Informazione

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Guerra infinita, guerra ecologica (Massimo Zucchetti ed AAVV)
per l'indice ed una introduzione si veda:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2449
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Alcune delle presentazioni in programma:


ROMA TOR VERGATA, 12 MAGGIO

Il 12 maggio h 10:30
presso l'Aula IB09 Area della Ricerca di Roma 2 (Tor Vergata)
il Prof. Massimo Zucchetti
(Dip. di Ingegneria Nucleare, Politecnico di Torino)
terra' una conferenza sul tema
GUERRA INFINITA, GUERRA ECOLOGICA
Saranno presentati i risultati di alcuni studi sulle conseguenze
ambientali delle guerre dell'ultimo decennio (Guerra del Golfo,
Balcani, Afghanistan) e sulle armi con le quali sono state
combattute. Questi studi, ad opera del Prof. Zucchetti, di M.
Cristaldi (Dip. di Biologia, Universita' di Roma "La Sapienza),
C. Pona e S. Salerno (ENEA-Casaccia), A. Baracca (Dip. di Fisica,
Universita' di Firenze) e F. Polcaro (IASF-CNR) sono stati
recentemente raccolti in un volume, introdotto da una lettera del
Dr. Gino Strada, il cui ricavato e' stato destinato dagli autori
al finanziamento di "Emergency".

ROMA CASACCIA (ENEA), 12 MAGGIO

Comitato Scienziati e Scienziate contro la Guerra
Lunedì 12 MAGGIO 2003 ore 13:30
ENEA CASACCIA - SALA MIMOSE
Il Prof. Massimo Zucchetti presenta:
GUERRA INFINITA, GUERRA ECOLOGICA
I danni delle nuove guerre all¹uomo e all¹ambiente
Chi volesse partecipare deve
inviare e-mail per l'accesso al Centro:
silvana.salerno@...

BUSSOLENO, 23 MAGGIO

Il libro verrà presentato il 23 maggio presso la libreria "Città del
Sole" di Bussoleno (Torino), la sera. Il guadagno andrà ad Emergency.

TORINO, 30 MAGGIO

Il 30 verrà ripresentato a Torino, presso l'associazione
Piemonte-Grecia, via Cibrario 30bis. Parlerà C. Preve.


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"Guerra infinita, guerra ecologica" (Massimo Zucchetti ed AAVV)
per l'indice ed una introduzione si veda:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2449
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[This text in english:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2494 ]


Quella che segue e' la traduzione di un articolo a firma Neil Clark
apparso sul "New Statesman" del 28 aprile di quest'anno, a proposito
del libro:
"Yugoslavism: histories of a failed idea (1918-1992)"
di Dejan Djokic (editor), Hurst & co., 369 pagine, ISBN 1850656630.


Il 4 febbraio 2003, in modo quasi inavvertito, mentre il resto
dell'attenzione del mondo era puntata sulla questione delle ispezioni
in Iraq, un paese è scomparso dalla carta del mondo.
La dissoluzione finale della Jugoslavia e la sua metamorfosi nella
repubblica di Serbia e Montenegro è passata quasi senza commenti sulla
stampa britannica, e quasi nessuno ne ha notato il profondo
significato. E tuttavia si è trattato di un evento che avrebbe
meritato il compianto di democratici, socialisti e progressisti di
tutto il mondo.

"Jugoslavismo. Storie di una idea fallita" è una raccolta di 21
articoli messi assieme da Dejan Djokic, che vuole esplorare la storia
dell'idea jugoslava - o "Jugoslavismo" - fra la creazione del primo
Stato nel 1918 e lo scioglimento della seconda Federazione jugoslava.
Se il libro contiene diversi punti di vista e prospettive, alcuni temi
ricorrenti possono comunque essere individuati.
Il primo e più importante è la sfida all'idea - che si è perpetuata
lungo la storia della nazione ed è diventata tanto di moda in certi
ambienti occidentali degli anni 90 - che la Jugoslavia sia stata in
qualche modo uno stato artificiale. Come Dennison Rusinow afferma
nell'articolo di apertura, il nucleo dell'idea jugoslava, formulato
dapprima attorno al 1830 specialmente dal movimento Illirico croato,
era che gli slavi del sud, avendo la stessa origine etnica e parlando
varietà della stessa lingua, erano nei fatti potenzialmente una
nazione unica e pertanto dotata del diritto naturale all'indipendenza
ed alla libertà in uno Stato proprio. In sintesi, il paese degli slavi
del sud era assai meno artificiale degli Stati che ne hanno preso il
posto dopo il 1990, così entusiasticamente salutati da antijugoslavi
come Margaret Thatcher.

Al tempo della creazione della Jugoslavia quale regno dei Serbi, dei
Croati e degli Sloveni nel 1918, si erano già manifestati due punti di
vista fondamentali per la costruzione della nazione. Lo "jugoslavismo
integrale" favorito dal re Alessandro, messo in pratica dopo che egli
stesso assunse poteri dittatoriali nel 1929, cercava di costruire una
singola nazione ed un singolo senso di appartenenza nazionale, un
paese dove non ci sarebbero più stati Serbi Croati Sloveni ma solo
Jugoslavi. La pallottola di un assassino macedone pagato da fascisti
croati mise fine nel 1934 a questo "integrazionalismo", e alla vita di
re Alessandro.

