Informazione

(torniamo ad inviare questo messaggio, a molti giunto incompleto a
causa di un problema tecnico. Ci scusiamo per l'inconveniente. cnj)


Serbia apre fossa comune guerra Kosovo, forse 500 cadaveri

lunedì, 4 giugno 2007 4.34 BELGRADO (Reuters) - La Serbia aprirà
domani una fossa comune che si ritiene contenga i resti di 500
vittime albanesi della guerra in Kosovo. L'esumazione avrà luogo in
una cava abbandonata, nella striscia di "terra di nessuno" al confine
fra i checkpoint di Serbia e Kosovo, larga 2 chilometri. Le autorità
ritengono che i corpi furono originariamente sepolti in un altro
luogo, per essere poi esumati, raccolti e scaricati nella cava il 3
giugno 1999. Lo ha riferito un alto ufficiale serbo a Reuters.

La sepoltura nella cava avvenne una settimana prima che la Nato
arrestasse la sua campagna di bombardamenti sulla Serbia, durata 78
giorni, dopo la quale Slobodan Milosevic ritirò le sue forze dal
territorio del Kosovo, divenuto poi protettorato delle Nazioni Unite.
"Riteniamo che si trovino in quella fossa dai 300 ai 500 corpi" ha
riferito l'ufficiale, che ha voluto restare anonimo. "Riteniamo che,
come in altri casi, i corpi furono spostati dalle forze serbe per
celare le prove delle atrocità".

La fossa che le autorità si apprestano ad aprire dovrebbe essere la
più grande tra quelle individuate in Serbia dal 2001, quando i
cadaveri di più di 800 albanesi kosovari furono trovati in fosse su
un terreno utilizzato per l'addestramento delle forze di polizia
fuori da Belgrado e nella Serbia orientale.



KOSOVO: SERBIA FA LUCE SU SOSPETTA FOSSA COMUNE, VIA A SCAVI
(ANSA) - BELGRADO, 4 GIU - Gli inquirenti della procura nazionale
serba istituita dopo la caduta del regime di Slobodan Milosevic (nel
2000) per far luce sui crimini di guerra degli anni '90 ha annunciato
per domani l'avvio di scavi sul sito di una presunta fossa comune
nella quale si sospetta siano sepolte alcune centinaia di albanesi
del Kosovo uccisi nel 1999. L'iniziativa, confermata anche da un
comunicato del governo di Belgrado, nasce da una serie d'inchieste
condotte di recente da media serbi, sulla base di racconti attribuiti
a testimoni. Stando a tali racconti, il sito - individuato in una
sorta di terra di nessuno al confine amministrativo tra il Kosovo e
il resto della Serbia - conterrebbe i resti di almeno 350 (ma c'e'
chi dice 500) albanesi uccisi in diversi luoghi e poi nascosti in
un'unica fossa. Una ricostruzione che la procura nazionale sui
crimini di guerra ha deciso di verificare sul posto, per capire fino
a che punto vi corrispondano elementi concreti. Le uccisioni in
questione risalirebbero ai primi mesi del 1999, quando le forze di
Milosevic accentuarono la repressione indiscriminata contro la
ribellione secessionista della guerriglia albanese-kosovara
all'indomani dei bombardamenti aerei intrapresi dalla Nato contro la
Serbia. La maggiore fossa comune di vittime kosovare svelata finora
fu scoperta in Serbia nel 2001: celava 800 cadaveri. Secondo le stime
di organizzazioni internazionali, la lista dei dispersi a 8 anni
dalle vicende del Kosovo include tuttora 2000 persone: poco piu'
della meta' albanesi, il resto serbi. Piu' incerto e' invece il
bilancio dei morti. Fonti occidentali riferirono a suo tempo di
10.000 albanesi uccisi nelle repressioni, per giustificare la
necessita' della cosiddetta ''guerra umanitaria''. Associazioni per i
diritti umani kosovare parlano invece di 7000 vittime individuate
(6500 albanesi da un lato, 500 non albanesi dall'altro), mentre Onu e
Croce Rossa esitano a fornire stime definitive e fonti serbe indicano
i morti sinora accertati (di entrambe le parti) in circa 3000: tra
cui non piu' di 2000 albanesi. (ANSA). LR
04/06/2007 17:28


