Informazione
Data: 19 aprile 2013 16.52.02 GMT+02.00
Oggetto: "L'urlo del Kosovo" è in Serbia!
cari tutti,
su: http://unsorrisoperognilacrima.blogspot.com
un breve resoconto della presentazione del mio libro "L'urlo del Kosovo" in versione in lingua serba "Urlik sa Kosova".
Il libro è stato presentato il 9 aprile a Kraljevo, presso la Biblioteca Nazionale e l'11 aprile a Belgrado, presso l'associazione degli scrittori serbi.
Le due serate sono state citate in articoli di quotidiani (Vecerni Novosti, Ansamed e, venerdì prossimo, su Pecat) e su due televisioni serbe, una di Kraljevo l'altra nazionale (Rts, sabato in "Dobro jutro Srbija").
Per chi vuole, riporto i link relativi (il primo di ANSAmed è in italiano)
ARTICOLI GIORNALI:
http://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/rubriche/cultura/2013/04/12/Libri-Belgrado-urlo-Kosovo-Alessandro-Meo_8541598.html
http://www.novosti.rs/vesti/naslovna/drustvo/aktuelno.290.html:429272-Alesandro-di-Meo-Srbi-se-nikada-nisu-savili
https://www.facebook.com/velikameduza?ref=tn_tnmn#!/photo.php?fbid=10200431188775595&set=a.10200431188495588.1073741825.1632588395&type=1&theater
VIDEO:
http://www.katv.rs/index.php?option=com_content&view=article&id=2540:predstavljen-urlik-sa-kosova-alesandra-di-mea&catid=71:2013-tv-prilozi-u-aprilu&Itemid=18
http://www.youtube.com/watch?v=t2vQ7nI_G1E
Belgrado e Pristina hanno raggiunto l’accordo
Dacic: ho posto la mia firma sotto l’accordo
19. 04. 2013. - 20:06Ashton: accordo rappresenta la rottura con il passato
19. 04. 2013. L’alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera e la sicurezza Catherine Ashton ha comunicato oggi che le trattative tra Belgrado e Pristina che si conducevano a Bruxelles sono terminate e che entrambe le parti hanno siglato l’accordo, il quale ha aperto la strada alla rottura con il passato. L’Ashton, la quale è stata la mediatrice di 10 round delle trattative, si è congratulata con il premier serbo Ivica Dacic e il premier kosovaro Hashim Taci, perché hanno dimostrato il coraggio e la determinazione. Lei ha detto che il raggiunguimento dell’accordo tra Belgrado e Pristina è un importante passo sulla strada del loro avvicinamento all’Unione europea.Rappresentanti dell’Ue: accordo storico
19. 04. 2013. - 20:08Rasmussen: NATO appoggerà accordo
19. 04. 2013. - 20:09Vulin: L' accordo non è stato siglato in modo definitivo
19. 04. 2013. - 20:11BURŽOASKA VLADA PRIZNALA “NEZAVISNOST” I OKUPACIJU KOSOVA
Nova komunistička partija Jugoslavije (NKPJ) najoštrije osuđuje buržoasku Vladu Srbije zbog sramnog postizanja sporazuma u Briselu sa predstavnicima marionetskog i kvislinškog režima u Prištini. Na taj način buržoaski pro-imperijalistički režim u Beogradu je priznao “nezavisnost” Kosova i Metohije, odrekao se dela teritorije Srbije i formalno priznao kapitulaciju pred zapadnim imperijalističkim okupatorima južne srpske pokarajine. Stoga NKPJ traži od Vlade Srbije i drugih državnih organa da odbace sporazum iz Brisela postignut pod pritiskom imperijalističke tamnice naroda Evropske unije.
“Sporazum” postignut u Briselu faktički predstavlja nacionalnu izdaju i predaju građana Srbije na Kosovu i Metohiji na milost i nemilost zapadnim imeprijalistima i albanskim separatistima. NKPJ ocenjuje da je Vlada Srbije povukla ovakav potez zarad ulaska Srbije u imperijalističku tamnicu naroda EU čiji je jedini cilj da bogati postanu još bogatiji a siromašni još siromašniji.
