Informazione

YUGOSLAVIA BORN AGAIN - IN EAST TIMOR AND
TO THE SERVICE OF WESTERN IMPERIALISM

Former Yugoslav enemies unite
to help UN rebuild conflict-ravaged East Timor

AP, Thursday, Oct 02, 2003,Page 7

Four years after they fought each other in a bloody civil war, police
and soldiers from all over the former Yugoslavia are now working
together to rebuild another county torn apart by conflict.
And the former enemies are finding that working -- and playing
together -- on this tropical island thousands of kilometers from
their homeland is helping to heal old wounds.
"We have a regular little Yugoslavia right here in East Timor," said
Irhad Campara, a Muslim police officer from Bosnia who had gathered
with Slovene, Serb and Croat policemen for a nightly card game at
Dili's City Cafe.
Some of the cops wore their favorite red T-shirts with the image of
Marshal Josip Broz Tito, the post-World War II strongman who is now a
shared symbol of a nostalgic time when Yugoslavia was peaceful and
prosperous under his doctrine of "Brotherhood and Unity."
Tito died in 1980, and Yugoslavia fell apart a decade later amid
vicious ethnic fighting in Croatia, Bosnia and Serbia's province of
Kosovo in which nearly 250,000 people died. NATO intervened in 1999,
bombing Serbia and facilitating the downfall of Slobodan Milosevic, now
on trial at a UN war crimes tribunal for fomenting the wars.
Today, for the first time, the former combatants are part of a UN
peacekeeping mission, serving as policemen and military observers in
East Timor, which gained independence last year after a bloody 24-year
war against Indonesian occupation.
The UN, which has administered the territory for two-and-a-half years,
still provides about 3,200 troops and 600 police in advisory roles to
the world's newest country.
Although initially guarded with one another, Slovenes, Croats, Serbs
and Bosnians quickly developed strong bonds and now say they feel
united in friendship and their mission.
"When I got here, I had no tropical kit," said Captain Slavimir
Nikolic, an officer from Serbia based in the isolated enclave of
Oecussi. "A Croatian colleague immediately came to my aid and gave me
his mosquito netting, bug repellants and all the other equipment I
needed."
Although the potential for renewed violence in their own part of the
world remains an international concern, with thousands of NATO troops
still in the region, the governments of Bosnia, Serbia-Montenegro,
Macedonia and Croatia are considering sending soldiers to serve as blue
helmets in Liberia, Iraq, and other troublespots.
"Its time to put the lunacy of the [Balkan] wars behind us," Nikolic
said. "I can't describe how proud I am to be wearing the blue beret and
working together with other professionals to help bring peace to East
Timor."
Policing the aftermath of a war is a new experience for most
peacekeepers in Timor, but for those from the former Yugoslavia it is a
bitterly familiar routine.
"Unfortunately, we understand their situation better than almost any
other UN cops because we went through conflicts like this," said Drasko
Djeric, a Bosnian Serb policeman.
Their task now is to provide on-the-job training for the Timorese
police force, which is gradually assuming control of security in the
country of 750,000. This means everything from traffic control and
crime-fighting to dealing with civil disturbances like the riots that
shook the Dili last year.
Nikolic himself is part of a group of military observers whose task is
to monitor the security situation in the country and along the border
with Indonesia.
"We have people from virtually every corner of the world serving
together under the UN flag to assist the Timorese," said UN spokeswoman
Marcia Poole. "It's a prime example of what the UN is all about:
people, working together, with shared objectives, and realizing that
that which unites us is stronger than that which may divide us."
The tight-knit group of ex-Yugoslavs agree that they are renewing their
links and establishing strong bonds for the future.

