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Albania: la rinascita nazionalista
Oggetto: GIORNATA DELLA MEMORIA 2013 A NIGUARDA (MILANO) - 6 VIDEO
Data: 27 gennaio 2013 11.40.01 GMT+01.00
INTERVENTI DI DIJANA PAVLOVIC, FRANCO BOMPREZZI, MARCO MORI, EMANUELE FIANO, ONORIO ROSATI E RENATO SARTI:
Sabato 26 gennaio 2013 presso il circolo “Francesco Rigoldi” di via Hermada 8 a Niguarda, quartiere della Zona 9 di Milano, iniziativa in occasione della “Giornata della Memoria”, per non dimenticare la Deportazione e lo sterminio pianificato nei lager nazifascisti.
Proiezioni di audiovisivi ed interventi di Dijana Pavlovic (attrice, Comunità Rom), Franco Bomprezzi (portavoce Ledha), Marco Mori (ARCI Gay di Milano), Emanuele Fiano (Comunità Ebraica di Milano), Renato Sarti (attore, Teatro della Cooperativa di Niguarda) ed Onorio Rosati (Sindacato CGIL).
SUI ROM MORTI DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE
Se io testimonio oggi che la "soluzione finale" per i rom era stata progettata da Hitler fin dal 1933 (cf: "MEIN KAMPF") e questo piano mostruoso è stato attuato con un genocidio di 7.500.000 di noi, allora io avrò assolto al mio dovere affinchè dopo 100 anni o addirittura 50 anni tutta questa pagina della storia rom non sia definitivamente cancellata. Si tratta di un "olocausto" regolarmente dimenticato... o volontariamente occultato e la sua valutazione merita alcune spiegazioni.
Prima della guerra c'erano circa 25 milioni di rom dispersi attraverso l'Europa, di cui soltanto 10 milioni si riconoscevano ufficialmente come rom. Dunque la maggioranza degli studiosi dei rom, amici come nemici, sono d'accordo per stimare una ecatombe del 75% che corrisponde ad un genocidio di circa 7.500.000 di individui.
Si è lontani dalle 500.000 vittime - cifra spesso usata per quantificare il genocidio rom nel suo insieme. Io, come anziano prigioniero dei campi di sterminio nazisti, sono stato invitato a testimoniare nel processo intentato contro il negazionista francese Robert Faurisson.
Gli archivi messi a mia disposizione, provenienti da Germania, Polonia, Cecoslavacchia, Bulgaria, ecc., permettono di ritenere che i 500.000 rom morti nei diversi campi di concentramento si riferiscono agli individui di ogni sesso e di ogni età che sono serviti per gli esperimenti etnici e biologici dei tecnici e dei medici criminali nazisti.
Simon Wiesenthal, il cacciatore di nazisti ben conosciuto, indica la cifra di 2 milioni per l'olocausto del rom nei campi e nelle prigioni. Ma tutti gli altri? Le testimonianze delle popolazioni europee sotto il nazismo abbondano nel descrivere esecuzioni di massa: nei campi, nelle foreste, nelle strade, ecc.. E, come dimenticare, tutti i rom morti nelle armate regolari o fra i partigiani? E i giovani rom arruolati a forza nelle SS o nella Wermacht, evasi, ripresi e fucilati.
UN NOMADISMO FORZATO
...di guerra in guerra... Racconti rom dal Kosovo all'Italia
Edizioni Archeoares, 2011
Bejzak scrive che in Kosovo "per secoli prima della guerra, la popolazione rom ha vissuto una vita sedentaria svolgendo lavori onesti... Con la guerra del 1999, le nostre case ed i nostri terreni sono stati bombardati, bruciati e derubati ed i rom sono stati costretti a fuggire attraverso il mare Adriatico verso altri paesi europei... Oggi nell'ex Jugoslavia sono stati creati nuovi stati ed i rom storici rimasti lì non hanno avuto nessun riconoscimento... Nonostante varie distinte ricerche etnografiche sui rom, c'è una mancanza di ricerca della verità sull'origine del nomadismo forzato [sic] del popolo rom e di conseguenza sono nati molti pregiudizi e discriminazioni" (p.17).
