Informazione


[ Per una contestualizzazione ed approfondimento storico dell'eccidio di Porzûs raccomandiamo la lettura dei testi:
Porzûs: il più grande processo antipartigiano del dopoguerra (di Alessandra Kersevan, 2008)
Intervista al Comandante Giacca (Edizioni Rapporti Sociali, 1998 - opuscolo in formato PDF, 5MB)



LETTERA APERTA AL PRESIDENTE NAPOLITANO SU PORZÛS


Esimio Presidente,

Nella sua visita in Friuli Lei si fermerà anche a Faedis, uno dei paesi della Repubblica partigiana del Friuli Orientale, un’esperienza importantissima ed esaltante della guerra di liberazione, in cui gli abitanti di queste terre poterono, prima della fine della guerra e della vittoria sul nazifascismo, sperimentare alcuni tratti di democrazia e di autogoverno, dopo oltre vent’anni di dittatura fortemente centralistica, che aveva represso in particolare le numerose minoranze presenti nella nostra regione, prime fra tutte quella slovena. A questa esperienza, sviluppatasi dalla collaborazione delle varie componenti della Resistenza, diedero un determinante contributo i partigiani garibaldini, e fra essi molti erano gli aderenti a quel partito comunista italiano, di cui lei stesso ha fatto parte per decenni.

Faedis è anche il comune in cui si trovano le malghe di Topli Uorch, nome effettivo del luogo in cui avvenne l’eccidio che va sotto il nome di Porzûs. Il programma che Lei seguirà non prevede, così è stato detto, la sua salita alle malghe. Io immagino che questo avvenga, molto opportunamente, per evitare il possibile disagio che alla più alta figura istituzionale della Repubblica verrebbe dal rendere omaggio ad una lapide, che contiene molti nomi che non c’entrano con l’eccidio stesso. Penso che un ruolo, in questa scelta, possa aver avuto anche la consapevolezza che, prima di istituire alle malghe un monumento nazionale, quella di Porzûs sia una vicenda che vada ancora indagata e chiarita. Infatti i processi che si susseguirono negli anni cinquanta e che videro imputati e condannati decine di partigiani e di gappisti garibaldini, avvennero nel periodo più buio della guerra fredda, quando l’attacco alla resistenza garibaldina e comunista era, in Italia, nel suo punto più alto, con l’istruzione di centinaia di processi contro partigiani, di cui quello di Porzûs fu sicuramente il più imponente. Questo processo fu finalizzato precisamente alla messa fuori legge del partito comunista sotto l’accusa di “tradimento della patria”, obiettivo che non venne raggiunto soltanto per l’impegno del comitato di difesa, di cui fece parte anche il senatore Terracini, e per la continua mobilitazione antifascista e solidarietà che si creò intorno agli imputati. Solidarietà e impegno che tuttavia non furono sufficienti a evitare la condanna e la prigione preventiva di tanti di essi.

Nei decenni successivi si è detto che la verità processuale È la Verità. Le posso assicurare, signor Presidente, che le cose non stanno così. L’analisi della corposa documentazione processuale e di altra documentazione anche di fonte alleata resa disponibile negli ultimi decenni, dimostrano che le cose intorno all’eccidio di Porzûs sono molto diverse da come sono state riproposte. Purtroppo, ciò che risulta è che, con molta probabilità, alcuni comandanti osovani e fra questi anche Bolla, ebbero comportamenti di intesa con il nemico nazifascista, con trattative che costituirono un serio pericolo per le formazioni garibaldine.

Si è detto, in questi ultimi anni, dopo che queste intese e trattative non poterono più essere nascoste e confuse, che tutto questo fu fatto in difesa dell’italianità delle terre del confine orientale dall’invadenza slava. Ma Lei sa, signor Presidente, che queste terre fra il ’43 e il ’45 non erano già più Italia, essendo state annesse dal Terzo Reich. Lei sa, signor Presidente, che in queste terre esisteva una forte componente slovena che aveva sofferto molto dall’Italia fascista. Lei sa, signor Presidente, che le forze della resistenza jugoslava facevano parte dell’alleanza antinazifascista e che la direttiva del CLNAI era quella della collaborazione con i partigiani “slavi”. Lei sa, signor Presidente, che queste trattative dei comandanti osovani con tedeschi e repubblichini, fra cui la X Mas, avvennero contro quelle che erano le precise direttive del Comitato di Liberazione Alta Italia e del Corpo Volontari della Libertà, che considerarono tradimento, senza mezzi termini, le trattative di qualsiasi tipo con il nemico. Soprattutto se queste trattative avvenivano senza aver avvisato le altre componenti della Resistenza e, anzi, alle spalle di una di queste componenti, come succedeva in queste trattative osovane a danno dei garibaldini. Lei sa che questo processo non sarebbe mai dovuto avvenire perché per farlo dovettero venire violati articoli del trattato di pace e leggi della nuova repubblica, fra cui quell’amnistia che va sotto il nome di Togliatti, che servì alla “pacificazione” liberando i fascisti epurati, ma, a causa di un’applicazione ingiusta di una magistratura a quel tempo ancora molto compromessa con il passato regime, non evitò l’arresto e la detenzione di tanti partigiani.

L’eccidio di Porzûs, compiuto da partigiani gappisti a danno di partigiani osovani, si può giudicare che non sia stato un grande momento della storia della Resistenza, ma isolandolo dal contesto in cui avvenne e accettando in maniera acritica i risultati di una Giustizia che a quel tempo si dimostrò sicuramente non obiettiva, non si fa un grande servizio alla verità e alla giustizia storica.

Le chiedo, quindi, che prima di istituire il monumento nazionale a Porzûs, la sua Presidenza favorisca la formazione di una commissione di ricercatori storici che analizzino la vasta documentazione esistente, onde arrivare a una ricostruzione il più possibile obiettiva della vicenda della malghe di Porzûs, stabilendo anche chi e quanti furono gli uccisi e perché, e arrivare finalmente – se i risultati della ricerca lo consentiranno, come io penso – alla riabilitazione di molti di quei partigiani che furono ingiustamente condannati.

