Informazione


... vi giro, cari compagni, un altro articolo di Valerio Evangelisti dal sito di Carmilla on line. Tra queste analisi ed altri articoli che si trovano nel Reseau Voltaire a proposito del Venezuela mi sembra che si stia delineando un quadro abbastanza preoccupante. Bisognerebbe cercare di dare una forma organica un po' a tutto questo.
Pensiamoci.
Continuiamo ad esprimere la nostra solidarietà con la rivoluzione bolivariana, cubana e tutti i popoli dell'America latina che stanno costruendo qualcosa di diverso, in barba sia all'imperialismo internazionale che agli sproloqui di certi pentiti di casa nostra.
Buona lettura e resistiamo.
Claudia Cernigoi

 


 

 

Venezuela: chi manovra l' "opposizione studentesca democratica"? 
Ovvero, un autosputtanamento che rimarrà storico

di Valerio Evangelisti


Ricapitoliamo i fatti, già esposti in dettaglio qui e qui. Il 31 maggio scade la concessione dello Stato venezuelano al canale televisivo RCTV. Il governo del Venezuela decide di non rinnovarla, e di cedere le frequenze a una nuova tv non commerciale (“di strada” o “di quartiere”, la definiremmo in Italia).
Immediatamente, i corifei del neoliberalismo iniziano a starnazzare come gallin e. Si accusa il governo venezuelano, e in particolare il suo presidente Hugo Chávez, di avere chiuso un canale televisivo vicino all’opposizione, per motivi solo politici. Sarebbe la conferma che in Venezuela regna una dittatura.
Certo che i motivi erano politici. Nel corso del tentato colpo di Stato del 2002 RCTV aveva apertamente appoggiato i golpisti, ospitato nei propri studi loro riunioni, mandato propri tecnici a chiudere il canale 8, allora l’unica fonte di comunicazione televisiva in mano al governo.
Mettiamo che in Italia, al tempo dell’assassinio di Moro, una delle nostre tv private avesse detto che avevano fatto bene ad ammazzarlo. Per quanto tempo sarebbe rimasta nell’etere? Ma il Venezuela ha il torto di ribellarsi al Fondo Monetario Internazionale, alla Banca Mondiale, agli schemi del neoliberalismo. Fomenta, invece delle tanto lodate privatizzazioni, la ri-nazionalizzazione (dietro risarcimento, invero fin troppo generoso) delle industrie strategiche, prima di tutte di quella petrolifera, un tempo completamente in mano ai cartelli stranieri. I criteri di valutazione del grado di democrazia del Venezuela sono dunque differenti. Poco importa che vi si svolgano elezioni completamente libere, che vedono Chávez ogni volta riconfermato (per forza, dicono gli oppositori: ha fatto iscrivere nelle liste elettorali indios, poveri e altra gentaglia che, prima di lui, non risultavano nemmeno all’anagrafe). Sottraendosi alle leggi del mercato ipercapitalista, costui è per definizione un dittatore spietato. Ciò che non erano i suoi predecessori di destra, corrottissimi, macchiati del sangue di centinaia di dimostranti, pronti a cedere ai gringos le ricchezze del paese. Brava gente, per definizione.
La campagna pro RCTV è guidata, in Europa, dal quotidiano El País, ritenuto “di sinistra”. La Spagna è stata tra i paesi più colpiti dalla nazionalizzazione del petrolio venezuelano, che ha arricchito il Venezuela e tolto entrate quasi gratuite agli spagnoli. El País lo trova scandaloso. Visti i precedenti della Spagna in America Latina, viene alla mente il proverbio “Un bel tacer non fu mai scritto”. Traduzione: abbiate almeno il pudore di starvene zitti, vecchi genocidi. Sputare giudizi su un continente che avete saccheggiato non fa per voi.
Il buffo è che RCTV, di cui tutti denunciano la chiusura, non è mai stata “chiusa”. Non rinnovata la concessione della frequenza in analogico, è stata lasciata libera di trasmettere via cavo, via satellite o per Internet. Il gruppo che la controlla possiede molti altri media, da compagnie telefoniche a quotidiani. In pratica, RCTV ha avuto la stessa sorte che il centrosinistra italiano auspicava, in un programma disatteso (nessuno lo ricorda più), per Rete 4 e, quale par condicio, per Rai Tre. Ciò che in Italia è ammissibile, “normale”, in America Latina diventa un attentato alla democrazia. La prova provata di una dittatura amorale. Condoleeza Rice è angosciata dalla morte in analogico di RCTV. Forse rimpiange le telenovelas che si interromperanno (in analogico), o i telegiornali scandalistici con colonna sonora sul fondo delle notizie, per renderle più drammatiche. L’impressione è che non sappia nemmeno cosa sia RCTV, e in generale le televisioni assurde che, legate a canali nordamericani, trasmettono in America Latina. Si sa, Condoleeza è un maschiaccio. Ha dunque bicipiti e muso canino in America, e coglioni in Europa.
La prima estensione europea di Condoleeza si chiama Gian Antonio Stella, e scrive su Il Corriere della Sera. Del Venezuela, e della vicenda specifica, non sa una mazza, è chiaro. Tuttavia reputa opportuno occuparsi di RCTV, denunciarne in tono iracondo la “chiusura” (inesistente), chiamare Chávez “caudillo rosso” e “dittatore”. Copre di contumelie, senza la minima documentazione, un presidente legittimo accusandolo di crimini mai commessi, tipo una repressione “spietata” degli studenti oppositori di cui non c’è traccia negli archivi. A chi si oppone al verbo neoliberale pare lecito addossare di tutto. Si noti che Stella è meritoriamente duro verso certi potentati nazionali. Se si passa però a quelli internazionali, vale per lui il motto recato da una nota marca di carte da briscola. Flector nec frangor. Mi piego ma non mi rompo. Soprattutto, mi piego, e da neoliberale mi sento autorizzato ad attribuire al nemico colpe che non ha.

