Informazione
Bolivia: Morales espelle l'Usaid
Il presidente ha dato l’annuncio di fronte al Palazzo del Governo, come parte della celebrazione della Festa del Lavoro. La decisione vuole anche essere un segno di protesta per una recente dichiarazione del Segretario di Stato americano, John Kerry che avrebbe dichiarato che l’America Latina è “il cortile degli Stati Uniti”.
Morales aveva annunciato più volte l’intenzione di espellere l’Usaid che dal 1964 finanzia progetti di impatto sociale in tutto il paese costituendo uno strumento diretto della politica estera di Washington. Una vera e propria 'longa manus' degli Stati Uniti. “Non mancano alcune istituzioni degli Stati Uniti che continuano a tramare contro lo stato. Così prendo questa occasione oggi per annunciare che abbiamo deciso di espellere Usaid dalla Bolivia”, ha dichiarato Morales che ha già espulso l’ambasciatore statunitense Philip Goldberg per collusione con l’opposizione nel settembre 2008 e due mesi dopo l’agenzia antidroga di Washington, la Dea, accusata di spionaggio.
Da allora i rapporti tra La Paz e Washington non sono riusciti a normalizzarsi nonostante la firma di un nuovo accordo quadro con i quali i i due paesi si impegnavano a portare avanti relazioni bilaterali basate sul rispetto reciproco.
VENERDI 10 MAGGIO ore 17.30
presentazione del libro di Domenico Moro
Sarà presente l'autore
c/o Libreria Odradek, via Banchi Vecchi 57 (Rione Ponte)
organizzano:
Centro Studi Gramsci, Ass. Politico-Culturale Marx21, Ass. Culturale Puntorosso
seminarimarxisti@...
Imposimato, in base a documenti, mette sul banco degli imputati il gruppo Bilderberg. Nato nel 1954 per iniziativa di «eminenti cittadini» statunitensi ed europei, esso ha svolto un ruolo fondamentale nelle operazioni segrete in Europa durante e dopo la guerra fredda. «Il gruppo Bilderberg – conclude il magistrato – è uno dei responsabili della strategia della tensione e quindi anche delle stragi» a partire da quella di Piazza Fontana nel 1969. Di concerto con la Cia e i servizi segreti italiani, con Gladio e Stay Behind, con la P2 e le logge massoniche Usa nelle basi Nato, con i gruppi neofascisti e le gerarchie vaticane.
In questo prestigioso club è stato ammesso Mario Monti che, cinque mesi dopo aver partecipato al meeting Bilderberg del giugno 2011, è stato nominato senatore a vita dal presidente della repubblica e incaricato di formare il governo.
Nello stesso club esclusivo, che ha la regola del silenzio (gli atti degli incontri sono segreti), è stato ammesso Enrico Letta. Nel giugno 2012, dopo aver partecipato al meeting Bilderberg, ha confermato che «la discussione era a porte chiuse» (alla faccia della declamata «trasparenza») e che all’incontro c’erano «rappresentanti dell’opposizione siriana e russa». Per concordare che cosa è facilmente immaginabile.
Monti e Letta sono stati chiamati anche nella Trilaterale, la commissione creata nel 1973 da Rockfeller e Brzezinski, che riunisce «esperti leader del settore privato» di Nordamerica, Europa e Asia su «questioni di interesse globale».
Riunisce cioè le più potenti oligarchie economiche e finanziarie che, assieme a servizi segreti e capi militari, concordano le strategie su scala globale: le grandi operazioni speculative per attaccare monete ed economie nazionali, le campagne mediatiche per demonizzare i nemici, le guerre aperte e segrete per disgregare interi paesi e impadronirsi delle loro risorse. Non a caso Mario Monti – consulente del gruppo bancario Goldman Sachs, uno dei maggiori artefici della crisi finanziaria che dagli Usa ha investito l’Europa – è stato presidente europeo della Trilaterale.
Ne fa parte anche Marta Dassù, prima consigliere del premier D’Alema durante la guerra alla Jugoslavia, poi viceministro degli esteri nei governi Monti e Letta, attiva nel gruppo intergovernativo «Amici della Siria» che arma i «ribelli». Quelli che – ha appurato la commissione Onu di Carla Del Ponte – hanno usato anche armi chimiche.