Besmislene su i apsurdne tvrdnje predstavnika pro-imperijalističkog buržoaskog režima u Beogradu da će njegovi predlozi koji su ugrađeni u sporazum zaštititi interese srpskog naroda i drugih nealbanaca na Kosovu. Stvaranje takozvane “Zajednice srpskih opština” neće garantovati nikakve slobode i prava građanima koji žive na toj teritoriji jer će ona biti podređena izdajničkim i marionetskim vlastima u Prištini koje bespogovorno slušaju sva naređenja zapadnih imperijalističkih okupatora. To što će Srbi na Kosovu imati pravo da predlažu imena regionalnih policijskih komadanata i što na severu pokrajine neće biti prisutna takozvana kosovska vojska takođe ne predstavlja nikakvu garanciju srpskom življu i ostalim građanima koji su u potpunosti prepušteni na milost i nemilost okupatoru i njihovim slugama.
NKPJ poručuje da aktuelno stanje treba nazvati pravim rečima, a to je da je Kosovo i Metohija okupirano od strane zapadnih imperijalista i albanskih separatista. Na Kosovu su od strane Vašingtona i Brisela podjednako okupirani i Srbi i Albanci. Potezima koje je povukla, buržoaska Vlada Srbije je faktički priznala “nezavisnost” Kosova i Metohije i prihvatila okupaciju južne srpske pokrajine. Narod naše zemlje nikada nije trpeo okupatore. Kako nije trpeo tursku i austro-ugarsku okupaciju, tako nije trpeo ni naci-fašističku okupaciju u Drugom svetskom ratu pa tako i danas sa prezirom gleda na okupaciju južne srpske pokrajine. Kako nije prihvatila imeprijalističko razbijanje naše socijalističke domovine SFR Jugoslavije kao i zločinačku agresiju i razbijanje SR Jugoslavije, NKPJ u potpunosti odbacuje imperijalističku okupaciju Kosova i Metohije. Albanski i srpski narod kao i svi drugi narodi koji žive na toj teritoriji ne mogu biti slobodni dok je Kosovo pod okupacijom zapadnog imperijalizma i njegovih marioneta u Prištini. Srpski i albanski narod treba da slede svetli primer bratstva i jedinstva i revolta prema okupatorima koji su u Drugom svetskom ratu pružili partizanski heroji Boro i Ramiz. Tek nakon što okupatorske trupe NATO napuste teritoriju Kosova i Metohije stvoriće se uslovi za slobodniji i srećniji život svih njenih građana u sastavu matice Srbije. U slučaju da buržoaska pro-imperijalistička Vlada Srbije potvrdi “sporazum” iz Brisela, koji se kosi sa svim odredbama Ustava na koji se režim poziva, NKPJ smatra da će to biti još jedan razlog više za njenu momentalnu ostavku.
Dole sa antinarodnim briselskim sporazumom!
Stop okupaciji Kosova i Metohije!
NATO napolje iz Srbije!
Živela borba jugoslovenskih naroda protiv imperijalizma!
Sekretarijat Nove komunističke partije Jugoslavije,
Beograd,
19.april 2013. godine
I GORANCI/GORANI del Kosovo Metohija: chi sono
Prendendo spunto da una nuova adozione che la nostra Associazione ha assunto nell’ultimo viaggio, di una famiglia Goranci/Gorani del Kosovo Metohija, profuga a Nis, vedere i dettagli al fondo, proponiamo una sintetica scheda su questa minoranza che abitava il Kosovo da centinaia di anni e che oggi è parte della pulizia etnica avvenuta in quella provincia serba, anch’essi perseguitati e in gran parte costretti a fuggire dalle violenze dei separatisti albanesi. I pochi rimasti condividono con i serbi la realtà dell’apartheid, della discriminazione e della vita rinchiusi nelle enclavi.
I GORANCI/GORANI del Kosovo Metohija: chi sono
I Gorani sono una comunità slava musulmana che proviene e risiedeva principalmente nella zona montuosa del Kosovo e più a sud nel comune di Dragas (regione Prizren), dove costituiva tra il 30/ 40% della popolazione locale. I Gorani vivevano anche in tre villaggi al confine con l'ex Repubblica Yugoslava di Macedonia e in nove villaggi al confine con l'Albania.
La comunità proviene e prende il nome dalla zona di Gora, che è una parola slava che significa montagna; la regione di Gora comprende i comuni di Dragas in Kosovo, il comune di Shishtavec in Albania e la zona intorno le montagne Šar in Macedonia;
sono di religione musulmana e hanno una cultura popolare ricca e varia, nell’ultimo censimento della Jugoslavia, si dichiararono musulmani per nazionalità. I Gorani sono serbi che si sono convertiti all'Islam in epoca ottomana; tuttavia questo popolo non nega le proprie radici serbe, tranne una esigua minoranza che si definisce con radici bosniache.
