Informazione


LA CROAZIA SOTTO IL CONTROLLO DEL SERVIZIO SEGRETO TEDESCO

1) SOTTOMISSIONE ASSOLUTA
Intervista ad Antun Duhacek, capo dei servizi segreti di Tito
di JUERGEN ELSAESSER - dal giornale KONKRET, novembre 2002

2) IL CASO PERKOVIC
La Germania impone alla Croazia "europea" l'estradizione dell' ex agente segreto e padre dell'attuale consigliere per la sicurezza del Presidente. Perkovic è accusato dai tedeschi di aver fatto eliminare nel 1983 un croato passato al servizio dei tedeschi...


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Um den originellen Text zu lesen:

TOTALE UNTERORDNUNG
Interview mit Antun Duhacek, dem Geheimdienstchef von Tito
Interview: JUERGEN ELSAESSER - in: KONKRET, November 2002


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SOTTOMISSIONE ASSOLUTA

Intervista ad Antun Duhacek, capo dei servizi segreti di Tito

JUERGEN ELSAESSER

Dal giornale KONKRET, novembre 2002
(trad. di M. Jovanovic Pisani per CNJ-onlus)


"Lei ha distrutto la Jugoslavia!", ha detto il presidente croato Stipe Mesic, all'inizio di ottobre, rivolgendosi a Milosevic dinanzi al Tribunale ONU dell'Aia. In questa maniera Mesic ha cercato di deviare l'attenzione dalle colpe proprie e da quelle dei burattinai tedeschi: è l'opinione di Antun Duhacek, suo connazionale, che sotto Tito era il capo dei servizi segreti jugoslavi.

Elsässer: Il ruolo della Germania nella distruzione della Jugoslavia all'inizio degli anni Novanta è stato rilevante, innanzitutto per quanto riguarda il riconoscimento diplomatico delle repubbliche secessioniste di Croazia e Slovenia, attuato contro la stessa posizione dei partner della NATO. Quali informazioni hanno i servizi segreti sui dettagli?

Duhacek: La posizione della Germania fu sostenuta dall'Italia, dall'Austria e dal Vaticano. Il BND [servizi segreti tedeschi, ndT] coordinò il sostegno ai secessionisti e, alla fine degli anni Ottanta, prese la guida operativa diretta dei servizi segreti croati all'estero - che "de jure" erano ancora parte dell'intelligence jugoslava UDBA, tuttavia "de facto" erano fuori dal controllo di Belgrado già dall'inizio degli anni Settanta. In occasione di un incontro personale tra il ministro degli Esteri federale Genscher ed il capo dei servizi segreti croati Josip Manolic, nel febbraio 1990, alla vigilia delle elezioni in Croazia - che allora apparteneva ancora alla Jugoslavia - Genscher ha promesso 800 milioni di marchi tedeschi. Manolic voleva avere in mano subito il denaro, il futuro presidente Franjo Tudjman ed il suo allora stretto collaboratore Stipe Mesic attesero con apprensione. Infine, i soldi fluirono solo poco dopo le elezioni nel marzo del 1990. Persone dei servizi segreti tedeschi consegnarono gli 800 milioni di marchi a Zagabria, in contanti.

 Elsaesser: Dev'essere stata una valigia abbastanza pesante...

Duhacek: I tedeschi hanno ottenuto in cambio un compenso. Manolic è pervenuto a febbraio del 1990 con il BND ad un ampio accordo segreto. Esso in sostanza consisteva in tre punti:
 1. Collaborazione tra il servizio segreto croato controllato da lui ed il BND che procederà sia contro la Jugoslavia che contro la Serbia.
2. Il BND mette a disposizione dei suoi collaboratori croati tutti i risultati militari che esso e il suo servizio amico della Nato raccolgono nella e sulla Jugoslavia, per esempio sulla situazione nell’Esercito Jugoslavo, il movimento delle sue truppe ecc. Questo sarebbe stato per Zagabria un grande vantaggio alla vigilia del conflitto militare che poco dopo comincerà.
3. Manolic mette una parte dei suoi informatori e collaboratori informali, per esempio a Belgrado, direttamente sotto il BND.


Elsaesser: Erich Schmidt-Eenboom nel suo libro Der Schattenkrieger [Il combattente nell'ombra] sulle attività del BND sotto Klaus Kinkel, in molti punti si riferisce a Lei. Egli però dice che già „poco prima della morte di Tito a Zagabriatutte le decisioni su questioni strategiche erano prese solo in accordo con i referenti BND e rappresentanti ustascia.“ Questo succedeva all’inizio degli anni Ottanta.

Duhacek: Si trattava di stretti contatti, ma dovevano svolgersi allora in modo nascosto. La fase calda comincia solo alla fine degli anni Ottanta, quando dall’apparato, costruito in segreto da Manolic e dal suo“tutore” Ivan Krajacic, nasce il servizio segreto del nuovo Stato croato. Da circa maggio del 1990 funziona questo servizio segreto come unappendice del BND. La parte tedesca ha preteso una totale sottomissione delle prestazioni del servizio croato e l’ha ottenuta. Per esempio, i tedeschi decidevano quali emigranti croati dovevano avere i passaporti. Come è noto, dopo il 1945 tanti attivisti del movimento fascista degli ustascia hanno dovuto lasciare il paese e vivere sparpagliati per tutto il mondo. Il BND ha stabilito nel 1990 quali, in questo quadro estremista, potessero essere muniti di passaporti per poter tornare. Questi reduci si sono poi inseriti nel governo del nuovo Stato croato pagando - 300.000 marchi tedeschi circa costava il posto di un impiegato ministeriale. Il presidente Tudjman ha contato molto su questa gente.


Elsaesser: I legami stretti di Tudjman con il BND da una parte e con vecchi fascisti ustascia dall’altra parte si palesano nella persona di Ernest Bauer. Jugoslavo di origine “volksdeutsch” [termine per indicare la minoranza di origine tedesca in Jugoslavia; durante la Seconda Guerra Mondiale dalle loro file si formarono molte unità schierate al fianco di Hitler; ndT], Bauer durante la Seconda Guerra Mondiale era stato colonnello del servizio segreto ustascia UNS, fu poi assunto dal capo del BND Reinhard Gehlen per il quale riattivò la sua rete di agenti a Zagabria, che guidò fino agli anni Novanta. Quando nel 1990 Tudjman fonda il suo partito nazionalista croato HDZ, con il quale avrebbe governato lo Stato secessionista per quasi tutti gli anni Novanta, nel corso dei quattro giorni del congresso fondativo risiede presso Bauer. Dopo essere diventato presidente, Tudjman pone il vecchio uomo dei servizi segreti come suo incaricato speciale presso l'Ufficio stampa federale a Bonn.

Duhacek: Ci sono esempi che descrivono ancora meglio il potere del BND sui suoi partner croati. Il BND ha preteso nel 1993/1994 un repulisti nel servizio segreto croato.. Tutti quelli che provenivano dalla tradizione partigiana se ne dovevano andare. Inoltre, si deve sapere che l'intero progetto di Tudjman - il nuovo Stato croato con tutte le sue istituzioni - aveva inizialmente un carattere di compromesso. Il nazionalismo croato e l’ostilità contro la Jugoslavia erano i comuni denominatori; su questa piattaforma si sono incontrate forze che avevano combattuto l'una contro l’altra durante la Seconda Guerra Mondiale, e cioè i nazional-comunisti e i fascisti ustascia. Ora, il BND ha preteso che i primi se ne andassero. Perciò Josip Manolic fu indebolito nelle strutture dei servizi segreti, e Stipe Mesic lasciò con lui e con gli altri, frustrato, il partito di Tudjman HDZ e fondò un suo partito.


Elsaesser: Questo lo ha preteso il BND?