Il secondo punto di vista fu lo "jugoslavismo", che, secondo le
parole di Rusinow, "riconosceva e approvava la persistenza di separate
entità nazionali e cercava gli espedienti costituzionali per uno Stato
multinazionale di popoli che condividevano interessi ed aspirazioni".
Questa fu la definizione anticentralista dello jugoslavismo che finì
alla lunga per prevalere nell'ultimo mezzo secolo. Comunque,
continuarono gli sforzi per costruire una comune consapevolezza
nazionale.

Nel suo capitolo sulla cultura jugoslava tra le due guerre, Andrew
Wachtel descrive come lo scrittore Ivo Andric e lo scultore Ivan
Mestrovic evitarono sia lo jugoslavismo sovranazionale sia il
nazionalismo separatista a favore di una cultura "sintetica" jugoslava
in grado di "riunire le esistenti culture tribali in una nuova e
dinamica cultura adatta al nuovo Stato". Negli anni '60 questi
tentativi di formare una comune identità jugoslava parevano aver avuto
successo. I matrimoni misti indicavano che un numero sempre maggiore
di cittadini si facevano registrare nei censimenti come jugoslavi. La
guida di Josip Broz Tito aveva dato al paese un alto profilo
internazionale. Le squadre jugoslave di calcio e pallacanestro
conseguivano notevoli successi internazionali ed erano festeggiate da
Spalato a Sarajevo.

E tuttavia, come afferma Dejan Jovic parlando del comunismo jugoslavo,
proprio quando la questione nazionale sembrava essere stata del tutto
superata presso il grande pubblico, la classe dirigente comunista
decise di riaprire la questione. Jovic correttamente considera la
vittoria dell'anti-statista Kardelj e l'abbandono del concetto di Tito
di "fratellanza e unità", alla fine degli anni '60, quale inizio del
processo di disintegrazione della Jugoslavia. Molti credono che
l'inizio della fine sia stata la morte di Tito nel 1980, ma in realtà
la de-titizzazione era cominciata nel 1974, quando la Costituzione di
Kardelj aveva sottratto alla competenza federale tute le questioni
meno gli esteri, la sicurezza e la difesa, ed aveva deciso che il
potere della Federazione derivava dalle Repubbliche, definite "Stati",
e non viceversa. Da allora, qualsiasi espressione pubblica di
jugoslavismo divenne un attentato a questa nuova concezione, e quindi
quasi un'attività anti-socialista.
Allorquando il debole pro-jugoslavo Slobodan Milosevic venne in primo
piano alla fine degli anni'80 a richiedere la modifica delle riforme
di Kardelj, il danno era già stato fatto. La Costituzione del '74
assicurò che Kucan, Tudjman e Izetbegovic fossero capaci, ad un
fischio dell'Occidente, di dichiarare l'indipendenza dalla Federazione
e gettare l'intera regione in una sanguinosa guerra civile.

Nel capitolo conclusivo, un'"orazione funebre" personale per la
Jugoslavia, Aleksa Djilas afferma che se l'Occidente potesse tornare
indietro all'inizio degli anni Novanta, le cose andrebbero
diversamente. Io non ne sono certo. La distruzione di una nazione
militarmente forte e non allineata, sostituita da una serie di
protettorati deboli della NATO e del FMI, conviene perfettamente a chi
governa il nuovo mondo.
La verità, come lo stesso Djilas riconosce, e' che fin quando e'
esistita l'Unione Sovietica, la Jugoslavia aveva una funzione rispetto
all'Occidente, ma una volta abbattuto il muro di Berlino, essa era
solo d'impaccio.

Quello che è chiaro è che è il popolo jugoslavo, che in gran parte non
desiderava il crollo del proprio Paese, che ha perso alla grande.
Mentre aumentano i problemi economici, la novità dell'indipendenza
statale appare meno interessante alla Slovenia, alla Croazia, alla
Macedonia, mentre Serbia e Montenegro sono in condizioni di emergenza.
Il Kosovo è il primo Stato europeo a gestione mafiosa, mentre i poveri
Bosniaci subiscono l'estrema umiliazione di essere governati da Lord
Ashdown.

Attorno al 1830, la nozione di uno Stato unitario degli Slavi del Sud,
proposto dagli Illirici, era una buona idea. Circa duecento anni dopo,
lo è ancora. La Jugoslavia, secondo Djilas, "rimane la più pratica e
sensibile, la più anti-distruttiva risposta alla questione nazionale
degli Slavi del Sud". Essa è, come affermato da Slobodan Jovanovic
all'epoca dell'attacco delle potenze dell'Asse nel '41, il modo
migliore in cui il popolo balcanico può garantirsi l'indipendenza e
proteggersi dal dominio straniero.


