Informazione
Presentazione libro "Criminali di guerra italiani"
Invita la cittadinanza tutta a partecipare alla presentazione del libro
“CRIMINALI DI GUERRA ITALIANI”
Accuse, processi, impunita’ nel secondo dopoguerra
SABATO 21 APRILE
ore 16:30
Presso la sede dell’Associazione “Arcobaleno Rotante”
P.za Daniele Manin 8, Marino (zona Castelletto)
SARANNO PRESENTI:
DAVIDE CONTI, Autore; Storico Fondazione Lelio Basso;
ERNESTO NASSI, Vicepresidente Vicario ANPI di Roma e Provincia
Da: "Comitato antifascista e per la memoria storica - Parma" <comitatoantifasc_pr@...>Data: 20 aprile 2012 13.42.10 GMT+02.00Oggetto: presidio via Tito a Parma il 25 aprile dalle 12 alle 13Presidio democratico antifascista di via Tito a Parma il 25 aprile dalle 12 alle 13.All'insegna dell'internazionalismo partigiano, per dire NO all'eliminazione di via Tito dalla toponomastica stradale della città richiesta da destre e neofascisti, per ribadire il valore della Resistenza Jugoslava nella lotta contro il nazifascismo in Europa e per la sua sconfitta, per la comprensione e l'amicizia fra i popoli.Volantino in allegato.
Non si cancellano storia e valore della Resistenza Jugoslava
Fascisti, leghisti e destre anticomuniste vorrebbero fosse eliminata l’intitolazione a Tito della piccola strada di Parma esistente dagli anni ’80, e introdotta invece “via martiri delle foibe”.
E’ una richiesta grave e assolutamente inaccettabile, espressione di quel “revisionismo storico” mirante a sminuire il valore della Resistenza antifascista, oscurare i crimini fascisti e nazisti, e rivalutare in qualche modo il fascismo.
Morti delle foibe, nel settembre-ottobre ’43 e nel maggio ’45, furono alcune centinaia di italiani (migliaia se si aggiungono dispersi e fucilati in guerra, deportati e morti in campi di concentramento jugoslavi, ecc.) in gran parte militari, capi fascisti, dirigenti e funzionari dell’amministrazione italiana occupante la Jugoslavia, collaborazionisti. Morti per atti di giustizia sommaria, vendette ed eccessi, da parte di partigiani jugoslavi, derivanti dall’odio popolare e dalla rivolta nei confronti dell’Italia fascista. Considerare questi morti indistintamente, accomunarli tutti insieme, non rende giustizia a quella parte di loro che furono vittime innocenti. Vittime, non martiri. La stessa legge statale del 2004 istitutiva del “giorno del ricordo delle vittime delle foibe” non usa mai la parola “martiri”.
Violenza di proporzioni di gran lunga superiori, sistematica e pianificata, e precedente, è stata quella del fascismo a partire dal 1920. Azioni delle squadracce contro centri culturali, sedi sindacali, cooperative agricole, giornali operai, politici e cittadini di “razza slava”, poi, nel ventennio del regime, la chiusura delle scuole slovene e croate, il cambiamento della lingua e dei nomi, l’italianizzazione forzata, infine, nell’aprile del ’41, l’aggressione militare, l’invasione della Jugoslavia da parte dell’esercito del re e di Mussolini, pochi giorni dopo quella da parte della Germania nazista. L’Italia si annesse direttamente alcuni territori (come Lubiana e parte della Slovenia), altri tenne sotto controllo, in condizioni di occupazione particolarmente dure e crudeli, non meno di quelle naziste. Distruzione di interi villaggi sloveni e croati, dati alla fiamme, massacro di decine di migliaia di civili, campi di concentramento. Oltre 700 sono stati, secondo la Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra, i criminali di guerra italiani - nessuno dei quali mai condannato né estradato e consegnato alle autorità jugoslave - a cominciare dai generali Roatta e Robotti che ordinavano “testa per dente” o “si ammazza troppo poco in Jugoslavia”.
Di qui la rivolta contro l’Italia fascista, lo sviluppo impetuoso del movimento partigiano delle formazioni repubblicane e comuniste di Tito, la grande lotta antifascista e antinazista nei Balcani.
Enorme è stato il tributo jugoslavo alla guerra contro il nazifascismo: su una popolazione di 18 milioni di abitanti dell’intero Paese, furono al comando di Tito 300.000 combattenti alla fine del ’43 e 800.000 al momento finale della liberazione, 1.700.000 furono i morti in totale, sul campo 350.000 i partigiani morti e 400.000 i feriti e dispersi. Da 400.000 a 800.000, ovvero da 34 a 60 divisioni, furono i militari tedeschi e italiani tenuti impegnati nella lotta, con rilevanti perdite inflitte ai nazifascisti. Una lotta partigiana su vasta scala, che paralizzò l’avversario e passò progressivamente all’offensiva, un’autentica guerra, condotta da quello che divenne un vero e proprio esercito popolare e che fece di Tito più di un capo partigiano, un belligerante vero e proprio, riconosciuto e considerato a livello internazionale.
La Resistenza della Jugoslavia è stata di primaria grandezza in Europa e da quella esperienza la Jugoslavia è uscita come il paese più provato e al tempo stesso più trasformato. La Resistenza jugoslava ancor più di altre è stata più di una guerriglia per la liberazione del proprio territorio, è stata empito universale di una nuova società, ansia di superamento delle barriere nazionali, anelito di pace, libertà e giustizia sociale, da parte di tanti uomini e tante donne del secolo scorso.