Udine, 27 maggio 2012

Alessandra Kersevan



(english / francais / italiano)

Fascisti anti-siriani in tour dal Kosovo a Miami

1) Hula come Racak. Esecuzioni di bambini, manipolazioni bellicose e libanizzazione (M. Correggia)
2) Terroristi siriani e cubani insieme a scuola di formazione ... a Miami!
2.1: Una primavera araba per Cuba? Cosa si nasconde sotto il tappeto (P. F. Alvarado Godoy)
2.2: L’opposition syrienne prend ses quartiers d’été à Miami (J. G. Allard)
2.3: Document: Cuban-Syrian Joint Declaration of Agreement (by U.S. State Department)
3) La Russie proteste contre l’entrainement de factieux syriens au Kosovo
4) Siria-Kosovo: a scuola di guerriglia (Miren Stillitani)


I governi imperialisti e la "sinistra" occidentale oramai non resistono per più di pochi mesi senza combattere qualche guerra di "civilizzazione" contro il paese "canaglia" di turno... E'  più forte di loro: come i vampiri, si nutrono oramai del sangue dei paesi indipendenti e sovrani, e vivono esclusivamente per ridurli in ammassi di rovine. (IS)


JUGOINFO LINKS:

Siria. I miliziani anti-Assad addestrati in basi nel Kosovo (Sergio Cararo)
Moscow against training Syrian militants in Kosovo
Kosovo : l’opposition syrienne à l’école de l’UÇK ?

Syrian opposition activists ask Kosovo for advice
Syrian opposition studies terror tactics in Kosovo


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Siria, esecuzioni di bambini, manipolazioni bellicose e libanizzazione…

Marinella Correggia
 
Quel che è certo è che da mesi la violenza più atroce e incredibile (settaria?) in Siria ha corso comune. Quel che è certo l’orrore di molti bambini e adulti trucidati, a Hula, in Siria. Un atto diabolico. Dolorosissimi i video (con ambientazioni diversificate) che mostrano quei piccoli corpi. Ma sugli autori del massacro e sulle dinamiche le versioni sono come al solito opposte. Le fonti dell’opposizione li attribuiscono all’esercito. Il regime siriano nega ogni responsabilità, annuncia un’inchiesta di tre giorni e sostiene che l’attacco armato è stato portato invece da “armati antigovernativi”.
Anche il centro di informazioni cattolico della provincia di Homs Vox Clamans dà una versione ben diversa da quella dei media internazionali.
Per quanto non ci siano conferme del coinvolgimento dell’esercito siriano nell’attacco, i media internazionali e i leader si sono precipitati ad accusare il regime e a chiedere un intervento internazionale forte, e così la stessa opposizione siriana, con il cosiddetto Esercito libero che si ritiene ormai libero da ogni vincolo di cessate il fuoco chiesto dal piano Annan). Un’occasione davvero utile, perla Clintoncome per il Qatar. Dunque il chiedersi “cui prodest” non è peregrino.
Le voci vanno sentite tutte, e senza mistificarle. Vediamo cosa dice l’Onu. Qui http://www.un.org/apps/news/story.asp?NewsID=42094&Cr=Syria&Cr1 non nomina responsabili: “Gli osservatori della missione Onu Unsmis confermano l’uccisione di 90 civili di cui 32 bambini, più molti feriti, nel villaggio di Houla, dopo aver visto i corpi” (ma ovviamente le dichiarazioni dell’Onu vengono manipolate dall’Ansa che titola “L’Onu accusa l’esercito”). Prosegue il sito Onu: “Il generale Robert Mood, capo dell’Unsmis, ha dichiarato che le circostanze di queste tragiche uccisioni non sono tuttora chiare”.
Il sito scrive inoltre che gli osservatori confermano anche, da un’analisi di residuati, che tiri di artiglieria sono stati effettuati contro un quartiere residenziale. Ma non è specificato da chi.
Il governo siriano invece sostiene che l’esercito non ha usato artiglieria o armi pesanti contro i civili e a che a compiere la strage sono stati i “terroristi” che a centinaia hanno attaccato Houla con armi pesanti compresi lanciarazzi anticarro.
Ban Ki-Moon e Kofi Annan hanno emesso un comunicato: “Questo crimine brutale che indica un uso indiscriminato e sproporzionato della forza è una violazione flagrante della legge internazionale e degli impegni da parte del governo rispetto al non uso di armi pesanti nei centri abitati (…) i responsabili dovranno pagare”. Sia Mood che Annan che Ban Ki Moon hanno chiesto al governo siriano di smettere di usare armamenti pesanti nei centri abitati ma hanno anche chiesto a tutte le parti di cessare le violenze in tutte le loro forme.La Reutersriferisce anche di queste parole di Mood: “Chi ha iniziato, chi ha risposto e chi è responsabile dovrà pagare”.
La tivù russa RT scrive (http://www.rt.com/news/fsa-annan-plan-307/): “Inizialmente il massacro è stato riferito da attivisti dell’opposizione fra i quali l’Osservatorio siriano per i diritti umani basato a Londra secondo i quali la città è stata bombardata dalle forze governative durante manifestazioni antiregime”. I bombardamenti sarebbero continuati da venerdì a mezzogiorno fino all’alba di sabato.
Il punto è che i morti nei video dalle ferite e dallo stato non sembrano essere vittime di bombardamenti sulle case ma di esecuzioni. Lo afferma anche un ex del Pentagono intervistato da Rt. Il collegamento fra azioni dell’esercito e i bambini morti dei video sembra non essere possibile.
Chi ha ucciso? Degli armati sicuramente non riconoscibili (quindi anche eventuali superstiti troveranno difficile dare risposte vere) e sulla base dei loro interessi. Che non sembrano essere quelli della pace ma piuttosto di una tensione sempre maggiore con intervento esterno.  Digitando su youtube “Hula massacre”, appaiono alcuni video, con tanti corpicini stesi sulle coperte, in ambientazioni diverse. I piccoli morti non appaiono vittime di bombardamenti sulle loro case ma piuttosto di esecuzioni mirate, uno a uno (non c’è la polvere e la distruzione che in genere si accompagnano ai tiri e ai bombardamenti che distruggono abitazioni, si pensi a certe foto dalla Libia).  C’è un altro video che mostra bambini morti con le mani legate (una stranezza che pare artificiosa e che richiama un video riferito a Homs in marzo, poi rivelatosi una mistificazione da parte dei rivoltosi).
Un altro video ancora mostra le immagini mostrate anche da Sana e dalla Press tv sulle due famiglie (con nomi) uccise in un villaggio da gruppi armati, ma attribuisce i morti con didascalia in spagnolo a Huila e alle “gang di Assad”.
Non sembrano esserci video di bombardamenti a Hula. Sempre digitando “Hula massacre” c’è un video che mostra uomini per strada (dove?), alcuni con bandiere – non quelle dell’opposizione – e poi si sentono rumori di spari e un fuggi fuggi con qualcuno che rimane per terra.
Secondo il Centro di informazioni Vox Clamans della diocesi di Homs, le cose sono andate molto diversamente da quel che dicono i media e l’opposizione. “Un nostro testimone oculare di Kfar Laha, presso Hula ci ha detto: ‘Bande armate in gran numero hanno attaccato le forze dell’ordine o dell’esercito vicino all’ospedale Al Watani che hanno perso veicoli e un blindato.  Sono seguiti scontri fino a tarda notte e invano i governativi hanno cercato di respingere l’attacco con l’artiglieria e molte perdite. Uccisi o feriti 35 soldati, e nove miliziani. I miliziani sono entrati nell’ospedale massacrando tutti i presenti. Hanno portato via i cadaveri in coperte dell’ospedale e li hanno ammucchiati in un luogo di Hulé che sembra essere una moschea. Poi sono entrati in varie case del quartiere sud uccidendo i civili e ammucchiandoli per mostrarli agli osservatori, prima di bruciare le loro case. In 24 ore cento sunniti sono stati massacrati a Tal Daw (Houlé), alaouiti sono stati massacrati a Shiphonyieh, ismailiti a Salamyeh e cristiani a Qusyar”. La consegna delle bande armate sembra essere incendiare il conflitto religioso.  E la previsione è sinistra : il mosaico siriano si potrebbe rompere in una guerra civile alla libanese.
L’agenzia Sana http://www.sana.sy/eng/337/2012/05/27/421559.htm parla di altre decine di assassinati civili “per mano di al Qaeda”: dà i nomi di diverse famiglie uccise nei villaggi Tal Daw e al-Shumariyeh e mostra diverse foto.