Le parole di Adem, Bedria e dei loro figli sono state raccolte da Kristin Jenkins, studiosa della problematica dei rom del Kosovo, con vero e proprio sgomento: quella stessa sensazione che molti di noi hanno dovuto sperimentare in questi anni incontrando la verità della tragedia jugoslava. Una verità a tutti gli effetti elusa, mistificata tra fiumi di parole "a effetto" che dicono di solito il contrario di quello che sarebbe necessario dire e sapere. Sul Kosovo, ad esempio: il nostro telespettatore è abituato ad imputare allo Stato jugoslavo, plurinazionale e improntato ai valori socialisti di giustizia sociale ed eguaglianza nazionale (fino al suo scioglimento avvenuto il 4 febbraio 2003), quei crimini di prevaricazione e "pulizia etnica" che sono stati invece commessi dalla parte antagonistica, cioè il secessionismo pan-albanese e l'imperialismo della NATO.
Il libro è anche un viaggio nella storia recente del popolo Rom. Vi incontriamo rom partigiani, attivi combattenti contro il nazifascismo oppure vittime del genocidio praticato nei lager gestiti dagli ustascia; vi incontriamo attivisti del movimento per i diritti nazionali rom, sorto in Kosovo a partire dal 1968; vi incontriamo rom comunisti, impegnati a frequentare scuole di formazione politica nella Jugoslavia degli anni Settanta, e donne rom impegnate ad emanciparsi dalle tradizioni arcaiche della cultura di provenienza. Vi incontriamo rom giovani e anziani, donne e uomini tutti insieme bloccati in coda in una autocolonna lunga 30 chilometri che il 17 giugno 1999, a passo d'uomo, li conduce fuori dalla loro terra, e poi in agosto a Bar (Montenegro), sotto un grande albero nei pressi del porto ad attendere per un mese la nave che li deve portare in esilio. Vi incontriamo rom che nolenti o volenti vengono registrati come "albanesi" dalla burocrazia - perché è "politicamente corretto" e così, forse, si riesce a far valere qualche diritto umano elementare.
Nel libro, oltre a leggere, vediamo Bejkaz in fotografia, partecipare ad una manifestazione ad Aviano nella primavera 1999, per protesta contro le "bombe imperialiste" e la politica della NATO di strumentalizzazione della questione "etnica" nella sua terra. Sempre in fotografia vediamo la casa di famiglia di Adem nei giorni felici (pp.19 e 60) e devastata (a p.50 e in copertina) da NATO e UCK tra di loro alleati. E vediamo Adem in visita da suoi connazionali e presso i luoghi-simbolo della tragica storia Rom: ad esempio a Kragujevac, nel parco delle Sumarice. (3)
(2) Il Giorno della Memoria (27 Gennaio) è una ricorrenza istituita con la legge n. 211 del 20 luglio 2000 dal Parlamento italiano che ha in tal modo aderito alla proposta internazionale. Il testo dell'articolo 1 della legge così definisce le finalità del Giorno della Memoria: « La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. » (Legge 20 luglio 2000, n. 211, Istituzione del "Giorno della Memoria" in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 177 del 31 luglio 2000, dal sito web Parlamento Italiano. Riportato il 12 aprile 2007.)
E' il caso di rammentare il significato del termine GENOCIDIO: ogni atto commesso con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso.
Annie Lacroix-Riz, profesor emeritus , Univerzitet Pariz 7
70 –godišnjica kraja staljingradske bitke i pobjede u Staljingradu 2 februara 1943
Kapitulacija von Paulusove armije u Staljingradu 2 februara 1943 značila je, za svjetsko javno mnjenje, odlučan vojni preokret, koji nipošto nije bio prvi u tom smjeru.
Ta je pobjeda proisotekla iz ruskih priprema za rat s Njemačkom, koji se smatrao neizbježnim. Posljenji francuski vojni ataše u SSSR-u, Palasse, o tome je dao realne ocjene. Nasuprot tadašnjem ministru vojske, koji je bio zagriženi protivnik sklapanja trojnog saveza Francuske sa Sovjetima (Moskva, Pariz, London), što bi bilo prisililo Reich na rat na dva fronta, ovaj je promatrač imao drugačije mišljenje, jer je upoznao sovjetske ratne mjere u ekonomiji, pripreme Crvene Armije i stanje duha stanovništva, koje je bilo rašireno u SSSR-u, a odisalo je «nenarušivim povjerenjem u vlastitu obrambenu moć», koja će sasvim sigurno poraziti svakog napadača.