KOSOVO: GIUDICE, NESSUNA PROVA SU SOSPETTA FOSSA COMUNE

(ANSA) - BELGRADO, 8 GIU - ''Dopo quattro giorni di scavi, non sono
state trovate tracce di una fossa comune nella quale si sospettava
che fossero state sepolte alcune centinaia di albanesi del Kosovo
uccisi nel 1999'', ha detto a Rudnica il giudice istruttore del
tribunale di Belgrado per i crimini di guerra Milan Dilparic. Lo ha
reso noto l'Agenzia "Tanjug". Le indagini sono state fatte dopo una
serie d'inchieste condotte da mezzi di informazione serbi, sulla base
di racconti attribuiti a testimoni. Stando a tali racconti, il sito
di Rudnica - individuato in una sorta di terra di nessuno al confine
amministrativo tra il Kosovo e il resto della Serbia - conterrebbe i
resti di almeno 350 (ma c'e' chi dice 500) albanesi uccisi in diversi
luoghi e poi nascosti in un'unica fossa. Le uccisioni in questione
risalirebbero ai primi mesi del 1999, quando le forze di Slobodan
Milosevic accentuarono la repressione indiscriminata contro la
ribellione secessionista della guerriglia albanese-kosovara
all'indomani dei bombardamenti aerei intrapresi dalla Nato contro la
Serbia. ''Alla ricostruzione che la procura nazionale sui crimini di
guerra ha fatto sul posto hanno preso parte rappresentanti del
amministrazione Onu nel Kosovo, geologi, antropologi e altri esperti
e finalmente hanno chiarito la situazione che turbava l'opinione
pubblica'', ha detto il presidente della commissione del governo
serbo per le persone scomparse Veljko Odalovic. (ANSA) COR
08/06/2007 15:06


Un gruppo di ministri ed ex ministri degli Esteri dei paesi della NATO, macchiatisi di crimini contro l'umanità nel 1999 quando scatenarono tra l'altro la guerra chimica bombardando petrolchimici situati ad una ventina di chilometri da Belgrado, ha fatto pubblicare pochi giorni fa una Lettera aperta sull'International Herald Tribune. In questa Lettera sostanzialmente spiegano: noi vogliamo che il Kosovo sia strappato alla Serbia ora, perchè sono 8 anni oramai che attendiamo questo. Abbiamo colpito a morte centinaia di persone nel 1999 a questo scopo, e molte migliaia di persone sono morte prima e dopo a causa di queste nostre politiche di appoggio al regime di apartheid "etnico" dell'irredentismo pan-albanese e di sostegno al terrorismo stragista dell'UCK - il terrorismo dei trafficanti di droga, armi e prostituzione, quello dei tagliatori di teste. Abbiamo liquidato Milosevic e tutta la sinistra serba per ottenere questo risultato, che è quello che Hitler e Mussolini non riuscirono a conseguire fino in fondo, e cioè: il Kosovo "indipendente" (ma sempre rigorosamente sotto nostra tutela, e defraudato di tutto lo straordinario patrimonio minerario) adesso; ed il Kosovo inglobato nella "Grande Albania" tra un paio d'anni, come base di lancio dei nostri bombardieri diretti contro la Russia. Non possiamo più aspettare: è ora di portare a compimento la dissezione della Jugoslavia, che abbiamo voluto incominciare nel 1991... Nel frattempo, la Russia denuncia le politiche eversive praticate dall'Occidente nei Balcani. Sull'argomento riproduciamo in fondo un commento di E. Guskova.
(a cura di Italo Slavo)  