Ai partigiani jugoslavi si unirono, l’indomani dell’8 settembre ’43, quarantamila soldati italiani, la metà dei quali diedero la vita in quell’epica lotta nei Balcani; essi, col loro sacrificio, riscattarono l’Italia dall’onta in cui il fascismo l’aveva gettata. A questi italiani devono andare il ricordo e la riconoscenza della Repubblica democratica nata dalla Resistenza.
COMITATO ANTIFASCISTA E PER LA MEMORIA STORICA – PARMA
Oggetto: Bari 25/4: La presenza dei partigiani jugoslavi in Puglia - ed altre tematiche antifasciste
Data: 20 aprile 2012 20.35.01 GMT+02.00
Storie e memorie di una vicenda ignorata
La pagina su Facebook: http://www.facebook.com/event.php?eid=103675256383363
CONTRO I VECCHI E SOPRATTUTTO I NUOVI FASCISMI! ORA E SEMPRE RESISTENZA!
Il programma:
ORE 18.30: DIBATTITO:
- Gaetano Colantuono: La presenza dei partigiani jugoslavi in Puglia.
- Francesco Altamura: "E se fosse dissenso di massa?" Il conflitto sociale nelle campagne pugliesi durante il Fascismo
- Arditismo popolare in Italia e in terra di Bari
ORE 21.00 PROIEZIONE DEL FILM “IL RIBELLE. Guido Picelli, un eroe scomodo"
trailer: http://video.repubblica.it/edizione/roma/a-san-lorenzo-il-film-sull-ardito-picelli/69676/68058
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Vladajuća struktura odmah je pribjegla klasičnim optuživanjima radnika nazivajući njihov veliki angažman štetnim i nepotrebnim. Komentirajući jučerašnji generalni štrajk, predsjednik parlamenta, Gregor Virant, rekao je da je štrajk legitiman, ali da je u "sadašnjem trenutku nepotreban jer pregovori sindikata, vlade i poslodavaca o paketu štednje još uvijek traju". Također je dodao da bi u sadašnjoj teškoj situaciji bilo najbolje da se o paketu štednje postigne sporazumno rješenje sa sindikatima te da bi tome mogao pomoći i dogovor političkih stranaka.
Naravno, Slovencima je dovoljno da pročitaju izjave talijanskih, španjolskih, portugalskih i drugih vlada pa će vidjeti kako im njihova također servira karbonsku kopiju jednih te istih floskula o štetnosti generalnog štrajka. Od svih legitimnih sredstava otpora, generalni štrajk je najsnažnije oružje u rukama radnika bilo koje države.
Prema informacijama STA (Slovenska tiskovna agencija), radnicima u javnom sektoru pridružili su se i sindikat novinara, ali - što je još i važnije - nekoliko sindikalnih organizacija radnika u privatnom sektoru.
Taj detalj iznimno je bitan jer pokazuje solidarnost cijele radničke klase - nije tajna da se masovno prosvjede, koji se održavaju diljem Europe, nastoji diskreditirati isticanjem kako se radi o "državnim službenicima".
Fiktivno stvoreni animoziteti između radnika u privatnom i državnom sektoru moraju biti pod svaku cijenu prevaziđeni kako bi se stvorio konkretan radnički otpor protiv "nove stvarnosti" koja dolazi u obliku rigoroznih mjera štednji, odricanja od teško stećenih radničkih prava i razbijanje socijalne države.
Svakako je zanimljivo spomenuti kako se generalnom štrajku pridružio i sindikat policije - predsjednik sindikata slovenskih policajaca Zoran Petrovič izjavio je jučer na konferenciji za novinare da je policijski štrajk zapravo prosvjed protiv vlade i nije usmjeren protiv građana. Također je istaknuo kako poznaje policajce koji "zbog niskih primanja moraju raditi na crno".
Slovenski sindikalisti su ogorčeni izjavom premijera Janeza Janše koji im je dan prije generalnog štrajka poručio kako "žive na Mjesecu" i kako njegova vlada, za razliku od prethodnih - "neće popustiti sindikatima". Čitateljima iz Hrvatske ove izjave zvuče jako poznato - aktualni ministar gospodarstva Radimir Čačić također postaje poznat po svom neumoljivom čvrstom stavu prema zahtjevima organiziranih radnika i ne srami ga se javno iskazati. No, nisu ovo stavovi specifični ni za Janšu ni za Čačića, već su dio jednog regionalnog fenomena koji se događa u državama diljem Europe.
Masovni generalni štrajk u Sloveniji je zatvorio oko 600 škola, dežurne službe reagirale su samo na hitne pozive. Štrajk je izazvao i zastoje na granicama s Hrvatskom. Sindikati su dozvolu za prosvjede dobili u Ljubljani, Mariboru, Celju, Kopru, Velenju, Novom Mestu, Murskoj Soboti i Kranju. No zabranjeni su im prosvjedi u Novoj Gorici i Ptuju, u kojem sutra zasjeda vlada Janeza Janše.
Iz hrvatske perspektive: Grčka pred vratima i Slovenija u hodniku
Da su Slovenci već poprilično upoznati sa sudbinom koja ima se želi nametnuti pokazuje i izjava Dušana Semolića, predsjednika Alijanse nezavisnih sindikata . "Moramo se oduprijeti mjerama Europske Komisije, Europske Centralne Banke i MMF-a. To su mjere koje naši političari slijepo kopiraju".U toj izjavi doslovno je sažet esencijalni bit potrebe za otporom - ono što se događa danas u Sloveniji isto je kao i u mnogim drugim državama Europe, no - dobra je vijest da su Slovenci odlučili pružiti žestoki otpor protiv ovih tendencija i time se svrstali na europsku kartu zemalja čiji su radnici odlučno poručili kako neće snositi trošak za ničiju krizu.
