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5 ottobre 2000-2013: Golpe atlantista in Serbia

1) Milena Arežina - Istina o petom oktobru 2000
2) Gregory Elich: Guerra segreta. L’intervento USA e UE in Jugoslavia (2002, estratti)
3) Belgrado, 2 ottobre 2000. Il Presidente Milosevic si rivolge alla Nazione


13 anni fa - il 5 ottobre 2000 - in Jugoslavia un colpo di Stato sobillato dagli Stati Uniti d'America (che finanziarono lautamente i teppisti di OTPOR) e dalla Unione Europea (che vezzeggiò la nuova classe dirigente iper-liberista e corrotta legata al FMI) abbatté il governo delle sinistre ed avviò il paese all'ulteriore smembramento. 

Gli effetti del colpo di Stato si vedranno presto: nel 2003 anche il nome della "Jugoslavia" viene cancellato dalle mappe europee; nel 2006 il Montenegro, con un referendum truccato ma "coperto" dalla UE, secede; nel 2008 USA e buona parte dei paesi UE riconoscono il Kosovo come *settimo* "Stato indipendente" frutto dello squartamento della Jugoslavia. Il governo del Kosovo, dove dal dal 1999 vige l'apartheid nei confronti delle nazionalità non albanesi, è affidato alla cricca di mafiosi e tagliagole reduci dell'UCK...


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Pitanja i odgovori - Milena Arežina - Istina o petom oktobru 2000 - 05.10.2013


Di Milena Arežina raccomandiamo il libro

Noć prevare – dan izdaje
(La notte dell'inganno - il giorno del tradimento)

Scanner Studio, Beograd 2004

Di professione magistrato, Milena Arezina (autrice ed editrice) narra nei minimi dettagli gli avvenimenti legati alle elezioni anticipate ed al famigerato 5 ottobre 2000.
La figura di Milosevic qui appare ingenua, addirittura vittima ignara di un complotto e di un tradimento ben orchestrato. Un uomo sostanzialmente isolato, o almeno manipolato da consiglieri senza scrupoli vendutisi al miglior offerente.
Milena Arezina come magistrato è nota per la sua coraggiosa lotta contro i mostruosi brogli delle privatizzazioni in Serbia. Il piu noto è il caso della Galenika. Per questo rischiò di essere uccisa il 9 ottobre dalla mafia del "democratico" Djindjic, e fu licenziata dopo che tutta la documentazione dei processi da lei condotti fu fatta sparire dal suo ufficio.
Un libro da non perdere, una testimonianza autentica - utile
sopratutto per quelli che seguono professionalmente le cose jugoslave.

DOWNLOAD: http://www.sarovic.com/pdf/noc_prevare_dan_izdaje.pdf

http://www.nedeljnitelegraf.co.yu/novi/arezina.html
http://www.svedok.co.yu/index.asp?show=39410
http://groups.yahoo.com/group/srpski_svet/message/2413?viscount=100
http://komunist.free.fr/arhiva/jun2004/nkpj_01.html
http://www.srpskapolitika.com/drugi_pisu/2005/270.html


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The original text in english can be found at:     
http://www3.sympatico.ca/sr.gowans/elich1.html


What's Left, 8 Novembre 2002

Guerra segreta: l’intervento USA e UE in Jugoslavia

di Gregory Elich

[ESTRATTI]

[...] Ciò che gli USA volevano per davvero, comunque, era la Jugoslavia intera, non solo un altro pezzo. Il Segretario di Stato Madeleine Albright si aspettava e chiedeva dimostrazioni di piazza per abbattere il governo se le elezioni non l’avessero soddisfatta. Al meeting di Banja Luka nella primavera del 2000, Albright espresse disappunto per il fallimento degli sforzi passati di rovesciare il legalmente eletto governo jugoslavo. Albright disse che sperava che le sanzioni spingessero il popolo ad “accusare Milosevic per le loro sofferenze." Una esasperata Albright si chiedeva: "che cosa ferma la gente dallo scendere nelle strade?" Indicando che gli USA aspettavano il pretesto per intervenire, aggiunse: "Ora bisogna che accada in Serbia qualcosa che l’occidente possa appoggiare." (30)
Ogni contingenza era pianificata nell'ambito della campagna  differenziata di destabilizzazione da parte USA. Alla fine fu lo scenario preferito di George Tenet che venne scelto. Un processo elettorale distorto dall’intervento occidentale, assieme a moti di piazza, alla fine  buttarono giù il governo della Jugoslavia.


Gli USA pomparono 35 milioni di dollari nelle tasche dell’opposizione di destra nell’anno precedente le elezioni del 24 Settembre 2000. Tale impegno includeva trasmissioni per le radio dell’opposizione, e computers, telefoni e fax per molte organizzazioni. I media di destra ricevettero altri 6 milioni dollari dall’Unione Europea durante questo periodo. Due organizzazioni sotto l’ombrello del National Endowment for Democracy, il National Democratic Institute e l’International Republican Institute, diedero 4 milioni di dollari per una campagna porta a porta e  programmi elettorali. (31) Funzionari USA assicuravano ai media dell’ opposizione che "non avevano nulla da preoccuparsi riguardo alle spese di oggi" poiché molto di più era in arrivo. (32) Subito dopo le elezioni, Il parlamento degli USA decretò una legge che autorizzava il versamento di altri 105 milioni di dollari per i partiti di destra e i loro media in Jugoslavia. (33) Organizzazioni come l'International Republican Institute e l’Agency for International Development misero molti milioni di dollari nelle tasche di Otpor, rendendo il piccolo gruppo di studenti dell’opposizione una grande forza. Nel momento in cui la data delle elezioni veniva annunciata  in Jugoslavia, Otpor aveva stampato già 60 tonnellate di materiale elettorale. (34)

La settimana prima delle elezioni, l’Unione Europea inviò un "Messaggio al popolo serbo" in cui si annunciava che una vittoria per il candidato dell’opposizione Vojislav Kostunica avrebbe portato all’eliminazione delle sanzioni. "Perfino se Milosevic fosse rieletto democraticamente", affermava un funzionario dell’UE, le sanzioni sarebbero rimaste.  Questa era una potente pressione verso un popolo impoverito e  devastato da anni di sanzioni occidentali. (35)
Il funzionario del Dipartimento di Stato USA William Montgomery  notava: "Raramente si è impiegato tanto fuoco, energia,  entusiasmo, denaro – ogni cosa - quanto ne è stato impiegato in Serbia nei mesi prima della caduta di Milosevic." (36) 
Ancor prima delle elezioni, funzionari occidentali accusavano  il governo jugoslavo di frode elettorale, piantando i semi della distruzione.

Nei giorni delle elezioni ed in seguito, la coalizione detta Opposizione Democratica della Serbia (DOS) proclamò  la vittoria del proprio candidato. Funzionari USA incoraggiavano l’opposizione ad indire delle dimostrazioni di massa, perfino prima che fossero annunciati i risultati ufficiali. In pratica ogni giorno la DOS dichiarava differenti percentuali per il proprio candidato. A un certo punto parlarono del 57 per cento. Due giorni dopo le elezioni, il 26 settembre, la DOS dichiarava che Kostunica aveva avuto il 54.66 percento dei voti, sulla base del 97.5 per cento dei voti scrutinati, ma che 130.000 voti "e i voti dal Kosovo e Montenegro" non erano stati considerati dalla DOS. Il giorno dopo, la DOS annunciò che Kostunica aveva il 52.54 percento dei voti. Il dato era basato, dissero, sul 98.72 per cento degli scrutini. Stavolta, il portavoce dello Staff Elettorale della DOS, Cedomir Jovanovic, cambiò di tono, dichiarando che gli scrutini da fare erano quelli dei militari e quelli postali. Secondo Jovanovic, il 26 settembre, 5.093.038 voti su un totale di 5.223.629 voti erano stati scrutinati, per un totale del 97.5%. Sulla base del totale fornito da Jovanovic, ciò avrebbe significato che meno di 64.000 schede sarebbero state scrutinate il giorno seguente, quando fu dichiarato un conteggio pari al 98.72 percento. Assumendo che Kostunica abbia perso tutti questi voti, la sua percentuale sarebbe dovuta scendere a 52.75, comunque più alta dell’annunciato 52.54%.
Il DOS si avvantaggiò della confusione proveniente da tali significative  differenze sui totali. Il 26 settembre, Jovanovic annunciò che Kostunica aveva avuto 2.783.870 voti, ed il giorno seguente dichiarò che, quando tutti i voti sarebbero stati contati, "Kostunica avrebbe avuto 2.649.000 voti." Quattro giorni dopo, Jovanovic dichiarò 2.424.187 voti per Kostunica, e poi il 2 ottobre il portavoce dell’opposizione Zoran Sami abbassò ulteriormente il totale a 2.414.876, con una percentuale del 51.34%. In seguito, Sami disse che il risultato finale mostrava 2.377.440 voti e una percentuale del 50.35% per Kostunica. Esclusi da tali conteggi erano i voti dal Kosovo e dei rifugiati dal Kosovo.
I media occidentali accettarono acriticamente le dichiarazioni della DOS, proclamandole precise e risultanti da meticolosi scrutini, e grida di frode si alzarono invece contro il Governo jugoslavo.  Chiaramente c’erano state delle frodi. I dati forniti dalla stessa DOS indicano chi stesse commettendo la frode. (37)

