Informazione


(sulla vicenda dell'attacco anticubano di "Liberazione" si vedano i testi raccolti alla URL:


----- Original Message ----- 
From: "Gabry" 
Sent: Monday, June 04, 2007 2:09 PM
Subject: mart 5 giu ore 16.30 sit in di protesta sotto Liberazione


Perché anche Liberazione ha sentito il bisogno di calunniare Cuba?


Le associazioni di solidarietà con Cuba, i militanti e gli attivisti che da anni seguono con impegno e attenzione i processi in corso nell'isola e nel resto dell'America Latina, intendono esprimere la propria indignazione per la campagna stampa contro Cuba avviata dal quotidiano Liberazione che per molti tra noi è il giornale di riferimento quotidiano.

Non ne capiamo né condividiamo le ragioni. Le corrispondenze di Angela Nocioni, pubblicate con ampio risalto sul giornale, presentano la realtà cubana come una situazione ormai disperata, resa ancora più disperata dalla retorica e dal controllo del regime socialista.

Che la situazione a Cuba non sia quella del " paese delle meraviglie" lo sanno e lo riconoscono tutti coloro che ci vivono, che l'hanno visitaao o che sono solidali con la più importante e duratura rivoluzione dell'America Latina, ma di fronte a quello che Cuba ha rappresentato e continua a rappresentare per tutte le forze progressiste, lo schematismo e le cialtroneria delle corrispondenze che abbiamo letto questi giorni su Liberazione sono inaccettabili verso un paese che merita piuttosto il rispetto di tutti.

Nelle corrispondenze su Liberazione si ridicolizza la vicenda dei cinque patrioti cubani ancora detenuti nelle carceri degli Stati Uniti, si dileggia la figura di Giustino Di Celmo e si ridicolizza la vicenda dell'assassinio di suo figlio Fabio, si liquida come dettaglio insignificante un fattore rilevante come il blocco economico, commerciale, diplomatico e militare degli USA contro Cuba, si minimizza la rognosa questione dei due soldati arrestati per aver ucciso un ostaggio e tentato di dirottare un aereo e che rischiano per questo la pena capitale, si omette che gran parte delle difficoltà emigratorie per i giovani cubani dipendono dalle regole draconiane e dagli ostacoli imposti dalle ambasciate europee a Cuba per i cittadini extracomunitari (e cubani soprattutto).

Si può e si deve parlare, resocontare, discutere delle contraddizioni tuttora vigenti a Cuba, ma lo si può fare con un senso critico, di lealtà e rispetto di questa esperienza che è totalmente assente nelle corrispondenze di Liberazione. Altri lo hanno fatto e continuano a farlo in tutti questi anni, perché non dovrebbe farlo anche il quotidiano del PRC?

Con la nostra manifestazione di protesta e di indignazione esprimiamo anche una preoccupazione per il futuro.

Gli Stati Uniti hanno avviato una nuova escalation della destabilizzazione contro Cuba e il Venezuela cercando di cooptare i governi europei e il Vaticano (vedi l'intervista di Bush alla Stampa). Questo progetto di destabilizzazione ha molti sostenitori bipartizan sia nel governo che nell'opposizione in Italia.

Non desideriamo né consentiremo che anche i nostri giornali o i partiti della sinistra italiana facilitino il lavoro a questo progetto statunitense contro Cuba o il Venezuela o gli altri paesi progressisti e rivoluzionari dell'America Latina.


Martedì 5 giugno, ore 16.30

SIT IN  di protesta sottola sede di Liberazione in via del Policlinico


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LETTERA APERTA PER ANGELA NOCIONI

 

I giorni del nostro sconforto

 

• “Avvisa quella signora che io voglio solo che si realizzino i sogni di Fabio”, ha detto Giustino

 

di GIOIA MINUTI

 

Il padre diventa il figlio assassinato
studia
sfida i suoi occhi
che vedono sempre meno
 e cresce di nuovo  
come in Italia
mezzo secolo fa
salvando i bambini
di un treno nazista
che andava a un crematorio...

 

Questi versi sono un frammento di una poesia di Raúl Valdés Vivó, scritta per Giustino di Celmo, un uomo anziano, un uomo del sud, colto e lavoratore, un compagno che vive a Cuba stabilmente da quando suo figlio Fabio è stato ucciso da una bomba posta da un mercenario di El Salvador, per 1500 dollari pagati da Luis Posada Carriles e forniti dalla mafia di Miami e dalla CIA.
Una giornalista che si chiama Angela Nocioni ha scritto, e Piero Sansonetti il direttore di Liberazione, noto giornale della detta “sinistra italiana” (“sinistra” è una parola con due significati), che Giustino ha patteggiato il suo comportamento verso il “regime di Fidel” in cambio di una pizzeria che si chiama Fabio.  
Cinismo? Desiderio di fare scandalo per vendere di più? Smania di protagonismo ad ogni costo?   
“Mi hanno ammazzato un figlio in due minuti e adesso hanno liberato quell’assassino...” ha sussurrato piangendo Giustino poco tempo fa, sapendo che Posada era tornato uccel di bosco... e adesso Giustino ha letto le infamità che Liberazione ha pubblicato su di lui, infangando il suo dolore e il suo amore di padre, proprio nel giorno del compleanno di Fabio.   

