Informazione

I RETROSCENA DELLA DEPORTAZIONE DEI ROM
DALL’ UE IN SERBIA


(za verziju na srpskohrvatskom gledaj:
http://www.politika.co.yu/2003/1025/01_05.htm ili
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2901 )


Popolo senza indirizzo

In un mese, soltanto dalla Germania, 4000 rom sono stati deportati in
SMN [Serbia-Montenegro, denominazione imposta alla Repubblica Federale
di Jugoslavia in vista della sua liquidazione, ndT]

Atterrando all’aeroporto di Surcin a Belgrado, i rom deportati dalla
Germania rimangono praticamente da soli, abbandonati al proprio
destino. La maggiorparte quando esce dall’aereo non sa dove andare,
giacché alcuni sono stati per l’ultima volta a Belgrado 15 anni fa.
Quando chiedete loro: "Dove andrete ora?", vi rispondono: "Non lo so".
Molti di loro non sanno nemmeno la lingua serba, perché nati in
Germania.

È significativo, secondo l’attivista del movimento antiglobalizzazione
Andrej Grubacic, che la deportazione dei rom, ma anche di altre
nazionalità, si svolga "nel totale silenzio, e nemmeno qui nessuno ne
parla". Lui è uno dei pochi che si è trovato all’arrivo dell’aereo
delle linee JAT che di solito ogni secondo mercoledì trasportano questa
"gente senza indirizzo".

In un solo mese sono stati deportati dalla Germania in Serbia 4000 rom,
mentre nel corso dell’anno, da tutti i Paesi europei, sono stati 12000.
Molti sono stati cacciati dai loro posti di lavoro e dalle loro case,
dalle quali hanno potuto riprendere soltanto le cose personali. Sono
stati cacciati - dalla Svezia, dall'Olanda, dal Belgio, dal
Lussemburgo, dalla Repubblica Ceca, dall'Ungheria ed altri paesi -
tutti quelli che non hanno potuto regolarizzare il proprio status.

L’esodo dei rom

Entro la fine di quest’anno, 40.000 rom verranno deportati nel nostro
paese. La maggiorparte di loro è socialmente a rischio, ed, a causa
della mancanza di documenti regolari, non possono dimostrare di essere
cittadini della SMN.

"L’estromissione della popolazione rom dai paesi europei con accordi di
deportazione è un atto amorale", dice Dejan Markovic, collaboratore del
Centro per la affermazione dei rom con sede a Bonn. L’ accordo sul
rimpatrio, tra la Germania e la RF di Jugoslavia, è stato firmato gia'
nel 1996. E' stato sospeso durante i bombardamenti NATO e di nuovo
rinnovato nel 2001.

Markovic sottolinea come non solo la Germania, ma anche altri paesi
europei, nell’intento di "ripulire" il proprio paese, ripieghino su
questo esodo "moderno" dei rom. Secondo le sue parole "questo non è
democratico, perché alla firma dell’ Accordo non hanno partecipato i
rappresentanti della popolazione rom". Tale decisione è stata presa
senza tener conto di una ulteriore destinazione dei rom i quali non
possiedono nessun bene immobile in Serbia, mentre più di 180.000 mila
di loro sono scappati dal Kosovo [-Metohija, ndT] dove non possono
tornare a causa della situazione di terrore.

"I media tedeschi scrivono abbastanza sulla deportazione dei Rom. Io
stesso ho rilasciato 9 interviste per vari giornali tedeschi"
sottolinea Markovic. Dice, inoltre, che Rajko Djuric, fino a pochissimo
tempo fa presidente dell’Organizzazione mondiale dei rom , si sta
adoperando molto perché i rom, vittime del genocidio nel Kosovo, in
Germania ottengano il corrispondente status, e su questo si sta
adoperando anche la Società per i rifugiati a Goettingen. All’inizio il
governo tedesco teneva in considerazione che i rom del Kosovo fossero
esclusi dalla deportazione, e ciò è valso fino al 3 maggio 2002, quando
ad una conferenza dei ministri degli Interni è stato deciso che questa
decisione fosse tolta.