Copyright © 1999-2003 The Taipei Times. All rights reserved.

http://www.taipeitimes.com/News/world/archives/2003/10/02/2003070108

(ringraziamo Paolo per la segnalazione)

http://www.lernesto.it/

l'ernesto 4/2003

INDICE:

Editoriale

"Partito riformista" e prospettive per la sinistra
G. L. Pegolo

Conflitto e alternativa

La centralità del conflitto capitale lavoro
G. Rinaldini

Lavoro

La ricerca dell'unità passa per il lavoro
B. Casati

Ripartire dal salario
O. Squassina

Pensioni: l'attacco più duro
B. Leone

Società

La "Riforma dell'Università": una destrutturazione sistematica
G. Cerri

Tavola Rotonda

Il pericolo delle destre e i percorsi per l'alternativa
Tom Benetollo, Piero Bernocchi, Rosy Bindi, Vannino Chiti, Severino
Galante, Claudio Grassi, Alfonso Pecoraro Scanio, Cesare Salvi

Internazionale

La concezione della "libertà" dell'imperialismo Usa
L. Manisco

Usa: a due anni dall'11 settembre
F. Grimaldi

La lotta per la liberazione in Iraq
C. Bellotti

Cuba si difende
A. Riccio

La rimozione della Jugoslavia
A. Martocchia

"Ciò che noi siamo, ciò che noi vogliamo"
intervista a Blade Nzimande, segretario generale del Partito comunista
sudafricano (SACP)

Bioterrorismo e impero biotech
E. Burgio

Dibattito

Il volto postmoderno della "nuova destra"
B. Steri

Recensioni

Raul Mordenti: "La rivoluzione"
B. Bracci Torsi

Il gioco del capitale: geopolitica delle risorse strategiche e militari
Un dossier del circolo "Che Guevara" di Napoli
A. Hobel

Memoria

E' scomparso il compagno giusto nel momento sbagliato: addio a Claudio
Sabattini
F. Arrigoni

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ANTIWAR, Mercoledì, 3 luglio 2003
Balkan Express di Nebojsa Malic

Bugiardi, mezzani, inquisitori e ladri

Una tragedia balcanica in quattro scene


Nessuno degli eventi o delle dichiarazioni che seguono
potrebbe essere una sorpresa di per se. Ciò che sorprende
è piuttosto la mancanza di reazione da parte
delle vittime, o di coloro che involontariamente
sostengono i colpevoli. Come ogni cosa, il dramma
balcanico avrà conseguenze imprevedibili.
Gli antichi greci usavano dire, "Coloro che gli dei
vogliono distruggere, per prima cosa li fanno impazzire."
Nella ex Federazione Jugoslava, la pazzia e la
distruzione hanno marciato assieme. Per quelli che hanno
avuto a che fare con il naufragio, la tragedia non è
un concetto artistico. È la vita.

I: "Ripulire" l’UCK

Tra gli eventi dell’attuale processo di
disinformazione sul Kosovo, vi é la proclamazione, a
maggio, che l’ultima incarnazione dell’UCK sia una
organizzazione terroristica: è solo un problema di
tempo, prima che gli apologeti professionisti dell’UCK
e della sua causa colpiscano ancora.
La settimana scorsa, l’AFP informava della
“tolleranza” albanese a Obilic, una città dove il mese
scorso una intera famiglia di serbi e' stata
assassinata nella notte. Aderendo alla propaganda
dell’UCK, piena di disinformazione deliberata e di
banalità, l’articolo senza firma usciva dalla solita
filosofia della AFP. L’articolo è cosi "informativo"
che non menziona affatto la ridenominazione albanese
della città [di Obilic] in "Kastriota", un principe medievale
albanese - mentre Obilic é il nome del cavaliere serbo
che uccise il Sultano Murad nella battaglia del Kosovo
del 1389. Tolleranza, quindi.
Lunedì, l’IWPR di Londra ha pubblicato un lungo rapporto
sulle "riforme necessarie" nel Kosovo Protection
Corps, già UCK. Esso e' stato scritto assieme ad un
editorialista di Koha Ditore, il più importante
quotidiano di Pristina, le cui righe razziste
serbofobe sono divenute così di routine che non
disturbano più neanche i censori imperiali. Di
conseguenza, il rapporto IWPR trascura il coinvolgimento
del KPC e dell’UCK nelle attività terroristiche, e
sceglie di insultare la milizia delle FARK, organizzata
dalla fazione di Ibrahim Rugova. Se in alcune parti esso si può
leggere come una apologia dell’UCK, è perché lo è davvero! Solo pochi
paragrafi, e con grande prudenza, nel peana
sulla "liberazione dai serbi", trattano del massacro che
UCK e KPC hanno commesso per anni.
Nel frattempo, l’uscente viceré imperiale del Kosovo
ha salvato l’ex fuehrer dell’UCK, Hashim Taqi, che era
stato arrestato in Ungheria con la imbarazzante
accusa di essere un criminale. La polizia ungherese ha
rilasciato subito Taqi, grazie ai suoi amici potenti. Il mandato
di arresto è stato tolto, poiché “emesso dal governo
Milosevic" - ormai si sa che il cambio di governo
significa che gente accusata di omicidio può essere
lasciata in libertà. Ma se la persona in questione è uno
scugnizzo dell’Impero, che ne è della legge?

