Informazione


Desaparecidos per espianti di organi in Albania: aggiornamenti dal sito PeaceReporter

1) Riaprire la casa gialla. Dick Marty è a Pristina
2) Intervista a Vladimir Vukcevic, procuratore serbo per i crimini di guerra


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20/01/2010


L'inviato del Consiglio d'Europa in Kosovo. La Serbia vuole chiarezza sull'espianto di organi da civili serbi nel 1999

"Dick Marty è a Pristina da ieri sera e ha in programma incontri con alti esponenti di Eulex (missione civile Ue che sostituirà l'Unmik, missione Onu per il Kosovo ndr) e del governo kosovaro". Stop. Con queste telegrafiche parole Christophe Lamfalussy, portavoce di Eulex, ha confermato le indiscrezioni dei giorni scorsi.

Visita riservata. Marty è l'inviato del Consiglio d'Europa e non è arrivato in Kosovo a caso. Sta lavorando a uno dei tanti argomenti che ancora dividono, come un fossato profondo, i serbi dagli albanesi in Kosovo: i crimini commessi dall'Esercito di Liberazione del Kosovo (Uck) contro civili serbi durante il conflitto del 1999. In particolare, all'attenzione di Marty, c'è il cosiddetto caso della 'casa gialla'. Secondo le tesi della procura di Belgrado che indaga sui crimini di guerra, in una piccola abitazione del villaggio di Burrell, nell'Albania settentrionale, trecento civili non-albanesi, per lo più serbi, sono stati rapiti, uccisi e sottoposti a espianti di organi. Non ne è convinto solo Vladimir Vukcevic, procuratore serbo per i crimini di guerra, ma anche l'Unmik stessa che, nel 2004, aprì un'inchiesta sulla vicenda inviando degli ispettori sul luogo. Il risultato di questa inchiesta racconta di evidenti riscontri di un eccidio all'interno della 'casa gialla' di Burrell. In realtà, in un primo momento, l'Unmil aveva negato di essere in possesso di materiale riguardo alla vicenda, ma poi ha inviato a Belgrado il materiale. Il disgelo (la Serbia dal 1 gennaio 2010 ha usufruito del regime dei visti agevolati Ue) tra Bruxelles e Belgrado comincia a dare i suoi frutti. 

Una lunga storia. Il senatore svizzero Marty, nelle scorse settimane, sempre nel massimo riserbo, era stato a Belgrado dove aveva incontrato lo stesso Vukcevic. Il procuratore serbo ha fornito all'inviato Unmik altre testimonianze, documenti e riscontri per chiedere che l'inchiesta vada avanti. Lo stesso Vukcevic, a marzo dello scorso anno, ha chiesto anche al governo albanese di riaprire l'inchiesta sulla vicenda. 
La prima ricostruzione della vicenda è apparsa tra le pagine del libro La Caccia di Carla Del Ponte, ex procuratore capo del tribunale dell'Aja.
Finito il suo mandato, però, della 'casa gialla' non si era parlato per un bel po'. Adesso la storia torna a galla, anche perché il figlio di un cittadino serbo scomparso nel 1999, Rade Dragovic, aveva riconosciuto il padre in una foto nella quale un comandante Uck lo mostrava morto come un trofeo di guerra. In tuta mimetica. Ma il figlio Rade ha sempre sostenuto che il padre non ha mai preso parte a operazioni militari. Secondo il procuratore Vukcevic questa è la prova dell'uccisione di civili serbi da parte di guerriglieri dell'Uck. Sarebbe già questo, da solo, un fattore che merita di essere approfondito, soprattutto perché la quasi totalità dei dirigenti dell'Uck oggi rappresenta la classe dirigente del Kosovo indipendente. Se poi fosse dimostrato il traffico d'organi espiantati, nella 'casa gialla' o meno, da miliziani Uck a civili serbi e non assassinati durante il conflitto, ci si troverebbe di fronte a un crimine senza precedenti.

Christian Elia


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20/01/2010


Intervista a Vladimir Vukcevic, procuratore serbo per i crimini di guerra, su un eccidio di civili da parte dei miliziani albanesi in Kosovo nel 1999


Nella scorsa primavera, i funzionari dell'Unmik (la Missione Onu in Kosovo) hanno inviato al procuratore serbo per i crimini di guerra Vladimir Vukcevic la documentazione relativa alle indagini sul presunto traffico di organi umani durante il conflitto del 1999 in Kosovo. Dopo una prima lettera in cui si affermava che l'Unmik non era in possesso di alcun materiale sul caso della cosiddetta "Casa Gialla", hanno successivamente scritto che in seguito a una più dettagliata ricerca erano stati rinvenuti negli archivi alcuni documenti. Si tratta di dieci diversi files, tra cui il rapporto completo sulla 'casa gialla'. Secondo tale relazione - che contiene i risultati dell'esame della scena del crimine fatta a Burrel città nel nord dell'Albania, nel 2004 - gli investigatori hanno trovato tracce di sangue (identificati mediante la soluzione chimica Luminol) su due pareti e sul pavimento di una stanza a pianterreno, che si pensa possa essere stata utilizzata come sala operatoria. Decine di testimoni, quelli ascoltati sia dalla procura di Belgrado che dagli investigatori dell'Aja, hanno dichiarato che molto probabilmente circa 300 non-albanesi, per lo più serbi, siano stati rapiti, uccisi e sottoposti a espianti di organi. PeaceReporter, sulla questione, ha sentito gli uffici della procura di Belgrado.

Qual è il contenuto di questi documenti che l'Unmik ha tenuto nascosto per molto tempo?

Si tratta di documenti altamente riservati. Le indagini sono ancora in corso e vista la delicatezza dell'oggetto, saranno coperte da segreto. Abbiamo riscontrato una serie di dettagli interessanti, ed è giunto il momento di condurre una seria indagine. Sono convinto che noi e i giudici della procura di Tirana dovremmo lavorare in maniera coordinata, ma dal momento che la politica ha interferito in questo caso, faremo ogni sforzo per portare la questione anche a livello internazionale. Abbiamo 134 testimoni diretti o indiretti, e oltre 200 pagine di materiale. Crediamo, poi, di aver individuato il luogo in cui, a nostro parere, i serbi e gli altri non-albanesi sono stati sepolti.

