance che si sono sedimentate nei trattati stessi e che sono divenute, quindi, regole per tutti. 

www.rossa.red



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Trieste, Lunedì 19 ottobre 2015
alle ore 17:30 presso il Circolo della Stampa, Corso Italia 13

Presentazione del dossier 
"Le violenze per Trieste italiana" 
di Claudia Cernigoi.

Con la partecipazione di Luciano Santin e dell'autrice.
Ingresso libero, seguirà dibattito

... Le violenze per Trieste italiana, ovvero la strategia della tensione a Trieste sotto il Governo militare alleato (1945-1954): i finanziamenti dell’Ufficio Zone di Confine alle organizzazioni paramilitari fasciste e xenofobe, le squadre di teppisti organizzate dagli ex dirigenti del CLN giuliano e futuri gladiatori, il ruolo della Osoppo, l’invio dall’Italia di armi per preparare la destabilizzazione della Zona A, il ruolo dei neofascisti negli scontri del 1953 prima del ritorno dell’amministrazione italiana in città...





(srpskohrvatski / italiano)

"Non ci sarà la Jugoslavia, eppure ci sono gli jugoslavi. Una madre muore, ma i figli restano."


Stevan Mirković e lo jugoslavismo intransigente

1) IN MEMORIAM general pukovnik JNA drug Stevan Mirković
2) Stevan Mirković, Veljko Kadijević e lo jugoslavismo intransigente (A. Martocchia)
3) Sećanje
4) Linkovi / Collegamenti


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Izvor: Komunisti Obrenovca, 30/9/2015
https://www.facebook.com/komunisti.obrenovca/photos/pb.907322746018592.-2207520000.1443704029./916769265073940/?type=3&theater

IN MEMORIAM
Stevan Mirković general JNA 27.10.1927 - 26.09 2015 

učesnik Narodnooslobodilačke borbe od svoje 16-te godine, general-pukovnik JNA i načelnika Generalštaba Jugoslovenske narodne armije.
Sahrana generala Stevana Mirkoviča je u četvrtak 01.10.2015. u 12. 30 časova na Novom groblju u Beogradu.
Nek mu je večna slava i hvala i laka mu zemlja Jugoslovenska.

Jednom je izjavio da mu je najdraža pesma: 
„ Nas dva brata oba ratujemo
Ne plač’ majko ako poginemo,
Mila majko žali nas jednako 
Jal’ jednako jal’ nemoj nikako“
Sreten i njegov brat Žika zajedno su bili među oslobodiocima Beograda oktobra 1944 a onda produžili skupa na Sremski front. Žika je umro prošle godine, odnevši sa sobom u grob i nemačko mitraljesko čelično zrno, koje je u svojoj jetri nosio celog života, Stevan je bio ranjen jednom u Hrvatskoj i drugi put u Bosni.

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Izvor: SFR Jugoslavija - SFR Yugoslavia, 1.10.2015.
https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=10153664199398834

Danas je u Beogradu uz vojne počasti sahranjen general pukovnik JNA drug Stevan Mirković. 
General - pukovnik Stevan Mirković bio je osnivač i počasni predsednik dve političke organizacije: pokreta Jugoslovenski Centar Tito i Saveza Komunista Jugoslavije u Srbiji. 
Sahrani je prisustvovao veliki broj građana, kao i veliki broj delegacija antifašističkih, komunističkih, jugoslovenskih i levičarskih partija, udruženja, pokreta. 
Prisutnima su se obratili general - podpukovnik drug Svetozar Oro u ime organizacija Avnojevski Forum Josip Broz Tito, Društva za Istinu o NOB - u i Jugoslaviji i pokreta Jugoslovenski Centar Tito i drugarica Mira Tokanović u ime Saveza Komunista Jugoslavije u Srbiji.
U toku sahrane general - pukovnika Stevana Mirkovića pročitan je i telegram koji je u ime Lige Antifašista Jugoistočne Evrope i organizacija koje sačinjavaju Ligu poslao predsednik Lige drug Hakija Abdić. 
Počasne straže uz odar pokojnog general - pukovnika Stevana Mirkovića držale su delegacije Sekcije Boraca Prve Proleterske Narodnooslobodilačke Udarne Brigade, pokreta Jugoslovenski Centar Tito, Saveza Komunista Jugoslavije u Srbiji, udruženja Naša Jugoslavija, ZZB NOB Slovenija, Komunističke Partije i Komunista Srbije.
Ovom prilikom želimo da se zahvalimo članovima sledećih delegacija:
- ZZB NOB Slovenija na čelu sa Frankom Pleskom i Bojanom Pahorom
- Avnojevski Forum Josip Broz Tito na čelu sa general - podpukovnikom Svetozarom Orom
- Društvo za Istinu o NOB - u i Jugoslaviji na čelu sa Mladenkom Colićem
- Sekcija Boraca Prve Proleterske Narodnooslobodilačke Udarne Brigade na čelu sa pukovnikom Zdenkom Duplančićem
- Udruženje Naša Jugoslavija na čelu sa Vladimirim Milosavljevićem
- Komunistička Partija na čelu sa Josipom Joškom Brozom
- Komunisti Srbije na čelu sa Svetozarom Markanovićem
Još jednom koristimo priliku da se zahvalimo svim delegacijama i pojedincima koji su prisustvovali poslednjem ispraćaju našeg generala.
Hvala svima!!!
pokret Jugoslovenski Centar Tito 
i
Savez Komunista Jugoslavije u Srbiji


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Stevan Mirković, Veljko Kadijević e lo jugoslavismo intransigente 

di A. Martocchia, segretario Coord. Naz. per la Jugoslavia ONLUS

Sono stati celebrati l'altroieri 1.10.2015 a Belgrado i funerali del compagno e amico Stevan Mirković (Valjevo 27.10.1927 - Belgrado 26.09 2015).

Già partigiano – in particolare impegnato sul Fronte dello Srem –, poi militare di professione fino a conseguire i gradi di Generale di Corpo d'Armata e Capo di Stato Maggiore dell'esercito jugoslavo (JNA), dopo la pensione e dopo lo smembramento del suo paese "Stevo" aveva continuato ad essere attivo combattente jugoslavista e perciò critico severo delle politiche di spartizione fomentate dall'estero e attuate dai traditori annidati nelle varie repubbliche. E' stato a tutti gli effetti fino all'ultimo istante della sua vita un patriota jugoslavo, un antifascista, un comunista e internazionalista sensibile alle grandi questioni del nostro tempo, come dimostrano i tanti temi da lui stessi trattati negli scritti di questi ultimi anni [si veda la sezione 4: Linkovi in questo messaggio].

La sua carriera militare si era appena conclusa, per l'appunto con l'incarico più prestigioso, quello di Capo di Stato Maggiore (1987–1989), quando la Jugoslavia federativa e socialista precipitava nella crisi che sarebbe sfociata in guerra fratricida, e il suo partito – la Lega dei Comunisti di cui aveva la tessera sin dal 1944 – si dissolveva. 
Con l'introduzione del sistema multipartitico, Mirković partecipava alla fondazione della nuova "Lega dei Comunisti - Movimento per la Jugoslavia" (SK-PJ), ma ben presto, al momento della fusione del SK-PJ con la "Sinistra Unita Jugoslava" (JUL) di Mira Marković, Stevan abbandonava l'organizzazione da posizioni pan-jugoslaviste e anticapitaliste intransigenti, in continuità con i valori del periodo di Tito e mantenendo proprio la figura di Tito come riferimento simbolico e ideale ineludibile. 
Lo jugoslavismo di Mirković si riferiva infatti a un paese esteso "dal monte Triglav al fiume Vardar": egli rimaneva cioè fautore di una Jugoslavia di tutti gli jugoslavi, in contrapposizione allo jugoslavismo "realista" o "minimalista" della JUL e dei socialisti, per i quali la Jugoslavia poteva anche essere solo quella "di chi ci vuole stare", e quindi in particolare dei Serbi... Ma stabilire chi davvero "volesse" stare dentro o fuori la Jugoslavia nell'epoca della manipolazione mediatica e della disinformazione di guerra era una impresa impossibile e priva di senso, così come impossibile e priva di senso era e rimane ogni definizione di confini "giusti" a dividere i popoli jugoslavi tra di loro. Ripeteva Mirković: guardate i Serbi, che nella RFSJ erano "popolo costitutivo" secondo la Costituzione non solo in Serbia, ma anche in Croazia e Bosnia... oggi invece sono "stranieri" ovunque (forse anche in Serbia...). Nessun popolo ha guadagnato una vera patria dallo smembramento, nessuno vive in un suo proprio Stato unitario, bensì tutti sono divisi al loro interno dai nuovi dannati confini! Come dunque rassegnarsi al "dato di fatto" delle secessioni? – rimproverava Mirković alle sinistre di governo.

Il caso di Kadijević e la JNA come estrema speranza

Una posizione, questa di Mirković, paragonabile a quella attribuita all'ultimo Ministro della Difesa della RFSJ, Veljko Kadijević, che nel febbraio–marzo 1991 tentò di persuadere gli altri membri dirigenti del paese a imporre lo stato d'emergenza per impedire ogni agibilità alle milizie secessioniste e dunque per scongiurare la disgregazione della Repubblica federativa. In una riunione a Topčider con tutti e sei i presidenti delle varie Repubbliche e regioni autonome, con il presidente della Federazione e i più alti quadri militari, Kadijević sostenne che le formazioni paramilitari presenti nel paese, sostenute dai nemici interni ed esterni, andassero bloccate per tempo con l'imposizione della legge marziale. Benché l'allarme lanciato da Kadijević fosse suffragato da elementi di prova inequivocabili, non solo di carattere meramente politico o opinionistico ma ben concreti – si ricordi ad esempio lo scandalo del 1990, quando i servizi segreti videoregistrarono una riunione con il Ministro della Difesa croato Martin Špegelj impegnato a organizzare di nascosto il rifornimento di armi da Occidente via Ungheria per combattere contro la JNA –, la votazione che si svolse ebbe esito negativo: in pratica fu posto il veto, "dopo lunghe e pesanti discussioni, e stante che Stipe Mesić era in continuo contatto con Franjo Tudjman, il macedone Vasil Tupurkovski 'con l'ambasciata americana a Belgrado' [sic] e lo sloveno Janez Drnovšek con il suo Milan Kučan" (Tanjug 07.10.2007.). Ma oltre alle parti più inclini al secessionismo, anche il rappresentante della Serbia ebbe una posizione debole: Borisav Jović rimandò di fatto la decisione previe consultazioni con l'URSS che però furono fallimentari. "Alla presenza di Kadijević, Jazov [Ministro della Difesa] a Mosca parlò con l'ultimo presidente dell'URSS, Mihail Gorbaciov, il quale non volle ricevere Kadijević, come era già successo sei mesi prima. 'Le risposte erano completamente negative e volevano sostanzialmente dire che non potevamo contare sul sostegno dell'URSS', ha detto Kadijević, aggiungendo che la risposta 'era completamente ostile e che la politica di Gorbaciov nei confronti della Jugoslavia era distruttiva'."