“Far trasparire di aver permesso a Giustino Di Celmo di aprire una pizzeria all’Avana in cambio di un appoggio acritico al Governo cubano, anzi come lo ha chiamato l’inviata Nocioni, “al regime”, appare davvero una cosa inaudita. Un affronto intollerabile al dolore di un padre che, più che ottantenne, si batte ancora contro il terrorismo internazionale che gli ha ucciso il figlio e per la stessa memoria di Fabio. Il tentativo dell’inviata di Liberazione di mercificare il dolore e la vita del figlio di Giustino, in cambio di una “Pizza Fabio, 4 dollari e 65", è una vergogna che si giudica da sola” scrivono indignati i compagni dell’Associazione di Amicizia Italia Cuba e come loro molte altre persone che hanno inviato forti proteste, persone che  conoscono Cuba e cubani e che non accettano questa visione cinica e vuota di contenuti, ma piena di bugie che la Nocioni dà dell’Isola.
Giustino mi ha telefonato per dire: “Avvisa quella signora che io sono il gerente senza compenso della pizzeria Fabio, e lo faccio perchè il Comandante Fidel mi aveva chiesto quali erano i sogni di Fabio e io gli avevo confessato che erano aprire una pizzeria italiana nel Vedado e far venire la squadra del Cogoleto a giocare a Cuba... e li abbiamo realizzati tutti e due, senza Fabio però. Non è detto che io non agisca contro questa donna e questo giornale”, ha aggiunto Giustino molto addolorato.
“Il terrorismo manovrato dagli Stati Uniti contro Cuba è una realtà e basta avere una conoscenza superficiale degli ultimi decenni di storia della regione per saperlo; tale terrorismo ha provocato oltre tremila vittime e danni materiali ingenti, che si sommano all'embargo e al boicottaggio  tentato attraverso tutti i mezzi, non ultimi quelli di informazione, fra i quali ci rattrista trovare oggi Liberazione.I Cinque cubani, che da oltre otto anni sono rinchiusi nelle carceri statunitensi non sono "spie", come banalmente definite dall'articolo e come sostiene il governo Bush, ma agenti infiltrati nelle organizzazioni terroristiche aventi sede a Miami per prevenire ulteriori attacchi contro il popolo cubano. Ci sentiamo fortemente impegnati per la loro immediata liberazione e per la condanna del terrorista Posada Carriles, recentemente liberato, su richiesta governo degli Stati Uniti in segno di gratitudine per i servizi resi e per evitare che faccia rivelazioni imbarazzanti per molti personaggi oggi al potere a Washington. Dipingere le loro mogli, che da oltre otto anni sono costrette a fare a meno dei loro compagni, e Giustino Di Celmo, che ha perso un figlio nel fiore degli anni, come opportunisti che trarrebbero un qualsivoglia beneficio da tale situazione, ci sembra un'operazione veramente indegna, specie per un giornale come Liberazione che reca tuttora sulla sua testata la dicitura "quotidiano del Partito della Rifondazione Comunista" e che, perlomeno in quanto tale, dovrebbe ispirarsi a ben altra etica e visione dei rapporti fra le persone, si legge in una lettera inviata a Liberazione da Fabio de Nardis, José Luiz Del Roio, Fabio Marcelli, Rita Martufi, Barbara Spinelli e Luciano Vasapollo.
“I 5 patrioti cubani, per Liberazione sono Cinque Eroi che di mestiere facevano le spie”, scrive la Nocioni, un'accusa ormai decaduta anche per i generali dell'Esercito statunitense (testimonianza del generale James R. Clapper) e per gli alti dirigenti dell’FBI che hanno affermato, al processo di Miami, che i 5 cubani non possono essere considerati spie perché non si sono mai impossessati, né hanno mai tentato di farlo, di documenti degli Stati Uniti classificati come segreti, né hanno mai lavorato contro la sicurezza degli USA.
I 5 controllavano l'attività terroristica dei gruppi anti-cubani che da Miami, con il beneplacito e il sostegno del Governo degli Stati Uniti, organizzavano attentati contro il popolo cubano.
Forse questa signora dovrebbe parlare cinque minuti con una madre di uno dei Cinque, sapere della disperazione per ottenere un visto, dell’orgoglio che sentono per questi figli, mariti, padri che hanno difeso e difendono a un prezzo così alto la vita dei cubani e anche dei nordamericani...
La Nocioni ben si guarda dal dire che gli Stati Uniti usano la concessione dei visti come arma di ricatto per i familiari... le mogli di due dei Cinque non vedono i mariti da quasi nove anni, ma questo ai compagni di Liberazione evidentemente non importa. L’importante è scrivere atrocità  come quella che: “Le mogli dei Cinque, con i mariti reclusi negli Stati Uniti hanno vinto la lotteria viaggiano e mangiano...”   
La Nocioni ha una fantasia davvero perversa e non sa che nessuno a Cuba farebbe mai apprezzamenti del genere, non per paura ma per rispetto del dolore degli altri.
Negli articoli dell’inviata di Liberazione non si parla mai del blocco statunitense contro Cuba che dall'inizio degli anni Sessanta ha prodotto un danno economico complessivo di 86.108 milioni di dollari all’economia della Repubblica di Cuba (4.108 milioni di dollari solamente nel 2006).
A questi occorre aggiungere altri 54.000 milioni di dollari, come danni materiali causati sia da azioni di guerra del Governo degli Stati Uniti con una serie innumerevole di attentati messi in atto dai suddetti gruppi terroristici, organizzati, finanziati e addestrati dal Governo statunitense. Dei 3.478 morti e dei 2.099 invalidi permanenti per colpa di quelle azioni neppure se ne parla.
Premesso questo, forse si capirebbe meglio il perché della presenza dei 5 in Florida, dove non era necessario essere presenti e fare le dette "spie", poiché in questo luogo le organizzazioni terroristiche nemiche di Cuba  operano alla luce del sole.
Forse la Nocioni avrebbe anche dovuto consultare e confrontare i dati forniti dalle maggiori organizzazioni delle Nazioni Unite (UNESCO per la cultura, UNICEF per l'infanzia, FAO per l'alimentazione, OMS per la sanità) e di altre istituzioni internazionali che indicano Cuba, per gli eccellenti risultati raggiunti in questi campi, come  modello per i paesi del Terzo Mondo e non solo.
Poco tempo fa un articolo insultante sul Che e su Jorge Ricardo Masetti portava la stessa firma della stessa giornalista. Non è facile comprendere il perchè di questi attacchi violenti e falsi a tutto ciò ha solo profumo di comunismo da parte dell’inviata di un giornale di sinistra... cose da buttarla dal giornale in tre giorni... o forse invece le aumenteranno lo stipendio? 
Nel corso del mese di agosto del 2006 il Venezuela era stato oggetto di alcuni articoli su Liberazione e una rapida lettura era stata sufficiente per collocare le corrispondenze dell’inviata Angela Nocioni nella categoria della strisciante propaganda che da anni si propone di seminare scetticismo, cinismo e sfiducia nel processo in atto con la rivoluzione bolivariana.
“Caracas vive gonfia di petrodollari, apparentemente tranquilla. Retorica  rivoluzionaria grondante, populismo da quattro soldi e militari dappertutto”: questa la cornice di un quadro dai colori assai inquietanti: “C’è un’invasione  di cubani in Venezuela. Dodicimila solo i medici”. Ma, assicurava la Nocioni, “gli ospedali fanno schifo come prima (...). Della rivoluzione culturale promessa qualche tempo fa, poi non c’è traccia. Ma la campagna di alfabetizzazione  funziona (bontà sua! - ndr)”. “Chávez non ha collaboratori di livello”, tanto che deve pescare nei “movimenti alternativi”,  fino al punto che “chi faceva le TV di strada adesso dirige la TV di Stato” e non si capisce se ai critici occhi della compagna Nocioni ciò costituisca un reato. Ci sono pure, pensate, “un paio di rapper... Non finisce qui, “il presidente  ha cacciato dal paese la Dea, l’antidroga statunitense, accusandola di coprire in  realtà operazioni di intelligence per conto di Washington”.
Forse Angela Nocioni non sa che la “guerra alla droga” è la copertura usata dagli USA per giustificare le loro operazioni di guerra sporca in tutto il continente e in particolare nella confinante Colombia; forse non sa neppure che precisamente  dall’intreccio fra la mafia nemica di Fidel Castro  di Miami, l’oligarchia colombiana e le  “operazioni” CIA nella regione sono nati i vari piani per assassinare Chávez ; ma se non lo sa, faccia il piacere di informarsi e dedichi la sua scadente ironia a temi a lei più familiari.
Perchè tutto questo?  I deputati radicali sono venuti a fare una provocazione  all’Avana e si sono fermati - guarda caso - a dare una conferenza stampa a Miami. Perchè? Era forse la via più breve per tornare in Italia?   
Non si spiega con quale coraggio questa giornalista possa definire la genocida "Ley de Ajuste cubano" un "compromesso raggiunto nel braccio di ferro tra l'Avana, che brandisce i suoi potenziali profughi come un'arma diplomatica e Washington che non vuole le coste della Florida assaltate dai "balseros".
“Una legge che ogni anno fomenta l'espatrio illegale verso gli Stati Uniti con la promessa di un tornaconto economico per chi viola la legge, sarebbe un compromesso voluto dal Governo Cubano? E perchè allora non dire che le zattere sono fornite dallo stesso governo?”, scrive Francesco Guastarazze, uno studente di Perugia amico di Cuba, molto amareggiato perchè proprio Liberazione ha pubblicato tante menzogne. 