Tra le persone identificate come autori di questi crimini, c'è qualcuno che ha ricoperto ruoli di alto rango nella vita politica del Kosovo?

Siamo riusciti a ottenere alcuni nuovi elementi e dettagli sorprendenti. Attraverso conti bancari in Albania e Svizzera, abbiamo raggiunto prove estremamente significative che indicano come alcune figure politiche di alto profilo di Kosovo e Albania siano state coinvolte nei crimini commessi nel nord dell'Albania e, quello che qui interessa, nei fatti della "casa gialla". Tra gli altri, siamo in possesso di documenti e numeri di conti bancari riconducibili a Ramush Haradinaj (ndr all'epoca dei fatti comandante dell'Uçk, successivamente processato e prosciolto in primo grado dal Tribunale dell'Aja).

Perché le autorità dell'Unmik sono state reticenti nel consegnarvi il rapporto completo?

Immediatamente dopo l'apertura dell'inchiesta, abbiamo chiesto alle autorità dell'Unmik di fornirci i risultati delle loro indagini. Il 6 giugno 2008, ricevemmo una risposta dall'Unmik in cui negavano che tali indagini erano mai stati effettuate. Attraverso canali informali, venimmo in possesso della relazione principale sulla 'casa gialla'. La relazione contiene un elenco di medicinali e attrezzature che rendono verosimile l'ipotesi che in quella casa sia stata approntata una sala operatoria. Inoltre, nel documento veniva individuato come magazzino di raccolta delle prove rinvenute nella 'casa gialla' il Centro medico-legale di Orahovac.
Solo dopo aver inoltrato una richiesta al Consiglio di Sicurezza Onu nel dicembre del 2008, la relazione ci è stata ufficialmente consegnata. In quell'occasione, il segretario generale del nostro ufficio, Bojan Lapčević, ha consegnato al team di Alan Le Roy, il sottosegretario delle Nazioni Unite incaricato delle operazioni di pace, la lettera del giugno 2008 in cui i funzionari dell'Unmik negavano di aver compiuto delle indagini. Solo così, le autorità dell'Unmik sono state invitate dall'organo competente delle Nazioni Unite a fornire tutte le informazioni in loro possesso, che avrebbero potuto contribuire a chiarire la triste vicenda del traffico di organi. Adesso, la mia impressione è che tutti vogliano la verità sugli eventi che hanno avuto luogo nel nord dell'Albania.

Credete che la missione EULEX contribuirà a indagini più obiettive?

Ci auguriamo che Eulex (ndr la Missione europea di giustizia) indagherà sulle denunce di scomparsa dei serbi, legate ai reati compiuti nel nord dell'Albania. A giudicare dalle premesse credo che affronteranno a questo caso con serietà e con la dovuta considerazione. Mi permetto di ricordarvi che la signora Carla Del Ponte (ndr ex procuratore all'Aja presso il Tribunale per i crimini di guerra commessi nell'ex Jugoslavia) ha scritto nel suo libro sul presunto traffico di organi nel nord dell'Albania e che il Tribunale dell'Aja ha anche un'ampia documentazione a sostegno di tali affermazioni. In diverse occasioni abbiamo parlato con gli investigatori del Tribunale internazionale e in seguito alle istruzioni impartite dal procuratore capo Serge Brammertz, l'indagine ha preso il giusto corso, contribuendo alla divulgazione di una serie di fatti che, a nostro parere, sono stati finora oscurati. Ci aspettiamo che anche il signor Dick Marty, l'inviato speciale del Consiglio d'Europa, compia il suo lavoro d'indagine. Credo che, in seguito alle prove raccolte, le istituzioni e le organizzazioni internazionali siano state messe in allerta. Le autorità Eulex sono chiamate a un serio esame di obiettività. E dal punto di vista procedurale, si tratta di un caso estremamente forte che avrà una forte eco.

Nicola Sessa



Jasenovac... nella Giornata della Memoria


Intervento di 
Andrea Martocchia
segretario, Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus
alla Inaugurazione della mostra: Erano solo bambini
Poggibonsi 28 gennaio 2009

(testo integrale - ascoltabile a 45'30'' della registrazione audio)


Intendo con questo mio intervento contestualizzare e problematizzare le cose che si possono vedere nella mostra.

La prima questione è quella delle parzialità delle conoscenze, e delle vere e proprie omissioni, rispetto ai crimini del nazifascismo.
Sarebbe il caso di mettersi almeno d'accordo sull'oggetto di questa giornata e cioè: il carattere stragista del nazifascismo. A rendere giustizia, non solo dal punto di vista morale ma proprio dal punto di vista storico, alle vittime del nazifascismo si dovrebbero includere tutti i crimini del nazifascismo verso intere categorie e soggetti nazionali e/o razziali.

NECESSITA' DI UNA PRECISAZIONE SULL'OGGETTO DELLA "GIORNATA DELLA MEMORIA"

Ritengo che su questo punto ci sia un problema di fondo, evidente anche nella stessa legge istitutiva della Giornata della Memoria. (1) E' stato poco fa portato l'esempio dei campi di concentramento per gli slavi, gestiti dagli italiani in Dalmazia: ed è giusto, perchè già nello specifico italiano si dovrebbe entrare nel merito di un universo concentrazionario che ci ha riguardato direttamente, non solo come vittime, ma proprio come carnefici. Ed è allora il caso di ricordare che anche a poca distanza da qui, a Renicci di Anghiari, in provincia di Arezzo, esisteva un campo di concentramento nel quale furono reclusi soprattutto prigionieri politici sloveni; un po' più lontano, a Colfiorito in Umbria, erano soprattutto prigionieri politici montenegrini (il Montenegro fu la prima delle regioni della Jugoslavia a ribellarsi all'occupante fascista e perciò furono duramente repressi dagli italiani); e ancora un po' più lontano, a Gonars in Friuli, erano molte migliaia, soprattutto sloveni lì ridislocati dall'inferno di Arbe/Rab. 
Questa storia dei campi di concentramento italiani sul territorio italiano è completamente omessa, così come è sostanzialmente omessa dalla storiografia la pulizia etnica perpetrata dagli italiani, specialmente ai danni degli sloveni, nelle terre di confine, in quella che era allora la "Provincia di Lubiana".

