Informazione



Vandali sotto bandiera Nato

di Manlio Dinucci | da il Manifesto del 9 aprile 2012

Quando nel marzo 2001 due antiche statue di Buddha vennero distrutte in Afghanistan dai taleban, le immagini dell’atto vandalico fecero il giro del mondo, suscitando legittima indignazione. 

La cappa del silenzio politico-mediatico copre invece quanto avviene oggi in Siria. I siti archeologici vengono non solo danneggiati dalla guerra, ma saccheggiati soprattutto dai «ribelli» che, alla ricerca di gioielli e statuette, distruggono spesso altri preziosi reperti. Ad Apamea hanno asportato antichi mosaici e capitelli romani servendosi di bulldozer. Molti delle decine di musei sparsi in tutta la Siria, compreso quello di Homs, sono stati depredati di beni di inestimabile valore storico e culturale, tra cui una statua d’oro dell’8° secolo a.C. e vasellame del terzo millennio a.C. In due anni di guerra sono state cancellate testimonianze di millenni di storia. 

L’appello dell’Unesco per salvare i beni culturali siriani, parte del Patrimonio mondiale, resta inascoltato. Il perché è chiaro: principali autori dello scempio sono i «ribelli», armati e addestrati dai comandi e servizi segreti Usa/Nato, che concedono loro il «dititto di saccheggio» e la possibilità di portar via dalla Siria i beni rubati per venderli sul mercato nero internazionale. 

Una pratica ormai consolidata. In Kosovo, nel 1999, chiese e monasteri serbo-ortodossi di epoca medioevale furono prima danneggiati dai bombardamenti, quindi incendiati o demoliti dalle milizie dell’Uck, cui la Nato dette anche la possibilità di saccheggiarli, rubando icone e altri preziosi oggetti. Il tutto sotto la cappa del silenzio politico-mediatico. 

Quando i taleban distrussero nel 2001 le statue di Buddha, invece, i primi a condannare tale atto furono gli Stati uniti e i loro alleati. Non certo per salvaguardare il patrimonio storico afghano, ma per preparare l’opinione pubblica alla nuova guerra, che iniziò pochi mesi dopo quando, nell’ottobre 2001, forze statunitensi invasero l’Afghanistan aprendo la strada all’intervento Nato contro le forze taleban: le stesse che gli Usa avevano prima contribuito a formare attraverso il Pakistan e che, una volta servite allo scopo, dovevano essere eliminate. 

In Iraq, dove durante la guerra del 1991 erano già stati saccheggiati almeno 13 musei, il colpo mortale al patrimonio storico è stato inferto con l’invasione iniziata dagli Usa e alleati nel 2003. Il sito archeologico di Babilonia, trasformato in campo militare Usa, fu in gran parte spianato con i bulldozer. Il Museo nazionale di Baghdad, volutamente lasciato sguarnito, fu saccheggiato: sparirono oltre 15mila reperti, testimoni di cinquemila anni di storia, 10mila dei quali non sono più stati ritrovati. 

Mentre militari Usa e contractor partecipavano al saccheggio di musei e siti archeologici e al mercato nero degli oggetti rubati, il segretario alla difesa Rumsfeld dichiarava «sono cose che capitano». Come oggi in Siria, mentre quasi tutto il «mondo della cultura» occidentale osserva in silenzio.




http://lanuovasardegna.gelocal.it/olbia/cronaca/2013/04/06/news/armi-sui-traghetti-il-segreto-di-stato-fa-affondare-l-inchiesta-1.6831787


DA LA NUOVA SARDEGNA

Armi sui traghetti, il segreto di Stato fa affondare l’inchiesta


Il trasferimento del carico da Santo Stefano avvenne il 19 maggio del 2011. Impossibile sentire i testimoni: la procura di Tempio chiede l’archiviazione

- di Giampiero Cocco

LA MADDALENA. La ragion di Stato fa calare il sipario sull’inchiesta, avviata dalla procura della Repubblica di Tempio, sul trasferimento illegale di un gigantesco carico di armi e munizioni prelevato dai bunker dell’isola di Santo Stefano e destinato, già dal 1996 per ordine dei giudici, alla distruzione. Il magistrato inquirente, Riccardo Rossi, all’ennesima apposizione del segreto di Stato da parte del Governo per «inderogabili e superiori esigenze di sicurezza nazionale», ha deciso di chiudere lo spinosissimo e imbarazzante caso con risvolti internazionali chiedendo l’archiviazione al gip del tribunale di Tempio.

I testimoni scomodi. Un provvedimento annunciato da tempo, considerato che i personaggi che avrebbero dovuto deporre, in qualità di «persone informate dei fatti» erano il capo di Stato maggiore della marina militare, l’ammiraglio di squadra Bruno Branciforte, in quanto responsabile della polveriera- bunker di Santo Stefano, l’ex presidente del comitato militare Nato e attuale ministro della Difesa, l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, e gli ufficiali dei servizi segreti militari che gestirono, in prima persona, il gigantesco trasferimento di armamenti dall’isola della Maddalena verso la meta finale.

La destinazione. Nessuno (ormai) lo dirà, ma quel prezioso carico di armi – si stima che il valore complessivo degli armamenti superi i cento milioni di euro – venne sbarcato nel porto di Bengasi, nascosto tra i generi di “supporto logistico” e consegnato ai diversi comitati che dirigevano gli insorti libici di varie etnie e fazioni (per non scontentare nessuno) che, nella primavera araba del 2011, combatterono e sconfissero le agguerrite milizie guidate dai familiari del defunto rais libico Muammar Gheddafi.

Le armi russe. Le armi facevano parte del colossale carico di missili, munizioni, razzi e fucili mitragliatori kalashnikov stoccati per anni nei tunnel di Santo Stefano su ordine della magistratura. Quelle armi erano state sequestrate il 13 marzo del 1994 nello stretto di Otranto. Viaggiavano sulla nave Jadran Express ed erano destinate al mattatoio dei Balcani.

Dietro il traffico c’era l’oligarca russo Alexander Zhukov che venne arrestato, ma poi uscì pulito perché al processo fu prosciolto per difetto di giuristizione. Un vero e proprio tesoro destinato alla distruzione (mai disposta dai vertici militari) su ordine della magistratura torinese e che servì come merce di scambio, nel maggio del 2011, al governo Berlusconi che aveva riconosciuto il Cnt (consiglio nazionale di transizione) che guidava la sommossa contro Gheddafi. L’Italia, con il ministro degli Esteri Franco Frattini, fu il primo tra gli Stati a riconoscere l’autorità del Cnt, assicurandosi la prosecuzione dei contratti in essere per la fornitura di gas e petrolio e le commesse per la realizzazione, in Libia, di infrastrutture pubbliche e autostrade.

Polveriera a bordo. I quattro container militari, stipati di armi, furono trasferiti da Santo Stefano su navi passeggeri della Saremar e della Tirrenia, all’avvio della stagione turistica. La notte del 19 maggio il carico bellico venne imbarcato sul traghetto per Civitavecchia, stivato in un traghetto sul quale avevano preso posto 725 persone tra passeggeri e equipaggio. Tra questi c’erano 122 bambini e 87 anziani, tutti ignari del carico pericoloso. Modalità di trasporto vietate dalle normative internazionali e giudicate «problematiche per la sicurezza» dagli stessi ambienti militari. Da Marisardegna, però, rassicurarono che «tutte le armi erano state rese inerti già prima della partenza».

Fu l’unica ammissione, poi ritrattata, dell’avvenuto trasferimento di armi a bordo di navi passeggeri, mentre i container furono accettati a bordo dal comandante della Tirrenia perché nella bolla di accompagnamento erano indicati genericamente «pezzi di ricambio».