Uspješan generalni štrajk u Sloveniji iznimno je bitan za cijelu regiju - ako smo za situaciju iz Grčke konstatirali da nam se nalazi "pred vratima", onda slikovito možemo zaključiti kako su događanja u Sloveniji već u našem hodniku i spremaju se na desant na naš dnevni boravak.
Štoviše, primjer Slovenije itekako nam je bliži - zemlja je gangsterski opljačkana kao i sve Republike bivše SFRJ, po istom modelu i po istom principu. Prednost u grabeži radničkih resursa su imali, baš kao i u Hrvatskoj, domaće novokomponirane elite - da bi u konačnici s cijelim "otuđenim paketom" zagospodario primarno strani kapital (na radost sada još bogatije domaće elite).
Ekonomske probleme u Sloveniji, kao i u drugim državama Europe, želi se sanirati na leđima radnika
Dolaskom financijske krize krajem prošlog desetljeća došlo je i do znatnog opadanja ekonomije u Sloveniji. Nakon izbijanja krize BDP po glavi stanovnika je pao za čak 7.9% - jedan od najvećih padova u Europskoj Uniji. Građevinski sektor, kao i u mnogim drugim zemljama, također je snažno pogođen.Da li Slovenija kao država i ekonomija ima svoje specifičnost? Naravno, ali "rješenje" koje joj se nameta je još jednom isto kao i u cijeloj posrnuloj Europi - mjere štednje, rezovi, smanjivanje beneficija, manje plaće, otkazi i brojni drugi udarci na radnike.
Slučajnost? Nipošto - nakon izbijanja krize svi narodi Europe suočeni su s ekonomskim jednoumljem, teorijama koje zapravo ni nisu "ekonomske" same po sebi - ekonomija bi trebala sadržavati kompletne planove, projekcije, prognoze - aktualni model u sebi nema ništa od navedenog i stvari su brutalno jednostavne - manjak novca u blagajni, koji je uvelike stvoren financijskom krađom vladajućih elita, sada se pokušava namiriti hiper-eksploatacijom radnika.
Slovenija i EU
Da se radi o nekakvoj "stvarnoj" krizi, nešto nalik na prirodnu katastrofi, još bi se i moglo zatražiti od stanovnika da pognu leđa i izguraju ovaj teški period - ali ovo što se danas događa u Sloveniji i drugdje nema nikakve veze s time - na snazi je jedan planirani projekt u kojem nam se servira nekakva nova i "nužna" slika svijeta, svijeta u kojem bi svi trebali živote podrediti izbavljivanju potonulih banaka, državnih budžeta itd. 2012 je u punom zamahu - do sada su se raspale sve projekcije koje su sugerirale kako će ekonomska kriza do sada splasnuti, događa se upravo suprotno - za malog čovjeka situacija biva sve teža.Nema sumnje kako i Slovenija negdje ima "Mrsića u rukavu", nekog lukavog spasitelja koji će poručiti "bolje u roblje, nego na burzu". Stopa nezaposlenosti u Sloveniji raste još od izbijanja krize i unatoč činjenicama da su te brojke još uvijek znatno bolje nego u Hrvatskoj - percepcija može biti varljiva, a kada je riječ o Sloveniji to nije nikakva tajna. Godinama se pitanje oko ulaska Hrvatske u EU direktno vezivalo uz Sloveniju - kao da je to nekakva utrka nacionalnog prestiža. Vapaji slovenskog radnika "ne ulazite u EU !" nisu se dovoljno probijali prema jugu. Nametnuti su nam patronizirajući stavovi u vidu kojekakvih statističkih komparacija u kojima je Slovenija služila kao ogledni primjer zašto bi Hrvatska pod svaku cijenu morala što brže ući u EU. Zbog graničnog spora koji je navodno blokirao završetak naših pristupnih pregovora stvorene su tolike fiktivne tenzije da se ulazak u EU počeo predstavljati kao dio nacionalnog ponosa i uspjeha. Nemamo što zamjerati službenoj Ljubljani, i mi ćemo sada preuzeti tu perjanicu i na isti način patronizirati naše istočne susjede.
Naravno, u vrijeme kada je Slovenija ulazila u Europsku Uniju ta zajednica se činila daleko drugačija - sloboda kretanja, sloboda rada, ekonomske pogodnosti itd. U svega nekoliko godina stvari su se radikalno izmijenile - 2004, kada je Slovenija ušla u EU, iznad Ljubljane se mogao vidjeti raskošan vatromet. Na dan kada je Hrvatska službeno prihvatila ulazak u EU domaća politička elita je nazdravila šampanjcem, ali ulice Zagreba bile su neugodno tihe i puste. No, što je tu je, činjenica stoji kako Hrvatska nije imala konkretne alternative oko kojih se narod mogao okupiti - izuzev kojekakvih marginalnih likova koji su prigodno isplivali na površinu za vrijeme kampanje, ne da ponude alternativu već da - smisleno ili "nehotično" - dovoljno prestraše sav progresivni puk da još jednom bira manje zlo u obliku ulaska u EU.