Ciò significa che i rom del Kosovo devono essere rimandati indietro.

Una certa dose di razzismo

Il presidente del Comitato dei giuristi per i diritti civili, Biljana
Kovacevic Vuco, ritiene che "l’Unione europea vuole ripulire i propri
paesi dalle altre popolazioni con metodi che sfiorano il razzismo". Lei
propone di formare una commissione statale che si occupi della gente
che viene con forza rimandata in Serbia e della realizzazione
dell’accordo nel quale sono fissati i diritti ed i doveri del nostro
governo e di quello tedesco in relazione all’assistenza dei rom, e
delle altre minoranze che si trovano in grande disaggio nella nuova
società.

Il Ministro per i diritti delle minoranze del Consiglio dei ministri
della federazione serbo-montenegrina, Rasim Ljajic, dice che
l’inserimento della Serbia e Montenegro nell’Unione Europea viene
condizionato al rispetto dei diritti delle minoranze ed in particolare
all’esistenza di una chiara strategia per il miglioramento della
situazione dei rom e delle altre minoranze nei propri paesi.

Questa è la strategia europea sul collocamento dei rom nei propri
paesi, perché si impedisca l’immigrazione dei rom nei paesi ricchi
d’Europa.

"Questa strategia viene osservata dall’Europa in modo tale che ai rom
vengono promesse grosse somme di denaro ma poi vengono date le
briciole", dice Rasim Ljajic. Abbiamo chiesto al governo tedesco che la
deportazione dei rom venga effettuata gradualmente, perché non abbiamo
soldi sufficienti e non ci sono nemmeno centri di accoglienza, e la
nostra sfera di azione è dunque limitata. I rom deportati, ma anche le
altre minoranze, rimangono a Belgrado oppure vanno nella Serbia
centrale, perché nel Kosovo per loro non è garantita l’incolumità. Ed è
proprio da questa regione che questi profughi provengono, in
maggioranza."

La Serbia ed il Montenegro, in collaborazione con l’OEBS, hanno
costituito un Consiglio nazionale dei rom. Il Ministero per i diritti
delle minoranze ha organizzato una strategia d’integrazione per
l’istruzione, l’occupazione dei rifugiati, l’accesso all’assistenza e
previdenza sociale e medica, come anche la possibilità di ottenere i
documenti necessari. Ma anche in questo ci sono problemi, in
particolare la rinuncia a iscrivere la residenza, senza la quale i rom
oltreché rimanere senza tetto, non possono nemmeno accedere
all’assistenza sociale e medica.

Nada Kovacevic

Traduzione di Ivan per il CNJ

D'ALEMA: MAI PIU' LA GUERRA SENZA DI NOI

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Stampa ed appendi nella tua camera la fotografia di Massimo D'Alema sul
suo yacht: https://www.cnj.it/immagini/dalema.jpg
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Legittimi e integrati
ANDREA COLOMBO
http://www.ilmanifesto.it/
Il Manifesto, 18 Ottobre 2003

«IngiustifIcata», «sbagliata», «disastrosa», la guerra
in Iraq è però da un paio di giorni anche «legittima».
Ce ne informa il presidente dei Ds Massimo D'Alema.
Non è la prima missione armata che consideri tale. Non
sarà l'ultima. Il termine adoperato dall'ex premier è
freddo, quasi astratto. Evoca sottili questioni di
diritto, rinvia a dotte schermaglie in materia di
diritto internazionale. La traduzione è più terrena.
Vuol dire che se nella primavera scorsa la guerra di
Bush fosse stata approvata dalle Nazioni unite, i
Democratici di sinistra e la Margherita avrebbero
avuto ben poco da ridire. Stesse bombe e stesse
stragi, però legittime, opportune, anzi necessarie.
Come in Kosovo. Il gruppo dirigente ulivista,
probabilmente, non avrebbe fatto mancare il suo voto
in parlamento. Come per il Kosovo. Avrebbe spaccato
l'Ulivo, deluso per l'ennesima volta il suo elettorato
straordinariamente paziente, perso le elezioni
amministrative, rinsaldato il governo dell'amico
italiano di George Bush. Sacrifici necessari al
cospetto della legittimità internazionale. Pur se
fondata sul ricatto della superpotenza unica.