    
Duhacek: Tudjman ha perfino ammesso questo. Nel 1994 scrisse della sua rottura con Manolic: “Quando si è arrivati ad una simile situazione con il signor Manolic, allora devo anche aggiungere che – nel 1992, quando fummo formalmente riconosciuti, ma ancora eravamo senza reali amici - vennero da me dei rappresentanti di una delle potenze principali del mondo e dissero: ‘Signor presidente, Lei è probabilmente cosciente che deve costruire una nuova struttura di difesa e di sicurezza. Noi siamo pronti ad aiutarLa, però, per favore, senza Jozo Manolic.’


Elsaesser: Ma cosa doveva avere il BND contro Manolic? E’ stato proprio lui che nel 1990 ha consegnato ai tedeschi il servizio segreto croato.


Duhacek: Il BND diffidava delle persone che provenivano dalla tradizione partigiana, le quali avevano combattuto contro i tedeschi per quattro lunghi anni. Al BND quelle non apparivano affidabili, perlomeno non sul lungo termine. Prenda il caso di Manolic: è decorato con la medaglia partigiana di “Combattente della prima ora”. Oppure di Mesic: il quale ha veramente ammesso che nel 1991 aveva contatti con il BND. A quei tempi era Presidente del Presidium dello Stato jugoslavo...


Elsaesser: ...e il BND lo aiutò ad essere il più distruttivo possibile in quella funzione.


Duhacek: Sicuro, però Mesic nella Seconda Guerra Mondiale ha perso 16 familiari uccisi dai fascisti. Egli non era affidabile, agli occhi dei tedeschi


Elsaesser: Però, dalla citazione di Tudjman non è chiaro chi ha preteso la sostituzione di Manolic. Egli dice solo: “rappresentanti di una delle potenze principali del mondo”. Forse potrebbero essere stati gli americani che, dopo essere stati inizialmente contro il riconoscimento degli Stati secessionisti, con l’inizio della presidenza di Clinton hanno cambiato corso per ottenere una loro influenza a Zagabria, e per questo motivo hanno voluto destituire il pro-tedesco Manolic?


Duhacek: No, gli americani non hanno avuto alcuna influenza. I tedeschi erano assolutamente dominanti. E quando nel 1995 consiglieri militari americani dirigevano l’offensiva croata per la conquista della Krajina (e la cacciata del popolo serbo), lo facevano secondo la volontà dei tedeschi. Kohl e Genscher non volevano sporcarsi le mani, un impegno militare tedesco allora non sarebbe stato politicamente popolare. Ma i tedeschi hanno rifornito i secessionisti croati di armi, innanzitutto dalle riserve dell’arsenale dei paesi ex socialisti: la Polonia, la Cecoslovacchia, la DDR.


Elsaesser: Nel frattempo in Croazia il partito di Tudjman HDZ ha perso voti, Mesic nel 2000 è diventato presidente. I tedeschi hanno perso la loro influenza, dunque? Mesic, secondo quanto che descrive Lei, deve essere stato abbastanza arrabbiato con il BND.


Duhacek: Si sono messi d'accordo. Mesic non può senza i tedeschi, e i tedeschi non possono senza di lui, almeno per il momento è così. Tudjman è morto, il suo braccio destro Gojko Susak, primo ministro della Difesa, anche. E che Mesic adesso si impegni per far tornare in Croazia qualcuno dei 300mila serbi espulsi, è ragionevole anche per la Germania, il principale partner economico: territori come la Krajina e la Slavonia sono spopolati dal periodo della pulizia etnica a causa dei nazionalisti croati, così un terzo del paese è economicamente arido.


Elsaesser: In Croazia Lei è ricercato con mandato di cattura. Perchè?


Duhacek: Perchè in parecchi libri ed articoli dei giornali ho rivelato come è stato realizzato il nuovo Stato croato. Specialmente mi rimproverano che io da croato di nascita abbia detto queste cose.


Elsaesser: Infatti, questo è insolito. Lei è un traditore della patria?


Duhacek: La mia patria è la Jugoslavia. Quando [nel 1941, ndT] i nazisti hanno occupato la Jugoslavia, mi sono messo dalla parte dei partigiani. Comunista sono diventato solo più tardi.

Quando i nazionalisti croati intorno a Tudjman con gli ex complici dei nazisti, gli ustascia, si sono accinti di nuovo alla distruzione della Jugoslavia, ho difeso il mio paese per la seconda volta. E quando la nuova Croazia si è apprestata a cacciare i serbi, mi sono messo a loro disposizione nel 1991 in Slavonia, come consigliere militare. In fondo, questa era la regione dove io da partigiano avevo combattuto.


Elsaesser: Milosevic La vuole invitare come testimone all’Aia. Ci andrà?

Duhacek: Quando la notizia alcune settimane fa è apparsa sui giornali, sono stato subito di nuovo minacciato di morte. Ma io non mi faccio intimorire, andrò lì quando sarò chiamato dal Tribunale.


Elsaesser: Nella fase di cui abbiamo parlato, Lei non era più in servizio attivo. Da dove ha tratto le Sue informazioni riguardo a Genscher ed ai suoi 800 milioni di marchi tedeschi?


Duhacek: Un uomo dei servizi segreti non è mai fuori servizio. Le mie fonti, come Lei capirà, non le posso menzionare. Ma da croato conosco naturalmente molti croati, sin dentro ai ministeri, anche oggi. Sia Krajacic, il padrino di Tudjman, sia Manolic, al momento della fondazione del movimento secessionista li conoscevo particolarmente bene. Con Manolic, prima della sua morte, ho avuto circa 200 conversazioni di parecchie ore. Come uomo dei servizi segreti egli era un talento puro. Durante la Seconda Guerra Mondiale aveva lavorato sia per il Komintern sia per la Gestapo. Già da allora cominciava a tramare a favore del secessionismo.

Elsaesser: E perchè Le ha raccontato tutto questo?


Duhacek: Forse per ragioni sentimentali. Egli proviene da un villaggio vicino al mio, ho accolto io nel 1941 sua sorella nel Partito Comunista, con suo fratello frequentavo il Ginnasio e poi abbiamo combattuto da partigiani insieme.

Antun, quando scriverai di me, non essere avaro nelle lodi”, mi disse sul letto di morte, “poichè io sono stato un piccolo Dio e il mio unico desiderio era una Croazia pulita”


Sul personaggio: Antun Duhacek (al centro nella foto) nello Stato Maggiore dell’Armata Popolare Jugoslava, Belgrado 1945. Dal 1950 Duhacek ha lavorato per il servizio segreto jugoslavo UDBA e dal 1955 fino al 1968 ne è stato il Direttore. Dal 1969 fino al 1974 è stato deputato al parlamento della repubblica di Croazia ed anche portavoce per le questioni delle nazionalità. Dal 1991 fino al 1994, nella guerra civile in Croazia ed in Bosnia, ha svolto funzioni da consigliere militare dei serbi. Dal 1998 vive in Jugoslavia [La Repubblica Federale composta dalle sole Serbia e Montenegro, istituita nel 1992. ndT].