II: Costruire una nazione migliore?

Una opinione apparsa sul Christian Science Monitor di
martedì critica il processo di nation-building in
Bosnia: cioè, dichiara che non si fa abbastanza e bisogna
fare di più. L’autrice, Sara Terry, esemplifica la categoria di
quegli occidentali "bene informati" che tentano di pontificare
sui problemi balcanici, ma gestendo cose che suonano
assai imbarazzanti.
Per esempio, lei classifica i bosniaci basandosi sulla
religione, mostrando di credere in una nazione
"bosniaca" con tre differenti fedi. Una nazione
così si è dimostrata mitica come l’unicorno, cosa di
cui la signora Terry o è inconsapevole o ha scelto di
ignorarla.
Altra affermazione ignorante è che i serbi bosniaci,
"incitati dalla vicina Serbia, hanno tentato di
impadronirsi di tutto il paese, o almeno di
dividerselo con la Croazia." Nessuna indicazione sugli
incitamenti contenuti nella dichiarazione di indipendenza
di Izetbegovic dell’aprile 1992, o su cosa questi scrisse nella
sua "Dichiarazione Islamica" del 1971. Nessuno (a
tutt'oggi) ha mai accusato i serbi di tentare di
impadronirsi del paese intero; neanche Izetbegovic
disse mai una simile stupidità. Rispetto alla divisione con
Croazia, ella deve piuttosto chiedere ad Izetbegovic, che
invitò le truppe croate all’inizio del 1992.
Il maldestro tentativo di Terry di comparare le entità
della Bosnia con gli Stati degli USA, rivela solo
una grande ignoranza della Bosnia come degli USA:
diversamente dalle entità della Bosnia (o dalla Bosnia
stessa, nella fattispecie), gli originari 13 Stati [degli USA]
erano per davvero sovrani e indipendenti all’epoca.
Dopo sette anni da Dayton, la delusione persiste.

III: "Portatemi la testa di Radovan Karadzic!"

Il weekend scorso, l'arpia dell’Aja Carla del Ponte
scarabocchiava sulle pagine del New York Times - luogo
appropriato per le sue opinioni, in effetti - che l'intera
fabbrica dell’universo potrebbe scomparire se i serbi
non consegneranno Radovan Karadzic ed il Generale
Ratko Mladic alle sue gentili cure.
Nell'accusare i leader politico-militari della
Repubblica Serbo-Bosniaca del periodo della guerra, la
tumultuosa alta inquisitrice vorrebbe "spedire un
segnale ad altri, simili leaders nazionalisti, perche'
[sappiano che] il mondo non sarà più povero se si
imporra' la giustizia internazionale."
Esiste un mondo unito? E parla con una sola voce?
Non vi è nessuna agenda su queste cose! Ma al
contrario la Del Ponte soffre, in termini di delusioni per
la sua grandeur, presumendo di parlare
per un Mondo immaginario che lei pensa debba essere
un volgare tirapiedi dell’impero. Perché anche l’Impero
tenta di limitare la sua esposizione a quella palude tossica
che è l’inquisizione: due settimane fa, agli avvocati USA
è stato vietato di rappresentare propri clienti davanti all’ICTY.
Ciò che l’alta inquisitrice chiama "giustizia
internazionale" è l’aperta ed impunita aggressione, come
in Kosovo o in Iraq, e ciò significa che lei non terrà
in conto il concetto che le sue parole affermano.
La sola gloria a cui aspirano i bugiardi è la
falsificazione della Storia.