Peggio ancora fa – lo dico con rammarico – l’altre volte ottima Giovanna Botteri, sul TG3 delle 19, lo stesso giorno in cui Stella eruttava disquisizioni infondate sul Corriere. Adesso la Botteri, di cui tutti conoscono il coraggio, è corrispondente dagli Stati Uniti. Forse vittima delle tv nordamericane – Murdoch docet – combina assieme fine concessione per RCTV, assassinio in Russia di Anna Politovskaia e censure in Cina e Iran. Illustra il mix con immagini di Chávez in visita al presidente iraniano. La libertà di informazione è minacciata in tutto il mondo, ma, si direbbe dal servizio, soprattutto in Venezuela. Dove, peraltro, l’80 per cento delle fonti informative sono in mani private, e principalmente in quelle dell’opposizione antichavista. Che cosa può saperne la Botteri? Come nel caso di Stella, pare preciso dovere dei nostri giornalisti parlare senza raccogliere elementi. E, se poi ne vengono a conoscenza, guardarsi bene dallo smentire quanto affermato.
A Caracas scendono in strada, a difesa di RCTV, gli studenti delle università private. La manifestazione è autorizzata, ma si verificano atti di vandalismo e aggressioni a una polizia che non carica né manganella. Sono arrestati 180 dimostranti, quasi tutti rimessi in libertà il giorno dopo. E’ questa la repressione “feroce” denunciata da Stella. Naturalmente i media europei, su impulso di quelli nordamericani, enfatizzano la protesta “spontenea”, mentre tacciono delle dimostrazioni, ben più massicce, a sostegno della neonata “tv di strada”.
Il 7 giugno si verifica un fatto insolito, per una “dittatura”. L’Assemblea Nazionale venezuelana invita a esprimersi al suo cospetto tanto gli studenti oppositori che quelli pro-governativi. Parleranno alternandosi ed esponendo le ragioni sia di consenso che di dissenso. Il tutto sarà ripreso dalle tv nazionali, sia pubbliche che private. Sono i video riportati più sotto, pubblicati su YouTube. Purtroppo sono in spagnolo, durano a lungo e sono meglio visibili in banda larga. Peccato, perché li conclude un vero e proprio colpo di scena, che infligge alla “opposizione democratica” studentesca un colpo da cui, temo, stenterà a riprendersi.
Per chi non può vedere i video, cerco di riassumerli. Prima, però, ricordo a chi non l’abbia vista la puntata di Report andata in onda su Radio Rai Tre domenica scorsa, e in particolare il segmento Revolution.com (chi non l’abbia seguito lo trova qua). Vi si parlava delle agenzie statunitensi che mobilitano masse studentesche in paesi ostili agli Usa, dotandole di finanziamenti, volantini, gadgets vari, manuali di istruzioni, persino logos, fino a innescare un colpo di Stato “pacifico”. Tecnica già sperimentata con successo in Serbia, nella Georgia, in Ucraina, nel Kirghizistan, e in corso di sperimentazione in altri paesi dell’Est europeo.
Ma torno ai video venezuelani. Nel primo vediamo uno studente oppositore di Chávez, tale Douglas Barrios, venire accolto alla tribuna da un applauso amichevole e leggere un discorso piuttosto efficace. Le frasi, martellanti, sono di quelle che si imprimono nella memoria. Reclama la libertà dei telespettatori di vedere ciò che preferiscono, fosse anche una merda come RCTV. Si dichiara estraneo alla politica. Accusa Chávez di stare instaurando una dittatura. Con un gesto plateale si sfila la maglietta rossa che indossava (il simbolo degli chavisti), dicendo che non vuole uniformi. Afferma che lui e i suoi compagni si ritirano por ahora (una sottigliezza dialettica: por ahora era stato il motto di Chávez, dopo il fallito tentativo insurrezionale del 1992). Esce dall’aula imitato dagli altri contestatori.
A quel punto, la parola è agli studenti “bolivariani”, mentre gli assenti cui dovevano alternarsi sono chiamati inutilmente. Il tono è tutto diverso: parlano per lo più senza leggere, con impeto ed emotività. Bellissime le parole di Osly Hérnandez. Lei, che ha la pelle scura, e per di più il seno piccolo, non sarebbe mai potuta apparire su RCTV. Altrettanto efficace l’intervento di un’altra studentessa, Libertad Velasco. Conferma la confluenza, nel discorso chavista, di temi femministi, sociali ed ecologici. Si merita un abbraccio da parte di Iris Varela, la bellissima e leggendaria “pasionaria” di Chávez, nota a chiunque abbia visto il documentario La rivoluzione non sarà teletrasmessa.
Gli interventi si susseguono, fino a quello, conclusivo, del leader studentesco Héctor Rodríguez. Ed è qui che si produce il colpo di scena. L’oppositore “democratico” Douglas Barrios aveva dimenticato sul tavolo l’ultima pagina del suo intervento scritto. Rodríguez la legge ai deputati. Si tratta di una vera e propria sceneggiatura, in cui sono indicati persino i gesti (“togliere la maglietta”). C’è anche la firma di chi ha scritto il copione: la società pubblicitaria Arts Publicidad, vincolata agli Stati Uniti. Scoppiano risate e applausi.
Ma c’è di più. Rodríguez mostra la pagina web dell’opposizione studentesca “democratica”. Vi figura un logo, che rappresenta un pugno chiuso. E’ lo stesso logo, disegnato negli Stati Uniti, già visto in Serbia perché adottato dall’organizzazione Otpor, poi riapparso nel Kossovo, in Georgia, in Ucraina, nel Kirghizistan ecc. Un logo ormai ben noto a chi abbia visto la puntata di Report che sopra ho indicato. Formidabile il commento di Rodríguez. Hanno abbattuto Milosevič. «La differenza è che Chávez non è Milosevič.»
Naturalmente, le nostre Stelle del giornalismo non prenderanno mai visione dei filmati. Non sia mai che i sussiegosi opinionisti nostrani parlino con cognizione di causa. Ne andrebbe della loro deontologia professionale. Per fortuna, Carmilla è molto più letta di tanti quotidiani. Ecco dunque, finalmente, i video da vedere, per capire quale “opposizione democratica” ci sia in Venezuela. Con un bonus: gli interventi degli studenti fanno comprendere come il “Socialismo del XXI secolo” venezuelano, lungi dall’essere fenomeno “populista”, “bonapartista” o “comunista” (il riferimento a Cuba non significa assunzione della stessa ideologia), abbia fatto proprie tematiche fondanti della sinistra attuale (non del centrosinistra: vade retro! Anzi, vada a farsi fottere tout court): femminismo, ambientalismo, antimperialismo, autogestione, ecc. Argomenti squisitamente libertari. Non è un caso se in Messico, quando viene proclamato uno sciopero, è ancora consuetudine esporre una bandiera rosso-nera.
Qui si trovano riuniti tutti i filmati dell’audizione degli studenti, davanti all’Assemblea Nazionale del Venezuela (fare caso, come già detto, agli interventi di Douglas Barrios, di Osly Hérnandez, di Libertad Velasco, di Héctor Rodríguez).

Qui le g rasse risate di Hugo Chávez davanti alla miserabile messinscena, e all’uso del suo motto “Por Ahora”.
Qui, infine, l’elemento comico. L’accusa alla studentessa bolivariana Andreina Tarazón di avere rubato l’ultima pagina della sceneggiatura degli oppositori, quando invece se la trovò sul tavolo.

Pubblicato Giugno 10, 2007 04:41 AM



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From: Reseau Voltaire <newsletter-fr  @...>
Date: June 7, 2007 6:34:51 PM GMT+02:00
To: newsletter-fr  @...
Subject: [Réseau Voltaire] Coups d’État de velours
Reply-To: voltaire-hebdo-fr  @..., Reseau Voltaire <newsletter-fr  @...>



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Coups d’État de velours

Coups d’État de velours
Action secrète : renversement de gouvernement, guerre psychologique...
Comment imposer un gouvernement pro-états-unien à un peuple ? Une technique plus efficace que les coups d’Etat militaires a été développée par la CIA : les coups d’Etat de velours ou révolutions colorées. S’appuyant sur des ONG et des mouvements de jeunesse, manipulant les sentiments de liberté et de résistance et structurant eux-mêmes la contestation, les Etats-Unis arrivent à imposer des gouvernements à leur service de manière relativement non-violente. De la Serbie à l’Ukraine en passant par le Liban, cette technique a été appliquée à travers le monde, souvent avec succès. A l’occasion de la récente fermeture d’une télévision au Venezuela, les stratèges états-uniens concentrent leurs efforts pour renverser le gouvernement d’Hugo Chavez. Afin d’identifier les mécanismes mis en œuvre et d’éviter à chacun d’être manipulé à son insu, le Réseau Voltaire propose ici plusieurs articles de référence sur c es techniques.





Coups d’État soft
L’Albert Einstein Institution : la non-violence version CIA


 Por Thierry Meyssan | Voltaire, édition internationale | 4 juin 2007 | La non-violence, en tant que technique d’action politique, peut être employée à n’importe quelle fin. Dans les années 1980, l’OTAN s’est intéressée à son utilisation pour organiser la résistance en Europe après une invasion de l’Armée rouge. Depuis quinze ans, la CIA en fait usage pour renverser des gouvernements récalcitrants, sans soulever d’indignation internationale. Elle dispose pour cela d’une agréable vitrine idéologique, l’Albert-Einstein Institution du philosophe Gene Sharp, qui a joué un rôle, de l’Irak à la Lituanie, en passant par le Venezuela et l’Ukraine. Pour les gratifier de leur efficacité, les membres de l’Albert Einstein Institution ont reçu deux promotions exceptionnelles : Thomas Schelling s’e st vu attribuer le prix Nobel d’économie 2005 et Peter Ackerman a pris la succession de James Woolsey à la tête de la Freedom House.