Enrico Letta ha detto alla Camera che il suo è «il linguaggio “sovversivo” della verità». Il termine «sovversivo», in realtà, è più appropriato (senza virgolette) per definire quanto sta accadendo alla democrazia italiana.
Secondo alcune fonti l’archivio accumulato da Giulio Andreotti nei suoi sessanta anni di frequentazione del potere è depositato in un appartamento discreto in via delle Coppelle, secondo altre in un caveau blindato dell'Istituto Don Sturzo a Roma. In questa sede i principali esponenti della Dc hanno lasciato molte delle loro carte. Si tratterebbe di quasi 3.500 grandi faldoni conservati in due stanze dei sotterranei dell'Istituto che già accoglie le 1.400 faldoni di Luigi Sturzo, l'intero archivio della Dc, quello di Flaminio Piccoli, i trecento di Giovanni Gronchi e i 350 di Mario Scelba. Ma i faldoni più delicati, quelli per i palati più difficili, starebbero altrove.
L'Archivio Andreotti nel 2007 era stato definito di "interesse storico particolarmente importante". Chi lo ha visto quello all'Istituto Don Sturzo, descrive che sulle singole scaffalature di due grandi armadi scorrevoli compaia una semplice sigla "G.A." e alcune sezioni recano la scritta "riservato" per le carte di natura personale.
Nei faldoni risultano esserci ritagli di giornali, appunti personali, documenti. alcune foto, testi dei discorsi pronunciati. Le schede sintetizzate sono collocate in due grandi classificatori tematici e legati a fatti storici rilevanti (Alleanza Atlantica, comunismo, De Gasperi ecc.). Ci sono poi 80 fascicoli dedicati agli Usa e 200 al Vaticano. Ci sono fascicoli archiviati sulla base degli anni, in particolare dovrebbe essere interessante quello sul 1978, l'anno del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro, del governo di solidarietà nazionale con il PCI e della elezione di ben due pontefici dopo la morte prioma di Paolo VI e poi di Papa Luciani. Sarebbe interessante sapere se ci sono anche gli accordi bilaterali tra Italia e Usa del 1953 e poi del 1970, accordi secretati anche per il Parlamento, con i quali l’Italia ha ceduto parti del proprio territorio alle basi militari USA, inclusa la presenza di armi nucleari, accordi nei quali la funzione di Andreotti è stata decisiva e onnipresente.
Sin dal 1952, con uno dei primissimi accordi bilaterali segreti, i servizi americani ed italiani si accordarono per la costruzione della base della Gladio di Capo Marargiu in Sardegna. Si trattava "ufficialmente" di una base italiana, tuttavia progettata e pagata dagli Usa, che avrebbe ospitato, in caso di colpo di Stato (auspicato per evitare l'ingresso del PCI nell'area di governo) i personaggi considerati politicamente pericolosi (i cosiddetti enucleandi). La lista di questi "deportabili", circa seicento fra personalità della cultura e politici soprattutto vicini al partioto comunista e socialista, esiste tuttora, ma nessuno si è mai fatto carico di renderla pubblica. In maniera più che esplicita, nell'accordo italo-statunitense del cosiddetto piano Demagnetize (smagnetizzare i comunisti) si può leggere: "I governi italiano e francese non devono essere a conoscenza, essendo evidente che l'accordo può interferire con la loro rispettiva sovranità nazionale".
L’accordo principale rimane comunque il Bilateral Infrastructure Agreement(BIA) firmato il 20 ottobre 1954 dal ministro Scelba e dall’ambasciatrice statunitense Clare Booth Luce. Al governo c’era Fanfani ed Andreotti era il Ministro degli Interni. Un testo mai ratificato dal Parlamento, in palese violazione della Costituzione, e probabilmente destinato a rimanere segreto dal momento che non può essere desecretato unilateralmente dal governo italiano.
C’è poi quello firmato l’accordo bilaterale firmato il 16 settembre 1972 dal governo Andreotti a proposito della base navale statunitense sull’isola di Santo Stefano, nell’arcipelago de La Maddalena in Sardegna. Relativamente al dispiegamento delle armi nucleari Usa in Italia, esiste un accordo – segreto e mai sottoposto all’esame del Parlamento – chiamato Stone Ax(Ascia di Pietra) che è stato firmato tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Lo Stone Ax è stato rinnovato nel 2001, ma la sua esistenza è venuta alla luce solo nel 2005.