IV: Cleptocrati scatenati

Ogni governo è per definizione una cleptocrazia: per
esempio, il governante ruba al governato. Ma vi sono
pochi posti nel mondo in cui tale affermazione è così chiaramente
ovvia, e tollerata dalle vittime, come in Serbia.
Il governo del DOS è stato imposto dalla Banca
Mondiale e dall’FMI, che appoggiano il piano di
"stimolare" l’economia con vendite fraudolente che
gettano nella miseria gli investitori stranieri mentre
tassano anche l’aria fuori dalle imprese. Questo non è
solo irrazionale ed economicamente senza senso, è
criminalmente sbagliato... I lavoratori che sono scesi
nelle strade di Belgrado vogliono solo far finire gli
abusi del governo, domandano che prenda provvedimenti.
Ogni giorno, il pubblico scopre nuove complicità del
governo nell’esportazione dello zucchero, che fa
scivolare milioni di euro, provenienti dai sussidi
UE per l’importazione, nelle tasche degli affaristi
collegati con il governo. Gli alti gradi del governo
controllano ogni aspetto della vita, e ciò garantisce
il controllo del regime DOS sul traffico.
Sommersi dal disprezzo del popolo che dominano, i
membri della DOS non hanno un progetto che possa
essere accettabile.
Un altro dei loro recenti schemi è lo smantellamento
dell’esercito, da ridurre a livelli accettabili per una
“partnership” con la NATO, rendendolo membro
dell’Alleanza.
Non è veramente liberale opporsi allo smantellamento
dell’esercito, ma da quando il governo serbo ha rafforzato
lo stretto controllo delle armi tra popolazione, non vi
è stato nessuno ad occupare il vuoto. Da tempi della Bibbia
ad oggi, la difesa nazionale è una funzione basilare del
governo - o, per essere schietti, il fare la guerra. Il
governo serbo adesso rischia di fallire nel suo
compito fondamentale, nel tentativo di compiere le
"riforme" e "integrare" la nazione nel novero di quelli che
l’attaccarono pochi anni fa. Tale è il comportamento
di un regime di quisling, non di un governo
"democratico".

È ora chiaro al di là di ogni dubbio che il DOS è una
banda di ladri. Inoltre, curiosamente, il DOS vorrebbe
normalmente far parte dei Balcani moderni, ma
ottiene il peggio del peggio. Come tutti i politici,
desiderano potere e saccheggio, curano la loro attuale
posizione e la possibilità di avere tutto questo dai loro
padroni stranieri, che devono (e vogliono) lealmente
servire.
La continuazione del loro regno del caos dipende dalla
capacità di ingannare i loro concittadini nel far
credere che il DOS attui le necessarie "riforme" e la
"integrazione", con l’altrettanto insensato argomento che
opporsi al DOS significhi supportare Milosevic. Se i
serbi dovessero mai rinsavire, e comprendere che le
loro scelte sono assai più numerose, e che non hanno
bisogno di sostenere la cleptocrazia – che sia straniera o
domestica –, quest'ultima la pagherebbe cara.
Speriamo che ciò accada presto.

Epilogo

In realtà costoro non sono uniti. Apologeti,
inquisitori, mezzani e ladri continuano ad assaltare i
Balcani, dichiarandosi campioni della verità, della
giustizia, della consapevolezza e della capacità. Più
andranno avanti, più le cose peggioreranno. La soluzione,
se si avrà presto, è evidente di per se stessa.