(27 maggio 2012)


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Una primavera araba per Cuba? Cosa si nasconde sotto il tappeto

23 Maggio 2012

di Percy Francisco Alvarado Godoy* | da www.rebelion.org

Rappresentanti del Consiglio Nazionale Siriano (CNS), il principale raggruppamento antigovernativo in Siria, e membri dell'anticubana Assemblea della Resistenza Cubana (ARC) hanno sottoscritto un “accordo di collaborazione”

Traduzione a cura di Marx21.it

*Percy Francisco Alvarado Godoy è giornalista guatemalteco che risiede a Cuba. Collabora a numerose testate, tra cui “Cubadebate” e “Rebelion”

La notizia non sorprende nessuno. Rappresentanti del Consiglio Nazionale Siriano (CNS), il principale raggruppamento antigovernativo in Siria, e membri dell'anticubana Assemblea della Resistenza Cubana (ARC) hanno sottoscritto un “accordo di collaborazione”, l'8 maggio, nell'Hotel Biltmore, a Coral Gables, Miami, il cui proposito è “coordinare azioni” per provocare il rovesciamento incostituzionale dei governi siriano e cubano. “Stiamo lottando per lo stesso ideale che non è altro che il rispetto dei diritti fondamentali dei popoli di Siria e Cuba”, ha sottolineato la provocatrice Sylvia Iriondo, il cui padre è stato un noto agente della CIA e ha partecipato alla sconfitta invasione mercenaria a Playa de Giron.
Questa signora, alla guida del gruppuscolo Madri e donne antirepressione per Cuba (M.A.R. per Cuba), si è distinta per la promozione di attività sovversive dentro l'Isola, finanziando la controrivoluzione interna e inviando emissari per finanziare le sue attività destabilizzanti.

CNS e ARC si sono incontrati per caso? Certo che no. L'accordo è il risultato della creazione di una forza di scopo (Task Force), tra agenzie e governi, a cui partecipano congiuntamente la CIA, il Mossad, l'M16, le sezioni Cuba e Siria del Dipartimento di Stato, l'intelligence militare del Pentagono, gruppi di pressione filo-israeliani e anticubani all'interno del Congresso e vari rappresentanti dell'estrema destra, particolarmente Ileana Ros-Lehtinen. La Task Force è stata formata con il consenso di vari governi, quelli che hanno piena consapevolezza dell'attivazione di questo gruppo e dei suoi piani futuri, tra cui si distinguono Stati Uniti, Israele, Arabia Saudita, Regno Unito e altri paesi dell'Unione Europea e delle Lega Araba. E' probabile che anche tre governi latinoamericani siano stati consultati in merito.

Questo gruppo di scopo funziona da pochi mesi e si è posto come obiettivi, i seguenti:

1) Coordinare azioni di appoggio comune sul piano internazionale, sviluppando una guerra mediatica di alta intensità che può contare su vaste risorse messe a sua disposizione. In tal senso, viene contemplato l'impiego delle reti sociali per sommergerle con un attacco continuo di distorsione della realtà interna a Cuba e in Siria, appoggiandosi su gruppi controrivoluzionari interni, di cui è stato definito con chiarezza il ruolo nella vendita di un'immagine distorta delle loro realtà nazionali.

Nel caso di Cuba, la SINA (Ufficio degli interessi degli Stati Uniti a Cuba) ha un ruolo determinante nel coordinamento delle azioni di provocazione e destabilizzanti. Nel caso della Siria, vari centri operativi ubicati a Parigi, Istanbul, Baghdad, Londra, e altre capitali europee e arabe, assolvono a questo compito che si inquadra nella guerra ideologica.

2) Creare un fronte unito e scambiare strategie comuni, che tengano conto dell'esperienza accumulata dai gruppi controrivoluzionari nelle rispettive nazioni. A tale scopo, il gruppo di scopo studia la possibilità, coltivata inutilmente per decenni, di promuovere una frattura tra le FAR (Forze Armate Rivoluzionarie) e il MININT (Ministero dell'Interno) di Cuba rispetto alla direzione del paese, avendo come riferimento l'esperienza maturata in Siria.

Davanti all'impossibilità di promuovere l'inserimento di mercenari stranieri all'interno di Cuba, come è accaduto in Siria, il gruppo di scopo ha ben chiara la creazione di condizioni per riattivare le azioni terroriste sviluppate contro Cuba negli anni passati, studiando i profili della forza controrivoluzionaria interna per individuare chi potrebbe essere potenzialmente impiegato in questo compito. In tal senso, si sta studiando l'invio di alcuni istruttori provenienti dall'Europa e da nazioni latinoamericane per preparare, surrettiziamente, alcuni controrivoluzionari all'utilizzo di esplosivi, delle tecniche di sovversione e di altri metodi di guerra sporca. Il gruppo di scopo ha pensato di incorporare alcuni cittadini latinoamericani, alcuni dei quali hanno servito in Iraq e Afghanistan, per preparare gruppi di infiltrazione allo scopo di realizzare sabotaggi dentro Cuba. Sono stati contattati anche terroristi di origine cubana e gruppi come Alpha 66, Comandos F4, tra gli altri, per reclutare persone da addestrare in campi all'interno degli Stati Uniti o in qualcuno dei paesi latinoamericani contattati.

