Informazione

Un libro per la difesa della Memoria storica e per l'oggi


Segnalo un libro di E. Sequi, recentemente ristampato dopo
l'edizione del 1950: "Eravamo in tanti" (Ed. Comedit,
Euro 10,33). E' il diario partigiano di questo italiano
che ha combattuto nell'Esercito Popolare di Liberazione
Jugoslavo, contro il nazifascismo croato, tedesco ed
italiano nelle terre jugoslave.

Una storia che ha contribuito, con tante altre, al
riscatto morale e politico del nostro paese, che sotto il
regime fascista ha insanguinato, distrutto e violentato
le genti e le terre Balcaniche, compiendovi atti e
misfatti di estrema e profonda ferocia. Furono 340.000 i
soldati italiani che occuparono e calpestarono il suolo
jugoslavo:

<<Topusko 14/11/1943... Quante di queste stragi e
di queste rovine portano il nome degli italiani? "Gli
italiani sono buoni, gli italiani non sanno essere
cattivi e barbari", e così via di questo passo. E' un po'
la convinzione diffusa, e invero gli italiani non
sarebbero cattivi, non sarebbero bestie. Ma i tronconi di
muri, i focolari dispersi al vento e il sangue di tanta gente
colpevole solo di essere nata serba o croata e di amare
la libertà, pesano sul mio nome d'italiano come una
coscienza sporca di delitti. Esiste un mezzo solo per non
sentire la colpa: sparare anche contro tutti quelli che
si dicono italiani e t'infamano un nome che t'è dolce
come quello di famiglia. Qui nessuno mi fa colpa dei
delitti commessi da bestie della mia lingua. Ma siamo croati,
serbi, sloveni ed io italiano, e tutti insieme combattiamo
senza compromessi contro le bestie di ogni lingua. Ci
comprendiamo meglio tra di noi, nella lotta, di
quanto mi sia possibile comprendere il toscano che
incendia la casupola di un contadino serbo, o scarica la
pistola sul petto tenero della fanciulla appena
violentata. Sono contento d'essere con loro.>> (E.Sequi)

Sequi, insegnante di lingua e letteratura italiana a
Zagabria, dopo l'8 settembre del 1943 aderì al movimento
partigiano, nel quale oltre ad essere un combattente, si
occupò di curare in italiano numerosi fogli partigiani
(tra cui "La voce del popolo" ancora oggi quotidiano della
comunità italiana in Croazia), indirizzati ai 40.000
compatrioti che ebbero il coraggio e la determinazione di
combattere il nazifascismo, fianco a fianco con il popolo
jugoslavo, per riscattare il debito contratto dal
fascismo verso questo popolo.

<<Kolaric Selo, 1/4/1944... "Favorisci, compagno, ma non
abbiamo cosa darti da mangiare". Lo so che non hanno
niente, neanche il sale, ma non sento fame, sento solo
voglia di stendermi e di dormire. C'è una stanza
sola. "E la casa chi te l'ha bruciata, gli italiani?" Dice
di no, sono stati gli ustascia. Meglio così. Sono
italiano anch'io, anche se partigiano. E lui è serbo...
Hanno ucciso il fratello... Chi? Me lo racconta: quel
campo laggiù, "mio fratello guidava l'aratro. Passò uno
squadrone di cavalleria italiana, tornavano da una
spedizione punitiva, furiosi d'aver fatto fiasco. Mio
fratello alzò la testa dall'aratro per guardare tutti
quei cavalli. Lo presero, l'attaccarono per i piedi alla
coda d'un cavallo, e via al galoppo." La strada è sassosa.
Ed io italiano in casa sua ho la vergogna in gola...
L'ora di cena. La figlia torna e mi mette davanti pane,
formaggio e latte. Eppure, sono italiano, e loro di certo
quella roba non l'hanno mangiata da anni. Non ho coraggio
di mangiare: penso al fratello ucciso. Non ho coraggio
nemmeno dopo che mi dice: "mangia compagno", e non tocco
nulla, neanche quando lo ripete. E allora mi guarda, e
capisce, lui, il contadino serbo. "Mangia compagno, mi
dice lentamente, quelli non erano italiani: erano fascisti,
tu sei italiano, ma tu sei un nostro compagno". Sono parole
grandi come la vetta delle montagne. Come Tito che gliele
ha insegnate.>> (E. Sequi)

E' una narrazione semplice e diretta, scritta alla sera o
nella notte, spesso dopo marce e scontri, su una piccola
agendina, ma che ha un grande valore: quello di
trasmettere una memoria storica, un lascito
alle future generazioni di coraggio, solidarietà,
fratellanza, di quella semplicità che, come diceva B.
Brecht, "è difficile da farsi". Un libro che va letto e
fatto circolare, non in quanto opera letteraria, ma
perché, scorrendone le pagine, emerge una quotidianità
fatta non tanto da eroismi (che ci furono e a cui va dato
atto), quanto da semplici gesti, semplici atti.
Sfaccettature di ciò che ha significato la Resistenza
antifascista: un patrimonio ed una ricchezza politica ed
umana fondata sulla solidarietà, sull'impegno di vita in
prima persona e sul collettivismo di coloro che ebbero il
coraggio allora di "andare in bosco", come si soleva
dire, per chi si dava alla lotta partigiana. Una
ricchezza che non dobbiamo lasciare andare dispersa e che
Sequi, neldescrivere la vita, le motivazioni, i limiti di
coloro che "scelsero" la lotta, rende viva. Una storia che
Sequi non termina nel 1945 ma che, per lui e per tanti altri
italiani, fu la base per vivere e contribuire alla
costruzione della nuova Jugoslavia socialista, nata
dalla lotta di liberazione; una storia che l'autore
proseguì coerentemente e orgogliosamente fino alla sua
morte, avvenuta nel 1995 a Belgrado, dove nei primi anni
Novanta si rifugiò, per sfuggire al riapparire
del rinascente nazionalismo ustascia croato che, come un
cancro non bene estirpato, si ripresentava dopo oltre 45
anni sulla scena jugoslava e che fu uno dei protagonisti
decisivi dello squartamento e distruzione della ex
Jugoslavia, grazie al sostegno del Vaticano e
dell'Occidente, e che nuovamente ha contribuito ad
insanguinare fino ai giorni nostri la terra jugoslava.
Responsabilità che ora è sulle spalle della nostra
generazione attuale che non è stata in grado di impedire
l'evolversi di atti e misfatti, per interessi meramente
geopolitici e di profitto, camuffati e "venduti" come
umanitari, con relativi interventi, aggressioni,
immiserimenti e bombardamenti "umanitari".