Ma qualcosa non quadrò sin dal primo momento, in quanto nella stiva rimasero, a guardia del prezioso carico, una squadra di militari armati. A Santo Stefano i container vennero riempiti con parte dei 30mila fucili mitragliatori AK-47, 32 milioni di proiettili, 400 missili terra-aria anticarro Spigot AT-4 con 50 postazioni di tiro, 5mila razzi Katiuscia da 122 millimetri, 11 mila razzi anticarro Rpg.

Il passaggio nel Lazio. La mattina del 20 maggio il convoglio militare, sbarcato a Civitavecchia, (4 camion più due auto dell’Esercito, di scorta) si sarebbe diretto verso l’ex poligono militare di Santa Severa. Da quel momento le armi si volatilizzarono.

L’inchiesta. In seguito alla pubblicazione della notizia da parte del nostro quotidiano, la procura della Repubblica di Tempio nel mese di giugno avviò un’indagine. I primi a finire sul registro degli indagati furono due alti ufficiali della Marina militare, che si trincerano dietro l’inopponibile segreto militare. Anche i cronisti che si erano occupati dello spinoso caso sono stati sentiti a verbale dal magistrato inquirente. Rossi aveva già ricevuto un primo rifiuto dai vertici militari a essere sottoposti a interrogatorio insieme all’annuncio dell’imminente apposizione del segreto di Stato sull’intero affaire. Le diverse ipotesi di reato contestate dalla Procura gallurese ai due soli indagati dell’inchiesta erano quelle di attentato alla sicurezza nei trasporti e falso in atti pubblici.

L’imbroglio. La magistratura torinese, l’unica in possesso della lista delle armi sequestrate nel 1994 e finite a Santo Stefano, nel 2006 aveva disposto la distruzione dell’intero arsenale posto sotto sequestro.

Una richiesta, questa, che rimase lettera morta per anni, senza che nessuno potesse imporre l’esecuzione di quell’ordinanza. Poi, nel 2011, ecco arrivare la decisione dei vertici militari e del Governo: spedire in terra d’Africa buona parte di quegli armamenti che, all’Italia, erano costati zero lire e che creavano un serio problema per il loro smaltimento. Con un decreto legge (mai ratificato) venne disposta l’acquisizione delle armi al patrimonio dello Stato, e quindi il suo utilizzo. Ma è proprio la mancata ratifica del decreto legge ad aver innescato un’inchiesta, chiusa con il segreto di Stato.




(italiano / english)

North Korea: ‘U.S. should ponder grave situation’

1) E' l'imperialismo a minacciare la pace, non la Corea Popolare (Vermelho)
2) North Korea: ‘U.S. should ponder grave situation’ (WW / Rodong Sinmun)
3) Il dovere di evitare una guerra in Corea (Fidel Castro Ruz)


=== 1 ===

http://www.marx21.it/internazionale/pace-e-guerra/22051-e-limperialismo-a-minacciare-la-pace-non-la-corea-popolare.html  


L'editoriale di “Vermelho”, portale web del Partito Comunista del Brasile (PCdoB), sugli sviluppi della situazione nella Penisola Coreana

Una scalata della tensione militare e dei pericoli di guerra si sta sviluppando già da diverse settimane nella Penisola Coreana. Sugli sviluppi della situazione, l'apparato mediatico al servizio dell'imperialismo si sta esercitando nelle arti di cui è più esperto: tergiversare, distorcere, disinformare e mentire.

I notiziari e gli editoriali vengono confezionati a partire da immagini e frasi selezionate e decontestualizzate, con il deliberato obiettivo di presentare la Repubblica Popolare Democratica della Corea (RPDC) – un paese socialista e rivoluzionario impegnato a costruire la sua economia e a consolidare il potere nazionale sulla base delle proprie forze e dell'esercizio della sua sovranità – come un regime “eccentrico”, “totalitario” e “minaccioso”.

La pace e la sicurezza internazionale sono obiettivi permanenti dei popoli e delle nazioni sovrane, bandiera irrinunciabile dei paesi socialisti nel quadro di relazioni diplomatiche realizzate sui principi del Diritto Internazionale e della Carta delle Nazioni Unite. Ciò contrasta con le pratiche unilaterali, imperialiste, egemoniste degli Stati Uniti e dei loro alleati, la cui politica estera è basata su minacce alla sovranità nazionale di popoli e nazioni, sul militarismo, sul monopolio delle armi nucleari, sul saccheggio delle ricchezze nazionali, sulla realizzazione di guerre di aggressione.

La Repubblica Popolare Democratica della Corea è uno dei principali bersagli dell'imperialismo statunitense, che usa il territorio della vicina Corea del Sud come base militare, dove ammassa truppe, armamento convenzionale e nucleare. Lo stato di guerra nella Penisola Coreana non è il risultato di una proclamazione da parte del governo della RPDC. E', prima di tutto, uno stato permanente, la cui principale espressione è la realizzazione frequente di manovre militari congiunte delle forze armate nordamericane e sud-coreane, in cui si mobilitano decine di migliaia di soldati, navi da guerra, aerei da combattimento, artiglieria pesante e armi nucleari.

La Repubblica Popolare Democratica della Corea ha stile e linguaggi propri, ma non risiede nelle sue decisioni e nella sua retorica la causa della tensione nella Penisola Coreana.

La Corea Popolare, nella sequenza dei suoi comunicati, con tutte le ragioni, ha addossato la responsabilità agli Stati Uniti e alla Corea del Sud per la crescente tensione, ha voluto evidenziare la minaccia rappresentata dalle manovre militari su grande scala che gli Stati Uniti attuano insieme alla Corea del Sud, che rappresentano un'esplicita provocazione e mettono a rischio la sua sovranità.

A loro volta, gli Stati Uniti, oltre a confermare la realizzazione di esercitazioni militari congiunte, hanno ordinato l'installazione di un radar di difesa antimissile nell'isola di Guam, situata nel Pacifico, hanno inviato nella regione l'USS Fitgerald destroyer, capace di abbattere missili, in prossimità delle coste della Corea Popolare. Per aggravare ancora di più la situazione, Washington ha inviato nella regione i suoi bombardieri B-52 e B-2, con capacità nucleare, e i caccia F-22. E i portavoce della Casa Bianca, del Pentagono e del Dipartimento di Stato hanno alzato il tono delle loro dichiarazioni, dichiarando che la Corea Popolare è una “grave minaccia” per il mondo.

La vera minaccia proviene dalle politiche militariste e belliciste dell'imperialismo statunitense e dei suoi alleati. Affrontarla e combatterla è compito delle lotte dei popoli di tutto il mondo.


=== 2 ===

http://www.workers.org/2013/04/04/north-korea-u-s-should-ponder-grave-situation/

North Korea: ‘U.S. should ponder grave situation’

By Editor on April 4, 2013 » Add the first comment.

Editor’s note: Workers World reprints below an official statement from the Korean People’s Army on the dangerous situation created by U.S. military moves close to the boundaries of the Democratic People’s Republic of Korea — north Korea. We think it’s important that people in the U.S. hear directly from the Koreans themselves, especially since the U.S. media are unanimous in blaming People’s Korea for the war danger that exists.

A fact never mentioned in the corporate media in the U.S. is that the NATO powers, and specifically the U.S. government, have never pledged “no first use” of their nuclear weapons. They keep open the “first-strike” option as a threat to the world. Only three countries have pledged “no first use” — the DPRK, China and India. The Soviet Union also made such a pledge, but the Russian government that took over after the fall of the USSR revoked that pledge in 1993.

The spokesperson for the General Staff of the KPA issued the following statement on April 4:

A [touch]-and-go situation is prevailing on the Korean Peninsula.

U.S. formation of B-52s based on Guam flew into the sky above south Korea all of a sudden to stage a drill under the simulated conditions of a nuclear strike at the DPRK and formations of F-22s took off from Japan proper and Okinawa and were deployed in the Osan air force base in south Korea to watch for a chance to make a surprise strike.

