Informazione

Data: 26/12/2001 11:56
Da: Fulvio Grimaldi
A: jugocoord@...
Cc: pck-pace@...
Oggetto: anno nuovo e tute nuove

Ieri mi sono temporaneamente, per impedire l'ingorgo, sottratto alle mie
liste di posta elettronica. I moderatori mi consentiranno di inoltrare
quest'ultimo pensiero per il 2002.
Invito solo tutti coloro che in qualche modo credono nelle potenzialità
del Movimento e individuano nella centralità della guerra imperialista
e della complementare fascistizzazione del mondo contro popoli e classi
il cuore epocale della nostra stagione a esaminare sempre con
attenzione e severità le imprese, parole d'ordine, apparizioni dei
negristi casariniani detti disobbedienti. Non è il caso di dimenticare,
nè di concedere attenuanti. La consapevolezza dell'estraneità dei
contenuti e metodi di quelli che erano - e in buona misura sono ancora -
solo i Centri sociali del Nord-Est, rispetto alla lotta
anticapitalista ed antimperialista, per la pace e la democrazia,
è progredita di molto dai tempi di Genova. Allora eravamo in pochi a
denunciare - rischiando l'ingiusta accusa di "nemici del movimento",
"partitisti sclerotizzati" - il carattere ambiguo, la valenza fortemente
mediale, gli aspetti provocatori, l'esilità politica, la conduzione
interna rigorosamente antidemocratica e verticistica, oltre i limiti
della violenza fisica, gli equivoci rapporti internazionali (uno per
tutti: Otpor, la potente formazione CIA della Jugoslavia) di tute
bianche e Ya Basta. Oggi i metodi e proclami di quel settore, insieme
alle superatissime e smentitissime (dagli avvenimenti dall'11 sett. in
poi) teorie negriane sulla compattezza e omogeneità dell'"impero
capitalistico mondiale", invece dilianiato da contrasti sotterranei
violentissimi e strategici, seppure a egemonia militaristica e
fascistica USA, sono stati percepiti da molti.
Interi settori, riformistici o sedicenti radicali, da Lilliput al
movimento degli studenti, hanno deciso di allontanarsi dal connubio con
Casarini, Caruso, Lutrario, Leoncavallo, percependone i fortissimi
pericoli, pur sapendo che distanziarsi da questi amici dei grandi media
significa pagarne lo scotto in termine di diffusione e peso politico.
Nel frattempo si sono succeduti gli episodi di violenze fisiche e
verbali dei disobbedienti a danni di non allineati.
Credo che per chi abbia il cuore il rafforzamento e soprattutto
l'evoluzione politica del movimento, della lotta di classe tutta, in
Italia e nel mondo, sia sempre utile ricordare alcuni fatti.
Le Tute bianche (TB) obbediscono a una ideologia della resa e della
fuga, di una disobbedienza e diserzione già formulati e falliti
nell'800. Sostengono un capitalismo ammortizzato dall'ingresso di un
più equo Settore (non) Profit. Definendolo "statalismo" vogliono la
demolizione del Pubblico, cioè della responsabilit collettiva nei
confronti di tutti i partecipanti al patto sociale nazionale,
sostituito da una remunerativa "sussidiarietà" che esime le istituzioni
e ne elimina il controllo. E questo è berlusconismo.
Disarmano con ciò la resistenza dei popoli e delle classi, nel nome di
una salvezza individuale da perseguire tra conventicole di uguali (ma
con leaderissimo), in ciò ripetendo l'esperienza delle Sun Cities
statunitensi.
La TB sono il punto centrale di un asse che collega lo zapatismo alla
componente ultradestra e CIA dei Balcani, dall'UCK a Otpor. Dello
zapatismo va detto che si tratta di un movimento a singhiozzo che,
nelle fasi cruciali della fenomenologia imperialista, scompare nella
Selva Lacandona a evitare imbarazzi. Un movimento che ha spento, dal
1994, la rivolta endemica, incontrollabile, di mille focolai di lotta
nel Chiapas, ha privato gli indios della capacità e volontà di
autodifesa, estrema risorsa biologica dell'uomo, ha provocato il
ritorno in forze dei militari e paramilitari in tutto il Chiapas, ha