From:   r_rozoff
Subject: Albright, Fischer, Et Al.: Kosovo Must Be Independent
Date: June 15, 2007 5:43:58 PM GMT+02:00
To:   stopnato @yahoogroups.com


http://www.iht.com/articles/2007/06/15/opinion/edkosov.php

International Herald Tribune
June 15, 2007

Kosovo must be independent
By Former foreign ministers

[Note that the ten signatories are exclusively from
NATO nations or close partners Sweden and Australia.
Absent, conspicuously, are former foreign ministers
from Russia, China, India, Indonesia, indeed from all
of Asia, Africa, Latin America, the Middle East,
Oceania excluding Australia and Eastern Europe except
for Poland. In short, from those nations whose
populations constitute some 90% of the human race.
"When the Security Council adopted Resolution 1244 in
response to Milosevic's actions in Kosovo, it laid the
groundwork for a political process that would
ultimately determine Kosovo's future."
UN Resolution 1244 explicitly identifies Kosovo as an
integral part of Serbia. The foreign ministers who
helped craft this resolutions know this, however much
they may try to distort and invert its content now.
"The Ahtisaari plan has several advantages. It gives
rights to Kosovo's 100,000 Serbs to manage their own
affairs within a democratic Kosovo, which will be
protected and monitored by the international
community."
Similar guarantees are contained in UN Resolution
1244, adopted eight years ago, yet under NATO and
UNMIK supervision hundreds of thousands of Serbs,
Roma, Turks, Goranci, Jews, Askali, Egyptians and
Albanians themselves have beem murdered and driven out
of Kosovo right under the noses, indeed with the
active connivance, of the alleged international
community once again disingenuously invoked by the
signatories below.
"Russia and the other UN Security Council members
should follow through on the promise that the Council
made in 1999 and agree to complete the process of
self-governance in Kosovo....Russia would prefer this
limbo to a situation where Serbia and Kosovo join the
European Union and NATO."
Resolution 1244 states: "Reaffirming the commitment of
all Member States to the sovereignty and territorial
integrity of the Federal Republic of Yugoslavia and
the other States of the region, as set out in the
Helsinki Final Act and annex 2."
Russia, then, is abiding by its obligations under the
UN Charter and international law.
The West and NATO are not.
The contemptuous references to Russia and the spurious
motives attributed to it by the signatories
demonstrate, yet again, the utter and universal
arrogance toward and complete disregard for the
positions and interests of the true international
community exhibited by the currently dominant but
rapidly declining West and its NATO military
enforcer.]


Kosovo is back in the headlines. President George W.
Bush says that it should become independent soon.
President Vladimir Putin of Russia opposes
independence and prefers time for more talks.

President Nicolas Sarkozy of France has suggested that
we move forward, with a six-month delay.

This has a familiar ring to it. Eight years ago, many
of us - then foreign ministers - put in place an
international process to decide who should govern
Kosovo.

We believe that the only viable option is for Kosovo
to become independent under strict supervision. That
is the proposal that is currently before the UN
Security Council and is part of the process that the
Council, including Russia, agreed upon and has
implemented since 1999.

Kosovo is the last substantial territorial issue
remaining from the violent collapse of Yugoslavia. In
2005, as called for by decisions of the Security
Council, the UN secretary general appointed a special
envoy - former President Martti Ahtisaari of Finland -
to achieve a political settlement.

After 14 months of negotiations with the leaderships
of Serbia and Kosovo, Ahtisaari announced that the
irreconcilable positions of the two parties had made
consensus unattainable and that no amount of
additional talks would overcome the impasse.

In lieu of a negotiated agreement by all sides,
Ahtisaari proposed that Kosovo receive independence
supervised by the international community (primarily
the European Union and NATO) and provide strong
guarantees for the Serbs who live in Kosovo.

Now is the time to act. Tensions are likely to rise,
and they certainly will not cool. Moreover, without a
resolution on Kosovo's final status, the future of
Serbia and Kosovo will remain uncertain.

