Informazione
11 SETTEMBRE 1973: LA TRAGEDIA CILENA
Si yo a Cuba le cantara,
le cantara una canción,
tendría que ser un son,
un son revolucionario,
pie con pie, mano con mano,
corazón a corazón.
Como yo no toco el son
pero toco la guitarra,
que está justo en la batalla
de nuestra revolución,
será lo mismo que el son
qui hizo bailar a los gringos,
pero no somos guajiros,
nuestra sierra es la elección.
Victor JARA
L’11 settembre di 40 anni fa un complotto imperialista interrompeva nel sangue un sogno, il sogno cileno di una rivoluzione “democratica”, cioè della conquista del potere da parte delle sinistre tramite elezioni regolari. Questa sconfitta, oltre a provocare la morte di migliaia di cileni compreso il presidente Salvador Allende, ed a precipitare il Cile per quasi un ventennio in un incubo di violenze e di miseria, ebbe una forte ripercussione anche nei militanti di sinistra dei paesi europei, che avevano creduto nella rivoluzione legalitaria proposta da Allende e si sentirono essi stessi sconfitti nella lotta che avevano portato avanti, cioè la speranza di una vittoria elettorale che portasse al potere un governo di sinistra. Fu forse anche in seguito a quella tragedia che molti smisero di credere nella possibilità di un cambiamento radicale in seno alla democrazia istituzionale e forse fu anche questo uno dei motivi della recessione della sinistra dalla fine degli anni ‘70 in poi, recessione dalla quale non siamo ancora usciti.
Oggi intendiamo ricordare la figura di Salvador Allende e con lui ricordare anche tutti i suoi compagni di lotta, che pagarono con la vita, la carcerazione, le torture e l’esilio la loro fede nella possibilità di un cambiamento radicale ma pacifico.
Lo spirito con il quale l’Unidad Popular (la coalizione politica che faceva capo al candidato Presidente Salvador Allende), si presentava alle elezioni emerge chiaramente da alcuni versi della canzone scritta dal poeta e musicista Victor Jara che vi abbiamo proposto all’inizio; la canzone è dedicata a Cuba ed è un elogio della rivoluzione cubana, ma Jara fa un distinguo rispetto al modo di fare una rivoluzione: “pero no somos guajiros, nuestra Sierra es la eleccion”, canta, cioè: noi non siamo guerriglieri, non faremo la guerra di guerriglia, noi ci presenteremo alle elezioni e le vinceremo regolarmente.
Victor Jara, che non voleva essere un guerrigliero ma partecipare alle elezioni, fu bestialmente torturato e poi ucciso nei primi giorni del golpe dai criminali che non avevano accettato che il popolo vincesse le elezioni e pretendesse di governare il Paese.
Che il governo di Unidad Popular non dovesse durare lo avevano già deciso, ancora prima che la vittoria di Allende fosse compiuta, le alte sfere della CIA e le multinazionali che avevano i propri interessi nell’economia cilena. Infatti milioni di dollari furono versati dalla Cia e dalla Casa Bianca all’editore del quotidiano “el Mercurio” fin dal 1970 affinché il giornale attaccasse ogni giorno il governo di Allende.
Subito dopo le elezioni un infame crimine, l’assassinio del generale René Schneider fedele al governo eletto, iniziò la strategia della tensione in Cile.
E dato che la vittoria di Allende fu di misura, i problemi per la gestione della cosa pubblica si presentarono da subito, dato che il partito democristiano (di centro) si barcamenò tra i due schieramenti (sinistra e destra all’opposizione) ed alla fine, quando le cose iniziarono a mettersi male per il governo, gli tolse il sostegno politico e lo abbandonò al suo destino.
In questa sede non c’è lo spazio per riportare la documentazione relativa alle responsabilità statunitensi nel golpe in Cile ma vi invito a leggere il testo di Patricia Verdugo, “Salvador Allende. Anatomia di un complotto organizzato dalla CIA” ed. Baldini Castaldi Dalai, che spiega diffusamente come fu organizzato a tavolino il golpe che causò la morte di migliaia di cileni.
C’è un altro testo, che però è oggi più o meno introvabile: “L’imperialismo contro il Cile. Documenti segreti dell’ITT” sapere edizioni 1973, che riporta i documenti della multinazionale delle telecomunicazioni relativi al loro coinvolgimento nel golpe. Infatti lo stesso Allende aveva così denunciato in un intervento alle Nazioni Unite:
“L’ITT, una gigantesca multinazionale, ha iniziato,nello stesso momento in cui si conobbe la vittoria popolare, una minacciosa azione, in collusione con forze fasciste interne, per impedire che io mi insediassi alla presidenza. Signori delegati, io accuso, davanti alla coscienza del mondo, l’ITT di voler provocare nella mia patria una guerra civile!”
Inoltre è fondamentale la lettura di “Dal Cile” di Saverio Tutino (Mazzotta) che ricostruisce l’ultimo periodo del governo di Allende, quando la destra aveva scatenato tutta la propria forza di destabilizzazione, con le manifestazioni della buona borghesia che scendeva in piazza sbattendo casseruole per dimostrare che erano vuote e non c’era da mangiare; quando gli scioperi dei camionisti che bloccavano i rifornimenti alle città erano organizzati e foraggiati dagli stessi che spingevano in strada le casalinghe dei quartieri alti (che al mercato nero trovavano tutto quello che volevano, mentre era nei quartieri poveri che mancavano i mezzi di sussistenza, nonostante quanto facessero le associazioni di autogestione popolare). In quell’ultimo anno Allende si trovò anche a dover tenere a freno le associazioni di estrema sinistra che avrebbero voluto scegliere una via armata di resistenza e difesa del governo, cosa che il Presidente rifiutava sia per il suo attaccamento alla democrazia, sia perché comprendeva che sarebbe stato un suicidio; e d’altra parte è anche necessario fare piazza pulita delle accuse fatte “da sinistra” ad Allende di avere tradito i compagni più “estremisti” perché addirittura accoglieva in casa propria i militanti del MIR ricercati dalla polizia per evitare loro l’arresto.
Nonostante tutti i tentativi di destabilizzare la società cilena per ribaltare il governo di Allende, alle elezioni del marzo 1973 l’Unidad Popular ottenne ancora la maggioranza (nelle manifestazioni popolari a sostegno di Allende molti lavoratori marciavano con i cartelli “es un gobierno de mierda pero es mi gobierno”, a dimostrazione del fatto che l’alternativa avrebbe significato perdere tutto quello che si era riusciti a conquistare in quei tre anni) e fu questo sostegno popolare che costrinse l’imperialismo a cercare la via del golpe.
La mattina dell’11 settembre i vertici dell’esercito, che solo pochi giorni prima avevano assicurato la propria fedeltà di militare al governo legittimo, iniziarono la sollevazione a Valparaiso. E l’addetto navale degli USA in Cile, Patrick Ryan, informò il Pentagono la mattina dell’11 settembre 1973 con queste parole:
“Il nostro D-day è stato pressoché perfetto”.
Il resto è storia più o meno nota, e non approfondiremo in questa sede né la gestione del potere da parte di Pinochet, né le ripercussioni internazionali del Plan condor, la rete terroristica di cui fecero parte anche neofascisti italiani, che assassinò esuli latino americani in fuga dalle varie dittature in diversi Paesi esteri; né parleremo delle calunnie che ancora oggi vengono diffuse per infangare la figura di Allende.