B-2s flew into the air over waters of the West Sea of Korea from the U.S. mainland and nuclear-powered guided missile submarines and guided missile destroyers of the U.S. Navy which had been operating in waters of the Western Pacific are busy sailing in the West and East Seas of Korea.

It was reported that [a] super-large nuclear-powered aircraft carrier and its group will enter the waters off the Korean Peninsula soon after leaving waters of the Indian Ocean or the western coast of the U.S. mainland.

South Korea and waters around it are turning into places for display of various types of nuclear strike means of the U.S. imperialist aggressor forces and a dangerous hotbed of a nuclear war in the true sense of the word.

The U.S. high-handed hostile policy toward the DPRK aimed to encroach upon its sovereignty and the dignity of its supreme leadership and bring down its social system is being implemented through actual military actions without hesitation. Days and months have passed on this land amid the constant danger of war but never had the whole Korean Peninsula been exposed to such danger of a nuclear war as today.

Under this situation the towering resentment of the DPRK’s army and people has reached an irrepressible phase as they are all out in the all-out action to defend the sovereignty and prevent a nuclear war of the U.S.

In view of the prevailing situation the world’s people who love justice and value conscience are unanimously becoming critical of the U.S. and its followers for their disgraceful behavior of prodding the UN Security Council into adopting “resolutions on sanctions” against the DPRK and vocal expressing concern over the situation on the peninsula.

The moment of explosion is approaching fast. No one can say a war will break out in Korea or not and whether it will break out today or tomorrow.

The responsibility for this grave situation entirely rests with the U.S. administration and military warmongers keen to encroach upon the DPRK’s sovereignty and bring down its dignified social system with brigandish logic.

In view of this situation, the KPA General Staff in charge of all operations will take powerful practical military counteractions in succession as the KPA Supreme Command had already solemnly declared internally and externally.

We have already sent a strong message to the present puppet authorities and military of south Korea following in the footsteps of traitor [former south Korean President] Lee Myung Bak so that they may understand our position.

As a matter of fact, puppet military gangsters such as [south Korean Minister of Defense] Kim Kwan Jin are human rejects not worth becoming targets of the DPRK’s revolutionary armed forces.

We formally inform the White House and Pentagon that the ever-escalating U.S. hostile policy toward the DPRK and its reckless nuclear threat will be smashed by the strong will of all the united service personnel and people and cutting-edge smaller, lighter and diversified nuclear strike means of the DPRK and that the merciless operation of its revolutionary armed forces in this regard has been finally examined and ratified.

The U.S. had better ponder over the prevailing grave situation.

Rodong Sinmun


=== 3 ===

http://it.cubadebate.cu/fidel-riflessioni/2013/04/05/il-dovere-di-evitare-una-guerra-corea/


Il dovere di evitare una guerra in Corea


5 Apr 2013    1

“Alcuni giorni fa ho fatto riferimento alle grandi sfide che affronta oggi l’umanità. La vita intelligente è sorta nel nostro pianeta circa 200 mila anni fa, tranne nuove scoperte che dimostreranno il contrario.

Non si può confondere l’esistenza della vita intelligente con l’esistenza della vita che, dalle sue forme elementari nel nostro sistema solare, è sorta milioni di anni fa.

Esiste un numero praticamente infinito di forme di vite. Nel lavoro sofisticato dei più imminenti scienziati del mondo, si concepisce già l’idea di riprodurre i suoni che sono seguiti al Big Bang, la grande esplosione che ha avuto luogo più di 13.700 milioni di anni fa.

Questa introduzione sarebbe troppo lunga se non stessi per spiegare la gravità di un fatto così incredibile ed assurdo, come è la situazione creata nella Penisola della Corea, in un’area geografica dove si raggruppano circa 5 mila dei 7 mila milioni di persone che in questo momento abitano il pianeta.

Si tratta di uno dei più gravi rischi di guerra nucleare dopo la Crisi d’Ottobre nel 1962 attorno a Cuba, 50 anni fa.

Nel 1950 si scatenò là una guerra che costò milioni di vite. Erano passati solo 5 anni da quando due bombe atomiche erano esplose sulle città indifese di Hiroshima e Nagasaki, e in questioni di pochi minuti uccisero e contaminarono centinaia di migliaia di persone.

Nella penisola coreana, il Generale Douglas MacArthur ha voluto impiegare le armi atomiche contro la Repubblica Popolare Democratica di Corea. Ma nemmeno Harry Truman glielo ha permesso.

Come si afferma, la Repubblica Popolare della Cina ha perso un milioni di bravi soldati per impedire che un esercito nemico s’installasse alle frontiere di questo paese con la loro Patria. L’URSS, da parte sua, aveva fornito armi, appoggio aereo, aiuto tecnologico ed economico.

Ho avuto l’onore di conoscere Kim Il Sung, una figura storica, notevolmente valoroso e rivoluzionario.

Se là scoppiasse una guerra, i popoli di entrambi le parti della Penisola saranno terribilmente colpiti senza beneficio per nessuno di loro. La Repubblica Popolare Democratica della Corea è sempre stata amica di Cuba, come Cuba lo è stata sempre e continuerà ad esserlo della Corea.

Ora che ha dimostrato le sue conquiste tecniche e scientifiche, le ricordiamo i suoi doveri verso i paesi che sono stati suoi grandi amici e che non sarebbe giusto dimenticare che questa guerra danneggerebbe in modo speciale più del 70 % della popolazione del pianeta.

Se lì scoppiasse un conflitto di questo genere, il Governo di Barack Obama nel suo secondo mandato sarebbe sepolto da un diluvio di immagini che lo presenterebbero come il più sinistro personaggio della storia degli Stati Uniti. Il dovere di evitarlo è anche suo e del popolo degli Stati Uniti.


Fidel Castro Ruz

4 aprile 2013





=== * ===

Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS
https://www.cnj.it/
http://www.facebook.com/cnj.onlus/



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(srpskohrvatski / deutsch)

Niemals vergessen

1) Niemals vergessen. Schlussdokument der internationalen Konferenz veranstaltet am 23. und 24. März 2009 in Belgrad
2) Порука Живадина Јовановића, 1 април 2013


Wichtige dokumentation online:
Zeit-Fragen (Wochenzeitung, Zürich), Nr.13 vom 25.3.2013

http://www.zeit-fragen.ch/index.php?id=1402

enthält:
«Die Nato-Aggression gegen Jugoslawien von 1999 war ein Modell der neuen Eroberungskriege»
«Humanitäre Interventionen» als Vorwand für Stationierung von US-Truppen | Interview mit Živadin Jovanovic, ehemaliger Aussenminister der Bundesrepublik Jugoslawien, heute Präsident des Belgrade Forum for a World of Equals
http://www.zeit-fragen.ch/index.php?id=1403
Die Nato-Aggression gegen die Bundesrepublik Jugoslawien von 1999
von Milica Radojkovic-Hänsel
http://www.zeit-fragen.ch/index.php?id=1404
Schon zehn Jahre!
Auszüge aus dem Tagungsband «Nato Aggression. The Twilight of the West»
http://www.zeit-fragen.ch/index.php?id=1405
Nationen ohne Vergangenheit haben auch keine Zukunft
von Major Pierre-Henri Bunel, Frankreich
http://www.zeit-fragen.ch/index.php?id=1406
Niemals vergessen
Das Schlussdokument der internationalen Konferenz von Belgrad veranstaltet am 23. und 24. März 2009 in Belgrad
(hier unten zu lesen)


=== 1 ===

(Um die internationale Konferenz von Belgrad, veranstaltet am 23. und 24. März 2009, siehe auch:
https://www.cnj.it/24MARZO99/2009/beogradskiforum.htm
Um das Buch "Nato Aggression. The Twilight of the West" siehe auch: 

http://www.zeit-fragen.ch/index.php?id=1407

Die Nato-Aggression gegen Jugoslawien (Serbien und Montenegro) war eine Invasion, die lange zuvor geplant worden war und die folgende ­globalen Ziele hatte: einen Präzedenzfall für weltweite Militärinterventionen schaffen; amerikanische Truppen auf den Balkan bringen und die Nato-Ost-Erweiterung; die Einkreisung Russlands; die Änderung der nach dem Zweiten Weltkrieg errichteten internationalen Rechtsordnung durch das Aufzwingen des Grundsatzes, wonach Macht gleich Recht sei; das Aufzwingen des neoliberalen kapitalistischen Systems; die Schwächung Europas und die Beschädigung der Rolle der Vereinten Nationen. Das letztendliche Ziel hat darin bestanden, das US-Konzept der unipolaren Weltordnung zu verstärken, um die Kontrolle über alle wirtschaftlichen, natürlichen und menschlichen Ressourcen des Planeten zu etablieren. Die Erweiterung der Nato in Europa und auf anderen Kontinenten zeugt vom Willen, der Gendarm des Konzern-Kapitals auf der ganzen Welt zu werden.