[trad. di T. Bellone, che ringraziamo.
Da una segnalazione di K. Kilibarda]

ZEMLJA "BEZIMENA"

Autor: Emil Vlajki
Pariz, 08 maja 2003. godine
http://www.artel.co.yu/sr/glas_dijaspore/2003-05-09_2.html


ZEMLJA "BEZIMENA"

Dogadja se to
U zemlji "Bezimenoj"
Na brdovitom Balkanu
Gdje ogromna, otrovna muha
Koja sluzi
Pokorno
Busa, Blera
Del Ponte i Solanu
Hapsi, muci,
Svakodnevno
Neprekidno
I besramno
Na stotine lica
U jednom danu.
Krvavi danak sultanu
Placan stoljecima
Sjeca knezova
Krfska epopeja
Zvjerstva nacista
Nedjela birokratskih totalitarista
Samozvanih komunista
Te sadasnjih NATO-okupatora
I terorista
Nastavljaju se bolom
Sto uzrokuje
Ova bezglava
Otrovna
Policijska muha
Cedo oktobarskog zloduha
Uvezenog
Sa druge strane oceana
Gdje svijetom vlada
Krvavi monstrum
Samozvan lider "slobodnog svijeta"
Spoj skorpija, azdaja i Satana.
Obezglavljena muha
U zemlji "Bezimenoj"
Nametnula narodu
Jednoumlje
Represiju
Nezaposlenost
Rasprodaju u bescjenje
Nacionalnih bogatstava
Raskalasenost i bahatost
Mafijaskih sastava
Demonizaciju
Kriminal
Sverc
Raspad zemlje
Kroz samrtnu regionalizaciju
Politicka ubistva
I prividnu demokraciju

A narod
U zemlji bezimenoj
U zemlji napacenoj
U zemlji izgladnjeloj
U zemlji raskomadanoj
Sutljivo podnosi
Zlocudnu, bezglavu muhu
Sto prijeti i bjesni
Pruza joj obraz
Na udarce
I lijevi i desni
Te ocekujuci,
Istinskog vodju
Il novoga slijepca,
Taj narod ponosni
Taj narod zadrti
Trpi i suti
Na rubu je
Uskrsnuca i isceznuca
Nade i ocaja
Raja i pakla
Revolta i straha
Poleta i smrti.

C. A.

New Statesman

April 28, 2003

HEADLINE: Death of a dream.

Neil Clark on an elegy for Yugoslavia;

Yugoslavism: histories of a failed idea (1918-1992) Dejan Djokic
(editor) C Hurst & Co, 369pp, GBP16.95 ISBN 1850656630

BYLINE: Neil Clark

On 4 February 2003, quietly and almost unnoticed, while the rest of
the world's attention was focused on the charade of weapons
inspections in Iraq, a country disappeared from the map of the world.
The final dissolution of Yugoslavia and its metamorphosis into the
Republic of Serbia and Montenegro passed virtually without comment
in the British media, with almost no one picking up on its deep
significance. Yet it was an event that ought to have been mourned by
democrats, socialists and progressives the world over.

Yugoslavism: histories of a failed idea is a timely collection of 21
essays edited by Dejan Djokic that seeks to explore the history of the
'Yugoslav' idea - or 'Yugoslavism' - between the creation of the first
state in 1918 and the demise of the second Yugoslav Federation in
1992. While the book contains a variety of viewpoints and
perspectives, some consistent and recurring themes can be discerned.
First and most important, there is the challenge to the idea - which
persisted throughout the history of the country and became so
fashionable in certain western circles in the 1990s - that Yugoslavia
was, in some way, an 'artificial' state. As Dennison Rusinow points out
in the book's opening essay, the core of the Yugoslav idea, first
formulated by the mainly Croat 'Illyrianist' awakeners in the 1830s,
was that the South Slavs, having the same ethnic origin and speaking
variants of the same language, were actually or potentially a single
nation and consequently endowed with a 'natural right' to
independence and unity in a state of their own. In short, the land of the
South Slavs was a lot less artificial than the states that succeeded it in
the 1990s, championed so enthusiastically by anti-Yugoslavs such as
Margaret Thatcher.

By the time of Yugoslavia's creation, as the Kingdom of the Serbs,
Croats and Slovenes in 1918, two approaches to nation-building had
emerged. 'Integral Yugoslavism' favoured by King Alexander, and put
into practice after he assumed dictatorial powers in 1929, sought to
build 'a single nation and a single sense of national belonging - a
country where there would be no longer Serbs, Croats or Slovenes,
but only Yugoslavs'. A bullet from a Macedonian assassin hired by
Croatian fascists ended both 'integrationalism' and the life of King
Alexan- der in 1934.

The second approach was 'Yugoslavism', which, in Rusinow's words,
'acknowledged and approved enduring separate nationhoods and
sought federal and other devices for a multinational state of related
peoples with shared interests and aspirations'. It was this anti-
centralist definition of Yugoslavism that was, by and large, to prevail
over the next half-century of Yugoslavia's history. At the same time,
attempts to build a common national consciousness continued.