La non–imposizione della legge marziale in quel frangente si rivelerà un errore deleterio per le sorti della Repubblica Federativa e Socialista. Certamente, la Jugoslavia avrebbe avuto allora molti accaniti nemici esterni, dall'URSS in declino alla NATO forse già disposta ad aggredire Belgrado, ma in fondo una guerra ben più dolorosa, quella fratricida, non fu evitata. Questo errore non sarà mai perdonato dai militari di lungo corso, patrioti come Veljko Kadijević e Stevan Mirković. Altre proposte di "golpe" vennero, una addirittura con la mediazione di Gheddafi (cfr. sempre Tanjug 07.10.2007.), ma era troppo tardi ed avrebbe avuto tutt'altro significato: si sarebbe rischiata persino la guerra civile tra Serbi e Serbi. La china presa era oramai quella dell'accettazione del dato di fatto.

Mesi più tardi Kadijević dovrà perciò rompere anche con la classe dirigente di Serbia-Montenegro per la loro linea, appunto, realista e rinunciataria. Con l'accettazione delle secessioni slovena e croata, "il popolo serbo viene diviso e si riduce allo status delle minoranze etniche, esponendosi al pericolo di distruzione”. Ancora nella intervista del 2007 Kadijević criticava dunque Milošević e Jović: "Già allora conducevano il doppio gioco nei confronti dei Serbi in Bosnia, Erzegovina e Croazia”. "Quando iniziarono gli scontri in Slovenia e Croazia, Milošević gli propose che l'esercito si ritirasse da tutti i territori nei quali si sparava all'esercito 'alle spalle'. Come esempio del mancato sostegno, Kadijević cita la circostanza di quando l'esercito aveva richiesto due brigate, una dalla Serbia e l'altra dal Montenegro, per il disarmo delle forze slovene, ma i rappresentanti della Serbia e Montenegro nella Presidenza della RFSJ furono contrari. (...) Jović (...) fu 'il principale attore della presa di distanza della Serbia dai Serbi che abitavano sull'altra sponda dei fiumi Drina e Una', considerando che 'tra gli uni e gli altri Serbi' non c'era niente in comune, a parte la denominazione... Il popolo serbo, perciò, fu distrutto, e, definitivamente sopraffatto, in questo modo fu diviso', ha valutato Kadijević."
Nell'ottobre 1991, mentre da un lato gli proponevano l'incarico di Presidente federale e addirittura la possibilità di attuare un quasi-colpo di Stato contro eventuali nemici interni alla nuova mini-Federazione, dall'altro spingevano ad accettare i nuovi confini inter-jugoslavi imposti dalla Comunità Europea e dalla NATO. Contrario a tale mercanteggiamento, Kadijević lasciò definitivamente l'ultimo incarico, quello di Segretario federale per la difesa popolare, il 6 gennaio 1992, dunque pochissimi giorni prima dell'infame riconoscimento internazionale della "indipendenza" di Slovenia e Croazia.

Anche Kadijević, come Mirković, è morto recentemente, per la precisione a Mosca, dove era in esilio, il 2 novembre dello scorso anno. Nato presso Imotski il 21.11.1925, di padre serbo e madre croata, anch'egli era stato giovanissimo partigiano e poi aveva percorso la carriera militare fino ai massimi livelli. Si ritrovò dunque nella posizione di Ministro della Difesa federale al momento delle auto-proclamazioni di indipendenza di Slovenia e Croazia. Perciò fu in seguito accusato di crimini di guerra da parte del regime croato, tanto da essere oggetto di un mandato di cattura dell'Interpol (mentre l'ICTY non ha mai emesso un mandato di arresto contro di lui); perciò nel 2001, dopo il colpo di Stato filo-occidentale in Serbia, decise di chiedere asilo politico in Russia, dove prese la cittadinanza nel 2008. 
Di fronte alle accuse di Zagabria, Veljko Kadijević ha sempre difeso il suo operato affermando che la JNA era legittimamente tenuta a rispondere alle azioni delle milizie neo-ustascia. Nell'autobiografia pubblicata nel 2007 – Kontraudar, "Il contrattacco. La mia visione della disintegrazione della Jugoslavia" – accusò con dovizia di argomenti e prove soprattutto gli Stati Uniti e la Germania per avere contribuito alla disgregazione della Jugoslavia e all'incrudimento dei conflitti jugoslavi degli anni 1990.

Stevan Mirković ovvero il dramma del grillo parlante

Diversamente da Kadijević, destino volle che Stevan Mirković non vestisse alcun incarico di responsabilità militare né politica nei momenti peggiori della crisi jugoslava; ma c'è da scommettere che, nel caso, le sue posizioni non sarebbero state tanto diverse da quelle di Kadijević. Abbiamo dunque conosciuto Mirković nella veste di mero commentatore, amaro e sferzante, della cronaca tragica dei primi anni Novanta. La nostra collaborazione con lui è iniziata subito: dapprima ospite via etere alla trasmissione radiofonica "Voce Jugoslava" su Radio Città Aperta, poi anche ospite in carne ed ossa a Roma, al Meeting per la Pace e l'Amicizia fra i Popoli dell'ex Mattatoio (1993)... Per anni ci siamo recati in visita da lui a Belgrado e ne abbiamo raccolto dichiarazioni e testi, tradotti e ridiffusi con i nostri miseri mezzi [spec. via web: cfr. 4: Linkovi].

Nel 1997 Mirković promuoveva una "rifondazione" della Lega dei Comunisti di Jugoslavia. La formazione si presentava anche alle elezioni politiche del settembre, ottenendo l'onorevole risultato di 6786 voti pari al 1,64% in un contesto già di grande di frammentazione delle forze politiche comuniste.
Un mese dopo eravamo a Belgrado per una manifestazione internazionale contro la NATO co-promossa da quell'area politica assieme all'ex Voce Operaia. Mirković, come tante altre volte, ci ricevette nella sua casa, sul cui balcone è rimasta fino ad oggi a campeggiare la bandiera della RFSJ.

Nello stesso anno nasceva una associazione dal profilo più culturale, il "Centro Tito", che per tutti gli anni successivi avrebbe animato le celebrazioni della figura di Josip Broz specialmente in occasione degli anniversari "canonici" (4 Maggio – morte – e 25 Maggio – Giornata della Gioventù) ed avrebbe partecipato alla più vasta rete delle "Associazioni Josip Broz Tito" costituitesi in tutte le repubbliche ex-federate.
I disaccordi e le divisioni nella sinistra anticapitalista non sono una specificità solo italiana: anche in Serbia la situazione è rimasta molto difficile e lo è ancora oggi, con una divisione particolarmente netta tra l'area titoista e l'area "cominformista" (fedele alla memoria dell'URSS di Lenin e Stalin) ben rappresentata dal Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia (NKPJ), un partito politico saldamente organizzato poco incline a sciogliersi in coalizioni elettorali.
In tale contesto di difficoltà e soggettivismi, e mentre anche nelle altre Repubbliche venivano tentate riprese di attività politica di segno comunista, l'organizzazione di Mirković cambiava nome e diventava "Lega dei Comunisti di Jugoslavia in Serbia" (SKJ u Srbiji).

Gli anni sono passati riservando forti amarezze. Dapprima la guerra fratricida, poi la aggressione della NATO contro ciò che rimaneva della Jugoslavia, infine la decadenza civile, culturale e politica in Serbia, soprattutto accelerata con l'instaurazione del regime filo-occidentale. Mirković si è sempre ritrovato a rivestire il ruolo, non desiderato e non invidiabile ma pur sempre obbligato e comunque necessario, del grillo parlante. E' stato un critico severissimo di tutti i governi succedutisi negli ultimi 25 anni: da quelli socialdemocratici del periodo di Milošević a quelli della destra nazional-liberista al potere ancora oggi, dopo il colpo di Stato dell'ottobre 2000. 

La sua critica alle sinistre di governo (1991-2000) partiva da posizioni radicalmente opposte a quelle della opposizione cosiddetta "democratica", vezzeggiata in Occidente. Mirković contestava forme di nazionalismo retorico e non veramente patriottico, e contestava soprattutto la dismissione graduale delle principali conquiste del socialismo jugoslavo, a partire dalla autogestione operaia dei mezzi di produzione.
Con i bombardamenti del 1999, che rappresentarono uno shock per tutte le parti politiche in Serbia, Stevan fu oppositore di ogni atteggiamento rinunciatario verso il Kosovo, considerato cuore storico e culturale della "piccola patria" serba, oltreché territorio di enorme valenza strategica a causa della presenza di ricchezze naturali e pregevoli insediamenti produttivi frutto del lavoro di generazioni di jugoslavi.
Dopo la "svolta" del 2000, lo spirito critico di Mirković verso il nuovo regime non fu dissimile. Continuarono le battaglie contro le privatizzazioni, ma soprattutto fu necessario alzare i toni contro la deriva revisionistica, filo-cetnica, monarchista e sostanzialmente filo-fascista in atto in questo paese oramai ostaggio della NATO. Mirković era sempre in prima fila a richiamare la memoria della Lotta Popolare di Liberazione, a difendere e rendere omaggio alla memoria dei compagni caduti, dei momenti topici della creazione della Jugoslavia di Tito, a difendere strenuamente proprio e principalmente la figura di Josip Broz continuamente infangata e accantonata.