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BERLINO E BRUXELLES LANCIANO L’ULTIMATUM PER LA “SPIA DI TITO” 

di Stefano Giantin, da "Il Piccolo" del 7 agosto 2013

Il segnale più forte era giunto alla vigilia dell’ingresso nell’Ue. «Ho altri impegni», aveva fatto sapere la Cancelliera Merkel al Gotha politico croato, che la immaginava come ospite d’onore dei grandi festeggiamenti per l’adesione di Zagabria. E ora, dopo quel gran rifiuto, la Croazia è pronta a ricevere una nuova bastonata dal suo (ex) miglior amico in Europa, la Germania. Ancora una volta tutto per colpa della “spia di Tito”, l’anziano Josip Perkovic, già alto papavero dei servizi jugoslavi e, secondo Berlino, responsabile dell’eliminazione del dissidente [SIC, in realtà un ex manager dell’INA messosi al servizio della Germania] Stjepan Djurekovic, fuggito in Germania nel 1982 con un carico di scottanti segreti e fatto fuori dagli uomini di Perkovic, sulla cui testa pende per questo un mandato di cattura della procura di Karlsruhe.
Ma la Croazia – solo pochi giorni prima dell’ingresso nell’Ue -, ha modificato la legge sull’estradizione, limitandola ai soli croati ricercati per fatti compiuti dopo il 2002. Djurekovic era stato ammazzato nel 1983. Perkovic salvato in corner. Una mossa, quella croata, che da subito aveva fatto inalberare Berlino. La “legge Perkovic” deve essere quanto prima adeguata alle regole Ue, con l’estensione della possibilità di estradizione per crimini pre-2002, anno dell’introduzione del mandato di cattura europeo, la richiesta tedesca. Non ricevendo risposte da Zagabria, la Germania ha così da qualche giorno investito della questione la Commissione europea, ha rivelato il quotidiano Vecernji List. Commissione che, con una lettera firmata dalla vicepresidente Viviane Reding, ha avvertito Zagabria. «Entro il 23 agosto attendo di ricevere la vostra promessa che la legge verrà cambiata» e di sapere quando ciò avverrà. Se non sarà così, Bruxelles potrebbe punire la Croazia con «misure appropriate». Prima «un congelamento» di parte dei fondi Ue. Poi, se Zagabria farà ancora orecchie da mercante, via all’“opzione nucleare” [SIC], la sospensione del diritto di voto nel consesso europeo.
Ma perché la Croazia è pronta a rischiare a tal punto per una vecchia spia? «Perkovic è il simbolo di quella parte dei servizi pronta ad aiutare Tudjman, che aveva bisogno di professionisti nella creazione dello Stato croato», chiarisce Žarko Puhovski, fra i maggiori filosofi e analisti nazionali. E «il figlio di Perkovic è uno dei consiglieri per la sicurezza del presidente Josipovic», suggerisce poi Puhovski. Ma va anche detto che «il sistema giudiziario tedesco non è così puro». Negli Anni Novanta «ultranazionalisti croati, ex killer di agenti segreti jugoslavi, furono lasciati tornare in Croazia dalla Germania, liberi», chiosa l’analista, che prevede poi che difficilmente «la legge sarà cambiata» già ad agosto, causa istituzioni in vacanza. L’autunno? Sicuramente caldo, nella Croazia preoccupata da un futuro europeo incerto. E da storiche amicizie messe a rischio da uno scomodo servitore di più padroni.

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SPAZIO SCHENGEN A RISCHIO PER LA CROAZIA

di Silvano Silvani, da “La Voce del Popolo” del 12 settembre 2013

“La Croazia deve modificare la legge sul mandato di cattura europeo, meglio nota come Lex Perković, perché in caso contrario i rapporti tra Zagabria e Bruxelles ne risentiranno ancora per lungo tempo”. Questo l’ennesimo monito lanciato dalla vicepresidente della Commissione europea e commissario alla Giustizia, Viviane Reding. Secondo la vicepresidente, Zagabria ritoccando la legge due giorni prima del suo ingresso nell’Unione europea ha non soltanto violato le regole, ma ha anche tradito la fiducia accordatale dagli altri 27 Paesi membri.
Viviane Reding ha ribadito che la Commissione europea dispone di tutti gli strumenti necessari per verificare se la Croazia adeguerà le sue leggi agli standard comunitari. Se ciò non dovesse avvenire, ha avvertito la vicepresidente, scatteranno la sanzioni previste dall’articolo 39 del Trattato di adesione della Croazia all’Unione europea.
Una delle misure potrebbe essere rappresentata dal congelamento dei fondi europei, in primo luogo nel settore della giustizia e degli affari interni. Questo potrebbe portare, molto probabilmente, a un rallentamento dell’entrata della Croazia nello spazio Schengen. In altre parole, a causa della Lex Perković, i controlli di polizia ai valichi tra la Croazia e gli altri Paesi dell’Unione potrebbero rimanere ancora a lungo, con tutti i disagi che questo comporta, ad esempio per i flussi turistici.
Intanto il Capo dello Stato, Ivo Josipović, ha dichiarato che non pensa assolutamente ad esonerare dall’incarico il suo consigliere per la sicurezza, Saša Perković il quale, stando a quanto riportano alcuni media, potrebbe trovarsi in conflitto d’interessi se dovesse venire avviata l’inchiesta nei confronti di suo padre, Josip Perković. Al termine dell’incontro con i cittadini a Dugo Selo, Josipović ha quindi smentito una possibilità del genere, riportata ieri dal quotidiano “Novi List”, che si richiama a fonti dei Banski dvori. Ha spiegato ai giornalisti che Saša Perković non svolge nessun lavoro che possa essere collegato con il caso in questione.
“Il caso, se e quando verrà aperto, sarà in mano alla giustizia. Ho già detto e lo ribadisco che nessuno deve sobbarcarsi il peso degli eventuali peccati dei propri genitori”, è stato categorico. “Lo ripeto, non esonererò il mio consigliere per la sicurezza. D’altra parte, è molto strana questa politica che viene condotta tramite fonti non meglio identificate che costantemente, allo stesso giornale, dettano alcune cose”, ha ribadito il Capo dello Stato.
Secondo Josipović, inoltre, “dipende dall’accordo con l’UE” quando entreranno in vigore le modifiche alla Legge sul mandato di cattura europeo. Rispondendo alla domanda se sia sufficiente quanto annunciato dal premier Zoran Milanović (ovvero l’approvazione delle modifiche di legge nelle prossime settimane e la loro entrata in vigore appena nel luglio dell’anno prossimo), il Capo dello Stato, Ivo Josipović, ha ribadito che bisogna accordarsi con Bruxelles e che non è necessario creare grandi problemi. Di pari passo al braccio di ferro con Bruxelles, assistiamo quindi a una continuazione del tiremmolla tra Banski dvori e Pantovčak, ossia tra le massime cariche dello Stato. E dire che non siamo in un regime di coabitazione, in quanto sia il premier sia il presidente provengono dallo stesso partito...

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Leggi anche:

“Liti coniugali” tra Bruxelles e Zagabria
di Drago Hedl - 20 settembre 2013

<< ...  Perković, dopo il crollo della Jugoslavia, aveva organizzato e guidato i servizi segreti del nuovo stato croato e riporta la dichiarazione del giornalista Željko Peratović che ha indagato sul lavoro dei servizi jugoslavi e croati, il quale afferma che Perković conosce molte cose su uomini importanti della Croazia, “quelli che si sono occupati dell’importazione di armi e si sono arricchiti, ed ora sono tycoon oppure hanno ancora una forte influenza politica”... >>






All’attenzione di ANPI e ANVRG: SULLA ONORIFICENZA A TITO

Posted on 1 ottobre 2013 by admin
 

Da: Dieci Febbraio <diecifeb @ diecifebbraio.info>

Oggetto: All’att.ne di ANPI e ANVRG

Data: 25 luglio 2013 09.48.27 GMT+02.00

A: info @ anpi.it, comitatonazionale @ anpi.it, anpisegreteria @ libero.it, ufficiostampa @ anpi.it, camiciarossa @ virgilio.it, annita.garibaldi @ fastwebnet.it

 
 
Spett.li 
Ass. Naz. Partigiani Italiani (ANPI)
Ass. Naz. Veterani e Reduci Garibaldini (ANVRG)

Riportiamo in calce il documento recentemente prodotto dalla ANVGD (Ass. Naz. Venezia Giulia Dalmazia) con il quale si richiede “al Presidente Napolitano, al Presidente del Consiglio Letta e all’Ufficio Cerimoniale del Quirinale” di revocare la onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana a suo tempo (1969) conferita al maresciallo TITO, rectius Josip BROZ, dall’allora presidente Saragat.

L’iniziativa della ANVGD va respinta e denunciata nella maniera più energica per i motivi di merito, di metodo e di opportunità che andiamo sinteticamente ad esporre nel seguito.