Some may say that Russia would prefer this limbo to a
situation where Serbia and Kosovo join the European
Union and NATO.

Serbs and Kosovars should prefer otherwise.

They deserve to be in the European Union. And Kosovo
cannot develop as things stand. It has been unable to
gain access to international financial institutions,
fully integrate into the regional economy, or attract
the political capital it needs to address its
widespread unemployment and poverty.

Russia has complained of not being included in talks.

It should participate, but constructively and not just
to block it. What may be needed is a formulation that
allows Russia to acquiesce without having to break
openly with Serbia. Russia can reassure Serbs and
emphasize that Kosovo is a unique situation, without
precedent for other regions.

The Ahtisaari plan has several advantages. It gives
rights to Kosovo's 100,000 Serbs to manage their own
affairs within a democratic Kosovo, which will be
protected and monitored by the international
community.

It also requires protection for Orthodox and Serbian
cultural and religious sites. Finally, it provides for
an international presence that will oversee Kosovo's
institutions and monitor the settlement's
implementation. It also places Kosovo on the road
toward EU integration.

The European Union has agreed to supervise Kosovo
during the transition period and deploy a police
mission alongside the current NATO peacekeeping force.
An indefinite delay caused by continued confusion over
Kosovo's status could jeopardize a smooth transition
to European oversight.

Kosovo is a unique situation that has required a
creative solution. It should not create a precedent
for other unresolved conflicts. When the Security
Council adopted Resolution 1244 in response to
Milosevic's actions in Kosovo, it laid the groundwork
for a political process that would ultimately
determine Kosovo's future.

We know that all decisions on Kosovo are difficult.
Some of us kicked the issue down the road eight years
ago. Today, the international community faces the
hardest issue of all. But the decision is necessary,
and it is the result of eight years of international
collaboration.

Serbia must recognize, however, that greater stability
in the Balkans promoted by the Ahtisaari plan will
allow it to use its location, resources and talent to
become a major regional player and a constructive
force in European politics. The Serb people deserve a
legitimate place in Europe and Serbia could also begin
to move towards possible EU membership.

Our goal remains a Europe whole and free, with all the
people of the western Balkans participating fully as
EU members. The benefits of a concerted EU effort in
Kosovo, backed by the UN and NATO, are enormous. As
such, Russia and the other UN Security Council members
should follow through on the promise that the Council
made in 1999 and agree to complete the process of
self-governance in Kosovo. This is the best option at
this stage of a very difficult history of the whole
region. Viable alternatives do not exist.

Madeleine Albright, United States

Lloyd Axworthy, Canada

Jan Eliasson, Sweden

Gareth Evans, Australia

Joschka Fischer, Germany

Bronislaw Geremek, Poland

Niels Helveg Petersen, Denmark

Lydie Polfer, Luxembourg

Jozias van Artsen, Netherlands


(italiano / english)


http://www.ansa.it/balcani/kosovo/20070611144234330230.html

KOSOVO: KOSTUNICA, USA NON POSSONO REGALARE TERRITORI SERBI
BELGRADO - ''La Serbia e' amareggiata con la politica americana per
la soluzione del problema del Kosovo. Gli Usa non hanno diritto di
regalare i territori serbi agli albanesi''. E' questa la risposta del
premier serbo, Vojislav Kostunica, alle posizioni del presidente Usa
George W. Bush che ieri a Tirana e oggi a Sofia ha detto che il
Kosovo deve diventare indipendente e che ''il momento per far
avanzare il piano Ahtsaari e' adesso''.

''L'America ha diritto di appoggiare alcuni popoli e Paesi, ma non
regalandogli qualcosa che non e' in loro possesso. L'America deve
trovare un altro modo di mostrare le sue preferenze e il suo amore
verso gli Albanesi invece di regalare loro territori Serbi'', ha
insistito Kostunica.