Siamo tutti molto amareggiati, noi che amiamo Giustino, le madri, le mogli e i figli dei Cinque, le Madri di Piazza di Maggio - che sicuramente non possono piacere alla Nocioni perchè sono amiche del “regime di Fidel”, noi che viviamo qui nell’Isola e che ci stringiamo attorno alle vittime del terrorismo, che abbiamo marciato e gridato per il ritorno di Elián e adesso lo facciamo per la liberazione dei Cinque e non ci stanchiamo di scendere in piazza, alla faccia di quel che ha scritto questa donna, i cui problemi più evidenti sono la mancanza di cultura, d’educazione e d’amore.
E siamo molto amareggiati perchè Liberazione le offre tutto questo spazio,  mentre potrebbe essere una voce dalla parte del popolo, delle sue necessità vere, degli italiani degni. 


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Lettera aperta a Piero Sansonetti
2 giugno 2007

Gentile Piero Sansonetti,
direttore di Liberazione.


Ho letto l'articolo "Cuba, si salvi chi può…" del 30 maggio scorso scritto dalla presunta inviata all'Avana, Angela Noccioni e non posso dissimulare che sono rimasto inorridito a lettura finita ponendomi la seguente domanda: è possibile che in Italia un giornale, pur piccolo ma di tiratura nazionale, possa pubblicare un'intera pagina di notizie infondate, calunniose, offensive, grottesche e che lo faccia come se nulla fosse?

Mi scusi, Direttore. Dopo di aver riletto il citato articolo mi sono ricordato della notizia riportata dalla
Cnn lo scorso 8 settembre riprendendola da Miami, (AP) "Dieci giornalisti del sud della Florida sono stati pagati migliaia di dollari dal Governo Federale per trasmissioni che avevano lo scopo di danneggiare il presidente cubano Fidel Castro" (solo per citare un caso su tanti noti a tutti). Tra questi figura l'editorialista e conduttore di programmi di Radio Martí, Pablo Alfonso, che ha incassato dal 2001 al 2006 la bella cifra di 175 mila dollari solo per produrre notizie anticastriste, oppure la giornalista freelance Olga Condor, che ricevette 71 mila dollari per simili servizi giornalistici.

Pure mi sono ricordato di Reporters Sans Frontières, -inseriti tra le Organizzazioni Non Governative- e dei loro consistenti finanziamenti  percepiti dallo Stato francese, dai grandi gruppi economici e finanziari capitalisti, dall'estrema destra cubana della Florida e dal Dipartimento di Stato nordamericano (attraverso la famigerata NED, creata da Ronald Reagan). Un finanziamento che lo stesso Robert Ménard, presidente a vita di Rsf, ha dichiarato di avere ricevuto, asserendo nel mese di novembre del 2004 durante un Forum su Internet organizzato per il settimanale "Le Nouvel Observateur":  " la mia organizzazione percepisce annualmente finanziamenti per 4 milioni di dollari".

Suppongo che Lei sia al corrente, vista la sua professione, del finanziamento di 80 milioni di dollari per il biennio 2007-2008 elargito dal governo degli Stati Uniti tramite la famigerata Commissione per l'Assistenza a una Cuba Libera (Commission for Assistence to a Free Cuba). Un finanziamento firmato dalla stessa Condoleezza Rice il 10 luglio del 2006 anche per onorare giornali e giornalisti in ogni angolo al mondo che collaborano con le politiche di diffamazione nei confronti del governo di Cuba e del popolo cubano.

Visto la non indifferente cifra messa a disposizione dall'Amministrazione Bush, come riferito sopra, e visto lo sforzo economico di Liberazione, certamente non diversa a molte altre testate giornalistiche della carta stampata in Italia, mi sorge spontaneamente un'altra domanda (lecito porsi delle domande davanti a un dubbio in un paese democratico come quello italiano, vero?): avete forse pensato di poter attingere anche voi da quella fonte di finanziamento per rilanciare il quotidiano Liberazione?