3) La forza di scopo si è impegnata a utilizzare tutti i canali diplomatici possibili per demonizzare sul piano internazionale i governi di Bashar Al Assad e Raul Castro, in particolare all'interno delle Nazioni Unite, l'OSA, la Lega Araba, e utilizzando una vasta gamma di ONG, allo scopo di deformare deliberatamente la situazione dei diritti umani in queste nazioni.

4) La forza di scopo dispone di fonti di finanziamento attraverso fondi segreti già assicurati dai governi coinvolti, fondamentalmente attraverso conti fantasma della CIA, del Mossad e di altre agenzie, spacciati come contributi a ONG.

Si stanno attuando studi per potere abilitare i canali logistici necessari per far arrivare gli interessati a Cuba e in Siria, tutte le risorse logistiche necessarie per realizzare le loro missioni.

In sintesi, l'accordo firmato dalla parte cubana (Berta Antunez, Orlando Gutiérrez, Silvia Iriondo, Laida Carro, Horacio Garcia, Raul Garcia e Luis Gonzales Infante) e dalla parte siriana (l'Unità per una Siria Libera, la Commissione Generale della Rivoluzione, il Gruppo di Lavoro dell'Emergenza Siriana, l'American Syrian PAC, il Consiglio Siriano-Americano e l'Organizzazione dei Siriani Espatriati, tra cui si trovavano Niman Shukairy e Mohamed Kawam) è solo una copertura per qualcosa di più grande.

Molti potranno anche definire questo lavoro come una speculazione senza fondamento, ma coloro che sanno come funzionano i servizi nemici, sono coscienti che non deriva da un evento pubblico ma da qualcosa che c'è dietro l'infrastruttura segreta per articolarlo, o perlomeno dalla Task Force incaricata dell'esecuzione. In questo, sia la CIA che il Mossad hanno una vasta esperienza. L'importante è mantenersi vigilanti e aver chiaro che il nemico si muove nell'ombra. Occorre farlo, anche se si deve sapere, in anticipo, che una “primavera araba” a Cuba è la semplice masturbazione di un nemico testardo, illuso, ma pericoloso.


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L’opposition syrienne prend ses quartiers d’été à Miami


par Agence Cubaine de NouvellesJean Guy Allard

La CIA met en place un dispostif de sabotage du plan Annan et de toute tentative de paix en Syrie. Renouant avec les méthodes de la Guerre froide durant laquelle elle fabriquaient des groupes subversifs dans le Bloc de l’Est et les intégrait dans des fronts combattants internationaux, la CIA a organisé à Miami un séminaire de formation joint pour les opposants armés cubains et syriens.

RÉSEAU VOLTAIRE | LA HAVANE (CUBA)  | 25 MAI 2012

[FOTO: Séminaire joint des oppositions armées cubaine et syrienne, financées par les Etats-Unis (1er au 8 mai 2012 à l’hôtel Biltmore de Coral Gables, Miami).]

En recourant aux milieux cubano-américains agissant sous leur emprise à Miami, ainsi qu’à des opposants syriens vivant sur leur territoire, les Services de renseignement des États-Unis tentent d’associer Cuba aux troubles qui secouent actuellement la Syrie, comme le suggère une dépêche datée depuis Miami de l’agence espagnole EFE qui « révèle » que « des dissidents syriens et cubains sont en train de créer un front pour combattre Castro et El-Assad ».
« Les oppositions syrienne et cubaine ont constitué aux États-Unis un front uni pour la liberté et la démocratie des deux pays qui avait pour but de combattre les "régime dictatoriaux"  », affirme la correspondance de l’agence madrilène, basée à Miami, ville considérée comme le siège de tous les complots anticubains ourdis aux États-Unis.
Des représentants de « la principale organisation d’opposition en Syrie » et des membres de la dénommée Assemblée de la Résistance cubaine (ARC) de Miami, ont conclu un « accord pour coordonner leurs efforts » et donner de Cuba une image d’instabilité.
« La Syrie est tombée dans une spirale de violence depuis le 15 mars 2011, lorsque des milliers de personnes sont descendues dans les rues », ajoute EFE.
« Ceci offre une possibilité extraordinaire : un front uni pour la liberté et la démocratie au sein duquel les peuples syrien et cubain se sont unis pour lutter », commente l’interlocutrice du correspondant de cette agence à Miami, Silvia Iriondo, la « présidente » de Mères et femmes anti-répression (M.A.R. Por Cuba).
Silvia Iriondo, de son vrai nom Silvia Goudie, est la fille d’un mercenaire de l’invasion manquée de la Baie des cochons. Elle vit de ses mensonges à Miami, de sa « créature » M.A.R. Por Cuba, gracieusement financée par l’USAID. Lors de l’enlèvement de l’enfant cubain Elian Gonzalez, cette dame et les membres de son organisation avaient déclaré qu’ils préféreraient le voir mourir plutôt que de le rendre à sa famille à Cuba.
Le Département d’État et ses « filiales » l’ont invariablement employée dans leur « service extérieur » pour qu’elle participe aux rencontres et aux meetings qu’ils organisent contre Cuba, en Europe et en Amérique latine.
En mars 2004, Robert Ménard, l’ancien secrétaire général de Reporters sans frontières, et Frank « Paquito » Calzon, agent de la CIA et directeur du Center for a Free Cuba (CFC), se sont présentés en public à ses côtés lors d’une réunion avec des députés européens organisée par les copains de l’ancien président du gouvernement espagnol José Maria Aznar à l’Union européenne.
Robert Ménard est devenu célèbre après avoir renfloué ses comptes bancaires « cubains » de Virginie avec l’argent de l’USAID, tandis qu’au CFC, Felipe Sixto, le bras droit de Calzon, a été arrêté et condamné pour avoir détourné un demi million de dollars.
En 2007, ladite Société internationale pour les Droits de l’Homme – une organisation de la CIA ouvertement anticommuniste qui organisait un séminaire sur la « question cubaine » au Centre de communications de la Dresdner Bank, à Frankfort, en Allemagne –, invita et installa Silvia Iriondo à la présidence aux côtés de Calzon, de Pedro V. Roig (le directeur général de Radio et TV Marti qui était alors sous enquête pour fraude), du « commandant traître » Hubert Matos, lié au trafic de drogues, et d’Angel Francisco de Fana Serrano, d’Alpha 66 (arrêté en Californie en 1995 avec en sa possession un arsenal d’armes destinées à perpétrer un attentat terroriste contre Cuba.
En novembre 2009, Silvia Iriondo se joignit au chef d’UnoAmérica, confrérie fasciste de nostalgiques du Plan Condor, ainsi qu’à Alejandro Peña Esclusa – aujourd’hui jugé pour terrorisme à Caracas –, au sein du groupe d’« observateurs » qui ont légitimé les élections générales convoquées sous la dictature de Roberto Micheletti au Honduras.
À cette occasion, elle a une nouvelle fois côtoyé Matos et d’autres « figures » de la mafia anticubaine comme le millionnaire de l’« anticastrisme » Orlando Gutierrez Boronat qui l’accompagne à présent dans le montage du show « Cuba-Syrie ».
Bénéficiaire, à l’instar de Mme Iriondo, des généreuses perfusions de dollars de l’USAID, Gutierrez s’est autoproclamé secrétaire national du Directoire démocratique cubain (DDC), et d’aucuns lui reprochent même de s’offrir des voyages à travers le monde avec les subventions.
Salué par EFE – une agence de presse créée par le grand-père franquiste d’Aznar –, cet « accord » n’est pas la première tentative d’« associer » la Syrie à Cuba, à laquelle participe Mme Iriondo.
Il y a quelques semaines, cette « militante » à la solde du Département d’État a participé à une séance d’information au Congrès organisée par une soi-disant Association d’avocats cubano-américains (CABA), placée sous le thème « Le printemps arabe à Cuba », en présence des législateurs mafieux Mario Diaz-Balart, Ileana Ros-Lehtinen et David Rivera.
Parmi les signataires de l’« accord » dont se félicite EFE figure en outre Horacio Garcia, du Conseil pour la liberté de Cuba (CLC), l’un des anciens directeurs de la Fondation nationale cubano-américaine (FNCA). Rappelons que ce monsieur a été présenté publiquement par le terroriste d’origine cubaine Luis Posada Carriles comme l’un des principaux « financiers » de ses activités criminelles.
Pour la « partie syrienne », EFE mentionne Mohamed Kawam, du dénommé Groupe de travail de l’urgence syrienne, et Niman Shukairy, de l’Unité pour une Syrie libre, respectivement médecin et dentiste, qui semblent préférer l’argent facile à l’exercice de leur profession. Deux militants syriens basés aux États-Unis, dont les positions de droite leur ont permis de s’associer aux mécanismes de propagande et de déstabilisation du Département d’État.