Secondo il premier serbo, con i bombardamenti della Serbia gli Usa
hanno fatto uno sbaglio come successo altre volte in questo secolo.

''Un nuovo sbaglio e' appoggiare l'indipendenza del Kosovo,
rappresenterebbe una ingiustizia che il popolo serbo non
dimenticherebbe mai. Se l'America ignorera' il diritto internazionale
deve sapere che la Serbia rigettera' e considera' nulla ogni forma di
indipendenza della sua regione'' ha concluso Kostunica.

Osservatori politici a Belgrado notano che i toni duri usati dal
Primo ministro serbo trovano fondamento molto probabilmente nei
risultati di un incontro con il presidente russo Vladimir Putin due
giorni fa a San Pietroburgo, nel quale la Russia ha ripetuto la sua
posizione contraria a una soluzione che non soddisfi le due parti in
causa.

11/06/2007 14:42



http://www.signonsandiego.com/news/world/20070611-0952-serbia-kosovo-
bush.html

Reuters
June 11, 2007

Serbs 'disgusted' by Bush Kosovo pledge – premier


By Douglas Hamilton

BELGRADE – Serbs will never forgive the United States
if it helps ensure Kosovo's Albanians win independence
for the Serbian province, Prime Minister Vojislav
Kostunica said on Monday.

In a bitter response to President George W. Bush's
promise to Albanians that Kosovo would soon be
independent, Kostunica said Serbia was 'justifiably
disgusted' by U.S. policy, the official Serbian news
agency Tanjug reported.

The row over Kosovo's future deepened as the province
marked the eve of the 8th anniversary of the June 12
deployment of 60,000 NATO troops who entered the
territory from Macedonia as Serb forces withdrew to
the north.

It has turned into a high-stakes diplomatic standoff
between Russia, which backs Serbia in opposition to
independence, and the West, which believes it is the
only viable solution to future stability in the
southern Balkans.

'The U.S. has a right to support certain states and
peoples in accordance with its interests, but not by
making them a present of something which doesn't
belong to it,' the Serb premier said.

'The U.S. bombing of Serbia was a big enough mistake
for the last century and this one as well,' added
Kostunica, who has suggested that Serbia would curtail
diplomatic ties with any state that recognises
independence.

'Supporting one-sided independence for Kosovo would be
a fresh mistake, a further act of unjustified
violence, which would not be forgotten by the Serbian
people,' he said.

EIGHT-YEAR WAIT

The United States led NATO military intervention in
the Kosovo crisis in 1999, bombing Serbia for 11
weeks....

Kosovo has been under U.N. administration and NATO
protection since June 1999, awaiting a decision on its
future.

French President Nicolas Sarkozy failed last week to
broker a compromise deal with Russia over Kosovo,
suggesting a six-month delay to any U.N. resolution in
exchange for Russian acceptance of independence.

France's foreign ministry said on Monday senior
officials from France, the United States, Britain,
Germany and Italy would meet in Paris on Tuesday to
discuss next steps on Kosovo.

Visiting Albania on Sunday, Bush said the United
States and European Union were convinced that
independence for Kosovo was the only viable solution,
as demanded by the province's 90 percent ethnic
Albanian majority.

Bush said Washington would make further diplomatic
efforts to convince Russia, which could veto a U.N.
resolution.

But Bush also said that 'at some point in time, sooner
rather than later, you have to say enough is enough,
Kosovo is independent'. The West could bring the issue
to a Security Council vote this month.

U.N. Secretary-General Ban Ki-moon on Monday urged the
Council to endorse a plan drafted by U.N. envoy Martti
Ahtisaari for an independent Kosovo supervised by the
European Union.

'I hope at this time we should not waste too much time
in making a decision,' said Ban. 'But I hope and I
expect that the consultations among the parties
concerned will continue.'