Il segretetario del partito, Piero Fassino, condivide
il giudizio del suo presidente e aggiunge una buona
dose di commosso entusiasmo. La risoluzione dell'Onu
gli pare «una svolta che apre una fase del tutto
diversa». Che gli Usa abbiano ottenuto l'appoggio
unanime della stessa assemblea che, pochi mesi fa,
aveva tentato invano di contrastare la loro impresa
non gli sembra affatto una desolante vittoria politica
dell'amministrazione Bush. Al contrario, ritiene che
con quel voto sia stato finalmente superato
«l'unilateralismo con cui si è affrontata la questione
irachena». Non è una logica facilmente comprensibile.

Francesco Rutelli la condivide in pieno, ma il suo
caso è meno oscuro: era tentato dal voto a favore
della guerra già nella primavera scorsa. Figurarsi ora
che è legittima.

Gli applausi e l'entusiasmo non significano che i
principali partiti d'opposizione abbiano già deciso di
votare a favore del prolungamento della missione. Si
vedrà in parlamento, segnala l'ex sottosegretario alla
difesa (e alla presidenza del consiglio) Minniti. Si
tratterà comunque di un confronto rasserenato
dall'alta legittimazione appena giunta. Il giudizio
sull'occupazione americana è stato derubricato
ufficialmente a «questione d'opportunità politica»,
sulla quale del resto il gotha della Quercia e della
Margherita ancora non si pronuncia.

Non è affatto escluso tuttavia che, al momento del
voto, i due fondamentali partiti dell'Ulivo
privilegino la necessità di mantenere unita la loro
coalizione e tornino a bocciare la missione (sempre
che non scelgano il limbo ipocrita dell'astensione).
Ma poco importa. Il segnale che gli stava al cuore è
già stato inviato con le dichiarazioni di ieri. Fa il
paio con l'improvvida apertura sulla riforma delle
pensioni. Rivela che sotto la Quercia l'antico vizio
di guardare prima di tutto alle aree sociali e ai
poteri che dovrebbero essere più distanti da una forza
pur moderatamente di sinistra non è affatto scomparso.
Al contrario, trae nuovo vigore dall'ottimismo che si
è diffuso nell'opposizione tutta, dal sentirsi sulla
soglia del ritorno al governo, dai sondaggi trionfali
e inebrianti. Sta per terminare la notte
dell'opposizione, torna a brillare la stella della
governabilità. Delle guerre «legittime». Della
modernizzazione del mercato del lavoro. Della riforma
della previdenza. Però le elezioni politiche sono
ancora lontane. E continuando di questo passo non è
affatto detto che l'Ulivo le vinca.

 
From: Vladimir Krsljanin

To the general public, to the United Nations, to the People’s Assembly
of the Republic of Serbia, to all relevant international and domestic
organizations and institutions:  

DEMANDS

            The Hague Tribunal is a political court trying the Serbian
people, Serbian state and Serbian history on account of their struggle
for freedom and equality, and against aggression and enslavement. The
Hague Tribunal arranges for the killing of the Serbian patriotism and
the killing of President Slobodan Milosevic as a witness to the truth
and the leader of the struggle against tyranny and for the removal of
the imposed guilt from the Serbian state, Serbian people, Serbian
history, Serbian Orthodox Church, Serbian Academy of Sciences, Serbian
military and police, Serbian youth and Serbian future. 

           The Hague Tribunal and its Belgrade branch with the name of
DOS are committing a national, political and media crime. Much like
those who had ordered the bombing, they also rely on terrorists,
criminals, vassals and traitors. Doing the same job, they also lie in
the same way. Yesterday they broke up and abolished Yugoslavia, today
they are abolishing Serbian Kosovo & Metohija and Republika Srpska, and
tomorrow they would do the same to Serbia itself and the Serbian
people. Their terror must end. The political situation within the
country and the position of the Government and the Assembly is an
answer of the citizens to their false democracy and their attitude
towards The Hague Tribunal. Bearing their own names proudly live in
Europe the Germans, the French, the English, the Hungarians, the
Bulgarians…Likewise, and with even greater pride, the Serbs shall live
as well!