Il nome dei Gorani a seconda delle traduzioni, (in cirillico: Горанци), o Goranci- "Goranski" (cirillico: Горански), significa abitanti delle montagne; un'altra definizione di questo popolo è "Našinci" che letteralmente significa "la nostra gente". Essi sono anche noti tra gli albanesi confinanti, con nomi diversi, "Torbeshë" e "Poturë". Parlano una lingua slava, un dialetto che è vicino alla lingua macedone, il dialetto Gora, che è chiamato da molti Gorani anche come "Našinski"( la nostra lingua); è 'considerato da molti come una via di mezzo tra il dialetto macedone ed il serbo ed è spesso chiamato dialetto Torlak. Pur rimanendo una lingua a base slava, ci sono numerose parole prese dalle altre lingue, e il dialetto è stato fortemente influenzato dal turco, arabo, bulgaro e albanese.
La musica tradizionale popolare Goranci include un ballo chiamato "Kolo" ('cerchio'), che è una danza tradizionalmente serba, che si balla appunto in cerchio, basata sui movimenti del piede: si inizia sempre con il piede destro e si muove in un senso antiorario. Il Kolo è di solito accompagnato da musica strumentale fatta spesso con un Zurle o Kaval e il Tupan o Davul, le danze sono poco accompagnate da canti, come invece avviene piu’ frequentemente nel Kolo piu’ propriamente serbo.
[FOTO: La loro celebrazione annuale più grande è Durđevdan ( San Giorgio ) il 5 e 6 maggio.]
La regione Gora, è menzionata nel 1348 in un editto del re serbo Stefan Dušan, indicata come sette villaggi popolati dai Gorani che erano nell’area del Monastero di S. Arcangelo a Prizren in quel momento. La zona chiamata Gora è stata poi popolata da molti slavi durante le loro migrazioni nel sesto e settimo secolo. Meno di un secolo dopo, anche i Bulgari invasero la regione e poi si stabilirono nella zona. Nel 1455, Gora fu conquistata dai turchi ottomani e divenne un protettorato del Beylerbeylik ( Signore) di Rumelia, parte del Sangiaccato. Il processo di assimilazione nella società ottomana cominciò da lì, per lo più alla fine del 16 ° secolo. E seguendo la tendenza di molte comunità balcaniche, quanto forzate o necessarie alla sopravvivenza fa parte della storia, la conversione da Bogomili ( che era una setta eretica cristiana) avvenne attraverso il processo di islamizzazione, con decine di moschee che spuntarono in tutta la regione di Gora; i Gorani continuarono comunque a mantenere una sorta di ibridismo religioso, da un lato solidamente musulmani , dall’altro continuarono ad osservare una serie di tradizioni bogomile e a celebrarne le festività, con il rispetto dei giorni dei loro santi ed il loro rispetto.
A causa della posizione geografica molto isolata ed impervia di Gora, il terreno difficilmente accessibile aiutò sempre i Gorani nel resistere alle varie invasioni. Vi furono molte migrazioni per sfuggire all'invasione ottomana, migrazioni che si sono ripetute per diversi secoli da allora in poi. Le migrazioni da Gora durante l'epoca ottomana portarono a due ondate significative: la prima verso Prizren e Sirinić, e l'altra verso Tetovo in Macedonia. Quest'ultima ha popolato gli insediamenti macedoni a Dolno, Palčište e Tearce. I loro discendenti ancora popolano quella parte della Repubblica di Macedonia. Coloni Gorani anche emigrarono verso il versante orientale delle Montagne Šar formando i villaggi di Urvič e Jelovjane.
Nella prima guerra balcanica nel 1912, l'esercito serbo occupò la Gora; nella prima guerra mondiale 1915-1918 Gora fu conquistata dagli Imperi Centrali e assegnata ai bulgari (fino a maggio 1916) e agli austro-ungarici (fino a ottobre 1918) della zona. Dopo il 1918 furono integrati nel Regno dei Serbi, Croati e Sloveni. I problemi durante la prima guerra mondiale, nonché il periodo difficile tra 1919-1920 sono stati caratterizzati dalla siccità, causando carestia e molta povertà per i Gorani. Con la decisione della Società delle Nazioni, nel 1925, su richiesta dell’ Italia fascista, nonostante la volontà della locale comunità Gorani di rimanere insieme; il confine definitivo con l'Albania fu ridefinito e con esso, oltre 15.000 Gorani dovettero restare nei confini dell'Albania con i loro 9 villaggi: Börje, Zapod, Košarište, Novo Selo, Orgosta, Orešek, Pakiša, Crneljevo e Šištevac.