Qualora il mio dubbio risulti infondato e me lo auguro anche per il bene della libertà di stampa italiana (soprattutto in un quotidiano di orientamento comunista come dovrebbe essere Liberazione), rimane sempre un'altra domanda: perché inviare una giornalista a Cuba per scrivere quello che altri già hanno scritto in tutte le salse pur di usufruire di quei finanziamenti? Non le pare che sarebbe stato sufficiente aver fatto un "copia-incolla" direttamente dalla redazione, riprendendo vecchie notizie spazzatura?

Signor Direttore, consideri che personalmente escludo a priori ogni forma di ingenuità giornalistica in un ambito professionale come il suo, altrimenti non avrei parole in merito.

Cordiali saluti,
Sabatino Annecchiarico
sabalatino @...


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LA VILLETTA anche per conto di tutte le altre VILLETTE italiane ed altre associazioni pro-Cuba, PROTESTA contro l'indecente articolo apparso il 30 maggio 2007 sul quotidiano LIBERAZIONE che infanga l'operato delle associazioni che si battono per CUBA, per la liberazione dei 5 patrioti cubani incarcerati negli USA e contro il terrorismo che ha ucciso il nostro connazionale Fabio Di Celmo. Ricordiamo, che oltre 28000 cartoline hanno raggiunto i cinque eroi attraverso la ns. iniziativa atta a dimostrare che anche in Italia lottiamo per la loro libertà.

 E' inammissibile che un giornale comunista sposi teorie disinformative neppure dovesse copiare una velina scritta dalla CIA. Esigiamo che la linea editoriale di LIBERAZIONE garantisca il pieno appoggio alla causa cubana e rettifichi gli articoli apparsi sulle sue colonne.

PROTESTIAMO PER QUANTO ACCADUTO ED INVITIAMO TUTTI I COMPAGNI ALLO SCIOPERO, A NON COMPRARE "LIBERAZIONE" PER 15 GIORNI A TESTIMONIANZA DEL NOSTRO TOTALE RISENTIMENTO.


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PERCHE'  BISOGNA  INSISTERE  NEL  DIRE  VIVA CUBA !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 

 

Perché questa notte, nel mondo, 100 milioni di bambini dormiranno per strada, ma nessuno di loro è cubano.

 

Perché ogni giorno 250 milioni di bambini sono costretti a lavorare, ma nessuno di loro è cubano.

 

Perché ogni sette secondi, nel mondo, muore di fame un bambino, ma nessuno di questi è cubano.

 

Perché nonostante un’infame blocco economico Cuba ha una mortalità infantile inferiore a quella degli USA, e una aspettativa di vita molto superiore agli USA.

 

Perché l’esercito rivoluzionario cubano non ha mai invaso, bombardato, assassinato, torturato o avvelenato la popolazione di altri paesi.

 

Perché l’esercito rivoluzionario cubano non ha mai sparato contro il proprio popolo.

 

Perché non ne possiamo più di una certa sinistra sempre pronta ad attaccare Cuba, ma colpevolmente imbelle, se non complice, di fronte alle guerre “umanitarie”.

 

Perché Cuba non rappresenta l’ultimo baluardo di un mondo che è stato,  ma è il primo avamposto di un mondo in costruzione <<<

 

 

<<<< fonte mauro collina <<<<<<<  passaparola <<<<<< ciao da gin <<<<<< bologna <<<<< 4-6-07 <<<<<<<





La Yougoslavie en point de mire de l’OTAN

Le rôle des Allemands dans les Balkans

par Ralph Hartmann

Mondialisation.ca, Le 1 juin 2007


Parmi nos amis, nous comptons nombre de Yougoslaves. C’est à eux que je m’adresse particulièrement. Ils sont non seulement nos concitoyens, mais aussi les victimes directes de l’agression de l’OTAN, qui ont droit, aujourd’hui encore, à notre affection et à notre solidarité.

Le 24 mars [2000], le premier anniversaire de l’attaque de l’OTAN contre la Yougoslavie a eu lieu. On a dressé le bilan, chacun à sa manière. Les principaux responsables du conflit ont tenté, une fois de plus, de justifier la guerre, même si cette justification a résonné encore plus misérablement et mensongèrement qu’il y a un an, en raison de la situation réelle au Kosovo et dans la Metohija ainsi que des nombreux mensonges définitivement dévoilés, tels le soi-disant massacre de Raçak ou le prétendu plan du «fer à cheval».

Nous, les adversaires de la guerre, avons dénoncé une nouvelle fois les crimes de l’OTAN, avons attiré l’attention sur les conséquences catastrophiques de l’agression non seulement pour la Yougoslavie, mais aussi pour l’ordre juridique international et la paix mondiale. Nous avons constaté que la guerre contre les peuples de Yougoslavie se poursuivait sous d’autres formes, plus cachées, et avons prévenu des actions qui exacerbent les passions qui peuvent très rapidement réanimer le flambeau de la guerre. Nous avons exigé ce que nous exigeons de nouveau, ici et maintenant: l’arrêt immédiat des sanctions contraires au droit international public, la mise d’un terme à l’immixtion dans les affaires intérieures et le respect de la souveraineté ainsi que de l’intégrité territoriale de la Yougoslavie, la justice, le dédommagement et la paix des peuples yougoslaves.


Destruction de la plus grande partie de l’infrastructure yougoslave

Les actions que nous avons réalisées lors de cet anniversaire ont été larges, multiples et n’ont été vaines en aucun cas. Leur efficacité aurait été accrue si, à Berlin par exemple, toutes les forces organisées opposées à la guerre les avaient soutenues, si une sorte de fatigue succédant à la guerre, d’engourdissement et d’habitude ne s’était pas manifestée dans de larges milieux. Dans le bilan général de la guerre dressé le 24 mars, les détails effroyables de la guerre de l’OTAN passent forcément à l’arrière-plan et le danger augmente que soit oublié ce qui ne saurait l’être. Or chaque jour est un anniversaire, depuis le 24 mars et pendant 78 jours.