Stay-behind
Opération manquée au Venezuela


 Por Thierry Meyssan | Voltaire, édition internationale | 18 mai 2002 | Les manifestations apparemment sauvagement réprimées par le pouvoir vénézuélien, la démission du président Chavez sous la pression de l’armée, puis la constitution d’un nouveau gouvernement civil auraient pu apparaître comme une succession chaotique d’événements tragiques. Pourtant, la fuite précipitée du nouveau pouvoir devant un soulèvement populaire a permis de mettre en lumière les dessous d’une opération en réalité planifiée par Washington. Une occasion rare d’analyser les méthodes d’ingérence du réseau « stay-behind ».

Propagande
Faut-il brûler Hugo Chavez ?


 Por Thierry Meyssan, Cyril Capdevielle | Voltaire, édition internationale | 10 janvier 2006 | Une organisation de défense des droits de l’homme, le Centre Simon Wiesenthal, et les quotidiens français Libération et Le Monde ont lancé une rumeur diffamatoire contre le président du Venezuela, Hugo Chavez : il serait antisémite. Manipulant avec une mauvaise foi évidente une citation tronquée, ils tentent de discréditer une personnalité politique qui s’est imposée comme la référence anti-impérialiste à la fois pour les mouvements progressistes latino-américains et pour l’Organisation des pays exportateurs de pétrole.

Un quatrième pouvoir sans légitimité populaire
Hugo Chávez et RCTV : censure ou décision légitime ?


 Por Salim Lamrani | Voltaire, édition internationale | 1er février 2007 | Depuis huit ans, la CIA expérimente au Venezuela une nouvelle forme d’intervention basée sur la création d’une réalité politique virtuelle par des chaînes de télévision. En avril 2002, elle avait ainsi réussi à réaliser un coup d’État en lui donnant l’apparence télévisuelle d’un soulèvement populaire, avant que le président Chávez ne soit réinstallé au pouvoir par un véritable soulèvement populaire. Le gouvernement, qui n’avait pas sanctionné les putschistes, a décidé de ne pas renouveler la licence de ce groupe audiovisuel.

La stratégie de la tension
Le terrorisme non revendiqué de l’OTAN


 Por Silvia Cattori | Voltaire, édition internationale | 29 décembre 2006 | Daniele Ganser, professeur d’histoire contemporaine à l’université de Bâle et président de l’ASPO-Suisse, a publié un livre de référence sur « Les Armées secrètes de l’OTAN ». Selon lui, les États-Unis ont organisé en Europe de l’Ouest pendant 50 ans des attentats qu’ils ont faussement attribué à la gauche et à l’extrême gauche pour les discréditer aux yeux des électeurs. Cette stratégie perdure aujourd’hui pour susciter la peur de l’islam et justifier des guerres pour le pétrole.

« La révolution des roses »
Les dessous du coup d’État en Géorgie


 Por Paul Labarique | Voltaire, édition internationale | 7 janvier 2004 | Présenté comme un mouvement spontané et non violent, le soulèvement qui a forcé Edouard Chevardnadze à renoncer à la présidence de la Géorgie est en réalité le fruit d’une patiente manipulation. Enjeu stratégique et pétrolier entre la Fédération de Russie et les États-Unis, la Géorgie est devenue un champ clos d’affrontement des grandes puissances. La colère populaire, habilement déclenchée par l’Institut démocratique de Madeleine Albright et structurée par des associations de jeunesse financées par George Soros, a permis à la CIA de placer ses hommes au pouvoir à Tbilissi.

La Fondation états-unienne pour la démocratie
La NED, nébuleuse de l’ingérence « démocratique »


 Por Thierry Meyssan | Voltaire, édition internationale | 22 janvier 2004 | Dans son discours sur l’état de l’Union, le président Bush a annoncé le doublement du budget de la National Endowment for Democracy (NED, Fondation nationale pour la démocratie). Cet organisme a été créé par Ronald Reagan pour poursuivre les actions secrètes de la CIA en soutenant financièrement et en encadrant des syndicats, des associations et de partis politiques. Il se flatte d’avoir encadré et manipulé Solidarnosc, la Charte des 77 et bien d’autres encore. Géré par le département d’État en association avec les partis républicains et démocrates, le patronat et les syndicats, il a trouvé de nombreux relais institutionnels et individuels partout dans le monde, y compris en France...

Contrôle des démocraties
Stay-behind : les réseaux d’ingérence américains


 Por Thierry Meyssan | Voltaire, édition internationale | 20 août 2001 | Suite aux enquêtes de deux juges vénitiens, le président du Conseil italien confirme en 1990 l’existence du réseau Gladio. Ce réseau émane d’une structure beaucoup plus vaste, le « stay-behind », mis en place par les américains après la seconde guerre mondiale pour lutter contre l’influence communiste. Les citoyens des démocraties occidentales sont-ils réellement libres de leurs choix ?

Atlantisme
L’Institut d’histoire sociale, une officine anti-sociale


 Por Annie Lacroix-Riz | Voltaire, édition internationale | 2 novembre 2005 |Officine patronale française chargée de lutter contre l’influence communiste au sein du mouvement ouvrier, l’Institut d’histoire sociale fut animé au lendemain de la Seconde Guerre mondiale par d’ex-communistes corrompus et par des Collaborateurs fraîchement sortis de prison. Rapidement intégré dans les réseaux atlantistes, il fut abondamment financé par la CIA et joua un rôle actif dans la division du syndicalisme français. Documents d’archives à l’appui, le professeur Annie Lacroix-Riz retrace le détail de cette manipulation alors que la nouvelle politique états-unienne redonne vigueur à l’Institut d’histoire sociale.

Terrorisme
La Ligue anti-communiste mondiale, une internationale du crime


 Por Thierry Meyssan | Voltaire, édition internationale | 12 mai 2004 | Fondée à Taiwan par Tchang Kaï-Chek, le révérend Moon et des criminels de guerre nazis et nippons, la Ligue anti-communiste mondiale (WACL) a d’abord été utilisée sous Nixon pour étendre les méthodes de contre-insurrection en Asie du Sud-Est et en Amérique latine. Sept chefs d’État participaient alors à ses travaux. Elle a connu une nouvelle vitalité sous Reagan devenant un instrument conjoint du complexe militaro-industriel états-unien et de la CIA dans la Guerre froide. Elle fut alors en charge des assassinats politiques et de la formation des contre-guérillas dans toutes les zones de conflits, y compris en Afghanistan où elle était représentée par Oussama Ben Laden.

Washington et Paris renversent Aristide
Coup d’État en Haïti


 Por Thierry Meyssan | Voltaire, édition internationale | 1er mars 2004 |Washington et Paris se sont réconciliés pour défendre leurs intérêts impériaux dans les Caraïbes. Ils ont savamment organisé un coup d’État en Haïti pour renverser le président élu. Après avoir fabriqué une opposition de convenance autour du financier de la dictature des Duvalier, André Apaid, Washington a créé des groupes armés autour de l’ancien officier putschiste Guy Philippe. Tandis que Régis Debray et Véronique de Villepin-Albanel tentaient de contraindre Jean-Bertrand Aristide à la démission. En définitive, la rue restant fidèle à Aristide, les « rebelles » ne sont pas entrés dans Port-au-Prince. Ce sont les Forces spéciales états-uniennes qui ont dû enlever le président, dans son palais, au petit matin.