Kronologija radničkog otpora ponavlja se u državama diljem Europe
No, baš zbog specifične situacije u kojoj se Hrvatska sada nalazi, prosvjed i generalni štrajk u Sloveniji od iznimne je važnosti. Slovenski radnici pokazali su, baš kao i radnici Italije, Grčke, Španjolske, Portugala, Belgije i drugih, da se odbijaju miriti s novonastalom situacijom i "programom" koji njima ne donosi ništa dobra - samo još veće rezove, veći strah od otpuštanja, strah od budućnosti.Ako išta možemo istaknuti kao "dobro" glede dublje integracije u Europsku Uniju onda je to radnički otpor koji sada - unatoč činjenici da još uvijek djeluje unutar nacionalnih granica - već poprima internacionalni karakter. Razlog tome su prije svega iste metode mjera štednje koje se primjenjuju diljem Europe. Dok sve vlasti, od Grčke do Portugala, od Španjolske do Slovenije, primjenjuju istu "gorku pilulu" nad vlastitim stanovnicima - reakcija će također bivati sve sličnija. Nužno će dolaziti do sve veće solidarizacije, osjećaja da smo "svi u ovome zajedno", pa i do međusobnog kopiranja - podsjetimo, otpor stanovnika u Grčkoj također je počeo sindikalnim prosvjedima, a ovih dana već redovno odjekuju bombe ispred bankovnih poslovnica. Poanta nije sugerirati koji je model otpora najbolji, već da taj model poprima svoju specifičnu kronološku putanju, a po svemu sudeći tek se nalazimo negdje na sredini te staze.
Kada već spominjemo nezaobilaznu Grčku onda valja reći i ovo - eksploatacija grčkih radnika neće bivati manja sada nakon što je zemlji nametnut, unatoč masovnom otporu, novi kreditni paket kojeg se cinično naziva "bailout" (paket spasa). Isto vrijedi i za Italiju, Španjolsku i u konačnici i za Sloveniju, ali i sve druge ekonomije EU - kojom brzinom će se kronologija odvijati u kojoj državi ovisi o brojnim specifičnim faktorima (ili "startnim pozicijama"), no vjerovati drugačije je razbacivati se floskulama u manirima bivšeg hrvatskog ministra gospodarstva Ivana Šukera koji je svojedobno konstatirao kako je ekonomska kriza "isključivo problem SAD-a". Osobe sličnih prognostičkih sposobnosti bi tako danas mogle konstatirati kako je 100,000 radnika u štrajku "slovenski problem" ili kako su bombaški napadi na banke u Ateni "grčki problem". Stanje kojem upravo svjedočimo je "samo" problem - nacionalni predznaci uskoro će postati potpuno bezvrijedne kategorizacije.
Reakcija: ujedinjena Europa protiv (ovakve) ujedinjene Europe
Masovni radnički otpor u Sloveniji značajan i iz geografske perspektive - očito je da se masovne demonstracije šire sa juga prema centru Europe. Naravno, u Njemačkoj i dalje vlada mir i spokoj, no to je također još jedna iluzija - kao i ona o velikom napretku Slovenije zbog ulaska u EU, priča koju smo u Hrvatskoj slušali gotovo 10 godina. Njemačku se danas doživljava kao kakav neumoljivi generator koji svojom stabilnošću može nametati ekonomsko-političku doktrinu cijeloj Europi, no mnogi indikatori, o kojima se "prigodno" ne govori previše, ukazuju da bi se i Njemačka mogla naći u teškoj poziciji - specijalni izvještaj Reutersa iz veljače ove godine pod naslovom "Mračna strana njemačkog poslovnog čuda" sugerira da bi radnički otpor diljem Europe uskoro mogao postati apsolutan.Jedan od razloga zbog kojih još uvijek nema masovnih prosvjeda u Hrvatskoj je činjenica da se Hrvatska trenutačno nalazi u jednoj poprilično morbidnoj situaciji - prevladavajući je osjećaj da smo kao brod koji srlja ravno prema santi leda, ali kapetan i prvi oficiri su zabarikadirani na kontrolnom mostu i nemaju nikakve namjere ni pomisliti o promjeni kursa.
No, zato imamo jedinstvenu priliku - kao nijedna druga država Europe - gledati sudbinu koja će uskoro postati naša stvarnost. Da je to neko veliko olakšanje, nije, no ipak je od izuzetne važnosti. Također je nužno prepoznavanje progresivnih elemenata koji su u Europi već pokrenuti i koji će nas, već iskusni, tamo dočekati.
Istaknuti profesor ekonomije Richard D. Wolff naveo je u jednom od svojih predavanja kako će današnji radnici morati spoznati važnost "klase" od onih radnika koji tu važnost nikada nisu ni zaboravili. Ključni element otpora ne mora nužno biti stvoren na prostoru Hrvatske ili Slovenija, činjenica je da se nalazimo u trenutku kada bi svaki značajniji (i uspješan) pokret otpora tektonski prodrmao cijelu Europu, slično kao i egipatska revolucija arapski svijet - no, prateći reperkusije na Bliskom istoku, sada već znamo da idealizam nije zdrav način interpretacije kompleksnih zbivanja.
Ipak, ta dva fenomena ne bi trebalo stavljati u isti kontekst, izuzev činjenice da značajne promjene u jednoj nužno dovode do reakcija u drugim državama - otpor u Europi daleko je drugačiji od onog koji se događa na Bliskom istoku, pa i od onog koji je postao specifičan za SAD-a - otpor u Europi primarno je radnički otpor i jedino kao takav može dovesti do revolucionarnih promjena.
Naravno, sindikati su još uvijek ti koji su sada već prisiljeni izvoditi radnike na ulice - pritom imamo pojedine radničke organizacije koje isključivo gledaju interes radnika, dok druge već dugo vremena stvaraju tajne paktove s vladajućim garniturama. Ponekad i u istoj državi - nedavni primjer generalnog štrajka u Portugalu je odličan ogledni primjer (vidi: Generalni štrajk paralizirao Portugal - radnici u borbi protiv brutalnih mjera štednje).