Riteniamo che le vostre Associazioni siano le più titolate a rispondere nella necessaria maniera a questa operazione di riscrittura revisionista della Storia, che è motivata da cieco furore ideologico. Nel porre una questione apparentemente solo specifica e simbolica, la ANVGD getta invece generale discredito sul movimento antifascista e partigiano più forte e massiccio che si sia sviluppato in Europa nel corso della II Guerra Mondiale, quello jugoslavo, e colpendone il leader politico e militare infanga l’insieme dei valori e delle speranze che quel movimento ha rappresentato. Nello specifico jugoslavo la ANVGD sceglie di schierarsi dalla parte dei perdenti, dalla parte dei nazionalismi, che allora come oggi hanno minato la convivenza delle genti balcaniche. La ANVGD insulta così non solo i valori di Fratellanza e Unità cui la Resistenza jugoslava si richiamò sempre, sia testualmente che nella realtà dei fatti, ma anche proprio lo spirito unitario, internazionalista e anti-nazionalista che la Resistenza Europea nel suo complesso ha inverato.

Le vostre Associazioni hanno per finalità istituzionale quella di tutelare le memorie ed i valori delle Resistenze europee, di sottolinearne il carattere unitario e di ribadire le ragioni delle parti che, in quel conflitto disumano voluto dal Fascismo e dal Nazismo, si allearono assieme per la vittoria della libertà e della giustizia sociale. In particolare per quanto riguarda l’Italia, è vostro compito istituzionale-statutario quello di tramandare la memoria del sacrificio dei combattenti “garibaldini”, partigiani italiani in Jugoslavia, che dopo l’8 Settembre a decine di migliaia scelsero di stare dalla parte giusta, coordinando le proprie azioni con quelle dell’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia guidato da Tito. In proposito ha scritto opportunamente Sandro Pertini:

« La nascita del nuovo esercito italiano “inteso come esercito democratico antifascista e parte integrante della coalizione antihitleriana nella seconda guerra mondiale” deve essere anticipata, alcuni mesi prima della storica battaglia per la conquista di Monte Lungo a Cassino, al 9 ottobre 1943, quando il Generale Oxilia, Comandante della Divisione di Fanteria da montagna “Venezia”, forte di dodicimila uomini, dette ordini alle sue truppe di attaccare i nazisti, coordinando le azioni militari con l’esercito popolare di liberazione della Jugoslavia.

(…) Emerge l’imponente contributo offerto dagli italiani alla lotta per la liberazione della Jugoslavia: per numero, perchè si è parlato di circa 40mila italiani coinvolti nella lotta partigiana; per mezzi, ricordo l’armamento, l’assistenza tecnica e logistica offerta dalle unità italiane all’esercito di liberazione jugoslavo. Con commozione rilevo sopra a tutto il grande sacrificio di vite umane compiuto dagli italiani: di 24mila soldati italiani che l’8 settembre 1943 costituivano gli effettivi delle divisioni “Venezia” e “Taurinense” furono meno di 3500 i sopravvissuti.

Il contributo italiano, dunque, alla liberazione della Jugoslavia si colloca tra i maggiori che le Nazioni alleate e cobelligeranti fornirono a quelle forze partigiane e ripete un momento particolarmente significativo per l’amicizia e la collaborazione italo-jugoslava(…) L’avventura fascista aveva interrotto la fratellanza tra i due popoli che si era instaurata non soltanto negli anni duri della prima guerra mondiale, ma nel pieno del Risorgimento italiano, quando Giuseppe Mazzini nel 1857 pubblicò le sue “Lettere slave” e previde con estrema lucidità che il moto d’indipendenza degli Slavi del Sud sarebbe stato il più importante, dopo l’italiano, per l’Europa futura. » [Introduzione di Sandro Pertini a “Il contributo italiano alla Resistenza in Jugoslavia”, Atti del convegno di studi tenuto a Lucca il 21 giugno 1980. Istituto Storico Provinciale Lucchese della Resistenza. Lucca: Maria Pacini Fazzi Editore, 1981.]

Il carattere mistificatorio e anti-partigiano della operazione della ANVGD impone probabilmente dei passi formali e simmetrici, inclusa forse la scrittura di una memoria o contro-istanza da presentare agli stessi referenti istituzionali e da pubblicizzare ampiamente. Tale contro-istanza dovrebbe a nostro avviso evidenziare almeno le seguenti MOTIVAZIONI:

DI MERITO

Le gravissime accuse rivolte dal dr. Antonio Ballarin contro la figura di Tito sono tutte grossolanamente false.

Non è mai esistito piano jugoslavo per la “pulizia etnica” degli italiani, ma viceversa il movimento di liberazione jugoslavo, così come la Repubblica federativa che da esso scaturì, ebbero carattere eminentemente multinazionale e internazionalista.

Ad attestare questo è anche la semplice logica dei numeri: nel caso di Gorizia, cosa abbia a che fare l’arresto di 650 persone su circa 40.000 abitanti con una ipotetica “pulizia etnica”, in un contesto in cui tutta l’Europa era falcidiata da massacri di enormi proporzioni, è un mistero. La permanenza in Istria e Dalmazia di decine di migliaia di italiani dopo la seconda guerra mondiale e fino ad oggi, con tutte le loro prerogative culturali ed il pieno godimento dei diritti politici, sta a dimostrare l’insussistenza delle velenose accuse di Ballarin.

Il dr. Ballarin omette ogni riferimento concreto per un presunto ordine di «eliminazione degli elementi legati al fascismo e/o dichiaratisi antititoisti»: in effetti non può indicare alcun documento, perché non esiste nessun ordine del genere. Da quale fonte deriverebbero queste «stime più acceditate» e in base a quali elementi? La stessa categoria dei “titoisti” è dal punto di vista storiografico insussistente fino al 1948, quando con la rottura tra la Jugoslavia ed il Cominform si determinò effettivamente uno schieramento, che nulla però aveva a che fare con le nazionalità, ma divise invece i comunisti tra tendenze opposte.

Il suddetto ipotetico “ordine di eliminazione” non è mai esistito e peraltro non esiste alcun elemento che possa indicare Tito quale ispiratore di simili politiche di sterminio “etnico” o “politico”. La “presunzione di colpevolezza” della ANVGD nei confronti di Tito è una abiezione dal punto di vista storiografico ed è un puro pregiudizio ideologicamente connotato.

D’altronde, il 4 luglio 1941 non venne affatto proclamata una generica mobilitazione, ma il PC jugoslavo chiamò i popoli jugoslavi all’insurrezione, da condurre peraltro per gradi e inizialmente con azioni limitate: fu cioè l’atto con cui si diede inizio alla Resistenza antifascista in tutte quelle terre. Il modo sospettoso ed ingiurioso con cui il dr. Ballarin vi fa riferimento parla da solo in merito alle convinzioni ed alle finalità dell’estensore.

DI METODO 

L’istanza del dr. Ballarin non a caso si sofferma su possibili trucchi legali che consentano il ritiro dell’onorificenza. Trucchi legali, perché una tale eventualità non è contemplata dalla normativa specifica per un soggetto defunto, defunto peraltro dopo anni di governo pacifico caratterizzato da ottimi rapporti nel difficile contesto internazionale, e specialmente ottime relazioni di vicinato con l’Italia. I due paesi rafforzarono ulteriormente la loro amicizia negli anni successivi alla attribuzione dell’onorificenza, risolvendo annose questioni e dilemmi confinari che avevano avuto origine ben prima della II G.M. e si erano protratte ancora negli anni della Guerra Fredda. Con il Trattato di Osimo nel 1975 Italia e Jugoslavia pervenivano ad accordi storici con mutuo vantaggio: l’onorificenza attribuita da Saragat preludeva a quel clima di collaborazione e di fratellanza che ad Osimo avrebbe trovato una sanzione diplomatica. Il ritiro della onorificenza, legalmente insostenibile, sarebbe un atto di grave scorrettezza postuma non motivato da fatti successivi al 1969, ed il tradimento di quei sentimenti e aspirazioni alla pace che al tempo di presidenti come Saragat e Pertini si cercò di realizzare.