rifiutato ogni collegamento con le infinite, anche più significative
lotte contadine, operaie e indigene in Messico (Nafta) e in
America Latina (ALCA), non ha mai speso una parola sul lo squartamento
della Jugoslavia, sul genocidio in Palestina, sullo sterminio degli
afghani, pur presentandosi come punta-leader del movimento antiglobal,
addirittura a carattere intergalattico. L'uomo in maschera, il neo-
Zorro, ha ritenuto, investite le tute bianche del ruolo di pretoriani,
di tributare riconoscimento e credibilità al peggiore e più amerikano
dei presidenti che il Messico abbia avuto, ricavandone uno sberleffo di
legge per gli indios.
Lo zapatismo, preso a modello dalla selva arcaica per società
industriali e postindustriali del 21.secolo, non pone la questione del
potere, cioè del cambiamento dell'esistente, ma solo quella della
preservazione, per grazia del principe, della nicchia e e dei suoi
corollari, anche folkloristici.
Marcos avrebbe dovuto sostituire nell'immaginario della liberazione il
volto e il ruolo di Che Guevara. Per fortuna ha fallito. Da questa, non
esauriente descrizione, si ricava come sia possibile un asse Marcos-
Tute bianche-Otpor.
Le TB, in linea con il particolarismo identitario dello zapatismo
(Zapata si rivolterebbe nella tomba), hanno sempre propugnato la
cosiddetta "democrazia municipale" o " di campanile". neanche più
il "socialismo in un solo paese", ma il governo del solo comune. Più
leghisti di così. Ecco perchè il grande abbaglio di Porto Alegre, dove
ai cittadini, nella mancata contestazione delle strategie reazionarie
complessive dello Stato brasiliano, si offre una partecipazione alle
discussioni e niente affatto al processo decisionale.
Ricordate "l'ingresso nel la scuola degli studenti e genitori"
nella "grande riforma democratica degli organi collegiali"? Chiedetene
conto agli studenti in piazza oggi.
A proposito di questo, risuona ancora nelle orecchie di molti il
disdegno con cui le TB accolsero, ai suoi inizi, la difesa della scuola
pubblica fatta da RC e altre sinistre di fronte alle prime manomissioni
lombarde e emiliane. Scrissero le TB (Il Manifesto): la difesa della
scuola pubblica è una battaglia arretrata, di retroguardia. Noi
dobbiamo puntare verso la scuola territoriale... Benetton non avrebbe
potuto dirla meglio. Quel Benetton, sciagurato tra i più sciagurati
sfruttatori di manodopera e turlupinatore di consumatori, che, passando
per il criptoleghista Cacciari, nume tutelare delle TB da sempre, ha
fatto alle TB il grazioso dono del centro sociale più grande d'Italia:
Il "Rivolta" di Mestre. Corollario dei remunerativi rapporti
istituzionali curati da Casarini con la ministra degli affari asociali
Livia Turco, nonchè con la ministra degli interni Jervolino,
per le famose sceneggiate degli scontri con la polizia.
Oggi Casarini e Caruso marciano in testa al corteo degli studenti, che
pure ne avevano energicamente respinto l'infiltrazione e il
condizionamento.
Oggi Casarini e Caruso, sostenuti solo da un pezzo di RC e circondati
dai dubbi o dall'avversione matura del resto del movimento, propongono
(al Congresso dei Verdi, tra i quali pure sono strumentalmente
transitati anni fa) il "nuovo soggetto politico", il nuovo partito. E
parti di RC sono disposti a farsi a pezzi pur di salire su questa
sbrindellatissima zattera, inventata per spuntare la risposta di
sinistra e pacifista all'imperialismo USA e alla fascistizzazione.
Le TB hanno ostinatamente espunto le guerre continue di sterminio, di
distruzione ambientale, di suddivisione imperialistica, dalle loro
tematiche. In Jugoslavia, protagonisti del partito del nè-nè, sono
stati fiancheggiatori dell'aggressore forte a scapito del difensore
debole, per poi ignorare del tutto il tragico esito dell'attuale
saccheggio privatizzatore e mafioso della Serbia, nonchè gli ulteriori