Particolarmente grave dal punto di vista simbolico è stata vissuta da tutti, ex combattenti come Mirković e militanti antifascisti qualunque come chi scrive, la riabilitazione storiografica e giuridica della figura di Dragoljub "Draža" Mihailović, ex generale della Jugoslavia monarchica leader dei "cetnizi". Nello svolgersi degli eventi della II Guerra Mondiale, preso da anticomunismo viscerale, Mihailović scelse l'alleanza con i fascisti italiani e addirittura con gli ustascia croati, piuttosto che combattere fianco a fianco con i partigiani di Tito, tanto da assurgere a figura-simbolo del tradimento nei decenni successivi. 
In una Serbia retta da traditori, il capostipite dei traditori della Patria non poteva non essere riabilitato. Uomini coerenti e cristallini come Stevan Mirković, assieme agli ambienti del partigianato della Serbia (SUBNOR), sono stati gli unici a levare forte e chiara la loro voce contro questo scempio, che tanto assomiglia ad altri scempi della memoria in atto in questi anni nei Balcani, in tutta Europa e nella stessa Italia.

Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS, che deve molto per la sua esistenza alla ispirazione ideale ed all'esempio umano di Stevan Mirković, esprime le sue più sentite condoglianze ai famigliari, ai compagni in Serbia ed agli estimatori di "Stevo" sparsi un po' dappertutto in Jugoslavia. Un partigiano ci ha lasciato, ne nascano altri cento! Hvala Stevo! Borba se nastavlja!

Andrea Martocchia


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Izvor: SFR Jugoslavija - SFR Yugoslavia – September 29 at 6:33pm

Sećanje

Stevan Mirkovic, general u penziji , 17.10.2012 :
" Meni je najdraža partizanska pesma „ Nas dva brata oba ratujemo/Ne plač’ majko ako poginemo/ Mila majko žali nas jednako/ Jal’ jednako jal’ nemoj nikako/“. Zašto?. Desilo se, eto, da naš otac Dobrivoje i njegov stariji brat Milutin ratuju u I svetskom ratu i to obojica u sastavu Drinske divizije prvog poziva, a moj brat Živojin i ja ratujemo u II svetskom ratu i to obojica u sastavu , prvo Kosmajkog partizankog odreda, a onda u 5.krajiškoj diviziji. Naš otac se vratio iz rata 1918.živ i zdrav a stric Milutin poginuo 1915 u Albaniji pri povlačenju srpske vojske u Grčku. Naša majka bila je pralja , radila je za nadnicu kod imućnijih ljudi a otac baštovan u opštinskom rasadniku, gde je danas igralište „Crvene zvezde“.Oboje su završili svoj radni vek u perionici i parku Infektivne klinike u Beogradu i posle penzionisanja vratili se u majčin rodni kraj kod Krupnja, u kućicu koju smo im brat i ja podigli od svojih plata i uštedjevine.
I Žika i ja smo medju oslobodiocima Beograda oktobra 1944., samo što je on napadao spolja u sastavu 4.krajiške brigade a ja iznutra u sastavu jedne od preko 200 omladinskih borbenih grupa, a onda produžili skupa na Sremski front. ,posle kraćeg odmora i obuke u Beogradu negde početkom decembra 1944. Ja sam te godine u oktobru napunio 17 godina a Žika u maju 18.Obojica smo bili srednješkolci i deo mase naših vršnjaka ,koji su masovno stupali dobrovoljno u NOV i POJ i s ponosom se obučavali na tek dobijenom novom sovjetskom naoružanju .Živojin i ja smo teško ranjeni na Sremskom frontu i u borbama za Brčko. Žika je umro prošle godine, odnevši sa sobom u grob i nemačko mitraljesko čelično zrno, koje je u svojoj jetri nosio celog života. Ja sam bio ranjen jednom u Hrvatskoj (Sotin) , drugi put u Bosni (Brčko)..  
Zašto ovo pišem? I danas ,kao i onda, sa oduševljenjem doživljavam to vreme slobode i radujem se što sam mogao da učestvujem kao borac u njemu. Nama ne trebaju advokati da nas sažaljevaju zbog Sremskog fronta jer smo to činili dobrovoljno, niko nas nije mobilisao. Nismo se plašili tada još uvek moćnog Vermahta.Uspeo sam da sačuvam pisamce koje sam pred polazak u Srem poslao roditeljima i izmedju ostalog napisao „ ja odoh na Berlin“.U Berlin nisam stigao i kraj rata dočekao u vojnoj bolnivi u Čurugu.kod Novog Sada. Da li će današnje mlade generacije poći našim putem ili ce , kao Borislav Mihailiovic Mihiz i njemu slični, „šmugnuti“ negde u rodni kraj ili inostranstvo i posle se hvaliti kako su bili pametni. Ti su se nauživali slobode ali za nju nisu dali ništa. Žika je posle rata završio DIF i filozofski fakultet i do kraja radnog veka bio profesor gimnazije u Beogradu. Ja sam ostao u vojsci i „dogurao“ do položaja NGŠ JNA.
NOB naroda Jugoslavije je pokazala da je narod ,odlučan da se bori ,jači od bilo kakve strane vojne sile i da samo on sam može steći i sačuvati svoju slobodu a ne neko drugi.“Nijeda rat nije završen dok se narod ne pokori neprijatelju“ (Klauzevic).Nažalost, današnja omladina se ideološko – politički vaspitava u primitivnom duhu – glavni cilj u životu je pohlepa za zadovoljenje animalno – fizičkih i materijalnih potreba i razvrata, čemu doprinosi naša gologuza i golosisa štampa. Rad i rat za domovinu su ljudske aktivnosti istog značaja za nju i njene narode. Zanemarivanje bilo koje od njih je ništavilo."


=== 4: Linkovi / Collegamenti ===

Stevan Mirković na Wikipediji: https://sh.wikipedia.org/wiki/Stevan_Mirković


--- KNJIGE

Stevan Mirković
KAD BUZDOVANI MARŠIRAJU [1 + 2]
Beograd: Centar Tito, decembar 2008

Stevan Mirković
VREME ODLUKE 
Beograd: WebMagazin "Komunisti", 2007

Stevan Mirković
BRAVAR JE BIO BOLJI [Era meglio il fabbro]
Liber - Centar Tito, Beograd 2004
ISBN 86-85353-00-9
Premessa: https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/4090

Stevan Mirković: Pogovor knjige Zvonka Štaubringra
Najteza bitka Josipa Broza Tita. 1892-1992 (La battaglia più difficile di Josip Broz Tito)
Beograd: Savez komunista - Pokret za Jugoslaviju u Hrvatskoj, 1992
Novi Pečat – Crvena Biblioteka – Knjiga 1

--- VIDEO

General Stevan Mirković - IN MEMORIAM (Kuća Cveća 2014) (YU O Laki, 26 set 2015)
General Stevan Mirković je preminuo danas u Beogradu u 88. godini života (Valjevo, 27. oktobar 1927. - Beograd, 26. septembar 2015.) - VJEČNA MU SLAVA! 
Josip Broz Tito. Kuća Cveća. Beograd. Jugoslavija. Yugoslavia. SFRJ.
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=2pIkOMUMCMM

Sasvim licno - Stevan Mirkovic (INtv Bijeljina, 30 nov 2014)
Sasvim licno - Stevan Mirkovic (IN televizija, Bijeljina) - autor i voditelj: Milan Mitrovic 

Yu Centar Tito - Prvi Tradicionalni Memorijalni Skup Povodom 32 Godine Smrti Josipa Broza Tita (Jugoslovenski Centar Tito, 10 apr 2013)

Pocasni presednik YU CENTRA TITO I dozivotni presednik Stevan Mirkovic (enes trtak, 13 mag 2013)

Yu Centar Tito i Stevan Mirkovic

Govor Stevana Mirkovića (Nikola Maric, 5 mag 2012)
Govor gen. Stevana Mirkovića u Muzeju istorije Jugoslavije za 4. maj 2012

Pored spomenika nesvrstanima 2011 (centartito, 19 set 2011)
Čas istorije ispred spomenika podignutog prigodom prve konferencije nesvrstanih zemalja održane u Beogradu 1961 godine.
O pokretu nesvrstanih i našem trenutku govorio je general Stevan Mirković. Prisutni su bili članovi i simpatizeri pokreta Centar Tito.

SFRJ Jugoslavija - General Stevan Mirković (mayday9, 29 apr 2011)
General u mirovini Stevan Mirković priča o Jugoslaviji danas...
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=VUeE20wLKak

Stanje nacije - 18.11.2009. (b92rtv, 18 nov 2009)
Da li će državna Komisija za tajne grobnice otkriti broj ubijenih neposredno nakon Drugog svetskog rata?
Učestvuju: Dragan Krsmanović, bivši načelnik Vojnog arhiva i Stevan Mirković, general u penziji.

--- TEKSTOVI

Stevan Mirković: I Karadjordjević (6. Oktober 2012)
... l’obiettivo dell’Occidente è di ammassarci, rinchiuderci tutti nel “Beogradski pašaluk “, cioè nel Distretto belgradese di una volta. Giacchè continuando le tradizioni dell’allora RSF di Jugoslavia siamo un ostacolo e una minaccia (e non piccola) ai loro piani sui Balcani e ancor più verso il Sud-est europeo...
Stevan Mirković: Karadjordjevići (6. Oktober 2012)

Stevan Mirković o S. Jovanoviću i P. Karadjordjeviću (Dec. 2011.)
https://www.cnj.it/documentazione/mirkovic12.htm

General na Fejsbuku (30. 07. 2011.  - Autor: Stanko Stamenković)
General koji je ranjen na Sremskom frontu i doskorašnji ljubitelj Fejsbuka Stevan Mirković, načelnik generalštaba JNA od 1987. do 1989. godine, uglavnom se bavi okopavanjem bašte u svojoj kući na Banjici, gleda vaterpolo i plivanje i razmišlja o problemima na Kosovu...

Stevan Mirković: Draža je kremiran, a pepeo rasut (7. jun 2011)
... Draža odavno nije problem ove zemlje već njegovi ideološki sledbenici koji se okupljaju na Ravnoj gori i stalno zamahuju krvavim kamama na nevernike!...

Srbija razgovara: pomirenje zvezde i kokarde (Politika 04.07.2011.)
Mirković: Draži nisu presudili ni Tito ni partizani. Draži je presudio narod njegov, njegov kralj i njegova vlada...

Stevan Mirković: Poraz pobede / La sconfitta della Vittoria (Maggio 2010)
... Si meraviglia il ministro Sutanovac per questa situazione, ma è lui uno dei più grandi responsabili per lo scioglimento, ormai lontano, di quell'esercito vittorioso serbo; mentre questo esercito nuovo, proprio come il Governo, si è messo la divisa della NATO, ed il colonnello Draza Mihajlovic, con la mostra allestita nel Museo militare, si va annidando nelle anime militari!...