In his chapter on interwar Yugoslav culture, Andrew Wachtel
describes how the writer Ivo Andric and the sculptor Ivan Mestrovic
eschewed both supranational Yugoslavism and separatist nationalism
in order to create a 'synthetic' Yugoslav culture that could 'join the
existing tribal cultures into a new and dynamic culture suitable for the
new state'. By the 1960s, these and other attempts to build a common
Yugoslav identity could be said to have succeeded. Intermarriages
meant that more and more citizens were describing themselves on
government census forms as 'Yugoslavs'. The leadership of Josip Broz
Tito had given the country a high international profile. Yugoslav
football and basketball teams achieved international success and were
cheered on from Split to Sarajevo.

Yet as Dejan Jovic points out in his excellent chapter on Yugoslav
communism, at the very moment when the national question seemed
to have been finally put to sleep by the public at large, the communist
elite chose to reopen the issue. Jovic correctly regards the ideological
victory of the anti-statist Edvard Kardelj and the abandonment of
Tito's 'brotherhood and unity' concept in the late 1960s as the start of
the process of Yugoslavia's disintegration. Many still believe that
Tito's death in 1980 marked the beginning of the end but, in reality,
'deTitoisation' had already begun in 1974 when the Kardeljist
constitution removed all but foreign affairs, security and defence from
the domain of the federal government, and stipulated that the power of
the federation derived from the republics (now described as 'states')
and not the other way round. From then on, any public expressions of
Yugoslavism became tantamount to statism and as such almost an anti-
socialist activity. By the time the staunchly pro-Yugoslav Slobodan
Milosevic emerged on the scene in the late 1980s to demand the
reversal of the Kardelj reforms, the damage had been done. The
1974 constitution ensured that Kucan, Tudjman and Izetbegovic were
able, when the west whistled, to declare independence from the
federation and plunge the whole region into a bloody civil war.

In the book's concluding chapter, a personal 'Funeral Oration' for
Yugoslavia, Aleksa Djilas contends that if the west could 'fly back in
time' to the early 1990s, they would have acted differently. I am not
so sure. The destruction of a militarily strong, non-aligned nation and
its replacement by a succession of weakened Nato and IMF
protectorates suits the new rulers of the world perfectly. The truth, as
Djilas himself acknowledges, was that so long as the Soviet Union
existed, Yugoslavia had its uses as far as the west was concerned, but
once the Berlin Wall came down, it was in the way.

What is clear is that it is the people of ex-Yugoslavia, many of whom
never wished for the break-up of their country, who have been the big
losers. As economic problems mount up, the novelty of statehood
seems less appealing in Slovenia, Croatia and Macedonia, and Serbia
and Montenegro are under a state of emergency. Kosovo is Europe's
first mafia-run state, while the poor Bosnians have the ultimate
humiliation of being governed by Lord (Paddy) Ashdown.

Back in the 1830s, the notion of a single, unified South Slav state, as
propounded by the Illyrianists, was a good idea. Nearly 200 years
later, it still is. Yugoslavia, in the words of Djilas, 'remains the most
sensible and practical, the most anti-destructive answer to the South
Slav national question'. It is, as Slobodan Jovanovic pointed out on
the eve of the attack by the axis powers in 1940, the best way the
people of the Balkans can guarantee their independence and protect
themselves from domination by foreign powers.

Neil Clark is writing a book on the history of Yugoslavia

Gledaj na:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/AIA/POZIVZAHAG.doc

---

Da: Vladimir Krsljanin
DEMONSTRACIJE U HAGU
Inviato: 07/05/2003 16:32


DRAGI PRIJATELJI,
U PRILOGU JE LETAK KOJIM UDRUZENJE SLOBODA POZIVA SVE RODOLJUBE,
NAPREDNE LJUDE I NASE STRANE PRIJATELJE NA DEMONSTRACIJE U HAGU NA
VIDOVDAN. MOLIMO DISTRIBUIRAJTE GA STO SIRE, POMOZITE ORGANIZACIJI,
DODJITE U HAG.
SVE VASE SUGESTIJE ZA STO VECI USPEH I NAS STO SNAZNIJI NASTUP TAKODJE
SU DOBRODOSLE I ODMAH CEMO IH PRENETI ORGANIZACIONOM ODBORU KOJI JE
SRPSKO-INTERNACIONALNI I CIJI JE SASTAV OTVOREN.
OVO JE VRLO VAZNA MOBILIZACIJA U NASOJ ZAJEDNICKOJ BICI ZA
DEMOKRATIJU, CAST I DOSTOJANSTVO NASEG NARODA.
PRENOSICEMO VAM INFORMACIJE O TOKU PRIPREMA. DRUGI LETAK KOJI CEMO
PRIPREMITI DO 20. MAJA SADRZACE PODATKE O TACNOM VREMENU, MESTU I
PREDVIDJENOM TOKU DEMONSTRACIJA U HAGU.
SA NAMA MOZETE KONTAKTIRATI PUTEM E-MAILA SLOBODAVK@... ,
TELEFONOM +381 63 8862 301 ILI FAKSOM +381 11 630 549.