Traduzione di Alessandro Lattanzio
Email: alexlattanzio@...
Sito: http://members.xoom.it/sitoaurora

Revisione del testo italiano a cura del CNJ

MILOSEVIC: DREI MONATE VORBEREITUNGSZEIT FÜR DIE VERTEIDIGUNG IM
“PROZESS DES JAHRHUNDERTS” -

EIN VERSUCH DES TOTSCHWEIGENS DER WAHRHEIT

Pressemitteilung der Sektion Québec und Kanada des Internationalen
Komitees für die Verteidigung von Slobodan Milosevic (ICDSM) vom 30.
September 2003-09-30;
Übersetzung: Deutsche ICDSM-Sektion


Die Sektion Québec und Kanada des Internationalen Komitees für die
Verteidigung von Slobodan Milosevic (ICDSM) möchte ihrer Empörung
darüber Ausdruck geben, dass das Internationale Straftribunal für das
ehemalige Jugoslawien (ICTY) entschieden hat, Präsident Slobodan
Milosevic nur drei
Monate Vorbereitungszeit zu gewähren, um seine Verteidigung in einem
„Fall“ darzulegen, der allein auf einer zynischen Fälschung der
turbulentesten zehn Jahre der Geschichte Jugoslawiens aufgebaut ist.

Diese Entscheidung ist ein weiteres Beispiel der Missachtung des ICTY
gegenüber den elementarsten internationalen Normen der allgemeinen
Rechtslehre und den Rechten von Gefangenen. Diese Entscheidung ist auch
ein deutliches Signal, dass diese Institution, geboren unter dem Druck
der
Regierung der USA, - die für ihre eigenen fortgesetzten Verbrechen
rechtliche Straffreiheit institutionalisiert hat - weder als geeignetes
Instrument für die Durchführung eines ordentlichen Verfahrens
geschaffen wurde noch ein solches durchführt. Dieser Prozess versucht
lediglich von einem genaueren Nachforschen nach der Verantwortung des
Westens für die Zerstörung einer Nation abzulenken. Konfrontiert mit
der Weigerung von Präsident Milosevic, die politischen Machenschaften
von Den Haag hinzunehmen, mit seiner prinzipienfesten Verteidigung
seines Volkes und seiner Geschichte, und mit seinem erfolgreichen
Auftreten im Gerichtssaal, versucht das ICTY nun, ihn daran zu hindern,
seine Sicht des Falles darzustellen.

Dies ist Lynchjustiz, wie der bekannte kanadische Strafrechtler Edward
Greenspan meinte.

Bestellung eines Zwangsverteidigers?

Am 4. April 2003 erkannte das ICTY das Recht Slobodan Milosevics an,
sich selbst zu verteidigen, und verwarf einen Antrag der Anklage, gegen
seinen Willen für ihn einen Anwalt zu bestellen. Dieses grundlegende
Recht auf Selbstverteidigung ohne eine gegen den Willen des Angeklagten
vorgenommene Bestellung eines Anwalts ist von allerhöchster Bedeutung.
Der Supreme Court der USA befand, dass es für die Bestellung eines
Anwalts für einen damit nicht einverstandenen Angeklagten keinen
Präzedenzfall gibt, abgesehen von der für politische Prozesse
geschaffenen Sternkammer. Die Anklage versucht nun, diese Angelegenheit
erneut aufzubringen und wird die Bestellung eines Anwalts gegen den
Willen von Präsident Milosevic beantragen, ungeachtet der Tatsache,
dass schon ein solcher Antrag den politischen Charakter des Prozesses
verrät.

Das ICTY stellt in seiner Entscheidung, Slobodan Milosevic zu
gestatten, sich selbst zu vertreten, unter Bezugnahme auf Artikel 21
des Statuts des ICTY fest, dass es “in der Tat der Verpflichtung
nachkommen muss, dass ein Verfahren fair und zügig erfolgt; insofern
die Gesundheit des Angeklagten eine Rolle spielt, hat diese
Verpflichtung eine besondere Bedeutung.“ Artikel 21 bestimmt, dass die
Kammer dieser Verpflichtung “in völliger Achtung der Rechte des
Angeklagten” nachkommen muss.