(Source: R. Rozoff through http://groups.yahoo.com/group/
yugoslaviainfo )


9 giugno 2007. Una soggettività plurale in movimento,
un passaggio strategico nella lotta contro politiche di guerra bypartisan.

 

COMUNICATO DELLA RETE NAZIONALE DISARMIAMOLI!


Nonostante i tentativi di criminalizzare, sminuire, boicottare, “circuire” la manifestazione nazionale contro le politiche belliciste di  Bush & Prodi, il corteo sfilato da Piazza Esedra a Piazza Navona ha evidenziato un dato oramai incontrovertibile: in Italia esiste una soggettività plurale capace di muoversi, sulla base di precise parole d’ordine, indipendentemente dalle mille sirene filo governative messesi in moto ben prima della risicata vittoria elettorale del governo di centro sinistra.

 

Inutile ripercorrere qui le tappe attraverso le quali i partiti dell’ex sinistra radicale e le associazioni di massa collaterali ( ARCI, FIOM, Tavola per la Pace, Un Ponte Per... ) hanno tentato di pianificare, sin dalla prima metà del 2004, la riduzione organizzativa e contenutistica del movimento pacifista italiano. In questi anni le posizioni coerentemente nowar si sono talvolta trovate in minoranza nelle assemblee nazionali dei forum pacifisti. L’obiettivo generale del piano, ora evidente e disvelato, era la costruzione di un movimento addomesticato, compatibile ai diktat delle politiche “di lotta e di governo”.

 

Dopo un anno di subalternità alle politiche del nocciolo duro del governo, il tentativo di “copertura a sinistra” ha prodotto un disastro, misurabile con il vuoto di Piazza del Popolo, che se abbinato alla debacle elettorale alle ultime amministrative danno la dimensione di una vera catastrofe.
Un intero ceto politico si ritrova solo, abbarbicato alle proprie poltrone ed ai propri indecenti stipendi, ma completamente isolato dalle piazze, dalle aspettative di milioni di ex “elettori”.
Come abbiamo detto ripetutamente in questi mesi: il re è nudo, e tutti lo hanno potuto vedere nella impietosa rappresentazione di quella piazza vuota.

 

I 150.000 scesi in piazza contro Bush e le politiche militariste del governo Prodi esprimono - questo è il dato di novità assoluta - una soggettività plurale indipendente da politiche estere con connotati chiaramente bypartisan.  
Su questa capacità di autonomia ed indipendenza è bene che tutti riflettano, compresi coloro i quali, sovradimensionati in questi giorni da un sistema mediatico e politico all’affannosa ricerca di portavoce ufficiali, hanno parlato in nome di... Il movimento contro la guerra più che di leader avrà bisogno nei prossimi mesi di unità e radicamento, di contenuti in grado di amalgamare settori sociali diversi colpiti quotidianamente dai costi bellici, di coerenza nelle campagne contro la militarizzazione dei territori, a partire dalla battaglia che ci aspetta a Vicenza contro la base al Dal Molin.

 

Le esperienze concrete delle realtà che da anni si battono contro le basi militari, la militarizzazione e lo scempio dei territori sono punti di riferimento imprescindibili per il rafforzamento di questo nuovo movimento cresciuto nel paese. Su questo reticolo di comitati, forum sociali, associazioni pacifiste, strutture antimperialiste la Rete nazionale Disarmiamoli ha scommesso in questi mesi e continuerà a scommettere nel prossimo futuro, proponendo già alla fine di giugno un incontro nazionale per “rinserrare le fila” delle tante strutture incontrate dalle carovane contro la guerra che dal 19 al 9 giugno hanno attraversato l’Italia, per concentrarsi nelle manifestazioni romane.

 

Le lotte contro la base a Vicenza, lo scudo antimissilistico, le basi USA NATO, la presenza all’estero delle truppe coloniali italiane e la militarizzazione dei territori e della vita sociale escono enormemente rafforzata dalla manifestazione del 9 giugno. A noi la capacità di socializzare e radicare questa grande energia nelle lotte dei prossimi mesi.