Ishod u sukobima s Japanom na granici SSSR-a, Kine i Koreje, u godine 1938-1939 (kad se Žukov već istaknuo) još su više učvrstili francuskog vojnog atašea u takvom mišljenju. To objašnjava zašto je Tokio razborito sklopio s Moskvom 13 aprila 1941 «pakt o neutralnosti», koji je Moskvi prištedio rat na dva fronta.
Nakon njemačkog napada 22 juna 1941 odmah se vidjelo da je smjesta došao kraj Blitzkriega. General Paul Doyen, koji je od vlade u Vichyju bio delegiran u komisiju za potpisivanje primirja, ovo je poručio maršalu Pétainu 16 jula 1941:»Iako III Reich u Rusiji bilježi neosporive strateške uspjehe tok operacija ipak ne odgovara mišljenju, koje je o tim operacijama postojalo kod ratnih vođa. Oni uopće nisu računali na tako bjesomučan otpor na koji naišli kod ruskog vojnika, na toliko strasno fanatizirano stanovništvo, ni na tako iscrpljujuće gerilske napade u pozadini, niti na tako ozbiljne gubitke te na potpunu prazninu na koju nailazi zavojevač, niti na toliko ozbiljne poteškoće u snabdjevanju i u savladavanju komunikacija. Ne brinući se za to što će je sutra pogoditi glad, Rusija pali sve bacačima plamena: žito, sela, razara sve što može da se kreće na kotačima i sabotira sva nalazišta siovina.»
Taj je general vichijevske Francuske smatrao njemački rat toliko kompromitiranim da je već od tog dana počeo zagovarati prelazak Francuske s njemačkog tutorstva (koje prosuđuje još uvijek neophodnim) na američko tutorstvo. Jer, piše on «šta god se dogodilo svijet će morati, u idućih desetak godina, slušati volju Sjedinjenih Država Amerike.»
Vatikan, najbolja obavještajna služba svijeta, jako se uzbudio početkom 1941 zbog «njemačkih teškoća» i takvog «ishoda, u kojem će Staljin biti pozvan na organiziranje koncerta mira za Cherchilla i za Rosvelta».
Drugi put je ratna sreća dovela do zaustavljanja Wermachta pod Moskvom, u mjesecima novembru i decembru 1941, a ta je pobjeda pod Moskvom proslavila političku i ratnu sposobnost SSSR, koju su simbolizirali Staljin i Žukov. U to vrijeme Sjedinjene Države još nisu bile službeno ušle u rat.
Njemački Reich vodio je protiv SSSR-a istrebljivački rat, bespoštedan sve do časa njegovog posvemašnjeg povlačenja s Istočnog fronta, ali se Crvena Armija pokazala sposobnom da slomi ofanzive Wermachta , a naročito onu u ljeto 1942 godine, kojoj je cilj bio dokopati se (kavkaske) nafte. Ozbiljni vojni historičari, i to naročito anglo-američke provenijencije, koji se u Francusoj ne prevode, pa prema tome i ignoriraju, danas se najviše bave onim što je dovelo do vojne pobjede Sovjetskog Saveza u odnosu na sukobe koji su počeli u julu 1942 između «dvije armije sa više od miliona vojnika». Crvena Armija dobila je protiv Wemachta »tu ogorčenu bitku», koju su iz dana u dan budno pratili svi narodi u okupiranoj Evropi i svi ostali narodi svijeta, i koja je «prevazišla žestinom sve bitke iz I svjetskog rata, jer se borba vodila za svaku kuću, za svaki rezervoar za vodu, za svaki podrum, za svaku zaostalu ruševinu». Ta pobjeda, kako je napisao britanski historičar John Ericson «postavila je SSSR među svjetske moćnike» i bila je jednako značajna kao i bitka «kod Poltava 1709 /protiv Švedske/, koja je Rusiju preobrazila u evripsku vojnu silu».