Les réseaux d’ingérence états-uniens (suite)
Freedom House : quand la liberté n’est qu’un slogan


 Voltaire, édition internationale | 7 septembre 2004 | Officine de propagande créée par Roosevelt pour préparer son opinion publique à la guerre, la Freedom House (Maison de la liberté) a rempilé pour stigmatiser le camp soviétique pendant la Guerre froide. Elle employait à l’époque des intellectuels occidentaux, dont deux Français. Aujourd’hui encore, c’est elle qui organise les campagnes médias internationales pour la liberté religieuse en Chine ou pour la paix en Tchétchénie. Freedom House est désormais présidée par James Woolsey, l’ancien patron de la CIA.

Un ami qui vous veut du bien
Pourquoi la Fondation Ford subventionne la contestation


 Por Paul Labarique | Voltaire, édition internationale | 19 avril 2004 | Depuis sa création, la Fondation Ford n’a pas varié dans ses objectifs de défense des intérêts stratégiques des États-Unis. Mais alors que pendant la Guerre froide, elle n’était qu’une couverture de la CIA, elle a acquis une autonomie au cours des vingt dernières années et a développé une nouvelle méthode d’ingérence, le soft power : intervenir dans les débats internes de ses adversaires en subventionnant les uns pour faire échouer les autres, voire en favorisant des rivalités stérilisantes. Dernier exemple, le financement du Forum social mondial pour tenter de le neutraliser.

Mercenariat
Beslan : un an après, le mystère s’éclaircit


 Por Thierry Meyssan | Voltaire, édition internationale | 31 août 2005 | Il n’est pas prudent de considérer l’actualité internationale en faisant abstraction des réalités stratégiques. Lors de la prise d’otages du 3 septembre 2004 à Beslan, en Russie, qui causa la mort de 186 enfants, les relais médiatiques dominants s’étaient démarqués de l’horreur en affirmant leur soutien aux « Tchéchènes modérés » d’Aslan Maskhadov, appuyés par Londres et Washington. Pourtant, un an plus tard, Chamil Bassaïev, organisateur de l’opération conçue pour occasionner un carnage, vient d’être proclamé vice-Premier ministre du gouvernement en exil. Avec du recul, on constate donc qu’une fois de plus l’émotion immédiate sert des intérêts plus complexes : le contrôle des ressources de la Caspienne.

Opération Northwoods
Quand l’état-major américain planifiait des attentats terroristes contre sa population


 Por Thierry Meyssan | Bibliothèque | 5 novembre 2001 | Conçue en 1962, par l’état-major interarmes des Etats-Unis, l’opération "Northwoods" prévoyait une série d’attentats tuant des civils et des militaires américains pour mobiliser l’opinion publique contre Fidel Castro. Un attentat contre un bâtiment de guerre et un détournement d’avion avaient notamment été planifiés. Parmi les conjurés se trouvaient d’actuels responsables de l’armée des États-Unis. La réalisation de ce plan dément fut empêchée in extremis par le président John F. Kennedy.


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From: adri.ale
Subject: [Italia Cuba-Collegno] LE MENZOGNE E LE FROTTOLE DI BUSH
Date: June 9, 2007 3:30:12 PM GMT+02:00
To: Italia-Cuba_Collegno @ yahoogroups.com

L'Ambasciata di Cuba in Italia invia il testo delle riflessioni del
Comandante in Capo, Dott. Fidel Castro Ruz dal titolo "LE MENZOGNE E
LE FROTTOLE DI BUSH", dello scorso 7 giugno 2007.


Riflessioni del Comandante in Capo

Non mi piace l'idea di sembrare una persona vendicativa e desiderosa
di incalzare un avversario. Mi ero ripromesso d'aspettare un po' per
vedere come si sarebbero sviluppate le contraddizioni tra Bush ed i
suoi alleati europei sul vitale tema del cambiamento climatico.
George Bush ha però esagerato nel rilasciare una dichiarazione che
abbiamo appreso venerdì scorso da una nota dell'agenzia AP. Il
Presidente degli Stati Uniti ha affermato che si recherà in
Vaticano "con la mente aperta e con un gran desiderio d'ascoltare il
Papa" ed ha assicurato che "divide con lui i valori del rispetto alla
vita, della dignità dell'uomo e della libertà".

"La storia ha dimostrato che le democrazie non si dichiarano guerra e
perciò il modo migliore per rafforzare la pace è promuovere la
libertà", ha aggiunto.

"Sarà la prima visita del mandatario nordamericano a Benedetto XVI.
Il suo ultimo viaggio in Italia è stato nell'aprile del 2005 per i
funerali di Papa Giovanni Paolo II", segnala l'agenzia.

In una delle mie riflessioni ho detto che non sarò né il primo né
l'ultimo che Bush ha ordinato - o autorizzato i suoi agenti – di
uccidere. Nell'apprendere la sua inusitata dichiarazione, ho pensato
che se Bush avesse letto qualche libro di storia, sarerebbe cosciente
che proprio lì a Roma nacque un impero che ha nutrito il vocabolario
del linguaggio politico per quasi duemila anni e, nel corso del
tempo, nacque anche lo Stato del Vaticano dopo la promulgazione da
parte di Costantino dell'editto di Milano a favore degli adepti della
religione cristiana, all'inizio del IV secolo della nostra era.

Gli storici narrano che l'imperatore Nerone, che aveva ordinato
l'incendio della capitale dell'impero, nel pieno della tragedia
esclamò soddisfatto: "Che grande poeta muore!"

"Se gli storici avessero ragione! Se Bush fosse un poeta! Se gli
abitanti del pianeta fossero soltanto quelli dell'epoca! Se non
esistessero le armi nucleari, chimiche, biologiche e di distruzione
di massa! Anche se si trattasse di un fatto triste, compresa la morte
del poeta, chi si allarmerebbe per l'incendio di ciò che oggi sarebbe
solo un grande villaggio?

È evidente che Roma non è ancora compresa nei suoi 60 ed oltre oscuri
angoli del mondo che le forze militari statunitensi devono essere
pronte ad attaccare preventivamente e in modo inatteso, come
proclamato da Bush a West Point il primo giugno 2002.

Bush pretende ora di abbindolare il Papa Benedetto XVI. La guerra in
Iraq non esiste, non costa un centesimo, né una goccia di sangue, né
sono morte centinaia di migliaia di persone innocenti in un
vergognoso baratto di vite umane in cambio di petrolio e gas, imposto
con le armi ad un popolo del Terzo Mondo. Non esistono nemmeno i
rischi di un'altra guerra contro l'Iran, compresi i possibili
attacchi nucleari tattici per imporre la stessa infame ricetta. Siamo
tutti obbligati a credere che la Russia non si senta minacciata da
una possibile pioggia di proiettili nucleari, annientatori e precisi,
che diano luogo ad una nuova e sempre più pericolosa corsa agli
armamenti.

Seguendo il goffo corso delle sue grossolane menzogne, potremmo
domandarci: "Perché Bush ha posto in libertà un terrorista famoso e
reo confesso come Posada Carriles proprio lo stesso giorno in cui si
commemorava il 45° Anniversario della sconfitta imperialista di
Girón? Peggio ancora, gli dispiacerà forse almeno un po'
l'ingiustizia di tenere in prigione, alcuni di loro con due
ergastoli, i 5 eroi cubani che informavano la loro patria sui piani
terroristi? Proibito pensare che Bush ignorasse chi finanziò gli
innumerevoli piani per uccidere Castro!

Abbiamo visto fare a Bush strane ed insensate smorfie mentre parlava
in cerimonie ufficiali alla presenza di senatori e rappresentanti
degli Stati Uniti, vantandosi dei nemici eliminati su suo personale
ordine. Ha creato dei centri ufficiali di tortura ad Abu Ghraib e
nella base navale di Guantánamo; i suoi agenti, in modo illegale,
hanno compiuto sequestri di persona in numerosi paesi dove gli aerei
della CIA volavano, compiendo viaggi segreti, con o senza il permesso
delle autorità competenti. Le informazioni dovevano essere ottenute
utilizzando delle ben studiate torture fisiche.

