Informazione

Riceviamo e volentieri segnaliamo:
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MEDITERRANEO FOLK CLUB
Laboratorio di studio e di ricerca sulle culture popolari- Via delle
Mura, 2 -34121 TRIESTE
Sito WEB: http://www.medfolk.it
Contatti: medfolkclub @...; rorire @...
Per informazioni:
-Rosalia: 339/6991301
-Sara: 329/7760473
-Roberta: 347/8360648

SEMINARI DI DANZE BALCANICHE
condotti dal Docente GORAN Mihajlovic
Ogni due sabati, dalle ore 20.00 alle 22.00.
Prossimi appuntamenti: 10 e 24 maggio 2008
TRIESTE -Palestra Liceo “Dante Alighieri”
via Giustiniano 7

Goran Mihajlovi´c è nato a Pozarevac (Est-Serbia) nel 1969 e vive a
Trieste. Da anni insegna le danze tradizionali della Serbia e di
tutta la Penisola Balcanica. Svolge anche dei Seminari in altre
Regioni d´Italia e ha tenuto dei corsi al Festival di
"Zingaria" (evento che si svolge regolarmente in alcune località
della Puglia da molti anni). Nella sua città d´origine -già dall´età
di 10 anni- fa parte del "Centro di Cultura", dove svolge attività
musicale (suonando alcuni strumenti tradizionali tra cui il darabuka
e il go´c) e un´intensa attività di danzatore. Il gruppo di danza
della città di Pozarevac del quale Goran è membro ("The Town
Ensemble") è molto rappresentativo per la cultura musicale serba e
spesso è chiamato a esibirsi in Festival e manifestazioni che si
svolgono in tutta Europa. Per la sua ricca esperienza, Goran può
essere considerato un custode e un autentico portatore del folklore
serbo e un conoscitore della tradizione balcanica in genere.

(slovenscina / italiano)


* Predstavitev 15. številke zgodovinske revije ZAPRUDER v Trstu - presentazione del n° 15 di Zapruder a Trieste

* Il sommario del numero 15



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From:   promemoriats @...
Subject: Predstavitev 15. številke zgodovinske revije ZAPRUDER v Trstu - presentazione del n° 15 di Zapruder 
Date: May 6, 2008 10:06:28 PM GMT+02:00


Predstavitev 15. številke zgodovinske revije ZAPRUDER v Trstu

CONFINI SENZA FINE. FRONTIERE TRA ALPI E ADRIATICO (NEOMEJENE MEJE. RAZMEJITVE MED ALPAMI IN JADRANSKIM MORJEM)

 

V času svobodnega pretoka blaga in kapitalov je svobodno premikanje človeškega blaga ovirano in se ne gradijo le “male domovine”, kot tiste, ki so nastale iz razpada bivše Jugoslavije, ampak predvsem velike trdnjave, kot je Schengenska Evropa, ki jo prav tako pretresajo nacionalizmi in lokalizmi.

Da je po koncu bivše Jugoslavije oživel italijanski revanšizem napram Slovenije in Hrvaške, še posebej s proglasitvijo t.i. “Dneva spomina na fojbe in eksodus”, ki ga je italijanski parlament skoraj soglasno izglasoval marca leta 2004, je le navidezno protislovje. S preoblikovanjem meja združene Evrope, v katero je bila sprejeta Slovenija, a zaenkrat ne Hrvaška, prihajajo na površje protislovja in nasprotja interesov, ki jih Italija skuša rešiti sebi v prid. S poglobitvijo najbolj spornih dogodkov na italijanski vzhodni meji se v tej številki revije lotevamo kočljivih vozlov tega vprašanja.

 

V Trstu bomo 15. številko revije predstavili v soboto 10. maja 2008 ob 17:00 uri v knjigarni-baru KNULP, ul. Madonna del Mare 7/a.