dismembramenti di Macedonia e Montenegro. Sono state amiche sia della
vecchia "Alleanza Civica", guidata da Vesna Pesic (laureata in un
istituto CIA di Washington e da Sonia Licht (presidente della
Fondazione Soros), sia di Radio B-92, del circuito CIA di Radio Free
Europe, sia ovviamente di Otpor, che minaccia l'attuale governo se non
si affretta con l'arresto e la consegna all'Aja di altri "criminali di
guera", nonchè con la privatizzazione di tutto quanto in Jugoslavia si
produce, insegna o cura. Il massimo per gente che si definisce
parte del movimento antiglobalizzazione.
Le TB hanno espunto la questione palestinese, il più terribile
genocidio in atto nel mondo, dalla loro predicazione-azione. All'unica
manifestazione nazionale che questo paese ha saputo mettere in piedi,
nel novembre 2000, a favore della Palestina, Ya Basta ha fatto
pervenire un comunicato in cui rifiuta l'adesione perchè non si
riconosce nella parola d'ordine "due stati per due popoli" (parola
d'ordine palestinese), in quanto il concetto di Stato gli è estraneo. I
palestinesi ringraziano.
La guerra è diventato tema del Movimento, soltanto a fiamme divampanti
su tutto il mondo, dopo le Torri gemelle e dopo le bastonate di Genova,
volute dal Potere, ma facilitate dalle TB con le loro ridicole e
provocatorie sceneggiate in costume medievale. Si è imposta per forza
di cose, e per sforzo di compagni lungimiranti di RC e di altre
organizzazioni, comuniste e non. Ma se oggi siamo in terribile ritardo
nella mobilitazione sulla Palestina, lasciando spazio solo a sporadiche
e demogagiche iniziative umanitarie, lo dobbiamo sicuramente al
sabotaggio delle TB e alla dabbenaggine di settori di RC. Settori per
questo oggi in conmsiderevole difficoltà. L'opportunismo costante e
globale delle TB si esprime oggi nel viaggio in Palestina, in coda a
tutti gli altri, annunciato ora anche da Ya Basta. Sarà interessante
vedere come saranno accolti.
In buona sostanza, l'azione politica di questi civilisti che negano la
necessità del potere, sono violentemente nonviolenti, disintegrano lo
Stato (unica difesa contro la disgregazione cercata dal'imperialismo)
dal basso, puntano sul municipio, non hanno parlato per anni di guerra
e militarismo, hanno minato l'appoggio ai popoli aggrediti, hanno
rifiutato la solidarietà alla Palestina, incitano all'esodo nell'isola
felice, sono del tutto estranei alle situazioni conflittuali sul
territorio se si eccettuano i migranti, propongono la finzione di un
Impero che invece è suddiviso in vari poli profondamente conflittuali,
è complementare all'azione di ricolonizzazione del mondo perseguito, a
partire dalla sconfitta del colonialismo ottocentesco, sulla precisa
falsariga della rivoluzione globalista e delle conquiste di territori,
risorse, stupefacenti e sovranità, perseguita dell'impero britannico.
Non ci sono "rivoluzioni capitaliste". C'è un capitalismo imperialista
anglosassone-sionista la cui catastrofe finanziaria ha tramutato un
tentativo di globalizzazione tipo regina Vittoria o Carlo V in feroce
competizione interimperialistica in fieri e in assoggettamento
militare, istituzionale e psicologico del mondo, con correlato
sfoltimento dell'umanità e distruzione del pianeta perseguiti
con l'uranio, la chimica, il petrolio, la guerra biologica, la fame e la
sete.
Al centro di questo marasma la Palestina, i popoli poveri, i lavoratori
di ogni classificazione nelle metropoli.
Ai più anziani chiedo di ricordare il '68 e chi ne pretese di dirigerne
gli esiti. C'erano i furbi, gli infiltrati, comunisti ufficiali che in
parte arricciavano il naso e ignoravano, come oggi ci sono comunisti
che si sdraiano ottusi e ciechi a zerbino Ai più giovani, di studiare
quella vicenda, di cui oggi abbiamo un replay, in termini di farsa ma
nondimeno pericolosissimo. Errare humanum, perseverare diabolicum.
Buon anno,
Fulvio Grimaldi

