Informazione


P2: LICIO GELLI PRESENTATORE TELEVISIVO

"Il vero potere risiede nelle mani dei dententori dei Mass-Media" (Licio Gelli)



Su Licio Gelli si veda anche, nel nostro archivio:

ODO GELLI FAR FESTA (Marco Travaglio)

Licio Gelli, giovane ufficiale dei servizi segreti militari fascisti, è protagonista del furto del tesoro della Banca Nazionale jugoslava (1941)

GELLI: "E' FINITA PROPRIO COME DICEVO IO"

Centosessanta lingotti d'oro nascosti nella villa di Licio Gelli


(sul menzognero film di Spike Lee si veda anche: http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6181 )


Liberazione 26/10/2008

La strage di Sant'Anna Stazzema e il revisionismo (anche quello di sinistra...)

Stefano Cristiano*


All'alba del 12 Agosto del 1944 reparti delle SS, accompagnati da spie fasciste, piombarono nel piccolo borgo di Sant'Anna di Stazzema trucidando a sangue freddo 560 persone, soprattutto donne anziani e bambini. Grazie anche alla scoperta nel 1994 in uno scantinato di Palazzo Cesi (sede della procura generale militare a Roma), del cosiddetto Armadio della Vergogna, che nascondeva da 40 anni documenti fondamentali per ricostruire dinamica e responsabilità delle stragi nazi-fasciste, il tribunale di La Spezia ha condannato all'ergastolo nel 2005 (con sentenza confermata in appello nel 2006 e in Cassazione nel 2007) 10 ex SS responsabili del massacro.
Per anni l'eccidio di Sant'Anna è rimasto sconosciuto ai più, nascosto dietro il muro di gomma della nostra democrazia, lo stesso muro su cui rimbalzano inesorabilmente i tentativi di individuare responsabilità politiche e materiali delle stragi di stato. Oggi il massacro è tornato agli onori della cronaca "grazie" al film di Spike Lee motivato più che dalla ricerca storica, dalla narrazione di una vicenda in gran parte lontana dalla verità processuale.
Ciò che indigna profondamente, non è tanto il film "Miracolo a Sant'Anna", quanto una serie di considerazioni inquietanti. Mi domando: perché in tutti questi anni nessun celebrato regista nostrano ha mai diretto un film su quell'evento così tragico? Perché dopo aver inondato la nostra Tv di "fiction" sulle biografie di papi, suore, prelati, carabinieri, poliziotti, santi poeti e navigatori, nessuno ha mai pensato di raccontare quella, come altre analoghe vicende? Perché il libro il "Sangue dei vinti" di Pansa sta per diventare un film, mentre l'eccidio di 560 persone trucidate da nazi-fascisti spietati, è rimasto chiuso nell'armadio delle nostre coscienze prima che in quello della procura generale militare?
Questo a mio avviso è il cuore del problema, e la risposta credo sia drammaticamente ovvia. Perché lo smantellamento definitivo della Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza antifascista, la Costituzione che ha creato le fondamenta per una democrazia avanzata, che grazie al contributo determinante delle forze democratiche uscite vittoriose dal ventennio fascista, con in testa il Pci, ha garantito diritti e tutele sociali ai lavoratori del nostro Paese, deve essere cancellata, e per farlo, per completare l'opera di restaurazione di un regime autoritario, si deve rimuovere ogni traccia di quella che è stata la vera religione civile del nostro Paese: la Resistenza e la lotta contro il nazi-fascismo. E i frutti di questo lungo lavoro li stiamo vedendo: oggi autorevoli esponenti del Prc definiscono "indicibile" l'aggettivo comunista e propongono un superamento della nostra organizzazione, e contestualmente un numero sempre più grande di giovanissimi che frequentano scuole, stadi, luoghi di svago ostentano senza pudore slogan, simboli e soprattutto cultura e ideologia che si rifanno al fascismo; oggi si tende a considerare con una qual benevolenza quei giovani che, abbracciando la Repubblica di Salò, avevano fatto una scelta sbagliata ma erano comunque mossi da forti ideali, contrapponendoli ai feroci partigiani (rossi) che finita la guerra sarebbero scorrazzati per le valli del centro nord, a consumare con freddezza e ferocia vendette o omicidi politici; oggi in un quartiere popolare della mia città, Pistoia, non riusciamo a rianimare uno storico circolo Arci, per altro dall'evocativo nome "1° Maggio", e a poche decine di metri apre "Casa Pound" con un numero preoccupante di giovani tesserati.
La scelta quindi di convocare il primo Comitato regionale toscano del Prc a Sant'Anna di Stazzema non risponde semplicemente ad un seppur nobile afflato storico-identitario, ma vuole dare il senso di un Partito che ricomincia a farsi carico dell'iniziativa sociale e di quella ideale e culturale, cogliendo fra questi due elementi un nesso imprescindibile, perché è innegabile che il progressivo arretramento della sinistra sul versante delle conquiste sociali e dei diritti, sia stato accompagnato, per non dire favorito, dal contestuale arretramento sul versante dell'identità culturale e politica.
Infatti molti ragazzi che si avvicinano alla politica non chiedono semplicemente di imparare a gestire l'esistente, ma sono anche alla ricerca di senso, di prospettive ideali che vadano oltre il contingente, vogliono sentirsi parte di un progetto politico di trasformazione della società. Ecco quindi che la ricostruzione di un nuovo mutualismo per la rigenerazione di una rete solidaristica ormai sfilacciata, la ricostruzione di occasioni di lotta e vertenze territoriali, rischiano di essere inefficaci ed episodici se non sostenuti da una profonda motivazione ideale e dalla convinzione di appartenere ad una storia fatta di drammi e successi, di sogni e incubi, ma comunque di una storia grandiosa che dalla Comune di Parigi alle rivoluzioni del 900, alla lotta al nazifascismo, alla battaglia contro il colonialismo, fino alle conquiste degli anni 60 e 70, è una storia di riscatto dei soggetti sociali più deboli. Ed è su questo ceppo che possono rifiorire i rami un po' secchi di tutta la sinistra.