Mehr zügig als fair?

Die Entscheidung der Kammer, Herrn Milosevic drei Monate Zeit zu geben,
um seine Verteidigung vorzubereiten, steht in völligem Gegensatz zu der
von ihr bekundeten Sorge, ein faires Verfahren zu gewährleisten, sowie
zur Achtung der Rechte des Angeklagten. Es handelt sich um eine
gänzlich unrealistische
Vorbereitungszeit für ein Verfahren dieser Größenordnung, insbesondere
weil Herr Milosevic sich in Haft verteidigt.

Ferner hat die Kammer Herr Milosevic ein weiteres Erschwernis
auferlegt, indem sie ihn anwies, innerhalb von sechs Wochen nach
Abschluss des Vorbringens der Anklage eine ausführliche Liste der von
ihm beannten Zeugen vorzulegen, einschließlich einer Zusammenfassung
der Sachverhalte, zu denen jeder Zeuge aussagen wird, und einem
Hinweis, ob der Zeuge persönlich aussagen wird oder durch schriftliche
Stellungnahme oder mittels eines Aussageprotokolls aus anderen
Verfahren vor dem Tribunal. Er muss ferner die Beweisstücke auflisten,
die er in das Verfahren einzubringen beabsichtigt, und der
Anklagevertretung davon Kopien zur Verfügung stellen. Die Kammer kann
nicht einmal garantieren, dass Herr Milosevic die „Erlaubnis“ erhält,
jeden Zeugen seiner Wahl aufzurufen, da die Entscheidung besagt, dass
die Kammer eine „Verteidigungs-Vorverhandlung“ („Pre-Defence
Conference“) durchführen wird, um die Zeugenliste zwecks Genehmigung zu
überprüfen und die Zeit festzulegen, die ihm für die Darstellung seiner
Position gestattet wird.

Gleichheit der Waffen?

Zahlreiche internationale Konventionen bekräftigen das Recht eines
jeden, der eines Verbrechens angeklagt ist, auf angemessene Zeit und
Mittel, seine Verteidigung vorzubereiten. Dieses Recht ist ein
wichtiger Aspekt des
fundamentalen Prinzips der „Gleichheit der Waffen“, demzufolge die
Verteidigung und die Anklage so zu behandeln sind, dass sichergestellt
ist, dass beide Parteien die gleiche Möglichkeit haben, ihre Position
vorzubereiten und im Laufe des Verfahrens darzustellen. Das Tribunal
hat die Anerkennung dieses Prinzips in seinem Statut bekundet, welches
bestimmt, dass der/die Angeklagte das Recht hat, „die Zeugen gegen ihn
oder sie zu befragen und die Anwesenheit und Befragung von für ihn oder
sie auftretenden Zeugen unter denselben Bedingungen zu erwirken wie die
Zeugen gegen ihn oder sie.“

Der vom Tribunal bekundete Respekt für die “Gleichheit der Waffen“ wird
Lügen gestraft durch das Fehlen jeglicher Beschränkungen für die
Anklage, die auch nur entfernt jenen vergleichbar wären, die sich gegen
Herrn Milosevic auswirken. Dieser hatte es während des „Falles“ der
Anklage im Verlauf von über 250 Verhandlungstagen mit fast 300 Zeugen
zu tun und erhielt über 500.000 Seiten Material zum Verfahren zur
Durchsicht zugestellt. Allein die Last der Vorbereitung der
Kreuzverhöre so vieler Zeugen in einer Gefängniszelle ist erschreckend.
Und jetzt hat er gerade einmal drei Monate, um diese Masse an
Zeugenaussagen und Dokumenten
durchzugehen und die bisher vorliegenden Protokolle durchzusehen. Er
hat sechs Wochen, um Zeugen der Verteidigung zu identifizieren, zu
treffen und zu interviewen, sowie Schlüsseldokumente der Verteidigung
auszuwählen und
anzubieten. Beim Durchsehen der eine halbe Million Seiten an
Mitteilungen würde nur das Lesen allein 347 Tage à vierundzwanzig
Stunden in Anspruch nehmen. Das macht mehr als zehn Monate, nicht drei.
Im Gegensatz dazu hat das ICTY seine „Koso-Anklage“ vor viereinhalb
Jahren erhoben und hatte eine zweijährige Vorbereitungszeit für seine
zusätzlichen Anklagen im Jahre 2001 mit Bezug auf die Konflikte in
Croatien und Bosnien. Die Anklage hatte acht Jahre Zeit, um
Beweismaterial zu Srebrenica zu sammeln.