E rimanendo in tema di omissioni, al livello più generale, conosciamo bene l'omissione del genocidio dei Rom - genocidio che, vista l'attualità italiana, viste le cose gravissime che stanno succedendo in questi mesi ai danni della comunità Rom come delle comunità immigrate in genere, visto il razzismo così diffuso, generalizzato, nella nostra società, nessuno dovrebbe osare di omettere dalla narrazione sulla nostra storia recente, e nella Giornata della Memoria. Ma a ben vedere il genocidio dei Rom è stato omesso ieri mattina anche dalla cerimonia ufficiale svolta al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite. (2) L'associazionismo Rom aveva fatto pressioni perchè tra i rappresentanti dei popoli vittime di sterminio da parte del nazifascismo ci fossero anche i Rom, e questo non è stato consentito.

E poi abbiamo l'esclusione del genocidio dei disabili, dei gay, e così via.
 
In particolare però noi oggi ci occupiamo di una questione - quella del campo di Jasenovac e dei crimini ustascia nei Balcani - che vede come principali vittime i serbi.

I SERBI VITTIME DI GENOCIDIO

Per tutto il corso del secondo dopoguerra, ed ancora oggi, per tanti motivi anche politici (di politica internazionale) a cui farò necessariamente cenno nel seguito, i serbi sono stati sottoposti in Occidente ad un ostracismo, ad una omissione veramente perfetta, completa, da qualsiasi momento di ricordo.

Io non sono completamente d'accordo quando si dice che in Jugoslavia (nella Jugoslavia Federativa e Socialista) dei crimini del nazifascismo non se ne parlava: se ne è parlato, a mio avviso, quanto era giusto che se ne parlasse, perchè comunque si trattava di ricostruire un paese multinazionale in cui tutte le popolazioni potessero continuare a convivere insieme. Ciononostante furono edificati musei e memoriali, per esempio nello stesso ex campo di sterminio di Jasenovac, e furono realizzati eventi culturali ed opere artistiche - ricordo ad esempio il bellissimo film jugoslavo "Ne okreći se sine" (Non ti voltare indietro figlio mio) prodotto nella Croazia degli anni '50, in cui è descritta in maniera corretta e toccante la politica genocida degli ustascia.

Dunque non è vero che in Jugoslavia non si parlava di Jasenovac. E' casomai in Italia che non se ne è mai parlato, e si continua a non parlarne. Eppure come italiani abbiamo responsabilità dirette in quei crimini degli ustascia. (3)

Devo per forza di cose riportare all'attualità la vicenda di Jasenovac: sarebbe ipocrita non farlo e tradirebbe le mie convinzioni; ci sono questioni su cui non posso sorvolare, in particolare riguardanti gli atti fondativi della nuova "Croazia indipendente", all'inizio degli anni '90 del Novecento. 

LA NUOVA "CROAZIA INDIPENDENTE"

Quegli atti fondativi sono stati tutti viziati da una continuità, aperta o malcelata, con l'impostazione nazionalista, escludente e razzista, degli ustascia. E devo argomentare:
# il leader di quel processo secessionista, Franjo Tudjman, si era fatto una fama di storico dilettante scrivendo testi, tra cui un libro intitolato "La deriva della verità storica", in cui negava le dimensioni e la realtà di quello che vedete nella mostra alle mie spalle: l'Olocausto perpetrato dagli ustascia non solo nei confronti dei serbi ma anche nei confronti degli ebrei, descritti da Tudjman come collaborazionisti dei nazisti in quanto guardiani dei campi di sterminio; d'altronde lo stesso Tudjman si era anche reso noto per una intervista in cui aveva esplicitamente affermato: "per fortuna mia moglie non è serba ne' ebrea".
# Al momento della fondazione del nuovo Stato croato furono: introdotta una nuova Costituzione monoetnica, per cui la Croazia diventava la patria dei croati, mentre nella Jugoslavia socialista la Croazia era patria dei popoli costitutivi croato e serbo; introdotta la domovnica, una specie di pedigree razziale in base al quale si otteneva la cittadinanza del nuovo Stato; fu reintrodotta la kuna, che era stata la moneta nello Stato nazista NHD ("Stato Indipendente di Croazia") guidato da Pavelić, e non esistono altri esempi storici di uso della kuna come moneta in Croazia; furono etnicamente ripuliti gli uffici pubblici, scatenati veri e propri pogrom contro i serbi (ad esempio a Dubrovnik, la "notte dei cristalli" dell'estate 1991, e a Borovo Selo presso Vukovar); fu distrutto lo stesso Museo-memoriale di Jasenovac - tant'è vero che quando arrivarono le truppe della Repubblica Serba di Krajina (RSK) trovarono tutto in pezzi. La stessa RSK, questa entità autoproclamata dai serbi della Croazia per autotutelarsi, e che durò fino al 1995, fu poi completamente spazzata via, letteralmente cancellata dalle certe geografiche, e con lei molte centinaia di migliaia di serbi che da molte generazioni abitavano sul territorio della attuale Croazia. Tuttora si contano molte centinaia di desaparecidos serbi in Croazia.