Come gli é venuto in mente che il Papa Benedetto XVI possa
condividere con lui i valori come il rispetto per la vita, la dignità
dell'uomo ed la libertà?

Cosa ci dice il dizionario della lingua spagnola?

Frottola: menzogna abilmente mascherata.

Abbindolare: ingannare, confondere, approfittando del candore
dell'ingannato.

Ho promesso brevi riflessioni, rispetto quindi la parola data.


Fidel Castro Ruz
7 giugno 2007
Ore 16:45

Fonte:
http://www.granma.cu/italiano/2007/junio/vier8/riflessioni-fidel.html

Liberazione sputa su Cuba

Altri testi pervenuti a commento degli inqualificabili articoli apparsi sul giornale del PRC


=== 1: LINK ===

Le nostre rassegne precedenti:

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5503

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5504


Reportage ostile e superficiale su Cuba

Bruno Steri e Franco Forconi su Liberazione del 01/06/2007

http://www.esserecomunisti.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=16047


LA COLTA EUROPA E I ROZZI BARBARI 

Bianca Bracci Torsi, su Liberazione il 2 giugno 2007

http://www.esserecomunisti.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=16063


LETTERA APERTA A PIERO SANSONETTI E ANGELA NOCIONI 

Clemente Granieri su esserecomunisti.it

http://www.esserecomunisti.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=16110


VIVA CUBA! 

Pablo Genova su Liberazione del 3 giugno 2007

http://www.esserecomunisti.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=16096


GIOVANI COMUNISTI :: ORDINE DEL GIORNO SU CUBA 

Esecutivo Nazionale del 3 giugno 2007

http://www.esserecomunisti.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=16112


=== 2 ===

La sinistra di classe non può fare a meno di Cuba,
Cuba non può fare a meno della sinistra di classe
 
La protesta contro la vergognosa campagna di diffamazione di Cuba e della sua rivoluzione da parte del quotidiano Liberazione, organo del Partito della Rifondazione Comunista, ha registrato oggi un alto momento unitario con un sit-in di protesta davanti alla sede del giornale/partito in via del Policlinico a Roma. Molte organizzazioni ed associazioni, in maniera semispontanea, hanno presidiato l’ingresso del quotidiano con bandiere cubane e cartelloni anti-Sansonetti/Nocioni per respingere la tesi secondo la quale Cuba sarebbe, come scrive ignobilmente Sansonetti, “in controtendenza rispetto alla primavera latino-americana”, dimostrando così di ignorare completamente il complesso dei fenomeni di lotta anti-imperialista messi in campo in quella parte di continente proprio perché il lungo processo di resistenza di Cuba è stato un esempio-guida fondamentale. 
Con la manifestazione odierna si è tracciata una linea di demarcazione netta tra l’autodefinitosi “pensiero moderno” di Liberazione e quelle che sono le battaglie di una sinistra di classe che, invece, alle “originalità modaiole” di questa cosiddetta sinistra radicale oppone un deciso rifiuto. 
Appare singolare che si continui ad insistere sul concetto di modernità, come fa anche oggi e sempre dalle colonne di Liberazione Rina Gagliardi (oggi parlamentare del Prc e, quindi, a pieno titolo a nome del partito che rappresenta), quando invece il termine giusto dovrebbe essere quello di trasformismo. È noto a tutti infatti che la posizione di questo quotidiano appare mutata ad appena un anno di distanza dall’ingresso al governo del Prc, per cui diviene un’operazione acrobatica definire l’idiosincrasia per Cuba una scelta ideale “di una sinistra moderna”. In quest’ultimo anno non è cambiato nulla a Cuba rispetto al passato, né si sono registrati arretramenti rispetto al percorso di costruzione del socialismo. Si tratta quindi di trasformismo bello e buono, di una esigenza di revisione della propria natura politica e nulla più.
Con le diverse sensibilità individuali e collettive, oggi tante associazioni ed organizzazioni politiche, da Italia-Cuba a Nuestra América, dal Comitato “con la Palestina nel cuore” al movimento di liberazione dello Sri Lanka, dall’Assemblea Nazionale Anticapitalista al Comitato Comunista “Gramsci”, dalla Rete dei Comunisti al Movimento per l’Unità dei Comunisti, dalla Cooperativa Zona Rossa ai compagni di Radio Città Aperta ed a tanti altri compagni di altre associazioni, ed in ordine sparso, tra i quali anche militanti del sindacato RdB e di Rifondazione Comunista, è stato ribadito il no a questa ignobile campagna e la necessità che la lotta a difesa di Cuba e della sua rivoluzione continui ininterrottamente fino al giorno 9 giugno, quando saremo chiamati ad una grande risposta di lotta contro la visita di Bush e contro la politica militarista del governo Prodi.
Il 9 giugno noi saremo in piazza Esedra, perché la nostra è una scelta inequivocabile, netta e di sostegno a quanti, Cuba in testa, dell’antimperialismo ne hanno fatto e ne fanno una questione fondamentale, lasciando piazza del Popolo a quanti, invece, anteponendo le questioni di vincolo partitico alla lotta dei popoli, si ritroveranno in piazza con Sansonetti, Nocioni e Gagliardi. Soprattutto quelle associazioni che, ritenendo esaurita l’esperienza del Comitato 28 giugno, non riconoscono a nessun titolo la presenza dello stesso in piazza del Popolo, come annuncia un comunicato in circolazione in queste ore, come squallido epigono delle politiche imperialistiche che anche certa sinistra dimostra di assumere a riferimento, nascondendosi dietro una falsa modernità che non è solo revisionismo, ma trasformismo bello e buono. Chi sta con Cuba ci sta sempre e non secondo gli umori della segreteria del suo partito, per questo Cuba non può fare a meno della sinistra di classe, come la sinistra di classe, soprattutto in questo momento, non può fare a meno di Cuba.

 

Roma, 5 giugno 2007

 

Radio Città Aperta -Comitato Comunista “Gramsci” -  Assemblea Nazionale Anticapitalista - Nuestra America 
 - Con la Palestina nel Cuore - Proteo


=== 3 ===

Le radici governiste-imperialiste
degli attacchi di Liberazione a Cuba e all’America Latina
 
Fulvio Grimaldi
5/6/07
 
Caro Sansonetti,
 
l’intestazione al direttore di “Liberazione” è puramente retorica e serve solo a inserirmi nell’uragano di lettere deprecatorie che hanno sotterrato ad perpetuum ogni dignità professionale e politica del soggetto. Non ha nessun senso scrivergli. Non solo perché lui, che qualche malizioso chiama Sionetti, poi distribuisce rampogne ed eulogie dei lettori secondo la tecnica dei media di regime, in modo tale da creare un rapporto pro-contro che rifletta quello tra le due ore di Santoro e le mille ore dei tg e talkshow di regime. Anche e soprattutto perché né Sansonetti, né gli altri direttori del house organ della casta regnante del PRC, contano un fico secco. Stanno a Bertinotti come Al Maliki o Karzai stanno a Bush.
E mi sorprende, nella pur salutare esplosione di indignazione che ha circonfuso il foglietto scandalistico e ne ha ulteriormente frazionato il seguito politico e ridicolizzato le vendite, che molti si siano sorpresi. Come se le volgarità, sciatterie, sostanze tossiche, veline miamensi e merci avariate varie vendute dalla scrivana Nocioni  – sulle quali altri hanno già steso gli opportuni coccodrilli da fosse comuni del giornalismo di stagione – fossero, non il semplice “balzo in avanti” di un vetusto e noto venditore di cianfrusaglie con licenza di falso, ma l’inusitata e subitanea involuzione di una giornalista e del direttore che ha la faccia di difenderla (della Gagliardi, antica condirettrice dei miei tempi, e del suo accorruomo in difesa degli indifendibili,  non mette neanche conto scrivere: l’anziana signora è da sempre vocata al sacrificio di una qualche ipotetica identità propria nel corso delle messe cantate  al pontefice di turno).
 