Aujourd’hui il y a un an, le 24e jour de la guerre a eu lieu. Il y a aujourd’hui un an qu’il a été communiqué à Belgrade que l’OTAN avait détruit une grande partie de l’infrastructure yougoslave, dont 17 ponts, 20 voies de chemin de fer ou gares, 39 fabriques, 13 raffineries et dépôts de produits énergétiques et 12 émetteurs de télévision. Pour la première fois, les agresseurs ont attaqué aussi des quartiers d’habitation de la ville de Yougoslavie la plus au nord du pays, Subotica. Des témoins oculaires ont décrit la destruction complète de la gare centrale des bus de Pristina, l’une des plus modernes de toute la Serbie, et ont indiqué que des bombes de l’OTAN avaient dévasté pour la troisième fois le cimetière serbe de la capitale du Kosovo. Shea, porte-parole de l’OTAN, a parlé d’une des meilleures nuits de l’alliance depuis le début des attaques aériennes. Les médias allemands ont informé de manière très détaillée d’une séance du Bundestag au cours de laquelle le chancelier Schröder a justifié la guerre, et le chef de la fraction démocrate-chrétienne Schäuble a nommé l’action de l’OTAN un «gain de civilisation». Il y a un an également, le ministre de la défense Scharping a ajouté à son atroce propagande anti-serbe une nouvelle histoire horrible, inoubliable, en racontant en public que des Serbes auraient joué au football avec les têtes tranchées de footballeurs. 


Une nouvelle guerre à partir du sol allemand

Scharping, son chef de gouvernement et son collègue du ministère des affaires étrangères ont justifié la guerre avec une véhémence particulière. Ils avaient de bonnes raisons de le faire, la République fédérale d’Allemagne ayant pris une place particulière à côté des Etats-Unis, parmi les 19 Etats agresseurs. Souligner la faute de la République fédérale ne signifie pas réduire celle des autres agresseurs. Toutefois, l’Allemagne est le seul Etat à avoir sévi contre la Serbie et la Yougoslavie à plusieurs reprises. Au cours d’un siècle, elle a participé pour la troisième fois à une agression contre le pays et ses peuples. Elle a violé de la façon la plus flagrante, outre la Charte des Nations Unies et d’autres documents fondamentaux du droit des gens, la convention par laquelle les principales puissances de la coalition opposée à Hitler ont accepté la renaissance d’un Etat allemand unifié. Par le Traité deux-plus-quatre, qui a la portée d’un traité de paix, elle avait déclaré solennellement «que le sol allemand ne générerait que la paix» et «que l’Allemagne unifiée ne recourrait plus jamais aux armes si ce n’est conformément à sa Constitution et à la Charte des Nations Unies».1 Et cette même République fédérale d’Allemagne a violé comme aucun autre Etat sa propre constitution qui, tirant la leçon de la guerre fasciste d’agression, prévoit sans ambiguïté à son article 26: «Les actes susceptibles de troubler la coexistence pacifique des peuples et accomplis dans cette intention, notamment en vue de préparer une guerre d’agression, sont inconstitutionnels. Ils doivent être réprimés pénalement.»2


La Yougoslavie détruite par la politique allemande de grande puissance

Des agressions répétées, une violation flagrante de ce qui est pratiquement un traité de paix, une transgression patente de sa constitution, telle est la faute supplémentaire que l’Allemagne a commise en participant à la guerre de l’OTAN contre la Yougoslavie. Mais elle ne s’y limite pas. La dette accumulée envers la Yougoslavie durant les dix dernières années, décennie de politique continuelle de grande puissance contre la Yougoslavie, contre la Serbie, est encore plus accablante. Sans prétendre à l’exhaustivité, elle peut être résumée ainsi:

Premièrement: Faisant fi de tous les avertissements du Secrétaire général des Nations Unies de l’époque, Javier Perez de Cuellar, et du président de la Conférence sur la Yougoslavie, Lord Peter Carrington, ainsi que de la résistance de la France, du Royaume-Uni, des Pays-Bas et d’autres Etats, la politique extérieure allemande a fait reconnaître en 1991 de manière précipitée, par des pressions et du chantage, la Slovénie et la Croatie à un moment où la CSCE, la CE et l’ONU déployaient les plus grands efforts pour résoudre le conflit pacifiquement. Les conséquences sont connues: la Yougoslavie s’est effondrée définitivement, le conflit s’est exacerbé; l’énorme responsabilité allemande est presque incontestée: en 1993, les ministres des affaires étrangères des Etats-Unis et de France, Warren Christopher et Roland Dumas, l’ont soulignée alors.3

Deuxièmement: La République fédérale d’Allemagne a contribué dans une mesure déterminante à pousser la Bosnie-Herzégovine, cette splendide «Yougoslavie en petit», dans une guerre civile effroyable. Trois étapes funestes – la reconnaissance précipitée et irresponsable de la Slovénie et de la Croatie, l’exigence d’un référendum qui a placé la population serbe, soit un tiers de la population totale, en situation de minorité, et la décision de reconnaître la république partielle – ont marqué ce chemin vers l’abîme. Le 6 avril 1992, anniversaire de l’invasion de la Yougoslavie par la Wehrmacht, la CE a reconnu la Bosnie et l’Herzégovine, mesure pour laquelle, selon l’agence dpa, le ministre des affaires étrangères Genscher […] avait plaidé avec vigueur et convaincu progressivement ses partenaires de la CE.4

Parmi les nombreuses personnes qui témoignent de la responsabilité allemande, mentionnons-en deux: dès 1991, Lord Carrington avait averti les Allemands qu’une reconnaissance anticipée de la Slovénie et de la Croatie «pourrait être l’étincelle qui met le feu à la Bosnie-Herzégovine»5, et Henry Kissinger de constater en 1996: «La reconnaissance [de la Bosnie R.H.] a fait naître non un pays, mais une guerre civile.»6