Questi fatti attuali dimostrano che è necessaria una contestualizzazione dello sterminio subito dai serbi sotto il nazifascismo, per trovare una chiave di interpretazione complessiva, necessaria nella prospettiva storica di lungo e lunghissimo termine. Si tratta di capire quale era il carattere profondo delle politiche di oppressione razziale e prevaricazione nazionale del nazifascismo in tutta Europa, e di capire come tale carattere si tradusse nello specifico balcanico.
La nostra impostazione occidentale ci fa generalmente dimenticare che tali politiche hanno espresso il massimo della loro violenza e sanguinosa "efficacia" nell'Europa orientale e balcanica. Auschwitz è lontana dall'attuale Germania: oggi è in Polonia, non lontano dall'Ucraina; i più "grandi numeri" delle stragi nazifasciste, oltre che nei Balcani, sono stati raggiunti molto ad Est, ad esempio in Russia ed in Bielorussia con i pogrom sulle popolazioni civili (si veda il film "Va' e vedi" di Klimov).

Non ci possiamo qui addentrare in una analisi compessiva della ideologia nazifascista ma dobbiamo sottolineare due aspetti-chiave necessari per la interpretazione: quello delle politiche nazionali, e quello dello scontro inter-religioso.

LE POLITICHE DELLA NAZIONALITA' SOTTO IL NAZIFASCISMO

Heinrich Himmler, capo delle SS, parlava così:

Nel trattamento delle etnie straniere dell'Oriente dobbiamo vedere di riconoscere e di badare quanto più possibile alle singole popolazioni, vale a dire oltre ai Polacchi e gli Ebrei gli Ucraini, i Russi Bianchi, i Gorali, i Lemchi ed i Casciubi. Ed ovunque si trovino pure solo frammenti etnici, ebbene anche a quelli. Con questo voglio dire che noi non solo abbiamo il più grande interesse acché le popolazioni dell'Oriente non siano unite, ma che alcontrario siano suddivise nel numero maggiore possibile di parti e di frammenti. Ma anche all'interno delle stesse popolazioni non abbiamo alcun interesse a portarle all'unità ed alla grandezza, a trasmettere loro forse pian piano una coscienza nazionale ed una cultura nazionale, bensì piuttosto a scioglierle in innumerevoli piccoli frammenti e particelle... (4)

Quindi la politica delle nazionalità del nazifascismo era quella del divide et impera. Tant'è vero che alcuni dei piccoli popoli che nella sua avanzata verso Est il nazifascismo andava a soggiogare, si diceva che venivano... liberati. Ecco, uno di questi popoli erano i croati. Nei Balcani si trattava di usare questo piede di porco per smembrare quello che era dapprima il Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, poi diventato Regno di Jugoslavia, un'entità, pur con tutti i suoi limiti, comunque multinazionale. E si andavano a creare numerosi staterelli-fantoccio e protettorati. Per realizzare questo progetto bisognava colpire in primis i serbi, per vari motivi:
- perchè questa disgregazione ai serbi non conveniva, in quanto erano stanziati pressochè ovunque nei Balcani;
- perchè storicamente avevano sempre rappresentato il focolaio della lotta per la emancipazione contro le potenze straniere nell'area, sia contro i turchi che contro l'Austria-Ungheria;
- perchè, come i Piemontesi in Italia, erano stati gli iniziatori del processo di unità jugoslava, e quindi i principali nemici dell'idea di disgregazione in "piccole patrie";
- perchè infine avevano dimostrato, con la rivolta popolare, di opporsi in massa a una alleanza con l'Asse.

Quello dell' NDH è l'esempio più lampante di questa politica che vezzeggiava i "piccoli popoli". Si fece leva sul sentimento nazionalista croato, che per ragioni storico-culturali era affine all'idea di una Europa a dominio germanico, e lo si utilizzò per una operazione di feroce pulizia etnica - eliminare i serbi significava eliminare un terzo della popolazione, poichè erano circa un terzo i serbi sul totale della popolazione di quella Croazia che comprendeva grossomodo le attuali Croazia e Bosnia-Erzegovina. 

LO STERMINIO USTASCIA

Come si poteva eliminare un terzo della popolazione sul proprio territorio? Lo slogan adottato dal Ministro degli Interni dell'NDH fu: per quanto riguarda i serbi,un terzo li scacceremo, un terzo li convertiremo [forzatamente al cattolicesimo, poichè come è noto questo è ciò che distingue i serbi dai croati, e nient'altro: l'appartenenza alla cristianità ortodossa per i primi, mentre i secondi fanno riferimento alla Chiesa cattolica romana], e un terzo li uccideremo.

Alla fine della II G.M., di tutte le vittime sul territorio dell'NDH la grande maggioranza erano serbi (64,3%: dopo la guerra non c'era famiglia serba che non avesse subito lutti), seguivano poi gli stessi croati (17,2% delle vittime, chiaramente oppositori politici - non dimentichiamo che lo stesso maresciallo Tito, che condusse la Guerra di Liberazione contro i nazifascisti, era di famiglia mista croata e serba; e non dimentichiamo nemmeno tanti episodi di eroismo dei partigiani croati, come quelli descritti nel film "Ne okreci se sine" di cui sopra). Tra le vittime c'erano poi i musulmani (6,97%, oppositori politici), gli ebrei (5,6%), i rom (2,6% - se ne parla in alcuni pannelli nella mostra).

In questo quadro fu pesantissimo il bilancio delle vittime infantili (fino ai 14 anni), come si legge nella mostra:
Totale: 74,762
uccisi: 60,234 (32,054 bambini 28,012 bambine 168 non conosciuti)
altre vittime di guerra (deceduti, morti di morte non naturale, scomparsi): 14,528

bambini uccisi nel Lager di Jasenovac: 19,432
bambini serbi 11,888
bambini rom 5,469
bambini ebrei 1,911
altri bambini 164.

Soffermiamoci ora brevemente sulla geografia dell'universo concentrazionario degli ustascia.