Niemals vergessen


Belgrade Forum for a World of Equals

Das Schlussdokument der internationalen Konferenz von Belgrad

veranstaltet am 23. und 24. März 2009 in Belgrad


Das Belgrade Forum for a World of Equals hat in Zusammenarbeit mit dem Club von Generälen und Admirälen der Streitkräfte Serbiens sowie anderen unabhängigen Vereinigungen in Serbien und in Koordination mit dem Weltfriedensrat (World Peace Council WPC) in Belgrad vom 23. bis 24. März 2009 eine internationale Konferenz zum Thema «Ziele und Folgen der Nato-Aggression gegen die Bundesrepublik Jugoslawien (Serbien und Montenegro) – 10 Jahre danach» durchgeführt. 
Die Konferenz versammelte rund 700 Wissenschaftler und Experten aus dem Bereich internationale Beziehungen und Sicherheit aus Serbien und 45 Ländern aller Kontinente, mit Ausnahme von Australien. Gegen 60 Teilnehmer legten ihre Papiere zu verschiedenen Aspekten der Aggression und der anschliessenden Entwicklung vor.
Die Eröffnungszeremonie erfolgte im Beisein von Frau Prof. Slavica Dukic Dejanovic, der Sprecherin der Nationalversammlung Serbiens, Energieminister Petar Skundic sowie Vertretern der serbisch orthodoxen Kirche, der Veteranen, der Jugend und anderen Organisationen.
Ivica Dacic, stellvertretender Premierminister der Regierung und Innenminister, sprach an der Konferenz und begrüsste die ausländischen Gäste im Namen der Regierung.
Ausserordentliche Teilnehmer der Konferenz waren der Präsident, Socorro Gomes, und der Generalsekretär, Thanasis Pafilis, des Weltfriedensrates. 
An der Konferenz nahm auch eine Reihe von in Serbien akkreditierten Botschaftern und höheren diplomatischen Vertretern teil.
Die Teilnehmer erwiesen den Opfern der 78 Tage dauernden Bombardierung die Ehre und legten am Denkmal für die Opfer der Aggression Kränze nieder. 
Die Diskussion wurde im Geiste der Freundschaft, der Offenheit und Solidarität aller Organisationen und Einzelpersonen durchgeführt, die um Frieden, Entwicklung und Wohlfahrt ringen.

Die Teilnehmer der Konferenz von ­Belgrad einigten sich auf folgendes:

Die Nato-Aggression gegen Jugoslawien (Serbien und Montenegro) war eine Invasion, die lange zuvor geplant worden war und die folgende globalen Ziele hatte: einen Präzedenzfall für weltweite Militärinterventionen schaffen; amerikanische Truppen auf den Balkan bringen sowie die Nato-Ost-Erweiterung; die Einkreisung Russlands; die Änderung der nach dem Zweiten Weltkrieg errichteten internationalen Rechtsordnung durch das Aufzwingen des Grundsatzes, wonach Macht gleich Recht sei; das Aufzwingen des neoliberalen kapitalistischen Systems; die Schwächung Europas und die Beschädigung der Rolle der Vereinten Nationen. Das letztliche Ziel hat darin bestanden, das US-Konzept der unipolaren Weltordnung zu verstärken, um die Kontrolle über alle wirtschaftlichen, natürlichen und menschlichen Ressourcen des Planeten zu etablieren. Die Erweiterung der Nato in Europa und auf anderen Kontinenten zeugt vom Willen der USA, der Gendarm des Konzern-Kapitals auf der ganzen Welt zu werden.
Der Aggression voraus gingen die Verbreitung von Lügen und Täuschungen, wobei der These der «Vermeidung einer humanitären Katastrophe» eine besondere Rolle zugewiesen war, die Pseudo-Verhandlungen in Rambouillet und das inszenierte «Massaker an Zivilisten» in Racak.
Die Aggression in Verbindung mit deren Vorlauf und deren Folgen ist Beweis für eine tiefe Krise von Moral und Zivilisation der herrschenden westlichen Eliten, während ihr Bumerang-Effekt sie zehn Jahre später als tiefgreifende globale Wirtschaftskrise heimsucht, die unabsehbar ist und bleibt.
Die Führer der Nato-Staaten sind für den Einsatz bewaffneter Streitkräfte ohne Zustimmung des Uno-Sicherheitsrates verantwortlich; für das Brechen der Uno-Charta, der OSZE-Schlussakte von Helsinki, der Charta von Paris und anderer internationaler Konventionen, was einem Verbrechen gegen den Frieden und die Menschheit gleichkommt.
Sie sind für mehr als 3500 tote und mehr als 10 000 verletzte Menschen verantwortlich, davon zwei Drittel Zivilisten, für den Einsatz unmenschlicher und unerlaubter Waffen wie Geschosse und Raketengefechtsköpfe aus abgereichertem Uran sowie Cluster-Bomben.
Sie sind auch für den Verlust an Menschenleben und für Leiden verantwortlich, die sich seither als Folge der Aggression ergeben haben, für die anhaltende Verseuchung des Bodens und des Wassers, eine Folge des verbreiteten Einsatzes von Geschossen aus abgereichertem Uran, und für das bewusste Bombardieren chemischer Fabriken, was einer chemischen Kriegsführung gleichkommt. Und sie sind auch für einen wirtschaftlichen Schaden verantwortlich, der mehr als 100 Milliarden US-Dollar kostet. Serbien hat ein Recht auf Entschädigung für Kriegsschäden.
Die Nato ist dafür verantwortlich, dass sie es versäumte, die Zerstörung und Vernichtung serbischer Kulturdenkmäler in Kosovo und Metochien zu verhindern, was zur Zerstörung von 150 serbischen Kirchen und mittelalterlichen Klöstern führte, von denen die meisten unter dem Schutz der Unesco standen.
Es gilt, die Verantwortung für den steilen Anstieg bei der Häufigkeit von Krebs, für den Verlust an Menschenleben und Leiden der letzten zehn Jahre zu identifizieren, die durch die radiologische und chemische Verseuchung des Bodens, des Wassers, der Nahrung und der Umwelt im allgemeinen verursacht wurden und deren Folge sind.
Serbien hat das Recht, für die Kriegsschäden Ersatz zu fordern und zu erhalten; dieses Recht kann ihm nicht genommen werden, und niemand hat das Recht, es wegzubedingen.
Die Regierung von Serbien war gebeten, die korrekte Zahl der zivilen Opfer der Nato-Aggression zu bestimmen.
Man darf die Wirkungen der radioaktiven Waffen und der chemischen Substanzen, die aus von der Nato absichtlich bombardierten chemischen Anlagen austraten, nicht vernachlässigen oder vergessen und noch weniger vertuschen. Man hat der Regierung von Serbien eine Petition übersandt, sie solle für eine unabhängige wissenschaftliche Expertise über alle Folgen des Einsatzes verbotener Waffen sorgen, ein Massnahmenpaket unterstützen, mit dem die schädlichen Wirkungen derselben in der Zukunft verhindert werden können, und die Befunde einer solchen Analyse veröffentlichen.
Die US/Nato/EU-Aggression von 1999 war der erste Krieg auf europäischem Boden seit dem Zweiten Weltkrieg. Das war nicht nur ein Krieg gegen einen alten souveränen europäischen Staat, sondern hauptsächlich ein Krieg gegen Europa. Paradoxerweise unter Beteiligung von Europa selber. 
Er wurde in einer einmaligen Allianz von einer internationalen Staatenorganisation (der Nato) mit einer notorischen Terrororganisation (OVK/UCK) geführt.
Die Aggression war ein historischer Fehler des Westens, der früher oder später als solcher anerkannt werden wird. Die Konsequenzen dieser Aggression werden sich über das ganze 21. Jahrhundert erstrecken. Der Westen ist es Serbien schuldig, sich für alle Opfer und Leiden zu entschuldigen, wenn er sich nicht mit einer noch tieferen moralischen und allumfassenden Krise konfrontiert sehen will.
Die Teilnehmer der Konferenz brachten ihre hohe Achtung für die jugoslawische und serbische Armee zum Ausdruck, für ihren Patriotismus, ihre Professionalität und ihre Tapferkeit bei der Verteidigung der Freiheit des Landes gegen den Angriff der Aggressoren.
Die Aggression ist während der folgenden zehn Jahre unter Verwendung anderer Mittel wie politischer, ökonomischer und propagandamässiger Erpressung, durch die Auflösung der jugoslawischen (serbischen) Armee und durch die Beseitigung der Bundesrepublik Jugoslawien weitergegangen.
Den Höhepunkt der imperialistischen anti-serbischen Politik verkörperte die illegale und einseitige Unabhängigkeitserklärung von Kosovo und Metochien vom 17. Februar 2008. Dieser folgte die Anerkennung dieser kriminellen Nato/EU-Kreatur durch die Mitgliedstaaten derselben, mit Ausnahme von Griechenland, Rumänien, Spanien, der Slowakei und Zypern. 
Die Misswirtschaft westlicher Aussen­politik hat Kosovo und Metochien, derzeit von terroristischen Führern und einem Netz von Drogenhändlern geführt, zu einem Sprungbrett für islamistischen Extremismus gemacht und damit zur grössten Bedrohung für Frieden und Stabilität in Europa. 
Die Abspaltung von Kosovo und Metochien und die anschliessende Anerkennung durch die Mehrheit der Nato/EU-Mitgliedstaaten stellen eine Verletzung der grundlegenden Prinzipien in den internationalen Beziehungen und der Prinzipien der Resolution 1244 des Uno-Sicherheitsrates von 1999 dar. Als bindende Entscheidung bleibt diese Resolution in Kraft und Serbien hat das Recht, auf ihrer strikten und vollständigen Umsetzung zu bestehen. Das bezieht sich insbesondere auf die Bestimmungen, welche die Sicherheit und die Bewegungsfreiheit der verbleibenden serbischen Bevölkerung betrifft, die noch immer in Stacheldrahtghettos lebt, die Wiederinbesitznahme des illegal besetzen privaten und Staatseigentums, das Recht auf freie und sichere Rückkehr von 220 000 vertriebenen Serben und anderen Nicht-Albanern und das Recht der Wiederaufstellung der serbischen Armee- und Polizeitruppen.
Serbien wird eine solch krasse Verletzung seiner Souveränität, seiner territorialen Integrität und seiner nationalen Würde niemals anerkennen. Serbien hat das eindeutige Recht zur Verteidigung seiner Souveränität und Integrität mit allen legalen Mitteln wie jedes andere souveräne Land.
Zehn Jahre danach ist offensichtlich geworden, dass das direkte Ziel der Nato-Aggression war, den legitimen Präsidenten der Bundesrepublik Jugoslawien, Slobodan Milosevic, aus dem Weg zu schaffen, um Serbien 15 Prozent seines  Staatsgebietes zu berauben, um die Rolle Serbiens als politische Interessenvertretung auf dem Balkan zu behindern und es unter die Kontrolle des Westens zu stellen.
Die gleichen Machtzentren, die beim Auseinanderbrechen der Sozialistischen Föderativen Republik Jugoslawien in den Jahren 1992 bis 1995 eine entscheidende Rolle spielten, fuhren weiter, indem sie die militärische Aggression von 1999 in Gang setzten und später, 2006, die Bundesrepublik Jugoslawien beseitigten.
Nach der illegalen Abspaltung von Kosovo und Metochien fahren sie damit fort, in andern Teilen Serbiens stillschweigend separatistische Kräfte zu aufzuwiegeln und zu unterstützen. 
Auf der andern Seite hat sich der Westen an der Revision des Friedensabkommens von Dayton und Paris beteiligt, um die Republika Srpska aufzulösen, indem man entgegen dem von Serbien garantierten Abkommen Schritt um Schritt ein einheitliches Bosnien und Herzegowina einführte.
Zehn Jahre nach der Nato-Aggression ist der Grossteil der serbischen Wirtschaft und seiner natürlichen Ressourcen Eigentum derjenigen Länder geworden, die an der Aggression teilgenommen hatten, wobei die US- und Nato-Truppen mit diplomatischem Status belohnt wurden, das heisst mit Privilegien, die weder die serbische Armee noch die serbischen Bürger in ihrem eigenen Land geniessen.
Die Politik des Westens hat zur Bildung von sieben neuen Marionettenstaaten geführt und hat Jugoslawien zerlegt, das während mehr als 70 Jahren als multinationaler, relativ wohlhabender Staat existiert hatte. Seine Zersplitterung hat Tausende menschlicher Opfer hinterlassen, angespannte Beziehungen, eine Wirtschaft in Trümmern und das noch immer ungelöste Problem von über 500 000 serbischen Flüchtlingen und Vertriebenen. Die serbische Nation wurde zerlegt und anstatt des Status eines konstitutiven Volkes wurden die Serben zu einer rechtlosen Minderheit wie in Kroatien.
Insgesamt hat sich die Politik des Westens in den vergangenen 20 Jahren als eine der Vergeltung gegen die serbische Nation erwiesen. Eine solche Politik wirft viele Fragen über die Zukunft von Europa selber auf, insbesondere in Anbetracht der Tatsache, dass Serbien in der neueren europäischen Geschichte immer eine konstruktive Rolle gespielt hat. Am Ende des 20. Jahrhunderts hat Serbien redlich Widerstand gegen eine von der US-geführten Allianz eingeführte Politik der Kapitulation und der Besetzung geleistet, so wie es jedes souveräne Land tun würde. Isolation, Sanktionen, militärische Aggression und schliesslich Unterstützung der Abspaltung zielten zugegebenermassen auch darauf, der muslimischen Welt zu beweisen, dass der Westen die Interessen der Muslime auf dem Balkan schütze.