E chissà quando riusciremo a levarci questa nuova onta che
abbiamo addosso. Ecco perché questo testo è importante ed
attuale, perché non è farcito di episodi bellici, di
uccisioni, di violenza, ma è la storia di uomini e donne
che, con coraggio e determinazione ardui e faticosi da
raggiungere, come sempre nella storia e nella vita,
"scelgono" di stare da una parte, di essere partigiani
(nel senso più gramsciano del termine). E molte volte
il combattimento più difficile è quello contro le proprie
debolezze, contro fame, fatica, stanchezza, paura, sonno,
fango, gelo, nostalgia di casa, ricordi delle persone
care; ecco la battaglia più estenuante e continua, perché
dura ogni minuto dell'esistenza di un combattente.

Eppure, come racconta Sequi, è qui che la questione
politica e morale emerge. Si resiste solo perché si hanno
motivazioni forti, radicate nella propria coscienza,
nella realtà che si vede e vive intorno: l'oppressione di
un popolo, la violenza eretta a valore dal nazifascismo.
Si resiste e si lotta per ottenere la liberazione: quella
di un popolo, che è anche la propria. Questo in sostanza ciò
che si ha dalle righe di questo comunista
italo-jugoslavo, come fino alla fine soleva definirsi; un
messaggio di umanità cosciente, di sentimenti semplici e
puliti, intrisi di fiducia e di speranza - sempre più rari ai
giorni nostri. Un libro per le nuove generazioni e per chi
ha combattuto e vissuto da partigiano, un libro che
scalda l'anima di coloro che, in questi anni per motivi
diversi hanno lottato, difeso e sostenuto il popolo jugoslavo
contro l'aggressione politica, economica e culturale e
tutte le menzogne mediatiche, che lo hanno portato ad
essere quasi un popolo del Quarto Mondo. Ma la storia, si
sa, continua... e come scrisse lo stesso Sequi in una
prefazione di questo Diario: <<Vorrei che ogni lettore
sentisse, magari con ingenuità, l'immenso fresco
entusiasmo che ci spingeva, riprovasse l'inestinguibile
calore di umanità che ci alimentava, e comprendesse di
quanta poesia è fonte perenne quella nostra lotta per una
vita diversa e più giusta... si combatteva, sentendoci
tutti indissolubilmente fratelli nella guerra contro la
guerra ed ogni ingiustizia>>.

Enrico Vigna
Associazione "SOS Yugoslavia" - Torino

Per le richieste:
email: posta@... - 338/1755563

Il libro è disponibile per i compagni e le Associazioni a
8 Euro la copia, da 5 copie in su.

----- Original Message -----
From: Artel
Sent: Monday, June 24, 2002 12:24 AM
Subject: Novi tekst na ARTEL GEOPOLITIKA_ Akade3mik
Mihailo Markovic: Odnosi Srbije i Crne Gore

by www.artel.co.yu

office@...
Datum:23 jun 2002

AKADEMIK MIHAILO MARKOVI?: Odnosi Srbije i Crne Gore

Izlaganje na okruglom stolu Beogradskog foruma
odr?anom 15. 11. 2001. god. na temu "Odnosi Srbije i
Crne Gore"