Oppure sarebbero interessanti i documenti riservati e archiviati da Andreotti sugli anni tra il 1966 e il 1980, quando venne dichiarata dagli Usa e dai loro complici “atlantici” italiani la guerra a bassa intensità contro la sinistra che ha provocato molti morti, feriti, prigionieri politici, violenza di stato. Una guerra sulla quale la DC si spaccò profondamente tra chi diceva “guerra fredda si, ma guerra civile no” come Taviani e quelli che invece volevano un Italia con un regime forte come nella Spagna franchista, la Grecia dei Colonnelli o il Portogallo di Salazar. Andreotti era aperto a tutte le soluzioni, prevalse la prima ma non senza le contraddizioni che vennero alla luce con il sequestro Moro.
Obiettivamente avere la possibilità di scartabellare gli armadi con gli archivi di Andreotti potrebbe essere il desiderio di tutta una vita per molti di noi. Il rischio è quello di non trovare quello che si cerca veramente, magari contenuto in altri armadi, magari come quello con le ante semplicemente rivolte verso il muro situato nei sotterranei del Ministero degli Interni con i dossier sulle stragi e i criminali nazisti insabbiati ... un armadio chiuso per non creare imbarazzo nelle relazioni con la Germania.
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Piše: Paulina Arbutina
Na zahtjev Ministarstva branitelja, nalog za šestodnevnu ekshumaciju u Zadru potpisao je istražni sudac tamošnjega Županijskog suda Boris Babić, a prisustvuju joj i pomoćnik hrvatskog ministra branitelja pukovnikIvan Grujić, predstavnica Komisije za nestale Vlade Srbije Zorica Avramović te zamjenik županijskoga državnog odvjetnika Slobodan Denona. Po protokolima koje je još 1996. Hrvatska predala Srbiji, od 59 osoba pokopanih na zadarskom groblju 15 je bilo pod imenom, a ostale pod oznakom NN. Očekuje se da će se na zadarskom groblju ekshumirati 44 tijela, a razloge za to tumači Ivan Grujić.
- Tek kada sve iskopamo, vidjet ćemo što se tu zaista dogodilo. Obitelji su same pokušavale riješiti problem i preko sanitarnih inspekcija ishoditi dozvole za pojedinačna iskapanja, što je moguće, ali ne u slučajevima gdje postoji sumnja u počinjenje kaznenog djela. Pojedinačna iskapanja rađena su mimo nas, bez poštivanja procedure, i moguće je da je došlo do određenih zamjena – kaže Grujić.
Dodaje da je dosad ekshumirano tijelo 941 osobe ubijene 1995, od čega je identificirano njih 585.
- Moram reći da su i neidentificirana tijela obrađena klasičnom sudsko-medicinskom metodom i metodom DNA, samo što ne postoje referentni uzorci krvi najbližih članova obitelji s kojima bismo mogli usporediti izdvojene genotipe i konačno potvrditi identifikaciju. I dalje pozivamo obitelji nestalih da našim stručnjacima na zagrebačkoj Šalati daju svoje krvne uzorke i tako ubrzaju rješavanje jednog od najosjetljivijih pitanja koje nas opterećuje – apelira Grujić.
- Napraviti ekshumaciju radi same ekshumacije, a bez podataka pomoću kojih biste utvrdili identitet žrtve, nema smisla. Pošto su stvoreni preduvjeti koji omogućuju obradu ekshumiranih tijela, krećemo u proces koji je na početku nužno bio vezan uz određene istrage koje je provodio Međunarodni kazneni sud, što znači da su oni određivali i dinamiku i termine provođenja ekshumacija. Evidentno je da je dulje vrijeme postojalo određeno nepovjerenje prema hrvatskim institucijama, no to se, zahvaljujući novom zamahu suradnje Hrvatske i Srbije i jačoj diplomatskoj aktivnosti, sada promijenilo – ističe Grujić, koji smatra da je potraga za nestalima ponajprije humanitarno pitanje, ali i dalje neodvojivo od politike.