Nonostante le dichiarazioni in senso contrario dei media occidentali, il conteggio ufficiale dei voti fu ampiamente pubblicizzato in Jugoslavia. Vojislav Kostunica ottenne il 48.96 percento dei voti, mancando di poco il 50% richiesto per la vittoria al primo turno. Il Presidente Milosevic ottenne il 38.62 percento. Un secondo turno elettorale per i due maggiori candidati venne indetto l’8 ottobre. (38) Appoggiati dai funzionari occidentali, Kostunica e la DOS si rifiutarono di partecipare al secondo turno, dichiarando che avevano già vinto. La DOS presentò proteste prima alla Commissione Elettorale  Federale, e poi alla Corte Costituzionale. Chiedevano, tra l’altro, l’annullamento dei voti dei rifugiati dal Kosovo, e quelli dal Kosovo stesso, dove il Presidente Milosevic aveva ottenuto un vantaggio ampio. La Corte Costituzionale sostenne la proposta di Milovan Zivkovic, membro della Commissione Elettorale Federale,  per riesaminare il voto di tutti i distretti per eliminare i dubbi. (39) Fu la minaccia del riconteggio dei voti a motivare la riduzione quotidiana dei voti e delle percentuali dichiarate dalla DOS per i suoi candidati. La percentuale finale che la DOS annunciò era vicina a quella dei risultati ufficiali. Tuttavia, la DOS  si rifiutò di includere i voti dal Kosovo e quelli dei molti rifugiati dal Kosovo, con il pretesto che il voto in Kosovo chiudeva alle 16:00 invece che alle 20:00. Secondo la DOS, la chiusura anticipata dei seggi avrebbe invalidato tutte le schede di questi votanti.  Solo eliminando i voti dei residenti e rifugiati del Kosovo la  DOS potè proclamare una vittoria attorno al 50 per cento per Kostunica.

Più di 200 osservatori internazionali di 54 paesi monitoravano le elezioni. Gli osservatori seguirono ogni stadio delle elezioni, incluso il conteggio del voto e la correlazione dei risultati. Uno degli osservatori, il Ministro degli esteri greco Carolos Papoulias, concluse: "Tutti quelli che hanno annunciato ampie frodi, come [il commissario agli esteri dell’UE] Javier Solana, hanno sbagliato" e il voto si è svolto in “modo impeccabile."
Atila Volnay, un osservatore ungherese, disse che la sua delegazione aveva visitato molte sezioni elettorali e  confermava la presenza dei rappresentanti dell’opposizione nelle commissioni elettorali, e che "non ci potevano essere anomalie."  Una delegazione di tre persone del Socialist  Labour Party del Regno Unito dichiarò che la Commissione Elettorale Federale "ha fatto di tutto per assicurare che la gente potesse votare senza intimidazioni ed in modo normale," ma che delle irregolarità erano state rilevate in Montenegro. "Abbiamo ricevuto molti rapporti di prima mano da persone che dichiarano di essere state minacciate [dai sostenitori di Djukanovic] che avrebbero  perso il lavoro se fossero andate a votare." La delegazione notò anche che "molti rifugiati dal Kosovo sono stati deliberatamente esclusi dalle liste elettorali del Montenegro" e che la delegazione "può solo concludere che tali tattiche di intimidazione e condizionamento erano destinate ad avvantaggiare la cosiddetta Opposizione Democratica." Il capo della delegazione russa, Konstantin Kosachev, disse che "erano soddisfatti perchè non era stata possibile in pratica  alcuna  falsificazione su larga scala delle elezioni in Jugoslavia." 
Una dichiarazione finale degli osservatori afferma che "Il voto  si è svolto in modo ordinato e tranquillo" e che, "nell’opinione di molti era eguale o superiore a quelli dei loro paesi." (40)

Dato il vantaggio elettorale al primo turno, una vittoria di Kostunica era certa per l’8 ottobre. Quindi, perché Kostunica rifiutò di partecipare al secondo turno? Come risultato delle elezioni del 24 settembre, la coalizione di sinistra aveva ottenuto 74 dei 137 seggi nella Camera dei cittadini e 26 dei 40 seggi nella Camera delle Repubbliche. La coalizione di sinistra aveva già la maggioranza nel Parlamento serbo, la cui  rielezione era prevista l’anno dopo. Sarebbe stato dunque impossibile per la DOS attuare il proprio programma, visto che i poteri del Presidente soro piuttosto limitati. Solo un golpe avrebbe permesso alla DOS di superare i limiti legali e di giungere al governo per regnare senza opposizioni. Il direttore elettorale di Kostunica, Zoran Djindjic, chiamò allo sciopero generale. "Noi dovremo paralizzare ogni istituto, scuola, teatro, cinema, ufficio" e "far scendere in piazza tutti." (41) I sostenitori della DOS ovunque nel paese seguirono la sua chiamata, fermando alcuni settori dell’economia, mentre dimostrazioni di massa si avevano in tutta la Serbia. Lo scenario di Madeleine Albright divenne realtà, nel momento in cui i dimostranti si misero a chiedere la rimozione del governo.

Secondo l’opposizione, almeno 10.000 sostenitori armati della DOS si unirono alla manifestazione finale a Belgrado. L’assalto al Parlamento Federale e alla Radio-Televisione  della Serbia fu guidato da gruppi e da squadre speciali di ex-soldati. Velimir Ilic, sindaco dell’opposizione di Cacak, guidò gli assalti. "La nostra azione era stata pianificata in precedenza" spiegò in seguito. "I nostri scopi erano assai chiari; prendere il controllo delle istituzioni chiave del regime, incluso il parlamento e la televisione." Ilic stabilì anche precedenti contatti con poliziotti rinnegati che assistettero i miliziani di Ilic. (42) E’ probabile che la CIA fosse coinvolta nella pianificazione dei ben coordinati attacchi. Dopo che forze speciali armate ebbero aperto la strada verso il Parlamento Federale, ad esse fecero seguito una massa di ubriachi, supporter della DOS, che irruppero nell’edificio, distruggendo suppellettili e computer e devastando il Parlamento. I poliziotti vennero attaccati e  bande di ubriachi, spesso armati di pistole, sciamarono nelle strade. 
Le ambulanze, che portavano i poliziotti feriti negli ospedali, venivano fermate dagli attivisti della DOS, che chiedevano di consegnargli i poliziotti feriti. Dopo che la Radio Televisione della Serbia a Belgrado venne occupata, essa pure fu incendiata. In tutta la Serbia, gli uffici del Partito Socialista di Serbia (SPS) e della Sinistra Unita Jugoslava (JUL) vennero demoliti. I socialisti vennero minacciati e picchiati, molti furono minacciati per telefono. A Kragujevac, dieci socialisti vennero legati e picchiati per ore. Gli sgherri  della DOS si spinsero fino a casa di Zivojin Stefanovic,  il presidente del Partito Socialista di Leskovac. Dopo aver saccheggiato e distrutto le proprietà di Stefanovic, diedero fuoco alla sua casa. (43)

Mentre la teppaglia capovolgeva e bruciava le auto della polizia, vandalizzando  case e picchiando la gente, Kostunica annunciava: "La Democrazia è arrivata in Serbia. Il Comunismo è caduto. Era proprio ora." (44)
Stabilendo le loro credenziali democratiche, gli attivisti della DOS occupavano sistematicamente i media di sinistra della Jugoslavia. I giornali di sinistra, stazioni radio e televisioni vennero riconvertite in strumenti della destra. Una cultura dei media già ricca  e diversificata, rappresentante l’intero spettro politico, venne sottoposta alla cappa dell’uniformità e della propaganda per la DOS. Bande di sgherri della DOS rimossero con la forza il management delle imprese statali, delle università, di banche ed ospedali delle città di tutta la Serbia. I  ministri del governo vennero spinti alle dimissioni, e la DOS creò un comitato di crisi per svolgere le funzioni del governo, scavalcando il Parlamento Federale e i ministeri governativi. Gli agenti della DOS minacciarono apertamente di aumentare le violenza di strada come mezzo per spingere il Parlamento Serbo ad accordare nuove elezioni, un anno in anticipo rispetto alla scadenza.