Nel corso delle mie frequentazioni di “Liberazione” e del PRC, da collaboratore tra il 1998  e il 2003 e da lettore per qualche anno ancora, finchè ho retto al prolasso delle strutture etico-deontologiche e all’inversione politica del giornaletto, si sono alternati direttori e vicedirettori, da  Chalabi si è passati a Jaafari, da questi ad  Allawi e poi ad Al Maliki e ognuno si portava dietro i suoi famigli. Ma da quando Fausto Bertinotti, passando da Bertinotti in Vespinotti e poi in Prodinotti e ancora in Bertisconi, per culminare infine, glorificando in Libano la Folgore, in Bushinotti, da quando, dopo la scissione, si è assiso solitario sul trono imperiale sostenuto da un cooptato esercito di cortigiani, nulla in “Liberazione” si muove che il sovrano non voglia. Per quanto possano fingere di avere un ruolo sia Curzi, sia Gagliardi, sia l’ex-vicedirettore Cannavò, sia Sionetti, sia lo stesso Franco Giordano. A guardar bene, da dietro le scapole gli parte un filo sottile che arriva tra le manone di quel tale, segretario di partito o presidente della Camera che sia. E allora prendiamocela con il burattinaio e abbandoniamo al loro tristo – ma ben remunerato – destino ascari, fantocci e comprimari. E anche i reggicoda che fanno finta di fare fronda per tenere al guinzaglio i bassotti riottosi. In questo film le comparse e i figuranti sono ancora, dopo vari salassi, parecchie decine di migliaia. Ci vuole poco più di un po’ di acume e di autonomia, un po’ meno cieco affidarsi al primo imbonitore, per far rifluire nelle loro grotte questi quattro assatanati di poltrone e cavernicoli della coerenza e dell’etica.
 
Le programmate diffamazioni, negazioni, falsificazioni di Angela Nescioni (non è un errore) hanno radici lontane di pura per quanto malamente mimetizzata natura governista, borghese, a tendenza sionista-imperialista, come accennato nel titolo. Siamo nel maggio 2003 e scusate se ricordo  un episodio che mi riguarda personalmente, ma che ha significato trascendente: la mia cacciata da “Liberazione” su due piedi, dopo quattro anni di collaborazione, per aver scritto nella mia rubrica che quelli processati a Cuba erano terroristi mercenari degli Usa, dei quali si era scoperto un programma di attentati e dirottamenti che avrebbero dovuto destabilizzare il paese e avviarne il tanto atteso rientro nei ranghi della catena di supermercati e lupanari oligarchico-statunitensi. Era uno sgambetto alla marcia del partito, che il suo duce si affannava ad avviare, all’ingresso nella sfera delle compatibilità confindustriali, vaticane e atlantiche. Una marcia che in quel momento avanzava al suono delle fanfare anticubane del capitalismo mondiale, cui Bertinotti aggiungeva il suo graditissimo piffero di corista di terza fila, visto che Cuba più che mai si era posta come simbolo e innesco della resistenza dei popoli al terrorismo imperialista, dall’America Latina all’Iraq e a tutto il Medioriente. La foia anticubana di Bertinotti, cui Marco Consolo, latinoamericanista del dipartimento esteri, forniva la cosmetica copertura dei suoi personali flirt con la rivoluzione bolivariana, era necessitata da un’ulteriore obiettivo strategico: eliminare dall’orizzonte dei compagni nutritisi dell’illusione della rifondazione comunista il modello cubano. Intollerabile era la prospettiva che iscritti, militanti ed elettori  ponessero a confronto di un governo pseudodemocratico, espropriato delle sue scelte sovrane, massacrato da predatori sociali, spedito in guerre coloniali di  rapina e sterminio, corrotto e mafizzato fino al midollo, un paese che stava mostrando a centinaia di milioni, tra America Latina e resto del mondo, che sconfiggere il capitalismo e bloccare  l’imperialismo era possibile. Da Fidel a Chavez era impellente cancellare dall’orizzonte del reale e del vero una fenomenologia che rischiava di sotterrare definitivamente la mitologia di un partito che si dice rappresentante di lavoratori, di sfruttati e oppressi, della pace e che, nei fatti, agisce da calmiere collaborazionista dei poteri forti. Tutto qui.
 
Ma andiamo un po’ più indietro. L’uomo che, proveniente da esperienze politico-sindacali di fiancheggiamento con riserva degli ukase padronali, si era impadronito dello zoccolo duro antagonista sopravvissuto alla degenerazione piccista-diessina, per farne il cavallo che lo avrebbe innalzato, di Vespa in Vespa, al più alto soglio possibile della carriera, aveva lanciato il suo affondo nel congresso nazionale di Rimini, sette anni fa. Due erano stati gli strumenti principali per avviare una mutazione genetica, astutamente graduale, che lo sprovveduto Occhetto aveva voluto operare nel giro di 24 ore. “L’imperialismo non esiste” e “la non-violenza è la nostra stella polare”. Con la negazione dell’imperialismo era riuscito a confondere la vista a chi, guardando meglio, dalla prima guerra all’Iraq, alla Somalia e poi alla Jugoslavia, avrebbe riconosciuto e più adeguatamente combattuto, al pari dei popoli aggrediti e squartati, la perfetta materializzazione di ciò che Lenin aveva definito lo stadio supremo del capitalismo. E l’élite militarista israelo-anglo-statunitense, con i suoi ascari coltivati tra Roma, Varsavia e Tokio, ancora gliene rende grazie. Occultato così il mostro che minaccia la fine delle specie viventi, gli ha spianato l’avanzata con il concetto  escatologico della non-violenza, perfetto meccanismo del disarmo unilaterale dei subalterni sodomizzati.  Non-violenza sublimata nel silenzio sulla Nato, le basi stragiste, l’industria bellica, e, a livello di delirio, nello strombazzamento delle virtù della Folgore e corpi speciali vari.
Insomma, non solo i comunisti non avrebbero più mangiato bambini, ma la racaille della Terra avrebbe preso serenamente schiaffi e fosforo bianco offrendo l’altra guancia. L’alto esempio avrebbe naturalmente modificato nel profondo i fosforizzatori e li avrebbe convinti a redimersi distribuendo aspirine e caramelle.
 
Tutto questo era, da tempi biblici rispetto alle stronzate della Nescioni, formulato nelle pagine di “Liberazione”. Fin da quando, nel 1999, mentre D’Alema bombardava la Jugoslavia e l’imperialismo non esisteva più, il vicedirettore Cannavò, ora redento leader della “Sinistra critica”, cestinava i miei pezzi da Belgrado che delenda erat perché dimostravano che Milosevic era tutt’altro che un dittatore, ma che erano le tirannie oligarchiche imperialiste che frantumavano la Jugoslavia socialista e facevano pulizia etnica e fosse comuni. E poi titolava a tutta trionfante prima pagina, sulla morte della Jugoslavia, “La primavera di Belgrado”. Primavera che poi veniva esaltata anche a Kiev e Beirut, per l’immensa soddisfazione della National Endowment for Democracy, un’articolazione Cia, che tali primavere foraggiava con esperti del Pentagono, patrioti amati da Cannavò come Otpor, e sacchi di dollari.
Fin da quando, da Gaza e Ramallah, citavo l’inqualificabile Maruan Barghuti che si permetteva di non stigmatizzare la lotta armata di liberazione di quattro pezzenti contro lo stato più guerrafondaio e poliziesco del mondo. Fin da quando dall’Iraq riferivo che, forse, qualche balla satanizzante su Saddam, ad uso degli invasori predatori, i media dell’editore di riferimento Usa la diffondevano e che forse gli iracheni, con una sanità migliore della nostra e gratuita e un’istruzione invidiata da tutto il Terzo Mondo e gratuita, con la casa e il lavoro per tutti, qualche diritto umano dopottutto ce l’avevano. E, rientrato a Roma, trovavo pezzi mutilati di quanto contrastava con la vulgata embedded e Curzi e “l’oppositore di corte,
Claudio Grassi, che mi supplicavano di stare al gioco, di moderarmi, di guardare altrove, magari verso gli inceneritori, ma neanche tanto.
 