 

La Rete nazionale Disarmiamoli!
www.disarmiamoli.org  info@...



30 giugno 2007, Roma -
Centro congressi Cavour, ore 10
 
PER UNA AGENDA DI LAVORO CONTRO
 
BASI MILITARI, INVESTIMENTI BELLICI,
MILITARIZZAZIONE DEI TERRITORI E DELLA VITA SOCIALE
 
Incontro della Rete nazionale Disarmiamoli!
 
Il movimento contro la guerra italiano ha raggiunto in questi mesi un alto grado di maturità politica.
Nonostante i tentativi di criminalizzare, sminuire, boicottare, “circuire” la manifestazione nazionale del 9 giugno contro le politiche belliciste di  Bush & Prodi, il bellissimo e partecipato corteo sfilato da Piazza Esedra a Piazza Navona ha evidenziato un dato oramai incontrovertibile: contro le politiche di guerra in Italia esiste una soggettività plurale capace di muoversi sulla base di precise parole d’ordine, indipendentemente dalle mille sirene filo governative messesi in moto ben prima della risicata vittoria elettorale del governo di centro sinistra. Un intero ceto politico si è ritrovato solo, isolato dalle piazze, dalle aspettative tradite di milioni di ex “elettori”.
Le esperienze concrete delle realtà che da anni si battono contro le basi militari, la militarizzazione e lo scempio dei territori sono punti di riferimento imprescindibili per il rafforzamento di questo nuovo movimento cresciuto nel paese. Su questo reticolo di comitati, forum sociali, associazioni pacifiste, strutture antimperialiste, la Rete nazionale Disarmiamoli ha scommesso in questi mesi e continuerà a scommettere nel prossimo futuro, proponendo già alla fine di giugno un incontro nazionale per “rinserrare le fila” delle tante strutture incontrate dalle carovane contro la guerra che dal 19 al 9 giugno hanno attraversato l’Italia, per concentrarsi nelle manifestazioni romane.
Le lotte contro la base a Vicenza, lo scudo antimissilistico, le basi USA NATO, la presenza all’estero delle truppe coloniali italiane, la militarizzazione dei territori e della vita sociale escono enormemente rafforzata dalla manifestazione del 9 giugno. A noi la capacità di socializzare e radicare questa grande energia nelle lotte dei prossimi mesi.
Le tappe che hanno portato a questa nuova fase lasciano il segno di una identità forte, in dialettica diretta con i movimenti che in Italia e nel mondo si battono concretamente contro la militarizzazione e lo scempio dei territori, contro le basi militari e le logiche di guerra, siano esse uni o multi laterali.
La Rete nazionale Disarmiamoli ha praticato un concreto percorso di ricomposizione con l’obiettivo di riportare nell’agenda politica nazionale la lotta antimilitarista contro basi di guerra, accordi militari e truppe di occupazione all’estero. L’assunzione nelle piattaforme nazionali del movimento No War delle  parole d’ordine proposte in questi mesi è un importante passo in avanti in questa direzione. 
Si tratta ora di raccogliere le forze, rilanciando la mobilitazione sui temi e gli obiettivi che scaturiscono dalle recenti mobilitazioni, a partire dalla impellente questione Dal Molin.
L’incontro nazionale che proponiamo per sabato 30 giugno ha questo scopo, divenendo nel contempo momento di confronto tra realtà territoriali, rafforzamento della rete di relazioni ed organizzazione per le campagne del prossimo autunno.
I TEMI CHE PROPONIAMO ALLA DISCUSSIONE SONO:
1)      coordinamento delle mobilitazioni intorno alle “aree di crisi”, assumendo in pieno lo spirito del Patto di mutuo soccorso anche sul terreno della lotta antimilitarista, a partire dalla immediata mobilitazione al fianco del Presidio permanente No Dal Molin. Attenzione particolare andrà data nei prossimi mesi alle mobilitazioni contro la costruzione degli F35 a Cameri, contro l’ampliamento delle basi di Sigonella e camp Darby