*segretario regionale Prc Toscana




( Marlise Simons è una professionista della disinformazione strategica contro la Jugoslavia e della campagna di demonizzazione razzista contro i serbi. Sul suo lavoro si vedano anche:

Marlise Simons and the New York Times on the International Court of Justice Decision on Serbia and Genocide in Bosnia
March 12, 2007 - By Edward S. Herman and David Peterson

Marlise Simons on the Yugoslavia Tribunal: A Study in Total Propaganda Service
Edward S. Herman and David Peterson

e tutte le citazioni tra gli articoli della nostra Newsletter:

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Poor Marlise: Her Old Allies Are Now Attacking the Tribunal and Even Portraying the Serbs as Victims

October, 30 2008 

By Edward S. Herman 


Marlise Simons, the New York Times's main  reporter on the Milosevic trial and International Criminal Trial for the Former Yugoslavia (ICTY), has had a difficult year. Perhaps most painful was the disclosure that in 1999 the Kosovo Albanian KLA sent as many as 300 captive Serbs to Albanian to be killed and their internal organs "harvested" for sale abroad, a matter barely mentioned in the New York Times (see below). I was sorely tempted to write to Marlise Simons and offer her my sympathies: "Marlise, if only the villains in this case were Serbs, what a fine front page article you could have had here!" 
 
She and her paper did have a windfall with the arrest of former Bosnian Serb leader Radovan Karadzic and his transfer to the Hague for trial in  July (18-21), which was exploited to a maximum with nine bylined Simons articles, multi-day front page coverage, a stream of pictures of  grieving (or capture-celebrating)  victim family members, and the usual complete absence of  any critical context on either Bosnian history or the nature and record of the ICTY. (For an analysis of Simons' sorry record and background on the issues at stake, see Herman and Peterson, " Marlise Simons on the Yugoslavia Tribunal: A Case Study in Total Propaganda Service," ZNet, March, 2004; for  good reviews of the role of the ICTY,   John Laughland , Travesty [Pluto: 2007].and Michael Mandel, How America Gets Away With Murder [Pluto: 2004]; for a broader analysis of the issues, Herman and Peterson, "The Dismantling of Yugoslavia: A Study in inhumanitarian intervention—and a Western liberal left intellectual and moral collapse," Monthly Review, Oct. 2007).
 
Simons and the Times have adhered closely to the establishment narrative on the issues involved in the wars and dismantlement of Yugoslavia, including the good-evil dichotomy, steady demonization of the evil (Serbs), gullibility, suppression of inconvenient facts, and high praise for the work of the ICTY. Simons had a very flattering article on the ICTY prosecutor, Carla Del Ponte back in 2002 ("The Saturday Profile: On War Criminals' Trail, an Unflagging Hunter," New York Times, February 9, 2002), and throughout the Milosevic trial Simons reported Del Ponte's claims (and those of her PR associate Florence Hartmann), on an almost daily basis and without the slightest trace of skepticism. (This was helped along by simply ignoring some of  Del Ponte's more egregious acts and statements, such as her appeals for public support of the ICTY by making  strong public claims of the guilt of  people on trial, and her statement that she would not pursue alleged NATO war crimes in bombing Serbia because she takes NATO's word for it that they didn't do anything illegal---she was "very satisfied that there was no deliberate targeting  of civilians or unlawful military targets by NATO during the bombing campaign"; any that happened were "genuine mistakes.").
 