 

Sodelovali bodo:

člana uredniškega odbora revije Mario Coglitore in Gino Candreva (ki je tudi uredil zadnjo številko);

Claudia Cernigoi, zgodovinarka, urednica lista Nuova Alabarda  ter avtorica številnih tekstov o “fojbah”;

Boris Gombač, zgodovinar, bivši ravnatelj Narodnega Muzeja v Ljubljani in bivši član mešane italijansko-slovenske kulturno-zgodovinske komisije;

Franco Ceccotti, zgodovinar Inštituta za zgodovino osvobodilnega gibanja iz Trsta;

Giacomo Scotti, zgodovinar, avtor štervilnih zgodovinskih in literarnih tekstov, raziskovalec vprašanj vzhodne meje;

Sandi Volk, zgodovinar, raziskovalec Odseka za zgodovino Narodne in študijske knjižnice v Trstu, autor številnih tekstov o  povojnem “eksodusu” iz Istre.

 

PRESENTAZIONE A TRIESTE  DEL VOLUME:

ZAPRUDER N. 15 - CONFINI SENZA FINE. FRONTIERE TRA ALPI E ADRIATICO

Nell'epoca della libera circolazione delle merci  e dei capitali, la libera circolazione della merce umana è ostacolata e si costruiscono non solo "piccole patrie", come quelle emerse dalla disgregazione dell'ex Jugoslavia, ma soprattutto grandi fortezze, come l'Europa di Schengen, anch'essa percorsa da nazionalismi e localismi.
E' solo apparentemente paradossale che dopo la fine dell'ex Jugoslavia sia rinato il revanscismo italiano nei confronti di Slovenia e Croazia, in particolare con l'istituzione della cosiddetta "giornata del ricordo" votata da tutto il Parlamento nel marzo 2004. La ridefinizione dei confini dell'Europa unita, nella quale è stata ammessa la Slovenia ma, per ora, non la Croazia, delinea interessi contrastanti e contraddittori, che l'Italia cerca di sciogliere a suo vantaggio. Affrontiamo in questo numero, con uno  zoom centrato sulle vicende più controverse del confine orientale italiano, gli spinosi nodi della questione.

A Trieste la presentazione avverrà presso la Libreria Knulp, Via Madonna del Mare 7/a, il 10 maggio 2008 alle ore 17:00

Interverranno
per Zapruder; Mario Coglitore e Gino Candreva (curatore del numero);
Claudia Cernigoi, storica triestina, direttrice della /Nuova Alabarda/ e autrice di vari testi sulle foibe;
Boris Gombac, storico, ex direttore del museo nazionale sloveno di Lubiana e membro della commissione mista italo-slovena;
Franco Cecotti, storico dell'Istituto per la storia del movimento di Lioberazione nel Friuli-Venezia Giulia di Trieste;
Giacomo Scotti, storico, autore di vari testi di carattere storico e letterario, studioso delle problematiche del confine orientale;
Sandi Volk, storico, ricercatore della Biblioteca nazionale slovena di Trieste, autore di vari testi sull'esodo del dopoguerra.


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ZAPRUDER N. 15 - CONFINI SENZA FINE. FRONTIERE TRA ALPI E ADRIATICO
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è in distribuzione il quindicesimo numero del quadrimestrale ´Zapruder. Rivista di storia della conflittualità socialeª (gennaio - aprile 2008).
Oltre che tramite abbonamento, la rivista (160 pagine, 10 euro) è reperibile nelle principali librerie. Il tema della parte monografica è "Confini senza fine. Frontiere tra Alpi e Adriatico ".

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SOMMARIO
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EDITORIALE

Gino Candreva e Lidia Martin, Il tempo dei confini, confini senza tempo

ZOOM - Confini senza fine. Frontiere tra Alpi e Adriatico (articoli e Dietro le quinte)

Sandi Volk, Italiani tra due rive. Movimenti di popolazione in terra giuliano-dalmata
Claudia Cernigoi, Il pozzo artificiale. La questione foibe tra ricerca e uso politico
Boris Gombac, La patria cercata. La rinascita della coscienza nazionale degli slavi del sud

LE IMMAGINI

Cristiana Pipitone, Scatto d'ira. Le immagini del fondo De Henriquez

SCHEGGE

Simona Mammana, Trascendere il limite. La battaglia di Lepanto e il confine turco
Franco Cecotti, Cartografie variabili. I confini orientali d'Italia tra Ottocento e Novecento
Henry Sivak, Lo stato coloniale. Diritto, governo e regime dell'indigenato in Algeria

IN CANTIERE

Ivan Crippa, Il Pcd'I, la questione nazionale e il confine orientale (1921-1940)

VOCI

Giacomo Scotti, I confini del ricordo. Intervista su una scelta di vita (a cura di Mario Coglitore)