2)      Rilancio della mobilitazione contro lo scudo antimissilistico, a partire dalla raccolta di firme sulla Petizione popolare
3)      Organizzazione del Comitato Promotore per la Legge di Iniziativa Popolare sui trattati internazionali e sulle basi e servitù militari
4) rafforzamento della rete di relazioni nazionale in previsione del rilancio autunnale delle mobilitazioni
Dalle manifestazioni al fianco della resistenza libanese nell’agosto del 2006 durante i bombardamenti israeliani, alla manifestazione del 17 febbraio al fianco del popolo palestinese, sino al corteo del 17 marzo che ricordava l’anniversario dell’invasione dell’Iraq, decine di migliaia di militanti si sono mobilitati, indipendentemente dalle strutture delle grandi “organizzazioni di massa”, impegnate a cogestire la “nuova” politica estera dalemiana. I 150.000 scesi in piazza il 9 giugno contro Bush e le politiche militariste del governo Prodi esprimono ora - questo è il dato di novità assoluta - una soggettività plurale indipendente da politiche estere con connotati chiaramente bipartisan. 
Su questa capacità di autonomia ed indipendenza è bene che tutti riflettano. Il movimento contro la guerra più che di leader avrà bisogno nei prossimi mesi di unità e radicamento, di contenuti in grado di amalgamare settori sociali diversi colpiti quotidianamente dai costi bellici, di coerenza nelle campagne contro la militarizzazione dei territori, a partire dalla battaglia che ci aspetta a Vicenza contro la base al Dal Molin.
Nel vivo di queste iniziative e mobilitazioni nasce l’ipotesi della Rete nazionale Disarmiamoli, con l’obiettivo di mettere a valore il lavoro di tante realtà territoriali impegnate da anni contro le basi USA NATO presenti nel nostro paese, contro la militarizzazione dei territori e della vita sociale.
In questo tragitto abbiamo incontrato altre reti di movimento, portatrici di culture e prassi politiche differenti, ma ugualmente determinate a tener fede agli obiettivi storici del “No alla guerra senza se e senza ma”. Con queste realtà abbiamo pianificato il progetto delle Carovane contro la guerra, per il disarmo e la pace, veicolo concreto per conoscere e confrontarci, dal Nord al Sud del paese, con i tanti comitati, social forum, associazioni e collettivi di “resistenti”, tessuto connettivo imprescindibile del presente e del futuro movimento contro la guerra.
Dal 19 maggio al 2 giugno abbiamo toccato oltre 50 realtà, grandi e piccole, dalla Sicilia al Veneto, dal Piemonte alla Toscana, dalla Puglia alla Campania, per giungere a Roma a contestare il militarismo dei fori imperiali, oggi legittimato anche dalla spilletta del Presidente della Camera.
Durante le tappe abbiamo raccolto le firme sulla Petizione popolare contro lo scudo antimissilistico, divulgato i testi delle leggi di iniziativa popolare contro accordi militari, basi USA / NATO e ordigni nucleari, diffuso i materiali e le informazioni di comitati ed esperti sulle basi e sulle guerre in atto, smascherando le false politiche “di pace” di un governo intriso di militarismo e servilismo verso il gigante d’oltreoceano.  
 
Il 30 giugno sugli obiettivi praticati sino ad oggi e sulle proposte che emergeranno durante il dibattito ci impegneremo, chiamando tutte le realtà del movimento No War ad un confronto fattivo, in grado di rafforzare complessivamente la lotta contro i venti di guerra che soffiano forte su tutto il continente eurasiatico e mediorientale.
 
Nei prossimi giorni invieremo le partecipazioni individuali e collettive all'incontro
 
La Rete nazionale Disarmiamoli!
www.disarmiamoli.org   info@disarmiamoli.org  3381028120