But Simons' old friend Del Ponte has written a book, thus far published only in Italy, entitled La Caccia: Io e i criminali di guerra (i.e., "The Hunt: Me and the War Criminals"), co-authored with Chuck Sudetic, which makes several dramatic claims that would be highly newsworthy for a non-party-line and minimally honest Newspaper of  Record. For one thing, it claims that U.S. pressure  steered the ICTY away from Croatian, Muslim and Kosovo war criminals, and that NATO non-cooperation and the ICTY's dependence on NATO for "the rest of the Tribunal's work" (i.e., pursuing Serbs)  made any investigation and indictment of  NATO officials politically impossible. Her hypocrisy and self-deception here are massive, but it is still interesting to see her now admit the political basis of  the ICTY's allowable work. Simons and the Times have never explored this crucial subject, and of course never reviewed  John Laughland 's and Michael Mandel's books that discuss the issues involved here in detail. (Laughland's Travesty, fully demonstrates the ICTY's corruption of  judicial procedure; Mandel in How America Gets Away With Murder shows compellingly that the ICTY was a political arm of NATO and was designed to facilitate war, not peace--or justice).
 
More spectacular than her admission of  politicization,  Del Ponte reports in her book the point noted earlier--that the Kosovo Albanian KLA was involved in a program of  sending Serbs, mostly seized civilians, to an Albanian location where "doctors extracted the captives' internal organs," which were sent off for sale. She estimates that 300 kidnapped Serbs were so treated. (For a partial non-authorized translation of Del Ponte's account, Harry de Quetteville, "Serb prisoners were stripped of their organs in Kosovo war," Daily Telegraph, April 11, 2008). This was done at the very time UN and NATO forces were deploying to Kosovo as the "humanitarian intervention" war was ending in 1999.  Human Rights Watch has found "serious and credible allegations" on the organ-extraction and sale issue in a series of reports, but Del Ponte claims that here again, as with NATO's possible war crimes, it was difficult to get a serious investigation and process underway on the matter. The New York Times has mentioned this charge only once, in a single sentence deep in an article on another subject, in which the charge is dismissed with contempt by KLA terrorist and high-ranking  Kosovo Albanian official Ramush Haradinaj (Dan Bilefsky, "Ex-Soldier May Go From The Hague's Docket to Kosovo's Ballot," New York Times, July 12, 2008).
 
The dismissal by the ICTY of the case against Haradinaj, as well as one against Bosnian Muslim leader Naser Oric, also presented a problem for defenders of  the ICTY as an independent and genuinely judicial enterprise, with the result that these cases were kept virtually out of sight during the same period in which the Karadzic case got enormous publicity. Haradinaj had been indicted and brought to  the Hague  in 2005, but was allowed to return to Kosovo to campaign for high office although an indicted war criminal! This was in the same time frame in which the very sick Milosevic was refused permission to go to  Moscow  for medical treatment, with a Russian guarantee of return. (He died in prison two weeks after this ICTY denial of medical attention.). Both Haradinaj and Oric were not only leaders of  organizations that killed large number of  Serb civilians, in contrast with Karadzic and Milosevic they were both hands-on killers—which added to the likelihood that an unbiased court would have given them long prison sentences.
 
Haradinaj was the leader of the Black Eagles, which kidnapped and killed hundreds of  Serbs and Kosovo Albanians who cooperated with Serbia, but he was found not guilty on any count—Bilefsky mentions that "lawyers and judges on the court complained that witness intimidation had been widespread," but he fails to mention that  a number of  potential witnesses against Haradinaj were murdered, and he doesn't point out that the ICTY judges  failed once again to find guilt based on a "joint criminal enterprise" in  a trial of a non-Serb. That ICTY-originated concept is apparently confined to usage against the ICTY-NATO target population.
 