(slovenscina / italiano)

Iniziative segnalate

1) Roma-Firenze: "Ivo Andrić – scrittore e/o diplomatico"
2) Trieste-Trst 7/10/2013: INCONTRO SULLA SITUAZIONE DELLA RICERCA NEL CAMPO DEL PATRIMONIO STORICO / SREČANJE NA TEMO STANJA NA PODROČJU RAZISKOVANJA ZGODOVINSKEGA IZROČILA


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Esposizione all’Ambasciata serba a Roma

26. 09. 2013. - L’esposizione del Museo della città di Belgrado “Ivo Andrić – scrittore e/o diplomatico” verrà aperta stasera a Roma alla galleria dell’Ambasciata di Serbia. All’apertura della mostra prenderanno parte l’ambasciatrice Ana Hrustanović, la professoressa dell’Università “La Sapienza” Francesca Bernardini, il professore dell’Università “Roma Tre” Mauro Miccio e l’autrice dell’esposizione Tatjana Korićanac. La prossima tappa dell’esposizione sarà Firenze, in occasione delle Giornate della cultura balcanica nel mese di ottobre. La mostra è stata aperta con l’appoggio del Ministero della cultura e dell’informazione...

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http://ansamed.ansa.it/ansamed/it/notizie/rubriche/cultura/2013/09/27/Italia-Serbia-Ivo-Andric-ponte-Roma-Belgrado_9368373.html

Italia-Serbia: Ivo Andric ponte tra Roma e Belgrado

Ambasciata dedica mostra a scrittore. Dassù, sempre più uniti

(ANSAmed) - ROMA, 27 SET - Ivo Andric, scrittore, diplomatico e intellettuale europeo. Giunge nella sede dell'ambasciata di Serbia a Roma la mostra itinerante dedicata all'intellettuale jugoslavo premio Nobel nel 1961 per Il ponte sulla Drina. Una esposizione documentaria che ripercorre la vita e la carriera dello scrittore "nato in Bosnia, di fede cattolica, serbo per adozione e jugoslavo per appartenenza", come lo stesso Predrag Matvejevic lo definì, che tra il 1922 e il 1923 soggiornò a Trieste, dove lavorava al consolato del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni. Curata da Tanja Koricanac e organizzata dal Museo della città di Belgrado, la mostra storico-documentaria è stata presentata per la prima volta a Gorizia nel 2010. Ad accompagnare il visitatore lungo il percorso, testimonianze inedite di Andric e riflessioni tratte dai suoi taccuini. Un'occasione per ribadire i forti legami che esistono tra Roma e Belgrado, ha ricordato inaugurando ieri sera la mostra l'ambasciatore di Serbia in Italia, Ana Hrustanovic. "Ivo Andric - ha detto - si mosse da Est a Ovest, da Bucarest a Madrid, da Parigi a Ginevra, da Berlino a Roma e questa mostra segue i suoi passi. Non a caso, però, il suo itinerario inizia e finisce proprio qui, in Italia, ponte naturale con l'Unione europea".
Concretamente, "speriamo che entro la fine dell'anno o all'inizio dell'anno prossimo la Serbia possa iniziare formalmente i negoziati con l'Ue". La certezza di potere contare su "di un ponte affidabile come l'Italia", ha proseguito la diplomatica, "rende il tragitto molto più facile e se vogliamo piacevole". Auspicio condiviso anche dal viceministro degli Esteri, Marta Dassù, che si è detta convinta della data di apertura dei negoziati prevista per gennaio. "Siamo sempre più uniti - ha ribadito - non soltanto per i nostri legami passati, ma anche presenti e futuri". Prossima tappa, ha concluso Dassù, il vertice bilaterale di Ancona del 10 ottobre.(ANSAmed).


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Da:  Trieste USB <trieste@ usb.it>

Oggetto:   invito a incontro pubblico sulla situazione della conservazione e della ricerca nel campo del patrimonio storico /vabilo na javno srečanje na temo stanja na področju ohranjanja in raziskovanja zgodovinskega izročila

Data:  18 settembre 2013 10.39.45 GMT+02.00



http://www.diecifebbraio.info/2013/09/trieste-trst-7102013-incontro-sulla-situazione-della-ricerca-nel-campo-del-patrimonio-storico-srecanje-na-temo-stanja-na-podrocju-raziskovanja-zgodovinskega-izrocila/


Trieste-Trst 7/10/2013: INCONTRO SULLA SITUAZIONE DELLA RICERCA NEL CAMPO DEL PATRIMONIO STORICO / SREČANJE NA TEMO STANJA NA PODROČJU RAZISKOVANJA ZGODOVINSKEGA IZROČILA


Trieste/Trst 12.9.2013
 
Spoštovani 
naša sindikalna organizacija - Temeljna sindikalna zveza / Unione Sindacale di Base - prireja v ponedeljek, 7. oktobra 2013, ob 17h, v dvorani A3 (3. nadstropje) Višje šole modernih jezikov za tolmače in prevajalce (bivši Narodni dom), ul. F. Filzi 14, v Trstu, javno srečanje na temo stanja na področju ohranjanja in raziskovanja zgodovinskega izročila, s posebnim ozirom za primer Odseka za zgodovino Narodne in študijske knjižnice (zaprtje prostorov, nedostopnost gradiva, odpust zadnjega zaposlenega, izničenje osebja). Po mnenju našega sindikata je nujno, da se razvije široka in razvejana javna razprava o ohranjanju zgodovinskega spomina in kulturnih dobrin, o zaposlovanju in delu na področju kulture in znanosti ter o zapletenih odnosih med skupnostjo (manjšinsko in širšo), njenimi predstavniškimi organizacijami ter političnimi institucijami tudi v vidivku možnih rešitev sedanje precej kritične situacije. Na srečanju so predvideni kratka posegi odgovornega vsedržavnega vodstva USB za področje raziskovanja in USB Trst o primeru Odseka za zgodovino Narodne in študijske knjižnice ter drugi posegi o pomenu ohranjanja zgodovinskega bogastva slovenske manjšine, o realnosti dela na področju zgodovinskega raziskovanja, o stanju nekaterih pomembnejših zgodovinsko raziskovalnih in arhivskih ustanov in o stvarnoti zasebnih zbirk in muzejev.  Sledila bo debata. Poskrbljeno bo za simultano prevajanje iz slovenščine v italijanščino in obratno. Vljudno vas vabimo, da se udeležite našega srečanja.
Lep pozdrav
za USB – Zaposleni v zasebnem sektorju
Willy Puglia
 
Spettabile
L' Unione Sindacale di Base (USB) di Trieste organizza lunedì 7 ottobre 2013, alle ore  17, a  Trieste in via Filzi 14 (Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori, ex Narodni dom), aula A3 (3° piano) un incontro pubblico sulla situazione della conservazione e della ricerca nel campo del patrimonio storico, con un particolare riguardo alla vicenda della Sezione storia della Biblioteca nazionale slovena e degli studi (chiusura dei locali, inaccessibilità del materiale, licenziamento dell'ultimo dipendente, azzeramento del personale). E' opinione di questo sindacato che si imponga un'ampia ed articolata riflessione pubblica sulle questioni della conservazione della memoria storica, delle istituzioni culturali e scientifiche, del lavoro in campo culturale e scientifico e dei complessi rapporti fra comunità (slovena e non), le sue articolazioni rappresentative e le istituzioni anche al fine di individuare possibili soluzioni alla non rosea situazione attuale. L'incontro prevede l'intervento di un responsabile nazionale USB del settore ricerca, un intervento di USB Trieste sulla situazione della Sezione storia della Biblioteca nazionale slovena e degli studi nonché altri interventi sull'importanza della tutela del patrimonio storico della minoranza slovena, sulla realtà del lavoro nel campo della ricerca storica, sulla situazione di alcuni dei maggiori enti regionali di conservazione e ricerca e sulla realtà di musei e raccolte privati, il tutto seguito da un dibattito. Sarà assicurato il servizio di traduzione simultanea dall'italiano allo sloveno e viceversa. Vogliate accogliere il nostro cordiale invito a partecipare al nostro incontro. 
Cordiali saluti
per USB – Lavoro privato
Willy Puglia



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Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS
https://www.cnj.it/
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(francais / italiano)

Ispettori dei miei stivali

1) L'inganno degli "ispettori internazionali" (G.Zambon)
2) Moscou accuse les inspecteurs de l'ONU de "parti pris" sur l'attaque chimique en Syrie (AFP 18/9/2013)
3) L’attacco chimico a Ghuta: dove sono finiti i bambini?
4) Haisam detto Abu Omar, il "nuovo italiano" che piace tanto a Bersani e al PD


LINK: 

Bachar al-Assad gagne la bataille de la communication

Al-Qaeda en Siria disfrutando de una carpa de USAID!