D’abord des sanctions, puis des bombes

Troisièmement: Ce sont des politiciens allemands qui, les premiers, ont réclamé des sanctions contre la Yougoslavie, contre la Serbie, pays dont l’économie et les hommes souffrent depuis une décennie, avec de courtes interruptions et quelques modifications. Quand les sanctions ont été prises pour la première fois, le chancelier Kohl a déclaré triomphalement le 6 novembre 1991, en séance plénière du Bundestag: «Je me félicite que les ministres des affaires étrangères aient pris des sanctions économiques le 4 novembre 1991 […]. Cette décision n’est pas étrangère à nos efforts obstinés de persuasion [souligné par R.H.], déployés aussi envers nos partenaires de la CE.»7 Et après que les sanctions eurent été considérablement accentuées une demi-année plus tard, Klaus Kinkel, ministre des affaires étrangères, a annoncé fièrement au Parlement, le 27 juillet 1992, que «l’ONU avait pris des sanctions contre la Serbie et le Monténégro, en particulier à notre instigation» [souligné par R.H.].8 Le déferlement des attaques aériennes pendant 78 jours a massivement accru les effets des sanctions et multiplié les souffrances des hommes. Jusqu’à aujourd’hui toutefois, Berlin ignore les innombrables appels à lever les sanctions, en particulier la demande récente, passionnée, presque suppliante, du Conseil de la diaspora yougoslave, «de mettre fin au chantage politique et aux pressions inacceptables […] ainsi qu’au blocage économique, qui diabolisent tout un peuple et le maintiennent dans un ghetto».9 Cet appel mérite le soutien de tous!
Quatrièmement: Des politiciens et journalistes allemands ont été parmi les premiers à exiger une intervention militaire de l’étranger dans le conflit tragique qui a éclaté à l’intérieur de la Yougoslavie. Au début de novembre 1991, le politicien démocrate-chrétien Wolfgang Schäuble, alors ministre de l’intérieur, a ouvert la ronde en déclarant que la CE devait «en cas de nécessité intervenir militairement»10 en Yougoslavie.

Au cours des ans, le premier danseur démocrate-chrétien a été suivi par une lignée toujours plus longue de partisans de l’intervention, dont faisait partie le chancelier actuel, Gerhard Schröder. Le 16 août 1998, alors qu’il était encore candidat à la chancellerie, celui-ci a déclaré qu’«il pouvait s’imaginer une intervention de l’OTAN au Kosovo sans mandat de l’ONU, donc une agression»11. Cependant, un général allemand – ce que l’on oublie souvent de mentionner – avait déjà invité en 1994 à commettre cette violation très grave de la Charte de l’ONU et du droit international public en général. Le soldat du rang le plus élevé des forces armées allemandes, Klaus Naumann, que le professeur de la Budeswehr Wolffsolm a proclamé «étoile brillant au ciel politico-militaire de notre pays»12, a déclaré à la «Frankfurter Allgemeine Zeitung» que l’OTAN devait rester en mesure, dans sa gestion des crises, «d’agir de manière autonome, donc indépendamment d’un mandat des Nations Unies».13 En mars 1999, le fait condamnable a suivi l’invitation à violer le droit.


Tribunal pénal international financé par l’OTAN

Cinquièmement: Ce fut – et on l’oublie trop souvent – sur l’initiative de la politique extérieure allemande qu’un Tribunal pénal international a été fondé. Parmi les spécialistes du droit international public, il est contesté et a constitué dès ses débuts un instrument consacré à la propagande et à l’exercice de pressions. Le «déligimitateur» éprouvé qu’est Klaus Kinkel a fortement contribué à la création du tribunal. Il y a des années déjà, le ministre allemand des affaires étrangères de l’époque s’était vanté: «A la Conférence de la paix tenue à Londres en août 1992, ma proposition d’établir un tribunal pénal international a suscité, pour la première fois, une large approbation. Par la suite, je suis parvenu à obtenir une décision des Européens.»14 Le Tribunal est financé par l’OTAN, comme le porte-parole de celle-ci, Jamie Shea, l’a communiqué.15 S’il porte le nom de «Tribunal pénal international poursuivant les crimes de guerre commis dans l’ancienne Yougoslavie», ceux qui ont été commis par ses fondateurs et financiers en Yougoslavie et contre ce pays sont marqués d’un tabou jusqu’à aujourd’hui. Les promoteurs et financiers de ce tribunal défendent – comme ils l’ont fait récemment – les captures sauvages d’accusés en prétendant qu’il s’agit de déceler et de condamner des crimes de guerre et des violations de droits de l’homme. Après la guerre contre la Yougoslavie, cet argument sonne creux et faux. Il est à peu près aussi crédible que si le marchand d’armes Schreiber exigeait la condamnation d’exportations d’armes, que si monsieur Kohl vitupérait les caisses noires des partis et qu’un meurtrier belge en séries bien connu se faisait passer pour le saint patron des enfants et jeunes gens en péril.


L’Allemagne, stimulateur cardiaque de la guerre du Kosovo

Sixièmement: Comme déjà lors du déchaînement de la guerre civile en Bosnie et en Herzé­govine, la République fédérale d’Allemagne a longtemps joué le rôle du stimulateur cardiaque en attisant le grave conflit du Kosovo et de la Metohija ainsi qu’en créant le prétexte de la guerre d’agression de l’OTAN. Dans ce cas, elle a certes tiré les leçons de la forte critique internationale qu’avait suscitée son action précipitée dans la reconnaissance de la Slovénie et de la Croatie et s’était tenue davantage à couvert, mais les faits parlent une langue très claire: Dès le début, la politique extérieure allemande a poursuivi ses prises de position unilatérales anti-serbe et soutenu les forces séparatrices des Albanais du Kosovo, elle a hébergé le gouvernement en exil de la prétendue République du Kosovo, a stimulé l’internationalisation du conflit à l’intérieur de l’Etat et fait parvenir une aide multiple à l’UÇK depuis 1996. Violant des résolutions des Nations Unies, le gouvernement allemand a toléré que des millions soient recueillis sur son territoire pour acheter des armes à l’UÇK et quand l’OTAN, au milieu de 1998, a envisagé le stationnement de troupes à la frontière albanaise pour interrompre les flux d’armes destinés à l’UÇK, il a protesté vivement et marqué énergiquement son opposition. Ce gouvernement, devenu le gouvernement rose-vert, a contribué à aviver l’hystérie relative au soi-disant massacre de Raçak, a fait que le rapport finlandais de médecine légale fût tenu secret et a incité ses partenaires de l’OTAN, comme il ressort des déclarations du Secrétaire d’Etat Ludger Vollmer, «à organiser le processus de négociations de Rambouillet»16, qui a servi finalement à fournir, grâce à un ultimatum inacceptable, le dernier prétexte pour la guerre d’agression déjà préparée depuis longtemps. 