Das Leben von Präsident Milosevic ist in Gefahr!

Die Entscheidung, nur drei Monate Vorbereitungszeit und nur sechs
Wochen für die Vorlage der Zeugenliste nebst Zusammenfassung ihrer
Stellungnahmen zu gewähren, lässt den Gesundheitszustand von Präsident
Milosevic gänzlich
unberücksichtigt. Durch die wiederholten Unterbrechungen des Verfahrens
musste das Gericht zu Kenntnis nehmen, dass die UN-Ärzte Recht hatten,
als sie berichteten, dass das Leben von Präsident Milosevic wegen der
Intensität des Verfahrens in Gefahr ist. Die Gewährung von nur drei
Monaten Vorbereitungszeit erhöht seine Stress-Situation und könnte zu
erhöhtem Blutdruck, Schlaganfall und Tod führen

Im November letzten Jahres stellte das ICDSM Antrag auf Gehör vor der
Kammer, um zu begründen, dass der gesundheitliche Zustand von Slobodan
Milosevic eine sofortige spezialisierte medizinische Betreuung
erfordert, und dass sein Gesundheitszustand es erforderlich macht, dass
er aus der Haft
entlassen wird, und ihm ausreichend Zeit für seine Rekonvaleszenz
gegeben wird, sowie dass ihm erlaubt wird, seine Verteidigung unter
Nicht-Haftbedingungen vorzubereiten. Das ICTY hat diesem Antrag nicht
stattgegeben, hat ihn aber auch nicht abgelehnt. Das „Tribunal“ hat ihn
einfach ignoriert.

Erschreckende Bedingungen

Zusätzlich zu dem Umstand, nur drei Monate zur Vorbereitung seine
Verteidigung zu haben, muss Herr Milosevic dies aus einer
Gefängniszelle heraus unter erschreckenden Bedingungen tun. Gegenwärtig
kann Herr Milosevic nicht mit seiner Frau und seiner Familie
zusammentreffen. Seine engsten Mitstreiter und Freunde sind für ihn
unzugänglich, da der Registrar des Tribunals den Kontakt mit seiner
Partei, der Sozialistischen Partei Serbiens (SPS), und „assoziierten
Einheiten“ verboten hat. Sloboda, die federführende Vereinigung zur
Verteidigung von Präsident Milosevic wurde als verbotene Gruppe
aufgelistet. Der Registrar verhängte diese Maßnahme aufgrund des
Verdachts, dass zwei SPS-Mitglieder mit der Presse gesprochen haben.
Die Vorbereitung der Verteidigung von Präsident Milosevic erfordert,
dass er mit Zeugen und sachlich kompetenten Personen zusammentrifft,
von denen nun viele nicht in der Lage sind, mit ihm zusammenzutreffen,
weil sie unter Verbot
stehen. „Assoziierte Einheiten“, das kann jeder sein; der Registrar
bestimmt darüber nach Gutdünken. Sloboda hat das Verbot aus
Rechtsgründen angefochten. Eine Antwort des ICTY lässt auf sich warten.