Die Konferenzteilnehmer hielten fest, dass der internationale Strafgerichtshof für das ehemalige Jugoslawien in Den Haag (ICTY) den verlängerten Arm der Nato darstellt, das Instrument der Rache. Sein Ziel ist, die Aggressoren zu beschützen und ihre Verbrechen zu rechtfertigen, indem sie das Opfer, die gesamte serbische Nation, zum Schuldigen erklären. Das Tribunal zeigte weder Interesse noch Bereitschaft, unwiderlegbare Beweise für Verbrechen von Führern der eigentlichen Täter, nämlich der albanischen Terroristen und der Nato, zu überprüfen.
Die Teilnehmer forderten die Auflösung des Haager Tribunals als ein politisches und nicht rechtsprechendes Gremium, welches ausserhalb des Gesetzes und im Gegensatz zur Charta der Vereinten Nationen steht. Es gibt keinerlei Grundlage, um Serbien, das serbischen Volk und seine Führung für die vergangenen Bürgerkriege im ehemaligen Jugoslawien oder für die Folgen des albanischen Separatismus und Terrorismus anzuklagen.
Die Konferenz forderte die Einleitung einer unabhängigen Untersuchung über Ursachen und Umstände des Todes des früheren Präsidenten von Serbien und der Bundesrepublik Jugoslawien, des verstorbenen Slobodan Milosovic, und auch der Todesfälle aller anderen Serben, die unter ungeklärten Umständen gestorben sind, während sie vom Haager Tribunal inhaftiert waren.
Sie gaben ihrer Empörung über die jüngsten Strafmassnahmen des Haager Tribunals gegen hohe serbische und jugoslawische poli­tische, militärische und polizeiliche Führungspersonen Ausdruck, die sie als Vergeltung bezeichneten, und betonten, dass das Tribunal es unterlassen habe, die persönlichen Verantwortlichkeiten von jedem der Verurteilten zu beweisen.
Das sogenannte «unabhängige Kosovo» ist nichts als ein erweitertes amerikanisches «Camp Bondsteel» und ein Sprungbrett für die laufende militärische Expansion gegen Osten. 
Die Aggression gegen die Bundesrepublik Jugoslawien (Serbien und Montenegro) hat bewiesen, dass die Nato weder eine defensive noch eine regionale Allianz darstellt. Sie ist eine militärische Organisation, deren Rolle es ist, der grossen Mehrheit der weniger entwickelten Ländern, die zufällig Energiequellen oder strategisch bedeutsame Rohstoffe besitzen oder über bedeutende Märkte und herausragende geostrategische Stellungen verfügen, eine globale Dominanz der reichsten Länder unter Führung der USA aufzuzwingen. Die Aggressionspolitik der Nato stellt eine wahre Gefahr für Frieden und Sicherheit in der Welt dar.
Die wie Pilze aus dem Boden schiessenden ausländischen Militärbasen auf dem Balkan, in Europa und in der Welt, die konstante Erhöhung der militärischen Budgets der Nato und der EU-Mitgliedstaaten und der rasante Rüstungswettlauf müssen aufhören. Die Militarisierung des politischen Entscheidungsfindungsprozesses bedroht die Demokratie ernsthaft, hemmt die soziale Entwicklung, verletzt massiv die Menschenrechte und bereitet so den Weg hin zu Totalitarismus und Niedergang der Zivilisation.
Die Teilnehmer der Belgrader Konferenz baten alle Kräfte des Friedens, des Rechts  und der Gerechtigkeit, sich im Streben nach der Abschaffung der Nato zu vereinigen, fremde Militärbasen abzubauen und Militärausgaben zum Wohle der Armen und Unterdrückten zu verringern. Sie haben ihre Anerkennung und Solidarität für alle Friedensbewegungen und Vereinigungen ausgedrückt, die an verschiedenen Aktivitäten zur Erinnerung an die Opfer und andere Folgen der Nato-Aggression von 1999 gegen Jugoslawien teilgenommen haben.
Der stetige Anstieg der Militärausgaben führt zu weiterer Verschlimmerung der gegenwärtigen weltweiten Krise. Die Reduzierung der Militärausgaben von USA/Nato/EU und anderer Staaten ist die Schlüsselbedingung zur Überwindung der weltweiten Krise.
Die Nato-Verbrechen dürfen nicht vergessen werden. Deshalb ist es eine moralische Verpflichtung, ein Verfahren einzuleiten, um die Verantwortlichkeit der damaligen Nato-Führung vor den zuständigen internationalen und nationalen Gerichtshöfen zu untersuchen mit dem Ziel, konkrete individuelle Verantwortlichkeiten festzustellen.
Darüber hinaus hob die Konferenz die Initiativen zur Aktivierung internationaler Tribunale hervor, um jene Verantwortlichen der Nato abzuurteilen, sowie die Gründung des Internationalen Tribunals des menschlichen Gewissens, zur Sicherung der moralischen Befriedigung der Opfer der Aggression und der ganzen serbischen Nation. 
Es wurde festgestellt, dass Serbien nie zu einer militärischen Allianz gehört hat; über 60 Jahre lang war es blockfrei und ist das einzige europäische Land, das Opfer der Nato-Aggression geworden ist.
Deshalb brachten die Teilnehmer ihre tiefe Überzeugung zum Ausdruck, dass Serbien die Mitgliedschaft in der Nato weder suchen noch akzeptieren sollte, da es ein offensives Bündnis mit Rolle und Zielen ist, die über die Uno hinausgehen und das im Gegensatz zur geltenden Internationalen Völkerrechtsordnung steht. Es wird davon ausgegangen, dass Serbien eine offene und ausgeglichene Aussenpolitik entwickeln sollte, gute nachbarschaftliche Beziehungen und Zusammenarbeit mit allen Hauptinteressensvertretern, einschliesslich der blockfreien Länder, und dass es militärisch neutral bleibt.
Serbien sollte im Jahr 2011 den blockfreien Gipfel beherbergen, auf dem der 50. Geburtstag des ersten blockfreien Gipfels von Belgrad (1961) gefeiert und eine Rückkehr zum vollständigen Mitgliedschaftsstatus in der Bewegung der blockfreien Staaten gesucht werden sollte. 
Serbien sollte seine militärische Neutralität bekräftigen, indem es die volle Mitgliedschaft bei der Bewegung der blockfreien Staaten anstrebt. Dies würde zur Aufwertung anderer Abläufe und Prioritäten von Serbiens äusseren und inneren Angelegenheiten beitragen und gleichzeitig wäre es eine angemessene Antwort auf die Unterstützung, die die blockfreien Länder der Souveränität und der territorialen Integrität Serbiens geben.
Eingedenk des bevorstehenden 70. Geburtstag des Beginns des Zweiten Weltkrieges brachten die Teilnehmer ihre Besorgnis über die systematischen Versuche zum Ausdruck, die Geschichte sowohl des Ersten als auch des Zweiten Weltkrieges abzuändern, und verurteilten einstimmig das Wiedererstehen des Faschismus und Nazismus in bestimmten Ländern Europas. Eine Warnung wurde ausgesprochen, dass solche Vorgänge, die alles andere als zufällig sind, dazu angetan sind, Konflikte hervorzurufen. Deshalb haben alle Länder die Pflicht, sie zu stoppen.
Die Konferenz verurteilte den Kampf gegen den internationalen Terrorismus, der dazu missbraucht wird, die Interessen einer Supermacht oder einer Gruppe der reichsten Länder auszuweiten. Doppelstandards sind nicht akzeptierbar bei der Bekämpfung von Terrorismus.
Der sogenannte unabhängige Kosovo, der albanische Terrorismus und die organisierte Kriminalität stellen die gefährlichste Quelle der Destabilisierung des Balkans und Europas dar. Die Stabilität auf dem Balkan hängt davon ab, wie die allgemeinen Richtlinien der internationalen Beziehungen und in erster Linie das Prinzip der Souveränität und der territorialen Integrität ausnahmslos respektiert werden. Die Wiederaufnahme der Verhandlungen über den Status des Kosovo und Metochiens unter Berücksichtigung der Uno-Sicherheitsresolution 1244 ist der einzige Weg, um zu Frieden, Stabilität und Fortschritt zurückzukehren.
Die Konferenz drückte ihre Solidarität aus mit dem palästinensischen Volk, welches das Recht auf Freiheit, Unabhängigkeit und das eigene Land hat, genauso wie jeder andere Staat im Nahen Osten. Die illegalen militärischen Besetzungen von Afghanistan und Irak lassen sich durch nichts rechtfertigen und sollen daher beendet werden. Die Konferenz rief die massgeblichen ausländischen Regierungen dazu auf, ihre Truppen zurückzuziehen und die Operationen zu beenden.
Frieden, Sicherheit und Entwicklung sind untrennbar. Aggression und die sogenannten niedrigschwelligen Kriege in jedem Teil der Welt bedrohen andere Länder, Nationen und Völker. Daher können Frieden, Sicherheit und Entwicklung nur durch die breitest mögliche Zusammenarbeit der Friedensbewegungen, der intellektuellen und wissenschaftlichen Kräfte erreicht werden. 
Die Internationale Konferenz des Belgrad-Forums anlässlich des zehnten Jahrestages der Nato-Aggression ist ein wichtiger Schritt zu diesem Ziel. 
Die Ära der unipolaren Weltordnung ist dabei zusammenzubrechen. Der Prozess zur Bildung einer multipolaren Weltordnung schreitet voran. Die Bedingungen sind günstig, um die internationalen Beziehungen auf der Basis souveräner Gleichheit aller Staaten zu demokratisieren und den Respekt für die grundlegenden Prinzipien der internationalen Beziehungen wiederherzustellen. 
Der Aufruf war an die Führer der Länder der blockfreien Bewegung gerichtet, um die Einheit und die Handlungsmöglichkeiten weiterhin zu stärken sowie die Rolle der Vereinten Nationen und die Grundsätze der internationalen Beziehungen. 
Der Prozess der Verschärfung der globalen Wirtschaftskrise verpflichtet die Bewegung der Blockfreien, die Einheit zu stärken, um die reichsten Länder daran zu hindern, ein weiteres Mal die Last der Probleme auf die unterentwickelte Welt weiterzugeben. Die Zeit ist reif für Einheit, Verantwortlichkeit und das Handeln aller friedliebenden Kräfte für Frieden, Entwicklung und Gleichheit. Der Konferenz war eine Photobuchausstellung sowie ein Rückblick mit Dokumentarfilmen vorangegangen, welche von dem Verein früherer Generäle und Admiräle der serbischen (jugoslawischen) Armee organisiert worden war. 
Die Teilnehmer drückten dem «Belgrad-Forum für eine Welt von Gleichen» ihre Wertschätzung und ihre Dankbarkeit aus für die Initiative, diese Konferenz durchzuführen, für den hohen Grad der Organisation und für die entgegengebrachte Gastfreundschaft.    •