[FOTO: Réception des participants au séminaire cubano-syrien par le gouverneur de Floride, Rick Scott (1er mai 2012).]

[1] The ACR included Movimiento Feminista por los Derechos Civiles Rosa Parks, Coalición de Mujeres Cubano Americanas (Coalition of Cuban American Women), Proyecto Pro Cambio, Jóvenes Cubanos en Acción (Cuban Youth in Action), Presidio Político Histórico "Casa del Preso", Directorio Democrático Cubano (Cuban Democratic Directorate), and MAR por Cuba (Mothers Against Repression).

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Document

Cuban-Syrian Joint Declaration of Agreement

We, Cubans and Syrians, in resistance against the tyrannies which deprive us of our God-given, inalienable rights, proclaim : That human rights and dignity are universal and intrinsic to the human condition, and that all humans are created equal in obeisance to same ; That in defense of these rights, the Cuban Resistance and the Syrian Revolution agree to unify our struggles in order to accelerate the hour of liberation ; Therefore : 
 The Cuban Resistance recognizes the Syrian Revolution as a legitimate expression of the highest aims and ideals of the Syrian people ; 
 The Syrian Revolution recognizes the Agreement for Democracy as a legitimate expression of the highest aims and ideals of the Cuban people ; 
 The Cuban Resistance joins those nations, which have recognized the Syrian Revolution as a legitimate representative of the Syrian people ; 
 The Syrian Revolution adopts the Vilnius Resolution of the Parliamentary Forum of the Community of Democracies in recognizing the Cuban Resistance as a legitimate representative of the Cuban people ;
Therefore, with said moral authority, the Cuban Resistance and Syrian Revolution jointly agree : 
 To coordinate all of our political, diplomatic, logistic and humanitarian efforts in pursuit of the liberation of Cuba and Syria ; 
 hence constituting a United Front for Freedom and Democracy ;
Therefore, the Cuban Resistance and the Syrian Revolution jointly declare : The people want the overthrow of the dictatorial regimes of Assad and Castro.
Signed at the Biltmore Hotel in Coral Gables this 8th day of May, 2012.
For The Assembly of the Cuban Resistance [1] : Bertha Antunez, Laida Carro Raul Garcia, Luis Gonzalez Infante, Orlando Gutierrez Boronat, Sylvia Iriondo 
For the Syrian Revolution : Khaled Saleh (General Commission for the Revolution), Mohamed Kawam (Syrian Emergency Task Force — SETF), Yahia Basha (United for a free Syria — UFS), Bashar Lufti (American Syrian Public Affairs Committee —(AMSPAC), Imad Jandali (Syrian American Council — SAC), Maher Nana (Syrian Expatriates Organization —SSO— and Syrian Support Group — SSG).



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La Russie proteste contre l’entrainement de factieux syriens au Kosovo


RÉSEAU VOLTAIRE  | 25 MAI 2012

Le ministère russe des Affaires étrangères a exhorté les instances internationales opérant au Kosovo à faire en sorte que la région ne devienne pas un terrain d’entraînement pour les rebelles opérant en Syrie.
En effet une délégation de l’opposition syrienne s’est rendue au Kosovo en avril pour procéder officiellement à un accord sur l’échange d’expériences en matière de guérilla anti-gouvernementale.
Selon le ministère russe, les entretiens ont porté non seulement sur les moyens d’organiser la résistance armée contre les autorités, mais aussi sur la formation de militants syriens au Kosovo.
« Il est prévu d’utiliser les zones (au Kosovo) qui ressemblent au terrain en Syrie. La possibilité de mettre en place des camps d’entraînement dans les anciennes bases de l’Armée de libération du Kosovo (l’UCK) est également en cours de discussion ».
« Transformer le Kosovo en un terrain d’entraînement international pour les militants armés peut devenir un facteur de déstabilisation grave qui pourrait se prolonger au-delà des Balkans (...) nous exhortons les organismes internationaux qui opèrent au Kosovo à prendre toutes les mesures nécessaires pour empêcher. ces projets ».
À la fin des années 90, la milice ethnique et confessionnelle albanaise UCK avait mené une guerre séparatiste contre le gouvernement du président Slobodan Milosevic.
Les représailles militaires de l’État yougoslave contre les actions terroristes organisées par l’UCK avait servi de prétexte à la première intervention militaro-humanitaire de l’histoire de l’OTAN.
Après la chute de l’État national, l’UCK avait procédé à une politique de purification ethnique au Kosovo, accompagnée d’une campagne de destruction méthodique d’églises et de monastères chrétiens orthodoxes.
Se présentant comme des musulmans sunnites, les combattants de l’Armée de libération kosovare s’étaient spécialisés dans le proxénétisme pour financer leurs opérations avant de diversifier leurs activités dans le trafic d’héroïne et le commerce d’organes.
Alors que le procureur national italien anti-mafia Alberto Mariati, à confirmé que « l’UCK était liée à la mafia de Naples, la Camorra, ainsi qu’ à celle des Pouilles », Hashim Thaçi, le parrain de la mafia kosovare et le dirigeant de l’aile politique de l’UCK est actuellement premier ministre du Kosovo. [1]
Le succès fulgurant de l’organisation et de ses dirigeants est dû au fait que dès sa création en 1996, l’UCK était piloté par les services secrets allemands et par l’OTAN qul l’avait entrainée dans des camps basés en Turquie et en Albanie [2].
À l’époque, les Occidentaux et l’UCK étaient parvenus à neutraliser politiquement la majorité des musulmans du Kosovo en marginalisant le leader pacifiste kosovar Ibrahim Rugova et en assassinant le modéré Ahmet Krasniqi.
Hier en Afghanistan, en Tchétchénie, en Yougoslavie ou en Libye et aujourd’hui en Syrie, l’Otan s’appuie systématiquement sur de soi-disant islamistes pour instrumentaliser l’islam et protéger ses intérêts.