Jasenovac è il grande complesso che si trova ancora, come Museo-memoriale, e si trovava all'epoca, sulle due rive del fiume Sava. Era una specie di cittadella, qui descritta in dettaglio in alcuni pannelli, costituita dai due campi di Jasenovac e Nova Gradisca.
C'era poi il gruppo dei lager di Gospic, con il Penitenziario ed il Centro di raccolta vicino alla stazione ferroviaria di Gospic.
C'era Jadovno, dove nei 132 giorni della sua esistenza (aprile – agosto 1941), furono uccisi almeno (secondo le liste di trasporto ed altri documenti) 40.123 appartenenti del popolo serbo ed ebraico, di cui 10.688 cadaveri identificati.
Ad Ovčara c'era la cosiddetta "stalla di Maksimović". C'era poi Stupačinovo, vicino a Baške Ostarije.
Sull'Isola di Pag, dove si va oggi in vacanza - posti bellissimi, io stesso ci sono andato... ma ci si va senza sapere niente di questa storia di migliaia e migliaia di persone che vicino al mare azzurrissimo e su quelle rocce spoglie sono state letteralmente scannate, nella maniera più artigianale, più bestiale, nelle località di Slana e Metajna, alla "Furnaža", dagli ustascia alleati degli italiani.
E poi furono tanti altri i luoghi dello sterminio: 32 foibe sulla montagna Velebit, la foiba di Saran, la fossa Golubinka a Prebilovci, a pochi passi da dove oggi sorge il santuario di Medjugorije...

LA GUERRA NAZIFASCISTA COME GUERRA DI RELIGIONE

E visto che siamo arrivati a Medjugorije, passiamo a parlare dell'altro fattore della strategia nazifascista, quello religioso. Benchè il nazionalsocialismo come movimento politico-ideologico in se' proclamasse una specie di neopaganesimo, in realtà la sua ascesa e la ascesa dei movimenti alleati - dal fascismo italiano alle diverse forme di fascismo nei vari paesi europei - sono state possibili solo grazie all'appoggio di un vecchio mondo formato da tutte le classi sociali in declino, non solo quindi la borghesia, ma anche a pieno titolo quei residui dell'Europa feudale, aristocratica e clericale che ancora sopravvivevano e, va detto, non sono affatto ininfluenti nemmeno oggi.
Tutti costoro espressero con il nazifascismo la loro reazione rabbiosa di fronte al mondo che cambiava, ed in particolare di fronte alla vittoria della Rivoluzione d'Ottobre.

In molti paesi e territori quella perpetrata dal nazifascismo fu quindi anche di una guerra di religione, ed in particolare la guerra della Chiesa Cattolica Apostolica Romana per il consolidamento della propria egemonia in Europa, per la affermazione di una Europa non solo germanica, ma anche cattolica, proprio come nella antica tradizione carolingia. Tradizione che era richiamata esplicitamente dal nazismo, ed alla quale in maniera inquietante si continua a fare riferimento a livello di nuove istituzioni europee - si pensi alla istituzione del Premio Charlemagne.

Questa potrebbe quindi essere la chiave di interpretazione più generale per i fatti avvenuti nel corso della II Guerra Mondiale nei Balcani: l'alleanza tra il delirante progetto di una Europa a guida germanica, e la perdurante battaglia che la parte più reazionaria del mondo cattolico riteneva ancora di dover condurre contro gli scismatici, cioè quei cristiani che nel 1054 rifiutandosi di riconoscere il primato del vescovo di Roma avevano dato vita alla corrente cosiddettà "ortodossa" nell'ambito della cristianità. Ad avvalorare questa mia tesi vorrei portare alcuni argomenti:

# tale guerra di religione fu scatenata non solo dagli ustascia croati contro i serbi, ma anche in altri territori orientali: si pensi ad esempio ai pogrom praticati in Ucraina dai cattolici e dagli uniati contro gli ortodossi; oppure si ricordi che in Slovacchia il capo dello Stato collaborazionista dei nazisti era il vescovo cattolico Jozef Tiso.

# Per quanto riguarda il carattere clerico-fascista del regime instaurato in Croazia dagli ustascia, gli esempi di sprecano. Le conversioni forzate al cattolicesimo furono regolate da apposito decreto legge nello Stato ustascia (se ne parla anche nella mostra). Molte informazioni si trovano su interessanti testi di riferimento (qui indicati in Bibliografia). Io mi limito a citare qui alcuni passaggi da un testo di Karlheinz Deschner: (5)

Il Papato di Roma (...) ha sostenuto nel XX secolo il sorgere di tutti gli Stati fascisti con determinazione, ma più degli altri ha favorito proprio il peggior regime criminale: quello di Ante Pavelić in Jugoslavia.
Questo ex-avvocato zagrebino, che negli anni '30 addestrò le sue bande soprattutto in Italia, fece uccidere nel 1934 a Marsiglia il re Alessandro di Jugoslavia in un attentato che costò la vita anche al ministro degli Esteri francese. Due anni più tardi celebrò con un libello le glorie di Hitler, "il più grande ed il migliore dei figli della Germania", e ritornò in Jugoslavia nel 1941, rifornito da Mussolini con armi e denari, al seguito dell'occupante tedesco.
(...) Con particolare calore fu accolto e benedetto da Pio XII in udienza privata (benchè già condannato a morte in contumacia per il doppio omicidio di Marsiglia sia dalla Francia che dalla Jugoslavia). Il grande complice dei fascisti si accommiatò da lui e dalla sua suite in modo amichevole e con i migliori auguri, letteralmente, di "buon lavoro".