- Ako je iskazana politička volja, onda tu odluku treba implementirati tako da je nadležna tijela počnu provoditi i otvarati postupke za rješavanje sudbine nestalih. Od početka hrvatsko-srpske suradnje 1992. imali smo različite uspone i padove, ali ipak je mnogo urađeno. Predajom dokumentacije o stradalima u “Bljesku” i “Oluji” osigurali smo temelje današnjim ekshumacijama i od druge strane dobili 1.100 protokola za ekshumaciju Novog groblja u Vukovaru. Otvoreni su i procesi na području Srbije, gdje je ekshumirano 300 tijela, od čega je Hrvatska tražila i preuzela sto. Bitno je da postoji obostrani dogovor oko statusa promatrača. Naš prioritet je rješavanje ugroženih grobnica, bez obzira na pripadnost i kategoriju žrtve, a sve ostalo ide u skladu s planom i dinamikom identifikacije – dodaje Grujić.
Međutim, identifikacijom žrtve porodica ne dobiva i istinu o njezinoj sudbini i stradanju. Premda svjetski priznati stručnjaci, forenzičari sa Šalate u najvećem broju slučajeva ne mogu utvrditi uzrok smrti ako nije riječ o prostrijelnoj ili eksplozivnoj ozljedi kostiju ili glave. Ne mogu se, dakle, utvrditi slučajevi davljenja, gušenja, silovanja, klanja, odnosno činjenice bitne u eventualnom sudskom postupku.
- Kako vrijeme prolazi, forenzički su nalazi sve slabiji zbog propadanja tkiva na osnovi kojeg bi se moglo dokazati kako je došlo do ubojstva. Važno je da se rezultati identifikacija povezuju s osobnim svjedočenjima, odnosno priznanjima. Nažalost, u Hrvatskoj uglavnom nema priznanja iz redova počinitelja, a s obzirom na to da su obitelji ubijenih rasute po svijetu ili jednostavno nema živih svjedoka, sudbinu ubijenih jedino je moguće ustanoviti istraživanjem dostupne dokumentacije – ističe Sven Milekić, voditelj Programa tranzicijske pravde Inicijative mladih za ljudska prava.
Proceduru otkrivanja istine o stradanju, od ekshumacije i identifikacije do sudnice, objašnjava zamjenik županijskog državnog odvjetnika Slobodan Denona.
- Ne možemo istraživati smrt pojedinih osoba ako ne znamo o kome se radi. Ukoliko se žrtva identificira, u razgovoru s obitelji i susjedima mogu se potvrditi približne okolnosti stradanja. Na temelju nalaza patologa i nekih drugih dokaza mogu se eventualno utvrditi počinitelj i relevantne okolnosti – ističe Denona i dodaje da je nemoguće procijeniti koliko je vremena potrebno od identifikacije do pokretanja sudskog postupka. Moraju se, objašnjava, ustanoviti brojne okolnosti i na temelju njih doći do zaključka koji ukazuje na konkretno kazneno djelo i počinitelja kojeg bi trebalo procesuirati.
Ivan Grujić kaže da ne može govoriti o tome jesu li pokrenute i dokle su stigle neke istrage i sudski postupci, ali da je sva dokumentacija vezana uz ekshumacije i identifikacije predana nadležnim tijelima. Porodicama žrtava sa zadarskog groblja dosadašnja iskustva ne ulijevaju nadu da će uskoro biti pokrenuti odgovarajući postupci. Podsjetimo, za dviju ekshumacija na Baniji – 2007. u Petrinji i 2009. u Dvoru – pronađena su 224 tijela osoba stradalih u “Oluji”, no nijedan sudski postupak još nije pokrenut.
Lo riferisce il ministro croato per i Veterani di Guerra, Predrag Matic.
I cadaveri delle 56 vittime sono stati esumati da una fossa comune nel cimitero civico di Zara: erano stati seppelliti in fretta e furia lì alla conclusione dell’offensiva croata. Si suppone che le vittime provenissero dalla zona circostante alla città dalmata, fino al 1995 sotto controllo delle milizie serbe, e morte in operazioni belliche. Ora gli esperti tenteranno di identificare le vittime, affinché possano essere notificate alle famiglie.