Oggi ci piace ricordare il governo di Unidad Popular per una piccola, grandissima riforma: garantire un mezzo litro di latte quotidiano ad ogni bambino cileno, per dare anche i piccoli dei barrios di periferia la possibilità di nutrirsi meglio e di crescere al pari dei loro coetanei dei quartieri alti. Questo mezzo litro di latte è diventato un simbolo, il simbolo di un governo che vuole il bene del proprio popolo e che per garantirgli questo mezzo litro di latte quotidiano, così come tutte le altre riforme più “grandi” necessitava di enormi risorse, che poteva trovare solo nazionalizzando le ricchezze cilene. Perché solo se la ricchezza del Cile rimaneva al Cile (e per fare questo bisognava impedire alle multinazionali di depredarle), il Paese avrebbe potuto garantire il benessere a tutto il suo popolo e non solo alla minoranza di ricchi che vedeva i propri privilegi intaccati dalle scelte di Unidad Popular.
Così spiegava Allende in un’intervista rilasciata a Roberto Rossellini nella primavera del 1972:
“Noi definiamo l’imperialismo come l’estrema fase del capitalismo. È il capitale finanziario dei paesi industrializzati che cerca terreni di investimento nei paesi dove si possono ricavare maggiori profitti , ossia larghi margini di utile (…) i paesi in via di sviluppo sono paesi che vendono materie prime. Vendiamo a poco prezzo e compriamo a caro prezzo. Il processo di inflazione fa sì che noi siamo costretti a fornire sempre più materie prime per importare lo stesso quantitativo di prodotti finiti.
Nell’ultimo decennio è stato più quello che è uscito da questi paesi dell’America latina di quello che è entrato. E tutto questo è avvenuto per pagare crediti, profitti, ammortamenti, oltre ai contributi che vengono dati dall’America latina per prestiti agli organismi semi-statali o statali e per investimenti delle economie private. Questo dramma è quello che fa sì che l’America latina sia andata impoverendosi sempre più mentre si consolidava il capitale straniero particolarmente il capitale internazionale.
Questo l’intervento di Allende alle Nazioni Unite nel 1972:
“Ci troviamo davanti a un vero scontro frontale tra le grandi corporazioni internazionali e gli Stati.
Questi subiscono interferenze nelle decisioni fondamentali, politiche, economiche e militari da parte di organizzazioni mondiali che non dipendono da nessuno Stato.
Per le loro attività non rispondono a nessun governo e non sono sottoposte al controllo di nessun Parlamento e di nessuna istituzione che rappresenti l'interesse collettivo.
In poche parole la struttura politica del mondo sta per essere sconvolta.
Le grandi imprese multinazionali non solo attentano agli interessi dei Paesi in via di sviluppo, ma la loro azione incontrollata e dominatrice agisce anche nei paesi industrializzati in cui hanno sede.
La fiducia in noi stessi che incrementa la nostra fede nei grandi valori dell'umanità, ci da la certezza che questi valori dovranno prevalere e non potranno essere distrutti.”
Questo discorso, che durò soltanto due minuti, fu seguito da un applauso di un minuto: lo trovate su http://www.youtube.com/watch?v=1OyI326QdvA con i sottotitoli in italiano.
Dunque il golpe delle multinazionali e della CIA fu anche, simbolicamente, rivolto contro quel mezzo litro di latte quotidiano, perché non si poteva permettere di intaccare i privilegi dei pochi ricchi per dare la possibilità alla maggioranza povera di migliorare la propria condizione di vita. Ma questo discorso era stato ben capito dai lavoratori e dai proletari cileni, ed era questo il motivo del sostegno che Allende ebbe dal suo popolo, al quale rimase fortemente legato fino alla fine, come dimostrano le ultime parole che riuscì a far uscire dal palazzo della Moneda, dove aveva deciso di rimanere invece di tentare la fuga e dove rimase vittima dei golpisti. Che si sia suicidato o sia morto per mano degli insorti non ha importanza: la morte di Allende è comunque un crimine dell’imperialismo.
Quando seppe dell’inizio del golpe Allende inviò alle 7.55 un primo messaggio radio in cui chiedeva al popolo di restare unito, mantenere la calma evitando provocazioni e manifestava la propria fiducia nella fedeltà dell’esercito al governo legale; nei messaggi successivi appare come Allende si sia via via reso conto che la situazione stava precipitando e l’ultimo messaggio delle 9.30 ci mostra un uomo che pur sentendosi sconfitto e prossimo alla fine non viene meno alla propria coerenza ed integrità. Eccolo.
“Sicuramente questa sarà l’ultima opportunità in cui posso rivolgermi a voi.
La Forza Aerea ha bombardato le antenne di Radio Magallanes. Le mie parole non contengono amarezza bensì disinganno. Che siano esse un castigo morale per coloro che hanno tradito il giuramento: soldati del Cile, comandanti in capo titolari, l’ammiraglio Merino, che si è autodesignato comandante dell’Armata, oltre al signor Mendoza, vile generale che solo ieri manifestava fedeltà e lealtà al Governo, e che si è anche autonominato Direttore Generale dei carabinieri.
Di fronte a questi fatti non mi resta che dire ai lavoratori: Non rinuncerò!
Trovandomi in questa tappa della storia, pagherò con la vita la lealtà al popolo. E vi dico con certezza che il seme affidato alla coscienza degna di migliaia di Cileni, non potrà essere estirpato completamente.
Hanno la forza, potranno sottometterci, ma i processi sociali non si fermano né con il crimine né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli. Lavoratori della mia Patria: voglio ringraziarvi per la lealtà che avete sempre avuto, per la fiducia che avete sempre riservato ad un uomo che fu solo interprete di un grande desiderio di giustizia, che giurò di rispettare la Costituzione e la Legge, e cosi fece.
In questo momento conclusivo, l’ultimo in cui posso rivolgermi a voi, voglio che traiate insegnamento dalla lezione: il capitale straniero, l’imperialismo, uniti alla reazione, crearono il clima affinché le Forze Armate rompessero la tradizione, quella che gli insegnò il generale Schneider e riaffermò il comandante Ayala, vittime dello stesso settore sociale che oggi starà aspettando, con aiuto straniero, di riconquistare il potere per continuare a difendere i loro profitti e i loro privilegi. (…) Dinanzi a tali fatti non posso dire che una sola parola ai lavoratori: (a questo punto la registrazione è confusa, si odono sempre più forti scoppi di bombe).
Sicuramente Radio Magallanes sarà zittita e il metallo tranquillo della mia voce non vi giungerà più. Non importa. Continuerete a sentirla. Starò sempre insieme a voi. Perlomeno il mio ricordo sarà quello di un uomo degno che fu leale con la Patria.
Il popolo deve difendersi ma non sacrificarsi.
Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore.
Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!
Queste sono le mie ultime parole (si odono scoppi vicinissimi) e sono certo che il mio sacrificio non sarà invano, sono certo che, almeno, sarà una lezione morale che castigherà la fellonia, la codardia e il tradimento”.
I SATRAPI.