Quelle: The Belgrade Forum for a World of Equals. Nato Aggression. The Twilight of the West, Belgrad, ISBN 978-86-839 65-35-9
(Übersetzung Zeit-Fragen)


Die Aggression gegen die Bundesrepublik Jugoslawien (Serbien und Montenegro) hat bewiesen, dass die Nato weder eine defensive noch eine regionale Allianz darstellt. Sie ist eine militärische Organisation, deren Rolle es ist, der grossen Mehrheit der weniger entwickelten Ländern, die zufällig Energiequellen oder strategisch bedeutsame Rohstoffe besitzen oder über bedeutende Märkte und herausragende geostrategische Stellungen verfügen, eine globale Dominanz der reichsten Länder unter Führung der USA aufzuzwingen. Die Aggressionspolitik der Nato stellt eine wahre Gefahr für Frieden und Sicherheit in der Welt dar.


Die Brücke von Varvarin

Am Mittwoch, 20. März 2013, begann in Bonn der Prozess wegen des Bombenangriffs auf afghanische Zivilisten in der Nähe von Kunduz. Der deutsche Offizier Oberst Klein hatte im Herbst 2009 US-amerikanische Kampfflugzeuge angewiesen, eine Menschenansammlung zu bombardieren, ohne dass eine militärische Notwendigkeit bestanden hätte. Bei diesem Angriff wurden über 130 Menschen getötet oder verletzt. Zwei Bremer Anwälte verklagten den deutschen Staat und verlangen für die Opfer des Luftangriffs in Afghanistan eine Entschädigung. 
Dieser Fall erinnert an die Bombardierung durch NATO Kampflugzeuge im völkerrechtswidrigen Krieg gegen die Republik Serbien. 
Damals, im Frühjahr 1999, bombardierten NATO Kampfflugzeuge an einem Feiertag eine Brücke in der Nähe der serbischen Ortschaft Varvarin in zwei Angriffswellen, auf der sich offensichtlich Zivilisten befanden. Dabei schickten sie 10 Zivilisten in den Tod und 17 wurden teilweise schwer verletzt. Bis heute sind die Opfer nicht entschädigt worden. 

Verschiedene Artikel dokumentieren die Vorgänge:
http://www.dw.de/popal-deutschland-muss-zahlen/a-16683296 
http://www.dw.de/prozessauftakt-im-kundus-verfahren/a-16680680 
http://www.n-tv.de/politik/Wer-haftet-fuer-die-Kundus-Toten-article10321151.html  
http://www.presseportal.de/pm/47409/2437312/mitteldeutsche-zeitung-afghanistan-anwalt-der-kundus-klaeger-ist-von-sieg-vor-gericht-ueberzeugt