Stevan Mirković: La memoria del Fronte dello Srem (Sremski front) 1944 - 1945 (maggio 2010)
Il Fronte dello Srem è il tema anti-partigiano prediletto dei sostenitori delle parti perdenti, del Regno di Jugoslavia e della Serbia di Nedić, che fallirono totalmente nella guerra contro il fascismo nel periodo '41 – '45: gli uni si erano messi al servizio degli occupatori, gli altri fuggirono dal paese sotto la tutela degli Alleati (USA, Inghilterra) e attesero che questi gli portassero la libertà su d'un piatto d'argento...
Stevan Mirković: Sećanja na Sremski front 1944 – 1945 (Maj 2010.)
Sremski front je omiljena antipartizanska tema pristalica propalih gradjanskih krugova Kraljevine Jugoslavije i Nedićeve Srbije koji  su, inače, totalno omanuli u ratu protiv fašizma 41. – 45.: jedni su stupili u službu okupatora, drugi pobegli iz zemlje pod skute saveznika (SAD,Engleska), čekajući da im oni donesu slobodu na tacni...

Stevan Mirković: Gli jugoslavi e Srebrenica / Jugosloveni i Srebrenica (20.1.2010)
... La motivazione per cui con questa risoluzione entreremmo a far parte della famiglia dei "popoli civilizzati" è ridicola. I numerosi delitti austriaci, tedeschi, bulgari, compiuti contro i serbi nella I Guerra mondiale, e gli stessi delitti compiuti dagli italiani e dagli ungheresi nella II Guerra mondiale, dimostrano che questa è innanzitutto una famiglia di barbari, e non di gente civile. Cosa poi dire dei bombardamenti del 1999! Gli Stati che per 3 mesi hanno gettato bombe e missili sulla RFJ non sono nemmeno sulla soglia della civilizzazione. Essi sono gli ultimi degni di fare della morale sul genocidio...
Stevan Mirković: O Rezolucije Evropskog parlamenta o "genocida u Srebrenici" / Sulla risoluzione del Parlamento Europeo che istituisce l’ 11 Luglio quale Giorno del ricordo del genocidio a Srebrenica (30 gennaio 2009)

Intervento di Stevan Mirković in occasione del 65-mo anniversario della Giornata di liberazione di Belgrado / Stevan Mirković na tribini „Beogradska operacija“, 16.10.2009
... Anche questa Giornata, la festa piu’ solenne per la citta’ di Belgrado, il regime la usa per discreditare i comunisti ed i partigiani. L’ ultimo “can-can”, l'ultimo intrigo di questo governo contro i comunisti ed i partigiani in occasione dell’ imminente visita di Medvedev alla Serbia, e’ il tentativo di metterci in discordia con l’ Armata Rossa...
Stevan Mirković: Ottobre a Belgrado. Uno scandalo / Oktobarski skandal (22 ottobre 2009)
... Da quando il DOS e’ al potere in Serbia (dal 2000), niente viene festeggiato perche’ non c'è niente da festeggiare, eccetto le vittorie sportive. Per  quanto ricordo, in tutto questo tempo sono state inaugurate soltanto due fabbriche di conserve e due tangenziali intorno alle città...
Stevan Mirković: Oktobarski skandal (22.10.09)

Stevan Mirković: Jugosloveni / Jugoslavi (23.7.2009)
... Gli articoli anti-jugoslavi sono solitamente scritti da ex-jugoslavi, e se volete anche da ex-comunisti. Spesso si tratta del tentativo di lavarsi dai peccati per essere stati jugoslavi e comunisti, e quindi loro ora gonfiano errori e lacune di quel periodo, il che conferma il vecchio detto che "il convertito [all'Islam] è peggiore del turco ottomano"...

Stevan Mirković: Sram te bilo, Srbijo! / Vergognati, Serbia! ("PRAVDA", 27 decembra 2008. god.)
... Dopo che hanno fatto entrare il cavallo di Troia (EULEX) nel Kosovo-Metohija, i nostri leader possono dedicarsi alla loro principale attività: viaggiare per l’Europa assicurandosi il posto di lavoro...

Intervju generala Mirkovića ("PRAVDA", 12-13- jula 2008. god.)
Teško se danas živi, ali tako je bilo i 1941. godine, pa 1945. , ali smo se izvukli. Međutim, tada smo imali Tita i rukovodstvo koje je samostalno odlučivalo i nije moralo da po mišljenje ide u Njujork ili Brisel - kaže general Mirković...

Stevan Mirković: Srbija, svet i AVNOJ (29.11.2007)
Saopštenje Centra Tito povodom 65 godišnjice formiranja AVNOJ

Stevan Mirković: Oslobodimo Beograd ponovo! (2007)
... Mučno je gledati da se na 63. godišnjicu ta dva značajna datuma u našoj istoriji, svi poslanici skupštine Srbije i ministri baškare u njenim holovima i restoranima, ne mnogo zainteresovani ni za skupštinske poslove...

Stevan Mirković: Manjak kulture (“Višak istorije” – 21.10.2007)
... Srbija i srpski narod ima najviše razloga da slavi NOB. On jeste dao najveće žrtve ali se Jugoslavija na pravi način odužila svom najbrojnijem narodu: Srbi su ,pored zajedničke, imali i tri nacionalne države : Srbiju, zatim  Hrvatsku i BiH koje su bile države hrvatskog i srpskog, odnosno srpskog, muslimanskog i hrvatskog naroda, jer su Srbi u njima bili konstutivni narod!...

Discorso di Stevan Mirković nell'occasione della celebrazione della Giornata della Vittoria, 
presso la Casa dell'Esercito di Serbia 9 Maggio 2007
Govor Stevana Mirkovica na Svecanoj akademiji povodom Dana pobede 
u Domu vojske Srbije, 9. maja 2007. godine
 
Intervista radiofonica a Stevan Mirkovic (su “Voce jugoslava”, in onda il 13 marzo 2007 su Radio Città Aperta)
... Per noi è benvenuto ogni sostegno dei compagni italiani, anche lì sul terreno, sul Kosovo innanzitutto. Non ci interessano queste chiacchiere sull'entrare nell’ UE, sulle cooperazioni economiche bilaterali con l’Italia, l'amicizia... La questione primaria ora è il Kosovo. I nostri veri amici sono soltanto quelli che ci aiutano, ci sostengono a difendere il Kosovo...

Stevan Mirković: Dovidjenja na ulici ! (Mart 2007.)
... Nama treba Kosovo.Vlada Srbije mora raskinuti sve ugovore i sporazume s NATO kojima je dozvoljeno stacioniranje i kretanje jedinica ovog vojnog monstruma Srbijom i preuzeti kontrolu nad citavom svojom granicom i teritorijom...

Stevan Mirković: Tempi crudeli. L'opinione del Centro Tito riguardo al problema del Kosovo (24. Maggio 2006.)
... Sono dell'opinione che il nostro governo abbia una mentalità suddita, il che è una regolare caratteristica di nostra classe borghese, dalla quale proviene anche questo governo. Saprà esso trovare la forza per mostrare un comportamento statale oppure capitolerà e tradirà come quello nel 1941?...
Stevan Mirković: Surovo vreme. Misljenje Centra Tito o pitanju Kosova (24. Maggio 2006.)
+ Saopstenje "Centra Tito" povodom saopstenja Krunskog saveta o uvodjenju monarhije u Srbiji
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5004

Stevan Mirković: Decapitato l'eroe di bronzo (Dec. 2004.)
... Per decenni, dalle loro basi americane e da quelle vaticane, [gli ustascia] hanno tentato di ammazzare, bruciare e distruggere tutto quello che nel mondo sa di jugoslavo, e in verità raramente nel nostro Paese. Tito dette loro la caccia in tutto il mondo...
Stevan Mirković: Bronzanom junaku odsecaju glavu (Dec. 2004.)

Stevan Mirković: Rodoljupci iz Topčidera (Jan. 2005.)
... Kosovo je jedan od najočiglednijih primera uspešnosti socijalističkog sistema u SFRJ. Na temelju tekovina zajedničke borbe Srba i Albanaca 1941-1945. (bratstvo i jedinstvo, zajednička svojina, samoupravljanje) ostvareno je ono što je izgledalo nemoguće u dugoj istoriji Kosova, kojom su dominirali albanski begovi i srpski knezovi...

Conversazione con Stevan Mirković (Belgrado, settembre 2001)
... la Zastava di Kragujevac ha dimostrato il pericolo della privatizzazione. All'inizio la privatizzazione è stata molto dura, sicché questo ministro delle finanze e i suoi seguaci sono dovuti scappare dalla fabbrica. Gli operai lo volevano picchiare !...

Intervista con Stevan Mirković (Belgrado, 5 gennaio 2001)
... Il comunismo è stato da noi abbattuto nel ’90, Milosevic ha fatto una parte del lavoro, è andato più piano, e questi di adesso, loro si precipiteranno a ricominciare questa privatizzazione e questa svendita…...

Former Army head calls for coup (B92 29/2/2000) [STEVAN MIRKOVIC: E' ORA CHE L'ESERCITO PRENDA IL POTERE]
... The Army should seize power, disband the government, the parliament and political parties, arrest Milo Djukanovic and eliminate Slobodan Milosevic...
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/91

Si rianima l'idea del non-allineamento. Mirković come Tito (NIN, aprile 1997)
Gli organizzatori del nuovo movimento per il non-allineamento si confrontano con un grande dilemma: come scegliere una terza via se dopo la disgregazione dell'Unione Sovietica di via ne e' rimasta solo una...




Tante iniziative contro NATO Trident Juncture !