Nixon, Frei e Pinochet
fino ad oggi, fino a questo amaro
mese di settembre,
dell’anno 1973,
con Bordaberry, Garrastazu e Banzer
iene voraci
della nostra storia, roditori
delle bandiere conquistate
con tanto sangue e tanto fuoco,
impantanati nei loro orticelli,
predatori infernali
satrapi mille volte venduti
e traditori eccitati
dai lupi di New York,
macchine affamate di sofferenze,
macchiate dal sacrificio
dei loro popoli martirizzati,
mercanti prostitute
del pane e dell’aria d’America,
fogne, boia, branco
di cacicchi di lupanare
senza altra legge che la tortura
e la fame frustrata del popolo.
Pablo NERUDA
Claudia Cernigoi
===
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS
https://www.cnj.it/
http://www.facebook.com/cnj.onlus/
=== * ===
Invita i tuoi amici e Tiscali ti premia! Il consiglio di un amico vale più di uno spot in TV. Per ogni nuovo abbonato 30 € di premio per te e per lui! Un amico al mese e parli e navighi sempre gratis: http://freelosophy.tiscali.it/
11/09, chi ha inventato le false telefonate dagli aerei?
Come promesso ai lettori di questo blog, continuo a informarli sulla prosecuzione dei lavori del ‘9/11 Consensus Panel‘, del quale faccio parte (colgo l’occasione per informare anche che due nuovi membri si sono aggiunti al panel e si tratta di Jonathan Cole, ingegnere civile, e di Daniele Ganser, storico, direttore del SIPER (Swiss Institute for Peace and Energy Research), docente dell’Università di San Gallo e dell’Università di Basilea) .
Questa volta il panel ha preso in esame la davvero straordinaria e singolare faccenda delle telefonate da tre dei quattro aerei che furono dirottati quella tragica mattina. L’accuratissima analisi dell’intera storia delle telefonate ha permesso al Panel di individuare ben 32 contraddizioni, alcune delle quali insormontabili, tra le versioni fornite dalle autorità (che infatti si sono ripetutamente contraddette) e le evidenze documentali raccolte.
Va ricordato qui che, per ben tre anni, dal 2001 al luglio del 2004, la storia delle telefonate cellulari in partenza dagli aerei dominò i racconti dei media americani e mondiali. Vennero pubblicati racconti e libri, migliaia di articoli. Quelle telefonate furono ritenute un fatto della realtà e date per scontate. Ci fu perfino un film, quello sul volo UA 93, interamente basato su alcune di quelle telefonate. Va detto subito che sia l’FBI che il famoso o famigerato ‘9/11 Commission Report‘ del 2004 accettarono ufficialmente che da tre dei quattro aerei partirono telefonate dai cellulari. Poiché la credibilità del ‘9/11 Commission Report‘ dipende pesantemente da questa narrazione, è evidente che una zero credibilità delle telefonate è uguale alla zero credibilità del rapporto. Ed è esattamente questo che il Panel ha potuto acclarare.
Non c’è spazio qui per passare in rassegna tutte le meticolose ricostruzioni delle telefonate (Todd Beamer dal UA93; Barbara Olson dal AA77; Peter Hanson dal UA 175; Jeremy Glick dal UA93; Mark Bingham dal UA93, Renee May, hostess, dal AA77; Brian Sweeney dal UA175; Thomas E.Burnett, 4 telefonate, UA93; Sandra Bradshaw, hostess, dal UA93; Elizabeth Wainio dal UA93; Mario Britton dal UA93, in tutto 35 telefonate). Qui voglio solo soffermarmi su due personaggi-protagonisti di queste “telefonate”. Chi vorrà andare a verificare la fondatezza delle nostre conclusioni può consultare suhttp://www.consensus911.org.
Il primo fu Todd Beamer che, nella vulgata dei media, fu colui che pronunciò la famosa frase : “let’s roll”, il grido di battaglia che avrebbe innescato la rivolta dei passeggeri del volo UA93. Secondo la telefonista che raccolse la telefonata, Lisa Jefferson, Beamer le sembrò stranamente tranquillo, date le circostanze. Al punto che la Jefferson riferisce all’FBI di avere avuto il sospetto che si trattasse di una finta telefonata (crank call), dato il carattere “metodico e razionale” dell’interlocutore che “stava per morire”. La telefonata durò ben 13 minuti. Fatto singolare, perché in quelle condizioni, con un numero enorme di chiamate, i centralini sovraccarichi, molte linee saltavano. Ma, ancora più singolare – sempre dal racconto della Jefferson, intervistata dall’FBI – la linea telefonica rimase in funzione per 15 minuti dopo che l’aereo era precipitato. Ma sarebbe da aggiungere il non trascurabile dettaglio che Beamer parlò per 13 minuti con ben due diverse operatrici del centralino e, quando la Jefferson gli propose di collegarlo con la moglie Lisa, in attesa di partorire il terzo figlio in gennaio, rispose: “No, no, non voglio turbarla senza motivo”. Beamer aggiunse: “Voglio solo parlare con qualcuno per fare in modo che si sappia cosa sta accadendo”. Come non avesse parenti o amici con cui parlare.
L’altra telefonista, Phyllis Johnson, non risulta che sia stata intervistata dall’FBI e, alla fine dei conti, non esiste nessun modo di confermare senza equivoci che la persona che parlò con entrambe fosse effettivamente Todd Beamer. La chiamata non fu registrata né dalle due operatrici, né dall’AOSC (Airfone Operations Surveillance Center). Che dire? Ce n’è quanto basta per un centinaio d’interrogativi. Ma ne aggiungiamo ancora uno, che a me pare perfino più decisivo dei precedenti. Il 29 settembre 2001 l’FBI ricevette una dettagliata registrazione dell’ufficio della Verizon (l’operatore telefonico del cellulare di Todd Beamer) , dalla quale risultò che quel cellulare fece 18 telefonate dopo (sottolineo: dopo) che l’aereo UA93 era caduto, cioè dopo le 10:03 di quella mattina. Come concludere? Resta solo l’ipotesi che il cellulare non fosse a bordo dell’UA93 insieme a Todd Beamer, oppure che l’aereo che precipitò in un campo della Pennsylvania non fosse il volo UA93.
Di fronte a questa serie di problemi irrisolvibili, l’FBI tira fuori (sotto giuramento questa volta) un’altra versione. Lo fa durante il processo a Zakharias Moussaoui, nel 2006, affermando che tutte le telefonate, tranne due, non erano state fatte da cellulari. Le due chiamate sarebbero state fatte simultaneamente dal volo UA93 alle ore 9:58, da due assistenti di volo, E.Felt e Cee Cee Lyle. Entrambe risulterebbero fatte da una delle toilettes di bordo, quando l’aereo si trovava a 5000 piedi di quota (circa 1500 metri), cioè a un’altezza compatibile con le possibilità tecniche di trasmissione esistenti nel 2001.
Ma c’è un altro problema: nemmeno queste due telefonate furono fatte da cellulari. Nonostante un accurato studio di tutti i cellulari dei passeggeri e dell’equipaggio di quel volo, non si è trovata nei tabulati corrispondenti alcuna chiamata alle ore 9:58, né alcuna certificazione della durata delle chiamate, né traccia, di conseguenza dei numeri telefonici cui sarebbero state indirizzate. Conclusione: tutte le storie riferite a telefonate da cellulari a bordo degli aerei sono false, poiché quelle telefonate non sono mai esistite.