ALTRE NARRAZIONI

Valentina Kastlunger, Ritratto di famiglia. Intervista su Sensacuor (a cura di Valentina Picariello)

LA STORIA AL LAVORO

Livio Oddi, La revisione della 500. L'Italia nello spot della Fiat

STORIE DI CLASSE

Guido Carpi e Giuseppina Larocca, Plasmare la storia patria. La manualistica russa dalla Rivoluzione d'ottobre all'epoca post sovietica

INTERVENTI

Collettivo femminista Maistat@zitt@, Topo Seveso. Produzioni di morte, nocività e difesa ipocrita della vita
Predrag Matvejevic, Frontiere e confini
Bruno Villavecchia, Danilo Dolci: cento passi nel mondo

RECENSIONI

Vincenza Perilli (Elsa Dorlin, La matrice de la race); Paolo Raspadori (Andrea Sangiovanni, Tute blu); Gino Candreva (Rino Zecchini, Oltre la cortina di bambù); Carlo Maria Pellizzi (Silvano Ceccoli, Il ritorno di Sendero Luminoso); Giulia Quaggio (Adagio-Botti, Storia della Spagna democratica); Giovanni Scirocco (Andrea Panaccione, Il 1956)

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Per scrivere alla redazione, l'indirizzo è zapruder@....
Per le questioni organizzative (inclusi gli abbonamenti e la diffusione della rivista) o per le
informazioni sul progetto Storie in movimento scrivere invece a info@....

Il nostro sito web è: www.storieinmovimento.org


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NUMERI FINORA PUBBLICATI:
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1. Piazze e conflittualità

2. Clio e Marte. La guerra tra storia e memoria

3. I mestieri del vivere

4. Identità in gioco. Sport e società in età contemporanea

5. Relazioni pericolose. Donne, uomini, generi

6. Frontiere della scienza. Usi e politiche della medicina

7. 007: rapporti riservati. Spionaggio e polizia politica

8. L'impero colpisce ancora. Dinamiche coloniali e post-coloniali

9. Moti di fame. Risorse, carestie, rivolte

10. Scritture fratricide. Immagini, storie e memorie delle guerre civili

11. Municipalismi e resistenze

12. Accordi e conflitti. Musica, società e politica in età contemporanea

13. Donne di mondo. Percorsi transnazionali dei femminismi

14. Percorsi di welfare


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ZAPRUDER
Storie in movimento. Rivista di storia della conflittualità sociale
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Redazione ´Zapruderª (numeri 13-15):
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Marco Adorni, Margherita Becchetti, Andrea Brazzoduro, Eros Francescangeli, William Gambetta, Paola Ghione, Lidia Martin, Cristiana Pipitone, Marco Scavino, Giulietta Stefani, Andrea Tappi.

Coordinatore di redazione: Eros Francescangeli.

Comitato di coordinamento di Storie in movimento (2008):
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Carla Pagliero, Elena Petricola, Vanessa Roghi e Andrea Tappi.


DIVERSAMENTE DA QUANTO COMUNICATO IN UN PRIMO MOMENTO, NELLA DICHIARAZIONE
DEI REDDITI 2008 (REDDITI 2007) NON È ANCORA POSSIBILE INDICARE IL CNJ ONLUS COME
BENEFICIARIO DEL "5 PER MILLE".

SIAMO MORTIFICATI PER QUESTO DISGUIDO, DOVUTO AD UN INCONVENIENTE DI NATURA
BUROCRATICA.

CHI VOLESSE CONTRIBUIRE, PUÒ COMUNQUE FARLO UTILIZZANDO IL
CONTO BANCOPOSTA n. 88411681
intestato a JUGOCOORD ONLUS, Roma
IBAN: IT 40 U 07601 03200 000088411681


Aspetti dell'epopea della Resistenza in Jugoslavia

1) I partigiani italiani in Jugoslavia: 40mila combattenti, nessuno li ricorda (G. Scotti)

2) Anniversario della Battaglia della Neretva


=== 1 ===

IL MANIFESTO
27 APRILE 2008


Il contributo più alto: 40.000 combattenti e 20.000 caduti. Questa fu la Resistenza all'estero, nella sola Jugoslavia, dei soldati italiani passati dopo l'8 settembre nelle file dei partigiani di Tito