[1] « Le gouvernement kosovar et le crime organisé », par Jürgen Roth, Réseau Voltaire, 8 avril 2008.

[2] « L’UÇK, une armée kosovare sous encadrement allemand », Réseau Voltaire, 15 avril 1999.



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Siria-Kosovo: a scuola di guerriglia

Miren Stillitani 
22 maggio 2012

E' in pericolo la stabilità dei Balcani e non solo. E' questo l'allarme lanciato da Mosca a seguito della visita in Kosovo di tre esponenti dell'opposizione siriana. Che si sarebbero recati a Pristina per imparare la guerriglia dagli ex Uçk

Lo scorso 15 maggio, durante un dibattito sul Kosovo tenutosi in seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l'ambasciatore russo all'Onu Vitaly Churkin ha espresso preoccupazione in merito alla circolazione di notizie di stampa secondo cui il governo del Kosovo avrebbe instaurato contatti con esponenti dell'opposizione siriana ed avrebbe messo a disposizione basi per l'addestramento dei ribelli siriani.
Stando alle parole di Churkin, “trasformare il Kosovo in un centro internazionale di addestramento per insorti potrebbe costituire un serio fattore destabilizzante che andrebbe al di là dei Balcani”. A conclusione del proprio intervento, l'ambasciatore ha esortato le organizzazioni internazionali che operano in Kosovo (Kfor, Nato, Onu) ad intervenire in merito alla questione, adottando “tutte le misure necessarie per prevenire la messa in atto di tali piani”.
In una conferenza stampa tenutasi a seguito del dibattito presso le Nazioni Unite, il ministro degli Esteri del Kosovo Enver Hoxhaj non ha negato l'esistenza di contatti diplomatici fra governo del Kosovo e l'opposizione siriana, affermando che il Kosovo nel 2011 è stato “fra i primi governi in Europa a sostenere l'opposizione in Libia ed in altri Paesi arabi (…) dato il perseguimento di ideali affini”.
Pur avendo confermato di sostenere fermamente la causa dell'opposizione siriana, il ministro ha ad ogni modo respinto le accuse rivolte da Mosca sul coinvolgimento delle autorità kosovare in attività di addestramento dei ribelli siriani


La delegazione siriana in Kosovo


La presa di posizione russa è conseguente di un incontro tenutosi a Pristina lo scorso aprile fra lo stesso Enver Hoxhaj e una delegazione di membri dell’opposizione siriana: il rappresentante del Consiglio Nazionale Siriano e leader del Fratelli Mussulmani di Siria Molham Aldroby, l'Alto responsabile siriano all'interno dell'Assemblea Nazionale del Kurdistan Djengizkhan Hasso e Ammar Abdulhamid, oppositore del regime siriano esule negli Stati Uniti dal 2005.
“Siamo qui per imparare”, ha dichiarato quest'ultimo durante la sua visita in Kosovo a Le Courrier des Balkans “l'esperienza del Kosovo può esserci utile. Ad esempio ci è utile capire come i vari gruppi armati che formavano l'Uçk si sono organizzati tra loro. Questo soggiorno in Kosovo può servirci d'ispirazione per la nostra lotta”.
Nell'intervista Ammar Abdulhamid, pur evocando chiaramente la necessità di “costruire la capacità di combattere il regime siriano”, resta vago su una collaborazione che sia di più che un semplice scambio verbale di esperienze e non conferma né smentisce le voci sui campi d'addestramento dell'Esercito libero della Siria sul territorio kosovaro.


Fonti serbe


In linea con le accuse di Mosca anche le voci che arrivano da Belgrado, secondo le quali dietro a questa visita siriana in Kosovo vi sarebbero i servizi segreti Usa. “Dal momento che gli oppositori siriani non riescono a far crollare il regime, i fautori della rivoluzione sono passati al piano B: l'unificazione della guerriglia, ad immagine e somiglianza dell'Uçk. Sono coloro che avevano addestrato i terroristi albanesi del Kosovo nel 1996-1997 ad aver inviato i militanti siriani (...)” ha dichiarato alla stampa locale il generale Momir Stojanović, ex direttore dell'Agenzia di sicurezza militare serba.
Opinioni simili quelle espresse dall'ex comandante delle forze di sicurezza jugoslave, Ninoslav Krstić: “Queste formazioni militari s'eserciteranno negli ex campi d'addestramento dell'Uçk, vicino alla frontiera con l'Albania. Krstić indica anche come possibili luoghi d'addestramento Kukës e Tropoja nel nord dell'Albania per poi tirare in ballo anche la possibilità di campi d'addestramento in Macedonia.