The Oric case is even more interesting because he openly bragged about his participation in the massacre of Srebrenica-area Serbs to Canadian Toronto Star reporter Bill Schiller and Washington Post reporter John Pomfret, and showed both of them videos of  some of his Serb victims. (Schiller, "Fearsome Muslim Warlord Eludes Bosnian Serb Forces," Toronto Star, July 16, 1995;  Pomfret, "Weapons, Cash and Chaos Lend Clout to Srebrenica's Tough Guy," Washington Post, Feb. 16, 1994.) Although there was this kind of evidence,  and although Oric openly claimed to Schiller that he had participated in the killing of 114 Serbs in a single episode, it took the ICTY till 2003 to indict him, and he was then indicted for only six killings carried out between September 1992 and March 1993, not by him but by his subordinates. The implication that he was not responsible for mass killings after March 1993, with Srebrenica declared a "safe area" in April 1993,  is contrary to well established facts.
 
 More recently, the Bosnian Muslim  Ibran Mustafic, who had been a member of the Bosnia-Herzegovina Parliament and was president of the Executive Board of the Srebrenica Municipal Assembly, published a book,Planirani haos (Planned Chaos), which gives a great deal of evidence in support of the claim that Oric "is a war criminal without a par" (in Mustafic's words).  Mustafic was scheduled to give testimony in the Oric trial, but after he argued with the prosecution that it failed to charge Oric with his real crimes, in the end the judges decided not to let him testify. Neither Schiller nor Pomfret were called as witnesses to testify before the ICTY on the Oric case, and their articles were not entered into the evidence. French General and former UN military commander in Bosnia, Philippe Morillon, who had been a prosecution witness in the Milosevic trial, had stated there that the Srebrenica killings of  July 1995 were a "direct reaction" to the Oric massacres of earlier years, was not called as a witness during the Oric trial.
 
Oric was then found guilty, not of killing anybody but having failed to control his subordinates, and was freed with only a two year sentence, having spent three years at  the Hague . This was followed by a further ICTY court decision that threw out his conviction and two-year sentence on ground of  inadequate proof  of Oric's knowledge of what his subordinates were doing. The double standard on proof of  command responsibility and  the laughably limited scope of  the original indictment of this major war criminal fully confirm the ICTY's role as a political instrument and its process as  a  "travesty."
 
 Just as Marlise Simons had ignored Naser Oric in earlier years, so with these trials of exoneration, the Times's coverage was confined to a short July 4, 2008 blurb taken from Agence France Presse, " Bosnia: Ex-Commander Is Cleared."  Ibran Mustafic's book and testimony has of course never been mentioned in the paper.
 
Another development that Marlise Simons has had to dodge is the 2007 publication of a book by Florence Hartmann, Peace and Punishment, which, like Del Ponte's book, accuses the Western powers of  having politicized the work of the ICTY, specifically in having blocked the capture and trial of  Radovan Karadzic—a claim consistent with Karadzic's allegation of  a deal with Richard Holbrooke. Even more interesting is Hartmann's claim that when Del Ponte was prosecutor of the Rwanda Tribunal (ICTR), which she was assigned to along with her service at the ICTY, the United States ordered her to  drop any investigations and charges against the Tutsi army and Paul Kagame, a U.S. client. She refused and was fired. Earlier, when Louise Arbour was ICTR prosecutor, her staff had found strong evidence that Kagame and associates had organized the shooting down of the Hutu president's plane on April 6, 1994, the act which initiated the escalated killings in  Rwanda . Arbour had followed  U.S.  orders and closed down the investigation. Del Ponte refused to do that and was removed.
 
This was never disclosed in the New York Times when it happened, and Marlise Simons and company are not about to give Hartmann's confirmation of this highly important story  any publicity today. It does not fit the established bias. As I have discussed elsewhere and often, when a strong party line forms within the U.S. establishment, as is true as regards both the dismantling of Yugoslavia and the Rwanda killings, the New York Times regularly cooperates, with the result that it performs as a propaganda agency of the state in a fashion similar to Pravda's service to the Soviet authorities. This was the case as regards, e.g., the non-existent 1981 Bulgarian-KGB plot to murder the Pope, the U.S. sponsorship of  Pakistan's dictators and help to Bin Laden and the anti-Soviet Afghan resistance in the 1980s,  Saddam's  threatening (but non-existent) "weapons of mass destruction" in 2003, Iran's nuclear menace today (devoid of nuclear weapons) , as well as NATO's  phony "humanitarian intervention" to deal with a non-existent Serb "genocide" in Bosnia and Kosovo. It is a great Paper of Record, helping manufacture consent to the policies of the imperial state whose  record it keeps with meticulous care and dependable selectivity. 


From: Z Net - The Spirit Of Resistance Lives




Nel 59.esimo anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese (I Ottobre 1949) segnaliamo, da Youtube:


Moderna versione di una nota canzone patriottica cinese
"Un inno al mio paese" di Guo Rong
L'inno nazionale della Repubblica Popolare Cinese:
"Marcia dei Volontari"




Oggetto: Roma, aggressione fascista. Assoluzione immediata per Yassir!