E veniamo ora alle telefonate più clamorose (nel senso che fecero clamore in tutto il mondo, producendo enorme emozione): quelle di Barbara Olson, notissima commentatrice televisiva, da bordo del volo AA77. Secondo la testimonianza del marito, Theodore Olson (non si trascuri che egli era il Procuratore Generale degli Stati Uniti), Barbara lo chiamò due volte, circa mezz’ora prima che l’aereo si schiantasse sul Pentagono. Fu la CNN a dare per prima questa notizia. Ted Olson fu chiaro: la moglie lo chiamava da un cellulare..
Da notare che le telefonate della Olson sono le uniche fonti che parlano dell’armamento di cui disponevano i terroristi (tagliacarte) e dunque le rivelazioni di Ted Olson sono cruciali per la ricostruzione della vicenda. Tant’è vero che esse sono state un pilastro per l’intero resoconto ufficiale. Ted Olson cambiò versione, in seguito, ripetutamente. Ma resta agli atti che egli disse all’FBI che la prima chiamata durò “circa un minuto”. Al Larry King Show disse poi che la seconda chiamata durò “due, o tre, o quattro minuti”.
Ci sono però almeno quattro gravi problemi che minacciano alla radice la storia raccontata da Ted Olson. Il primo viene dall’FBI che, nel 2004, inequivocabilmente dichiara: “Tutte le telefonate dal volo AA77 furono effettuate tramite il sistema telefonico di bordo”. Bugiardo Olson?
Purtroppo anche l’FBI risulta bugiarda. Nel 2006 un funzionario della American Airlines dichiara (processo a Mousaoui) che “Nessun Boeing 757 aveva telefoni dietro i sedili prima del settembre 2001. I passeggeri del volo AA77 usarono i loro cellulari”. C’è un’altra conferma di questa affermazione, ed è nel manuale di servizio del Boeing 757, datato 28 gennaio 2001: “Il sistema telefonico per passeggeri è stato disattivato in base all’ordinanza Eco F0878”. Ci furono altre conferme dell’inesistenza di telefoni di bordo per passeggeri (vedi il sito http://Consensus911.org
Here is a recent article by Michael Parenti regarding the real story around Martin Luther King Jr.
Article is attached and also presented directly below.
Feel free to post and circulate.
I Have a Dream, a Blurred Vision
by Michael Parenti
The 50th anniversary of the March on Washington---in which Rev. Martin Luther King Jr. made his famed "I Have a Dream" speech---has recently won renewed attention from various print and electronic media in the United States. But the more attention given to King's extraordinary speech, the less we seem to know about King himself, the less aware we are about the serious challenges he was presenting, challenges that remain urgent and ignored to this very day.
The March on Washington took place on 28 August 1963. Despite repeated fear mongering by certain commentators and public officials who predicted there would be violence in the streets---over 250,000 people descended upon Washington D.C. in a massive show of unity and peaceful determination.
I was there. About two-thirds of the demonstrators were African-American, and about one-third were white. After all these years I still recall how gripped I was by the vast sweep of the crowd moving like democracy's infantry across the nation's capital, determined to awaken "our leaders" in Congress and the White House.
.
The high moment of the day was Martin Luther King's "I Have a Dream" speech. It was a call to freedom and enfranchisement for a people who had endured centuries of slavery followed by segregation and lynch-mob rule. In his speech King reminded us that "the Negro is still languishing in the corners of American society and finds himself an exile in his own land."
He went on: "The marvelous new militancy which has engulfed the Negro community must not lead us to distrust all white people, for many of our white brothers, as evidenced by their presence here today, have come to realize that their destiny is tied up with our destiny and their freedom is inextricably bound to our freedom."
King continued to stoke the new militancy: "We can never be satisfied as long as a Negro in Mississippi cannot vote and a Negro in New York believes he has nothing for which to vote. . . . Now is the time to rise from the dark and desolate valley of segregation to the sunlit path of racial justice."
Then came his smashing conclusion: "When we allow freedom to ring from every village and every hamlet, from every state and every city, we will be able to speed up that day when all of God's children," all colors and creeds "will be able to join hands and sing in the words of the old Negro spiritual, 'Free at last! free at last! thank God Almighty, we are free at last!'"
At this, the crowd exploded with thunderous applause and wild cheers. Many of us were left overwhelmed and misty eyed. For all its clichés and overdone metaphors, King's "I Have a Dream" speech remains a truly great oration.
So impressive is the speech, however, that commentators and pundits to this day have found it easy to focus safely upon it to the neglect of other vital social issues that engaged King.
The opinion-makers prefer to treat Martin Luther King as an inspirational icon rather than a radical leader. He has been domesticated and sanitized. Today the real King probably would not be invited to the White House because he is too far left, too much the agitator.
In 1967, he was becoming an increasingly serious problem for the defenders of privilege and profit. King came out against the Vietnam War that year, a fact that is seldom mentioned today. His stance discomforted many liberals (black and white) who felt they should concentrate on civil rights and not alienate potential supporters with anti-war issues. But for King, the U.S. government had become "the greatest purveyor of violence in the world," spending far more on death and destruction than on vital social programs.
He differed with those who believed we could resist violence and cruelty at home while resorting to violence and cruelty abroad. He condemned "those who make peaceful revolution impossible," those who "refuse to give up the privileges and pleasures that come from the immense profits from overseas investments . . . the individual capitalists who extract wealth" at the expense of other peoples and places.
By 1967 King was treading on dangerous ground. He was connecting the issues. He condemned "the triple evils of racism, economic exploitation, and militarism." The same interests that brought us slums also brought us wars, he argued, and they were getting richer for the doing.
By 1968, the year he was assassinated, King was also waging war against poverty. Civil rights, he dared to say, were linked to economic rights. He was planning a national occupation of Washington D.C., called the Poor People's Campaign. Again he was treading on dangerous ground bringing together working-class people of various ethnic groups.
These class demands go unmentioned in the usual MLK commemorations. The "I Have a Dream" oration now overshadows the other less known messages that King was putting forth not long before he was killed, including the search for economic justice for all working people. The great "dream speech" of 1963 serves less as an inspiration and more as a cloak covering his latter-day radical views regarding class struggle and anti-imperialism.
In 1968, at the age of 39, Martin Luther King was killed by a sniper's bullet while standing on the balcony of his motel room in Memphis, Tennessee. He was in Memphis to lend support to a sanitation workers strike, the very kind of thing his opponents were finding increasingly intolerable.
A penniless fugitive from the Missouri State Penitentiary, James Earl Ray, while being sought by the police, supposedly took it upon himself singlehandedly to make his way to Memphis where he somehow located King's motel balcony and shot him from a room across the courtyard. Then entirely on his own, supposedly with no visible financial support, the fugitive convict and newly established assassin made his way to England. Arrested in London at Heathrow Airport with substantial sums of cash in his pocket, Ray was extradited to the United States and charged with the crime. He was strongly advised by his lawyer to enter a guilty plea (to avoid the death penalty) and was sentenced to 99 years. Three days later he recanted his confession. Over the ensuing decades he made repeatedly unsuccessful efforts to withdraw his guilty plea and be tried by a jury. Ray died in prison in 1998, still proclaiming his innocence.
In 1986 King's birthday was established as a national holiday. Hundreds of streets in America have been renamed in his honor. There are annual commemorations. His resonant voice, memorable words and gripping cadence are played and replayed. But the politco-economic issues he highlighted continue to be passed over by mainstream leaders and commentators.