Sindikalno vodstvo može izdati interese radnike, no glavno pitanje je - do kada? Desetljećima su sindikati služili kao tampon zona između radničke mase i sićušne elite, vješto balansirajući između dva međusobno suprotstavljena tabora. No, u neka "bolja" vremena takva diplomacija je bila mnogo lakši zadatak - već sada mnogi radnici diljem Europe ozbiljno promišljaju o nekim temama o kojima nisu već dugo vodili brigu. "Što da se radi?" je pitanje koje se nadvilo nad Europom i nema tendenciju nestanka. Taj fenomen je posebno izražen u današnjoj Grčkoj - u zemlji u kojoj su najveći sindikati zaista održali masovne generalne štrajkove, ali se uskoro ispostavilo da ni takve akcije nisu u stanju promjeniti zacrtani kurs kojem se protivi većina stanovnika. Noć prije izglasavanja prihvaćanja novog kredita u Parlamentu gorile su zgrade diljem Atene - no, ni ta metoda nije zaustavila neumoljiv kurs u kojem su lokalni političari tek čistači palube, dok kormilom čvrsto upravljaju najveće svjetske financijske oligarhije poput MMF-a, Europske Banke itd.
Na sreću ili nesreću - ovisno koliko egzistencijalno ili ideološki gledate na cijelu situaciju, ovi sentimenti gnjeva i otpora nemaju se kamo povući - nakon jedne propale akcije može uslijediti kraće zatišje, no ono je toliko krhko da ga može rasplamsati i najmanja iskra - dobar primjer je nedavno samoubojstvo umirovljenika u Ateni koje je dovelo do nekoliko dana prosvjeda i sukoba s policijom.
Svi ti događaji potvrđuju kako se narodi Europe ne mogu i neće miriti s novonastalom situacijom - jedina promjena na bolje, koju svi čekaju, doći će isključivo iz tih redova - iz radničkog otpora koji će s vremenom bivati sve kompaktniji i udruženiji. Već danas imamo regionalne prosvjede kada je riječ o nekim sekundarnim, no nimalo nevažnim, temama kao što je otpor protiv ukidanja slobode interneta. Samo je pitanje dana kada će ideja udružene Europe srušiti upravo tu samu ideju - jer, bez obzira na kraći period selektivnog prosperiteta, ideja ujedinjene Europe u režiji Europske Unije nikada nije imala za cilj boljitak samih stanovnika i svih stanovnika, već isključivo što fleksibilniju i temeljitiju eksploataciju istih, a na korist male i povlaštene elite. Samo ujedinjena Europa imati će dovoljno snage obračunati se s ovakvom ujedinjenom Europom - to nije paradoks već jedini konkretan put u bolju budućnost.
Slike: generalni štrajk u Sloveniji 18.4.2012
FOTO in VIDEO: 'Zakaj vedno po ljudeh, zakaj ne po tajkunih?'
http://24ur.com/novice/slovenija/pozor-zacela-se-je-stavka-javnega-sektorja.html
Protestni odhod sindikatov s pogajanj: Vlada se norčuje iz nas
http://www.rtvslo.si/slovenija/protestni-odhod-sindikatov-s-pogajanj-vlada-se-norcuje-iz-nas/281358
Po državi stavka približno 100.000 javnih uslužbencev
http://www.mladina.si/111475/po-drzavi-stavka-priblizno-100-000-javnih-usluzbencev/
Premier Janša: Stavka ni rešila nobenega problema
http://www.demokracija.si/slovenija/politika/11567-premier-jana-stavka-ni-reila-nobenega-problema
Sindikati protestno zapustili pogajanja z vlado
http://www.delo.si/novice/slovenija/sindikati-protestno-zapustili-pogajanja-z-vlado.html
V ŽIVO: Sindikati protestno zapustili pogajanja z vlado
http://web.vecer.com/portali/vecer/v1/default.asp?kaj=3&id=2012041805774365
Po hokejsko tudi na Gregorčičevi
http://www.zurnal24.si/po-hokejsko-tudi-na-gregorcicevi-clanek-154402
100.000 Slovenaca u štrajku
http://hrt.hr/index.php?id=48&tx_ttnews[tt_news]=161833&tx_ttnews[backPid]=23&cHash=f114f55235
Slovenia public workers go on strike
http://www.businessweek.com/ap/2012-04/D9U7DUJG0.htm
Slovenian public servants strike over austerity measures
http://www.dw.de/dw/article/0,,15890827,00.html
Strikes put austerity spotlight on Slovenia
http://www.euronews.com/2012/04/18/strikes-put-austerity-spotlight-on-slovenia/
Euro zone's Slovenia hit by big strike over cuts
http://www.reuters.com/article/2012/04/18/slovenia-strike-idUSL6E8FI9NV20120418
100,000 walk out in battle to beat cuts
http://www.morningstaronline.co.uk/news/content/view/full/117992
Janša: Govt Will Not Kneel Before Public Sector Unions This Time
http://www.sta.si/en/vest.php?s=a&id=1748464
PRIVATIZATION EXPERIENCES IN SLOVENIA
http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1467-8292.1996.tb01913.x/abstract
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Il 29 settembre 2008 l’accordo era stato ratificato, con la previsione di un investimento di 700 milioni di euro da parte della Fiat e 300 milioni da parte del governo serbo.
Per quanto riguarda la cifra complessiva ci sono dati lievemente differenti a seconda della fonte che si consulta, ma sostanzialmente ci si attesta tra i 900 e i 1000 milioni di euro complessivi.
In questa ratifica la Fiat si era impegnata a versare i primi 200 milioni di euro entro marzo 2009; ma questo impegno era rimasto lettera morta imputandone la responsabilita’ alla crisi finanziaria mondiale.