           The struggle and the victory of Dimitrov exactly 70 years
ago had mobilized people to resist the most terrible tyranny of
fascism. The struggle and the victory of Milosevic today will be the
victory of us all who are determined not to let such a tyranny recur,
the victory against new colonialism and militarism of the “New World
Order”. 

           But the machinery of the Tribunal has endangered the life of
President Milosevic. Therefore:

1.     We demand that President Milosevic is released forthwith, in
order to preserve his life and his right to uphold the truth about the
Serbian people;

2. We demand that the persecution of the family of President Milosevic
ends forthwith, as well as his complete isolation from his family,
collaborators, physicians, foreign friends and journalists, and the
fabrication of invented accusations against him and against all the
champions of freedom and justice. 
3. We demand that all decisions which endanger the life of President
Milosevic and his human and constitutional rights are reversed,
including the latest one requesting a man with a seriously undermined
health to prepare his exposition, hundreds of witnesses and thousands
of documents in only six weeks. For something that took the Tribunal
ten years, hundreds of officials and hundreds of millions of dollars to
do, President Milosevic should be allotted at least two years.
4. We demand that those who endanger his life and his rights are put on
trial, as well as those who had sent him to The Hague gaol, and those
who had lied unsuccessfully at The Hague by testifying under the orders
of the enemies of the Serbian people. The Hague Tribunal paves the way
for tyranny similar to the one of sixty years ago. The whole
progressive world supports us in the struggle against that global crime.
5. We demand that the State serves its people and stands up for
Slobodan Milosevic, for our honour and the truth about Serbia.
6. We demand that all honourable men, political parties, social
organizations and national institutions achieve what we are manifesting
here – unity in the struggle for freedom.  
7. We demand that Radio-Television of Serbia broadcasts live the battle
at The Hague, and all the media open up for the truth and the voice of
the people, thus helping directly the restoration of freedom and
democracy in Serbia. If we fail in that – we are no longer a nation, we
lose our national and moral identity before the world and future
generations.

FREEDOM ASSOCIATION,
SOCIALIST PARTY OF SERBIA
AND THE CITIZENS GATHERED IN FRONT OF THE RTS BUILDING

ON THE DAY OF THE LIBERATION OF BELGRADE

---

On 20 October 2003 (59th anniversary of the liberation of Belgrade in
WWII) around 1000 people gathered in front of the State Television
(RTS) building in Belgrade (bombed by NATO in 1999 and burned by DOS in
2000) at the "public press conference" jointly organized by SLOBODA and
jointly called by SLOBODA and SPS, as a way to communicate to the
people facts and messages that regime-controlled media avoid to publish.
The meeting was addressed by Dr Zarko Obradovic, vice-president of SPS,
Dejan Stjepanovic and Snezana Paunovic, students, Uros Suvakovic,
editor-in-chief of the SPS theoretical journal SMISAO and Vladimir
Krsljanin, foreign relations assistant to President Milosevic.
Attempted silent murder of President Milosevic by the same aggressors
was the main issue of all the speaches. The above DEMANDS were read and
adopted at the end of the event.
A week earlier leaderships of SLOBODA and SPS held two meetings in the
premisses of SLOBODA, discussing concrete forms of cooperation in the
support of the struggle of and for President Milosevic, the struggle
which means hope for the enslaved country and its people. The SPS
leadership paid a tribute to SLOBODA for its consequent and determined
activities and promissed the full support in the future. Both meetings
were attended by the top officials of the two organizations: Bogoljub
Bjelica, professor Mirko Zurovac, Vladimir Krsljanin, Dragutin
Milovanovic, Snezana Aleksic and Uros Suvakovic on behalf of SLOBODA
and Ivica Dacic, Zoran Andjelkovic, Dr Zarko Obradovic, Milorad
Vucelic, Dusan Bajatovic and Branko Ruzic on behalf of SPS. 20th
October event was one of the activities agreed in these meetings.