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L’INGANNO DEGLI „ISPETTORI INTERNAZIONALI“
 
La storia delle cosiddette ispezioni internazionali è molto istruttiva.

Tutti ricordiamo come gli „ispettori internazionali“ durante la guerra decisa dalla NATO con l’obiettivo dello smembramento della Federazione Jugoslava dettero un esempio da manuale di come si possa ingannare l’opinione pubblica.
Non solo si prestarono spudoratamente a omologare come stragi di civili imputate ai serbi diversi fatti d’arme dove i serbi erano innocenti o addirittura vittime (primo bombardamento al mercato di Sarajevo, secondo bombardamento al mercato di Sarajevo, Racak, Srebrenica)  ma si spinsero sino a comunicare alla NATO le coordinate GPS degli obiettivi militari serbi da colpire.

La tattica seguita durante i preparativi della guerra in Iraq fu ancor più raffinata.
Gli agenti dei servizi segreti dei paesi occidentali che operarono in Iraq nelle vesti di ”osservatori internazionali”, dopo aver setacciato il paese in lungo e in largo, non avendo trovato traccia alcuna delle armi di distruzione di massa con le quali “la libera stampa” continuava incessantemente a terrorizzare l’opinione pubblica mondiale, decisero di abbandonare improvvisamente il paese dichiarando davanti alle telecamere di essere costretti a farlo, perché le autorità irachene non collaboravano e anzi ostacolavano i loro movimenti.
Interrogato dieci anni dopo sulle ragioni che lo avevano spinto a mentire in maniera tanto plateale, il signor Butler, capo degli osservatori internazionali, dichiarò candidamente: “non potevo deludere i miei superiori”.
 
E che dire oggi dell’operazione di inganno cui si prestano gli osservatori internazionali in Siria?
Abbiamo atteso, giorno dopo giorno, il loro verdetto.
Eravamo soggettivamente convinti, sulla base di ragionamenti induttivi, che mai e poi mai il governo siriano sarebbe stato tanto sciocco da far coincidere con l’arrivo degli osservatori internazionali l’uso di quelle armi chimiche che, sin dall’inizio del conflitto, esso si era solennemente impegnato a impiegare soltanto contro le truppe straniere se queste avessero tentato di invadere il paese.
Ma la nostra non era –come si suol dire- una “certezza matematica”. Per questo attendevamo con ansia il “verdetto” degli osservatori.
Ma i giorni passavano e gli “osservatori” tacevano. Già questo loro prolungato silenzio era motivo di dubbio e preoccupazione. A quali enormi pressioni politiche venivano essi sottoposti? Nessuno è in grado dirlo.
Ed ecco finalmente con una decina di giorni di ritardo la “notizia bomba”: gli osservatori internazionali dichiarano di aver trovato traccia di sostanze chimiche proibite nei dintorni di Damasco! Che prodezza, che temerarietà!
Gli osservatori internazionali confermano dunque, nientepopodimeno... un fatto di cui siamo a conoscenza e che entrambi i partiti in lotta erano concordi sin dall’inizio di denunciare!
Una simile “incredibile” notizia è stata accompagnata dalla solita stampa di regime con l’ineffabile commento “...agli osservatori internazionali non era stato assegnato il compito di stabilire la responsabilità dell’uso delle armi chimiche”.
 
Kafka era solo un dilettante. Una simile assurdità può solo essere spiegata nel senso che i veri responsabili dell’uso delle armi chimiche non possono e non devono venir denunciati.
 
Saranno governi “democratici” e le agenzie di stampa imboccate dal Mossad, a trarre, dalle scarne dichiarazioni dei miopi osservatori internazionali, le necessarie conseguenze.
Giorno dopo giorno, aumentando il proprio “volume di fuoco” le fonti d’informazione hanno lavorato l’opinione pubblica e i “non addetti ai lavori”, cioè la maggioranza della popolazione è convinta che a usare i gas sia stato Assad.
 
Lontane e indistinte sono le dichiarazioni di Carla Del Ponte, risalenti ad alcuni mesi or sono e subito dimenticate: “tutto fa credere che siano stati i “ribelli” ad usare le armi chimiche”.
Quella stessa Carla Del Ponte che compariva tre volte al di’ sui teleschermi per condannare la brutalità e le colpe dei serbi e  di Milošević dal pulpito di un tribunale NATO con sede all’Aja, viene invece ora sistematicamente oscurata e ignorata dagli zelanti giornalisti dell’impero...
 
Giuseppe Zambon


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Moscou accuse les inspecteurs de l'ONU de "parti pris" sur l'attaque chimique en Syrie

 MOSCOU, 18 sept 2013 (AFP) - La Russie a accusé mercredi de "parti pris" les inspecteurs de l'ONU qui ont enquêté sur une attaque chimique en Syrie, et a affirmé avoir reçu de Damas des éléments appuyant la thèse d'une provocation des rebelles.
 "Nous sommes déçus, c'est le moins qu'on puisse dire, de l'approche qui a été celle du secrétariat de l'ONU et des inspecteurs de l'ONU qui se trouvaient en Syrie, qui ont préparé leur rapport de manière sélective et incomplète, sans prendre en compte des éléments que nous avions à plusieurs reprises signalés", a déclaré le vice-ministre russe des Affaires étrangères Sergueï Riabkov, cité par les agences depuis Damas.
 "Sans avoir un tableau complet de ce qui se passe ici, on ne peut considérer les conclusions auxquelles sont parvenues les inspecteurs de l'ONU que comme des conclusions politisées, de parti pris et unilatérales", a-t-il déclaré.
 Le diplomate russe, arrivé à Damas mardi soir, a souligné que les inspecteurs avaient rédigé leur rapport sur l'attaque du 21 août près de Damas "sans chercher d'éléments sur trois autres cas, ce à quoi les appelait la partie syrienne, et ce à quoi nous les appelions nous-mêmes".
 Il a ajouté que des "éléments" avaient été transmis aux Russes par la Syrie pour appuyer la thèse d'une provocation des rebelles. 
"Les éléments (de preuve) correspondants ont été transmis à la partie russe", a-t-il déclaré.  "Il nous a été dit qu'ils témoignaient du fait que les rebelles sont impliqués dans l'attaque chimique", a ajouté M. Riabkov. 
"La Russie a commencé l'analyse de ces informations complémentaires. Nous ne pouvons pour l'instant faire de conclusions, mais (...) nous sommes enclins à considérer avec le plus grand sérieux les éléments de la partie syrienne sur l'implication des rebelles dans l'attaque du 21 août", a-t-il encore déclaré.
 "Les experts russes se chargent de l'analyse (de ces éléments). Nous considérons que cela va permettre de renforcer les témoignages et les preuves de l'implication des rebelles dans le recours à l'arme chimique", a encore déclaré M. Riabkov.


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L’attacco chimico a Ghuta: dove sono finiti i bambini?