Data: 30 ottobre 2008 11:27:33 GMT+01:00

Come Comunisti Uniti Lazio ci associamo a questa denuncia (tratta da http://tastorosso.wordpress.com) e alla richiesta di assoluzione IMMEDIATA per il compagno Yassir Goretz del PRC di Roma trattenuto questa notte dalla Questura di Roma -dopo gli scontri seguiti alle provocazioni fasciste alla manifestazione anti-Gelmini di ieri a Roma - e che verrà processato questa mattina per direttissima.

Così come saremo al fianco dei compagni e delle compagne che saranno eventualmente denunciati dalle forze dell'ordine per danneggiamenti e resistenza a pubblico ufficiale come sembra da voci ufficiose.

Sotto alleghiamo cronaca dettagliata di Repubblica sulle dinamiche della provocazione e dell'aggressione fascista e sul ruolo di copertura svolto dalle forze dell'ordine a Piazza Navona (la dottrina-Cossiga si riaffaccia?).

Comunisti Uniti Lazio
www.comunistiuniti.it 
comunistiunitilazio@...

CHIEDIAMO IMMEDIATO RILASCIO DI YASSIR GORETZ, DIPENDENTE DIREZIONE PRC PRESENTE A SCONTRI.

La provocazione degli agitatori e degli studenti di estrema destra infiltrati nel corteo di questa mattina a piazza Navona e le forze dell'ordine che hanno preso a manganellate pacifici studenti e giovani maestre che protestavano contro l'approvazione del decreto Gelmini sono atti gravissimi e inaccettabili, che purtroppo si commentano da soli. Il governo impedisca in ogni modo simili atti, spieghi alle forze dell'ordine che vanno isolati e allontanati provocatori e violenti, non pacifici studenti e insegnanti.

Chiediamo anche l'immediato rilascio, da parte della Questura di Roma, del dipendente della Direzione nazionale del Prc Yassir Goretz, presente agli scontri e ai disordini con l'unico fine di portare solidarietà e sostegno agli studenti e ai docenti pacifici che manifestavano e in alcun modo responsabile di alcunché. Riteniamo infine che il ministro degli Interni sia tenuto a riferire immediatamente su quanto avvenuto.

Ottobre 29, 2008

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Da Repubblica

Caschi, passamontagna e bastoni. E quando passa Cossiga
un anziano docente urla: "Contento ora?"

Un camion carico di spranghe
e in piazza Navona è stato il caos
La rabbia di una prof: quelli picchiavano e gli agenti zitti

di CURZIO MALTESE

Gli scontri di ieri a Roma
AVEVA l'aria di una mattina tranquilla nel centro di Roma. Nulla a che vedere con gli anni Settanta. Negozi aperti, comitive di turisti, il mercatino di Campo dè Fiori colmo di gente. Certo, c'era la manifestazione degli studenti a bloccare il traffico. "Ma ormai siamo abituati, va avanti da due settimane" sospira un vigile. Alle 11 si sentono le urla, in pochi minuti un'onda di ragazzini in fuga da Piazza Navona invade le bancarelle di Campo dè Fiori. Sono piccoli, quattordici anni al massimo, spaventati, paonazzi.

Davanti al Senato è partita la prima carica degli studenti di destra. Sono arrivati con un camion carico di spranghe e bastoni, misteriosamente ignorato dai cordoni di polizia. Si sono messi alla testa del corteo, menando cinghiate e bastonate intorno. Circondano un ragazzino di tredici o quattordici anni e lo riempiono di mazzate. La polizia, a due passi, non si muove.

Sono una sessantina, hanno caschi e passamontagna, lunghi e grossi bastoni, spesso manici di picconi, ricoperti di adesivo nero e avvolti nei tricolori. Urlano "Duce, duce". "La scuola è bonificata". Dicono di essere studenti del Blocco Studentesco, un piccolo movimento di destra. Hanno fra i venti e i trent'anni, ma quello che ha l'aria di essere il capo è uno sulla quarantina, con un berretto da baseball. Sono ben organizzati, da gruppo paramilitare, attaccano a ondate. Un'altra carica colpisce un gruppo di liceali del Virgilio, del liceo artistico De Chirico e dell'università di Roma Tre. Un ragazzino di un istituto tecnico, Alessandro, viene colpito alla testa, cade e gli tirano calci. "Basta, basta, andiamo dalla polizia!" dicono le professoresse.