I funzionari occidentali non potevano nascondere la loro soddisfazione. Imprese statunitensi ed europee aspettavano il momento per impadronirsi delle imprese di Stato. Il programma economico della DOS era tracciato da una organizzazione denominata Gruppo 17+.
Il loro piano, Progetto per la Serbia, chiedeva una rapida transizione a una piena economia di mercato.
Immediatamente dopo il golpe, la European Bank for Reconstruction and Development subito annunciò piani per aprire un  ufficio a Belgrado. "E’ importante che siamo sul posto subito" spiegava il portavoce della banca Jeff Hiday. "Sospettiamo che ci saranno parecchie privatizzazioni e ristrutturazioni." (45)

Giorni prima del golpe, il Presidente Milosevic aveva avvertito che la DOS era uno strumento della campagna della NATO per imporre un controllo neocoloniale sulla Jugoslavia. Milosevic indicava che i paesi vicini, che erano già vittime dei diktat dell’Occidente, "si sono rapidamente impoveriti in modo tale da distruggere ogni speranza di una società più giusta ed umana" e che l’Europa Orientale vede “una grande divisione tra una maggioranza povera e una ricca minoranza." Inevitabilmente, disse, "tale quadro includerebbe anche noi." (46)

Sola e isolata, la Jugoslavia aveva resistito alla dominazione imperiale, opponendosi alle secessioni, alle sanzioni, alle guerre, ed alle operazioni coperte [cioè: attuate dai servizi segreti, ndt] volute dall'Occidente. Viceversa, essa rimase indipendente e mantenne una economia a carattere prevalentemente sociale. Le più potenti forze del pianeta si schierarono contro di essa, e per un decennio la Jugoslavia resistette. Il golpe della NATO ha spazzato via tutto. In uno dei suoi primi atti da presidente, Kostunica si è unito al Patto di Stabilità dei Balcani. Il suo ministro delle privatizzazioni, Aleksandar Vlahovic, ha annunciato un piano per la privatizzazione di 7.000 aziende... "Mi aspetto che in quattro anni da oggi, le proprietà sociali saranno totalmente eliminate", spiegava Vlahovic, chiarendo che la privatizzazione delle aziende maggiori era appena iniziata. (47) I milioni di dollari con cui l’Occidente  aveva riempito le tasche degli agenti della DOS avrebbero fruttato elevati dividendi.


30) Borislav Komad, "At Albright's Signal," Vecernje Novosti (Belgrade), May 18, 2000.

31) George Jahn, "U.S. Funding Yugoslavian Reformers," Associated Press, September 29, 2000.
Jane Perlez, "U.S. Anti-Milosevic Plan Faces Major Test at Polls," New York Times, September 23, 2000.
"U.S., EU Generous to Foes of Milosevic," Associated Press, October 1, 2000.

32) Steven Erlanger, "Milosevic, Trailing in Polls, Rails Against NATO," New York Times, September 20, 2000.

33) "U.S. House Votes to Fund Yugoslavia's Opposition Movement," CNN, September 25, 2000.

34) Roger Cohen, "Who Really Brought Down Milosevic?" New York Times Magazine, November 26, 2000.

35) Geoff Meade, "Cook Backs EU Over Oust Milosevic Message," London Press Association, September 18, 2000.

36) Roger Cohen, "Who Really Brought Down Milosevic?" New York Times Magazine, November 26, 2000.

37) "DOS Claims Kostunica Leading Milosevic with 54.66 to 35.01 Percent of Vote," BETA (Belgrade), September 26, 2000.
"DOS Announces Kostunica Clear Winner with 98.72 Percent Data Processed," BETA (Belgrade), September 27, 2000.
"Federal Electoral Commission - DOS Election Staff Misinformed Public," Tanjug (Belgrade), October 3, 2000.
"Who Lies Kostunica?" statement by the Socialist Party of Serbia, October 11, 2000.

38) Federal Republic of Yugoslavia web site, www.gov.yu "Total Election Results," and "The Federal Elections Commission Statement." Both statements were removed following the coup.
"Final Results of FRY Presidential Election," Tanjug (Belgrade), September 28, 2000.

39) "Yugoslav Constitutional Court Holds Public Debate on DOS Appeal," Tanjug (Belgrade), October 4, 2000.
"DOS Requests Annulment of 142,000 Kosovo Votes," BETA (Belgrade), September 29, 2000.

40) "Contrary to EU Claims, Yugoslav Elections a Success: Greece," Agence France-Presse, September 26, 2000.
"210 Observers from 53 States Commend FRY Elections," Tanjug (Belgrade), September 27, 2000.
"Foreign Observers Say Elections Democratic and Regular," Tanjug (Belgrade), September 25, 2000.
"Yugoslav Elections - a Lesson in Outside  Interference," Socialist Labour Party statement.
Broadcast, Mayak Radio (Moscow), October 2, 2000.
"'A Fair and Free Election,' International Observers Say," statement by international observers.

41) Misha Savic, "Milosevic Will Take Part in Runoff," Associated Press, October 5, 2000.

42) Richard Boudreaux, "A Mayor's Conspiracy Helped Topple Milosevic," Los Angeles Times, October 10, 2000.
"Cacak Mayor Says He Led Assault on Yugoslav Parliament," Agence France-Presse, October 8, 2000. 
Jonathan Steele, Tim Judah, John Sweeney, Gillian Sandford, Rory Carroll, Peter Beaumont, "An Outrage Too Far," The Observer (London), October 8, 2000.
Gillian Sandford, "Army Units Claim Credit for Uprising," The Guardian (London), October 9, 2000.

43) "Information for the Public," statement by the Socialist Party of Serbia, October 7, 2000.
"Group of Demonstrators Demolished the House of the District Head," BETA (Belgrade), October 6, 2000.

44) "Protesters Storm Yugoslav Parliament," Associated Press, October 5, 2000.
"Good Evening, Liberated Serbia," The Times (London), October 6, 2000.
"Milosevic's Party HQ Ransacked by Protesters," Agence France-Presse, October 5, 2000.

45) Jelena Radulovic, "Yugoslavia's Kostunica Sets Economic Goals for New Government," Bloomberg, October 7, 2000.
"Brains Behind Kostunica Have a Plan," Sydney Morning Herald, October 2, 2000.
Stefan Racin, "Yugoslavia's Opposition Outlines Economic Plans," UPI, September 27, 2000.

46) "Yugoslav President Milosevic Addresses the Nation," Tanjug (Belgrade), October 3, 2000.

47) Beti Bilandzic, "Serbia Eyes New Privatization Law by April," Reuters, January 28, 2001.


Gregory Elich ha pubblicato decine di articoli sui Balcani e l’Asia negli USA, in Canada ed Europa, in pubblicazioni come Covert Action Quarterly, Politika, Junge Welt, Dagbladet Arbejderen, Science&Society, Swans, e altre. Le sue ricerche sugli interventi della CIA in Jugoslavia sono state il soggetto di articoli dei giornali della Germania, Norvegia e Italia, incluso Il Manifesto. È stato coinvolto nelle attività per la pace fin dalla guerra del Vietnam, ed è stato coordinatore del Committee for Peace in Yugoslavia.
È stato membro della delegazione USA in visita in Jugoslavia dopo la guerra della NATO, e membro della delegazione di Margarita Papandreou, la prima occidentale a volare con la compagnia aerea nazionale irachena a Baghdad in sfida alle sanzioni.


(Adattamento del testo a cura del CNJ, sulla base di una traduzione pervenutaci da A. Lattanzio)


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Il Presidente Milosevic si rivolge alla Nazione

Belgrado, 2 ottobre 2000 - (Tanjug) - Il Presidente della R.F.J. Slobodan Milosevic lunedì 2 ottobre 2000 si è rivolto alla nazione attraverso la radiotelevisione serba:

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Cari concittadini,

nell'attesa del secondo turno delle elezioni colgo l'occasione per esporvi la mia opinione sulla situazione politica ed elettorale nel nostro Paese, e in special modo in Serbia.
Come voi sapete, da dieci anni sono in corso manovre per porre tutta la penisola balcanica sotto il controllo di alcune potenze occidentali. Buona parte di questo lavoro è stato compiuto mediante l’insediamento di governi fantoccio in alcuni paesi, trasformati in paesi a sovranità limitata, cioè privati a tutti gli effetti di sovranità.
A causa della resistenza opposta dal nostro Paese a una tale sorte, siamo stati sottoposti a tutte le forme di pressione alle quali un popolo può essere sottoposto nel mondo contemporaneo. Queste pressioni sono andate via via crescendo in quantità ed intensità. 