Ja bih nesto rekao o strateskim pitanjima odnosa
Srbije i Crne Gore. Na?in na koji ?e biti reseno
pitanje odnosa izmedju Crne Gore i Srbije ima?e
brojne i dalekose?ne posledice za sve gradjane koji
?ive na ovim prostorima. Otcepljenje Crne Gore od
Jugoslavije ?eli jedna mawina gra|ana Crne Gore, oko
polovina od 380.000 Crnogoraca i albanska manjina.
Ta manjina je pravo odlu?vanja oduzela Crnogorcima
koji ?ive u Srbiji i kojih ima oko 150.000. Dakle to
tzv. "neotudjivo pravo na samoopredeljenje" ne
poziva se na nacionalne ve? na teritorijalne i
adminisgtrativne kriterijume. Jedni mogu, a drugi ne
mogu da u?estvuju na referendumu. Medjutim po
medjunarodom pravu administrativne jedinice nemaju
pravo na otcepljenje makar se one zvale "Republika".
Utoliko pre sto po postoje?em Zakonu o referendumu
on ?e se smatrati uspelim ako na glasanju u?estvuje
nesto vise od 50% i na referendumsko pitanje
pozitivno odgovori opet nesto vise od 50%, onih koji
su glasali.
O sudbini Crne Gore i Jugoslavije mo?e odlu?iti,
dakle, jedva nesto vise od ?etvrtine glasa?kog tela.
Tako koncipirani zakon o referendumu i otcepljenje
Crne Gore do koga mo?e do?i na osnovu arbitrarne
volje jedne neodgovorne manjine, (koja ustvari te?i
neograni?enom monopolu svoje mo?i i potpunoj
kontroli teritorije na kojoj neograni?eno vlada)
mo?e dovesti do razdora i nasilja, pre svega, u
samoj Crnoj Gori. Njen severozapadni deo (brda) i
deo koji je nekad bio hercegova?ki, ve? se politi?ki
organizovao za borbu protiv sadasnje vlasti, jer on
kao ni Boka Kotorska ne priznaje crnogorsku
nacionalnost i nije, kako se to ka?e "vekovno"
pripadao crnogorskoj dr?avi. Nema nikakve sumnje da
nasilni pokusaj razdvajanja Crne Gore i Srbije mo?e
izazvati gradjanski rat u Crnoj Gori.
Medjutim to razdvajanje i na druge na?ine mo?e
destabilizovati ceo region. Posle Kosova i Metohije
i Makedonije skoro je izvesno da bi albanski
nacionalisti i teroristi preneli svoje operacije i
na isto?ni deo Crne Gore od Plava, Gusinja, Ro?aja
do Ulcinja. Jos od formiranja "Prizrenske lige"
1878. godine isto?na Crna Gora figurira u svim
njenim planovima kao neophodni deo Velike Albanije.
Razbijanje Jugoslavije bi neposredno uticalo na
status Kosmeta, Prevlake i Republike Srpske.
Nestanak jugosovenske dr?ave bi odmah otvorio
pitanje proglasenja nezavisnosti Kosova, jer se u
Rezoluciji 1244 ne spominje suverenost Srbije nad
Kosovom i Metohijom. Hrvatska bi po?urila da
anekstira Prevlaku. Medjunarodni polo?aj Republike
Srpske bi bio osetno uzdrman, jer bi is?ezla dr?ava
koja je jedan od garanata Dejtonskog sporazuma.
Najzad bio bi pogorsan i strateski polo?aj same
Republike Srbije jer bi bila prese?ena njena,
strateski vrlo bitna veza, sa Jadranskim morem, i
dovedena u pitanje njena mornarica u kojoj je pored
ostalog i daleko najve?i deo sredstava ulagalo
stanovnistvo Srbije, a koje bi ?elelo da prigrabi
sadasnje rukovodstvo Crne Gore. Treba dodati da bi
se pogorsao i strateski polo?aj Makedonije, kojoj bi
se na njenim zapadnim i severnim granicama, nasli ne
samo Albanci iz albanije nego i oni iz Crne gore,
Kosova i Metohije.
Ovakva pretnja destabilizovanja celog regiona
Jugoisto?ne Evrope bila je jedan od razloga sto je
o?igledno doslo do izvesne promene stava
medjunarodne zajednice i posebno SAD prema
otcepljenju Crne Gore. To otcepljenje je od strane
zemalja NATO pakta bilo podr?avano kada je njihov
prioritet bilo slabljenje i rusenje tadasnjeg
vladaju?eg re?ima u Srbiji. U medjuvremenu je taj
cilj ostvaren. U SAD se promenila administracija, a
balkanska kriza se prosirila i na podru?je
Makedonije. Nova administracija u kojoj nije bilo
strasnih mrzitelja Srba, kao sto su bili Klinton,
gospodja Olbrajt, Holbruk i drugi, nije bila
motivisana da se iznad svega sveti Srbima zbog
neposlusnosti i prikrivanja gutitaka, iako je i ona
nastavila politiku globalizacije i kontrole nad
Balkanom. Ona nije mogla ne uvideti da ?e od
secesije Crne Gore imati samo problema a nikakve
koristi. Najzad, agresija albanskih terorista na
Makedoniju je upozorila da se to isto mo?e o?ekivati
i u Crnoj Gori ?im se osamostali. Pred celim svetom
je pala maska Siptara kao progonjenih ?rtava. Ako je
kao deo programa globalizacije bilo bitno da na
Balkanu ne postoji ni jedna jaka, potencijalno
neposlusna dr?ava, onda o?igledno protiv-produktivno
bi bilo dalje podr?avanje bilo ?ega sto je moglo
voditi formiranju jedne eufori?ne, izrazito
nacionalisti?ke Velike Albanije. Tako je oslabila
podrska za stvaranje nezavisnog Kosova ali i za
otcepljenje Crne Gore. To jos nisu definitivno
zauzeti stavovi, pa su u igri razli?itih lobija jos
uvek mogu?a neprijatna iznenadjenja. Ipak, ve? i
sami povremeni glasovi ameri?kih funkcionera o
potrebi ostajanja Crne Gore u okvirima zajedni?ke
dr?ave sa Srbijom mora?e imati odredjeno dejstvo,
odnosno ve? sami ti glasovi morali su imati
odredjeno dejstvo na pragmati?ni deo crnogorskih
separatista. Prema tome veliko je pitanje da li ?e
secesionisti?ke snage dobiti podrsku ?ak i onih
svega 26% bira?kog tela sto bi, u najgorem slu?aju,
bilo dovoljno za otcepljenje.
Iz analize odnosa unutrasnjih snaga u Crnoj Gori i
Srbiji mo?e se zaklju?iti kakve su mogu?nosti
budu?eg opstanka njihove sadasnje zajedni?ke dr?ave.
Dva bitna kriterijuma podele tih razli?itih
politi?kih snaga su nacionalno opredeljenje i
socijalna orijentacija. Po nacionalnom opredeljenju
treba, pre svega, razlikovati tri grupe Crnogoraca.
U prvoj su oni koji sebe smatraju Crnogorcima
srpskog roda, u drugoj su oni koji o sebi misle kao
o jednom specifi?nom delu srpskog naroda, dakle
Srbima crnogorskih brda, Isto?ne Hercegovine i Boke
Kotorske, dok tre?i misle da su oni Crnogorci po
nacionalnosti, koji imaju razli?iti nacionalni
identitet od Srba i po tome zaslu?uju da imaju
nezavisnu suverenu dr?avu. Za razliku od ovih
tre?ih, prve dve grupe se u ve?ini protive
otcepljenju. Pored ovih 380.00 Crnogoraca, u Crnoj
Gori ?ivi oko 235.000 pripadnika muslimanske i
siptarske manjine. Siptari su listom za otcepljenje
Crne Gore, dok je medju Muslimanima (ili Bosnjacima
kako oni sebe zovu) znatan broj onih koji ne ?ele
definitivnu deobu srpskog i crnogorskog dela
Sand?aka, pa bi se zbog toga mogli odlu?iti za
(makar privremeno) odr?anje zajedni?ke dr?ave
Jugoslavije sve dok se ne iznese na dnevni red
pitanje statusa celog Sand?aka.
Sto se ti?e socijalnih opredeljenja i njihovih
implikacija za opstanak zajedni?ke dr?ave situacija
nije tako jednostavna da bi se mogla opisati
jednostranom polarizacijom "levo-desno". Obe vode?e
politi?ke grupacije DPS i SNP poti?u iz Demokratske
partije Socijalista. Medjutim, vladaju?a DPS se
orijentisala ka sticanju bogatstva i u?vrs?enju
vlasti putem ja?awa organa nasilja, tako da je
postala tipi?na partija desnice, dok je druga SNP
ostala u okvirima klasi?ne partije levice. Prva je
separatisti?ka, druga prosrpska i jugoslovenska. Ova
podela reflektuje jednu raniju duboku podelu izmedju
"zelenasa" i "bjelasa". Prvi su se protivili
ujedinjenju sa Srbijom 1918. i kasnije masovno
ulazili u Komunisti?ku partiju Crne Gore-kad je
Kominterna proklamovala tezu o razbijanju
Jugoslavije, i o Crnogorcima kao posebnoj naciji sa
svojom posebnom dr?avom. Drugi "bjelasi", su se
1918. opredelili za ujedinjenje sa Srbijom, a
kasnije za odr?anje celovite jugoslovenske dr?ave.
Iz ove analize sledi da bi trebalo da levo
orijentisani Crnogorci srpskog roda kao i oni koji
se ose?aju Srbima, uz izvesnu podrsku jugoslovenski
orijentisanih Muslimana, dobiju minimalnu prevagu na
referendumu ako se on odr?i u prole?e 2002. godine.
U Srbiji je situacija druk?ija. Levica je posle
poraza na izborima 2000. godine znatno oslabljena.
Ona u celini ?eli odr?anje zajedni?ke dr?ave sa
Crnom Gorom, iako u toj dr?avi, paradoksalno, ona ne
saradjuje sa crnogorskom levicom Socijalisti?kom
narodnom partijom, koja je izabrala da udje u
koalicionu vladu sa srpskom desnicom iz DOS. Na
srpskoj desnici pa ?ak i u samoj vladaju?oj
koaliciji DOS situacija je slo?ena. Pored nesto
separatista, koji pri?eljkuju, (mada o tome otvoreno
ne govore) da se Crna Gora najzad jednom otcepi,
postoje jake nacionalisti?ke snage (DSS, SRS, SSJ)
koje smatraju da su Crnogorci ustvari ?isti Srbi i
da se prema tome mora o?uvati jedinstvena srpska
dr?ava.
Na drugoj strani su mondijalisti, recimo oni iz DOS,
ljudi koji ne moraju biti bez ikakvih nacionalnih
ose?anja ali koji daju prednost globalizaciji (i
u?es?u Srba u toj globalizaciji) pred odr?anjem
nacionalne dr?ave. Oni ne smatraju bitnim da li }e
Srbija i Crna Gora biti jedna ili dve nacionalne
dr?ave, ve? da li ?e obe postati regioni Evropske
zajednice.
U Srbiji se mo?e proceniti da bi referendum (ukoliko
bi ga bilo) dao znatnu prednost odr?anju zajedni?ke
dr?ave. Do dezintegracije Jugoslavije bi, ipak,
moglo do?i pod uslovom da se za nju odlu?e NATO
zemlje, sto u ovom ?asu nije najverovatnije, ili
ukoliko Jugoslavija do?ivi potpuni privredni slom u
2002. godini sto je sasvim mogu?e.