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---

Gledaj na:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/AIA/POZIVZAHAG.doc

DUE MILIARDI E MEZZO DI DOLLARI PER COMPRARSI IL KOSOVO

(Fonte: "Novosti", Belgrado, 3 maggio 2003)
Il Capo del Centro di coordinamento per il Kosovo e Metohija, Nebojsa
Covic, ha dichiarato che al Governo della Serbia sono arrivati i documenti
che riguardano l'interessamento dei lobbysti albanesi a "comperare" l'indipendenza
del Kosmet (Kosovo e Metohija).
Nei documenti si parla di 2 miliardi e mezzo di dollari.
Sottolineando "che nessuno del Governo" (Covic è anche vicepresidente del
Governo serbo) ha mai parlato "con alcuno" di questa possibilità.
Parlando alla TV "Palma" [Covic] ha detto che "in nessun modo viene preso
in considerazione cio' che i lobbysti albanesi propongono al Congresso americano,
persino ipotizzando uno scambio del Kosmet settentrionale con alcuni comuni
a sud: Presevo, Medveja e Bujanovac".

[Nota di Ivan: Intanto stiamo vedendo che alla RAI TV danno spazio a un
Adem Demaci che parla della "democratizzazione" del Kosovo per far parte
dell'UE, mentre Rugova, "compagno di merenda" dell'UCK, "attende l'OK da
Belgrado per proclamare l'indipendenza del Kosovo". Gratta gratta, e "preparando"
il terreno, tra la cronaca nera (abbiamo fatto notare la raccolta di firme
dei due congressmann americani, Keith O' Neil e Greg Galvin, nello stesso
Congresso, per riconoscere da subito l'indipendenza del Kosovo) e quella
rosa (il grande amore di M. Steiner per la giovane e bella Bukrija), il
Kosovo sta scivolando nel paese di "bulli e pupe"...]





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--- In Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli., "Gennaro" ha scritto:

Counterpunch
1 Maggio 2003
vers. originale: http://www.counterpunch.com/johnstone05012003.html

Che dire di Guantanamo?

In merito a Cuba

di DIANA JOHNSTONE

La cosiddetta "Lettera di Casey" in cui si protestava per la
repressione a Cuba ha ricevuto numerose adesioni e ha suscitato una
notevole discussione. Vorrei spiegare qui, con un commento punto per
punto, perché non firmerò questa lettera. (Il testo completo della
lettera è alla fine del mio commento?

"Siamo uomini e donne della sinistra democratica, uniti dall'impegno
per i diritti umani, per la democrazia e la giustizia sociale, nella
nostra nazione e in tutto il mondo. In solidarietà con il popolo
cubano, ..."

Questo è il tipo di esordio che inevitabilmente mi tenta a dire: " E
allora?" Esso trasuda di pie auto-congratulazioni. Se i processi a
Cuba sono ingiusti, non si ha il bisogno di far mostra di credenziali
"politically correct" per criticarli. Ma forse tutto ciò che resta ad
una "sinistra" sempre più priva di efficacia è di rivendicare il
diritto di definire chi è di "sinistra" e chi non lo è.

"... condanniamo la repressione da parte dello stato cubano di
pensatori indipendenti e scrittori, attivisti per i diritti umani e
democratici". Ancora, cosa consente a questi americani di definire chi
è "indipendente" e chi è "democratico"?

Nel contesto cubano, ciò potrebbe sembrare piuttosto ambiguo. Ma
ancora, se i processi sono davvero ingiusti, non importa se i
pensatori sono "democratici indipendenti" o no. Le regole sono regole.

"Per 'crimini' quali essere autori di saggi critici verso il governo
e incontri con delegazioni di leaders politici esteri, circa 80
dissidenti politici non-violenti sono stati arrestati, processati
sommariamente a porte chiuse, senza difesa e preavviso adeguato, e
condannati crudelmente e duramente a decine di anni di prigione"

Processare sommariamente chiunque a porte chiuse senza difesa e
preavviso adeguato, ecc., è un brutto modo di fare, punto. Ma non vedo
come sia possibile conoscere così tanto riguardo a ciò che è accaduto
dal momento che il processo era a porte chiuse. Erano tutti incontri
innocenti con delegazioni di leaders politici esteri? Non con agenti
della Cia, forse? Per quanto riguarda i "non violenti", ho scritto
un'altra nota al riguardo, sottolineando che gli Stati Uniti, con la
sua enorme ricchezza e potere, hanno la possibilità di usare tutti i
metodi, quelli dei potenti e quelli dei deboli, inclusa la "non
violenza" (gli agenti statunitensi insegnavano la "non violenza"
all'abbondantemente sovvenzionato movimento "Otpor" in Serbia per
liberarsi di Milosevic ... il che non preclude l'utilizzo anche dei
gruppi violenti). Considerata la campagna dell'amministrazione Bush
per il "cambiamento di regime" (per nulla "non violenta", come è stato
illustrato in Iraq), si deve presumere che le autorità cubane hanno
ragione di preoccuparsi per la sovversione nel loro paese, forse in
preparazione di un'invasione. Ci si può anche preoccupare che le
autorità cubane siano innervosite e commettano seri errori. Ed è
perfettamente ragionevole sottolineare che i principi di giustizia
debbano essere rispettati anche in circostanze difficili.