Così ebbe inizio una crociata cattolica che non ha nulla da invidiare ai peggiori massacri del Medioevo, ma piuttosto li supera. Duecentonovantanove chiese serbo-ortodosse della "Croazia Indipendente" furono saccheggiate, annientate, molte trasformate persino in magazzini, gabinetti pubblici, stalle. Duecentoquarantamila Serbi ortodossi furono costretti a convertirsi al cattolicesimo e circa settecentocinquantamila furono assassinati. Furono fucilati a mucchi, colpiti con la scure, gettati nei fiumi, nelle foibe, nel mare. Venivano massacrati nelle cosiddette "Case del Signore", ad esempio duemila persone solo nella chiesa di Glina. Da vivi venivano loro strappati gli occhi, oppure si tagliavano le orecchie ed il naso, da vivi li si seppelliva, erano sgozzati, decapitati o crocifissi. Gli Italiani fotografarono un sicario di Pavelić che portava al collo due collane fatte con lingue ed occhi di esseri umani.
Anche cinque vescovi ed almeno 300 preti dei Serbi furono macellati, taluni in maniera ripugnante, come il pope Branko Dobrosavljevic, al quale furono strappati la barba ed i capelli, sollevata la pelle, estratti gli occhi, mentre il suo figlioletto era fatto letteralmente a pezzi dinanzi a lui. L'ottantenne Metropolita di Sarajevo, Petar Simonic, fu sgozzato.
Ciononostante l'arcivescovo cattolico della città di Oden scrisse parole in lode di Pavelić, "il duce adorato", e nel suo foglio diocesano inneggiò ai metodi rivoluzionari, "al servizio della Verità, della Giustizia e dell'Onore".
(...)
 Questo regime - che ebbe per simboli e strumenti di guerra "la Bibbia e la bomba" - fu un regime assolutamente cattolico, strettamente legato alla Chiesa Cattolica Romana, dal primo momento e sino alla fine. Il suo dittatore Ante Pavelić, che era tanto spesso in viaggio tra il quartier generale del Führer e la Berghof hitleriana quanto in Vaticano, fu definito dal primate croato Stepinac "un croato devoto", e dal papa Pio XII (nel 1943!) "un cattolico praticante". In centinaia di foto egli appare fra vescovi, preti, suore, frati. Fu un religioso ad educare i suoi figli. Aveva un suo confessore e nel suo palazzo c'era una cappella privata. Tanti religiosi appartenevano al suo partito, quello degli ustasa, che usava termini come dio, religione, papa, chiesa, continuamente. Vescovi e preti sedevano nel Sabor, il parlamento ustasa. Religiosi fungevano da ufficiali della guardia del corpo di Pavelić. I cappellani ustasa giuravano ubbidienza dinanzi a due candele, un crocifisso, un pugnale ed una pistola. I Gesuiti, ma più ancora i Francescani, comandavano bande armate ed organizzavano massacri: "Abbasso i Serbi!". Essi dichiaravano giunta "l'ora del revolver e del fucile"; affermavano "non essere più peccato uccidere un bambino di sette anni, se questo infrange la legge degli ustasa" [il fatto è documentato nella mostra, ndAM].  "Ammazzare tutti i Serbi nel tempo più breve possibile": questo fu indicato più volte come "il nostro programma" dal francescano Simic, un vicario militare degli ustasa. Francescani erano anche i boia dei campi di concentramento. Essi sparavano, nella "Croazia Indipendente", in quello "Stato cristiano e cattolico", la "Croazia di Dio e di Maria", "Regno di Cristo", come vagheggiava la stampa cattolica del paese, che encomiava anche Adolf Hitler definendolo "crociato di Dio". Il campo di concentramento di Jasenovac ebbe per un periodo il francescano Filipovic-Majstorovic per comandante [il fatto è documentato nella mostra, ndAM], che fece ivi liquidare 40.000 esseri umani in quattro mesi. Il seminarista francescano Brzien ha decapitato qui, nella notte del 29 agosto 1942, 1360 persone con una mannaia. Non per caso il primate del paradiso dei gangsters cattolici, arcivescovo Stepinac, ringraziò il clero croato "ed in primo luogo i Francescani" quando nel maggio 1943, in Vaticano, sottolineò le conquiste degli ustasa. E naturalmente il primate, entusiasta degli ustasa, vicario militare degli ustasa, membro del parlamento degli ustasa, era bene informato di tutto quanto accadeva in questo criminale eldorado di preti, come d'altronde Sua Santità lo stesso Pio XII, che in quel tempo concedeva una udienza dopo l'altra ai Croati, a ministri ustasa, a diplomatici ustasa, e che alla fine del 1942 si rivolse alla Gioventù Ustasa (sulle cui uniformi campeggiava la grande "U" con la bomba che esplode all'interno) con un: "Viva i Croati!". I Serbi morirono allora, circa 750.000, per ripeterlo, spesso in seguito a torture atroci, in misura del 10-15% della popolazione della Grande Croazia (...). E se non si sa nulla su questo bagno di sangue da incubo non si può comprendere ciò che laggiù avviene oggi...

In questo testo viene posta la questione di Pio XII, del quale è stata proposta la beatificazione. Tale questione, che è al centro di polemiche tra il mondo ebraico e il mondo cattolico, è veramente cruciale, perchè Pio XII ebbe pesanti responsabilità nelle politiche praticate dagli ustascia. Successivamente, alla fine della II G.M., il Vaticano e alti prelati cattolici ebbero pesanti responsabilità per quanto riguarda la fuga dei criminali di guerra nazifascisti in generale, e ustascia in particolare. A gestire la rete di fuga di tali criminali furono peraltro proprio elementi di spicco del clero cattolico croato, a partire da don Krunoslav Draganović, come è spiegato nel libro Ratlines. I criminali, inclusi gli ustascia, poterono così scappare verso gli USA, l'Argentina, l'Australia...

E fu così che i movimenti ustascia poterono sopravvivere al crollo del nazifascismo, e sopravvisse la loro stessa cattolicissima impostazione; non a caso una delle tendenze dei fuoriusciti ustascia era quella dei križari, i "crociati".

D'altronde il Vaticano mantenne un atteggiamento di grande ostilità nei confronti della Jugoslavia per tutto il dopoguerra. Quando nei primi anni Ottanta Wojtyla chiese di poter visitare la Jugoslavia, dal governo socialista jugoslavo venne la richiesta che egli si recasse a Jasenovac. Il Vaticano preferì annullare la visita pastorale piuttosto che ammettere i crimini commessi a Jasenovac. Ciliegina sulla torta: Giovanni Paolo II ha visitato per ben tre volte la Croazia di Tudjman, e in una di queste occasioni, all'inizio di ottobre 1998, era lì per beatificare l'arcivescovo Stepinac, vero trait d'union tra i criminali ustascia e il Vaticano. Perciò, anche sulla figura di Wojtyla, e su tutta la gestione della "politica estera" vaticana, ci sarebbe molto da interrogarsi e discutere al di là dei luoghi comuni.