Associazione "S.O.S. Yugoslavia"
V. S. Anselmo 13 - 10155 Torino
338/1755563 - 328/7366501

Disponibile il "QUADERNO YUGOSLAVIA N. 1"

Informiamo che a cura dell’Associazione "S.O.S. Yugoslavia" è stato
prodotto un fascicolo contenente la raccolta di documenti
sull’aggressione alla Repubblica Federale Jugoslava (1999-2001).
Si tratta di una raccolta di materiali utilizzati ed in parte diffusi
nell’ambito delle attività dell’Associazione durante il conflitto del
Kosovo.

L’Associazione torinese, costituita nella primavera del 99’ sulla
spinta solidaristica di un gruppo di persone sensibili alle vicende
patite dai popoli jugoslavi, con una parte della comunità slava di
Torino, ha sviluppato un progetto d’aiuto concreto che si è
concretizzato nell’invio di materiali umanitari là dove il soccorso
internazionale era quasi assente, Voivodina, area di Kragujevac e
Belgrado. Il lavoro solidaristico si è sviluppato efficacemente ed è
tuttora in corso, validamente impegnato nella campagna di adozioni a
distanza.
La natura particolare del recente conflitto balcanico, la
cosiddetta "guerra umanitaria", mobilitava le coscienze e costringeva a
scelte di carattere morale, tali scelte, però, avvenivano nel frastuono
di un martellamento mediatico finalizzato a giustificare i
bombardamenti che sistematicamente colpivano le infrastrutture civili
dell’intera Repubblica Federale Jugoslava: fabbriche, centrali
energetiche, ponti, ferrovie (treni e passeggeri inclusi), abitazioni
civili, ambasciate, il palazzo della televisione (operatori inclusi),
autobus, profughi. Questo strano umanitarismo costellato di "errori"
ed "effetti collaterali" era sostenuto da un sistema informativo troppo
contraddittorio e fazioso per celare la sua vera natura di autentica
propaganda di guerra. La tragica situazione imponeva lo sforzo di
oltrepassare la versione superficiale dei fatti per andare al di là
dell’immagine del nemico mostruoso e crudele, sicché per tutto il corso
del conflitto e anche dopo, parallelamente all’opera solidaristica
umanitaria l’associazione raccoglieva una ricca documentazione sugli
aspetti più gravi delle vicende in cui erano coinvolti i civili
jugoslavi; la campagna di demonizzazione del popolo serbo già avviata
durante il conflitto in Bosnia, la strumentalizzazione della questione
profughi, il ruolo dell’UCK e la pericolosità delle armi all’uranio
impoverito.
Questi argomenti sono stati trattati avendo cura di citare le fonti e
di fornire un quadro preciso sulla base di documenti oggettivi, perché
lo scopo era quello di superare i pregiudizi e capire quanto accadeva
senza lasciarci trasportare da facili odi verso il nemico di turno, in
una parola, per promuovere finalmente una solidarietà cosciente,
indispensabile oggi più che mai dato il contesto internazionale,
attraverso un lavoro di informazione, puntuale, corretta e documentata.

L’isolamento in cui si è condotta l’attività dell’associazione, così
come l’ostilità da parte di certe aree del movimento pacifista durante
la guerra, sono oggi controbilanciate dalla verità venuta infine a
galla; i tormentoni che per mesi hanno alimentato il mito della "guerra
giusta" sono scomparsi, inghiottiti da nuove campagne mediatiche che
contraddicevano o sorvolavano disinvoltamente le precedenti (i soldati
italiani intossicati dall’uranio impoverito e subito dopo la "mucca
pazza"), travolti dalla disinformazione (le fosse comuni non esistevano
o le poche ritrovate contenevano tanto serbi che albanesi), cancellati
dall’indifferenza dei media verso la "pulizia etnica" condotta
dall’UCK, e dimenticati, semplicemente caduti nell’oblio generale.
Quanto al dopo, conclusosi il conflitto calava il sipario, eppure le
conseguenze del profondo cambiamento portato nella società di quei
popoli è causa di sofferenze la cui portata si coglie soltanto si
conosce direttamente. Ora che il "bene" ha vinto sul "male" la nostra
solidarietà continua, concreta e cosciente come prima, consentendoci di
affermare senza dubbi che quella guerra nulla ha avuto di giusto, molto
di neocoloniale, moltissimo di falso e propagandistico, proprio come la
pubblicità.