"Queste sono violazioni delle più elementari norme del giusto
processo che ricordano i processi di Mosca dell'Unione Sovietica
durante l'epoca staliniana."

Perché questa particolare analogia? La gente conosce oggi così tanto
riguardo ai processi di Mosca perché questo paragone sia illuminante?
La storia è piena di violazioni delle norme del giusto processo, e
sebbene i professionisti dei diritti umani sembrino non accorgersene,
un esempio attuale è in corso proprio adesso a L'Aia. E di fronte a
Cuba, c'è Guantanamo, ma i cubani non hanno udito parola su quanto
accade lì ...

"La destra democratica in tutto il mondo si è opposta all'embargo
contro Cuba in quanto controproducente, più dannoso agli interessi del
popolo cubano che utile alla democratizzazione politica".

Adesso aspettate un minuto! "Controproducente"? Ma questo dipende
dallo scopo? La "sinistra democratica" ha emanato le sanzioni per i
propri (come dichiarato sopra) nobili scopi? In questo caso, forse, si
potrebbero definire "controproducenti". Oppure le sanzioni sono state
emanate da un governo statunitense il cui scopo, al contrario, era di
favorire ed eventualmente far ritornare al potere la stessa "classe
affaristica" profondamente corrotta che si è spostata a Miami dove
esercita un'influenza sproporzionata come lobby politica? In questo
caso, le sanzioni non state affatto "controproducenti, in quanto hanno
causato delle considerevoli privazioni alla popolazione cubana,
privazioni di cui si può dare la colpa al regime. Tali sanzioni (come
si è già visto in Serbia e Iraq) causano una crescente disaffezione e
il desiderio di fare qualunque cosa richiesta per diventare una
nazione "normale".

L'argomento della "controproduttività" assume che lo scopo (delle
sanzioni, in questo caso) è lodevole, ma mal indirizzato. È difficile
capire la natura di una "sinistra democratica" che accarezza tali
illusioni.

"L'attuale repressione da parte dello stato cubano dei dissidenti
politici giunge ad essere una collaborazione con gli elementi più
reazionari dell'amministrazione statunitense nel loro sforzo di
mantenere le sanzioni ed istituire misure ancora più punitive contro
Cuba".

Bene, scusatemi, ma si potrebbe dire che questo preciso pretesto in
questo preciso momento "giunge ad essere una collaborazione con gli
elementi più reazionari dell'amministrazione statunitense" nel loro
sforzo "di istituire misura ancora più punitive contro Cuba."

Perché invece non esprimere la preoccupazione che la repressione
cubana (non importa di chi...) rischia di essere "controproducente" in
quanto fornisce alla amministrazione Bush il pretesto per organizzare
il "cambiamento di regime". Un tale argomento renderebbe più credibile
sostenere che le firme sono "in solidarietà con il popolo cubano"...

"L'unica conclusione che si può derivare da questa brutale
repressione è che il governo cubano non ha fiducia che il popolo
cubano possa distinguera la verità dalla falsità, i fatti dalla
disinformazione." È questa realmente l'UNICA conclusione? Un ulteriore
piccolo sforzo di immaginazione è richiesto qui...

"Un governo di sinistra deve avere il sostegno popolare: deve
garantire i diritti umani e promuovere la più ampia democrazia
possibile, incluso il diritto a dissentire, così come promuovere la
giustizia sociale. Con le sue azioni, lo stato cubano palesa che non è
un governo di sinistra, a dispetto delle sue rivendicazioni di
progresso sociale nell'educazione e nella cura della salute, ma
soltanto un'altra dittatura, preoccupata prima di tutto di mantenere
il suo monopolio del potere."

È comprensibile che una "sinistra democratica", definitivamente
lontana da qualsiasi esercizio del potere, o di influenza sulla
società, si possa prendere il privilegio di scomunicare dal punto di
vista di una tale "sinistra democratica" un tentativo di rivoluzione
sociale posto sotto assedio come quello cubano. Se "sinistra" vuol
dire totale mancanza di potere, qualsiasi governo è squalificato. Ma
dovremmo chiederci: se è "soltanto un'altra dittatura", perché il
governo degli Stati Uniti ha compiuto uno sforzo eccezionale lungo
quarant'anni per distruggerla? Permettetemi di dubitare. E se il
progresso sociale nell'educazione e nella cura della salute sono
semplici "rivendicazioni", che dire di tutte le dittature che hanno
mancato di fare tali "rivendicazioni" e mai sono state soggette a
sanzioni?