USTASCIA OGGI

Gli ustascia espatriati furono riutilizzati, nel corso di tutta la Guerra Fredda, nella strategia della tensione, non solo contro la Jugoslavia: nomi di nazionalisti croati compaiono nelle carte che riguardano Portella della Ginestra, la strage di Piazza della Loggia, il nascondiglio di armi della Gladio ad Aurisina, e così via.
Il nuovo smembramento della Jugoslavia si preparò negli anni '70 e '80, con le "visite di cortesia" di Tudjman ai nazionalisti ustascia espatriati in Argentina, Australia, Canada. 

Quello che è successo negli ultimi venti anni in Jugoslavia dimostra che il fatto di non conoscere, di non far conoscere, di non voler far conoscere la storia recente dell'Europa è ciò che consente che quei crimini vengano ripetuti.

Noi ci ritroviamo ai confini adesso dell'Italia uno Stato smembrato in sette parti, e probabilmente diventeranno di più. E' una cosa semplicemente vergognosa che si sia consentito che uno Stato venisse smembrato in sette parti, e nella maniera più sanguinosa. Si tratta, ne' più ne' meno, che della inversione degli esiti della II Guerra Mondiale: con l'abbattimento del Muro di Berlino, nei Balcani sono ritornati al potere quelli che avevano perso nell'aprile-maggio 1945.


NOTE:

(1) Il Giorno della Memoria (27 Gennaio) è una ricorrenza istituita con la legge n. 211 del 20 luglio 2000 dal Parlamento italiano che ha in tal modo aderito alla proposta internazionale. Il testo dell'articolo 1 della legge così definisce le finalità del Giorno della Memoria: « La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. » (Legge 20 luglio 2000, n. 211, Istituzione del "Giorno della Memoria" in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 177 del 31 luglio 2000, dal sito web Parlamento Italiano. Riportato il 12 aprile 2007.)
E' utile inoltre rammentare il significato del termine GENOCIDIO: ogni atto commesso con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso.

(2) UNITED NATIONS REFUSES TO ACKNOWLEDGE ROMANI VICTIMS OF THE HOLOCAUST AT ANNUAL CEREMONY (Ian Hancock), Roma Slated to Be Ignored at the UN Commemoration of the International Day in Memory of the Holocaust (Bill Templer), 27 January 2009: http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6307

(3) Sull'Appoggio italiano agli ustascia si veda la bibliografia dedicata:
- Ante Pavelić. Il duce croato - di Massimiliano Ferrara, Introduzione di Lucio Caracciolo (Editrice KappaVu - Udine 2008);
- Dittatore per caso. Un piccolo duce protetto dall'Italia fascista - di Erik Gobetti (L'Ancora del Mediterraneo 2001);
- Ustascia: Patrioti idealisti o spietati assassini? - di Claudio Delgrosso (Ass. Ricerche Storiche Valtaresi - Borgotaro (PR) maggio 2000);
- Il Fascismo e gli ustascia, 1929-1941. Il separatismo croato in Italia - di Pasquale Juso (Gangemi Editore 1998).
Per avere un'idea della concretezza di tale appoggio italiano, si pensi che addirittura Pavelić, appena insediato a Zagabria proveniente dall'Italia, chiese ad Aimone di Savoia, di diventare Re del nuovo Stato.

(4) Heinrich 
Himmler, capo delle SS, in un documento riservato del 15/5/1940. Citato in: R. Opitz, "Europa-Strategien des deutschen Kapitals 1900-1945", Colonia 1977 - da pag. 653.

(5) Traduzione del testo presentato da Karlheinz Deschner, storico della Chiesa cattolica, il 26/12/1993 in occasione dell'ultima puntata della sua serie televisiva sulla politica dei Papi nel XX secolo trasmessa in Germania da Kanal 4, sulle frequenze di RTL. Il testo e' stato ripreso dalla rivista marxista tedesca "Konkret" (n.3-1994, pg.47) e tradotto in italiano a cura del Coord. Romano per la Jugoslavia: https://www.cnj.it/documentazione/ustascia1941.htm#deschner . Di Karlheinz Deschner è utile consultare alcuni libri, oramai disponibili anche in lingua italiana (vedi Bibliografia).


BIBLIOGRAFIA:

Oltre ai libri menzionati in Nota 3, relativi all'Appoggio italiano agli ustascia, raccomandiamo:
- Marco Aurelio Rivelli: Dio è con noi! La Chiesa di Pio XII complice del nazifascismo, Kaos edizioni, Milano 2002;
- Marco Aurelio Rivelli: L'Arcivescovo del genocidio, Kaos Edizioni, Milano 1999;
- Karlheinz Deschner: La Politica dei papi nel XX secolo ed altre opere di questo autore fondamentale - https://www.cnj.it/documentazione/bibliografia.htm#deschner ;
- Carlo Falconi: Il silenzio di Pio XII. Papa Pacelli e il nazifascismo, Kaos edizioni, Milano 2006;
- Giacomo Scotti: Ustascia tra il fascio e la svastica, Udine 1976;
Mark Aarons e John Loftus: Ratlines. La guerra della Chiesa contro il comunismoNewton Compton nel 1993 (edizione inglese: 1991);
- altri articoli e pubblicazioni disponibili in lingua inglese o francese: https://www.cnj.it/documentazione/ustascia1941.htm ; 
- il catalogo di questa mostra:
Dragoje Lukić, Jovan Mirković (edts.): Catalogo della mostra ERANO SOLO BAMBINI Jasenovac tomba di 19432 bambine e bambini (
Catalogue of the exibition THEY WERE ONLY CHILDREN Jasenovac crypt of 19432 girls and boys), Museo delle vittime del genocidio di Belgrado / Muzej žrtava genocida Beograda / Museum of genocide victims Belgrade - 2006 (ISBN-10 86-906329-4-8 / ISBN-13 978-86-906329-4-7)