La FAS sarebbe divenuta proprietaria delle istallazioni industriali del settore auto della Zastava. L’accordo prevedeva inoltre l’esonero per la Fiat delle tasse locali e nazionali per dieci anni, la cessione gratuita del terreno per eventuali sviluppi; inoltre per la Fiat la citta’ di Kragujevac diventava zona franca.
Si possono trovare molti dettagli nel sito di B92, all’indirizzo:
http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2008&mm=09&dd=29&nav_id=53827
Citeremo molti articoli tratti dal sito di B92; diciamo quindi da subito che B92 e’ una televisione di Belgrado da sempre schierata a fianco del Governo attuale, e quindi non tacciabile di inimicizia.
Bisogna inoltre ricordare che la Serbia incentiva gli investimenti stranieri anche versando a fondo perduto un finanziamento da circa 2000 a circa 10000 euro (variabile a seconda della regione dove avviene l’investimento e del settore merceologico) per ogni nuova assunzione di lavoratori, e non si va troppo per il sottile nel chiedere garanzie...
Si tratta di fondi sufficienti per pagare il salario di un operaio da uno a tre anni, a seconda dell’entita’ del contributo.
Non e’ noto quale sia la cifra che la FIAT riceve per i nuovi assunti; e’ uno dei tanti dati segreti di questo accordo.
A proposito dei contributi governativi alle aziende che investono in Serbia vi consigliamo vivamente di guardare il servizio realizzato da Riccardo Iacona per la trasmissione Presa Diretta andata in onda con il titolo Recessione il 19 febbraio 2012 tra i minuti 1:21:40 e 1:25:53 all’indirizzo:
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-681d9560-8816-4fda-bd7f-553fcdbe4a5d.html#p=0
SALARI MEDI MENSILI IN FAS A FEBBRAIO 2012
MONTAGGIO DELLA VECCHIA PUNTO
LA NUOVA 500L
IL PROBLEMA DELL’INDOTTO FIAT: QUANTE BUGIE!
Non si vedono in Serbia e a Kragujevac in particolare reali segnali di miglioramento delle condizioni generali di vita dei lavoratori e delle loro famiglie.
L’occupazione complessiva e’ sempre in discesa, il potere di acquisto dei salari e soprattutto delle pensioni e’ in costante diminuzione, non si vedono speranze per i giovani che sono costretti ad emigrare, soprattutto se dotati di una buona formazione scolastica.
raddoppiano i consensi
A Kragujevac ieri si è festeggiata (per la terza volta) la nascita del nuovo stabilimento Fiat, sotto sulle macerie dell’antica Zastava, 160 anni di vita spericolata prima di finire nelle mani di Sergio Marchionne. Nel mezzo, la più grande fabbrica automobilistica dei Balcani aveva già sperimentato una lunga collaborazione con la multinazionale torinese, che qui produceva prima la Jeep poi la mitica Yugo, finché le bombe umanitarie della Nato, nel ’99, segnarono la fine della storia. Dallo stabilimento di Kragujevac uscirà la nuova piccola monovolume inizialmente assegnata a Mirafiori. Il fatto è che il presidente dimissionario della Serbia, Boris Tadic, ha garantito a Marchionne condizioni ottimali per delocalizzare la produzione a est: finanziamenti ingenti per ogni operaio assunto, aree industriali, libero scambio con la Russia. Ora Marchionne ricambia la cortesia e va a sponsorizzare Tadic impegnato per la sua rielezione. La 500 L cancellerà tre vetture torinesi (Multipla, Idea e Musa) e agli operai di Mirafiori non resterà che la cassa integrazione. Ministro Fornero permettendo. Come dice il presidente Monti, le imprese hanno il diritto di produrre dove vogliono.
Se in Serbia si brinda, in Italia il clima si è fatto decisamente cupo. A Pomigliano, dove all’ingresso la Fiat ha apposto la stessa scritta che spicca a Kragujevac – «Noi siamo quel che facciamo», alias «Mi ono sta svarama» – per essere assunto bisogna stracciare la tessera Fiom e giurare eterna fedeltà al capo. Dato che un giudice ha condannato per antisindacalità l’azienda in quanto impedisce l’attività alla Fiom e la libera scelta ai dipendenti, se qualche «infiltrato» dovesse indossare la tuta si aprirebbero i cancelli ai metalmeccanici della Cgil. Su 2.047 assunti, per ora, il filtro è stato perfetto, domani chissà. E chissà se domani ci sarà lavoro non per i più di 5.000 operai di due anni fa, ma per i 2.047 attuali: il mercato italiano crolla, la Fiat evapora da quello europeo e la nuova Panda batte in testa. A tre mesi dal lancio la produzione è stata ridotta da 800 a 600 vetture al giorno e il prezzo della macchina è già stato abbassato.
La Fiat traballa e alla sua debolezza sui mercati si associa il pugno di ferro antisindacale. Le sentenze dei giudici che si trovano a vagliare il comportamento di Marchionne sulla base delle denunce presentate dalla Fiom in tutti gli stabilimenti si alternano e contraddicono. L’ultima sentenza dichiara l’impossibilità di interpretare l’articolo 19 dello Statuto che non fa chiarezza sul diritto di un sindacato, fosse anche il più rappresentativo, a vedersi riconosciuti diritti e rappresentanti (Rsa). Un punto a favore di Marchionne dopo i molti conquistati da Landini con sentenze contrapposte.