Tutta l'esperienza accumulata dalle grandi potenze nel 
corso della seconda metà del XX secolo nell'arte di rovesciare governi, provocare disordini, fomentare guerre civili, screditare o liquidare coloro che lottano per la libertà nazionale, ridurre le nazioni e gli stati sull'orlo della miseria - tutto ciò è stato applicato contro il nostro Paese e il nostro popolo. 
Tutto quello che è stato organizzato attorno a queste elezioni fa parte quindi della persecuzione organizzata contro il nostro Paese e il nostro popolo, perchè il nostro Paese e il nostro popolo costituiscono una barriera contro lo stabilirsi di un dominio totale nella penisola balcanica.

Da molto tempo è presente in mezzo a noi un raggruppamento che, con il pretesto di orientare i partiti politici di opposizione, rappresenta gli interessi di quei governi che sono stati protagonisti delle pressioni contro la Jugoslavia e specialmente contro la Serbia. Questa lobby si è presentata a queste elezionisotto il nome di Opposizione Democratica Serba (D.O.S.). Il suo vero capo non è il suo candidato alla presidenza. Da molti anni il suo capo è il presidente del Partito Democratico, collaboratore dell'allenza militare che ha scatenato la guerra contro il nostro Paese. Egli non ha neanche potuto nascondere la sua collaborazione con quelsta alleanza. Nei fatti, tutto il nostro popolo è al corrente del suo appello alla NATO perchè continuasse a bombardare la Serbia per tutto il tempo necessario a spezzarne la resistenza. Il cartello che si è così organizzatoper le elezioni rappresenta gli eserciti e i governi che hanno appena condotto la guerra contro la Jugoslavia. Rappresentando quegli interessi, ha lanciato alla opinione pubblica il messaggio che, con loro al potere, la Jugoslavia sarebbe uscita da ogni pericolo di guerra e di violenza, sarebbe riavviata la prosperitàeconomica, il tenore di vita sarebbe migliorato visibilmente e rapidamente, la Jugoslavia sarebbe reintegrata nelle istituzioni internazionali, e via dicendo.

Cari concittadini, è mio dovere mettervi pubblicamente in guardia e per tempo sulla falsità di queste promesse e sul fatto che la situazione è ben diversa. E’ proprio la nostra politica che garantisce la pace, mentre la loro provoca conflitti incessanti e violenza e vi dirò perchè.
Con l’instaurazione di un governo appoggiato o direttamente insediato dalla comunità dei paesi riuniti nella NATO, la Jugoslavia diventerebbe inevitabilmente un Paese il cui territorio verrebbe rapidamente smembrato.
Queste non sono soltanto le intenzioni della NATO. Queste sono le promesse pre-elettorali della Opposizione Democratica Serba. Noi l'abbiamo ascoltato dalla bocca dei suoi stessi rappresentanti: 

- il Sangiaccato otterrebbe l'autonomia che un membro della coalizione, leader di un'organizzazione separatista musulmana, Suleiman Ugljanin, reclama da dieci anni- e che significherebbe, nei fatti, la separazione definitiva del Sangiaccato dalla Serbia.

- Le loro promesse comprendono anche l'ottenimento da parte della 
Vojvodina di un'autonomia che non soltanto la separerebbe dalla Serbia e dalla Jugoslavia, ma la trasformerebbe nei fatti in parte integrante della vicina Ungheria.

- Nello stesso modo, altre regioni sarebbero separate dalla 
Serbia, e anche alcune zone di frontiera. La loro annessione da parte degli Stati confinanti costituisce da lungo tempo un imperativo per questi paesi, che continuano ad incitare le loro minoranze presenti in Jugoslavia a contribuire all'integrazione di queste parti del nostro Paese negli Stati vicini.

- Nel quadro di questa politica di smembramento della Jugoslavia, 
il Kosovo sarebbe la prima vittima. Il suo status attuale sarebbe dichiarato legale e definitivo. Questa sarebbe la prima parte del suo territorio cui la Serbia dovrebbe dire addio, senza poter neanche sperare che questa parte della sua terra le possa mai essere restituita.

- Il resto del territorio che continuerà a chiamarsi Serbia 
verrebbe occupato da forze militari internazionali, USA o comunque straniere, che tratteranno il nostro territorio come loro zona di esercitazioni militari e loro proprietà, da controllare secondo gli interessi della potenza che disloca il proprio esercito di occupazione. Abbiamo visto casi di controllo simili, e le loro conseguenze, negli scorsi decenni, e specialmente negli ultimi dieci anni in molti paesi nel mondo e ultimamente purtroppo anche in Europa, per esempio nel Kosovo, nella Repubblica Serba di Bosnia, in Macedonia, per restare intorno a noi. Il popolo della Serbia subirebbe la stessa sorte dei Kurdi, con la prospettiva di essere sterminato ben piùrapidamente dei Kurdi, essendo meno numeroso e muovendosi su un territorio assai più ristretto del loro.

- Quanto al Montenegro, il suo destino sarebbe lasciato nelle 
mani della mafia le cui regole del gioco i cittadini dovrebbero conoscere: ogni infrazione alla disciplina e soprattutto ogni opposizione agli interessi mafiosi è punita con la morte, senza alcun diritto di appello.

Vi ho descritto il destino della Jugoslavia in caso di accettazione dell’opzione NATO per il nostro paese, con l'intento di mettervi in guardia che oltre e più della perdita territoriale e all’umiliazione del popolo, noi ci troveremo tutti a vivere in un clima di continue violenze. I nuovi proprietari degli antichi territori dello Stato di Jugoslavia e gli occupanti del restante territorio serbo terrorizzerebbero, come è nella natura delle cose, le popolazioni dei territori che andrebbero ad occupare.
Nello stesso tempo, il popolo serbo stesso si batterebbe continuamente per ristabilire uno Stato serbo nel quale potersi riunire.
Queste potenze non vogliono la pace e la prosperità nei Balcani. Esse vogliono che questa sia una zona di conflitti permanenti e di guerre che servano da alibi a far perdurare la loro presenza. 

Un governo fantoccio è una garanzia certa di violenze, forse 
anche di molti anni di guerra. Di tutto salvo che di pace. Solo il nostro governo indipendente può garantire la pace.
Non solo questo. Tutti i paesi che si sono trovati in condizioni di sovranità limitata e con governi sotto l'influenza di potenze straniere si sono rapidamente impoveriti in misura tale da distruggere ogni speranza di relazioni sociali più giuste e umane. La divisione radicale tra una maggioranza povera e unaminoranza ricca: questo è il quadro che l’Europa orientale ci presenta da diversi anni ormai, come tutti possono constatare. La stessa cosa accadrebbe anche a noi. Anche noi, una volta sottoposti al comando e al controllo di quelli che dominerebbero il paese, avremo in breve un'immensa maggioranza di gente nella più estrema povertà, con una prospettiva di uscirne molto, molto incerta e lontana. La minoranza ricca sarebbe composta da un’elite di profittatori del mercato nero, cui sarà concesso di arricchirsi solo a patto di sottostare ciecamente al potere di chi deciderebbe del destino del nostro Paese.
La proprietà sociale e pubblica sarebbe rapidamente privatizzata, ma i nuovi padroni, come l’esperienza dei paesi vicini dimostra, sarebbero di regola stranieri. Tra le rare eccezioni figureranno 



Apprendiamo dalle agenzie della scomparsa di Vo Nguyen Giap, uno dei protagonisti della storia del novecento e simbolo della lotta di liberazione dei popoli di tutto il mondo. Se ne è andato un grande dirigente del movimento comunista e antimperialista mondiale. Un grande stratega della “Guerra di popolo” che ha saputo sconfiggere due formidabili eserciti imperialisti, dando così un contributo decisivo alla liberazione del Vietnam. 