Continua la persecuzione dei Rom a Rho: Zucchetti festeggia il Porrajmos con l’ennesimo sgombero

A pochi giorni dalla ricorrenza della Giornata della Memoria, il Sindaco ciellino Zucchetti ha voluto festeggiare con uno sgombero il Porrajmos, lo sterminio nazista di Rom e Sinti.
La Giunta razzista della città di Rho, dopo lo sgombero di settimana scorsa di un rom cieco e in dialisi, molto pericoloso per la sicurezza dei cittadini, questa mattina ha mandato un dispiegamento impressionante di Polizia Locale, Polizia di Stato e Carabinieri per sgomberare una decina di bambini e alcuni adulti che vivevano nella propria casa in via Magenta, abbattuta dalle ruspe.
Nonostante Zucchetti abbia fatto proprio lo slogan di Expo 2015, “Nutrire il Pianeta”, la solidarietà e l’umanità non abitano a palazzo Visconti, soprattutto quando si avvicina la campagna elettorale delle regionali e, per nascondere la servitù degli amministratori leghisti e ciellini alla Fiera e ai palazzinari, che loro rappresentano contro gli interessi della città, si tenta di puntare il dito ancora una volta contro i rom, come facevano i nazisti, indicandoli come capro espiatorio di tutti i mali della città.
Dopo avergli confiscato i terreni che avevano acquistato regolarmente da italiani, dopo avere incassato diverse rate del condono per alcune migliaia di euro per poi dichiararlo illegittimo, ora il Sindaco, appena uscito da Messa, gli ha fatto abbattere la casa, interrompendo così di fatto l’iter scolastico dei bambini e mettendo a rischio la posizione lavorativa dell’unico uomo della famiglia, tra l’altro cittadino italiano.
Tutti gli sgomberi di Rom che stanno avvenendo a Rho negli ultimi mesi sono finalizzati anche a liberare terreni che con il Pgt cambieranno destinazione d’uso, essendo inseriti in aree di trasformazione che da agricole diventeranno edificabili.
Così nella città vetrina di Expo i razzisti e gli speculatori viaggiano a braccetto, compiendo l’ennesimo atto disumano.
Alcuni esponenti del centro sociale Fornace, tenuti a distanza dalla Polizia, hanno assistito alle operazioni di sgombero testimoniando alle persone vittime di questa ingiustizia, la propria solidarietà.
Nei prossimi giorni ci saranno a Rho iniziative di protesta.
Rho 19 gennaio 2010


 

I paesi dell’UE si astengono su una risoluzione ONU di condanna della riabilitazione del fascismo

di redazione

su redazione del 20/01/2010

I paesi dell’UE si astengono su una risoluzione ONU di condanna della riabilitazione del fascismo. La denuncia degli europarlamentari comunisti greci

Nota a cura della redazione di http://www.lernesto.it

Il 18 dicembre 2009, per iniziativa della Federazione Russa è stata presentata all’Assemblea Generale dell’ONU una risoluzione che condanna il tentativo in atto in alcuni paesi, in particolare nelle repubbliche baltiche, in Ucraina e in Georgia, di riabilitare e addirittura glorificare il nazismo e il collaborazionismo, e di recare oltraggio ai monumenti che ricordano i caduti nella lotta contro il fascismo durante la Seconda Guerra Mondiale. La risoluzione è stata significativamente presentata poche ore prima che il governo della Georgia procedesse alla demolizione del memoriale dedicato ai soldati dell’Armata Rossa e alle vittime dell’aggressione nazi-fascista.
La risoluzione ha ottenuto il voto della stragrande maggioranza dei paesi (127) che fanno parte delle Nazioni Unite. L’unico voto contrario è venuto dagli Stati Uniti. I 27 paesi europei, appartenenti all’Unione Europea, si sono astenuti. Ad essi si sono aggiunte Ucraina, Georgia e Moldova, stati in questo momento governati dai rappresentanti delle cosiddette “rivoluzioni colorate”, ispirate e sostenute dall’Occidente.
Sul gravissimo comportamento delle rappresentanze europee in sede ONU è intervenuto pochi giorni fa l’eurodeputato del Partito Comunista di Grecia, Giorgos Toussas, che ha denunciato con forza il comportamento “bipartisan” dei governi, sia di destra che socialdemocratici, dell’UE, che proverebbe come l’anticomunismo, oggi apertamente incoraggiato dalle risoluzioni adottate a livello comunitario, “sia perfettamente in linea con la tolleranza nei confronti del fascismo e la glorificazione delle bande fasciste” e con l’oltraggio alla lotta antifascista e ai sacrifici sopportati dai popoli del continente durante il secondo conflitto mondiale.
Nell’interpellanza presentata al Consiglio, Toussas chiede: “Il fatto che l’UE si sia astenuta sulla risoluzione significa forse l’approvazione e il sostegno alla glorificazione e alla riabilitazione delle bande fasciste e dei collaboratori dei criminali di guerra nazisti in una serie di stati membri dell’Unione Europea e di altri paesi europei? Il rifiuto di condannare la glorificazione del fascismo è forse parte del tentativo storicamente inconsistente di mettere sullo stesso piano Nazismo e Comunismo?”.
La delegazione europarlamentare del KKE ha colto l’occasione per denunciare anche la violenta campagna anticomunista, che sta registrando negli ultimi mesi una preoccupante scalata, a partire dalla decisione assunta dalle autorità polacche di mettere al bando persino i simboli che si richiamano agli ideali del comunismo e dalla richiesta avanzata al governo, da parte di settori del parlamento della Repubblica Ceca, di mettere al bando il Partito Comunista di Boemia e Moravia.
“Il Consiglio intende condannare le decisioni reazionarie del governo polacco, e le persecuzioni in atto contro i comunisti e il movimento dei lavoratori?”, ha chiesto un altro parlamentare europeo del KKE, Babis Angourakis.