All'inizio degli anni ‘50, a causa della situazione economica difficile, molti Gorani migrarono verso altre parti del Kosovo, il maggior numero andarono nella città di Priština, dove molti di essi si definirono bosniaci o non dichiararono la loro appartenenza etnica. Ma anche a Kosovo Polje, Gracanica, Ugljare, Pec, vi sono minori comunità di questo piccolo popolo.
Nel 1999, dopo la campagna di bombardamenti della NATO contro la Jugoslavia, la Missione delle Nazioni Unite nel Kosovo (UNMIK) ha assunto l’amministrazione internazionale della provincia serba del Kosovo; la questione dei Diritti per la comunità Gorani fu ridefinita, ridisegnando i confini interni della provincia, in modo che la maggioranza Gorani nei comuni del loro territorio abitato da secoli ( con una presenza di circa 70.000 persone), non esisteva più e si scoprì che in Dragas ora gli albanesi erano in maggioranza; poi la Gora ha subito massicce ( così come tutto il Kosovo) migrazioni di albanesi dall'Albania, e denunce di uccisioni e persecuzioni di Gorani da parte dei paramilitari albanesi , sono state successivamente accertate dalle forze internazionali.
Nel 2007 le istituzioni indipendentiste kosovare hanno aperto una scuola a Dragas per insegnare la lingua bosniaca, che ha suscitato sbigottimento tra la minoranza Gorani, aggiunto al fatto che vi si insegna che i Gorani sono albanesi. Quasi tutti hanno rifiutato di mandare i loro figli a scuola per le coercizioni di assimilazione forzata e fanno le scuole dentro le loro case in modo indipendente. Per la sicurezza la zona e‘ sotto competenza di reparti turchi e del comando tedesco. E proprio un Maggiore turco ha dichiarato in una intervista pubblica, con uno sguardo fiero sul suo volto, nello sbigottimento generale dei presenti, che: ”... da quando sono arrivati i turchi hanno gia’circonciso oltre 200 bambini musulmani, contribuendo così notevolmente all'assistenza umanitaria ed alla loro salute...“.
E‘ un popolo di grandi e lunghe tradizioni fondate sull’onore e sul rispetto, come valori fondanti la Comunita’; sempre difficili storicamente, per svariati motivi sono stati i rapporti con gli albanesi; essi sono un autentico popolo delle montagne. Sono i testimoni e i custodi di una memoria storica di secoli in quella regione per secoli hanno difeso la loro terra da tutte le invasioni straniere.
Negli ultimi dieci anni hanno dovuto subire come i serbi e le altre minoranze del Kosovo, persecuzioni, assassinii e intimidazioni dai terroristi secessionisti albanesi, anche perche’ essi non hanno sostenuto la distruzione della Jugoslavia, per questo sono stati bollati come serbi e collaborazionisti, seppur musulmani.
La KFOR ha sempre tenuto chiuso intenzionalmente ai Gorani il confine del Kosovo con la Macedonia, per motivi politici. Questo è un problema per loro molto grave, in quanto la maggior parte dei villaggi Gorani insieme, sono più grandi del comune di Dragas, ora occupata da coloni albanesi non del Kosovo e controllata militarmente dalla polizia ex UCK ed hanno necessità di sbocchi economici più larghi. Per i Gorani il commercio verso e dalla Macedonia e’ sempre stato vitale per la loro economia di comunita’ e di sviluppo, e storicamente questo scambio e’ stato secolare e usuale.
I Gorani sono falegnami specializzati, agricoltori e per la maggior parte pastori. Sono anche famosi come pasticceri soprattutto per la baklava e khalva (dolci di tradizione turca). Le donne praticano ancora l’arte del ricamo a mano. Nella storia dei Balcani essi sono sempre stati considerati come un popolo fiero, laborioso e di grande dignita’.
I Diritti... fino al 1999, delle minoranze nazionali nel Kosovo Metohija, provincia della repubblica Federale Jugoslava, Serbia.... :
Nell'articolo 11 della Costituzione della Repubblica Federale Jugoslava ( articolo mai modificato), venivano riconosciuti e garantiti i Diritti di tutte le minoranze nazionali, alla difesa, sviluppo e affermazione dei loro valori etnici, culturali, di lingua e delle altre specificità, dell'uso dei propri simboli nazionali, in accordo con le leggi del Diritto Internazionale.