Pensiamo che il miglior modo di ricordare la vita e l'opera di Giap, sia riproporre l'articolo che il compianto compagno Sergio Ricaldone [ http://www.marx21.it/comunisti-oggi/in-italia/22559-compagno-ricaldone-non-ti-dimenticheremo-mai.html ] - che con Giap aveva instaurato un rapporto di collaborazione e amicizia durante gli anni della lotta di liberazione contro l'imperialismo statunitense – scrisse in occasione del 100° compleanno della grande figura vietnamita.

Al popolo del Vietnam e al suo Partito Comunista porgo le più sentite condoglianze, a nome dell'intera redazione di Marx21.it

Mauro Gemma
Direttore di Marx21.it

 



GIAP, IL GRANDE STRATEGA DELLA GUERRA DI POPOLO

di Sergio Ricaldone

Si continua a dire che il comunismo è morto. Celebrando il compleanno di Giap e guardando al Vietnam di oggi direi che il comunismo è un soggetto politico e ideale assai difficile da seppellire.

La lunga vita di Van Nguyen Giap coincide con lo spazio temporale della storia contemporanea del Vietnam durante il quale il popolo vietnamita, per riconquistare l’indipendenza nazionale, ha dovuto lottare contro gli eserciti delle quattro maggiori potenze imperialiste del 20° secolo: quello francese, quello giapponese, quello inglese e quello americano. Tutte le generazioni vietnamite del 900’ sono state segnate e coinvolte da questo titanico confronto. Tutte le classi, ogni ceto sociale: gli intellettuali tradizionalisti, poi i modernisti, gli operai, i contadini, i bonzi, i preti cattolici e le diverse etnie. Nessuna forma di lotta è stata esclusa: scioperi, manifestazioni, forme diverse di cultura popolare, rituali religiosi, alfabetizzazione di massa. Ma solo quando si è potuta formare una strategia politica di lunga durata e di largo respiro, patriottica e socialista, e di intense relazioni internazionali, la scelta dell’opzione militare, imposta dalle circostanze storiche, è stata quella che alla fine ha prevalso e deciso le sorti del paese. Ciò è diventato possibile solo dopo la formazione nel 1930 del partito comunista indocinese e dall’emergere di due figure dirigenti di formazione marxista leninista e di eccezionale spessore politico, quali Ho Ci Minh e Giap, che hanno saputo portare a sintesi, rendendole complementari e vincenti, le loro geniali intuizioni politiche e militari.

Fino agli inizi degli anni 50 il Vietnam, nella sua dimensione geografica, storica e politica era scarsamente presente nell’immaginario collettivo della sinistra europea. Era ancora un paese marginale, conosciuto da pochi col suo vecchio nome coloniale, Indocina, collocato ai margini del campo socialista. L’indipendenza del Vietnam proclamata da Ho Ci Minh il 2 settembre 1945 era stata una parentesi di breve durata e pressoché ignorata dai mass media. Il suo popolo di guerriglieri era stato costretto a disperdersi nella giungla nel 1946 dalle cannonate della flotta, dai carri armati e dai bombardieri francesi, Braccato dai tagliagole della Legione straniera (imbottita di ex SS), sembrava non avere scampo. Nessuno sospettava che da quell’improvvisato esercito di “contadini straccioni”, affamati e peggio armati, potesse nascere un movimento di liberazione guidato da un gigante del pensiero strategico, di nome Giap, che nei decenni successivi, dopo 30 anni di guerra, sarebbe riuscito a mettere in crisi politica e militare la più grande potenza imperialista della storia contemporanea.

Il velo di mistero che avvolgeva quella “piccola” porzione di mondo chiamata Indocina fu sollevato dal movimento di lotta iniziato in Francia contro la “sporca guerra” d’Indocina nel nome di Henry Martin, il coraggioso marinaio francese che, nei primi anni 50, con il suo rifiuto di imbarco su una nave da guerra destinata in Vietnam, aveva scatenato la furibonda reazione dello Stato Maggiore di Parigi e della destra colonialista. Fu cosi, soprattutto a livello di movimenti giovanili comunisti, che cominciammo a conoscere quel movimento di liberazione che, pur operando in un paese molto più piccolo della Cina, finì per assumere nei decenni che seguirono un ruolo decisivo e trainante dei movimenti di liberazione e delle rivoluzioni antimperialiste che hanno inciso non poco sui cambiamenti geopolitici del pianeta e sulle lotte del movimento operaio in occidente.

Le corrispondenze di guerra del grande giornalista australiano Wilfred Burchett ci resero poi familiari i nomi di Ho Ci Minh e di Van Nguyen Giap e quello delle città, dei fiumi e delle vallate dove si stava consumando, sconfitta dopo sconfitta, il disperato tentativo della Quarta Repubblica di mantenere in vita uno degli epigoni dell’ormai traballante impero coloniale francese.

7 maggio 1954, Diem Bien Phu. Il nome e la leggenda di Van Nguyen Giap e quello dei suoi cento anni di vita è fortemente legato all’esito di quella battaglia. Difficile, anche per i miei usurati neuroni, dimenticarlo. Nel tardo pomeriggio di quel giorno i guerriglieri di Giap, ormai diventati un esercito, sferrano il loro ultimo attacco contro i francesi assediati da circa sessanta giorni nel loro ormai piccolo perimetro difensivo. Poi, dopo 9 anni di guerriglia e di battaglie campali, un silenzio surreale cala su quel lontano altopiano del Tonchino, al confine con il Laos. Non si spara più. La battaglia di Diem Bien Phu è finita, il generale francese De Castries annuncia la resa delle sue truppe e il governo di Parigi, sostenuto militarmente da Washington, incassa la più umiliante delle sconfitte. La potenza soverchiante dell’Armèe e l’impiego della ghigliottina a “full time” non sono bastati a restaurare il dominio coloniale della 4° Repubblica.

Dopo Diem Bien Phu tutto diventa possibile. L’esempio del Vietnam dilaga: in Algeria, Cuba e altrove altre rivoluzioni incalzano. Le conseguenze di quella sconfitta imperialista peseranno a lungo nei decenni successivi e il Vietnam assumerà una posizione centrale negli sconvolgimenti in atto nel vecchio mondo coloniale e la strategia della “guerra di popolo” in un paese contadino arretrato elaborata da Giap sarà assunta a modello dai movimenti di liberazione del terzo mondo. Il suo significato è sintetizzato dalle parole di Giap pronunciate dopo quella battaglia: “Il nostro popolo e il nostro esercito hanno vinto un nemico molto più potente grazie alla loro ferma determinazione di combattere e vincere per conquistare l’indipendenza nazionale, la terra ai contadini, la pace e il socialismo. La guerra di popolo condotta da un esercito popolare è una conquista decisiva, più importante di qualsiasi arma, per i paesi d’Asia, Africa e America Latina. Il popolo vietnamita è fiero di avere contribuito alla liberazione dei popoli fratelli. (…) Nessun esercito imperialista può vincere un popolo, seppure debole, che sappia ergersi risolutamente e lottare unito sulla base di una giusta linea politica e militare”. 

Queste poche parole confermano la genialità delle sue intuizioni militari, mai fini a sé stesse, ma poste al servizio, con grande intelligenza tattica, di una strategia politica rivoluzionaria e antimperialista di cui Ho Ci Minh è stato il leader comunista più prestigioso.