Alcune settimane fa erano stati esumati i resti di 10 civili croati, uccisi nel 1991 nei pressi di Vukovar, all’Est del Paese, dalle forze di Belgrado all’inizio del conflitto. A queste esumazioni si è potuto procedere grazie a una collaborazione tra le autorità giudiziarie serbe e croate che viene interpretata come un importante passo in avanti nella piena normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi.
La guerra in Croazia (1991-1995) causò la morte di circa 20 mila tra civili e militari. Tutt’ora 1700 persone, di cui 700 di etnia serba, sono considerate disperse o non se ne conosce il luogo di sepoltura.
Crimes de guerre en Croatie : des casques bleus danois ont fermé les yeux sur une tuerie à Dvor
« C’est la première fois que des représentants du parquet serbe et du parquet croate vont entendre ensemble des témoins pour déterminer ce qui c’est vraiment passé là-bas. » a déclaré Vladimir Vukčević, le procureur serbe pour les crimes de guerre, à la radio-télévision serbe (RTS).
Les témoignages de quatre casques bleus danois et d’un journaliste ayant révélé les faits seront considérés comme des preuves valides sur la base desquelles les justices serbe et croate pourraient ou non décider d’une inculpation. Pour l’instant, Zagreb et Belgrade ne ont désigné des suspects dfférents.
Selon une enquête menée par le Centre de documentation et d’information Veritas, une ONG qui cherche à établir la vérité sur les victimes serbes pendant la guerre en Croatie, neuf handicapés serbes ont été transférés d’une institution de la ville de Petrinja vers une école de Dvor où ils ont été exécutés le 8 août 1995.
Le journaliste danois qui doit être auditionné a révélé le témoignage de casques bleus danois qui avaient rapporté que douze soldats, portant des uniformes sans insignes avaient tué de sang-froid plusieurs civils sans défense, dont certains en fauteuils roulants.
La question de la responsabilité du crime avait été soulevée le 23 avril 2011 par BT TV, une chaîne danoise. Selon ces informations, la tuerie a eu lieu devant 200 soldats des forces onusiennes de maintien de la paix, stationnés à quelques mètres à peine de l’école. Ils ne l’ont pas empêchée parce qu’ils avaient reçu l’ordre de ne pas intervenir.
L’arcivescovo di Zagabria, il cardinale Josip Bozanic, in un’omelia pronunciata ieri a Vukovar, città martire della guerra in Croazia, si è espresso a favore di una proposta di esonerare la città dall’applicazione della legge sul bilinguismo e i diritti delle minoranze etniche che prevede l’introduzione nell’uso pubblico della lingua serba e della scrittura cirillica, con targhe bilingui.
«Vukovar merita una particolare sensibilità che dovrebbe essere espressa in un quadro normativo speciale per alcune questioni delicate», ha detto il cardinale, appoggiando indirettamente in questo modo l’iniziativa di una coalizione di associazioni di veterani di guerra e di alcuni gruppi di destra che insistono per una moratoria di 30 o 50 anni sull’applicazione nella municipalità di Vukovar della legge sul bilinguismo. «Ci sono forze nella società croata che vorrebbero negare la particolarità di questo luogo, come se si trattasse di qualsiasi altro posto, come se qui non fosse successo niente di particolare», ha affermato Bozanic, in una chiara critica alla posizione del governo di centro-sinistra che ha più volte detto che la legge sulle minoranze etniche va rispettata, anche nella città rasa al suolo nel 1991 dalle forze di Belgrado e i paramilitari secessionisti serbi dopo mesi di assedio e migliaia di vittime.
L’ipotesi di istituzionalizzare l’uso della lingua serba, quasi identica a quella croata, e dell’alfabeto cirillico, si è posta alcuni mesi fa visti i risultati del censimento del 2011 che mostrano in città la presenza di 57,4 per cento di croati e 34,9 per cento di serbi. La Legge costituzionale per i diritti delle minoranze etniche prevede l’istituzione obbligatoria del bilinguismo nel caso un gruppo etnico conti più del 33 per cento della popolazione di un comune o città. Contro il bilinguismo sono finora state organizzate due manifestazioni di protesta, una a Vukovar e una a Zagabria, che hanno visto la partecipazione di decine di migliaia di persone.
(fonte ANSAMED 30 aprile 2013)
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