Negli articoli 45 e 47, sono garantite la libertà di espressione delle culture ed identità nazionali di appartenenza; l'uso della propria lingua ed alfabeti. I membri delle minoranze nazionali hanno il diritto, in accordo con le leggi nazionali, di formare organizzazioni ed associazioni culturali e formative, su base volontaria, finanziate ed assistite dallo stato.
Nell'articolo 46, i membri delle minoranze nazionali avevano il diritto alla scolarizzazione nella propria lingua, con insegnanti della propria comunità, in tutti i livelli scolastici.
I Gorani nel “ Kosovo liberato” odierno
Come si deduce da queste parole raccolte da Raffaele Coniglio (project manager per conto della Provincia di Gorizia in Kosovo), “... a distanza di oltre 10 anni dallo scoppio della guerra tra ... Sia i rom che i gorani, sono stati accusati dagli albanesi di essere stati, prima e durante gli anni della guerra, alleati dei serbi, motivo per il quale sono finiti con l’essere facile bersaglio delle rivendicazioni albanesi. A detta di Sadat, muratore per 8 mesi in un paese vicino Siena, “il clima che si respira a Dragash è ben diverso da quello che uno straniero possa capire. Apparentemente tutto sembra tranquillo tra albanesi e gorani. Ma noi sappiamo bene che i Balcani non sono democratici. Ci aspettiamo ritorsioni da parte albanese. Aspettano che gli internazionali vadano via per cacciarci da qui...”, dice sicuro.
Lento esodo del popolo della montagna, i Gorani minacciati lasciano il Kosovo
di Matt Robinson, Reuters - febbraio 2008
“ ...L'uomo si è presentato come lo storico del villaggio, raggiungendomi con nella giacca un quaderno scarabocchiato con i dati della popolazione Gorani del Kosovo.
I dati hanno mostrato un drastico calo dal 1991, quando la Jugoslavia cominciò a lacerarsi e a dividersi tra i vari popoli.
"Stiamo lentamente scomparendo», sussurra un uomo seduto accanto a lui nel Cafe Nuno.
Il villaggio di Brod si trova a 1.500 metri nelle montagne Sar nella punta meridionale del Kosovo, la provincia separatista dovrebbe dichiarare l'indipendenza dalla Serbia in questo fine settimana.
I suoi abitanti sono Gorani, una minoranza etnica che condivide la fede islamica del Kosovo con due milioni di albanesi, ma l'identità è slava e la lingua è del governo serbo.
Gli albanesi sono diffidenti della loro affinità con i serbi. E i Gorani hanno perso il loro naturale protettore, quando la NATO ha strappato il controllo del Kosovo alla Serbia....
Circa due terzi dei Gorani che vivevano in Kosovo prima della guerra sono già scappati verso i paesi vicini, scacciati dalla paura, povertà e dalla disoccupazione che sono le cicatrici della regione.
Coloro che sono rimasti si sentono emarginati, determinati a insegnare ai loro figli il serbo, ma in grado di comprendere la lingua albanese delle nuove autorità del Kosovo.
UNA COMUNITÀ ORFANA
"Independenti o dipendenti, poco importa", ha detto un uomo che si è identificato come Bajram. "Non abbiamo lavoro. Non sappiamo cosa fare. Viviamo in una totale insicurezza, e i nostri spazi vitali diventano sempre più ridotti."
Seduto nel suo caffè, Husen Sütrak concorda. "Alla gente non importa chi sta per dichiarare e che cosa. Il nostro popolo ha solo bisogno di sopravvivere," ha detto. "Nessuno stato mi ha mai dato niente. Nessuno è mai venuto a offrirmi aiuto."
Nel caffè di Brod, uomini giocano a carte e guardano la Serbia contro la Russia in Coppa Davis. Il clima rigido fa stare dentro le case e solo i bambini corrono per le strade acciottolate.
La mancanza di segnale del telefono cellulare o di trasmissione della rete televisiva pubblica del Kosovo aumentano il senso di isolamento.
Più di 1.500 persone vivevano in Brod nel 1991. Ora sono poco più di 800. Attraverso la finestra della caffetteria Sütrak, la bandiera turca vola dalla moschea e sul muro c’è scritto "Bosnia".
"Non sono albanese, non sono serbo", ha detto il fratello di Sütrak, che ha chiesto di non essere nominato. "Siamo come un bambino senza genitori..." ha detto. "Quando un bambino è senza genitori, si rivolge a chi gli offre la salvezza...".