In addition, the opinion-makers who celebrate King's birthday every year and hail him as a monumental figure have nothing to say about the many unresolved questions related to his assassination. No one openly entertains the question of whether there were powerful people (certainly more powerful than James Earl Ray) who thought it necessary to do away with this popular leader because he had moved too far beyond "I Have a Dream."
_______
Michael Parenti is an award winning, internationally known author. His two most recent books are The Face of Imperialism (2011), and Waiting for Yesterday: Pages from a Street Kid's Life (2013), a memoir of his early life.
_______________________________________________
Clarity mailing list
Clarity@...
http://transpacific.net/mailman/listinfo/clarity
===
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS
https://www.cnj.it/
http://www.facebook.com/cnj.onlus/
=== * ===
Invita i tuoi amici e Tiscali ti premia! Il consiglio di un amico vale più di uno spot in TV. Per ogni nuovo abbonato 30 € di premio per te e per lui! Un amico al mese e parli e navighi sempre gratis: http://freelosophy.tiscali.it/
http://us6.campaign-archive1.com/?u=a8010181fb&id=c3d4f8bf31&e=c98a6900d1
di Fosco Giannini ( segretario regionale Marche PdCI) e Maurizio Belligoni ( segretario regionale Marche PRC)
Pubblicato su 2 settembre 2013 da Donne in rosso
http://donneinrosso.wordpress.com/2013/09/02/comunicato-dellunione-generale-delle-donne-siriane-sulla-probabile-aggressione-degli-usa-e-delloccidente-alla-nostra-cara-patria/
di Marcia Campos, Presidente della Federazione Democratica Internazionale delle Donne (Widf/Fdim)
San Paolo del Brasile, 2 settembre 2013
by Jean Bricmont - August 14, 2013
Oggetto: Martedì: ASSEMBLEA / DIBATTITO Fermiamo l'aggressione alla Siria
Data: 08 settembre 2013 09.36.54 GMT+02.00
ASSEMBLEA / DIBATTITO Fermiamo l'aggressione alla Siria
Martedì 10 settembre, ore 17, presso l'Università Centrale
Via Mezzocannone 16 (di fronte al Cinema ASTRA)
Dopo la Jugoslavia, l'Afghanistan, l'Iraq e la Libia, le maggiori potenze mondiali si apprestano ad aggredire un altro paese.
Ancora una volta si vuole giustificare questo attacco con micidiali armi di distruzioni di massa dietro le insegne ipocrite delle ragioni umanitarie.
Ma i veri motivi continuano ad essere quelli di rapina, saccheggio e sfruttamento per il profitto.
No all'aggressione alla Siria, con o senza ONU
Mobilitiamoci contro questo nuovo crimine
Rete NapoliNoWar
http://napolinowar.wordpress.com
Evento Facebook: https://www.facebook.com/events/1408455289381032/
Passaparola!
From: Agence Cubaine D´Information
Sent: Wednesday, August 28, 2013 5:54 PM
La Havane, 28 août (acn) Le ministère des Affaires étrangères de la
République de Cuba a fait la déclaration suivante concernant les menaces
croissantes contre la République de la Syrie, que nous reproduisons
ci-dessous.
Très alarmantes deviennent les récentes déclarations du gouvernement
américain et plusieurs alliés de l'OTAN exhortant à une action militaire
en Syrie, en ignorant les efforts de certains États pour parvenir à une
solution politique au conflit de cette nation arabe.
Nous devons rappeler que ceux qui plaident aujourd'hui pour une action
militaire contre la Syrie sont les mêmes pays qui ont commencé des guerres
sanglantes sans un mandat du Conseil de Sécurité des Nations Unies, par le
mensonge délibéré de l'existence d'armes de destruction massive en Syrie
ou sous prétexte de la protection civile, causant la mort de plusieurs
personnes innocentes y compris des enfants, qui ont été qualifiés comme
«dommages collatéraux».
L’appel pour attaquer la Syrie, est fait quand son Gouvernement a autorisé
la Mission de Recherche des Nations Unies sur l'utilisation présumée
d'armes chimiques dans le pays, qui a commencé les travaux sur le terrain.
Cuba condamne tout recours aux armes chimiques ou à autres de destruction
massive et elle est fermement attachée à la Convention sur l'interdiction
du Développement, la Production, le Stockage et de l'Emploi des Armes
Chimiques et sur leur Destruction, et le strict respect de ses dispositions.
L’informations disponible sur la crise en Syrie est fragmentée, imprécise
et sujette à de fréquentes manipulations.
Une agression contre la Syrie entraînerait de graves conséquences pour la
région déjà troublée du Moyen-Orient, serait une violation flagrante des
principes de la Charte des Nations Unies et du Droit International et elle
augmenterait les dangers pour la paix et la sécurité internationales.
Cuba réaffirme sa conviction qu'il est nécessaire de trouver une solution
politique et elle exprime sa ferme opposition à toute tentative de
déstabiliser l'indépendance, la souveraineté et l'intégrité territoriale
de la Syrie et l'autodétermination de son peuple.
La Havane, le 28 Août, 2013
---
http://www.voltairenet.org/article180035.html
Cuba appelle l’Assemblée générale de l’ONU à empêcher l’action militaire des États-Unis contre la Syrie
RÉSEAU VOLTAIRE | LA HAVANE (CUBA) | 2 SEPTEMBRE 2013
Déclaration du ministère des Affaires étrangères de Cuba sur la menace des États-Unis contre la Syrie
Le Ministère des Affaires étrangères de la République de Cuba a pris connaissance avec une profonde préoccupation de la déclaration formulée ce samedi 31 août par le président des États-Unis, Barack Obama, annonçant sa décision d’entreprendre des actions militaires contre la République Arabe Syrienne.
Sans laisser aucune marge aux démarches actuellement en cours pour arriver à une solution politique du conflit, sans présenter aucune preuve et avec un mépris total des opinions de nombreux pays, dont celles de certains de ses principaux alliés, et des Nations Unies, le président des États-Unis a annoncé sa décision de violer le Droit international et la Charte des Nations Unies, entrainant encore plus de morts et de destructions, provoquant en outre, inéluctablement, l’aggravation du conflit dont souffre cette nation arabe.
Le ministère des Affaires étrangères de la République de Cuba appelle les membres du Conseil de sécurité à honorer leur mandat, qui est d’empêcher toute rupture de la paix, et à stopper une intervention militaire qui menace la sécurité internationale dans une région du monde particulièrement volatile.
Cuba estime que l’Assemblée générale, seul organe des Nations Unies où sont représentés tous les États, a également pour responsabilité d’agir pour stopper l’agression, d’autant plus qu’en raison de la position prééminente des États-Unis au sein du Conseil de sécurité, il est fort probable que celui-ci se retrouve bloqué et ne puisse pas prendre de décision sur la question. L’Assemblée générale, dans l’exercice de ses prérogatives, doit donc se réunir d’urgence et prendre les mesures indispensables.
Le Secrétaire général des Nations Unies doit s’impliquer directement pour empêcher les actes que le président des États-Unis a présentés comme des faits presque inévitables.