In questo contesto melmoso provocato dall’arroganza di Marchionne, andato ben oltre la ferocia di Valletta negli anni ’50, si sta votando in tutte le fabbriche per eleggere i rappresentanti di Fim, Uilm, Fismic, Ugl e Associazione quadri e capi (sindacato inventato da Marchionne, così come Valletta aveva inventato il Sida, poi rinominato Fismic). E la Fiom? Sta fuori dai cancelli con le sue urne da cui usciranno consensi che la Fiat non riconoscerà, salvo parere diverso dei giudici. La Fiom è diventato un sindacato nomade, staziona ai cancelli raccogliendo firme di adesione che chiedono il ritorno in Fiat del sindacato più rappresentativo. Nomadi, dice Giorgio Airaudo segretario nazionale e responsabile auto Fiom, «con tende e camper a volte prestati per mantenere un rapporto con i lavoratori. Siamo fuori con i guardioni che controllano gli operai che si avvicinano ai nostri presidi. Le elezioni in atto sono a libertà vigilata, con i capi e le altre organizzazioni che spingono i dipendenti ad andare alle urne per dimostrare l’inesistenza della Fiom».
In queste condizioni, la Fiom raccoglie più consensi dei voti che aveva prima della rottura praticata da Marchionne imponendo un contratto aziendale che cancella quello nazionale e scegliendosi le controparti. Alla Cnh di San Mauro il sindacato di Airaudo ha raccolto ai cancelli 170 firme (il triplo dei voti che aveva) di chi chiede un rientro della Fiom in Fiat e solo il 60% ha partecipato alle elezioni taroccate, con un alto numero di bianche e nulle. A None ha raddoppiato i consensi e solo il 48% dei dipendenti si è recato alle urne. A Cassino in 960 hanno detto sì alla Fiom, il doppio di chi l’aveva votata. Anche alla Cnh di Modena la Fiom ha raccolto più consensi dei voti ricevuti, ma qui a vincere nelle elezioni aziendali è l’Associazione quadri e capi. Dove non c’è la Fiom, si finisce per scegliere il sindacato più padronale. C’è un dato che incoraggia, dice Airaudo: «Nonostante la campagna contro di noi, solo 7-8 delegati Fiom sui 280 precedentemente eletti hanno cambiato casacca».
Entro il mese si voterà in tutti i rimanenti stabilimenti, in attesa delle 35 cause che mancano ancora all’appello.
16. 04. 2012. - 18:35 -- MRS
Grazie agli investimenti della FIAT la Serbia tornerà ad avere un ruolo di primo piano in un settore molto importante, nel quale si usano le tecnologie più moderne, ha dichiarato l’ambasciatore dell’Italia a Belgrado Armando Varicchio. La complessità e la grandezza dell’intera operazione hanno già iniziato a dare risultati positivi su un territorio in ciu, grazie anche alle aziende italiane, sorgono molti stabilmenti industriali, ha dichiarato Varicchio al giornale Blic. Il giornale ricorda che l’ambasciatore italiano a Belgrado ha detto recentemente che la Serbia si impone come una delle destinazioni più desiderate per l’internazionalizzazione dell’economia italiana.
16. 04. 2012. - 18:35 -- MRS
A Kragujevac oggi è stata aperta solennemente la fabbrica FIAT automobili Serbia (FAS). Questo progetto che è stato realizzato dall’esecutivo serbo e dalla FIAT, il cui valore ammonta a circa un miliardo di euro, è il più grande investimento in Serbia negli ultimi decenni. Gli economisti ritengono che esso darà un importante contributo al risanamento economico della Serbia. All’inaugurazione solenne degli stabilimenti hanno presenziato, tra gli altri, anche il premier serbo Mirko Cvetkovic e l’amministratore delegato dell’azienda FIAT-Chrysler Sergio Marchionne. Loro hanno siglato il 29 settembre del 2008 l’accordo sulla fondazione dell’azienda Fiat automobili Serbia, nella quale la FIAT possiede il 67% e lo stato serbo il 33% delle azioni.
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- 20 aprile 2012
- All'interno di Resist VIII edizione
VENERDI' 20 APRILE ORE 21.30
SALA GATTI,
Via Macel Gattesco 2, VITERBO
Note sullo spettacolo Drug Gojko di Pietro Benedetti
Antonello Ricci «QUELLO CHE DICO, DICO POCO» L’inizio è sul dragamine Rovigno: una croce uncinata issata al posto del tricolore. Il finale è l’abbraccio tra madre e figlio, finalmente ritrovati, nella città in macerie. Così vuole l’epos popolare. Così dispiega la sua odissea di guerra un bravo narratore: secondo il più convenzionale degli schemi, in ordine cronologico. Ma mulinelli si aprono, di continuo, nel flusso del racconto. Rompono la superficie dello schema complessivo, lo increspano, lo fanno singhiozzare magari fino a contraddirlo: parentesi, divagazioni, digressioni, precisazioni, correzioni, rettifiche, commenti, esempi, sentenze, morali. Così, proprio così Nello racconta il suo racconto di guerra. Nello Marignoli da Viterbo: gommista in tempo di pace; in guerra, invece, prima soldato della Regia Marina italica e poi radiotelegrafista nella resistenza jugoslava. Nello è narratore di straordinaria intensità. Tesse trame per dettagli e per figure, una dopo l’altra, una più bella dell’altra: la ricezione in cuffia, l’8 settembre, dell’armistizio; il disprezzo tedesco di fronte al tricolore ammainato; l’idea di segare nottetempo le catene al dragamine e tentare la fuga in mare aperto; il barbiere nel campo di prigionia: «un ometto insignificante» che si rivela ufficiale della Decima Brigata Herzegovaska; le piastrine degli italiani trucidati dai nazisti: poveri figli col cranio sfondato e quelle misere giacchette a -20°; il cadavere del soldato tedesco con la foto di sua moglie stretta nel