COSA PENSAVANO I GORANI DELLA PACE KFOR IN KOSOVO... NEL 1999, ad un mese dalla fine dei bombardamenti della NATO
Intervista del quotidiano tedesco "Junge Welt" con Orhan Ilijaci Dragas
(Il Presidente dell'Organizzazione Nazionale dei Gorani che era il loro rappresentante nella delegazione jugoslava alle trattative di Rambouillet)
D. I Gorani sono una popolazione slava che vive in Jugoslavia. Quanti Gorani ci vivono, e quanti di loro in Kosovo?
R. I Gorani vivono nella parte meridionale del Kosovo, a 37 km di distanza da Prizren (nella Municipalita' di Gora). I Gorani parlano una lingua slava e vivono in Kosovo da quando in questa regione vivono gli slavi, quindi dal settimo secolo. A Gora e nel resto del Kosovo tra i 60 e gli 80mila. Gora e' un posto particolare. Sia dal punto di vista geografico che da quello etnico. La nostra lingua e' una antica lingua slava, e' un dialetto serbo. La nostra Associazione e' l'organizzazione nazionale dei Gorani, che unisce tutti i Gorani indipendentemente dalla loro appartenenza religiosa o politica.
D. Storicamente i Gorani sono stati sottoposti a qualche forma di discriminazione?
R. Si, ci e' successo. Nei secoli scorsi i Gorani si sono convertiti all'Islam, ma alla fine degli '50 di questo secolo, i funzionari albanesi del Kosovo hanno cercato di assimilare i Gorani. Questo non e' loro riuscito, ma sono riusciti a cambiare i cognomi dei Gorani in cognomi albanesi. Pero' i Gorani hanno conservato la cultura, la tradizione e la lingua slava.
D. Il livello di vita dei Gorani e' diverso da quello degli altri?
R. Il livello di vita e' uguale a quello delle altre persone che vivono inKosovo ed in Jugoslavia. Noi viviamo insieme ad appartenenti di altre religioni e di altro orientamento politico.
D. Lo stato jugoslavo vi sostiene finanziariamente?
R. Di questi tempi e' molto difficile finanziariamente. Tuttavia i Gorani esistono nel quadro della Repubblica Federale di Jugoslavia. Come anche tutti gli altri cittadini, i Gorani sono sostenuti dallo Stato. Questa era fino ad oggi la situazione in Kosovo.
D. Negli ultimi anni i Gorani sono stati discriminati in qualche maniera?
R. No, finanziariamente non siamo stati svantaggiati, benche' non fossimo proprio in cima alla lista delle priorita'. I Gorani sono stati riconosciuti come nazionalita' da poco tempo.
D. Che effetti ha avuto la guerra sulla vita dei Gorani in Kosovo?
R. In una situazione normale avremmo parlato delle prospettive. Ma la situazione attuale ci costringe a parlare delle nostre paure. La zona di Gora dovrebbe essere sotto il controllo dei soldati tedeschi della NATO. Nei loro piani tuttavia non siamo stati affatto considerati. Benche' nel frattempo i soldati tedeschi si siano installati nel paese di Dragas, le milizie dell'UCK si aggirano liberamente e terrorizzano gli abitanti del luogo. Questo probabilmente si deve alla cattiva coordinazione tra il Comando di Prizren ed i soldati tedeschi sul campo.
D. Vi risulta che l'UCK venga disarmato dalla KFOR?
R. Non solo non viene disarmato, ma al contrario: l'UCK si aggira liberamente e costringe la popolazione a consegnare le armi da caccia. Naturalmente abbiamo paura che i conflitti che in questo modo si scatenano destabilizzeranno ulteriormente la situazione in Kosovo.
D. Cosa pensano i Gorani della politica di Milosevic?
R. I Gorani sono impegnati in molti partiti politici. Nelle ultime elezioni la maggioranza dei voti dei Gorani e' andata alla Sinistra Unita [JUL] e al Partito di Vuk Draskovic [SPO].
D. Lei crede che anche in futuro le diverse etnie del Kosovo potranno vivere insieme?
R. La nostra Associazione si battera' per un Kosovo multietnico, per la convivenza delle molte popolazioni del Kosovo. Bisogna rispettare i diritti umani di tutti quelli che vivono in Kosovo. Faremo tutto affinche' il Kosovo rimanga multietnico.