Lo stesso giorno della resa di Diem Bien Phu si stava svolgendo a Milano, presso il teatro Anteo, una grande assemblea di quadri comunisti della città alla presenza di Palmiro Togliatti, segretario generale del PCI. Mentre stavo svolgendo il mio intervento alla tribuna a nome della FGCI arriva di corsa un giovane compagno dall’Unità e mi consegna un dispaccio della Reuters che annunciava la resa dei francesi. Un boato di applausi accolse quell’annuncio. Tutti i compagni in piedi sfogarono il loro grande entusiasmo per quella vittoria percepita come un passaggio centrale del collasso che già stava disgregando i vecchi imperi coloniali. Incrociando lo sguardo di Togliatti seduto alla presidenza notai una punta di scetticismo per quel po’ po’ di entusiasmo, forse giudicato eccessivo per ragioni sulle quali tornai a riflettere nei giorni successivi. Quella vittoria militare di Giap appariva infatti come una sfida troppo temeraria all’imperialismo (non tanto a quello francese in fase declinante, ma soprattutto a quello americano) rispetto alle scelte di realpolitik compiute da Mosca e dal movimento comunista in tema di rapporti internazionali, basate sulla “coesistenza pacifica tra i due sistemi” e il rispetto delle “zone di influenza” concordate a Yalta. La valutazione dei rapporti di forza da parte del Cremlino, dopo la raggiunta parità atomica con gli USA, escludeva una rottura con il nemico storico e sanciva il mantenimento del precario equilibrio bipolare per una fase non breve su cui si reggeva il rapporto tra Washington e Mosca negli anni della guerra fredda. Intendiamoci, le motivazioni di quelle scelte non erano affatto banali. Il poderoso blocco di paesi socialisti euroasiatici che si era formato dopo la seconda guerra mondiale lungo la rispettabile distanza di 10 fusi orari, dal fiume Elba all’Oceano Pacifico era alle prese con enormi difficoltà. Pur essendo un territorio immenso liberato dal nazifascismo e dal dominio imperialista, soprattutto per merito dell’Unione Sovietica e della Cina Popolare, era impegnato a risollevarsi dalle tremende distruzioni della seconda guerra mondiale e ad evitare che le minacciose dimensioni della nuova guerra di Corea e le continue provocazioni anglo americane a Berlino sfociassero in una guerra nucleare. Il mantenimento della pace era pertanto considerata una priorità assoluta. Una esigenza peraltro sempre condivisa dai comunisti vietnamiti, che però erano altrettanto attenti ad individuare le possibili brecce e i punti deboli nel rigido schema “bipolare” attraverso le quali far passare il diritto dei popoli oppressi dal colonialismo di poter lottare con qualsiasi mezzo (inclusa la lotta armata) per la propria indipendenza nazionale. Una evidente e lungimirante anticipazione che il riconoscimento delle “diversità” era la condizione per mantenere unito il movimento comunista internazionale. Diritto questo che, dieci anni più tardi, verrà apertamente riconosciuto e sancito da Togliatti nel famoso “memoriale di Yalta”.

La “guerra di popolo” teorizzata da Giap arriva al suo vittorioso epilogo nella primavera del 1975. In poco più di trenta giorni l’Armata popolare e i guerriglieri vietcong riusciranno a compiere la marcia di circa mille km., dal 18° parallelo al delta del Mekong, che li separa dalla vittoria. In rapida sequenza vengono liberate le città vietnamite che per parecchi anni hanno occupato le prime pagine di tutto l’apparato mass-mediatico planetario. Huè, Da Nang, Quan Tri, Khe San, Dong Ha, le città rese tristemente celebri da tanti anni di guerra, sono rapidamente liberate, una dopo l’altra, dalla travolgente avanzata dell’Armata Popolare di Giap. 

Poi, finalmente, dopo 4952 giorni, la lunga guerra di liberazione contro gli Stati Uniti d’America ed il loro esercito fantoccio, consuma le sue ultime ore. E’ il 30 aprile 1975, un giorno che il popolo vietnamita continua a ricordare con legittimo orgoglio. Al levar del sole quattro colonne corazzate si mettono in marcia per sferrare da quattro direzioni l’attacco finale a Saigon, la capitale sudvietnamita. E’ l’ultimo giorno di una guerra di liberazione durata trent’anni. I cento blindati della Brigata 203 attestati a Ho Nai hanno ricevuto l’ordine, dal comando mobile di Bien Hoa dell’Armata Popolare, di conquistare il “grande ponte di Saigon”, poi di dividersi in due tronconi e di marciare a tutto gas verso il palazzo presidenziale, ultima roccaforte nemica nel centro della città. E’ da poco passato mezzogiorno quando il carro 843, un T54 di fabbricazione sovietica, ancora coperto da uno strato mimetico di foglie di cocco, comandato dal capocarro Bui Quang Tanh, sfonda il cancello del palazzo presidenziale di Doc Lap e accoglie la resa di quel che resta dell’esercito fantoccio. Lo sfacelo è totale e la resa degli ultimi combattenti sudisti, ormai sconfitti e abbandonati dai generali del Pentagono, assume tratti di involontaria comicità: escono tutti in mutande e a braccia alzate dal portone principale dell’imponente palazzo simbolo di un potere profondamente detestato dal popolo vietnamita.

La disfatta militare è completa, la fuga degli americani molto più caotica e umiliante di quella dei francesi dopo la disfatta di Dien Bien Phu. Memorabili le immagini degli ultimi marines e dei loro collaborazionisti che si aggrappano disperatamente agli elicotteri in fuga dal tetto dell’ambasciata americana. La guerra di liberazione durata trent’anni è finita e Giap, il vincitore, potrà passeggiare tranquillamente, pochi giorni dopo, nel centro di Saigon, insieme a due compagni “bodoi”, entrare nei bar e parlare con la gente senza essere riconosciuto (proviamo ad immaginare un gesto analogo del capo del Pentagono per le vie di Bagdad o quelle di Kabul). Quella passeggiata simboleggia il punto culminante di una vita spesa per il popolo e in mezzo al popolo. Sicuramente uno dei suoi momenti più alti e gratificanti.

Da quel giorno il Vietnam è diventato una nazione unita e indipendente, socialista e moderna e nessuno ha mai più osato sfidare l’Armata popolare costruita da Giap. Persino Mac Namara, l’ex capo del Pentagono che aveva iniziato e guidato la guerra di aggressione contro il Vietnam, ha dovuto riconoscere la grandezza del personaggio. Indimenticabile l’incontro ad Hanoi e la stretta di mano, vent’anni dopo la fine della guerra, tra i due ex nemici: Robert Mc Namara che riconosce la condotta criminale degli USA e chiede scusa a Giap e al popolo vietnamita. Il più ambito riconoscimento ad un popolo che ha insegnato a tutti la rara virtù che libertà e indipendenza non sono mai merci barattabili.



(srpskohrvatski / italiano)

Iniziative segnalate

1) Selezione di appuntamenti delle edizioni KAPPA VU - dal 4 al 25 ottobre 2013
2) Program manifestacije Dani AVNOJ-a u Jajcu 2013 / Programma manifestazioni per il 70.mo di Jajce (29.XI.1943.)
3) 24. марта 1999.-2014.: Петнаестогодишњица / Verso il 15.mo Anniversario della infame aggressione dei paesi NATO contro la Repubblica Federale di Jugoslavia 


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Selezione di appuntamenti KAPPA VU di ottobre!


Venerdì 4 – ore 20.30 – presentazione del volume REPRESSIONE ANTIPARTIGIANA IN FRIULI – LA CASERMA PIAVE DI PALMANOVA E I PROCESSI DEL DOPOGUERRA di Irene Bolzon, alla sede degli Alpini presso l’Area Festeggiamenti di SANTA MARIA LA LONGA; introduce Clara Gruer, con la partecipazione di Alessandra Kersevan

Domenica 6 – dalle 10.00 in poi fino a sera – saremo presenti con il nostro banchetto per la vendita all’iniziativa culturale “Ri-Leggi”, proposta nella suggestiva cornice della 19° Festa d’Autunno organizzata dalla Pro-Loco C.I.L. di Feletto Umberto nel Parco di Villa Tinin, nel centro di FELETTO UMBERTO

Lunedì 7 – ore 20.30 – presentazione del volume ROMANO IL MANCINO E I DIAVOLI ROSSI di Pierluigi Visintin e a cura di Alessandra Kersevan, presso la Sala Conferenze di Villa Dora a SAN GIORGIO DI NOGARO, nell’ambito delle commemorazioni per il centenario (esatto!) della nascita di Gelindo Citossi Romano il Mancino promosse dal Coordinamento Antifascista Friulano

Venerdì 11 – ore 20.30 – presentazione del volume LA BANDA COLLOTTI. STORIA DI UN CORPO DI REPRESSIONE AL CONFINE ORIENTALE D’ITALIA di Claudia Cernigoi, presso la Sala dei Gessi della Società Operaia di CIVIDALE DEL FRIULI, evento in collaborazione con Anpi e circolo culturale Iskra

Venerdì 25 – ore 18.00 – presentazione del volume L’ATTIVITA’ CLANDESTINA DEL CLERO SLOVENO DURANTE IL FASCISMO di Egon Pelikan, presso la Sala del Consiglio Comunale in Piazza Unità a RONCHI DEI LEGIONARI. Introdurrà Lucia Giurissa dell’Associazione Culturale Apertamente e dialogheranno con l’autore Monica Rebeschini e Giovanni Tomasin


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Programma manifestazioni per il 70.mo di Jajce (29.XI.1943.)


Program manifestacije Dani AVNOJ-a u Jajcu 2013


28.11. (četvrtak)
- Otvaranje naučnog skupa na temu: Drugo zasjedanje AVNOJ-a i državnost zemalja nasljednica Jugoslavije 1943.-2013. 