Fidel Castro ha commesso la terribile impurità di provare a conservare
un governo di sinistra al potere per quarantaquattro anni. Per essere
puro, avrebbe dovuto mantenere gli standard dalla "sinistra
democratica" ... seguendo l'esempio del riformista guatemalteco
democraticamente eletto Jacobo Arbenz, costretto alle dimissioni dopo
tre anni di governo da un colpo di stato appoggiato dagli Stati Uniti,
o di Salvador Allende, assassinato da un colpo di stato appoggiato
dagli Stati Uniti. La "sinistra democratica" è stata incapace di
salvare questi leaders, ma ha ancora la presuzione di condannare i
sopravvissuti per aver dimostrato una tale tenacità. Arrenditi,
Castro! Allora forse potrai conquistare l'approvazione della "sinistra
democratica".

Diana Johnstone è autrice di The Politics of Euromissiles: Europe's
Role in America's World and FOOLS' CRUSADE Yugoslavia, NATO, and
Western Delusions. Pup essere raggiunta all'indirizzo:
DianaJohnstone@...

--- Fine messaggio inoltrato ---



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1. Anniversary of Tito's Death Marked (HINA)
2. 23 godine od smrti Josipa Broza Tita; Titova udovica obele?ila godi?njicu
Titove smrti


LINKS:
* TITO
http://www.titoville.com
* MOJ PRIVATNI TITO
http://groups.yahoo.com/group/Yugoland/message/14423


=== 1 ===

ANNIVERSARY OF TITO'S DEATH MARKED
HNA
HR-ANNIVERSARY-Politika

KUMROVEC, May 4 (Hina) - Around 300 members of the Croatian Alliance of
Anti-Fascists, the Federation of "Josip Broz Tito" Societies and anti-fascist
fighters from Krapina County gathered on Sunday in Kumrovec, the hometown
of the president of the former Socialist Federal Republic of Yugoslavia,
Josip Broz Tito (1892-1980), to commemorate the 23rd anniversary of his
death. #L#Delegations from Croatia, Slovenia and Bosnia-Herzegovina laid
wreaths by a monument erected in the garden of the house where Tito was
born.The president of the Alliance of Anti-Fascists, Ivan Fumic, recalled
Tito's role in the Non-Aligned Movement."The Non-Aligned were a counterbalance
to the policy of big powers so they could not do what they liked, which
is what they do today," Fumic said.Fumic said the level of workers' rights
in the former Yugoslavia was among the highest in the world, and added that
it would take a lot of time for workers to claim back the rights they once
enjoyed."Tito was wronged the most in his own country and by the people
for whom he had done the most. Fortunately, this is changing every day and
more and more people are realising the greatness of his work and him as
a man," he said.The commemoration ended with an invitation to citizens to
come to Kumrovec on May 25, the day when Tito's birthday was celebrated.Tito's
wife Jovanka, members of his family, living fellow fighters and followers
laid wreaths at his grave in the "House of Flowers" in Belgrade today. Unlike
previous years, some Belgrade TV stations aired special programmes about
Tito.(hina) rml

=== 2 ===

http://groups.yahoo.com/group/Yugoland/message/14434

23 godine od smrti Josipa Broza Tita

Na danasnji dan, prije 23 godine, umro je predsjednik bivse Socijalisticke
Federativne Republike Jugoslavije Josip Broz Tito. Tito, koji je rodjen
1892. godine u Kumrovcu, bio je vodja borbe protiv njemackog okupatora od
1941. do 1945. godine. Vladao je Jugoslavijom i komandovao njenim oruzanim
snagama od zavrsteka Drugog svjetskog rata do smrti, 4. maja 1980. Umro
je u Ljubljani, a sahranjen u Kuci cvijeca u Beogradu. Bio je predsjednik
Komunisticke partije Jugoslavije, proglasen je za dozivotnog predsjednika
SFRJ i jedini je imao vojni cin Marsala Jugoslovenske narodne armije. Jedan
je od osnivaca Pokreta nesvrstanih koji je okupljao, uglavnom, africke i
azijske drzave koje nisu pripadale ni jednom od, u to vreme, dva dominirajuca
bloka zapadnih i istocnih zemalja okupljenih oko NATO i Varsavskog ugovora.

www.pcnen.cg.yu/

http://groups.yahoo.com/group/Yugoland/message/14445

Titova udovica obele?ila godi?njicu Titove smrti

BEOGRAD (Tanjug) - Na grob biv?eg predsednika SFRJ Josipa Broza Tita, koji
je umro 4. maja 1980. godine, venac je juče polo?ila njegova udovica
Jovanka Broz. Titova udovica sama je posetila Kuću cveća na Dedinju.

http://www.glas-javnosti.co.yu/





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Ogni martedi, dalle ore 13,30 alle 14,00, su Radio Città Aperta (FM
88.9 per il Lazio) va in onda la trasmissione in diretta

"VOCE JUGOSLAVA"

Tel 06-4393512, su Internet: http://www.radiocittaperta.it

Kao svakog utorka od 13,30 do 14,00 sati, emisija u direktnom prijenosu
na Radio Città Aperta, "Jugoslavenski glas". Za regiju Lazio na talasima
FM 88.9. Tel. 06 4393512. Na Internetu http://www.radiocittaperta.it
Podrzite ovaj slobodni glas!