RETE VOLTAIRE | MOSCA (RUSSIA)  | 21 SETTEMBRE 2013

Il rapporto delle Nazioni Unite, pubblicato all’inizio di questa settimana, sul presunto utilizzo di armi chimiche nella zona di Ghuta a Damasco, il 21 agosto 2013, ha chiarito molte questioni ma ha lasciato senza risposta le domande fondamentali: chi ha compiuto l’attacco e chi sono le vittime?
Il gruppo di ispettori delle Nazioni Unite guidato dal prof. Ake Sellstrom, sostiene di aver raccolto “prove convincenti dell’utilizzo di razzi superficie-superficie contenenti gas nervino Sarin...”, razzi del calibro di 140 mm sarebbero stati lanciati da una località non specificata, da qualche parte “nel nord-ovest.” [1] Il rapporto indica che il gruppo di ispettori fosse protetto da forze dell’opposizione nei siti di indagine e che tali aree “…erano state visitate da altri individui, sia prima che durante l’indagine“. Si afferma inoltre che “frammenti e altre possibili prove sono chiaramente state manipolate prima dell’arrivo della squadra investigativa.” Gli esperti si sono inoltre lamentati del “periodo di tempo assai limitato per condurre un’indagine dettagliata”.
Secondo una ricerca di New Oriental Outlook, il calibro dei razzi suggerisce che un lanciarazzi multiplo di fabbricazione sovietica BM-14, da 140 mm, sia stato probabilmente utilizzato per bombardare Ghuta orientale. Questo lanciarazzi, progettato nel 1951, in precedenza faceva parte dell’arsenale dell’esercito siriano, fino a quando non fu sostituito decenni fa dai più recenti lanciarazzi BM-21 (Grad, calibro 122 mm, progettato nel 1963) e Tipo 63 (da 107 mm) di fabbricazione cinese. Tuttavia, solo i vecchi BM-14 sono ampiamente disponibili nella regione e sono stati utilizzati, per esempio, dai ribelli algerini negli anni ’90 e dai taliban nel 2000. Sono molto compatti e potrebbero facilmente esser stati segretamente trasportati in una qualsiasi posizione, quella notte fatale, anche nella zona controllata dalle forze governative. Pertanto la posizione presunta della piattaforma di lancio è insignificante, quando si sarebbe potuto utilizzare un qualsiasi punto della periferia abbandonata di Damasco, che si trovasse entro il suo raggio d’azione.
Un altro dettaglio è stato reso pubblico, l’etichetta trovata su una testata. Mikhail Barabanov, esperto del Centro russo per l’analisi delle strategie e delle tecnologie, ha commentato che questa etichetta corrisponde a quelle dei razzi prodotti nel 1967 a Novosibirsk (Russia). Ci si potrebbe giustamente chiedere perché l’esercito siriano avrebbe lanciato un razzo vecchio di 46 anni, quando ha abbondanti scorte di armi moderne e molto più affidabili. E’ anche interessante notare che la produzione di armi chimiche in Siria ha avuto inizio nel 1990, quando impianti chimici furono costruiti presso Damasco, Homs, Hama e Aleppo. Così, quei razzi, pieni di agenti chimici, devono essere datati alla stessa epoca o successiva. Se la data di produzione di un razzo non corrisponde alla data di produzione del suo agente chimico, è ovvio che la testata sia stata riempita in un laboratorio sotterraneo, o anche in un luogo improvvisato. Ciò è pienamente in linea con la prima prova riguardante l’uso di armi chimiche rudimentali da parte dei ribelli in Siria. Quindi, nonostante le affermazioni affrettate di Washington secondo cui il Rapporto delle Nazioni Unite accusa le forze governative siriane quali unici possibili responsabili dell’attacco chimico a Ghuta orientale, il 21 agosto, i veri dati del rapporto sembrano dimostrare il contrario: l’attacco è stato condotto dai ribelli e dai loro mandanti, in un classica operazione false flag volta ad attirare le forze militari straniere in un intervento in Siria. Elaborando le notevoli osservazioni di George Galloway durante la storica sessione del parlamento inglese sulla Siria, a fine agosto, vorremmo affermare che “lanciare un attacco con armi chimiche a Damasco, il giorno in cui il gruppo di ispettori chimici delle Nazioni Unite arrivava a Damasco, usando un lanciarazzi obsoleto, dovrebbe portare a una nuova definizione della follia.”
E ora, le vittime chi sono? Il rapporto della Squadra di Supporto Internazionale di Musalaha (Riconciliazione), in Siria (ISTEAMS) [2], sostiene che basandosi sulle testimonianze oculari e prove video, le zone colpite fossero state in gran parte abbandonate dai residenti locali, nei giorni precedenti l’attacco. Eppure, il filmato diffuso mostra un gran numero di vittime molto giovani. Il rapporto analizza a fondo quasi tutti i video rilevando che furono postati su YouTube il giorno dell’attacco, rivelando anche una serie di fatti che sfidano la versione nota di questa tragedia. Per esempio, perché ci sono così tanti bambini non identificati tra coloro che furono colpiti, in quei video? Perché non ci sono quasi donne? Perché alcuni dei video mostrano chiari segni di sofisticate sovrapposizioni? Perché, in molti casi, gli stessi individui vengono indicati sia morti che vivi? Dove sono i 1458 cadaveri, oltre agli otto la cui sepoltura è stata documentata? Finora non abbiamo avuto dirette e chiare risposte a queste domande.
Tuttavia, la relazione dell’ISTEAMS fornisce la prova terribile che potrebbe far luce sulla vera storia oscura dietro la spaventosa manipolazione mediatica di Ghuta orientale. Si parla del rapimento di decine di civili alawiti poco prima degli attacchi chimici, a Lataqia, da parte di Jubhat al-Nusra, la più potente organizzazione terroristica che opera in Siria. Il 4 agosto, circa 150 donne e bambini furono rapiti da 11 villaggi nelle montagne di Lataqia. Finora non c’è stata alcuna informazione sulla loro condizione e il loro destino. Di seguito è riportato l’elenco completo dei nomi dei bambini sotto i 15 anni rapiti:
Muhammad Qamal Shihad (9), Rand Qamal Shihad (11), Nasr Qamal Shihad (7), Nagham Jawdat Shihad (13), Nathalie Jawdat Shihad (5), Bashar Jawdat Shihad (2), Hamza Ahmad Shihad (9), Amer Ghassan Yahya (8), Haydar Nazim Shihad (12), Zein Nazim Shihad (3), Mehrez Baraqat Shihad (13), Bachar Imad al-Sheiq Ibrahim (12), Ahmad Imad al-Sheiq Ibrahim (13), Jafar Imad al- Sheiq Ibrahim (14), Jafar Adam Ismail (2), Yazan Haydar Haydar (11), Dua Wail Mariam (neonato), Ala Wail Mariam (neonato), Ahamad Ayman Mariam (neonato), Farah Ayman Mariam (neonato), Marah Ayman Mariam (neonato), Mohammad Ayman Mariam (neonato), Dala Ayman Mariam (neonato), Haydar Fayyad Mariam (neonato), Qodor Mazen Traybush (neonato), Dina Munzer Darwish (neonato), Bana Munzer Darwish (neonato), Sham Munzer Darwish (neonato), Ali Baraqat Darwish (neonato), Abdel Qarim Baraqat Darwish (neonato), Abir Baraqat Darwish (neonato), Taym Hani Shquhi (1), Luqman Bassam Fatim (9), Nibal Bassam Fatim (8), Sylvia Bassam Fatim (6), Ghaydak Wafiq Ibrahim (10), Moqdad Wafiq Ibrahim (14), Alaa Nazim Selim (neonato), Rima Nazim Selim (neonato), Rasha Nazim Selim (neonato), Limar Ramiz Selim (neonato), Salim Ramiz Selim (neonato), Shamas Ramiz Selim (neonato), Sali Ramiz Selim (neonato), Tim Azab Selim (neonato), Batul Samir Selim (14), Luqain Talal Selim (15), Wajad Talal Selim (neonato), Jawa Talal Selim (neonato), Hanin Talal Selim (neonato), Rima Talal Selim (neonato), Hussein Ayman Ibrahim (3), Zahra Ayman Ibrahim (8), Mariam Ayman Ibrahim (5), Batul Ghassan al-Qusayb (15), Wakar Ghassan al-Qussayb (14), Sandas Ghassan al-Qussayb (13), Zeina Adnan Fatima (6), Hussein Adnan Fatima (4).
Nel caso in cui almeno uno di loro sia identificato da parenti sopravvissuti, nel materiale video di Ghuta orientale, ci dovrebbe essere una base legale sufficiente per includere Jabhat al-Nusrah e altri gruppi ribelli in Siria, nelle liste per le sanzioni dell’ONU e per una procedura giudiziaria nazionale ed internazionale.