Riteniamo utile mettere il materiale di documentazione raccolto in
questi anni a disposizione di quanti fossero interessarti, a questo
scopo stiamo curando la pubblicazione di alcuni dossier tematici che
abbiamo chiamato "Quaderni Jugoslavia". Il numero uno è disponibile
prendendo contatto con l’associazione, altri ne seguiranno fino ad
esaurimento dell’archivio.

Per contatti: i numeri sopra indicati, oppure per email:
posta@...

LA SLOVENIA DEVE RINGRAZIARE MILOSEVIC

Lo storico sloveno Anton Bebler ha confermato, in una analisi apparsa
sul "Delo" di Lubiana, che Slobodan Milosevic ebbe un ruolo essenziale
nel distogliere i capi dell'Armata Federale dall'uso della forza in
Slovenia nei giorni a cavallo tra giugno e luglio 1991. L'analisi di
Bebler, pubblicata nell'anniversario del riconoscimento internazionale
alla secessione slovena, che diede inizio allo squartamento del paese,
conferma in realta' quello che non e' mai stato un segreto per nessuno.
Di tante colpe presunte di Slobodan Milosevic, questa - di pensare che
potesse esistere una Jugoslavia amputata di qualcuna delle sue
repubbliche e dei suoi popoli costitutivi - non gli viene mai
attribuita come tale ne' dalla NATO, ne' da alcun "tribunale ad hoc",
ne' dai falsi pacifisti e commentatori ipocriti, i quali hanno
viceversa tutti caldeggiato e salutato con soddisfazione lo
smembramento della scomoda Jugoslavia in tanti statarelli-
banana "etnici". (I. Slavo)

Rettete Milosevic Slowenien?

LJUBLJANA, 26.Dezember 2001. Die ehemalige Führung Serbiens unter
Slobodan Milosevic rettete 1991 Slowenien vor einem entschiedenen
Eingreifen der damaligen Jugoslawischen Volksarmee (JVA). Milosevic
unterband das harte Eingreifen der Armee, obwohl sich die Armeespitze
bereits dazu entschlossen hatte um die territoriale Integrität des
Landes zu sichern. Dies bestätigt der slowenische Historiker Dr. Anton
Bebler in einer Analyse der Ereignisse, die zur Unabhängigkeit der
ehemaligen jugoslawischen Teilrepublik Slowenien geführt hatten.
Beblers Ausführungen erschienen in der Wochenzeitung Delo anläßlich des
zehnten Jahrestages des slowenischen Unabhängigkeitsreferendums.

TANJUG / AMSELFELD.COM

FUMARE NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE

Il direttore del settimanale croato "Nacional", Pukanic, ha denunciato
in una intervista che "persone del Montenegro" gli hanno ripetutamente
offerto soldi perche', in cambio, facesse scendere una cortina di
silenzio sui traffici di sigarette. La rivista infatti si e' occupata
in una serie di recenti articoli della "mafia balcanica delle
sigarette", che fa capo al Montenegro. Persone vicine al presidente
montenegrino Djukanovic avrebbero offerto a collaboratori di
Pukanic "somme in marchi tedeschi, composte da sette cifre".

Zeitung soll schweigen

PODGORICA/ZAGREB, 25. Dezember 2001. Der Direktor der kroatischen
Wochenzeitung "Nacional", Ivo Pukanic, gab gestern in einem Interview
bekannt, dass ihm "gewisse Leute aus Montenegro" bisher zweimal Geld
angeboten haben, damit das Blatt nicht weiter über den illegalen
Zigarettenhandel schreibt. Die Wochenzeitung hatte jüngst in einer
Serie über die "Zigarettenmafia des Balkans" berichtet.
Pukanic sagte der in Podgorica erscheinenden Zeitung "Glas Crnogoraca",
zwei seiner Freunde seien im slowenischen Brezice von Vertrauensleuten
des montenegrinischen Präsidenten Djukanovic kontaktiert worden und
hätten einen siebenstelligen DM-Betrag angeboten bekommen. Wie Pukanic
weiter erklärte, habe man den Bestechungsversuch zurückgewiessen.

Quelle: BEOGRAD.COM / AMSELFELD.COM