Les Tornados allemands dans la première escadrille

Septièmement: Quand, au soir du 24 mars, l’attaque aérienne de l’OTAN a commencé, les Tornados allemands faisaient partie de la première escadrille, ainsi que quelques journaux berlinois l’ont annoncé en caractères gras. L’incompréhensible a eu lieu: l’Allemagne menait une guerre d’agression contre la Yougoslavie, pour la troisième fois au XXe siècle; les Tornados allemands sont «heureusement» rentrés 450 fois «sains et saufs» de leurs incursions terroristes. Quelles villes et villages ils ont attaqué – Belgrade, Novi Sad ou Kragujevac –, quelles cibles ils ont atteintes, quels dommages collatéraux ils ont causés, c’est le secret de l’OTAN et de la Bundeswehr jusqu’à maintenant. Les pilotes ont été décorés à profusion, leurs noms et exploits n’ont pas été communiqués. En revanche, ceux qui ont préparé la guerre et donné les ordres sur les plans de la politique et de la diplomatie, de la conception militaire et de la propagande sont connus. ce sont ceux qui tentent, jusqu’à aujourd’hui, de justifier l’injustifiable. Parmi ceux-ci figurent:
Joseph Fischer, le propagandiste aux trucs multiples, qui a répandu les nouvelles effroyables du déchaînement d’un «fascisme barbare» dans les «abattoirs du Kosovo»;

Rudolf Scharping, l’inventeur des camps de concentration serbes au Kosovo et du prétendu plan serbe du «fer à cheval» au nom croate et dont les services bulgares de renseignements sont à l’origine et, naturellement, Gerhard Schröder, le père de la phrase absurde tendant à justifier la guerre, qui a déclaré immédiatement après l’invasion: «Nous ne faisons pas la guerre, mais sommes amenés à imposer une solution pacifique au Kosovo par des moyens militaires également.»17

Des missiles, des ogives d’uranium et des bombes à fragmentation, comme moyens de résoudre pacifiquement un conflit, cela, le monde ne l’avait encore jamais vu! On peut voir dans de nombreuses localités de Yougoslavie à quoi ressemble la «solution pacifique»: dans les destructions de ponts, d’usines chimiques et autres exploitations industrielles, d’écoles et de jardins d’enfants, dans les inscriptions sur les tombes du Kosovo et de toute la Serbie, dans les hôpitaux et homes, dans les villes et villages du Kosovo et de la Metohija exemptes de Serbes, de gitans et de juifs.

Il convient de faire assumer leurs responsabilités à ceux qui, en recourant aux moyens militaires, ont abouti à cette sorte de solution pacifique des conflits. Tel est le cas de tous les gouvernants d’Etats agresseurs de l’OTAN, parmi lesquels les Allemands se sont particulièrement distingués ces dix dernières années.  


Traduction Horizons et débats

Source: Die Deutsche Verantwortung für den Nato-Krieg gegen Jugoslawien, Wolfgang Richter, Elmar Schmähling et Eckart Spoo éditeurs, Schkeuditz 2000, ISBN 3-9806705-6-2, pages 13–19

1 Texte zur Deutschlandpolitik, série III, volume 8b – 1990, Bonn 1991, p. 674.
2 Loi fondamentale de la République fédérale d’Allemagne, Berlin 1990.
3 Voir Ralph Hartmann: Die ehrlichen Makler. Die deutsche Aussenpolitik und der Bürgerkrieg in Jugoslawien, Berlin 1998, p. 13 s.
4 dpa, 6.4.1992.
5 Dokumentation zum Krieg auf dem Balkan, dans: Versöhnung, revue du «Versöhnungsbundes», mai 1996.
6 Henry A. Kissinger: Ein multiethnisches Bosnien kann nur mit militärischer Gewalt erzwungen werden. Dans: Welt am Sonntag, 8.9.1996.
7 Procès-verbal sténographique, 12e Bundestag,
53e séance du 6.11.1991, p. 4367.
8 Procès-verbal sténographique, 12e Bundestag,
101e séance du 22.7.1992, p. 8609.
9 Information des Rates der Jugoslawischen Diaspora, Francfort-sur-le-Main, 26.2.2000.
10 dpa, 2.11.1991.
11 ADN, 16.4.1998.
12 Voir Horst Schneider: Kritische Anmerkungen zur Nato-Aggression gegen Jugoslawien, Stuttgart 1999, p. 18.
13 Entretien de Klaus Naumann avec la FAZ, 2.3.1994.
14 Interview de Klaus Kinkel, Generalanzeiger, 27.2.1993.
15 AFP, 16.5.1999.
16 Ludger Volmer: Krieg in Jugoslawien – Hintergründe einer grünen Entscheidung, Bonn 26.3.1999. Citation d’après Matthias Küntzel: Der Weg in den Krieg, Berlin 2000, p. 162.
17 dpa, 24.3.1999.


Ralph Hartmann a été ambassadeur de la République démocratique allemande en Yougoslavie. En mars 2000, il a présenté cet exposé sous la forme d’une conférence, tenue lors de la rencontre du comité préparant le Tribunal européen sur la guerre de l’OTAN contre la Yougoslavie. 



BERTINOTTI E PRODI PASSANO IN RASSEGNA LA BRIGATA FALLUJA


Il Manifesto 03-06-07

E ai Fori Imperiali sfila la brigata Falluja

In corteo un battaglione aviotrasportato Usa di stanza a Vicenza e
impiegato nel 2004 nell'attacco a Falluja
Manlio Dinucci