* Lago Patria (NA) 3 ottobre: presidio antimilitarista
* Roma 14 ottobre: Manifestazione e volantinaggio di protesta
* Milano 23 ottobre: iniziativa sulle manovre militari N.A.T.O.
*** NAPOLI 24 OTTOBRE MANIFESTAZIONE NAZIONALE – vedi: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/Trident2015_Napoli241015.pdf ***
Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS ha aderito ed esorta ad aderire alla manifestazione indetta per il 24 ottobre 2015 a Napoli, contro la NATO e la sua colossale esercitazione "Trident Juncture", contro le spese militari e le spinte verso una nuova guerra mondiale.
* Roma 26 ottobre: Convegno del Comitato Italiano No Guerra No Nato
* La Nato sbugiarda Renzi: Trident Juncture pure a Napoli (di Antonio Mazzeo)


Vedi anche:

La Notizia di Manlio Dinucci - Nuove bombe nucleari Usa in Italia (PandoraTV, 30 set 2015)
Stanno per arrivare in Italia le nuove bombe nucleari statunitensi B61-12, che sostituiscono le precedenti B61. In corso a tale scopo l’upgrade della base della U.S. Air Force ad Aviano (Pordenone) e di quella di Ghedi Torre (Brescia). Lo prova una foto satellitare, che mostra la costruzione ad Aviano di una doppia barriera attorno a 12 bunker con copertura a volta, dove vengono tenuti i cac-ciabombardieri F-16C/Ds pronti al decollo con le bombe nucleari...

Verso l’Italia le nuove atomiche Usa (di Manlio Dinucci, Il Manifesto 30.09.2015)
Guerra. Stanno per arrivare sul territorio italiano le nuove bombe nucleari statunitensi B61-12, che sostituiscono le precedenti B61. La B61-12, ha una potenza media di 50 kiloton (circa il quadruplo della bomba di Hiroshima). Lo conferma da Washington l’autorevole Federazione degli scienziati americani...

La polveriera nucleare dell’«arsenale Europa» (di Manlio Dinucci, Il Manifesto 30.09.2015)
Stati uniti. 200 le ogive americane in Italia, Germania, Belgio, Olanda e Turchia. Più di 500 quelle francesi e britanniche...

Gli Usa si preparano alla guerra, bisogna fermarli (Giulietto Chiesa, Margherita Furlan – Sputnik, 30.09.2015)
In una intervista esclusiva a Sputnik Italia il professore Manlio Dinucci, uno dei massimi esperti di cose militari in Italia, fa luce sulle dinamiche in atto in Siria rispetto alla posizione di Russia e Usa...
http://it.sputniknews.com/mondo/20150930/1266179.html


=== Lago Patria (NA) 3 ottobre ===


Campania: monta la mobilitazione contro guerra, Nato e Trident

Comitato “No Base Nato” Lago Patria - Comitati No Trident
Giovedì, 01 Ottobre 2015

La base Nato di Giugliano (Lago Patria) sarà la regia del “Trident Juncture 2015” (TJ15), una gigantesca esercitazione militare che si terrà nel Mediterraneo (tra Italia, Spagna e Portogallo) dal 3 ottobre al 6 novembre; coinvolgerà 36.000 uomini, oltre 60 navi e 200 aerei da guerra di 33 paesi per testare la forza di rapido intervento che dovrà operare, nell’arco di 48 ore, su numerosi scenari internazionali a difesa degli interessi dei capitali occidentali.
Per simulare scenari bellici verranno sperperati in pochi giorni milioni di euro che si aggiungeranno alla montagna di soldi pubblici spesa ogni anno per armamenti e per occupare altri paesi con le cosiddette missioni umanitarie. L’Italia, nel solo 2014, ha bruciato circa 30 miliardi di dollari per la spesa militare. Si comprano armi nello stesso momento in cui si privano di sanità, trasporti, scuola e pensioni fasce sempre più estese di popolazione. 
Un ruolo decisivo in questa esercitazione, ma in generale nel coordinamento delle forze militari della NATO, è svolto dal quartiere generale del centro di comando NATO “Allied Joint Force Command”, con sede nella base di Lago Patria in Giugliano in Campania. Da lì partiranno tutti gli ordini necessari per l’esercitazione, così come quelli per i futuri interventi militari che interesseranno il Mediterraneo. 
Lago Patria (Giugliano) e Napoli diventano così non soltanto il “cervello” delle operazioni belliche, ma anche un obiettivo militare sensibile, mettendo a serio rischio l’incolumità delle popolazioni locali. 
La presenza di una simile base militare, inoltre, comporta anche l’installazione di potentissime apparecchiature radaristiche ad alto inquinamento elettromagnetico i cui effetti sulla salute sono gravissimi (rischio di tumori, leucemie, catarratte), senza contare gli effetti sulle apparecchiature elettriche (tra cui by-pass, pace-maker e apparecchiature ospedaliere) con cui i campi elettromagnetici interferiscono. 
Questa ulteriore fonte di inquinamento targato NATO incide pesantemente su un territorio già vessato da anni di saccheggio incontrollato da parte di sistemi criminali, imprenditori ed istituzioni compiacenti o “distratte”: milioni di ecoballe, decine di discariche pubbliche e private, lecite ed illecite, contenenti rifiuti tossico-nocivi che stanno compromettendo – forse definitivamente – il nostro territorio senza che le istituzioni intervengano seriamente per mettere fine a tale problema (gli incendi recenti della RESIT e del deposito giudiziario sono sintomatici di tale stallo). E ciò senza peraltro che la presenza dei numerosi militari presenti sul territorio abbia mai avuto alcun impatto virtuoso sull’economia locale né sull’occupazione, come ci hanno voluto far credere. 
Opponiamoci alla devastazione portata dalla Nato sul nostro territorio. Costruiamo un forte movimento di opposizione alle logiche militari e imperialiste, per evitare un sempre più possibile nuovo conflitto mondiale. 
Ieri, mercoledì 30 settembre alle ore 18,00 c/o la sede dei disoccupati organizzati-USB in via Camposcino, 67- Giugliano, si è tenuta un'assemblea in preparazione di: 
- Un presidio antimilitarista che si terrà il 3 ottobre alle ore 10:30 presso la base NATO di Lago Patria. 
- una manifestazione nazionale contro la guerra, l’operazione “TJ15” e per l’uscita dalla NATO del 24 ottobre a Napoli alle ore 14:30 partenza da Piazza del Gesù.  

Comitato “No Base Nato” Lago Patria - Comitati No Trident


=== Roma 14 ottobre ===

COMITATO ITALIANO NO GUERRA NO NATO
ROMA 14 OTTOBRE 2015 – DALLE 17,00 ALLE 20,00
PIAZZA SS. APOSTOLI
 
Manifestazione e volantinaggio di protesta contro la mostruosa esercitazione Trident Juncture  che la Nato ha programmato in Spagna, Portogallo, in Italia, e nel Mediterraneo, con epicentro in Sicilia, tra Ottobre e Novembre 2015, con la partecipazione di oltre 35.000 soldati e centinaia di aerei e navi da guerra: una prova di terza guerra mondiale e di aggressione contro i nostri vicini, a partire dall'Italia e dall’Europa usate come portaerei Usa-Nato. 
 
Raccolta di firme per l’uscita dell’Italia dalla Nato, un’alleanza trasformata da difensiva in organizzazione offensiva a raggio mondiale, che ci sta trascinando in una guerra dopo l'altra:dall’Iraq alla Yugoslavia, dalla Libia all’Afghanistan,  fino all’aggressione indiretta alla Siria con l’utilizzo di bande jihadiste, ed al colpo di Stato neo-nazista in Ucraina che ha rimosso un governo legittimo.
 
 Diciamo No alle guerre Guerre della Nato che provocano migrazioni di interi popoli. 
 
Diciamo No alla proliferazione di basi e poligoni di tiro al servizio della Nato in Italia e in Europa, in cui ci si esercita a nuove aggressioni e si sperimentano nuove armi micidiali che colpiscono territori e popolazioni apportando dissesto sociale e malattie letali.
 
   Firma l’appello che il Comitato Italiano No Guerra No Nato ha lanciato per l'uscita dell'Italia dalla Nato, per un’Italia neutrale, che ha già raccolto migliaia di firme sul sito http://www.noguerranonato.it  e sulla pagina di FB www.facebook.com/noguerranonato
 



=== Milano 23 ottobre ===

Milano, Venerdì 23 ottobre - ore 21
presso la Camera del Lavoro,
Salone Di Vittorio

iniziativa sulle manovre militari N.A.T.O. 
"Trident Juncture 2015":

verso chi è puntato il tridente? La Siria e l'Ucraina, la scacchiera, il gioco pericoloso.

Ci sarà tra gli altri Manlio Dinucci


=== Roma 26 ottobre ===

Partecipa al CONVEGNO INTERNAZIONALE DEL PROSSIMO 26 OTTOBRE A ROMA presso la Sala delle Bandiere del Parlamento Europeo (via IV Novembre 149) per creare una rete internazionale per una politica di pace e neutralità e l’uscita dei paesi europei dalla NATO
LA PACE HA BISOGNO ANCHE DI TE
 
 
 
INVITO DI PARTECIPAZIONE
AL CONVEGNO DEL COMITATO ITALIANO NO GUERRA NO NATO 
PER UNA POLITICA EUROPEA DI PACE E NEUTRALITA’
 
ROMA 26 OTTOBRE 2015 ORE 9,00 – 17,30: SEDE DEL PARLAMENTO EUROPEO
SALA DELLE BANDIERE – VIA IV NOVEMBRE 149
 
 
Il Comitato No Guerra No Nato La invita a partecipare al convegno di Roma e a dare il Suo contributo con un intervento.
 
Tra Ottobre e Novembre 2015 la Nato svolge in Spagna, Portogallo, in Italia, e nel Mediterraneo meridionale, con base a Trapani Birgi (Sicilia), una delle più grandi esercitazioni navali e aeree dal 1945, con la partecipazione di oltre 35.000 soldati e centinaia di aerei e navi da guerra: Trident Juncture. Sono prove di guerra contro i nostri vicini, a partire dall'Italia e dall’Europa usate come portaerei Usa-Nato per le aggressioni in corso e a venire.
 
La Nato, trasformata da difensiva in organizzazione offensiva a raggio mondiale, ci sta trascinando in una guerra dopo l'altra.
Nel Medioriente e in Nord Africa è protagonista, insieme agli alleati del Golfo e alle bande jihadiste, della distruzione di Stati e nazioni.
In Ucraina, dopo il colpo di Stato che ha rimosso un governo legittimo, addestra formazioni neonaziste, fomenta la guerra civile e assedia la Russia.
 
Guerre Nato e terrorismi collegati provocano migrazioni di interi popoli. 
L'ammodernamento dell'arsenale nucleare occidentale e la moltiplicazione di basi militari in tutto il mondo minacciano una guerra mondiale.
 