Martedì, 6 maggio

1)"Ieri, oggi, e... domani". Date da non dimenticare
2)"Dal monte Triglav al fiume Vardar", brevi notizie
3) Kosmet (Kosovo e Metohija), in vendita per 2 miliardi e mezzo di
dollari?
4) Appelli, attività.
Sono possibili brevi interventi telefonici.

Utorak, 6. maja

1) "Juce, danas i... sutra". Datumi, da se ne zaborave!
2) "Od Triglava do Vardara...", kratke informacije
3) Za Kosmet dve i pol milijarde dolara?
4) Apeli, aktivnosti.
Moguce su kratke telefonske intervencije



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ONORE AL CAMERATA CADUTO

Il generale Janko Bobetko, anziano militare dell'esercito della
Croazia Indipendente, tra i responsabili - all'inizio degli anni
Novanta - della cancellazione fisica della popolazione serba della
Slavonia e per questo imputato persino al "Tribunale" dell'Aia, e'
morto pochi giorni fa. Lo Stato Croato Indipendente, che ne aveva
negato l'estradizione all'Aia, gli ha reso ufficialmente i piu' alti
onori militari nel corso del funerale, svoltosi alla presenza dei
leader politici della destra nazionalista e neonazista.

General Bobetko buried with highest military honours

http://www.hina.hr/nws-bin/genews.cgi?TOP=ehot&NID=ehot/politika/H5022751.2yc


GENERAL BOBETKO BURIED WITH HIGHEST MILITARY HONOURS
HNA
HR-FUNERAL-Politika

SISAK, May 2 (Hina) - Retired Croatian General Janko Bobetko was
buried on Friday at Sisak's central cemetery with the highest military
honours and a religious service in the presence of his family, fellow
fighters, residents of his hometown of Crnac and some 25,000 people
from around Croatia and abroad. #L#

Bobetko was bid goodbye by his neighbour and friend from Crnac, Ante
Zivkovic, and two of his closest and most loyal associates, Generals
Ivan Korade and Ivan Basarac. A prayer for the late general was said
by the military ordinary, Msgr. Juraj Jezerinac.

Zivkovic said that freedom and a free Croatia were the most important
goal and achievement for General Bobetko.

General Korade recalled the battles in which he fought alongside
Bobetko, defending the country. General Bobetko was a soldier, a
victorious army leader who leaves behind brilliant deeds and a proud
Croatia, Korade said.

General Basarac said that Croatia's generals and people would continue
striving towards the ideals for which Bobetko had lived. Commenting on
an indictment The Hague-based war crimes tribunal issued against
Bobetko, Basarac said that those who had fought for Croatia's freedom
had not been able to live in freedom over the past few years.

"If there is no freedom for Gotovina, Norac, Ademi, there can be no
freedom for anyone in Croatia," Basarac said.

The funeral was also attended by President Stjepan Mesic's envoy and
head of his military cabinet, Kresimir Kaspar, Parliament President
Zlatko Tomcic's envoy Marijana Petir and Labour Minister Davorko
Vidovic, who attended the funeral privately.

Of party leaders, apart from the Croatian Democratic Union's Ivo
Sanader, also present were the Croatian Party of Rights' Anto Djapic,
the Croatian Christian Democratic Union's Anto Kovacevic, the Croatian
Bloc's Ivic Pasalic, the Croatian True Revival's Miroslav Tudjman and
the honorary president of the Croatian Independent Democrats, Josip
Manolic.

(hina) rml sb

---
http://www.titoville.com/sound/racunajte_na_nas.mp3
---


RACUNAJTE NA NAS (Rani Mraz)
(Dj. Balasevic-- T. Milakovic-- Dj. Balasevic)


U ime svih nas iz pedeset i neke,
Za zakletvu Titu ja spevao sam stih,
Ne spominjem proslost i bitke daleke,
Jer rodjen sam tek posle njih.

Al' zivot pred nama jos bitaka skriva,
I preti nam, preti ko duboki vir,
Ja znam da na ceka jos sto ofanziva,
Jer moramo cuvati mir.

Racunajte na nas.

Sumnjaju neki da nosi nas pogresan tok,
Jer slusamo ploce i sviramo rok,
Al' negde u nama je bitaka plam,
I kazem vam sta dobro znam.

Racunajte na nas.

U ime svih nas iz pedeset i neke,
Za zakletvu Titu sam spevala stih,
Ne spominjem proslost i bitke daleke,
Jer rodjena sam posle njih.
U nama je sudbina buducih dana,
I neki se mozda plase za nju,
Kroz vene nam protice krv partizana,
I mi znamo zasto smo tu.

Sumnjaju neki da nosi nas pogresan tok,
Jer slusamo ploce i sviramo rok,
Al' negde u nama je bitaka plam,
I kazem vam sta dobro znam.

Racunajte na nas.


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http://www.titoville.com/sound/racunajte_na_nas.mp3
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"AH LA LA, QUANDO PENSO AI BEI TEMPI.."

...quando l'Occidente aiutava i musulmani bosniaci,
gli albanesi e me a combattere i serbi...

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/IMMAGINI/osamait.gif