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FOR FREEDOM, TRUTH AND JUSTICE

TO SAVE LIFE OF PRESIDENT MILOSEVIC

INTERNATIONAL DEMOS OF SERBIAN DIASPORA AND ALL PROGRESSIVE PEOPLE

THE HAGUE, 8 NOVEMBER 2003

14:00 – 15:00 Protest Rally at The Plein (City Center)

15:00 – 16:00 Protest March from The Plein to the Scheveningen Prison

16:00 – 17:00 Protest Rally in front of the Scheveningen Prison


SLOBODA urgently needs your donation.
Please find the detailed instructions at:
http://www.sloboda.org.yu/pomoc.htm
 
To join or help this struggle, visit:
http://www.sloboda.org.yu/ (Sloboda/Freedom association)
http://www.icdsm.org/ (the international committee to defend Slobodan
Milosevic)
http://www.free-slobo.de/ (German section of ICDSM)
http://www.icdsm-us.org/ (US section of ICDSM)
http://www.icdsmireland.org/ (ICDSM Ireland)
http://www.wpc-in.org/ (world peace council)
http://www.geocities.com/b_antinato/ (Balkan antiNATO center)

Da: Alberto Tarozzi


Corso Seminariale “Media and conflicts”, modulo Balcani (Ambiente e
salute).
Prof. Alberto Tarozzi


Tutte le lezioni seminariali si terranno nell’aula B di viale Berti
Pichat.
Data la dimensione delle aule e l’alto numero degli iscritti, non è
assicurata la partecipazione di un numero sostanzialmente superiore a
quello degli studenti già iscritti. Siamo impegnati ad ovviare a tali
carenze di spazio.

 
Lunedì 17 novembre 2003

Ore 11
-Saluto di Anna Maria Gentili, Presidente del Corso di Laurea in
Sviluppo e Cooperazione Internazionale.

-Introduzione di Alberto Tarozzi. La guerra nei Balcani: conseguenze
ambientali e sanitarie.
 
-Proiezione del video “Bombe sulle industrie chimiche” di S. Adamek.

-Aggiornamento sulle attività di documentazione del “Gruppo di ricerca
guerra, ambiente e salute nei Balcani” a cura di Federica Alessandrini
e  Zivkica Nedanovska.


Ore 15
-Andrea Purgatori, collaboratore del Corriere della Sera e
corrispondente di guerra dagli anni ‘80 ai nostri giorni. Le
conseguenze ecologiche delle nuove guerre e i media.


Sabato 22 novembre

Ore 11
-Michele Nardelli , Osservatorio sui Balcani.
-Massimo Zucchetti, Politecnico di Torino (autore del volume “Guerra
infinita, guerra ecologica”, Jaca book, 2003).
La rimozione della guerra dalla decontaminazione all’elaborazione dei
conflitti.


Lunedì 24 novembre

Ore 11
-Ennio Remondino, corrispondente Rai da Belgrado. I media e la guerra
nei Balcani del 1999.


Lunedì 1° dicembre

Ore 11
-Presentazione del libro “La balcanizzazione dello sviluppo” di Claudio
Bazzocchi, ed. Il Ponte, 2003. Sarà presente l’autore.

-Andrea Segré, Coordinatore del Dottorato di Ricerca in Cooperazione
Internazionale e Politiche per lo Sviluppo sostenibile, ne discute con

-Luisa Chiodi, Istituto Universitario Europeo di Firenze.

Introduce Francesco Rigamonti del “Gruppo di ricerca guerra, ambiente e
salute nei Balcani”.


Ore 15
-Paolo Bartolomei, fisico dell’Enea
-Emilio Molinari, Comitato italiano per un contratto mondiale
sull’acqua.
-Lorenzo Sani, giornalista de Il Resto del Carlino.
Uranio impoverito e contaminazione delle acque: prospettive ecologiche
nella ex Jugoslavia.