D. I Gorani sono scappati da Gora?
R. Grazie all'impegno della nostra Associazione siamo riusciti ad impedire che le persone lasciassero Gora. Se tuttavia non si giungesse alla smilitarizzazione delle unita' paramilitari, non sappiamo se incomincera' pure la cacciata e la fuga. Noi ci appelliamo al governo tedesco, affinche' attui il disarmo dell'UCK e lo porti a compimento, cosicche' si giunga ad una pacificazione e ad una stabilizzazione.
D. Per "unita' paramilitari" intende l'UCK?
R. Intendo in primo luogo l'UCK. Ma se la situazione non migliora temiamo che anche i Gorani prenderanno le armi, il che naturalmente condurrebbe ad una catastrofe.
(A. Wedekind; su "Junge Welt", 21/7/1999), (vedere anche archivio CRJ- CNJ)
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“Dopo la guerra” (Film/documentario)
Un interessante e importante film/documentario, girato dopo l’aggressione NATO, con circa 9 mesi di ricerca e di riprese sulle montagne del Kosovo e di altri 3 mesi di post-produzione. Il film è stato impostato con la comunità Gorani in Kosovo slavo-musulmana, la cui voce non è stata sentita molto dalla fine della guerra.
Il regista è Srđan KECA, realizzato da Srđan Keca e David Solomon; produzione: Atelier Varan Belgrade
Nel filmato si descrive questo piccolo e dignitoso popolo che vive nel cuore dei Balcani: i Gorani. Descrive la vita sulle montagne di Gora che li aveva tenuti insieme e protetti per secoli; è sempre stata la loro casa, Gora, in alto, tra le splendide montagne del sud del Kosovo, tra le frontiere con Macedonia e Albania.
La guerra del Kosovo del 1999 portò sconvolgimenti in questi fiabeschi luoghi. I Gorani, che avevano sostenuto principalmente la parte serba ed la Repubblica Federale Jugoslava, ora sono rimasto soli, circondati e assedaiti da una maggioranza albanese ostile e minacciosa, con propri ricordi bui della guerra. Quando diventa troppo difficile da vivere sotto questa nuvola di morte, molti lasciano Gora per sempre, alla ricerca di una nuova vita.
Insieme ad alcuni degli abitanti rimasti di un villaggio Gorani vicino al confine albanese, incontrano due vecchie donne allegre, Sheap un ragazzo e suo zio Sultan, un negoziante, il muezzin, e le mucche che disobbedienti in giro per il paese per conto proprio. E 'solo una questione di tempo, quando il vento silenzioso, ma spietato li porterà via, come è stato per tanti altri, lì non c’è più futuro per essi.
A cura di Enrico Vigna di SOS Yugoslavia-Kosovo Metohija e portavoce del Forum Belgrado Italia
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S.O.S. KOSOVO METOHIJA
S.O.S. Yugoslavia – ONLUS - Via Reggio 14 10153 Torino, Italia
Scheda Adozione Progetto Kosovo
Famiglia KALINKA BAJRAM
È una famiglia di Goranaka, sono scappati dal paese vicino Dragas, Kosovo.
Vivono in 2 piccole camere 2x4 e sono 10 in famiglia.
Non hanno il bagno, ma una piccola gabinetto nel giardino.
Sono persone molto oneste e come lavoro vendono semi di zucche e noccioline per strada ed è l’unico mantenimento che hanno.
Il padre ha una pensione di nemmeno 80 euro.
Scappando hanno trovato rifugio a Nis ed i loro nomi sono:
-KALINKA BAJRAM (1945)
-KALINKA IBA (1947) moglie
-KALINKA SEJRAM (1968) figlio più grande
-KALINKA NASER (1971) figlio più piccolo
-KALINKA PEMBA (1971) nuora del figlio più grande
-MIRVETA (1973) nuora del figlio più giovane è incinta
DENIL (2001) – ALEN (2006) – SANEL (2010) figli del figlio più grande
I loro vicini sono molto solidali perché visto che loro dormivano in una stanza piccola in 10, gli permettono di dormire in una delle loro stanze della casa accanto.
Da: anpi.vt@...