Sovjetsku pobjedu pod Staljingradom, treću sovjetsku po redu vojnu pobjedu, ljudi su smjesta doživjeli kao obrt ratne sreće, tako jasan i očit da ga čak ni nacistička ratna propaganda nije uspjela prikriti. Taj je događaj odmah najizravnije postavio pitanje što će se dogpditi nakon rata, budući da su Sjedinjene Države obogatile u ratnom sukobu, u suprotnosti sa Sovjetskim Savezom, koji je trpio velike gubitke sve do 8 maja 1945. Opća statistika poginulih u II svjetskom ratu svjedoči o doprinosu Sovjetskog Saveza i o općem ratnom naporu koliko i o ogromnoj patnji koju je taj ratni sukob značio za njegovo stanovništvo: 26 do 28 miliona mrtvih (brojka se neprestano povećava) od 50 miliona ratom zahvaćenog stanovništva, od čega više od polovine čine civilne žrtve.
Amerikanaca je poginulo manje od 300.000 na japanskom i na evropskom frntu. Ne vređamo istoriju kad tvrdimo da su Sjedinjene Države, bogate i snažne, gospodari poraća, mogle pobjediti Njemačku zato jer su Rusi zadali Wermachtu udarac, koji ga je smlavio. Nije Wermacht pobijedio «general zima», taj ledini general koji 1917-1918 spriječio Reichswer da ostane na istoku.
Francuska je potvrdila vlastitu rusofobiju, koja joj je postala opsesijom nakon 1917, a zbog koje je podnijela slom u mjesecima maju i junu 1940, odlučno odbijajući da oda počast i Rusiji prilikom proslave 60-godišnjice ikrcavanja u Normandiji, 5 juna 1944. Tema o američkom spasavanju «Evrope» nametala se tokom te cijele godini proslave savezničkog iskrcavanja. Mi stariji znamo , čak i kad se ne radi o historičarima, da je Staljingrad značio nadu u prestanak hitlerovskog barbarstva.
Od tog pobjedonosnog dana «nada je prešla na drugu stranu, a borba je promijenila duh». Samo zbog opsesivnog ideološkog lupanja i lupetanja mlade generacije o tome ne znaju ništa.
Bibliografija:
John Ericson, 2 toma: The Road to Stalingrad:Stalin's war with Germany, The Road to Berlin: Stalin's War with Germany, Prvo izdanje 1983 London; drgo izdanje New Haven.
London. Yale Unoversity Press, 1999:
Geoffrey Roberts, Stalin's Wars: From World War to Cold War, 1939-1953. New Haven&London, Yale University Press, 2006.
Stalin's general: the life of Georgey Zhukov, London, icon Books, 2012.
David Glantz i Jonathan M. House, Armagedon in Stalingrad: September-November 1942 (The Stalingrad Trilogy, 2 toma, Moder War Studies, Lawrance, Kansas, University Press of Kansas 2009.
Alexander Werth, la Russie en guerre, paris, Stock, 1964.
(prevod: Jasna Tkalec)
Da: "Histoire" <histoire @ mcicom.net>Data: 23 gennaio 2013 12.05.54 GMT+01.00Oggetto: [listalr] 1943 - 2013 Le sens de la victoire soviètique de Stalingrad.Rispondi a: histoire @ mcicom.netChers amis,
L’importance historique et civique de la bataille et de la victoire soviétique de Stalingrad me semblent imposer :
1° participation à la cérémonie organisée le samedi 2 février près du métro Stalingrad : voir invitation ci-jointe.
2° un rappel sur le sens de Stalingrad, le texte ci-joint, que j’ai rédigé pour la revue La nouvelle presse.
Je profite de l’occasion pour vous annoncer que paraîtra prochainement l’excellent ouvrage de Geoffrey Roberts, dont je sollicite la traduction depuis sa parution (voir sur mon site, l’article « Geoffrey Roberts, Stalin’s Wars, From World War to Cold War, 1939-1953 : un événement éditorial », 2007, sur le site www.historiographie.info), aux éditions Delga (j’en rédigerai la préface). Il figure naturellement dans la bibliographie succincte que j’ai ajoutée à ce petit texte, avec son récent ouvrage, Stalin’s general: the life of Georgy Zhukov. London, Icon Books, 2012.
Amitiés, et meilleurs vœux pour 2013.
Annie Lacroix-Riz
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