I partigiani all'estero

Pagine dimenticate 
Tra le tante migliaia di partigiani italiani molti operai, contadini, ufficiali, medici, e perfino aviatori. Ma nessuno li ricorda

GIACOMO SCOTTI

Giovedì scorso a Trieste duecento nazifascisti del gruppo Gud (gruppo unione difesa) di Trieste edel Fronte veneto degli skineads, hanno celebrato davanti al monumento alla foiba di Basovizza, la loro giornata contro il 25 aprile, con tanto di ripetuti saluti romani, nelle stesse ore in cui gli antifascisti e le autorità celebravano l'anniversario alla Risiera di di San Sabba, l'unico campo di sterminio nazista in italia con annesso forno crematorio. E in mattinata nell'Hotel Milano convegno sui «crimini dei vincitori». Il 25 aprile del 2007 sempre a TRieste apparve sui muri un manifesto che recitava: «25 aprile: l'Italia è l'unico Stato al mondo che celebra una sconfitta», mentre 300 naziskin in camicia nera e con saluto romano sfilavano gridando che il 25 aprile «è la festa degli infoibatori». Altrove e in Italia vengono ricordati gli episodi di resistenza di alcune unità dell'esercito italiano a Cefalonia, in Francia e in Albania.
Ma sempre si continua a tacere sul contributo più alto dato dagli italiani alla Resistenza all'estero, quello di oltre 40.000 soldati unitisi ai partigiani in Jugoslavia. Eppure, almeno la memoria di questa partecipazione potrebbe rispondere ai tanti, troppi revisionismi e all'odio antislavo che l'estremismo fascista continua ad alimentare. Un contributo documentato in una serie di libri scritti da Stefano Gestro, Alfonso Bartolini, Gabrio Lombardi e da alcuni altri protagonisti e storici. Ricordo anche un convegno, svoltosi a Lucca nel novembre del 1980 che fruttò un denso volume di rievocazioni e saggi su Il contributo italiano alla resistenza in Jugoslavia pubblicato nel 1981 con una prefazione dell'allora Presidente della Repubblica italiana Sandro Pertini. Riferendosi a un mio intervento al convegno, Pertini scrisse: «Ha perfettamente ragione Giacomo Scotti quando sostiene nella sua relazione che la nascita del nuovo esercito italiano inteso come esercito democratico antifascista e parte integrante della coalizione antihitleriana nella seconda guerra mondiale deve essere anticipata alcuni mesi prima della storica battaglia per la conquista del Monte Lungo a Cassino».
Proposi allora e ripropongo oggi di anticipare la data al 9 ottobre 1943, giorno in cui la Divisione di fanteria da montagna «Venezia» passò al completo e con tutte le armi nel II Korpus dell'Eplj. Dopo essere stata decimata in sanguinosi scontri con i tedeschi nel fallito tentativo di raggiungere la costa adriatica, si unì ai partigiani di Tito con i suoi reparti superstiti anche la Divisione alpina «Taurinense». Insieme diedero vita alla Divisione Partigiana Italiana «Garibaldi», che rientrerà in patria con poco più di cinquemila uomini, quasi tutti insigniti di Medaglie al Valore della Resistenza jugoslava.