Seguo il drappello che si dirige davanti al Senato e incontra il funzionario capo. "Non potete stare fermi mentre picchiano i miei studenti!" protesta una signora coi capelli bianchi. Una studentessa alza la voce: "E ditelo che li proteggete, che volete gli scontri!". Il funzionario urla: "Impara l'educazione, bambina!". La professoressa incalza: "Fate il vostro mestiere, fermate i violenti". Risposta del funzionario: "Ma quelli che fanno violenza sono quelli di sinistra". C'è un'insurrezione del drappello: "Di sinistra? Con le svastiche?". La professoressa coi capelli bianchi esibisce un grande crocifisso che porta al collo: "Io sono cattolica. Insegno da 32 anni e non ho mai visto un'azione di violenza da parte dei miei studenti. C'è gente con le spranghe che picchia ragazzi indifesi. Che c'entra se sono di destra o di sinistra? È un reato e voi dovete intervenire".

Il funzionario nel frattempo ha adocchiato una telecamera e il taccuino: "Io non ho mai detto: quelli sono di sinistra". Monica, studentessa di Roma Tre: "Ma l'hanno appena sentito tutti! Chi crede d'essere, Berlusconi?". "Lo vede come rispondono?" mi dice Laura, di Economia. "Vogliono fare passare l'equazione studenti uguali facinorosi di sinistra". La professoressa si chiama Rosa Raciti, insegna al liceo artistico De Chirico, è angosciata: "Mi sento responsabile. Non volevo venire, poi gli studenti mi hanno chiesto di accompagnarli. Massì, ho detto scherzando, che voi non sapete nemmeno dov'è il Senato. Mi sembravano una buona cosa, finalmente parlano di problemi seri. Molti non erano mai stati in una manifestazione, mi sembrava un battesimo civile. Altro che civile! Era stato un corteo allegro, pacifico, finché non sono arrivati quelli con i caschi e i bastoni. Sotto gli occhi della polizia. Una cosa da far vomitare. Dovete scriverlo. Anche se, dico la verità, se non l'avessi visto, ma soltanto letto sul giornale, non ci avrei mai creduto".

Alle undici e tre quarti partono altre urla davanti al Senato. Sta uscendo Francesco Cossiga. "È contento, eh?" gli urla in faccia un anziano professore. Lunedì scorso, il presidente emerito aveva dato la linea, in un intervista al Quotidiano Nazionale: "Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand'ero ministro dell'Interno (...) Infiltrare il movimento con agenti pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto della polizia. Le forze dell'ordine dovrebbero massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti all'ospedale. Picchiare a sangue, tutti, anche i docenti che li fomentano. Magari non gli anziani, ma le maestre ragazzine sì".

È quasi mezzogiorno, una ventina di caschi neri rimane isolata dagli altri, negli scontri. Per riunirsi ai camerati compie un'azione singolare, esce dal lato di piazza Navona, attraversa bastoni alla mano il cordone di polizia, indisturbato, e rientra in piazza da via Agonale. Decido di seguirli ma vengo fermato da un poliziotto. "Lei dove va?". Realizzo di essere sprovvisto di spranga, quindi sospetto. Mentre controlla il tesserino da giornalista, osservo che sono appena passati in venti. La battuta del poliziotto è memorabile: "Non li abbiamo notati".

Dal gruppo dei funzionari parte un segnale. Un poliziotto fa a un altro: "Arrivano quei pezzi di merda di comunisti!". L'altro risponde: "Allora si va in piazza a proteggere i nostri?". "Sì, ma non subito". Passa il vice questore: "Poche chiacchiere, giù le visiere!". Calano le visiere e aspettano. Cinque minuti. Cinque minuti in cui in piazza accade il finimondo. Un gruppo di quattrocento di sinistra, misto di studenti della Sapienza e gente dei centri sociali, irrompe in piazza Navona e si dirige contro il manipolo di Blocco Studentesco, concentrato in fondo alla piazza. Nel percorso prendono le sedie e i tavolini dei bar, che abbassano le saracinesche, e li scagliano contro quelli di destra.

Soltanto a questo punto, dopo cinque minuti di botte, e cinque minuti di scontri non sono pochi, s'affaccia la polizia. Fa cordone intorno ai sessanta di Blocco Studentesco, respinge l'assalto degli studenti di sinistra. Alla fine ferma una quindicina di neofascisti, che stavano riprendendo a sprangare i ragazzi a tiro. Un gruppo di studenti s'avvicina ai poliziotti per chiedere ragione dello strano comportamento. Hanno le braccia alzate, non hanno né caschi né bottiglie. Il primo studente, Stefano, uno dell'Onda di scienze politiche, viene colpito con una manganellata alla nuca (finirà in ospedale) e la pacifica protesta si ritrae.