29.11. (petak)
- Otvaranje izložbe crteža Božidara Jakca
- Otvaranje izložbe fotografija i dokumenata
- Promocija knjige
- Prigodno predavanje

30.11. (subota)
- Doček gostiju (posjetilaca iz drugih gradova) ispred Muzeja II zasjedanja AVNOJ-a i prigodan muzički program (limena glazba, kulturno-umjetnička društva iz Jajca, rock band)
- Polaganje vijenaca na Spomen-fontanu
- Svečana akademija povodom 70 godina II zasjedanja AVNOJ-a 
- Cjelovečernji koncert horova

01.12. (nedjelja)
- Organiziran obilazak kulturno-historijskih i prirodnih znamenitosti grada Jajca,
- Ispraćaj gostiju ispred Muzeja II zasjedanja AVNOJ-a


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Verso il 15.mo Anniversario della infame aggressione dei paesi NATO contro la Repubblica Federale di Jugoslavia 


СТОП  ЗА  ЗЛОЧИНЕ  НАТО

Није добро стање на планети у времену које живимо. Има видљивијих, што би рекли конференцијаши, помака у потоњим данима, али све то није довољно за миран сан и сигурну сутрашњицу.

Војни напади на суверене државе под лажним оптужбама, беспримерно ракетирање читавих народа, изазивање грађанских и верских ратова са несагледивим последицама, свргавање легално изабраних власти и довођење подесних и подобних политичких и идеолошких гарнитура, непрестано злокобно звецкање оружјем и зарад отимања богатих природних ресурса и проширивања господства – општи су, на жалост, именитељи ситуације на светској сцени.

КО  ДА ЗАБОРАВИ 1999?

Србија је на сопственим плећима пребродила 1999.године тежак период, читавих 78 дана, кад су чланице НАТО, без најаве рата и мериторне одлуке Савета безбедности ОУН, брутално бомбардовале служећи се циничном лозинком ”Милосрдни анђео”.

То време, кад је убијено више од две хиљаде људи и онеспособљено и десет пута више, уништена готово сва привредна инфраструктура, порушени мостови, исечени пруге, путеви и далеководи, сравњене болнице, школе, дечји вртићи, никад неће исчилити из памћења Србије. Али ни жеља да се такви организовани злочини, под маском залагања за људска права и ширења тобожње демократије, никад и нигде више не смеју да понове.

Мора да дође и време кад ће за недела одговарати и разни државници и њихови поклисари који су подастирали неистине како би унапред оправдали милитантне акције и сејали смрт на српским просторима, а сада то исто, под непромењеним заставама и унапред наученим пројектима, чине на разним континентима.

СУБНОР Србије, у заједништву са својим колективним члановима, респектабилним Београдским форумом за свет равноправних и Клубом генерала и адмирала, у интензивним је припремама за обележавања петнаесте годишњице НАТО агресије на нашу државу.

Тим поводом је прецизиран програм, о коме се расправљало на састанку коме је руководио Живадин Јовановић, председник Београдског форума и дугогодишњи дипломата, министар иностраних послова.

СКУП  ИЗ  ЦЕЛОГ  СВЕТA

Централна манифестација одржаће се 22.и 23. марта 2014.године у Центру Сава. И биће посвећена миру у условима глобалног интервенционизма, милитаризације и светске кризе.

Тема обележавања значајног датума у историји Србије, петнаестогодишњице агресије НАТО, окупиће најзначајније личности из света и наше земље, угледне научне, културне и јавне раднике, представнике независних нестраначких групација, партнерских удружења са разних континената. Многи су већ сада, неколико месеци унапред, потврдили учешће сватајући и уважавајући разлоге за такво квалитетно окупљање и потребу да се чује одлучна реч у корист мира и разумевања.

Организатори су предвидели и изложбу фотографија о последицама НАТО агресије, као и смотру документарних филмова о злочинима над српским народом и трајном уништавању објеката приликом ракетирања бомбама напуњеним и радиоактивним супстанцама са несагледивим дугорочним последицама по здравље становништва.

СУБНОР Србије, Београдски форум за свет равноправних и Клуб генерала и адмирала Србије већ дуже време су у непрестаној акцији да Влада Србије и Градска скупштина легализују и визуелно упристоје већ постојећи Споменик, вечну бакљу слободе, на Ушћу у Београду, у знак сећања на све жртве нелегалне акције НАТО током 1999.године.

Споменик на Ушћу, где поменуте и уопште антифашистичке организације и људи добре воље и поборници мира и правде, сваког марта, на дан почетка агресије, одају пошту пострадалим.

То ће се засигурно догодити и 24. марта 2014. Уз наду да ће се тада, уз народ, меморијална свечаност одржати и у присуству и сарадњу органа државе чији су представници, иначе, чврсто обећали да ће тако бити.





STUDENTSKE I OMLADINSKE MOBILIZACIJE

1) Dosta laži, dosta prevara, dosta Bolonje! - Javno finasirano besplatno obrazovanje je jedni izlaz! (Studentski front Beograd)

Mobilitazione studentesca a Belgrado per l'Università pubblica e gratuita: "Basta con Bologna!" (= il processo di armonizzazione dei vari sistemi di istruzione superiore europei, che in effetti ne prevede la aziendalizzazione: http://it.wikipedia.org/wiki/Processo_di_Bologna‎ , http://www.unibo.it/it/internazionale/accordi-e-network/bologna-process/bologna-process )

2) U Ateni završen 39. festival Odigitis uz tisuće simpatizera iz cijelog svijeta - Borba za socijalizam se nastavlja (Andrea Degobbis)

Cronaca del Festival della Gioventù Comunista -KNE- ad Atene


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уторак, 01. октобар 2013.

DOSTA LAŽI, DOSTA PREVARA, DOSTA BOLONJE! - JAVNO FINASIRANO BESPLATNO OBRAZOVANJE JE JEDNI IZLAZ!