Sui fronti, dappertutto

Con 20.000 caduti gli italiani riscattarono l'onore del loro paese, infangato dal fascismo con l'aggressione dell'aprile 1941 e con la terribile occupazione protrattasi fino al settembre 1943. Sacrificarono ventimila vite, la metà circa dei combattenti per la liberazione dei popoli della Slavia meridionale. Infatti, la Divisione «Garibaldi», che operò in Montenegro e in Bosnia, non fu l'unica a combattere sotto la bandiera italiana con la stella rossa contro il nazifascismo in quel paese. Gli italiani partigiani formarono compagnie, battaglioni, brigate ed altre divisioni in Croazia, in Slovenia, in Dalmazia e in Istria: la Divisione partigiana «Italia» operò dalla Bosnia alla Serbia e poi in Croazia fino alla liberazione di Zagabria; la Divisione partigiana «Garibaldi-Natisone» operò in Slovenia dove combatterono pure le brigate autonome «Triestina d'Assalto» e «Fratelli Fontanot»; un battaglione «Mameli» operò nel retroterra di Zara, nella II Brigata della Krajina (Croazia) fu costituito il Quinto battaglione italiano al comando del tenente Domenico Flores, siciliano; nella III Brigata dalmata (poi nella IV Brigata di Spalato) operò il battaglione italiano «Ercole Ercoli»; varie compagnie italiane furono inserite nella V e nella IV Brigata della Krajina bosniaca; una compagnia «Garibaldi» divenne il secondo nucleo della Prima Brigata partigiana macedone-kosovara combattendo nel Kosovo e in Macedonia. Troviamo poi un gruppo di artiglieria composto da più di 300 italiani nella XIII Divisione croata del Litorale croato e Gorski Kotar; un altro battaglione italiano fa parte della XIII Brigata d'assalto della 29ma Divisione dell'Erzegovina; un battaglione «Garibaldi» forte di 800 uomini, formato da soldati dei disciolti reparti di Guardie alla Frontiera, combatte per alcuni mesi alle spalle di Fiume prima di venir sbaragliato dai tedeschi ed i superstiti vengono accolti in diverse formazioni slovene e croate.

D'oltremare e del cielo

E ancora: in Istria operano i battaglioni «Giovanni Zol» ed «Alma Vivoda» anch'essi poi decimati nei primi mesi successivi all'8 settembre 1943, ed il battaglione «Pino Budicin» che opera fino alla fine della guerra in Istria, nel Gorski Kotar e altrove. Nelle formazioni croate dell'Istria, Prima, Seconda e Terza brigata della 43ma divisione, militarono altri tremila italiani singolarmente, a gruppi e plotoni, gli italiani erano peraltro sparsi in quasi tutte le formazioni partigiane jugoslave, dalla sponda dell'Adriatico fino alla Vojvodina.
Un posto speciale occupa una formazione di combattenti che varcarono spontaneamente l'Adriatico per unirsi ai partigiani jugoslavi. Giunsero e combatterono nel periodo marzo 1944-aprile 1945 dalle regioni meridionali della Penisola, arruolandosi nelle Brigate d'Oltremare costituitesi in Puglia con l'adesione di ex detenuti politici e di ex deportati dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia. Insieme a circa 30.000 sloveni e croati cittadini italiani, si arruolarono alcune migliaia di italiani «regnicoli». Ci fu un battaglione, «Antonio Gramsci» forte di 800 uomini, composto esclusivamente da volontari affluiti da Sicilia, Puglia, Calabria e da altre regioni dell'Italia meridionale.
Nelle formazioni di Tito militarono antifascisti d'ogni regione d'Italia, umili contadini, operai e professori universitari, medici e cappellani, antifascisti di vecchia data e giovanissimi, donne perfino. Particolarmente folta fu la schiera degli ufficiali medici militari passati nelle file partigiane: una quarantina di tutte le regioni italiane, ad essi vanno aggiunti sette medici, sempre italiani, arrivati volontariamente della Svizzera, fra essi il chirurgo Ennio Canevascini, altri tre giunsero sempre volontariamente dall'Italia meridionale: il mantovano Mario Viosioli, il fiorentino Ferruccio Ciappi e il ferrarese Osvaldo Toni, aviolanciati a Berane in Montenegro. Vanno ancora ricordati alcuni medici che sacrificarono la vita combattendo in Jugoslavia come il colonnnello Antonio Leccese napoletano, il capitano Sergio Chiodi di Ferrara, il tenente Bruno Di Staso bolognese e i capitani Pasquale Scibelli, Puerari e Guidi. C'erano pure due fanfare militari, composte da musicisti italiani, una nella II Brigata d'assalto dalmata e un'altra nella 50ma Divisione serba. Quattro piloti italiani si arruolarono nell'Aviazione partigiana jugoslava che ebbe in tutto una ventina di piloti: Ciro Vrabich, Mario Semoli di Monfalcone, Leonida Braga di Milano e Luigi Rugi di Zara. Quest'ultimo fu l'ultimo caduto fra i «partigiani del cielo». Non dobbiamo dimenticarli. Le loro storie parlano all'oggi.