L'Italia e l’Europa sono costellate di basi e poligoni al servizio della Nato, in cui ci si esercita alle nuove aggressioni coloniali e si sperimentano nuove armi micidiali.
Le ricadute di queste attività colpiscono territori e popolazioni sotto forma di dissesto sociale e malattie letali.
 
Il solo impegno militare italiano, sotto totale controllo Nato, costa al contribuente 80 milioni di Euro al giorno, sottratti ai servizi sociali. Lo stesso può dirsi di tutti i paesi europei facenti parte della NATO.
E' drammaticamente urgente opporsi a questa demenziale politica di guerra e di rapina che provoca distruzione, miseria, terrorismo.
Dobbiamo difendere la pace riconquistando la sovranità e neutralità di tutti i paesi europei.
L'Italia e l’Europa devono uscire dalla Nato, la Nato deve uscire dall'Italia e dall’Europa.


=== Articolo di Antonio Mazzeo ===



La Nato sbugiarda Renzi: Trident Juncture pure a Napoli

di Antonio Mazzeo, 29 settembre 2015

Anche il Comando delle forze congiunte NATO di Napoli - Lago Patria avrà un ruolo chiave nella mega esercitazione militare Trident Juncture 2015 che avrà luogo ad ottobre e novembre negli spazi aerei, terrestri e marittimi di Portogallo, Spagna e Italia. La conferma ufficiale è giunta il 28 settembre a conclusione del vertice alleato tenutosi proprio nel quartier generale del JFC – Joint Force Command di Napoli, a cui hanno partecipato l’ammiraglio della Marina militare USA Mark Ferguson (Comandante in capo di JFC Naples), il generale dell’esercito britannico Adrian Bradshaw (vicecomandante supremo delle forze alleate in Europa – DSACEUR) e il generale tedesco Lothar Domroese, comandante del Joint Force Command di Brunssum (Olanda). “Nel corso del meeting sono state discusse le implicazioni strategiche relative al Readness Action Plan e alla NRF, la Forza di Risposta della NATO”, si legge nel comunicato emesso dall’ufficio stampa di JFC Naples. “Il vertice tra i tre leader militari ha avuto luogo alla vigilia dell’esercitazione Trident Juncture 2015, che consentirà di dare la certificazione al Comando di Brunssum per guidare nel 2016 la Forza di Risposta NATO NRF, in qualità di quartier generale di comando e controllo. Attualmente è il Joint Force Command di Napoli a fungere da comando e controllo per la NRF 2015 ed esso sta supportando l’esercitazione mediante assistenza e potenziale umano aggiuntivo”.
Affermazioni che sbugiardano in toto quanto riferito in Parlamento dal governo italiano lo scorso 17 settembre. “Si sottolinea che la città di Napoli non è coinvolta ad alcun titolo nella esercitazione”, riportava il sottosegretario alla Difesa Gioacchino Alfano, nella risposta scritta all’interrogazione presentata da alcuni deputati del Movimento 5 Stelle sul ruolo delle installazioni militari italiane interessate da Trident Juncture 2015. “A livello nazionale, il coinvolgimento prevede l’invio di elementi dell'Esercito in Spagna, Portogallo e a Capo Teulada, di assetti aerei dell’Aeronautica presso le basi di Trapani, Decimomannu, Pratica di Mare, Pisa, Amendola e Sigonella, mentre per la Marina Militare saranno presenti assetti navali inclusi nell'esercitazione nazionale Mare Aperto”, aggiungeva il sottosegretario Alfano. “L’esercitazione sarà guidata dal Joint Force Command Brunssum (Olanda) e non dal Joint Force Command di Napoli come riportato in premessa all’interrogazione parlamentare”.
Grazie a Trident Juncture 2015, la NATO potrà sperimentare per la prima volta in scala continentale quella che è destinata a fare da corpo d’élite della propria forza di pronto intervento NRF, la Very High Readiness Joint Task Force (VJTF), opportunamente denominata Spearhead (punta di lancia). La VJTF sarà pienamente operativa a partire dal prossimo anno e verterà su una brigata di terra di 5.000 militari, supportata da forze aeree e navali speciali e, in caso di crisi maggiori, da due altre brigate fornite a rotazione e su base annuale da alcuni paesi dell’Alleanza. “La Spearhead force sarà in grado di essere schierata in meno di 48 ore”, afferma il Comando NATO. “In particolare, essa potrà essere di grande aiuto nel contrastare operazioni irregolari ibride come ad esempio lo schieramento di truppe senza le insegne nazionali o regolari e contro gruppi d’agitatori. Se saranno individuati infiltrati o pericoli di attacchi terroristici, la VJTC potrà essere inviata in un paese per operare a fianco della polizia nazionale e delle autorità di frontiera per bloccare le attività prima che si sviluppi una crisi”. Proprio in vista della creazione della nuova task force, sono stati riorganizzati i quartier generali e i comandi operativi alleati: la Forza di pronto intervento NRF, nello specifico, è stata posta gerarchicamente sotto il controllo del Joint Force Command di Brunssum e del Comando per il Sud Europa di Napoli - Lago Patria.
Crescono intanto le adesioni di associazioni e comitati alla manifestazione nazionale No Trident Juncture che si terrà nel capoluogo campano sabato 24 ottobre. “La NATO è uno strumento di convergenza e di coordinamento degli interessi dominanti dell’imperialismo euro-atlantico, uno strumento offensivo al servizio delle mire espansionistiche ed interventistiche delle grandi potenze occidentali, a scala planetaria, che tanti disastri stanno provocando in giro per il mondo”, scrivono i promotori dell’appello, il missionario comboniano Alex Zanotelli, il Comitato napoletano “Pace e disarmo” e la Rete Napoli No War. “E’ per questo che a partire dalla Sicilia (dove il governo tenta d’imporre l’entrata in funzione del micidiale Muos a Niscemi), dalla Sardegna, da Poggio Renatico (Ferrara), da Pratica di Mare e Pisa, tutti coinvolti nell’esercitazione, proponiamo di costruire insieme una forte mobilitazione contro la Trident Juncture, la militarizzazione dei territori e le politiche di guerra, su tutto il territorio nazionale”.




70.mo Liberazione / 7: 
Ricordando Sergio Ricaldone

1) Sergio Ricaldone racconta la Resistenza ai giovani dell’ANPI (2012)
2) Sergio Ricaldone su Pietro Ingrao (2006)


Vedi anche: 

Ricordare il passato vigilando contro i pericoli del presente e del futuro (2005)
Testo dell'intervento di Sergio Ricaldone (21/09/1925 - 17/07/2013) in occasione di una celebrazione della Resistenza tenuta insieme a Giovanni Pesce e Nori Brambilla il 2 giugno 2005, a Cologno Monzese


Pietro Secchia: un ruolo di primo piano nell’antifascismo, la Resistenza e la Costituzione  (2005)
Nel 70° anniversario della vittoria del movimento di Liberazione in Italia, ci sembra doveroso ricordare una dei dirigenti comunisti che più hanno contribuito all’organizzazione della Resistenza partigiana. Lo facciamo proponendo il pregevole intervento che l’indimenticabile compagno Sergio Ricaldone pronunciò nel corso del convegno organizzato a Torino da “Nuovi Partigiani della Pace”, il 16 aprile 2005
http://www.marx21.it/comunisti-oggi/in-italia/25459-pietro-secchia-un-ruolo-di-primo-piano-nellantifascismo-la-resistenza-e-la-costituzione.html


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25 aprile 1945 : vittorie, illusioni, sconfitte e speranze


24 Aprile 2012

Sergio Ricaldone
 racconta la Resistenza ai giovani dell’ANPI

Siccome appartengo ad una specie ormai in via di estinzione, confesso di essere un po’ imbarazzato a rappresentare simbolicamente una storia lontana anni luce dalle versioni con cui viene raccontata oggi da molta letteratura e dalle fiction televisive.
 
Sono costretto a misurarmi con la potenza di fuoco del grande apparato mediatico che ogni giorno ci bombarda con notizie false e storie inverosimili, ed è una impresa disperata. Proverò comunque, nel tempo disponibile, a riproporvene da testimone qualche passaggio significativo, senza nascondermi dietro ipocriti pentimenti.
 
Quando nel 1943 decisi di imbracciare il fucile, avevo 18 anni e lo feci richiamandomi ad una parola nella quale credevo e continuo a crederci. Questa parola, per me bellissima, si chiamava comunismo ed è stata per molti di noi il propellente ideale che ha alimentato le nostre scelte di combattere il nazifascismo con la guerra partigiana. Dunque partigiano e comunista ! Due parole oggi impronunciabili. Diventate un’accusa oscena e infamante che ci accomuna a quella coniata dai nazisti in tutta l’Europa occupata: banditi e terroristi. Il che conferma che la storia solitamente la fanno e la vincono i popoli ma poi la scrivono e la raccontano i padroni che comandano.
Allora, tutto il continente, da Capo Nord al Mediterraneo e dal Volga alla Manica giaceva sotto il tallone di ferro dei nazisti. Diventata totale, la guerra non poteva non assumere il carattere di una lotta di liberazione di Stati e di popoli, con sistemi sociali e politici diversi, saldamente coalizzati contro il pericolo mortale rappresentato dal nazifascismo. Perciò una lotta con profonde motivazioni universali, la civiltà contro la barbarie e la libertà contro la schiavitù, che ha coinvolto non solo gli eserciti combattenti ma gli stessi popoli dei paesi aggrediti rendendoli partecipi, con la lotta armata, delle vicende militari che hanno sconvolto l’Europa per cinque lunghissimi anni. Anni di ferro e di fuoco che ci hanno costretto a consumare le nostre giovani vite chi sui campi di battaglia, chi sulle montagne, chi nelle città occupate e chi nei lager nazisti.
 
Mi permetto qualche libertà di espressione e azzardo perciò, insieme alla mia testimonianza di partigiano, un bilancio. Bilancio di un quasi novantenne che, per ragioni biologiche sta per passare a miglior vita e si domanda – mi domando - se le decisioni prese di combattere, prima con le armi, poi, dopo che cessarono gli spari, con la militanza politica, per dare all’Italia una bellissima Costituzione, ne sia valsa veramente la pena.
 