pugno; lo zoccolo pietoso del cavallo che risparmia i corpi senza vita sul sentiero; il lasciapassare partigiano e la picara «locomotiva umana», tutta muscoli e nervi e barba lunga, che percorre a piedi l’Italia, da Trieste a Viterbo; la stella rossa sul berretto che indispettisce i camion anglo-americani e non li fa fermare; la visione infine, terribile, assoluta, della città in macerie. Ma soprattutto un’idea ferma: la certezza che le parole non ce la faranno a tener dietro, ad accogliere e contenere, a garantire forma compiuta e un senso permanente all’immane sciagura scampata dal superstite (e testimone). «Quello che dico, dico poco». Da qui riparte Pietro Benedetti col suo spettacolo Drug Gojko. Da questa soglia affacciata su ciò che non si potrà ridire. Da un atto di fedeltà incondizionata al raffinato artigianato del ricordo ad alta voce di Nello Marignoli. Il racconto di Nello è ripreso da Pietro pressoché alla lettera, con tutti gli stigmi e i protocolli peculiari di una oralità “genuina” e filologica, formulaica e improvvisata al tempo stesso. Pausa per pausa, tono per tono, espressione per espressione. Pietro stila il proprio copione con puntiglio notarile, stillandolo dalla viva voce di Nello. Questa la scommessa (che è anche ipotesi critica) di Benedetti: ricondurre i modi di un canovaccio popolare entro il canone del copione recitato, serbando però, al massimo grado, fisicità verace del narrare e verità delle sue forme. Anche per questo la scena è scarna. Così da rendere presente e tangibile il doppio piano temporale su cui racconto e spettacolo si fondano (quello dei fatti e quello dei ricordi): sul fondo un manifesto antipartigiano firmato Casa Pound, che accoglie al suo ingresso Nello-Pietro in tuta da lavoro; sulla sinistra un pneumatico da TIR in riparazione; al centro il bussolotto della ricetrasmittente. Andiamo a cominciare.
Una collaborazione
ANPI Viterbo
e ARCI Comitato Provinciale Viterbo
Si ringrazia il Comune di Viterbo e l'Assocciazione Culturale Tetraedro
Per informazioni mail culturavt@...
- 21 aprile 2012
- GORIZIA
A.N.P.I. Provinciale
A.N.P.I. Sezione di Gorizia
A.V.L. Gorizia
Scoprimento della lapide commemorativa ai caduti nella battaglia partigiana di Gorizia del settembre 1943
La cerimonia avrà luogo a Gorizia nel Piazzale MARTIRI PER LA LIBERTA D’ITALIA sabato 21 aprile 2012 alle ore 10.00
Saluti
Mirko Primožič Presidente A.N.P.I. di Gorizia, Mario Merni Presidente A.V.L. di Gorizia,
Paolo Padovan Presidente A.N.P.I. Provinciale, Štefan Cigoj Presidente ZB di Nova Gorica.
Oratore ufficiale
Marisa Ombra Vice Presidente Nazionale A.N.P.I.
Nei giorni successivi all’8 settembre 1943 ci furono in Italia diversi episodi, in cui unità dell’esercito e popolazione civile si opposero, imbracciando le armi, ai reparti tedeschi che si apprestavano a prendere possesso del territorio nazionale. Rientra a pieno titolo tra questi, come fatto particolarmente significativo e non periferico della resistenza italiana, la cosiddetta battaglia partigiana di Gorizia.
Lo svolgimento della battaglia si articolò fondamentalmente in due fasi. Una prima, dall’8 al 12 settembre, fu caratterizzata dal tentativo delle truppe italiane di impedire alle truppe tedesche di impadronirsi della città e di prendere quindi il controllo totale delle vie di comunicazione. Combattimenti si ebbero nella valle dell’Isonzo, nella valle del Vipacco e soprattutto nella zona nord di Gorizia dove ai tedeschi venne impedito di attraversare il ponte ferroviario di Salcano. Per questa resistenza attiva alle forze tedesche il generale Bruno Malaguti, comandante delle truppe italiane di stanza a Gorizia, fu prima destituito ed in seguito deportato in Germania, da dove non fece ritorno. Una seconda fase si svolse dal 12 fino agli ultimi di settembre e presentò più le caratteristiche di una vera battaglia campale che di attività sporadiche di guerriglia più consone ad una guerra partigiana. Ad essa parteciparono in forza i reparti della 71a Divisione tedesca di fanteria, rinforzati da altre unità scelte che affluirono in zona costantemente per tutto il periodo dei combattimenti, sul fronte opposto, i reparti partigiani sloveni integrati dalle nuove massicce adesioni e da un migliaio di insorti italiani provenienti soprattutto dal Monfalconese e dalla Bassa Friulana. Lo stesso 12 settembre rappresentò poi il giorno del fatto d’arme più importante avvenuto nel perimetro urbano della città di Gorizia e precisamente la conquista della Stazione Centrale da parte di un gruppo di combattenti partigiani venuti da Monfalcone e la successiva riconquista della stessa ad opera di reparti tedeschi provenienti da Udine.
Circostanziati rapporti delle autorità militari tedesche, dando una valutazione complessiva delle operazioni di settembre nel più ampio territorio attorno a Gorizia, riferiscono che una parte delle formazioni partigiane si era sottratta all’accerchiamento e che fino ad allora si erano registrati, tra le file partigiane, 1.610 morti (tra questi 157 ex-soldati italiani) e 3.336 prigionieri. Operazioni anti partigiane continuarono nella zona ancora nei successivi mesi di ottobre, novembre e dicembre, dimostrando che l’insurrezione popolare e la grande offensiva di settembre erano state l’inizio di una vera guerra partigiana che avrà la sua conclusione vittoriosa soltanto alla fine di aprile del 1945.
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