Proteklih dana bili smo svedoci “ispitivanja pulsa” progresivnog studentskog pokreta od strane, Vlade Srbije, Narodne skupštine, SKONUS-a (kerova na lancu buržoaskih akademskih vlasti), sa ciljem određivanja najpogodnijeg trenutka za sprovođenje reakcionarne bolonjske reforme, odnosno finalnog obračuna sa siromašnim studentima, koji u uslovima kapitalističke restauracije u Srbiji, čine ogromnu većinu akadamaca. Studentski front (SF) i ovog puta, u kratkim crtama, naglašava štetni uticaj potpunog promašaja, kojeg nijedan ozbiljan univerzitet u Evropi nije prihvatio, tzv. „Bolonjske deklaracije“, retrogradnog procesa obesmišljavanja studija, njihovog pretvaranja u kurseve, a znanja u robu. Značajno je istaći da su oni koji uporno obmanjuju studente upravo Vlada Srbije, Ministarstvo prosvete i tzv. „zvanični“ studentski predstavnici (izabrani od strane jednog procenta studenata). Pred početak ovog semestra resorno ministarstvo je najavilo ponovno povećanje školarina, uz istovremeno smanjenje broja ispitnih rokova i povećanje neophodnog proseka za ostvarivanje prava na studentsku stipendiju. Dakle. najnoviji paket mera koji je usmeren na dalju destrukciju studentskog standarda i pretvaranje obrazovanja u privilegiju bogatih. Sve to, još jednom, potvrđuje da je postojeći državni kurs Srbije usmeren isključivo ka što temeljnijem implementiranju divljačkog kapitalističkog sistema, koji u potpunosti ne mari za socijalnu pravdu i ljudsko dostojanstvo. Sve je to, razumljivo, rezultiralo ogromnim nezadovoljstvom studenata, dok su predstavnici SKONUS-a želeli su da se istaknu kao “prva linija odbrane” studentskog standarda i kao jedina studentska organizacija koja može uticati na odluke Ministarstva prosvete. Oni su pobedonosno mahali postignutim dogovorom sa predstavnicima buržoaskog režima. Vreme je pokazalo, kao je Studentski front i ranije isticao, da je to ništa drugo do najobičnija laž i prevara. Podsećanja radi, planirane nakaradne mere bile bi sprovedena još 2011. godine da glas nisu digli progresivni studenti sa Filozofskog i Filološkog fakulteta i Više elektrotehničke škole, koji su tri sedmice organizovali herojsku blokadu fakulteta, čije uprave uz podršku buržoaskih vlasti danas pljačkaju studente. Pobuna je tad pretila da se raširi vrlo brzo, zbog čega je brutalno ugušena na Filozofskom fakultetu u Novom Sadu, kada je obezbeđenje zaustavilo studente da uđu u svoju zgradu. Da se studentski opravdani bunt nije smirio, najbolje je pokazala prošlogodišnja pobuna studenata Likovnih umetnosti u Beogradu koji su dve nedelje držali pod blokadom taj fakultet iz kojeg je proizašla saradnja sa progresivnim kolegama sa drugih fakulteta Beogradskog univerziteta. Ta saradnja rezultirala je masovnim protestom za besplatno i javno finasirano obrazovanje, koji su buržoaski mediji uglavnom ignorisali. Kada su pojedini fakulteti odlučili da ipak povećaju školarine, borbeni studenti su blokirali rektorat Beogradskog univerziteta, nakon čega je povećanje školatrina obustavljeno. Studenti su uspeli da se povežu sa svojim prirodnim saveznikom, radnicima, tako da je blokadu Rektorata podržali levičarsko orijentisani Udruženi sindikati Srbije „Sloga“. Buržoaska vlast, uplašena većeg socijalnog bunta, traži svog trojanskog konja i pronalazi ga u - SKONUS-u, organizaciji takozvanih „studentskih predstavnika u čijim redovima ima veliki broj karijerističkih kadrova vladajućih stranaka čiji je cilj bespogovorno izvršavnje naredbi i sprovođenja interesa režima. U SKONUS-u su zastupljeni i predstavnici opozicionih buržoaskih stranaka, koji takođe kao i oni koji zastupaju interese vlasti, bezuslovno podržavaju reakcionarnu “Bolonjsku deklaraciju”. Svi oni studentsku borbu pokušavaju da prisvoje i prikažu kao svoj uspeh, što čine uz obilatu pomoć buržoaskih medija. Činjenica je, zapravo, to da dok su progresivni studenti blokirali fakultete, protestovali, bili izloženi nasilju i represiji, SKONUS i ostali „zvanični“ studentski predstavnici sedeli su u svojim foteljama izvršavajući zapovesti svojih buržoaskim nalogodavaca. Sada su sve maske pale. Jasno se vidi da Ministarstvo prosvete, kao i SKONUS imaju isti cilj, konačni obračun sa siromašnim studentima. Stoga će Studentski front, kao i u ranijim protestima stajaati u prvim borbenim redovima odbrane studentskih prava! Naš jedini izlaz je da odbacimo retrogtradnu “Bolonjsku deklaraciju”, zbacimo karijeristički i buržoaski SKONUS i druge lažne prestavnike studenata koji rade u interesu kapitalističkog režima. Potrebno je da u cilju stvaranja širokog društvenog fronta krenemo u svakodnevnu, organizovanu borbu, tražeći savez sa sindikatima, srednjoškolcima, seljacima, penzionerima i svim drugim ugroženim slojevima društva. Krajnje je vreme da kažemo: Dosta laži! Dosta prevara! Dosta „Bolonje“! Javno finasirano obrazovanje je jedini izlaz! Studenti, a ne klijenti! Znanje nije roba! 

Studentski front Beograd, 2.oktobar 2013. godine


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U Ateni završen 39. festival Odigitis uz tisuće simpatizera iz cijelog svijeta - Borba za socijalizam se nastavlja

Andrea Degobbis
vrijeme objave: Nedjelja - 29. 09. 2013 | 19:00
Od 19.-21. 9. u Ateni se održao završni dio 39. festivala 'Odigitis', organiziran od strane Komunističke Omladine Grčke (KNE), podmlatka Komunističke Partije Grčke (KKE).

Festival 'Odigitis' je nazvan po centralnom glasilu Komunističke omladine Grčke. Tijekom ljeta tradicionalno obilazi sve Grčke gradove, a centralni trodnevni završni dio održava se u Ateni i Solunu. Festival je po osnovi četiri desetljeća dugoj tradiciji, po brojnosti učesnika, kao i po svom sadržaju, sasvim pouzdano jedinstven na području Balkana, a vrlo moguće i u svijetu.

Mjesto završnog održavanja je veliki 'Antonis Tritsis' park u zapadnom predgrađu Atene, koji je godinama zapušten kako bi ga korumpirana lokalna vlast mogla rasprodati za sitne pare. Impozantna organizacija, sa 4 pozornice, kazalištem za djecu, štandovima raznih političkih i socijalnih subjekata (KNE i njoj povezanih organizacija), izložbama povijesti komunističkog i partizanskog pokreta i njegove uloge u oslobodilačkom ratu i nakon toga u građanskom ratu u Grčkoj, bila je i semantički upotpunjena ikonografijom artikala koji su se nudili i muzičkom i video produkcijom.

Cilj tog festivala je upoznati građane sa političkim programom i borbom koju vode KKE, KNE, i njihovih organizacionih frontova: žena, studenata, udruga malih poljoprivrednika, sindikata PAME, sastavnog dijela Svjetske federacije klasno orijentiranog sindikata WFTU koja se bori ne samo za bolje radne uvjete, nego mobilizira radnike i nezaposlene u borbi protiv izrabljivačkog sistema, protiv fašizma, ali i za prava obespravljenih i porobljenih naroda, Palestinaca i drugih, Grčkog komiteta za mir na Balkanu, sastavnog dijela Svjetskog mirovnog vijeća WPC, Anti NATO centrom i ostalim sagržajima.

Ali cilj je bio i dokazati kako se 'Tritsis' park može valorizirati za opće dobro; koncertima zabaviti prisutne, ali i boriti se protiv povijesnog revizionizma koji teži k demoniziranju komunizma, informirajući članove i građane, ali i mlade, o velikim dostignućima raznih socijalističkih pokreta.

S područja bivše Jugoslavije na festivalu su nastupili delegati SKOJ-a podmladka Nove Komunističke Partije Jugoslavije iz Srbije, i Mladih Socijalista podmladka Socijalističke Radničke Partije iz Hrvatske. Svi delegati su u parku imali svoj štand gdje su mogli predstaviti i dijeliti vlastiti materijal, kao i razgovarati sa zainteresiranim Grcima i s ostalim inozemnim kolegama o stanju u državama iz kojih dolaze.

Grčki komunisti u stanju su organizirati i sprovesti ovakve upečatljive akcije, prvenstveno zahvaljujući tijesnim kapilarnim vezama s grčkom radničkom klasom i svim segmentima društva. U partiji vlada disciplina, ozbiljnost,otvorenost i odgovornost. KKE je kadrovska stranka, u njoj ne vlada propuh, t.j. nije otvorena karijeristima i hvatačima magle, kao što to je bio SKJ, sa poznatim ishodom, nego član-pretendent mora proći kroz barem godinu dana "observacije", ili godinu dana omladinskog staža, da bi postao član partije.

Takva kadrovska ustrojenost daje organizaciji puno veću snagu nego obična stranka 'd'opinione', jer efikasna revolucionarna organizacija mora biti prisutna u društvu, mora voditi, mobilizirati, imati jasnu ideološku poziciju. A ne samo imati uvjerenje u ispravnost jedne političke opcije, i pasivno čekati, izlazeći samo na izbore. To mora biti škola i našim komunističkim i radničkim strankama. Komunistički aktivisti su oni koji moraju neposredno informirati građane i radnike o aktualnom političkom, društvenom, i privrednim zbivanjima, o kojima mainstrem mediji ne govore.
KKE oscilira između 5-8% glasačke podrške, čime je konstantno zastupljena u nacionalnom parlamentu i u većini gradskih i regionalnih vijeća, što je prava iznimka trenutne situacije europskih Marksističko-Lenjinističkih stranaka. Međutim, prava snaga KKE nije u glasačkoj podršci, nego u unutarnjoj snazi, u strastvenom, dosljednom, i požrtvovnom aktivizmu u sindikatu, u medijima (partija ima svoj dnevnik, portal, i televizijski kanal, u sindikatu, na radnim mjestima, u školama i na sveučilištima, u podršci radnika i građana marginaliziranih predgrađa, koja bi se mogla pridružiti borbi KKE i KNE u slučaju daljnjeg i ekstremnog oštrenja klasnih proturječnosti i nasilnosti sistema, fenomeni koji su već prisutni u grčkom društvu (siromaštvo je u porastu, kao i ubilački državno-korporacijski sponzoriran fašizam).

Zato gledamo na Grčke komuniste kao na inspiratore i uzore u ostvarivanju potrebne klasne borbe za ukidanje kapitalističkog sistema, od kojega se više ništa progresivno ne može očekivati. Samo nam generalna socijalna revolucija - koja mora biti temeljena na znanstvenom organiziranju privrede i društva - može donijeti puni razvitak, jednakost, i svjetski mir.

Andrea Degobbis