Subject: 9-11: The Missing Link
Date: Fri, 21 Jun 2002 17:04:58 -0400
From: Michel Chossudovsky


Was it an intelligence failure? to give red carpet treatment to the
"money man" behind the 9-11 terrorists, or was it simply
"routine"?

POLITICAL DECEPTION: THE MISSING LINK BEHIND 9-11

by Michel Chossudovsky

Global Outlook, No. 2. Summer 2002 at
http://www.globalresearch.ca/globaloutlook/orderformI2.html

Centre for Research on Globalisation (CRG),
http://www.globalresearch.ca, 20 June 2002

The URL of this article is
http://globalresearch.ca/articles/CHO206A.html



The foreknowledge issue is a Red Herring: "A Red Herring is a
fallacy in which an irrelevant topic is presented in order to divert
attention from the original issue."


ON May 16th The New York Post dropped what appeared to be
a bombshell: "Bush Knew . . . " Hoping to score politically, the
Democrats jumped on the bandwagon, pressuring the White
House to come clean on two "top-secret documents" made
available to President Bush prior to September 11, concerning
"advance knowledge" of Al Qaeda attacks. Meanwhile, the U.S.
media had already coined a new set of buzzwords: "Yes, there
were warnings" and "clues" of possible terrorist attacks, but
"there was no way President Bush could have known" what was
going to happen. The Democrats agreed to "keep the cat inside
the bag" by saying: "Osama is at war with the U.S." and the FBI
and the CIA knew something was cooking but "failed to connect
the dots." In the words of House Minority Leader, Richard
Gephardt:

"This is not blame-placing. . . . We support the President on the
war against terrorism have and will. But we've got to do better
in preventing terrorist attacks." 1

The media's spotlight on 'foreknowledge' and so-called "FBI
lapses" served to distract public attention from the broader issue
of political deception. Not a word was mentioned concerning
the role of the CIA, which throughout the entire post-Cold War
era, has aided and abetted Osama bin Laden's Al Qaeda, as
part of its covert operations.