Außer diesen gravierenden Einschränkung der Kontakte von Präsident
Milosevic mit seinen engsten Beratern, hat der Registrar nur
unzureichende technische Möglichkeiten zur Vorbereitung seiner
Verteidigung zur Verfügung gestellt. Ihm wurde der kontrollierte Zugang
zu einigen rudimentären Möglichkeiten der elektronischen und gedruckten
Kommunikation erlaubt (Telefon, Fax, ein Computer in seiner Zelle, ein
VCR zur Ansicht von Prozess-Filmmaterial), aber die Häufigkeit und
Dauer von Besuchen seiner rechtlichen Berater sind eng umgrenzt,
belaufen sich, wenn überhaupt, auf wenige Stunden in der Woche und sind
in Wirklichkeit auf die Tage beschränkt, wenn die Verhandlung früh
beendet ist.
Ebenso bezeichnend ist es, diese Bedingungen und technischen
Möglichkeiten, die einem Mann erlaubt werden, der sich gegen die
weltweit denkbar schwersten Beschuldigungen allein verteidigt, mit den
gewaltigen
Hilfsmitteln zu kontrastieren, die dem Büro der Staatsanwaltschaft zur
Verfügung stehen, sowie mit den unbeschränkten Vorrechten der
Staatsanwaltschaft, mit ihren Ermittlern, Assistenten und Forschern und
verschiedenen anderen Mitgliedern ihres weit größeren Teams zu
konferieren.
Die Sprecherin der Anklage ist bei gemeinsamen Pressekonferenzen mit
dem Sprecher des ICTY anwesend, während Slobodan Milosevic nicht mit
Mitgliedern seiner Partei, Sloboda oder undefinierten „assoziierten
Einheiten“
zusammentreffen kann, weil zwei einzelne Personen verdächtigt werden,
gegenüber über ihre Begegnung mit ihm mit Medien gesprochen zu haben.

Ein öffentliches Verfahren?

Artikel 11 der Allgemeinen Erklärung der Menschenrechte der UN
bekräftigt die Unschuldsvermutung und das Recht des Angeklagten auf
Öffentlichkeit des Verfahrens. Aber das „Verfahren“ von Slobodan
Milosevic ist oft nicht öffentlich und gegen den prüfenden Blick der
internationalen Öffentlichkeit
abgeschirmt. Sicherheitsbelange werden systematisch angeführt, um die
zahlreichen geschlossenen Sitzungen zu rechtfertigen, die Anonymität
der Zeugen sowie „ex parte“-Anträge der Anklage, Anträge, deren Inhalt
Milosevic nicht berechtigt ist zu überprüfen. In den letzten sechs
Monaten hat die Kammer sieben Entscheidungen aufgrund von ex
parte-Anträgen gefällt. Ein weiteres Grundrecht ist es, beim eigenen
Prozess anwesend zu sein. Wenn Herr Milosevic die Vorlagen der
Anklagevertretung an die Richter nicht lesen kann, geschweige denn auf
sie zu antworten, kann dann behauptet werden, dass er bei seinem
Verfahren tatsächlich anwesend ist?

Präsident Milosevic freilassen!

Diese Vorgänge zeugen von einem Prozess, der mehr zügig als fair ist,
und veranlassen die Sektion Québec und Kanada des ICDSM noch einmal die
Forderung des ICDSM nach einer zweijährigen Unterbrechung des Prozesses
zu wiederholen, um Slobodan Milosevic zu ermöglichen, seine Verteidigung
vorzubereiten, die Einschränkung seiner Besuchsrechte zu beenden und
sich gesundheitlich durch einen Arzt seiner Wahl behandeln zu lassen.
Er muss aus der Untersuchungshaft entlassen werden. Anders zu
verfahren, hieße nur die
schändliche Verhöhnung der Rechtsprechung in Den Haag fortzusetzen.
Allerdings ist das gründlichste Heilmittel zur Beendigung dieses
Justizzirkus - ein Heilmittel, das wir unterstützen - die vollständige
Auflösung dieses unheilbar politisierten „Gerichts“ und die Entlassung
aller seiner Gefangenen.

30. September 2003

Übersetzung aus dem Englischen: Klaus von Raussendorff