Cari amici, l’episodio Nescioni su Cuba e Venezuela non è che una casella importante del gioco dell’occhetto prolungato nel tempo dal nostro Prodinotti, sempre più Bushinotti. E’ un ulteriore carico di deiezioni espresse dal processo fisiologico di chi ritiene di crescere su ciò che liquida. Arriverà di peggio, prima della sua inesorabile fine. Intanto abbiamo la fortuna che dietro a questo maleodorante cumulo si è acceso un possente ventilatore. Si chiama Cuba.
 

=== 4 ===

From: Daniele Barbieri 
Date: June 4, 2007 11:09:11 AM GMT+02:00
To: forum  @...-forum.org
Subject: due msg a SANSONETTI su Cuba e "Liberazione"


Lettera aperta a nome di tutte le compagne e compagni dell'Associazione
di solidarietà con Cuba "La Villetta"

caro direttore

Non è mia abitudine intervenire su un lavoro così delicato come so
essere quello del giornalista, ne conosco tanti che faticosamente e
onestamente lo hanno scelto come impegno della loro vita professionale
ed umana, magari da precari in redazioni prestigiose e, mi creda, non lo
faccio a cuor leggero, ma devo porre a Lei e a tutta la redazione di un
giornale a me caro una doverosa critica, naturalmente politica.

Sono stato sollecitato dagli eventi ad usare lo strumento della lettera
aperta per chiederLe spiegazioni, nella forma più pacata ed onesta,
sull' articolo che secondo me falsifica la dura realtà di Cuba e che
indica una vera e propria caduta di stile da parte di una giornalista
che si definisce comunista di un giornale comunista.

Come avrà certamente intuito, mi riferisco alla compagna Angela Nocioni
e al pezzo da lei scritto sulla situazione cubana.

Ho letto in queste ore, come sarà certamente capitato anche a Lei, le
centinaia di lettere, comunicati ecc. che girano in rete e devo dire che
ne condivido lo spirito, anche se talvolta non la forma, perché leggo vi
leggo la voglia di ribellarsi ad una fondamentale questione di etica
morale (quella comunista) e allo stesso tempo la rabbia per la
solidarietà tradita.

A mio parere il pezzo tralascia le ragioni di fondo che portano a
situazioni di disagio sociale tra la popolazione cubana e allora proverò
ad elencarne alcune in modo che, se Lei cortesemente vorrà ospitare
questa mia, i lettori di Liberazione potranno comprendere meglio.

Pur ammettendo gli errori del passato che gli stessi compagni cubani non
nascondono, vi è una prima riflessione da fare. La mitica URSS è implosa
nel 1989 e, primo grossolano errore, tutti i suoi nemici e falsi amici
si aspettavano che anche Cuba cadesse sotto le macerie del cosiddetto
socialismo reale. Schiacciata fra i due blocchi, Cuba aveva fatto una
scelta di campo, quella di diventare un paese socialista in quel
continente martoriato da terribili dittature. Al tempo stesso proprio in
quella scelta maturava la voglia di sperimentare, applicando fino in
fondo la teoria dell' "hombre nuevo" Tutto questo enorme e sicuramente
contraddittorio sforzo le ha permesso di resistere e di andare avanti.

Il bloqueo -e non l'embargo come viene erroneamente definito- dura da
oltre 48 anni ed è ancora imposto visto che all'ultimo voto all'ONU solo
gli USA e Israele lo vogliono mantenere mentre la totalità degli altri
stati membri lo ha condannato. Ma evidentemente questo ancora non basta.

Ed è proprio dal vergognoso blocco economico che bisogna partire per
comprendere che se non arriva cemento le coabitazioni sono
drammaticamente necessarie poiché senza cemento, mattoni, cavi elettrici
Šnon si possono ristrutturare ne' tanto meno costruire nuove case.

Che questa situazione produca scontento è normale, lo è meno se la si
presenta come la scelta di un governo incurante dei bisogni dei suoi
cittadini per costringerli in situazioni da terzo mondo.

Se poi si racconta che con pochi dollari si può mangiare una pizza in un
locale "privato" ci si dimentica di dire che i Paladar (appartamenti
trasformati in trattorie a conduzione familiare che pagano le giuste
tasse avendo requisiti idonei) ci sono da anni e che si mangia
mediamente bene:questo dimostra che esistono forme di libera iniziativa
privata. Ma perché non si spiega meglio che quel locale cui la Nocioni
si riferisce è dedicato alla memoria di un nostro giovane connazionale,
Fabio Di Celmo, assassinato da una bomba nel corso di un attentato
pianificato dalla CIA e organizzato dal "signor" Posada Carriles? Questo
losco figuro è stato però liberato l'11 maggio da un carcere Usa su una
cauzione di 250.000 dollari e ora vive a Miami protetto dai suoi "datori
di lavoro" come premio per aver organizzato i peggiori attentati contro
i popoli non solo cubano ma anche nicaraguenseŠ.. perché non si dice che
a Giustino, padre di Fabio, quella attività non serve per guadagnare
soldi- non sono quelli che gli interessano- ma che quel locale serve a
ricordare a tutti che gli è stato ammazzato un figlio?

Viceversa dalla Nocioni che di Cuba vuole esasperare le contraddizioni e
le negatività voglio elencare alcune delle ragioni per cui noi siamo con
Cuba:

Perché questa notte 100 milioni di bambini dormiranno per strada e
nessuno di loro è cubano.

Perché ogni giorno 250 milioni di bambini sono costretti a lavorare e
nessuno di loro è cubano.

Perché ogni 7 secondi muore di fame un bambino e non è cubano.

Perché nonostante un'infame blocco economico Cuba ha una mortalità
infantile inferiore a quella degli USA e una aspettativa di vita molto
superiore agli USA.

Perché l'esercito rivoluzionario cubano non ha mai invaso, bombardato,
assassinato, torturato o avvelenato la popolazione di altri paesi.

Perché l'esercito rivoluzionario cubano non ha mai sparato contro il
proprio popolo.

Perché non ne possiamo più di una certa sinistra sempre pronta ad
attaccare Cuba ma colpevolmente imbelle se non complice di fronte alle
guerre "umanitarie".

Perché Cuba non rappresenta l'ultimo baluardo di un mondo che è stato ma
il primo avamposto di un mondo in costruzione sicuramente con tantissimi
limiti ed errori.

Infine caro direttore senza il coraggio dei cinque giovani cubani,
vergognosamente definiti spioni rinchiusi nelle terribili carceri
speciali USA e al sacrificio quotidiano dei loro familiari e delle loro
dolcissime e tenacissime mogli ridotte a "letterine"nell'articolo, altri
attentati sarebbero stati compiuti a Cuba e altri cittadini inermi
sarebbero stati uccisi. Noi abbiamo avuto la fortuna di conoscere quelle
donne e ci vergogniamo per loro che siano state trattate con tanto
volgare disprezzo. Alla compagna/donna Angela Nocioni vorrei poter dire
sommessamente che la dignità è cosa rara e non si compra! E allora anche
se non si condividono tutte le scelte di quel governo e di quel popolo a
quel governo e a quel popolo e a quella rivoluzione si deve rispetto,
non lo si deve insultare, tradire e consegnare nelle mani delle
politiche guerrafondaie.