28 ottobre 1944

Centinaia di giovani combattenti italiani parteciparono alla liberazione di Belgrado

Così il colonnello partigiano Jovan Vujosevic descrisse il ruolo degli italiani: «Gli infaticabili garibaldini giunsero a metà ottobre alle falde del monte Avala, alla periferia della capitale... Erano circa cinquecento i combattenti antifascisti italiani... Poco prima di giungere davanti a Belgrado osservavo la colonna in marcia: per le loro qualità morali e combattive, per armamento e ritmo nella marcia, per l'entusiasmo erano combattenti degni d'ammirazione. I battaglioni italiani si aprirono la strada combattendo dall'Avala all'Autocentro, dalla piazza Slavija alla via Kralj Milan, dalla via Cetinjeska alla Casa del soldato. Il battaglione Garibaldi operò sul centro e il Matteotti verso la vecchia centrale elettrica. Dopo due giorni di battaglie di strada i compagni italiani avevano già strappato importanti posizioni ai tedeschi... Via via che si occupavano le parti della città, altri volontari si univano ai due battaglioni: erano italiani che si liberavano dalla prigionia dei tedeschi e anche alcuni che, aiutati dai belgradesi, si erano per mesi nascosti in attesa di quel momento... I compagni italiani tennero testa per giorni al violento fuoco nemico. Lo fecero nell'edificio del Teatro Nazionale e in tante altre posizioni respingendo ogni controffensiva...»


=== 2 ===

Anniversario della Battaglia della Neretva


La Battaglia del fiume Neretva, nota nel mondo anche attraverso il noto film che l'ha immortalata, fu certo la più significativa tra quelle svoltesi nelle terre della Jugoslavia nel corso della II Guerra Mondiale, sia per lo scopo specifico - si trattava di salvare alcune migliaia di feriti - sia per il significato militare-strategico nell'ambito della Lotta popolare per la liberazione della Jugoslavia.

L'anniversario della Battaglia della Neretva è stato celebrato anche quest'anno in quei luoghi, presso Konjic in Bosnia-Erzegovina. Si è iniziato con la visita al Museo della battaglia per i feriti, con la deposizione dei fiori sul monumento in memoria e con il lancio dei fiori nel fiume dal ponte a Jablanica. Il componente della Presidenza della Bosnia-Erzegovina, Željko Komšić, che era presente, ha dichiarato che in questo periodo sono sempre di più "presenti la minimizzazione e denigrazione del significato della Lotta popolare per la liberazione, che fu un movimento onesto ed eroico, cui parteciparono tutti i popoli del precedente Stato unitario. Si possono anche trarre alcuni parallelismi con il conflitto che purtroppo ha avuto luogo nella nostra storia recente. Questo ultimo conflitto ha nuovamente fatto emergere i fascisti locali che hanno commesso crimini atroci, crimini di guerra e genocidio", ha detto Komšić. "Nelle posizioni importanti dello Stato si sono insediati, o lo erano, personaggi fieri della loro origine di četnitzi o ustascia e delle loro ideologie...", ha detto Komšić. 

(fonte: Agenzia Beta, 26 Aprile 2008. Adattamento a cura di DK a AM)

Il Museo locale (Muzej "Bitka na Neretvi") a Jablanica ha programmato che dal novembre di quest'anno sarà preparata una presentazione stabile della "Battaglia sulla Neretva". Si spera inoltre di poter riposizionare il leggendario ponte che è stato portato via dall'acqua alta nel 1991, continuando così con il programma del Museo, che fu interrotto per lo scoppio della guerra in Bosnia.



A margine di queste cronache, e ad illustrare chiaramente il senso delle parole di Željko Komšić sui "parallelismi" che si possono fare con il conflitto più recente, riportiamo quanto segue:
Gli spettatori della TV di Stato della BiH hanno potuto vedere un reportage con un'intervista a un ex-partigiano, combattente alla Neretva, che ha detto più o meno: "In questa battaglia abbiamo, una volta per sempre, sconfitto i cetnitzi." STOP. Nessun'altra intervista, nessuna articolazione del discorso per spiegare che, oltre ai cetnitzi, i nemici erano i nazifascisti occupanti (italiani e tedeschi) e i collaborazionisti locali, quindi anche croati e bosniaco-musulmani...
Il messaggio che la TV statale - bosniaco-musulmana e sotto controllo occidentale - ha voluto veicolare è che, oggi come oggi, i "cetnitzi", cioè i serbi, sono l'unico problema da sconfiggere. (a cura del CNJ)