A mezzogiorno e mezzo sul campo di battaglia sono rimasti due ragazzini con la testa fra le mani, sporche di sangue, sedie sfasciate, un tavolino zoppo e un grande Pinocchio di legno senza più una gamba, preso dalla vetrina di un negozio di giocattoli e usato come arma. Duccio, uno studente di Fisica che ho conosciuto all'occupazione, s'aggira teso alla ricerca del fratello più piccolo. "Mi sa che è finita, oggi è finita. E se non oggi, domani. Hai voglia a organizzare proteste pacifiche, a farti venire idee, le lezioni in piazza, le fiaccolate, i sit in da figli dei fiori. Hai voglia a rifiutare le strumentalizzazioni politiche, a voler ragionare sulle cose concrete. Da stasera ai telegiornali si parlerà soltanto degli incidenti, giorno dopo giorno passerà l'idea che comunque gli studenti vogliono il casino. È il metodo Cossiga. Ci stanno fottendo".-- 




Il prossimo 19 novembre, presso l'ambasciata della Serbia a via dei Monti Parioli - Roma, si terrà la presentazione del libro "Un sorriso per ogni lacrima  (voli a bassa quota in un dopoguerra jugoslavo)

Un sorriso per ogni lacrima
di Alessandro Di Meo
Edito da EXORMA, 2008
€ 13,90

Il libro può essere acquistato presso tutte le librerie del circuito Arion o richiesto direttamente all'autore scrivendo a: unsorrisoperognilacrima @ email.it

Un sorriso per ogni lacrima. E’ la frase che dice Beba alla mamma, perché ha pianto tanto per Sanja, la figlia annegata nel fiume. Tanti sorrisi, al posto di tutto quel pianto, di tutto quel dolore. Un libro che non è romanzo, né libro di racconti... che voleva essere raccolta di stilettate, di pugnalate… allo stomaco, al fegato, agli occhi, al cuore di ognuno che lo leggerà. Un libro, quindi, di colpi bassi.
Perché la guerra fa male, sempre.
Spesso, ce ne dimentichiamo, assorti come siamo nelle nostre attività quotidiane, quasi che esse soltanto esistano, quasi che per esse soltanto si debba vivere.
Tutti, invece, potremmo un giorno svegliarci e accorgerci che tutto cambia e precipita verso un vortice che ci inghiottirà.
Perché la guerra è sleale, non ha codici etici, non guarda in faccia a nessuno. E a rimetterci sono sempre gli stessi, i più deboli. Fra questi, i bambini.
Ma proprio perché è un libro dove si parla di bambini, ognuno col suo nome, ognuno con la sua immagine che riporta a una voce, a un gesto, a uno sguardo che sia, allora, un libro di sorrisi.
Perché il sorriso dovrà sempre, avere la meglio.
Dobbiamo costringerci a pensarlo. Anche quando si piange, anche se sembra non essercene più il motivo, bisogna sorridere.
E poi, al sorriso di Beba dobbiamo continuare a credere...


Nel libro si parla anche di sfollati e profughi rom e, in uno dei racconti, è rievocato l'eccidio dell'ottobre del 41 a Kragujevac.

Vedi anche: 
Alessandro Di Meo vive e lavora tra Zagarolo e Roma. Da anni impegnato con l'associazione "Un Ponte per..." in attività di volontariato in solidarietà con le vittime della "guerra permanente", si è occupato in particolare dei profughi e degli sfollati della ex Jugoslavia. Ha già pubblicato, in passato, per Multimage edizioni, una raccolta di racconti-denuncia contro il razzismo strisciante e dilagante nella nostra società: "Quando scelsi il posto dove sarei nato". Parte del ricavato della vendita del libro andrà a finanziare le attività di "Un Ponte per..." in Serbia.




( italiano / english
Sulla torbida figura di Martti Ahtisaari e sulla decadenza dell'istituto del "Nobel per la pace" si vedano articoli e link alle URL:
A proposito delle lobby cui è legato Ahtisaari ricordiamo che si tratta del presidente onorario -sic- della lobby sorosiana ed atlantista "International Crisis Group": 
Si trova anche tra i nomi elencati come membri del gruppo Bilderberg, almeno dal 1994, insieme anche alla Boniver, Bettiza, gli Agnelli... )


Da: Ivan Pavicevac

Oggetto: Lettera contro Nobel

Data: 28 ottobre 2008 16:46:04 GMT+01:00



--- english ---

To the Esteemed Nobel Prize Commission, Stockholm

And to

The Norwegian Embassy, Rome

The Swedish Embassy, Rome

 

Dear Sirs,

I am a member of a NGO, but I’m writing to you as a simple citizen.