Tra i reparti che hanno aperto la parata militare del 2 giugno ai
Fori Imperiali ce n'era uno speciale: il 1° battaglione del 503°
reggimento da assalto aereo appartenente alla 173a brigata Usa
aviotrasportata di Vicenza. Un reparto distintosi nel 2004 in Iraq
nell'attacco a Fallujah, nel quale sono state usate anche bombe al
fosforo provocando una strage di civili. Non poteva essere scelto un
simbolo migliore per mostrare che tra Stati uniti e Italia, come ha
ribadito il presidente Bush nell'intervista a La Stampa, esistono
«legami molto stretti».
Il 1° battaglione è stato trasferito da Camp Casey (Corea del sud)
alla caserma Ederle di Vicenza nel giugno 2006. Esso è stato così
riunito al reparto gemello, il 2° battaglione del 503° reggimento,
inviato da Vicenza a combattere in Iraq e Afghanistan. Insieme ad
altri reparti riattivati, ha contribuito alla trasformazione della
173a brigata di Vicenza in Squadra di combattimento 173a brigata
aviotrasportata.
Il fatto che la Squadra di combattimento sia stata creata nel
settembre 2006, per la maggior parte con nuovi reparti riattivati o
trasferiti in giugno, dimostra che l'esercito Usa dava per sicuro di
ottenere dal governo Prodi quella che il vicepremier Rutelli aveva
già definito «un'idonea sistemazione logistica della 173a Airborne
Brigade nella sua nuova configurazione».
Così è stato: nel gennaio 2007 Prodi ha annunciato il nullaosta del
governo al raddoppio della base Usa di Vicenza. La Squadra di
combattimento ha infatti bisogno di più spazio.
Essa è l'unica unità aviotrasportata e forza di risposta rapida del
Comando europeo degli Stati uniti, la cui area di responsabilità
comprende l'Europa, gran parte dell'Africa e parti del Medio Oriente.
Per di più il comando Setaf da cui dipende la Squadra di
combattimento, il cui quartier generale è anch'esso a Vicenza, è
stato trasformato da comando di appoggio logistico in comando di
teatro, responsabile «del ricevimento, della preparazione al
combattimento e del movimento avanzato delle forze che entrano nella
regione meridionale per una guerra». La base allargata di Vicenza,
collegata alle basi aeree di Aviano e Sigonella e a quella logistica
di Camp Darby, sarà quindi trasformata sempre più in trampolino di
lancio delle operazioni militari statunitensi. Contrariamente a
quanto sostiene Prodi, che «per l'ampliamento di una base militare
non si pone certo un problema politico», il raddoppio della base Usa
di Vicenza ha riportato quindi in primo piano il problema politico
nodale: il fatto che né il parlamento né il governo italiano hanno
alcun potere decisionale sulle operazioni militari statunitensi che,
partendo dal nostro territorio, coinvolgono il nostro paese nelle
guerre condotte dagli Stati uniti.
Chissà se qualcuno nella coalizione governativa si ricorderà di tutto
questo, quando oggi il presidio permanente No Dal Molin di Vicenza
manifesterà a Trento, dove si trova il presidente del consiglio
Prodi, per ricordargli che, dopo aver più volte ripetuto di voler
dialogare con le comunità locali, ha scavalcato tutti dando il
nullaosta al raddoppio della base.

---

Sulla strage compiuta a Falluja dalle truppe angloamericane si vedano
ad esempio:

La strage nascosta - di Sigfrido Ranucci
http://www.rainews24.rai.it/ran24/inchiesta/default_02112005.asp

"Fosforo bianco contro i civili". Così gli Usa hanno preso Falluja
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4616
IL VIDEO: http://www.rainews24.it/ran24/clips/Video
\fallujah_Rainews24.wmv

Ricordando Srebrenica, pensando a Fallujah - di Ghali Hassan
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4505

Falluja: il peggior massacro americano in Iraq (LINKS)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4482

Guai a occuparsi di Falluja
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4227

IRAQ = JUGOSLAVIJA / 12: Cronache da Falluja
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3486

IRAQ = JUGOSLAVIJA / 9: FALLUJA COME ORADOUR, LIDICE, KRAGUJEVAC...
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3466

IRAQ = JUGOSLAVIJA / 1: Eyewitness Report from Falluja
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3432

Rainews. Recapitato un proiettile in redazione
http://www.rainews24.it/Notizia.asp?NewsID=61977 oppure
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4973


-------- Original Message --------
Subject: [No Dal Molin] Trento: Prodi contestato
Date: Sun, 03 Jun 2007 16:25:39 +0200
From: "NoDalMolin" <comunicazione @...>
To: vialebasi @...

Comunicato stampa
CARO PRODI, LA BASE NON SI FARA'

La manifestazione dei No Dal Molin a Trento è andata benissimo; in
circa 300 hanno manifestato, all'esterno, al suono di pentole e
tamburi mentre all'interno una quarantina di persone, dopo l'inizio
dell'intervento del Presidente del Consiglio, si sono alzate
esponendo le bandiere No Dal Molin e gridando "vergogna, vergogna,
Vicenza non si vende".
L'intervento di Prodi è stato interrotto e il moderatore ha offerto
il microfono ad una rappresentante del Presidio - Cinzia Bottene -
che ha elencato al Premier le tante ragioni della battaglia
vicentina. Prodi, naturalmente, non si è degnato di rispondere.
Al termine della conferenza, poi, centinaia di persone hanno bloccato
pacificamente le uscite dell'Università e sono state spostate di peso
- senza tante delicatezze - dalle forze dell'ordine per far uscire
l'auto del Presidente del Consiglio.

Un Presidente del Consiglio che, di fronte ad una platea di centinaia
di persone, non ha il coraggio di rispondere alle richieste di una
cittadina, evidentemente, ha la coda di paglia; un Presidente del
Consiglio che, di fronte alla manifestazione civile di centinaia di
persone, risponde che "la decisione è già presa", dimostra di non
avere la capacità di ascoltare quei cittadini che dovrebbe
rappresentare.

Romano Prodi se ne va da Trento dimostrando, ancora una volta, la
propria incapacità di rapportarsi con la comunità locale vicentina.
Dice, il Presidente del Consiglio, che "queste manifestazioni fanno
male all'immagine del Paese"; evidentemente il dissenso - che è il
sale della democrazia - non è ben visto da chi oggi governa l'Italia
e che, invece, dovrebbe chiedersi quanto male sta facendo ai
cittadini, al territorio, al nostro futuro con le posizioni assunte
in questi mesi. Prodi sostiene di amare Vicenza? Spieghi, allora, per
quale ragione da un anno a questa parte il Presidente o un qualsiasi
membro del suo Governo non hanno pensato di venire nella nostra città
per rendersi conto, con i propri occhi, della situazione e
dell'ubicazione della nuova struttura militare.

Per il premier non si torna indietro su decisioni già prese? Il
Presidente può anche non cambiare idea, ma noi proseguiremo la nostra
battaglia. Se necessario, fermeremo le ruspe come oggi abbiamo
fermato la macchina del Presidente del Consiglio.

Trento, 3 giugno 2007

***************************
Presidio Permanente NO Dal Molin
Via Ponte Marchese - Vicenza
www.nodalmolin.it
www.altravicenza.it

IL FUTURO è NELLE NOSTRE MANI
Difendiamo la terra per un domani
senza basi di guerra
************************

MASSIMO D'ALEMA E LUNA ROSSA


D'Alema-yachtman 2007:
http://www.gennarocarotenuto.it/dblog/articolo.asp?articolo=1149

D'Alema-yachtman 2002:
https://www.cnj.it/immagini/dalema.jpg