Of course they knew! The foreknowledge issue is a red herring.
The "Islamic Brigades" are a creation of the CIA. In standard
CIA jargon, Al Qaeda is categorized as an "intelligence asset".
Support to terrorist organizations is an integral part of U.S.
foreign policy. Al Qaeda continues to this date (2002) to
participate in CIA covert operations in different parts of the
World.2 These "CIA-Osama links" do not belong to a bygone
era, as suggested by the mainstream media.

The U.S. Congress has documented in detail, the links of Al
Qaeda to agencies of the U.S. government during the civil war
in Bosnia-Herzegovina, as well as in Kosovo.3 More recently in
Macedonia, barely a few months before September 11, U.S.
military advisers were mingling with Mujahideen mercenaries
financed by Al Qaeda. Both groups were fighting under the
auspices of the Kosovo Liberation Army (KLA), within the same
terrorist paramilitary formation.4

The CIA keeps track of its "intelligence assets". Amply
documented, Osama bin Laden's whereabouts were always
known.5 Al Qaeda is infiltrated by the CIA.6 In other words,
there were no "intelligence failures"! In the nature of a well-led
intelligence operation, the "intelligence asset" operates
(wittingly or unwittingly) with some degree of autonomy, in
relation to its U.S. government sponsors, but ultimately it acts
consistently, in the interests of Uncle Sam.

While individual FBI agents are often unaware of the CIA's role,
the relationship between the CIA and Al Qaeda is known at the
top levels of the FBI. Members of the Bush Administration and
the U.S. Congress are fully cognizant of these links.

The foreknowledge issue focussing on "FBI lapses" is an
obvious smokescreen. While the whistleblowers serve to
underscore the weaknesses of the FBI, the role of successive
U.S. administrations (since the presidency of Jimmy Carter) in
support of the "Islamic Militant Base", is simply not mentioned.

FEAR AND DISINFORMATION CAMPAIGN

The Bush Administration through the personal initiative of Vice
President Dick Cheney chose not only to foreclose the
possibility of a public inquiry, but also to trigger a fear and
disinformation campaign:

"I think that the prospects of a future attack on the U.S. are
almost a certainty. . . . It could happen tomorrow, it could
happen next week, it could happen next year, but they will keep
trying. And we have to be prepared." 7

What Cheney is really telling us is that our "intelligence asset",
which we created, is going to strike again. Now, if this "CIA
creature" was planning new terrorist attacks, you would expect
that the CIA would be first to know about it. In all likelihood, the
CIA also controls the so-called 'warnings' emanating from CIA
sources on "future terrorist attacks" on American soil.

CAREFULLY PLANNED INTELLIGENCE OPERATION

The 9-11 terrorists did not act on their own volition. The suicide
hijackers were instruments in a carefully planned intelligence
operation. The evidence confirms that Al Qaeda is supported by
Pakistan's military intelligence, the Inter-services Intelligence
(ISI). Amply documented, the ISI owes its existence to the CIA:

"With CIA backing and the funnelling of massive amounts of
U.S. military aid, the ISI developed [since the early 1980s] into a
parallel structure wielding enormous power over all aspects of
government....The ISI had a staff composed of military and
intelligence officers, bureaucrats, undercover agents and
informers estimated at 150,000."8

The ISI actively collaborates with the CIA. It continues to
perform the role of a `go-between' in numerous intelligence
operations on behalf of the CIA. The ISI directly supports and
finances a number of terrorist organizations, including Al
Qaeda.

THE MISSING LINK

The FBI confirmed in late September, in an interview with ABC
News (which went virtually unnoticed) that the 9-11 ring leader,
Mohammed Atta, had been financed from unnamed sources in
Pakistan:

"As to September 11th, federal authorities have told ABC News
they have now tracked more than $100,000 from banks in
Pakistan, to two banks in Florida, to accounts held by suspected
hijack ring leader, Mohammed Atta. As well . . . "Time
Magazine" is reporting that some of that money came in the
days just before the attack and can be traced directly to people
connected to Osama bin Laden. It's all part of what has been a
successful FBI effort so far to close in on the hijacker's high
commander, the money men, the planners and the
mastermind."9

The FBI had information on the money trail. They knew exactly
who was financing the terrorists. Less than two weeks later, the
findings of the FBI were confirmed by Agence France Presse
(AFP) and the Times of India, quoting an official Indian
intelligence report (which had been dispatched to Washington).
According to these two reports, the money used to finance the
9-11 attacks had allegedly been "wired to WTC hijacker
Mohammed Atta from Pakistan, by Ahmad Umar Sheikh, at the
instance of [ISI Chief] General Mahmoud [Ahmad]." 10
According to the AFP (quoting the intelligence source):

"The evidence we have supplied to the U.S. is of a much wider
range and depth than just one piece of paper linking a rogue
general to some misplaced act of terrorism." 11

PAKISTAN'S CHIEF SPY VISITS WASHINGTON

Now, it just so happens that General Mahmoud Ahmad, the
alleged "money man" behind 9-11, was in the U.S. when the
attacks occurred. He arrived on the 4th of September, one week
before 9-11, on what was described as a routine visit of
consultations with his U.S. counterparts. According to Pakistani
journalist, Amir Mateen (in a prophetic article published on the
September 10):

"ISI Chief Lt-Gen. Mahmoud's week-long presence in
Washington has triggered speculation about the agenda of his
mysterious meetings at the Pentagon and National Security
Council. Officially, he is on a routine visit in return to CIA
Director George Tenet's earlier visit to Islamabad. Official
sources confirm that he met Tenet this week. He also held long
parleys with unspecified officials at the White House and the
Pentagon. But the most important meeting was with Marc
Grossman, U.S. Under Secretary of State for Political Affairs.
One can safely guess that the discussions must have centred
around Afghanistan . . . and Osama bin Laden. What added
interest to his visit is the history of such visits. Last time Ziauddin
Butt, Mahmoud's predecessor, was here, during Nawaz Sharif's
government, the domestic politics turned topsy-turvy within
days." 12

Nawaz Sharif was overthrown by General Pervez Musharaf.
General Mahmoud Ahmad, who became the head of the ISI,
played a key role in the military coup.