Oggetto: Presentazione Moranino a Viterbo
domenica 21 aprile 2013, ore 18,00
Spazio Arci Il Biancovolta
via delle Piagge, 23, Viterbo
Nell’Ambito della IX ed. della rassegna Resist, coordinata dal Cp Arci
Il Cp Anpi presenta
FRANCESCO MORANINO, IL COMANDANTE «GEMISTO»
Un processo alla Resistenza
di Massimo RECCHIONI
(Roma, DeriveApprodi, 2013, pp. 208)
Ne discute con l’autore: Silvio ANTONINI (Presidente Anpi Cp Viterbo)
La storia del processo al partigiano Francesco Moranino, il comandante «Gemisto», primo parlamentare della storia della Repubblica a subire l’autorizzazione a procedere e all’arresto. Come in molti altri casi, Moranino fu indagato per fatti accaduti durante la guerra di Liberazione solo dopo le elezioni dell’aprile del 1948 che segnarono la sconfitta del Fronte popolare delle sinistre. Alla fine del processo – istruito e dibattuto da pubblici ministeri e giudici che avevano operato durante il regime fascista – venne condannato all’ergastolo per omicidio plurimo. Per evitare di scontare la condanna dovette espatriare in Cecoslovacchia da dove prese il via la sua straordinaria esperienza di militante comunista internazionalista tra Praga, Berlino Est, Budapest, Cuba, Bucarest.
Il libro di Recchioni contestualizza storicamente gli eventi che furono alla base della condanna di Moranino, inserendoli nel complesso contesto politico della Guerra fredda, spiegando come quella vicenda processuale fosse in realtà la metafora di un processo giudiziario molto più generale che mirava alla criminalizzazione della componente maggioritaria comunista della Resistenza, oltre che a minare la forza organizzativa e la grande autorevolezza di cui il Partito comunista godeva presso ampi strati popolari. Il lavoro di Recchioni – che poggia su una ricchissima documentazione testimoniale recente e inedita di ex partigiani, sugli archivi dei familiari di Moranino, oltre che sui verbali delle sedute parlamentari, materiali processuali e iconografici – è un importante contributo alla ricostruzione storica del nostro travagliato Secondo dopoguerra.
Massimo Recchioni (1959) è il principale promotore della Sezione ceca dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia. Si dedica ad attività politiche, giornalistiche, socio-culturali e associative.
Un’ora prima della presentazione, alle 17,00, sarà inaugurata la mostra VARSAVIA BLUES di Pasquale ALTIERI, sulla Resistenza del Ghetto di Varsavia contro i nazisti.
Pesmi, besede in cvetje za 25.april
Tržaški partizanski pevski zbor Pinko Tomažič čuti kot svojo dolžnost, da se ob 25.aprilu, dnevu zmage nad nacifašizmom , s pesmijo spomni vseh, ki so se borili v narodnoosvobodilnem boju in žrtvovali svoja življenja, zato da bi lahko bodoče generacije živele v miru in v boljšem, ter pravičnejšem svetu.
V ta namen prireja zbor krajši koncert, ki se bo, v ČETRTEK 25.aprila okrog 12.00.ure (po uradni slovesnosti) vršil v notranjosti Rižarne, pri Sv.Soboti. Namen organizatorjev je s pesmijo in recitacijo iz obdobja narodoosvobodilnega boja posredovati vrednote miru, svobode, bratstva in solidarnosti; vrednote, na katerih je zgrajena naša Republika, ki je nastala iz upora nacifašizmu .
Udeležence vabimo, da prinesejo s seboj cvet, v poklon in spomin vsem ki so umrli pod zločinsko roko nacističnih morilcev in njihovih fašističnih sodelavcev.
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68° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE
“Canzoni,parole e fiori per il 25 aprile”
Il Coro Partigiano Triestino Pinko Tomažič, ritiene doveroso, in occasione del 25 aprile Festa della Liberazione dal nazifascismo, ricordare con le proprie canzoni, Chi nella Resistenza lottò e donò la propria vita, affinchè le future generazioni potessero vivere in pace in un mondo migliore e più giusto.
Pertanto il Coro P.Tomažič ha deciso di tenere un breve concerto all’interno del Monumento Nazionale della Risiera di San Sabba GIOVEDI'25 APRILE verso le ore 12.00 (dopo la cerimonia ufficiale).
L’intento degli organizzatori è quello di proporre attraverso i canti e le parole della Resistenza valori come la pace, la libertà, la fratellanza e la solidarietà, che sono i principi fondanti della nostra Repubblica, nata proprio dalla Resistenza.
Si invitano i partecipanti a portare un fiore da deporre presso la lapide che custodisce le ceneri di quelle migliaia di donne e di uomini barbaramente eliminati dagli assassini nazisti con l’aiuto dei loro collaboratori fascisti.
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