Fonte 
Oriental Review (Russia)

       

Traduzione di Alessandro Lattanzio (Sito Aurora).


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*** non conosciamo gli autori del blog e giriamo solo per opportuna conoscenza ***

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SE MARTIN LUTHER KING FOSSE ISCRITTO AL PD AVREBBE UN INCUBO.....NON UN SOGNO (MATTEO RENZI)
 
[VAI ALLA URL ORIGINALE PER LE FOTO: http://informare.over-blog.it/m/article-120013911.html
 

Parliamo di Hasam Abu Omar, legato alla famiglia di Nour Dachan presidente emerito dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia, la famigerata UCOII che è dietro alla costruzione di tutte le moschee italiane. La stessa associazione alla quale, solo due giorni fa, Kyenge ha promesso l’8 per 1000.  E Nour Dachan ha interessanti frequentazioni con il Pd, nel quale con altri, sponsorizza lo Ius Soli e la cosiddetta rete G2, quella delle ‘seconde generazioni’ alla Balotelli.E una delle espressioni della rete G2 è un personaggio che della UCOII – della sua organizzazione giovanile – è stato presidente: l’attuale parlamentare democratico Khalid Chaouki. Quello che vuole lo Ius Soli e il cibo halal alla bouvette di Montecitorio. Parte della attuale maggioranza di governo.E’ lo stesso Abu Omar immortalato in compagnia di Bersani ad una manifestazione romana insieme ad altri 10 “attivisti” legati al “Coordinamento dei siriani liberi di Milano”  che avevano attaccato l’ambasciata siriana   

 Haisam detto Abu Omar arrestato e subito dopo rilasciato a Roma il 10 febbraio 2012 dopo che insieme ad Ammar Bacha , legato alla famiglia di Nour Dachan presidente emerito dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia, immortalato in compagnia di Bersani ad una manifestazione romana e altri 10 “attivisti” legati al “Coordinamento dei siriani liberi di Milano” avevano attaccato l’ambasciata siriana nella capitale come si puo vedere in questo video; qui il terrorista rilascia dichiarazioni dopo la sua scarcerazione; qui l’attacco all’ambasciata ripreso dagli stessi e caricato sui canali degli oppositori siriani in Italia.Dopo quei fatti, i militanti “pro democrazia” furono identificati, interrogati e infine ascoltati dal giudice monocratico Marina Finiti che li ha rinviati a giudizio per direttissima il 15 marzo 2012 imponendo loro l’obbligo di firma, essendo infatti indagati per danneggiamento aggravato, violazione di domicilio e violenza privata aggravata. Quest’ultima imputazione si riferiva all’aggressione dei due vigilanti in servizio all’interno dell’ambasciata.Intanto a Roma il ginecologo Feisal al Mohammed dissidente siriano capitolino a capo dell’Unione dei coordinamenti per il sostegno della rivoluzione in Siria, dopo essere stato avvertito da una telefonata alle sei del mattino dei “fratelli milanesi”, si occupo’ anche della loro difesa, rintracciando gli avvocati Simonetta Crisi e Amedeo Boscaino. Qui in seguito i commenti della giornalista anconetana e figlia del presidente emerito dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia: “Il prossimo 15 marzo a Roma verrà giudicato il gruppo di attivisti per i diritti umani in Siria che il 10 febbraio scorso ha assalito l’ambasciata di Damasco nella capitale italiana. Il gesto, dall’alto valore simbolico, è stato fatto in nome del diritto alla vita del popolo siriano ed è stato dedicato alle donne, ai bambini, ai giovani, all’intero popolo, che sta pagando con la vita la scelta della libertà e della democrazia. L’ambasciata siriana rappresenta il governo siriano, quindi coloro che stanno massacrando il nostro popolo e, di conseguenza, non rappresenta chi crede nel diritto alla sacralità della vita umana. La bandiera dell’indipendenza, invece, ci rappresenta, mi rappresenta, rappresenta il futuro di pace e libertà della Siria. Asmae Dachan”.Dopo il 15 marzo non si hanno notizie certe sull’esito della sentenza delle autorità italiane ma poco dopo come si puo’ notare in questo video alcuni dei 12 attivisti si recarono in Siria per imbracciare le armi al fianco dei terroristi che la insanguinano con i loro massacrando la popolazione civile.Nel video ottenuto dal “The New York Time” girato vicino Idlib in Siria nell’aprire 2013  dove si vedono sette uomini a torso nudo, inginocchiati e con la faccia rivolta verso il suolo. Sono ufficiali dell'Esercito siriano, dietro di loro, altri nove uomini tra i quali si può notare sulla sinistra Haisam “Abu Omar”. Inizia così il video che un ex ribelle siriano ha fatto recapitare al New York Timesalcuni giorni fa. Le immagini mostrano in diretta l’esecuzione di sette soldati dell’esercito di Assad. Nelle immagini si vede il leader di questo commando, il trentasettenne Abdul Samad Issa, ordinare ai suoi compagni l’uccisione dei sette ufficiali.Ci chiediamo come sia stato possibile che le nostre autorità  abbiano permesso la fuga di questo terrorista dal  territorio nazionale permettendogli di continuare a commettere crimini. Ci chiediamo inoltre se la nostra magistratura sta indagando su questo assassino e infine ci chiediamo se Bersani, la Kyenge e tutto il PD non si vergognano. Almeno un pò.  Almeno si rendono conto di avere a che fare con degli assassini ? Sono questi i nuovi italiani di cui farnetica la ministra Kyenge?

 

Continua su:  Ed ecco le foto di Hasam Abu Omar e Bersani insieme...

http://informare.over-blog.it/article-ed-ecco-le-foto-di-hasam-abu-omar-e-bersani-insieme-120014522.html

THU 12 SEP 2013


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Thursday 12 september 2013

SE MARTIN LUTHER KING FOSSE ISCRITTO AL PD AVREBBE UN INCUBO.....NON UN SOGNO

(MATTEO RENZI)



Nel caso i nostri "amici" del PD intendessero negare quanto contenuto nell' articolo: 

Spara alla nuca dei prigionieri: il nuovo italiano che piace tantoa Bersani e al PD

http://informare.over-blog.it/article-spara-alla-nuca-dei-prigionieri-il-nuovo-italiano-che-piace-tanto-a-bersani-e-al-pd-120013911.html

 

  

ECCO DELLE BELLE FOTO DI HASAM E BERSANI INSIEME
HASAM E' QUELLO CON GIACCA SCURA E T-SHIRT BIANCA

GIACOMO FILIBECK SCRIVE IN UN COMUNICATO STAMPA A SUA FIRMA: 
"Si sostiene nell'articolo che sul palco con Bersani ci fosse tal Hasan Abu Omar, personaggio che si sarebbe distinto per efferati omicidi nel conflitto che sconvolge da più di due anni la Siria. 
Il problema è che la persona indicata, “quello con la giacca scura e la t-shirt bianca”, sarei io, al tempo responsabile per il Medio Oriente del partito. 


GLI ABBIAMO RISPOSTO QUI:  

Caso Hasam "Abu Omar": il Pd non ci sta e si spiega...ci spieghiamo pure noi

http://informare.over-blog.it/article-articolo-senza-titolo-120041197.html