Pour s’acquitter de l’énorme responsabilité qu’implique sa charge en ce qui concerne la sauvegarde de la paix et de la stabilité mondiales, il reviendrait au secrétaire général de l’Onu d’entreprendre auprès du gouvernement des États-Unis des démarches diplomatiques urgentes et vigoureuses.
Le G-20 va se réunir à Saint-Petersbourg, en Russie, le 5 et le 6 septembre. Ce forum, qui va rassembler nombre des principaux leaders du monde, ne saurait pas ne pas s’acquitter de l’obligation d’aborder avec le président des États-Unis la situation créée et d’entreprendre des actions concrètes pour la résoudre.
Sans tout ce qui est fait pour lui cacher la vérité et sans le flot gigantesque d’information tendancieuse, manipulée et incomplète dont il est submergé, le peuple des États-Unis, qui lors des guerres qui se sont succédées depuis celle du Vietnam jusqu’à nos jours a eu à endurer la mort de dizaines de milliers de ses jeunes, ne resterait certainement pas indifférent face à une nouvelle conflagration qui se traduira par une plus grande perte de vies humaines et, le moment venu, il se souviendra de la responsabilité des politiciens corrompus et des médias menteurs.
On peut se demander ce que va faire le Congrès des États-Unis, en reprenant ses travaux le 9 septembre, quand il aura à trancher entre le début d’une nouvelle guerre et la préservation de la paix internationale, entre la vie et la mort. Si, à l’instar du Parlement britannique, il rejette les visées agressives annoncées par le président, il fera une contribution surprenante et précieuse à la paix mondiale et au système politique controversé de son pays. S’il les approuve, il devra en assumer les conséquences face au verdict implacable de l’Histoire.
Cuba en appelle également aux leaders d’opinion des États-Unis et du monde pour empêcher que la loi de la jungle l’emporte sur la raison, pour empêcher le déclenchement d’attaques illégales contre d’autres pays, pour empêcher qu’on cherche à remplacer la diplomatie par la guerre.
Le ministère des Affaires étrangères lance aussi un appel à préserver la souveraineté, l’indépendance et l’intégrité territoriale de la Syrie et le droit de son peuple à l’autodétermination ainsi qu’à promouvoir le règlement du conflit par la voie diplomatique et sans effusion de sang.
Ministère des Affaires étrangères de la République de Cuba
Oggetto: I: Siria: le prime vittime di ogni guerra sono verità e umanità
Data: 31 agosto 2013 14.19.14 GMT+02.00
I tamburi dei signori della guerra rullano sul destino della Siria. Mentre sullo schermo di un pc in Italia quest'articolo sta prendendo forma, mentre miliardi di persone nel mondo stanno proseguendo (lì dove la miseria, l'impoverimento, le guerre e i tantissimi altri frutti della barbarie umana lo permettono) la loro vita quotidiana, nelle loro chiuse stanze i Signori della Guerra stanno elaborando strategie, meditando azioni belliche, disegnando traccianti e segnando punti sulle mappe. Discutono di numeri, bombe, aerei, su una mappa che appare la pista del monopoli o un plastico di Bruno Vespa. Ma non è così. Perché sotto quei punti, dietro quegli asettici numeri, son nascosti la vita e il destino di migliaia, forse milioni, di persone. La prima vittima di ogni guerra, qualsiasi guerra, è l'umanità, la vita assassinata. Possiamo nasconderci dietro tutte le retoriche perifrasi dell'immensa ricchezza semantica delle lingue occidentali, ma il significato è sempre quello: le guerre sono solo un immenso genocidio, le armi assassinano. I signori della guerra, e il main stream in servizio permanente, potranno alzare alta qualsiasi propaganda, ma non riusciranno mai a rispondere ad una domanda immediata, semplice e lineare: come si può "difendere i civili", "esportare la democrazia" o colpire un "tiranno" massacrando un popolo? Ogni nuova, crudele, macchina da guerra ancora una volta ci svela il vero volto delle nostre "democrazia", della nostra "civiltà". Se ancora una volta si ricorre ad una follia al di fuori della ragione (alienum est a ratione, come detto decenni fa), l'umanità non ha ancora compiuto alcun passo. Quale altra specie animale ha ideato qualcosa anche solo lontanamente paragonabile alla guerra? E' inutile invocare il progresso, la civiltà, lo sviluppo, la democrazia, la libertà. Sono tutte parole che suonano false se si pensa ancora che sia utile massacrare, uccidere, spargere sangue.
Ci stanno raccontando che la guerra civile è una fatalità, un mostro che non è stato possibile fermare prima e che nessun altro mezzo esiste oltre l'intervento bellico esterno. Le forniture di armi ai ribelli, gli affari dei mercanti di morte dimostrano esattamente il contrario: la guerra è stata fomentata, permessa, favorita da chi oggi afferma di essere costretto ad intervenire per fermarla. Continuano a raccontarci (esattamente come già ai tempi della Somalia, della Serbia, dell'Afghanistan, dell'Iraq e della Libia) che non ci sarebbe alternativa ad un intervento armato. Ed infatti non hanno mai speso nessuna parola, mai sostenuto in alcuna maniera Mussalah ("riconciliazione" in arabo), che da mesi tenta di costruire un'opzione nonviolenta alla guerra civile in corso.
Intanto, passano gli anni (e le guerre) e nessuno si prende la briga di andare a leggere cosa realmente dice il diritto internazionale (a partire dalla Carta di San Francisco, che esordisce con le parole "Noi popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra", e i "Covenants" del 1966 sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali dove leggiamo che "la guerra è vietata, anzi proscritta") , dove non esiste alcuna legittimità alla pretesa degli Stati Uniti di ergersi a gendarme e poliziotto del mondo con il potere di attaccare, bombardare, invadere altri Stati. Le uniche risposte le hanno fornite la "democratica"(esattamente come il mito dei progressisti europei Barack Obama) Madeleine Albright, quando considerò accettabile il quotidiano massacro di migliaia di iracheni per colpa dell'embargo, e l'Amministrazione Bush quando affermò che la guerra "contro il terrorismo" non si sarebbe fermata fin quando il resto del mondo non avesse accettato che gli USA potessero continuare a vivere secondo la loro volontà (quindi, fin quando tutto il resto del mondo non avesse accettato l'autorità imperiale a stelle e strisce e di fornire petrolio, altre fonti energetiche e tutto quello che l'Impero chiedeva a coloro che considera meno che sudditi).
La seconda vittima di ogni guerra è la verità, è la nuda realtà dei fatti. La guerra non accetta obiezioni, la macchina bellica non contempla nulla che non sia propaganda, yes-men, yes-women, collaborazionismo. Tutto dev'essere piegato ai suoi obiettivi, tutto quel che non è funzionale ai carri armati dei signori della guerra dev'essere manipolato, piegato, adattato, cancellato.