Non lasciare soli i siriani


Intanto Verton Surroi, tra i più influenti giornalisti ed intellettuali kosovari, che sarebbe l'autore dell'invito dei tre rappresentanti dell'opposizione siriana in Kosovo, in un editoriale pubblicato daGlobal Viewpoint ha denunciato l'incapacità del piano in sei punti di Kofi Annan di porre fine al conflitto in Siria.
“E' chiaro che ha fallito sia nel porre fine alla violenza in Siria che ad assicurare un dialogo politico. Il regime ha compreso che può trascinare i piedi nell'implementazione del piano sino a quando non ci sarà un'alternativa all'orizzonte. Dà per scontato, come fece il Presidente della Serbia Milosević ai tempi della disgregazione jugoslava, che l'Occidente non ha lo stomaco per un intervento armato. E sembra che attualmente il regime siriano abbia ragione".
Surroi, dopo una lunga argomentazione, conclude: "Più volte i mediatori e diplomatici hanno ribadito che spetta ai siriani trovare la loro strada verso il futuro. Suona corretto, e dovrebbe essere così. Ma lasciare i cittadini siriani soli li condannerebbe ad una guerra prolungata e ad un bagno di sangue... La comunità internazionale non può stare a guardare o appoggiarsi su formule come quelle che sono già state sconfitte durante la tragedia nei Balcani".




(english / italiano)


ARBITRI IMPARZIALI? NO, FILO-UCK


Conflitto all'interno della UEFA sulla ipotesi di consentire alla "Nazionale" del "Kosovo" - il protettorato della NATO che più della metà dei paesi ONU non riconoscono come Stato indipendente - di scendere in campo in gare amichevoli internazionali...



Conflict of Platini and Blatter over Kosmet

Wed, 05/23/2012 - 16:04 -- MRS

President of the UEFA Michel Platini has opposed the decision of the Executive Committee of FIFA to allow Kosovo playing friendly international matches. At issue is exclusively a political issue, and that decision is contrary to the statute of the UEFA, said Platini. Namely, the FIFA Executive Committee decided yesterday to allow Kosmet to play friendly matches, although all eight members from the UEFA were against it.



(francais / english)

FYROM 2012

1) Macedonia: Mysterious 'army' threatens 'liberation of Albanian lands' (17/4)
2) La Macédoine et l’OTAN : initiative turque, inquiétudes grecques (20/5)
3) Mass unemployment and poverty fuel ethnic tensions in Macedonia (23/5)


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Source of the following text is the Stop NATO e-mail list.
Home page with archives and search engine:
http://groups.yahoo.com/group/stopnato/messages
Website and articles:
http://rickrozoff.wordpress.com
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http://www.adnkronos.com/IGN/Aki/English/Security/Macedonia-Mysterious-army-threatens-liberation-of-Albanian-lands_313214443368.html

ADN Kronos - April 17, 2012

Macedonia: Mysterious 'army' threatens 'liberation of Albanian lands'


Skopje: Tensions were high in the former Yugoslav Republic of Macedonia on Tuesday, less than a week after the murder of five Macedonians near the capital of Skopje, as a mysterious “army” threatened a “liberation of occupied Albanian lands”

The until recently unknown “The Army for Liberation of Occupied Albanian Lands”, in a statement published by the Macedonian media, gave the government an ultimatum to withdraw in two weeks from what it called “occupied Albanians lands” or face reprisals.

The “army’ said it has decided at a meeting of its “general staff” it would attack “Slavo-Macedonian police and military structures” if they don’t withdraw from the territory inhabited by ethnic Albanians.

Ethnic Albanians, who make about 25 percent of Macedonia’s two million population, are concentrated mostly in the west of the country bordering Albania, but there are numerous cities, like Skopje, with a mixed population.

Five Macedonian youths and a middle aged man were killed last week near a lake north of Skopje while fishing and local media speculated the murders were ethnically motivated.

The police still haven’t discovered the perpetrators and about one thousand Macedonians protested in Skopje Monday evening, smashing windows at a government building and clashing with police.

Six people, including three policemen, were injured in the clashes and fourteen protesters were arrested as police blocked demonstrators from marching onto Albanian section of the city.

Ethnic Albanians rebelled in 2001...gaining concessions from the government under international [NATO, U.S., EU] mediation. But tensions have been running high ever since.

Macedonians are Slavs and the mysterious army has accused prime minister Nikola Gruevski of “daily violations of the rights of Albanians”, of “spreading anti-Albanian ideology, staging attacks on innocent Albanians and of blocking Albanian villages”.

“We have been silent long enough, the silence is now over,” the statement said. It vowed to “revenge brothers” and to “respond on fire with fire, an eye for an eye and an arm for an arm”.


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Le Courrier de la Macédoine

La Macédoine et l’OTAN : initiative turque, inquiétudes grecques


Traduit par Slavica Rizovska
Glasnikot - Mise en ligne : dimanche 20 mai 2012

Un seul point fait consensus dans la classe politique grec : si jamais la question de l’adhésion de la Macédoine devait être posée lors du Sommet de Chicago, Athènes devrait immédiatement opposer son veto. La Turquie semble pourtant décidée à demander l’inscription de la question à l’ordre du jour.

(Avec Dnevnik, Utrinski Vesnik) - La Turquie serait décidée à demander l’inscription d’une éventuelle adhésion de la Macédoine à l’ordre du jour du Sommet de l’OTAN. L’initiative turque pourrait être soutenue par la Slovénie, la Croatie, la Norvège et la Grande-Bretagne.

Cette initiative provoque l’inquiétude à Athènes. Un compte-rendu des discussions entre les partis politiques sur la formation d’un nouveau gouvernement a été rendu public par le cabinet du président Papoulias. Ce compte-rendu précise que l’adhésion de la Macédoine n’est pas à l’ordre du jour du sommet de l’OTAN mais que, si cette question devait être débattue, les représentants de la Grèce devraient opposer leur veto.

La question de la Macédoine a été évoquée par le chef du Parti des grecs indépendants Panayotis Kammenos, inquiet que la Grèce soit représentée par un gouvernement à l’autorité limitée lors du Sommet de Chicago. « Si la question de la Macédoine se pose, elle doit être résolue dans le cadre de notre stratégie nationale et conformément à l’argumentation que la Grèce a préparé en réponse au verdict de la Cour internationale de Justice de La Haye. Nos arguments doivent être plus subtils que ceux soumis en 2008. Nous devons les renforcer de manière plus ingénieuse, plus intelligente », a répondu le chef du PaSoK, Evangelos Venizelos.

Alexis Tsipras, le dirigeant de la coalition de gauche SYRIZA, la secrétaire générale du Parti communiste (KKE), Alexandra Papariga, et le dirigeant de la Gauche démocratique Fotis Kuvelis estiment également que la Grèce devrait opposer son veto si jamais la question de l’adhésion de la Macédoine à l’OTAN était posée. Pour Alexis Tsipras, la condition sine qua non pour résoudre le différend est un nom à déterminant géographique acceptable pour les deux parties.


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Mass unemployment and poverty fuel ethnic tensions in Macedonia


By Paul Mitchell 
23 May 2012


Macedonia has recently witnessed a resurgence of ethnic tensions. The ability of nationalist politicians to mobilise large numbers of demonstrators is fuelled by the terrible social conditions in the country.