CONDOLEEZZA RICE'S PRESS CONFERENCE

In the course of Condoleezza Rice's May 16 press conference
(which took place barely a few hours after the publication of the
"Bush Knew" headlines in The New York Post), an accredited
Indian journalist asked a question on the role of General
Mahmoud Ahmad:

Q: Dr. Rice?

Ms RICE: Yes?

Q: Are you aware of the reports at the time that the ISI chief was
in Washington on September 11th, and on September 10th
$100,000 was wired from Pakistan to these groups here in this
area? And why was he here? Was he meeting with you or
anybody in the Administration?

Ms RICE: I have not seen that report, and he was certainly not
meeting with me.13

Although there is no official confirmation that General Mahmoud
Ahmad met Dr. Rice, she must have been fully aware of the
$100,000 transfer to Mohammed Atta, which had been
confirmed by the FBI. Lost in the barrage of media reports on
`foreknowledge', this crucial piece of information, on the ISI's
role in 9-11, implicates key members of the Bush Administration
including: CIA Director George Tenet, Deputy Secretary of
State, Richard Armitage, Under-Secretary, Marc Grossman, as
well as Senator Sam Biden, Chairman of the powerful Senate
Foreign Relations Committee (who met General Ahmad on the
13th of September).14

The Bush Administration had not only provided red carpet
treatment to the alleged "money man" behind the 9-11 attacks, it
also had sought his `cooperation' in the "war on terrorism". The
precise terms of this `cooperation' were agreed upon between
General Mahmoud Ahmad, representing the Pakistani
government and Deputy Secretary of State Richard Armitage, in
meetings at the State Department on September 12 and 13. In
other words, the Administration decided in the immediate wake
of 9-11, to seek the `cooperation' of Pakistan's ISI in "going after
Osama", despite the fact (documented by the FBI) that the ISI
was financing and abetting the 9-11 terrorists. Contradictory?
One might say that it's like "asking the Devil to go after Dracula."


CIA OVERSHADOWS THE PRESIDENCY

Dr. Rice's statement regarding the ISI chief at her May 16 press
conference, is an obvious cover-up. While General Ahmad was
talking to U.S. officials at the CIA and the Pentagon, he had
allegedly also been in contact (through a third party) with the
September 11 terrorists. What this suggests is that key
individuals within the U.S. military-intelligence establishment
knew about these ISI contacts with the September 11 terrorist
`ring leader', Mohammed Atta, and failed to act. But this
conclusion is, in fact, an understatement. Everything indicates
that CIA Director George Tenet and ISI Chief General
Mahmoud Ahmad, had established a close working
relationship. General Mahmoud had arrived a week prior to
September 11 for consultations with George Tenet. Bear in
mind that the CIA's George Tenet, also has a close personal
relationship with President Bush. Prior to September 11, Tenet
would meet the President nearly every morning at 8:00 a.m.
sharp, for about half an hour. 15 A document, known as the
President's Daily Briefing, or PDB, "is prepared at Langley by
the CIA's analytical directorate, and a draft goes home with
Tenet each night. Tenet edits it personally and delivers it orally
during his early morning meeting with Bush." 16 This practice of
"oral intelligence briefings" is unprecedented. Bush's
predecessors at the White House, received a written briefing:

"With Bush, who liked oral briefings and the CIA director in
attendance, a strong relationship had developed. Tenet could
be direct, even irreverent and earthy."17


THE DECISION TO GO TO WAR

Was it an `intelligence failure' to give red carpet treatment to
the `money man' behind the 9-11 terrorists, or was it simply
`routine'? At meetings of the National Security Council and in
the so-called "War Cabinet", on September 11, 12 and 13, CIA
Director George Tenet played a central role in gaining the
Commander-in-Chief's approval to the launching of the "war on
terrorism."

George W. Bush's Timeline September 11 (from 9.45am in the
wake of the WTC-Pentagon Attacks to midnight)
Circa 9:45 a.m.: Bush's motorcade leaves the Booker
Elementary School, Sarasota, Florida.

9:55 a.m: President Bush boards "Air Force One" bound for
Washington.18 Following what was as a "false report" that Air
Force One would be attacked, Vice-President Dick Cheney had
urged Bush (10:32 a.m.) by telephone not to land in
Washington. Following this conversation, the plane was
diverted (10:41 a.m.) (on orders emanating from Washington) to
Barksdale Air Force Base in Louisiana. A couple of hours later
(1:30 p.m.), after a brief TV appearance, the President was
transported to Offut Air Force base in Nebraska at U.S. Strategic
Command Headquarters.

3:30 p.m.: A key meeting of the National Security Council (NSC)
was convened, with members of the NSC communicating with
the President from Washington by secure video.19 In the
course of this NSC video-conference, CIA Director George
Tenet fed unconfirmed information to the President. Tenet
stated that "he was virtually certain that bin Laden and his
network were behind the attacks. ?"20

The President responded to these statements, quite
spontaneously, off the cuff, with little or no discussion and with
an apparent misunderstanding of their implications. In the
course of this video-conference (which lasted for less than an
hour), the NSC was given the mandate by the
Commander-in-Chief to prepare for the "war on terrorism". Very
much on the spur of the moment, the "green light" was given by
video conference from Nebraska. In the words of President
Bush: "We will find these people. They will pay. And I don't want
you to have any doubt about it." 21

4:36 p.m.: (One hour and six minutes later . . .) Air Force One
departed for Washington. Back in the White House, that same
evening (9:00 p.m.) a second meeting of the full NSC took
place, together with Secretary of State Colin Powell who had
returned to Washington from Peru. The NSC meeting (which
lasted for half an hour) was followed by the first meeting of the
so-called "war cabinet". The latter was made up of a smaller
group of top officials and key advisers.