L'OPZIONE KOSOVO, LE BUFALE DI BUSH E BLAIR
In questi giorni ci stanno raccontando che Obama starebbe studiando un'opzione Kossovo per la Siria, la ripetizione del bombardamento su Belgrado del 1999. John Pilger in un articolo recente ( http://www.globalist.ch/Detail_News_Display?ID=48191&typeb=0&Venti-di-guerra-ricordando-le-bufale-del-Kosovo-) ha ripercorso tutte le tappe di quell'azione Nato, a partire dalle tante menzogne. La prima delle quali fu addossare alla delegazione serba la colpa della fine dei negoziati di Rambouillet, "dimenticandosi" che Madeleine Albright (quando ormai l'accordo era praticamente raggiunto) tentò di imporre l'occupazione militare di tutta la Jugoslavia da parte della NATO e degli USA. Blair e Clinton "giustificarono" il bombardamento di Belgrado (così chirurgico che, per bombardare 14 carrarmati, furono colpiti 372 centri industriali, la sede della televisione, ponti ed altri luoghi civili) con il massacro da parte delle milizie di Milosevic di almeno "225.000 uomini di etnia albanese di età compresa tra i 14 e i 59 anni". Dopo la fine dell'intervento armato l'FBI rimase diverse settimane in Kossovo senza trovare alcuna traccia di fosse comuni e di stermini di massa. Mentre, un anno dopo, il Tribunale Internazionale per i Crimini di Guerra (un ente di fatto istituito dalla Nato) affermò che il numero definitivo di corpi trovati nelle "fosse comuni" in Kosovo era 2.788, compresi i combattenti di entrambe le parti e i serbi e i rom uccisi dall'Esercito di Liberazione Albanese del Kosovo (KLA). Pilger sottolinea che "il Kosovo è oggi un criminoso e violento libero mercato di droga e prostituzione amministrato dalle Nazione Unite. Più di 200.000 serbi, rom, bosniaci, turchi, croati ed ebrei sono stati purificati etnicamente dal KLA mentre le forze della Nato rimanevano in attesa. Gli squadroni della morte della KLA hanno bruciato, saccheggiato o demolito 85 tra chiese ortodosse e monasteri, secondo quanto riportato dalle Nazioni Unite."
IL SOSTEGNO "INTERNAZIONALE" AI COMBATTENTI ANTI-ASSAD E LE FORNITURE DI ARMI EUROPEE
In Siria sta per scoppiare una nuova guerra. Nossignori, in Siria è già guerra da oltre due anni. Il Paese è già insanguinato dalla morte di migliaia di persone, vittime di un'atroce guerra civile. Una guerra civile dove le "Grandi Potenze" non arriveranno nelle prossime ore ma sono già presenti dall'inizio. Già un anno fa l'ottimo portale Sirialibia(http://http://www.sibialiria.org) ha redatto un elenco di tutti gli attori internazionali che stanno partecipando alla guerra civile in Siria. "Turchia e Libano del Nord (Tripoli e Akkar): offrono ospitalità a combattenti, servizi logistici e contrabbando di armi, spie e uomini; inoltre ospitano le famiglie dei combattenti siriani come rifugiati e le utilizzano presso i media; Qatar: finanzia sia l’approvvigionamento in armi che la disinformazione attraverso la sua tivù satellitare Al-Jazeera e altri canali (Al Jadeed in Libano, On Tv in Egitto, Orient Tv ospitata in Egitto e in altri paesi); Giordania: lavoro di intelligence, contrabbando di combattenti, ospitalità per le loro famiglie come rifugiati, e loro uso presso i media; Egitto, Tunisia, Libia, Afghanistan, Pakistan, Cecenia: forniscono combattenti jihadisti (fra gli altri il giornalista britannico Robert Fisk ne ha incontrati molti ad Aleppo); Francia e Gran Bretagna: lavoro di intelligence, telecomunicazioni high-tech e spionaggio." Il 28 Maggio di quest'anno la Rete Italiana per il Disarmo ha denunciato che i Paesi dell'Unione Europea hanno deciso di "cancellare l’embargo di armi verso la Siria" così da dare "la possibilità ai paesi membri di fornire armamenti ai ribelli in lotta con il regime di Assad".
A questo elenco andrebbe poi aggiunto il Sudan che, come denunciato dal Washington Post e dal settimanale Sud Sudanese The New Nation, fornisce armi ai "ribelli": armi automatiche, munizioni, fucili di precisione per i cecchini, missili anti carri armati, missili anti aerei FN-6 a ricerca automatica di calore, prodotti a Khartoum, acquistati dal Qatar e spedite in Siria tramite la Turchia.
L'Italia non è esente da questa partecipazione alla guerra civile siriana. Il 1° Agosto di due anni fa Giorgio Beretta denunciò su Unimondo (http://www.unimondo.org/Notizie/Siria-ministro-Frattini-quei-carro-armati-sparano-italiano-sui-civili-di-Hama-131207 ) che sui "carri armati T72 di fabbricazione sovietica" in dotazione all'esercito di Assad (e accusati di aver sparato sulla folla ad Hama nelle settimane precedenti) "sono da anni installati i sistemi di puntamento e di controllo del tiro TURMS-T" prodotti da Selex Galileo, ex Galileo Avionica, una controllata di Finmeccanica. Il 28 Agosto OPAL, l'Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e Politiche di Sicurezza e Difesa di Brescia, ha documentato che "Tranne quelle verso la Giordania e il Libano, le esportazioni dei paesi dell’Unione Europea di fucili, carabine, pistole e mitragliatrici sia automatiche che semiautomatiche verso le nazioni confinanti con la Siria sono raddoppiate o addirittura triplicate tra il 2010 e il 2011. Lo documentano i rapporti ufficiali dell’Unione Europea: la Turchia è passata dai poco più di 2,1 milioni di euro di importazioni di armi leggere europee del 2010 agli oltre 7,3 milioni del 2011; Israele da 6,6 milioni di euro ad oltre 11 milioni di euro e addirittura l’Iraq da meno 3,9 milioni di euro del 2010 a quasi 15 milioni nel 2011".
I MASSACRI E GLI STUPRI DEI "RIBELLI"
Ci hanno raccontato in questi mesi, e ancor più nelle ultime settimane e giorni, uno scontro tra il Male e il Bene, con i "ribelli" (sostenuti e fomentati dalle armi occidentali e delle petro-monarchie del Golfo Persico) civili, democratici, bastioni di civiltà. Nel luglio scorso sono nati in Siria i primi figli del jihad al nikah, il matrimonio ad ore che in alcuni casi rende lecito anche lo stupro. Nei mesi scorsi lo Sceicco wahabita Mohammed al-Arifi ha fatto un appello per l'arruolamento delle donne per la jihad in Siria ed emanato una fatwa per il jihad al nikah, un matrimonio che - dopo averlo "consumato" - i miliziani possono sciogliere (anche dopo poche ore appunto) ripetendo per tre volte la formula rituale del ripudio per annullare le nozze, così che queste vere e proprie "schiave del sesso" possano essere sposate da un altro miliziano. In tutto questo la volontà della donna non viene minimamente contemplata e, anzi, il jihad al nikah rende lecito al "marito temporaneo" lo stupro della donna che non volesse acconsentire. Nella notte tra il 22 e il 23 luglio a Khan al-Asal, un villaggio a maggioranza sciita e alawita a sud-ovest di Aleppo, è stato teatro di una terribile strage criminale. Secondo alcune dettagliate ricostruzioni (riportate al linkhttp://www.sibialiria.org/wordpress/?p=1821 ) affiliati allo Stato islamico dell'Iraq e del Levante, Jabhat al-Nusra e sostenitori del califfato islamico hanno dapprima attaccato e poi invaso il villaggio e, dopo aver massacrato i militari siriani, hanno ucciso tutti quelli che si trovavano per le strade, fatto irruzione nelle abitazioni e ucciso i giovani sparando alle loro teste, decapitato gli anziani e bruciato decine di donne, completando l'orrore criminale accanendosi sui corpi dei morti prima di gettarli in una fossa comune alla periferia del villaggio. Il quotidiano britannico Telegraph ha denunciato che a Deir Ezzor e Hassaké molti sono stati costretti a fuggire altrove, a convertirsi forzatamente o a “pagare per la rivoluzione". Un'altra strage (fonte: http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=1835 ) è stata compiuta da Jabhat al-Nusra, Liberi del Levante, Brigate dei Mouhajirin, Aquile del Levante, Aquile della dignità e Brigata dei libici in 10 villaggi abitati prevalentemente da alawiti tra Kafrayya, Talla, Barmasse, Anbaté e Beit Shokouhi. A Balluta la popolazione è stata radunata fuori dalle case e sono stati uccisi tutti i giovani e i bambini con coltelli di fronte alle loro famiglie. Ad Abu Mecca sono stati sgozzati tutti gli abitanti, così come ad Istarba.