Oggi il continente latinoamericano non potrebbe respirare quella ventata
di speranza democratica senza l'eroica resistenza del popolo cubano e
sarebbe difficile anche per noi continuare a sperare in "un altro mondo
possibile".

Mi permetta un'ultima battuta: non sono per il boicottaggio del giornale
ma rifletto sui dati.

Nella mia città, Bologna, si vendono mediamente 345 copie di Liberazione
e un centinaio a Imola contro i circa 2000 iscritti al partito. Tenendo
conto dei 43000 voti ottenuti alla ultime elezioni non crede, caro
direttore, che se certi argomenti fossero trattati in maniera diversa ci
sarebbe anche un ritorno positivo per il giornale?

Saluti internazionalisti.

Mauro Collina (Presidente "La Villetta "di Bologna, membro del direttivo
nazionale dell'Associazione di solidarietà con Cuba "La Villetta)


=== 5 ===

Al direttore Piero Sansonetti,

6/6/07

Direttore,

sono la segretaria del Circolo della Tuscia dell'Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba. Unisco la mia alle tantissime voci che, accolte o censurate dal suo quotidiano, le hanno significato il disagio e la rabbia di una rilevantissima parte dei suoi lettori, molti dei quali presumibilmente lei perderà dopo le cronache faziose, unilaterali e scorrette dell'inviata Nocioni e  le successive esternazioni tristemente giustificatorie sue e di Rina Gagliardi.

Non torno sui demeriti, le insettezze e le volgarità che sono state scritte contro Cuba e, prima, contro il governo bolivariano del Venezuela. Molti hanno fatto in proposito gli opportuni rilievi. Le avanzo solo una spiegazione del tonfo informativo ed etico sul paese più socialista che c'è da parte di un giornale che si ostina a definirsi comunista. In America Latina, come abbiamo potuto ripetutamente constatare di persona, il governo cubano è visto da centinaia di milioni di persone come la possibilità realizzata di resistere al mostro imperialista, di affermare la pace contro coloro che esportano guerre globali e permanenti, di sconfiggere assedi genocidi, di affermare i fondamentali diritti umani - che, le piaccia o no, sono individuali nella misura in cui sono anzittutto collettivi - quali quelli alla conoscenza-istruzione-critica, della salute, della casa, del lavoro, dell'infanzia e vecchiaia protette, di operare in solidarietà con altri popoli per diffondere questi diritti e per attrezzarsi alla sconfitta di colonialismo e imperialismo. E tutto questo a partire da un sottosviluppo, da un'esclusione, da uno sfruttamento oligarchico-colonialista secolare spaventoso, spesso da embarghi criminali. Solo un esasperato eurocentrismo li può mistificare.Oggi l'editore di riferimento del suo giornale siede in parlamento e non riesce ad ostacolare a un governo che esporta, al seguito della più brutale potenza militare mai comparsa sulla faccia della Terra, bombe, massacri di civili, occupazioni di paesi, rapine di risorse, un governo che prosegue il massacro sociale contro le categorie deboli maggioritarie iniziato dalla destra, che lascia i giovani in preda all'insicurezza assoluta, che mistifica da sicurezza una crescente repressione sociale, che punisce gli anziani, che trascura il progresso civile, culturale e  tecnologico del paese, che allarga in misura drammatica il divario tra una elite di straricchi e una massa di impoveriti, che spoglia la scuola della sua forza, autonomia, dignità, universalità, che devasta l'ambiente in misura forse irreversibile dando invece spazio proprio agli interessi devastatori che appaiano legali o siano di chiara marca criminale. Allora credo che la spiegazione delle posizioni assunte dal suo giornale sui due paesi più equi e progressisti di oggi non possa che essere questa: dobbiamo diffamare Cuba e il Venezuela, esagerarne le carenze e inventarne delle altre, occultare le conquiste ad ogni livello, perchè altrimenti i nostri iscritti, militanti, elettori, simpatizzanti avrebbero a disposizione termini di confronto letali per noi e per il nostro ruolo politico e istituzionale attuale. E così, direttore... Sarei felice di una sua smentita documentata. A leggere i recenti risultati elettorali parrebbe proprio che questo è il rischio che le menzogne e deformazioni di Liberazione vogliono evitare. Nel nostro circolo sono numerosi, attivi e fortemente motivati, oltre ad essere  brave avanguardie sul territorio, i compagni di Rifondazione. Le imputo il disagio, il disorientamento e la tristezza che sono stati loro inflitti.

Sandra Paganini, segretaria del Circolo della Tuscia, ANAIC.

=== 6 ===

---- Original Message ----- 
From: Giovanni Caggiati 
To: Liberazione 
Sent: Monday, June 04, 2007 11:43 AM
Subject: lettera al direttore (3-6-'07)

Caro direttore,
chiediti cosa sarebbero Cuba, l'America Latina, il mondo intero, senza la Cuba attuale pur con tutti i problemi che ha: saremmo più avanti o saremmo più indietro nella lotta per la liberazione dall'imperialismo e dal capitalismo? Tu dirai che auspichi, per l'isola, non il ritorno al sistema antecedente quello di Castro ma più libertà. Bene. Ma allora l'approccio dev'essere diverso da quello della Nocioni e di Liberazione, deve tener conto delle concrete e specifiche condizioni storiche e politiche, l'atteggiamento dev'essere costruttivo e la critica, pure necessaria, non distruttiva e sprezzante. Se poi quella della Nocioni volesse essere una "critica di sinistra" (sui limiti di socialismo a Cuba, nel Venezuela di Chavez, nella Bolivia di Morales, ecc.), allora è almeno singolare che questo punto di vista sia il punto di vista dell'organo di un partito che fa parte di un Governo il quale di sinistra non ha nulla. 

Giovanni Caggiati - Parma, 3 giugno '07

----- Original Message ----- 
From: Giovanni Caggiati 
To: Liberazione 
Sent: Friday, June 08, 2007 3:53 PM
Subject: lettera al direttore (8-6-'07)

Caro direttore,
in riferimento alla polemica su Cuba fa bene il lettore Grieco a richiamare su Liberazione di oggi la democrazia e il socialismo di togliattiana, berlingueriana, e ingraiana memoria. Così come meglio farebbe Rina Gagliardi a prendere in considerazione il fatto che fra l'ottobre del '17 e la fine ingloriosa del '91 c'è stata anche una via democratica al socialismo che, per quanto non priva di insufficienze, limiti e contraddizioni, in Italia è stata comunque diversa concezione strategica e teorica e anche il motivo principale delle maggiori conquiste realizzate sul piano sociale e della democrazia, che fecero del nostro Paese la realtà più avanzata di tutto l'Occidente capitalistico. Fino ad introdurre in Italia "elementi di socialismo" come disse Berlinguer. Senonchè questo richiamo a democrazia e socialismo c'entra poco o nulla con gli articoli di Angela Nocioni: quegli articoli erano una critica solo distruttiva e sprezzante.

Giovanni Caggiati - Parma, 8 giugno '07


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Guastarazze di Asicuba Umbria al direttore di Liberazione

 

Gentile direttore di Liberazione, da comunista e da amico di Cuba da oltre 15 anni sono sconcertato e amareggiato dalla quantità di falsità contenute nell'articolo "Cuba si salvi chi può..." a firma di Angela Nocioni.

 

Un articolo che farebbe onore alle colonne di "Libero" e de "Il Giornale" scritto con una dose di disinformazione che raggiunge in alcuni punti il parossismo.

 

Mi sorprende e mi addolora come un giornale come Liberazione sia disposto a stipendiare una giornalista che scrive delle vere e proprie menzogne, travisando completamente la realtà senza nemmeno curarsi di dare alle sue parole un benché minimo

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