La domanda non è retorica poiché oggi ho l’impressione di essere imbarcato, come tutti voi, su un Titanic chiamato pomposamente Europa che sta affondando, e mi domando a cosa siano serviti decenni di lotte del movimento operaio italiano. Mi domando come, quando e perché le grandi conquiste sociali e politiche , costate lacrime e sangue, siano state spazzate via. E quanto sia difficile mantenere in vita gli stessi ideali in cui crediamo.
 
Resistenza, Antifascismo, Costituzione sono le fondamenta su cui vorremmo edificare il futuro. Ma la destra è al potere in tutta Europa e, pur nelle sue differenze, nega e sopprime i valori sociali e democratici della nostra cultura resistenziale.
 
Per il modo come viene raccontata oggi nelle celebrazioni ufficiali, in certi libri e fiction televisive, la Resistenza appare, nel migliore dei casi, come un corpo morto al quale sono stati espiantati, uno dopo l’altro e buttati in discarica, gli organi vitali.
 
Tra i diversi soggetti politici che l’hanno combattuta credo però sia giusto ricordare in questa occasione quella che ne è stata la spina dorsale e la sua forza motrice, ossia il movimento operaio. Senza quel movimento, alimentato da grandi ideali rivoluzionari, non ci sarebbe stata Resistenza e guerra partigiana.
 
Dalla valle di Susa alle montagne del Friuli gli operai sono stati la componente più importante e cosciente della guerra partigiana e delle iniziative di sostegno che si sono svolte nei quartieri popolari e nelle fabbriche. Anche chi vi parla si è formato politicamente e militarmente a quella scuola. Si chiamava officina ed era un po' diversa dalle catene di montaggio robotizzate di oggi. Un complesso di macchine utensili e banchi di montaggio su cui operai giovani e anziani lavorando fianco a fianco, parlando e raccontando le loro storie, hanno preso coscienza dei loro diritti calpestati e della loro forza, si sono organizzati ed hanno lottato, prima con gli scioperi poi con le armi contro il tiranno. Mettendo in gioco la propria vita. Ci mancava ovviamente la preparazione culturale dei giovani di oggi ma sovente, senza che neppure ce ne accorgiamo, le cose accadono da sole. Sembrano fatalità, coincidenze, ma sono in realtà vibrazioni, impulsi, trasmessi dal mondo reale che ci circonda, che si mettono in moto e che poi si riuniscono e formano un unico, razionale pensiero che ci guida nelle grandi scelte che la vita ci impone di compiere. Si chiamava e si chiama tuttora ideologia. Ed era la nostra ideologia, quella proletaria, che ha sorretto per un secolo le grandi lotte sociali e politiche del movimento operaio, le grandi rivoluzioni, i movimenti di liberazione dei popoli oppressi.
 
Ed è grazie a quell’ideologia, sprigionata dalla rivoluzione d’Ottobre, che le sterminate periferie industriali di quel tempo sono diventate l’epicentro dei grandi eventi storici di cui stiamo parlando. Quella è stata la nostra scuola e il nostro primo campo di battaglia. 
Lo dobbiamo a giganti del pensiero come A. Gramsci, che hanno saputo formare uomini d’acciaio, come mio padre, che da modesto tranviere comunista ha saputo reggere, senza battere ciglio, due condanne del Tribunale Speciale a complessivi 18 anni di carcere, per diventare poi uno dei capi della Resistenza a Milano.
 
Spero che venga compreso lo stato d’animo di profonda amarezza di fronte ai ripetuti tentativi di falsare e capovolgere il senso delle scelte da noi compiute a quel tempo.
 
Persino le date più significative sono oggetto dei ripetuti tentativi di rimozione storica, fino a proporci di cancellare come giorno di festa il nostro 25 aprile.
 
Anche il giorno cruciale che celebra la fine della guerra, l’8 maggio 1945, e abbraccia in un'unica grande dimensione internazionale il sacrificio di tutti i popoli europei, dal Volga alla Manica, nonché i 56 milioni di morti pagati per porre fine a quella follia, è finito nell’oblio più assoluto.
 
La stessa scelta del 27 gennaio 1945 quale “giorno della memoria”, che mira a fare dell’olocausto del popolo ebraico l’evento centrale del conflitto, non è una scelta casuale e innocente ma concorre in qualche modo a stemperare, a scolorire e ridurre la reale dimensione europea e mondiale di quella immane tragedia che è stata la seconda guerra mondiale.

Non c’è alcun dubbio che Auschwitz, liberato appunto il 27 gennaio, sia un monumento esemplare alla barbarie del nazismo e il celebrarne la liberazione rappresenta un doveroso omaggio e una sorta di palingenesi del popolo ebraico. Però attenzione ! Un corretto ricordo dovrebbe almeno accomunare i liberati di quel campo con i liberatori e raccontare senza reticenze quel che accadde prima quel 27 di gennaio 1945, quando due soldati dell’Armata Rossa si avvicinano di buon mattino alla barriera di filo spinato che circonda il campo di Auschwitz. Aprono il cancello, entrano e si trovano davanti l’ennesimo spettacolo simile e agghiacciante come quelli già visti durante la loro lunga marcia nei territori liberati.
 
Le immagini di Auschwitz le abbiamo viste, riviste e condannate negli ultimi decenni e continueremo a farlo nei prossimi anni, ma sono solo un parte del pesante bilancio di vite umane pagate dai soldati che liberarono quel campo, bilancio che supera di quattro volte i sei milioni di vittime dell’olocausto ebraico.
 
Quei due soldati che ho ricordato appartenevano al gruppo di armate del primo fronte ucraino comandate dal maresciallo Koniev. Avevano fatto molta strada prima di arrivare in quel piccolo villaggio polacco, davanti a quel filo spinato. Erano partiti da Stalingrado un anno prima, dopo che (come ha raccontato Pablo Neruda nel suo Canto generale) il sangue di più di un milione di giovani sovietici aveva colorato di rosso le acque del Volga e le rovine della città, prima di poter annientare la sesta armata nazista di Von Paulus e capovolgere le sorti del secondo conflitto mondiale.
 
Poi, quegli stessi soldati, hanno dovuto camminare per quasi tremila chilometri, combattendo e vincendo contro i panzer di Hitler le più feroci battaglie di tutta la guerra europea, lasciando sul terreno ancora milioni di morti prima di liberare la Polonia e di arrivare davanti a quel famoso cancello. E molta strada dovettero ancora compiere prima di poter schiacciare la belva hitleriana nel bunker di Berlino.
 
Tutta la lunga marcia di quei soldati è punteggiata da centinaia di altri spettacoli agghiaccianti allestiti dai killers con la svastica, compiuti senza la razionale perfezione industriale dei forni crematori e delle camere a gas di Auschwitz ma con mezzi più spicci e artigianali come il colpo alla nuca. Migliaia le fosse comuni, con milioni di corpi sepolti, segnano la ritirata nazista dai territori invasi dell’Ucraina e della Bielorussia. Sotto quei cumuli di terra sono stati sepolti i corpi massacrati di vecchi, donne, bambini, prigionieri di guerra, commissari politici, partigiani operanti alle spalle del nemico. La loro colpa quella di essere, oltre che ebrei, anche comunisti o più semplicemente russi che amavano il loro paese. Dunque, “untermenschen”, ovvero razze inferiori, sottouomini che bisognava sterminare.
 
Da vecchio partigiano devo molto a quelle “razze inferiori”. La nostra idea di resistenza è infatti germogliata durante gli scioperi di marzo, nel 1943, a Milano, Torino e Genova, non a caso due mesi dopo la fine della battaglia di Stalingrado e si è concretizzata dopo l’8 settembre quando l’Armata Rossa stava già dilagando verso ovest.

Come tutte le guerre anche quella combattuta nelle nostre città occupate dai nazifascisti non è stata un pranzo di gala ma una guerra spietata, una pratica di lotta estrema che dovevi imparare presto e bene. Sei solo e circondato da un nemico che non fa prigionieri. La pistola e l’esplosivo, gli agguati e gli attentati erano i mezzi con cui combattere l’invasore che occupava le città con la potenza soverchiante dei suoi panzer, la ferocia delle SS e dei brigatisti neri al loro servizio. Sai che sotto quelle divise ci sono belve feroci che hanno torturato, impiccato i tuoi compagni di lotta, hanno incendiato e raso al suolo villaggi, massacrato donne, vecchi e bambini senza alcuna pietà. Sai che se cadrai nelle loro mani non avrai scampo. Quella ferocia l’abbiamo subita quando siamo caduti nelle mani dei torturatori neri e della Gestapo e poi inviati incontro alla morte nei campi di sterminio.
 
Da fatti realmente vissuti e raccontati dai testimoni oculari, ormai in via di sparizione, Resistenza e antifascismo si stanno trasformando, come è giusto che sia, in cultura storica, e perciò percepiti oggi dal senso comune in una dimensione diversa. Ma anche esposti al rischio di pessime riduzioni celebrative. E questo toglie valenza anche all’entità geopolitica complessiva di un fenomeno che è stato soprattutto europeo ed ha riguardato i popoli dell’Europa intera. Quella di allora beninteso non quella di oggi, ossia quella delle banche che riduce molti di voi a dei senza lavoro, precari o disoccupati per tutta la vostra vita futura.
 
E’ un ciclo involutivo che sta entrando in una fase molto preoccupante. Non è più solo revisionismo ma si chiama più realisticamente negazionismo. Ed è la fase terminale di un lungo processo di distruzione della memoria storica che accompagna analoga distruzione delle nostre conquiste sociali e politiche.
 
La liberazione dall’invasore diventa guerra civile, la risposta armata dell’aggredito all’aggressore diventa terrorismo, i partigiani sono canaglie, ladri, assassini, stupratori, si chiede uguale rispetto per i morti, siano vittime o carnefici. L’aveva intuito Jean Cocteau quando ha scritto che la storia sono fatti che finiscono per diventare leggende e le leggende sono bugie che finiscono per diventare storia.
 
Ricordo, per inciso, di avere parlato dell’argomento nel 1966, con Gillo Pontecorvo, (vecchio compagno di lotta partigiana), all’uscita del suo film, “La battaglia di Algeri”, quando ad una mia domanda mi rispose che, tra le tante ragioni che lo avevano spinto a raccontare la resistenza del popolo algerino, aveva il fondato timore che, prima o poi, tutte le guerre di liberazione, inclusa quella che avevamo combattuto insieme, sarebbero state catalogate come terrorismo, criminalizzate e poi dimenticate. Parole profetiche.
 