9:30 p.m.: At the war cabinet: "Discussion turned around
whether bin Laden's Al Qaeda and the Taliban were one and
the same thing. Tenet said they were." 22 By the end of that
historic meeting of the war cabinet (11:00 p.m.), the Bush
Administration had decided to embark upon a military
adventure which now threatens the collective future of
humanity. our civilization.

DID BUSH KNOW?

Did Bush, with his minimal understanding of foreign policy
issues, know all the details regarding General Mahmoud and
the "ISI connection"? Did Tenet and Cheney distort the facts, so
as to get the Commander-in-Chief's "thumbs up" for a military
operation which was already in the pipeline? In a bitter irony, a
meeting between Deputy Secretary of State Richard Armitage
and General Mahmoud, the 9-11 "money man", was scheduled
at the State Department for the morning after September 11 to
discuss their strategy.


NOTES

1. Quoted in AFP, 18 May 2002.

2. There are numerous documents, which prove beyond doubt
the links between Al Qaeda and successive U.S.
administrations. See Centre for Research on Globalisation,
Foreknowledge of 9-11: Compilation of key articles and
documents, http://globalresearch.ca/articles/CRG204A.html
May 2002, section 3.

3. U.S. Congress, Clinton-Approved Iranian Arms Transfers
Help Turn Bosnia into Militant Islamic Base, Republican Party
Committee, Congressional Press Release, Congress, 16
January 1997, http://globalresearch.ca/articles/DCH109A.html
See also Michel Chossudovsky, ?Osamagate', Centre for
Research on Globalisation,
http://www.globalresearch.ca/articles/CHO110A.html , 9
October 2001.

4. See Centre for Research on Globalisation, Foreknowledge of
9-11: Compilation of key articles and documents, op. cit. section
3. See articles by Isabel Vincent, George Szamuely, Scott
Taylor, Marina Domazetovska, Michel Chossudovsky, Umberto
Pascali, Lara Marlowe and Macedonian dailies.

5. See Bin Laden Whereabouts Before 9-11, CBS Evening
News with Dan Rather; CBS, 28 January 2002, Centre for
Research on Globalisation (CRG)
http://www.globalresearch.ca/articles/CBS203A.html Alexandra
Richard, The CIA met bin Laden while undergoing treatment at
an American Hospital last July in Dubai, Le Figaro.
http://www.globalresearch.ca/articles/RIC111B.html


6. The Boston Globe, 5 June 2002.

7. Fox News, 18 May 2002.

8. Ahmed Rashid, The Taliban: Exporting Extremism, Foreign
Affairs, November-December 1999. See also Michel
Chossudovsky, Who is Osama bin Laden, Global Outlook, No.
1, 2002.

9. Statement of Brian Ross reporting on information conveyed to
him by the FBI, ABC News, This Week, September 30, 2001.

10. The Times of India, Delhi, 9 October 2001. 11. AFP, 10
October 2001.

12. Amir Mateen, ISI Chief's Parleys continue in Washington,
News Pakistan, 10 September 2001.

13. Federal News Service, 16 May 2002. Note that in the White
House and CNN transcripts of Dr. Rice's press conference, the
words "ISI chief" were transcribed respectively by a blank "--"
and "(inaudible)" . Federal News Service Inc. which is
transcription Service of official documents provided a correct
transcription, with a minor error in punctua6tion, which we
corrected. The White House transcript is at:
http://www.whitehouse.gov/news/releases/2002/05/20020516-13.html
All three transcripts were verified by the author and are
available on Nexus. Federal News Service documents are also
available for a fee at http://www.fnsg.com/

14. New York Times, 14 September 2002,"According to Biden,
[Ahmad] pledged Pakistan's cooperation".

15. The Commercial Appeal, Memphis, 17 May 2002.

16. Washington Post, 17 May 2002.

17. Washington Post 29 January 2002.

18. Washington Post, 27 January 2002.

19. Ibid.

20. Ibid.

21. Ibid.

22. Ibid.

Copyright © Michel Chossudovsky and Global Outlook 2002.
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This article was published in Global Outlook , Issue No 2
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Srpskohrvatska verzija na:
> http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1810
English text:
> http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1819

La lettera che segue prende spunto dalle dichiarazioni del senatore
USA Biden, secondo il quale i serbi, colpevoli di tutto quanto
successo nei Balcani negli scorsi anni, devono chiedere scusa
formalmente ai loro vicini. Si veda:
> http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1791



"TANTE SCUSE" DA PARTE DEI SERBI

di Bane Popovic
Belgrado, 27 maggio 2002
(fonte: ARTEL GEOPOLITIKA)

Le scuse da parte dei serbi sono mancate al recente arrivo del
signor Josef Biden, presidente del Comitato per la politica
estera del Senato americano. Al posto di Kostunica o Djindjic
sarò io allora a presentarle (anch'io sono un serbo, in fondo...).

E dunque, noi serbi solennemente ci scusiamo:

- Per esserci opposti alla distruzione della Jugoslavia titina da
parte della eversione anticomunista della CIA e degli altri servizi
segreti occidentali, e poi dal separatismo croato, sloveno,
musulmano-bosniaco e schipetaro.
- Per l'artificioso riconoscimento di Croazia, Slovenia, Macedonia
e Bosnia-Erzegovina da parte degli USA e dei suoi satelliti, con
il quale si è voluta sostenere in pratica la secessione armata di
queste repubbliche. E per avere risposto affermando la continuità
della RF di Jugoslavia, con la storica (ancora dalla fine del 19.
secolo) unione dei due Stati riconosciuti, e cioè la Serbia e il
Montenegro.
- Per essere stati sottoposti per due anni ad un brutale embargo
economico da parte degli USA e dei loro satelliti, in base alla
falsa accusa contro la Jugoslavia di avere aggredito la Bosnia-
Erzegovina, benche' nel giorno della introduzione dell'embargo
la RF di Jugoslavia non avesse nemmeno piu' soldati su quel
territorio, mentre viceversa la Croazia ne teneva alcune decine
di migliaia.
- Per avere sperimentato sulla nostra pelle che la Croazia, durante
le azioni belliche di "Medacki dzep", e poi le operazioni "Lampo"
e "Tempesta", commise terribili crimini contro i civili ed esegui'
la cacciata genocida di alcune centinaia di migliaia di serbi
dalla Croazia.
- Chiediamo venia all'opinione pubblica mondiale per avere indicato
come i servizi segreti degli USA e dei loro paesi satelliti fossero
i principali organizzatori della messa in scena della strage in via
Miskina e di quelle al mercato Markale, a Sarajevo, e come, usando
la falsa attribuzione di responsabilita' contro i serbi, abbiano
introdotto sanzioni e bombardato i serbi della Bosnia.
- Per essere stati vittime dell'imposizione da parte degli USA del-
l'accordo di Dayton e delle sue conseguenze, con il quale si sono
realizzate le piu' grandi ingiustizie verso i serbi.
- Chiediamo umilmente scusa anche in quanto ai croati è stato
consegnato in toto il territorio sud della Bosanska Krajina, che
fino ad allora era popolata prevalentemente da serbi, e per la
spaccatura in due parti del territorio della Repubblica Serba di
Bosnia, attraverso la creazione del "distretto di Brcko".
- Chiediamo scusa perché è stata data la priorità al punto di
vista croato nella risoluzione della questione del promontorio di
Prevlaka, invece di prendere in considerazione l'integrità e la
sovranità sulle Bocche di Cattaro. Chiediamo scusa perche' il Kosmet
(Kosovo e Metohija), parte indivisibile dello stato della Serbia,
è stato occupato.
- Per essere stati sottomessi al "muro esterno" delle sanzioni da
parte degli USA e dei loro satelliti.
- Per non essere stata re-inserita, la Jugoslavia, nelle NU, nel
FMI, nella Banca mondiale e nelle altre organizzazioni
internazionali.
- Per l'isolamento della delegazione estera, come anche per
l'ingerenza continua nei processi interni della RF di Jugoslavia.
- Per il finanziamento fornito alla opposizione globalista interna
(quisling) ed ai media subalterni.
- Per il modo in cui la dirigenza montenegrina e' stata aizzata
contro quella serba.
- Per la faziosita' dei principali media del pianeta, impegnati
a demonizzare il governo serbo ed il suo popolo, come anche per
le continue condizioni imposte a Belgrado (dal Tribunale dell'Aia,
alle secessioni dalla ex Jugoslavia, al Kosmet).
- Per avere dovuto sopportare il finanziamento e il sostegno
americano al movimento secessionista schipetaro nel Kosovo e
Metohija, per la messinscena del cosiddetto massacro di Racak
da parte dell'americano Walker, per l'ultimatum contro la Serbia
e la RF di Jugoslavia con gli accordi-farsa di Rambouillet.
- Ci scusiamo tanto per esserci difesi dal terrorismo schipetaro
nel Kosmet, per esserci opposti alla non-applicazione del diritto
internazionale nel caso del bombardamento selvaggio da parte
della aviazione NATO, con il quale sono state materialmente
distrutte l'economia e le infrastrutture del trasporto e delle
comunicazioni, e la stessa Jugoslavia e' stata contaminata
fisicamente da materiale radioattivo e tossico.
- Scusateci tanto se tocca a noi provare l'ingiustizia del
cosiddetto tribunale dell'Aia, dove oggi si giudicano soltamente
i più alti rappresentanti politici e militari della nostra
nazione (della Repubblica Srpska della Bosnia, della Serbia e
della RF di Jugoslavia), che si sono opposti a questo attacco
degli USA, dei loro satelliti e dei quisling locali nostrani,
con i quali gli USA e i loro satelliti cercano di mettere a
tacere la propria grande responsabilità per tutti i crimini
commessi contro la nazione serba.
- Scusateci perché oggi, da nazione sotto occupazione USA ed
occidentale, avendo imposto al popolo serbo un governo
collaborazionista col compito di adempiere completamente al
diktat americano che vuole definitivamente spaccare lo Stato
indipendente serbo e finalmente realizzare la politica decennale
di cacciata dei serbi nell'ovile del "Nuovo ordine mondiale"
sotto il controllo degli USA.

"Ci scusiamo, ci scusiamo tantissimo..."

Per tutto cio', finito così tragicamente, perché centinaia di
migliaia di persone sono rimaste senza i loro beni, senza il
loro tetto, senza patria, senza prospettive, per tutti quei
morti, questo è chiaro.

Perché noi serbi siamo i maggiori perdenti di tutte le guerre
provocate per la distruzione della Repubblica Socialista Federativa
di Jugoslavia, perché siamo le vittime della distruzione della
Repubblica Federale di Jugoslavia, come dovrebbe vedere ogni
osservatore onesto, perché questa è la pura verità, se tale
osservatore vuole essere almeno un po' obiettivo.
Mentre la colpa e' dalla parte di quelli che hanno voluto essere
indipendenti a discapito del popolo che più ha contribuito
nel passato alla loro stessa emancipazione e maturazione come
nazioni. Anche questa dovrebbe essere una semplice verità.
La colpa è anche di quei fattori esterni che hanno intravisto la
possibilità della realizzazione definitiva dei loro interessi
geopolitici ed economici di lunga data, e perciò hanno fomentato
la guerra civile jugoslava partecipandovi loro stessi, con il
tragico obiettivo di distruggere la nazione serba. A dire il vero,
la tragica divisione ed il disaccordo tra i serbi ha contribuito
a questa, per noi serbi, infausta soluzione.

E che tra i serbi ci sia della mala erba, come in ogni grano,
è anche questa una triste verità.

=

(Tradotto da Ivan Pavicevac per il CNJ)