LE ARMI CHIMICHE
I media main-stream, ripetendo quando affermato da Obama, Cameron, Hollande e Letta, ci hanno raccontato in queste ore che non è più possibile attendere e che la Siria ha varcato la "linea rossa" utilizzando armi chimiche per massacrare la propria popolazione. La "linea rossa" sarebbe stata attraversata con l'attacco del 21 Agosto alle 3 del mattino. Il video che da giorni le televisioni italiane ci stanno mostrando a tutte le ore è stato caricato su youtube il 20 agosto. Alcuni esperti di armi non convenzionali hanno notato che le persone riprese nel video non mostrano i sintomi di intossicazione da gas sarin e i soccorritori "non hanno protezioni, quindi la tossicità del prodotto è più bassa" (Gwyn Winfiled intervistato da Repubblica per esempio il 22 Agosto). Secondo Jean Pascal Zanders, esperto in armi chimiche e biologiche per l'istituto dell'Unione europea per la sicurezza, i soccorritori (equipaggiati e non protetti come vediamo nel video) sarebbero dovuti morire all'istante a loro volta. Medici Senza Frontiere, nel suo comunicato (http://medicisenzafrontiere.it/msfinforma/comunicati_stampa.asp?id=3220&ref=listaHomepage) del 24 Agosto riferisce semplicemente di aver avuto notizie (che non ha avuto modo di verificare, in quanto " il personale di MSF non è stato in grado di accedere alle strutture") di "un gran numero di pazienti giunti con sintomi quali convulsioni, eccesso di salivazione, pupille ristrette, visione offuscata e difficoltà respiratorie" sottolineando che "MSF non può né confermare scientificamente la causa di questi sintomi, né stabilire chi è responsabile per l'attacco". Ben diverso dalla conferma dell'uso di gas sarin da parte di Assad, come vorrebbero farci credere. Secondo Jean Pascal Zanders, esperto in armi chimiche e biologiche per l'istituto dell'Unione europea per la sicurezza, i soccorritori sarebbero dovuti morire all'istante a loro volta. SyriaTruth (un sito di oppositori ad Assad non armati, coordinato da un esule) riferisce di progetti organizzati dalle "brigate turkmene" di Latakia e Damasco, in particolare "la bandiera dell'Islam" e "le brigate dei discendenti del Profeta", e che i villaggi di Zamalka e Ein Tarma (dove si sarebbe verificata la strage) sono poco distanti dalle zone residenziali principali della capitale, abitate per lo più da siriani filogovernativi, e dall'aeroporto militare di Mezzeh. Su youtube si trova anche questo video http://www.youtube.com/watch?v=XPXwGKDrMQw&feature=share , nella cui didascalia leggiamo "Da una conversazione tra dirigenti della società di mercenari britannica "Britam Defence", pubblicata dal Daily Mail di Londra, viene la prova che gli Usa hanno sollecitato il Qatar a fornire armi chimiche ai "ribelli", in modo che gli Usa possano accusare il governo di Assad di ricorrere a tali armi, La fonte sono messaggi email tra i dirigenti di cui sopra scoperti da un hacker malesiano." Il rappresentante ufficiale del Ministero degli Affari Esteri della Russia presso l'ONU ha fornito foto scattate da satelliti russi che documentano che è stato lanciato un razzo che conteneva sostanze chimiche tossiche sulle zone orientali nei pressi di Damasco dalle aree occupate dai ribelli. Carla Del Ponte (ex procuratore capo del Tribunale penale internazionale) già nel maggio scorso dichiarava in un'intervista alla Radio Svizzera Italiana "Abbiamo potuto raccogliere alcune testimonianze sull'utilizzo di armi chimiche, e in particolare di gas nervino, ma non da parte delle autorità governative, bensì da parte degli oppositori, dei resistenti". All'inizio di giugno in Turchia sono stati arrestati alcuni guerriglieri appartenenti al Fronte al-Nusra (la principale formazione jihadista attiva in Siria) nelle cui abitazioni sono state rinvenute sostanze chimiche come il sarin.
IL MUOS E IL RISCHIO CHE LA SICILIA DIVENTI UNA BASE USA
L'ultima manipolazione da parte del Governo Italiano (il Ministro Bonino sono giorni che ripete "senza l'ONU l'Italia non partecipa") e dei media main stream è sulla partecipazione italiana. Tutti "dimenticano" che in Italia sono presenti diverse basi USA (che quindi rispondono al governo statunitense e non al Parlamento italiano). E ovviamente (dopo aver trasformato la straordinaria manifestazione del 9 Agosto scorso in una giornata di scontri violenti) senza minimamente citare il MUOS, la cui costruzione ha subito una fortissima accelerazione nei giorni scorsi ( http://www.nomuos.info/ricominciano-lavori-teniamo-alto-la-guardia/ ), dopo il precedente violento sgombero del presidio No Muos (https://www.youtube.com/watch?v=1iwa1Smd7MM&feature=youtube_gdata_player). L'accellerazione nella costruzione nel MUOS, la presenza di basi militari USA (attrezzate anche per i droni, gli aerei senza pilota) fanno temere che la Sicilia non sarà assolutamente estranea alla mobilitazione militare.E, anzi, così come avvenuto con la guerra in Libia (quando dall'isola partirono quasi tutte le operazioni) potrebbe essere una delle basi più importanti della "nuova" guerra USA. Si considerano i baluardi della civiltà e della democrazia nel mondo, proclamano altissima la bandiera della libertà, dei diritti umani e della libertà. La Sicilia mostra la realtà: violentano l'ambiente, mettono a rischio la salute, s'impongono manu militari sulle popolazioni. Rullano i tamburi di guerra e le infowar dominano il mondo dell'informazione...
Alessio Di Florio
Associazione Antimafie Rita Atria
Associazione Culturale Peppino Impastato
PeaceLink - Telematica per la Pace
abruzzo@...
http://www.ritaatria.it
http://www.peacelink.it/abruzzo
http://www.peppinoimpastato.com
Gearóid Ó Colmáin, Dissident Voice 8 agosto 2013
Anderson Cooper della CNN è stato scoperto fabbricare false notizie sulla Siria per giustificare l’intervento militare
JG Vibes, Intellihub, 30 agosto 2013
By WW Editor on August 31, 2013
(Message over 64 KB, truncated)