Ricordo che mentre migliaia di gaglioffi nazifascisti sono stati sottratti alla giustizia e poi arruolati nella Cia, nella Nato e nella Gladio, persino un resistente come Nelson Mandela è stato tenuto iscritto per molti anni ancora nel registro dei terroristi tenuto dalla Cia persino quando è diventato Presidente del Sudafrica.
 
L’ondata diffamatoria e negazionista ha investito altri movimenti di liberazione in l’Algeria, Vietnam, Cuba, l’intera Africa australe e mezza America latina. Che poi per fortuna hanno vinto ! Ma ora alimenta, purtroppo, anche i movimenti neonazisti che stanno formandosi e dilagando in molti paesi dell’Unione europea.
 
Sono decenni che la cosiddetta cultura europeista ci presenta il vecchio continente come una grande casa comune, un giardino fiorito di nazioni democratiche e pacifiche, rispettose le une della altre, dalle cui culture sarebbero stati sradicati una volta per tutte i fantasmi dei 4 cavalieri dell’Apocalisse che hanno funestato il 20° secolo : il nazifascismo, l’antisemitismo, la fame, la guerra.
 
Il guaio è che ciò che rimane dell’illusorio progetto di Unione Europea è l’immane disastro che stiamo vivendo e pagando. Abbiamo una magnifica Costituzione repubblicana ma subiamo, senza via di scampo (come tutti i paesi dell’Unione Europea) il potere delle banche, centrali e non. La destra, intesa come braccio secolare del capitale finanziario (e madre prolifica dei movimenti neo nazisti) è al potere in tutta Europa. Nei paesi baltici “liberati dal comunismo sovietico” e ammessi a pieno titolo nell’Unione europea, riappaiono i monumenti alle SS, si celebra l’invasione hitleriana e si occulta persino il massacro di decine di migliaia di ebrei.
 
I 4 cavalieri dell’Apocalisse rispuntano e dilagano. Ci ritroviamo a fare i conti con il nazifascismo, l’antisemitismo e la povertà ma anche con la guerra. Anche se per ora le bombe ci limitiamo a scaricarle su Tripoli in nome di una democrazia diventata merce di esportazione. Dunque attenzione ! Le ambizioni di dominio planetario dell’imperialismo sono ancora ben presenti. I bilanci militari sono in crescita e prima o poi un nemico contro cui usarle queste armi, la Nato e il Pentagono lo troveranno e vi offriranno un’occupazione mettendovi in mano un fucile. Le prossime tappe delle future guerre sono Damasco e quasi sicuramente Teheran.
 
Sta a voi rifiutare questa prospettiva. Il ricordo della Resistenza per essere autentico non può essere celebrativo ma impegno sociale e politico nel presente. Non abbassate la guardia e difendete il vostro diritto a un futuro di lavoro sicuro e pacifico. I veri nemici non sono i popoli di altri continenti ma i banchieri e i padroni “modello Marchionne” e i loro governi che parlano la nostra lingua ma negano i vostri diritti, la vostra dignità e vi vogliono servili e ubbidienti. La vostra ultima trincea democratica è la Costituzione della Repubblica così come è stata scritta col sangue di 48 mila partigiani caduti perché l’Italia garantisse il futuro delle giovani generazioni.

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www.resistenze.org - osservatorio - italia - politica e società - 28-09-15 - n. 558

In occasione della scomparsa di Pietro Ingrao (27/09/2015) riproponiamo questo articolo dell'indimenticato quadro comunista Sergio Ricaldone, scritto quasi 10 anni fa, che ci aiuta a ricostruire il percorso politico di questa figura "mitica"  della sinistra italiana.

"Volevo la luna" : ultima, discutibile fatica editoriale di P. Ingrao

Sergio Ricaldone

19/09/2006

Ho il vago sospetto che tra l'uscita del libro di Pietro Ingrao "Volevo la luna" e l'imminente assemblea costitutiva del partito della Sinistra europea, sezione italiana, ci sia un linkage molto ben calcolato.

Nel cuore dell'autunno dovrebbe nascere il futuro partito del quale si percepisce il sapore e la volontà  di un radicale cambio di regime interno a Rifondazione, già in atto da tempo ed ora in fase galoppante, ma ancora senza una direzione ben definita né identikit.  Insomma, un appuntamento con molte incognite.  Nessuno sa quale sarà la bussola del nuovo partito.   La sola cosa assodata è il taglio netto con il comunismo finora conosciuto in tutte le sue varianti planetarie.   Non sarà un passaggio facile.   Soprattutto ora che il trono lasciato vacante da Fausto Bertinotti è stato occupato da un modesto re travicello, Franco Giordano, incapace di superare lo schema antiunitario della "maggioranza pigliatutto" e incline ad usare la clava delle misure disciplinari contro le minoranze interne, quale soluzione ad una congiuntura politicamente difficile da gestire.

La presenza di Ingrao come sponsor e testimonial di questo nuovo soggetto politico europeo postcomunista diventa perciò un fattore di sostegno importante per la sua riuscita, soprattutto perché con questo suo ultimo libro l'autore porta un personalissimo contributo ad una definitiva rottura dei ponti tra Rifondazione e il comunismo storicamente conosciuto.

Mi è bastato leggere, prima ancora del libro, l'ampia intervista rilasciata da Pietro Ingrao a Repubblica, l'8 settembre scorso, per domandarmi per quale ragione una rispettabile figura della sinistra decida di spendere gli ultimi spiccioli della sua esistenza biologica per scrivere un libro così apertamente distruttivo della storia del comunismo italiano.  Forse per un eccesso di vanità senile e perché – come lui stesso dice – "ho amato troppo l'applauso" .

Questo tentativo ingraiano di raccontare la storia della propria vita passando e ripassando in lavatrice le proprie scelte di milizia politica e inzuppando il pane in un banalissimo gossip che riduce Togliatti ad un sottomesso "compagno di merende" di Stalin, riceverà senza dubbio tantissimi applausi dalla platea che sanzionerà la nascita della "Sinistra europea".    Questo suo libro sembra infatti scritto apposta per concludere il ciclo di autoseparazione da tutta l'esperienza storica del comunismo novecentesco portando in discarica anche i personaggi che hanno animato e guidato le grandi battaglia politiche e sociali e resistenziali del movimento operaio italiano.

Un ciclo di rimozione che, all'interno di Rifondazione, era stato iniziato da Bertinotti a Livorno, nel 2001, quando l'egocentrico segretario del partito, per regolare i conti una volta per tutte con i suoi oppositori interni (Ernesto in primis) cominciò a sparare a zero contro lo spettro di Giuseppe Stalin che sembrava aggirarsi ancora minaccioso dentro Rifondazione.  Dopo di che, attingendo in preordinata sequenza nella abbondante letteratura "pre", "post" e "anti" prodotta dal revisionismo storico di destra e di sinistra, Bertinotti ha ridotto il secolo delle grandi rivoluzioni e del comunismo ad un cumulo di macerie fumanti.

Pietro Ingrao che, fino a poco tempo fa, sembrava considerare, diversamente da Bertinotti, il comunismo italiano di Gramsci e Togliatti una incolpevole ed apprezzabile eccezione rispetto allo stalinismo ha ora cambiato opinione e ci racconta invece di un Togliatti allievo mediocre e subalterno del feroce georgiano emulo di Gengis Kan.

Mi rendo conto del rischio che corro toccando la "mitica" figura di Pietro Ingrao, ovvero l'oppositore sempre e dovunque di Sua Maestà.  E chi meglio di lui può raccontarci i fasti e i nefasti del vecchio PCI ?    Nel popolo di sinistra abbondano ancora oggi gli ingraiani che pendono dalle sue labbra e lo applaudono ogni volta che apre bocca anche se le frasi di sinistra che pronuncia con forbito eloquio sono sempre innocue  e sempre più distanti dal "gorgo" dello scontro politico e sociale spesso evocato.

Ci sono, ovviamente, anche gli antingraiani convinti che i suoi comportamenti politici siano stati spesso segnati dall'egocentrismo, dall'opportunismo e da una scarsa coerenza con gli impegni presi con i suoi compagni di avventura, spesso galvanizzati da un suo "armiamoci e partite" e poi piantati in asso nei momenti cruciali, come capitò al gruppo del Manifesto al momento della sua radiazione dal PCI.

Quando 15 anni fa, dopo la Bolognina, costituimmo Rifondazione comunista eravamo convinti che Pietro Ingrao, superando le tante indecisioni, ci aiutasse a ricomporre una leadership in grado di salvare e ricostruire una presenza organizzata dei comunisti in questo paese, capace di ridare una prospettiva di trasformazione nel solco di una continuità, doverosamente critica e senza sconti, con la storia che, dall'Ottobre sovietico in poi, ha, comunque, sorretto ed animato le grandi battaglie politiche ed ideali del movimento operaio, dei movimenti di liberazione antimperialisti e le grandi rivoluzioni che hanno radicalmente cambiato la geopolitica del pianeta.   Ne eravamo convinti perché ci sentivamo figli di quella storia e di quel movimento che, malgrado errori ed orrori e le inevitabili dinamiche di "un passo avanti e due indietro" insite in ogni rivoluzione, aveva saputo comunque spostare in avanti, e di molto, le frontiere del progresso economico e sociale dopo avere inflitto colpi severi al nazifascismo, al colonialismo e all'imperialismo.

Pietro Ingrao, pur non avendo mai smesso di parlarci di masse, di operai, di lavoro liberato, di democrazia e di non violenza, preferì, ancora una volta, recitare la parte del libero pensatore offrendosi unicamente – come fanno i grandi predicatori domenicali – alle riflessioni collettive di quanti (dubbiosi e non) hanno continuato ad interrogarsi sul significato da attribuire alla parola "comunismo".  Salvo poi lasciare ad altri il compito di costruire il soggetto politico in grado di organizzare nei faticosi giorni feriali la grande massa dei salariati, dei precari, dei cassaintegrati, dei licenziati, dei pensionati al minimo.

Ti siamo comunque grati, carissimo Ingrao, per le tante parole gratificanti che ci hai trasmesso da tanti pulpiti in più di mezzo secolo.   Ma continuiamo ad essere convinti che dalle prestigiose poltrone politiche  ed istituzionali che hai occupato avresti potuto fare molto,  molto di più.