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ПОРУКА ЖИВАДИНА ЈОВАНОВИЋА


Ствари ми изгледају тако да можете у Брислу, данас, сутра, или прекосутра потписати било шта, можете дати, одрећи се, зарећи се, обећати, али тамо Србија за догледно време нема шта, нити од кога, да добије. Датум је уобразиља преговарача и мамиконцесија Брисла. Берлин се спрема за изборе, бриселски комесари и институције су на дужи рок пребукирани темама неизвесне судбине монетарне уније, Шпаније, Португалије, Грчке, Кипра, Словеније... а Вашингтон и Лондон су преокупирани Сиријом, Ираном, Северном Корејом, Пацификом, АФРИКОМ-ом...
Док се у Брислу питају Меркелова и Камерон, чији су ставови према Србији јасно ултимативни, а према Тачију, родитељски заштитнички, Србија нема шта тамо да тражи, нема шта да добије, већ само да предаје, испоручује, да се понижава и да прихвата да је понижавају. Као што, уосталом, непрекидно то чине, не само у Брислу, већ и усред Београда. 
Британија и Немачка су, уз подршку САД, подгревале сепаратизме бивших југословенских република, финансирале, па чак их и наоружавале. СФРЈ је разбијена на њиховом - колосеку Европске уније, тадашње Европске економске заједнице. Сетићете се да је тадашњи министар за иностране посолове СФРЈ Будимир Лончар тврдио да је ЕЗ - једини пут за решавање југословенске кризе. Шта би са Југославијом, шта би са Државном заједницом Србије и Црне Горе? Јесмо ли тако брзо заборавили ондашње претече садашњих комесара? Те и неке друге земље су деценијама охрабривале, финансирале, наоружавале и тренирале албанске терористе ОВК. Тачно пре 14 година оне су извршиле оружану агресију (НАТО) против Србије (СРЈ). Био је то, дакако, освајачки рат чији је непосредни циљ био насилно одузимање Косова и Метохије како би служило стратегији покоравања Балкана и продора на Исток. Циљ није у потпуности остварен. А што се стратегије тиче, не зна се ни да ли ће. 
Зато оне све време, од тада до садашњих бриселских тзв. преговора, настоје да легализују и агресију као злочин и отимање дела државне територије. Током 2008. оне су међу првима признале илегално проглашено отцепљење Приштине. Током тзв. преговора у Брислу, оне су, уз САД, главни адвокати и заштитници Тачија. Он ни у Брислу не преговара. Са искуствима из Рамбујеа 1999. и Беча 2006/7, Тачи чека да му Београд, као на тацни, све преда, укључујући север Покрајине.
Тражити данас некакве гаранције од Велике Британије и Немачке, исто је што и Тачију вероватни на реч. Уосталом, они су савезници у рату против Србије па не треба ни да изненађује што су уиграни. Иза Ердутског споразума 1995. којим је предвиђена Заједница српских општина у Славонији стајале су својим гаранцијама многе земље и организације. Шта је са применом свега тога у пракси? Не стоји ли читава ЕУ иза «статусно неутралног» ЕУЛЕКС-а, па ипак, чиме је ЕУЛЕКС испољио своју «статусну неутралност»? Тиме што је у читавом периоду, од свог илегалног инсталирања и накнадне легализације, до данас, изграђивао «независно Косово»!? 
Вратите се, молим вас, гаранцијама СБ УН и резолуцији 1244. Оне нису идеалне, али ништа боље не постоји. Засад. То је далеко више и боље, од гаранција које сте јавно затражили од поменутих земаља-заштитница Тачија и независног Косова и Метохије. А и шта би вам министри те две земље гарантовали – то да је Косово и Метохија независна држава у којој су Срби припадници националне мањине!? Па они су ту гаранцију дали још 2008. 
Жао ми је што из дана у дан засипате народ катастрофичним изјавама, од оних да је Србије све изгубила и да нема више шта да изгуби, да је свака варијанта лоша за Србију, да Србија мора постићи споразум на предстојећим тзв. преговорима, да ће остати без плата и пензија, да нема варијанте за заштиту српских интереса и сл. На страну што такве изјаве шире дефетизам и безнађе, треба знати бар толико, да оне само охрабрују ултимативно постављање друге стране или других страна и да преговарачку позицију Србије, разарају.
Такође вас молим, ако вам је икако могуће, немојте се више позивати на то да вас је Тадић обавезао резолуцијом Генералне скупштине УН о посредничкој улози ЕУ, или Борковим договорима о успостављању границе према Србији. Та резолуција је техничког карактера, а Боркови договори нису засновани ни на међународном ни на националном праву Србије и не представљају међународно-правне обавезе Србије. Ваше позивање на то, за озбиљне државнике, није прикладан аргумент. Пред историјом, поготову. 
Јесте непријатно, тешко, чак можда и драматично мењати прилаз, нарочито с обзиром на све концесије које су до сада учињене, али тренутак, услови и актери су дати, не могу се ни бирати, ни избећи. Ако је за било кога дилема шта је значајније и према чему се оцењује државна и државничка озбиљност – у односу на техничку резолуцију Генералне скупштине, или у односу на правно обавезујућу резолуцију Савета безбедности 1244, онда је то знак да нешто озбиљно није у реду. Једина меродавна међународно-правна основа и обавеза за све чланице светске организације, је резолуција Савета безбедности 1244. Неодговорно је резолуцију СБ УН 1244 гурати у страну, а још горе, позивати се на њу само када Приштини треба учинити неку концесију, када Немачкој или другој великој сили треба потврдити да «ми поштујемо територијални интегритет Косова». 
Народ се не штити конфронтацијом, али ни непрекидним узмицањем, поготову не прихватањем укидања државних институција Србије на северу Косова и Метохије. Када се јавно саопштава да се прихватањем Тачијевих захтева и непрекидним концесијама штите грађани у Покрајини, Срби и други, да ли то значи да је Србија уцењена безбедношћу и животима својих суграђана и да зато мора прихватити све што се од ње тражи? Да ли је Србија, иначе, уцењена било чиме од било кога?. Ако су Србија и њени преговарачи у Брислу уцењени, онда је ред да се то јавно саопшти – ко, на који начин и чиме уцењује Србију, или њене преговараче – безбедношћу грађана, новим санкцијама, заустављањем инвестиција... или било чиме другим? У том случају, то више није ствар преговарача већ институција, у првом реду Народне скупштине. Ако није уцењена тим боље и лакше вратити се праву и СБ УН.
Често се у јавности барата реализом и реалном ситуацијом. Не каже се изричито, али је контекст, да зато «што смо све изгубили», зато што смо се годинама само-обмањивали, зато што имамо лош устав , као и због много сличних «аргумената» - морамо да попуштамо, узмичемо, прихватамо и неприхватљиво, понижавајуће, да називамо компромисом чисте губитке, једностране уступке и слично. Чини ми се да има доста, ако не и превише, разлога да се каже - није реализам, или реално само оно што тврде представници Немачке, Велике Британије и САД, а за њима и Тачи. Реалност је и постојање српских државних институција на Косову и Метохији, реалност је и да 250.000 Срба и других неалбанаца, уздајући се у принципе хуманизма, владавине права и европских стандарда, већ 15 година чека да се слободно и безбедно врати у своје домове на Косову и Метохији, реалност су резолуција СБ 1244 и Устав Србије ма колико, по нечијим оценама, био лош, реалност је да су и Европа и ЕУ данас нешто другачији него 90-тих година прошлог века, а свет поготову. Реалност, дакле, није једнозначна, поготову када је одсликавају чиниоци и личности које Србији нису познате баш као објективне и непристрасне. Хоће ли ВБ, Немачка, САД поштовати одлуке СБ УН за које су и саме гласале, или неће, то је ствар њиховог односа према принципима светских односа, према светској организацији, према основним вредностима савремене цивилизације. Али, Србија треба да тражи оно што јој по међународним законима припада, а не да преузима готове оцене оних који никако да се ослободе вековног манира диктата и ултиматума. Иронија је да се оцене противника Србије јавности у Србији пласирају као оцене одговорних државника који ништа не крију од својих грађана!
У јавности се јављају поређења данашње ситуације са оном у време Дејтона и Рамбујеа. У Дејтону се преговарало под санкцијама и под суспензијом наше тадашње државе у ОУН, ОЕБС-у и другим међународним организацијама. Ипак, сачувана је и призната Република Српска. Тамо су захтевани и преговори о Косову и Метохији. Југословенско-српска делегација то није прихватила. Тражила је да домаћини испоштују позив и дневни ред на коме је била само једна тачка – окончати грађански рат и постићи мир у Босни и Херцеговини. Домаћин је то прихватио, а споразум о миру у БиХ је потписан.
У Рамбујеу није било никаквих преговора јер то САД-у, ВБ и ЕУ није одговарало. Њима је била потребна још једна представа уверавања јавности да је оружани напад једино што им је преостало. «У Рамбујеу смо лествицу подигли тако високо да је Милошевић не може прескочити» - њихово је признање. Представа из Рамбујеа одвијала се након што је Савет НАТО претхнодно донео одлуку о оружаној агресији. Ултиматум да се прихвати безусловна капитулација и окупација читаве Србије и Црне Горе (СРЈ) од стране НАТО, била је тежа од ултиматума Аустро-угарске 1914. Ултиматум није прихваћен, јер то што је тамо нуђено не би прихватила ни једна суверена држава. И то је њихово признање, такође. Ултиматум који САД и Немачка сада, преко Ештонове, испостављају Бриселу – треба одбити.
Зна се какви су односи и трендови данас, а какви су били 1995. и 1999. Зашто не рећи и то, да у време Дејтона и Рамбујеа нису постојали ни БРИКС, ни Г-20, ни Шангајски савез, ни кредитне линије из Русије и Кине, друге земље, да не помињем.
Не плашите народ, народ је огуглао на застрашивање, али је, упркос свему, изоштрио критичку моћ расуђивања. Јесте у земљи беда, незапосленост и глад, али све то не значи да се здраво за готово примају понуде бољег живота за одрицање од себе, своје историје и Косова и Метохије. 
Покажите храброст окретањем себи, Србији и правим пријатељима. Није то ни аутархија, ни изолационизам, ни «пуцање себи у ногу» - то је враћање самопоштовању и припрема за истинско партнерство са сваким другим. Само тако можемо рачунати да нас боље разумеју, поштују и са Србијом равноправно сарађују и Берлин, Лондон, Вашингтон и Брисел. Уз ону већину, која је Србију увек поштовала.




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