In March, violence erupted in the capital, Skopje, after two ethnic Albanians were killed in the western town of Gostivar by an off-duty police officer. Two weeks of rioting followed, leading to dozens of injuries. On April 16, large crowds demonstrated in Skopje blaming ethnic Albanians for the killing of five Macedonian Slav fishermen near Smiljkovci.

On May 11, thousands of ethnic Albanians rallied in several Macedonian towns protesting against the arrest and detention of a number of Muslim suspects accused of the Smiljkovci murders. Demonstrators shouted “Kosovo Liberation Army”, “See you in the mountains” and “Greater Albania”. The offices of the Albanian party Democratic Union for Integration (DUI) were attacked. The DUI was formed out of the remnants of the KLA offshoot, the National Liberation Army (NLA), after the Ohrid Agreement in 2001 ended months of fighting with Macedonian police and army forces. It has several ministers in the coalition government with the right-wing Macedonian nationalist VMRO-DPMNE (Internal Macedonian Revolutionary Organisation-Democratic Party for Macedonian National Unity).

Macedonia’s 2 million-strong population includes 64 percent Slav Macedonians, 25 percent ethnic Albanians and some ethnic Turks, Roma and Serbs.

Some commentators in the region now worry at renewed attempts to carve out an ethnic Albanian state in western Macedonia.

“Clearly they do not want coexistence—their slogans betray the goal to misuse Islam to create an ethnically pure state, which means conflict in the region. Slogans in support of the Democratic Party of Albanians (DPA) also betray the involvement of some political parties to benefit from such an abuse of religion,” declared former security studies professor Ivan Babanovski. Another Macedonian analyst told Radio Free Europe that the renewed tensions meant the country was “approaching an abyss.”

This situation and the ability of nationalist politicians to mobilise large numbers of demonstrators are fuelled by the country’s economic and social crisis. Promises from local politicians and the “international community” that liberalisation of the economy and wholesale privatisation of state assets after independence in 1991 from Yugoslavia would lead to a golden future have not materialised.

Macedonia now has Europe’s largest gap between rich and poor. The richest 20 percent of the population receive 42 percent of the total disposable income, while the poorest 20 percent receive just 5 percent. Criminal activity, such as smuggling through Greece and Bulgaria, has played a major part in the amassing of large personal fortunes.

Meanwhile, for two decades, workers have experienced continuous mass unemployment and poverty. Things have got worse since the global financial crisis broke out in 2008. The average monthly income in Macedonia is roughly 20,500 denars (€350, $440) a month. The minimum wage is a paltry €130 per month.

For years, the official unemployment rate has hovered between 30 and 35 percent. Among young people it is 50 percent, and nearly 80 percent for the Roma minority. The black market accounts for nearly 30 percent of total employment.

According to the State Statistical Office, relative poverty has increased from 19 percent in 1997 to around 31 percent in 2011. An estimated 21 percent of the population live below the absolute poverty line (less than €245 per month), and 7 percent are so poor that they cannot get a minimum level of caloric intake. Large differences exist between Skopje and the regions, particularly the northeast, where more than three fifths of children are at risk of poverty.

These are the results of programmes dictated by the International Monetary Fund and World Bank. According to the Economic Freedoms Index, compiled by the Heritage Foundation and the Wall Street Journal, successive government policies have made Macedonia “a regional leader in business friendly policies.” Last year’s World Bank Doing Business report ranked Macedonia the third top “economic reformer in the world”. The country has the lowest tax rates in Europe.

However, since the start of the “transition to a market economy” after independence, Macedonia has experienced low rates of economic growth compared to almost all of its neighbours. Following a severe recession in the early 1990s, growth was irregular, peaking at over 5 percent in 2008. It slowed down sharply in early 2009, with export revenues falling by 43 percent.

The government has lowered its forecast of economic growth for 2012 from 4.5 percent to 2.5 percent and cut €120 million from the €2.7 billion budget. In early April, it accepted a five-year loan of €250 million from Deutsche Bank at an interest rate of 6.83 percent.

Macedonia’s Slavic and ethnic Albanian communities exist separately. There are only a handful of intermarriages a year. The ethnic Albanians tend to live in enclaves in the main cities or in western Macedonia, across the border from Kosovo. Last October, a national census was abandoned after disagreements flared over data collection rules. Ethnic Albanian members of the census commission claimed the Macedonian majority had devised criteria that lowered the real number of Albanians in the country. Ethnic Macedonians claimed that Albanians wanted to inflate their numbers by including people who had emigrated years ago.

This endemic ethnic separation was enshrined in the Ohrid Agreement, the 2001 peace agreement signed between the country’s government and Albanian representatives. The NLA was disbanded and its leaders brought into mainstream politics, sidelining more-established DPA leaders, as the US had done with the Rambouillet accords in Kosovo. NLA leader Ali Ahmeti, a founder member of the KLA, became leader of the DUI party.

Sponsoring the KLA and NLA provided the US with a means of continuing to pressure the new regime in Serbia, following the ousting of President Slobodan Milosevic. Time magazine warned, “By essentially elevating the status of the NLA to that of a legitimate protagonist in Macedonia’s future, NATO and the European Union may have already effectively conceded the carving up of Macedonia on ethnic lines.”

Macedonia continues to be closely affected by events in Kosovo, which declared independence in 2008 supported by the US. More than half of the world’s countries still refuse to recognise it, including China and Russia, and tensions remain in Serb-dominated northern Kosovo, which operates as a de facto separate state. Earlier this year saw nearly 100 percent of voters in an advisory referendum reject control by the Republic of Kosovo. Widespread recognition of Kosovan independence and partition in northern Kosovo could lead to a break-up of Macedonia.

Implicit in the Ohrid agreement was the carrot of NATO and EU membership. But the process of EU accession has been vetoed by Greece, which objects to use of the name Macedonia. Skopje’s international airport is named after Alexander the Great and VMRO-DPMNE prime minister Nikola Gruevski has commissioned a new nationalist project, at the centre of which is a huge statue of the warrior in Skopje’s central square.

The EU, acknowledging Greek concerns, continues to refer to Macedonia as the “former Yugoslav Republic of Macedonia”, a name agreed as a “provisional reference” by the United Nations in 1993. Resolution of the naming conflict is a major precondition raised by the EU for membership of the bloc.

Greece has also vetoed Macedonia’s entry into NATO, although the US recognised the name “Republic of Macedonia” several years ago and has said that Macedonia “has fulfilled key criteria required of NATO members and has contributed to regional and global security.”