I have always wanted to make a wish: that you, as the Nobel Prize Commission, would award a posthumous Peace Award to Josip Broz Tito, now that his wife Jovanka Broz is still alive.

But in these days you have granted the prestigious Peace Award to Martti Ahtissari, so now I know for sure that my wish will never come true!

 

You will certainly know some peculiar details of Mr. Ahtissari’s life, being a citizen of your neighbouring country, especially his ill-omened desire to build a monument to the SS “Viking” Division and therefore to his own father, who belonged to that Division!

 

A part from that, what has this man done to promote peace?

He did nothing but obeying the orders from the United States to create a quisling, mafia-style government in the Balkans!

 

A Peace Award to him is a terrible insult to all those who really fight for peace!

 

Unfortunately, it is quite impossible not to see the “long hand” of the United States, when it comes to granting the Nobel Prize. 

An American “hobby” and a Jewish lobby together with the three organizations of the world power: Trilateral Commission, Bilderberg Group and World Forum (former Gorbaciov).

 

I do not expect an answer from you.

 

Ivan Pavicevac


--- italiano ---

Spett.le Commissione Premio Nobel, Stoccolma
e per conoscenza:
Ambasciata di Norvegia, Roma
Ambasciata di Svezia, Roma
 
Gentili signori,

Sono membro di una ONG, ma questo scritto è da semplice cittadino.

Da tempo pensavo di suggerire a codesta Commissione di conferire postumo il Premio Nobel per la Pace a Josip Broz Tito, fintantoché è ancora viva la consorte, Jovanka Broz. 
Ma in questi giorni avete assegnato il prestigioso premio a Martti Ahtissari, perciò adesso so per certo che il mio desiderio non si realizzerà mai!

Sicuramente conoscete alcuni curiosi dettagli sulla biografia di Martti Ahtisaari, cittadino di una vostro Stato confinante, specialmente il suo nefasto desiderio di erigere un monumento alla divisione SS "Viking" e dunque a suo padre che apparteneva a quella Divisione!

Ma, a parte questo, che cosa ha fatto quest'uomo per promuovere la pace? 
Non ha fatto altro che eseguire pedissequamente gli ordini degli USA, creando uno Stato mafioso e quisling nei Balcani!

Questa assegnazione è un vero affronto ai veri combattenti per la Pace!
 
Purtroppo, è impossibile non vedere la "lunga mano" degli USA quando si tratta dell'assegnazione dei Nobel. 
Un "hobby" americano" ed una "lobby" ebraica, assieme a tre note organizzazioni del potere mondiale: Commissione Trilaterale, Gruppo Bilderberg e Forum Mondiale (gia' Gorbaciov).

Non mi aspetto una Vostra risposta.

Ivan Pavicevac    




(Novantesimo anniversario della creazione della Unione della Gioventù Comunista dell'Unione Sovietica)

Da: minnesotaguy2001

Oggetto: [SovietBelarus] A VIDEO HISTORY OF THE KOMSOMOL

Data: 28 ottobre 2008 16:54:18 GMT+01:00

A: Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.
Rispondi a: Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.

Comrades:

In the spirit of the 90th Anniversary of the Communist Union of 
Youth, I have copied a few links to some inspiring videos of the 
KOMSOMOL.


90TH ANNIVERSARY OF THE KOMSOMOL
http://www.youtube.com/watch?v=z1NL1AB44d4&feature=related

OUR KOMSOMOL
http://www.youtube.com/watch?v=hi_FEshYUog

KOMSOMOL
http://www.youtube.com/watch?v=M5BKPvxGAi4&feature=related

Soviet Childrn's Choir Sings the HYMN OF THE SOVIET UNION
http://www.youtube.com/watch?v=KdXMCX_hPkI&NR=1

3A CCCP!
Moderator


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SOURCE:   http://groups.yahoo.com/group/SovietBelarus/
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(italiano / english)

IMAGES AT / LE FOTO ALLA PAGINA:

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5,000 in Vicenza protest Kosovo secession


Published Feb 27, 2008 10:41 PM

Some 5,000 people, about 90 percent of them originally from Serbia but now part of the working class in the factories in and around Vicenza, marched Feb. 24 through that northern Italian town to protest the secession of Kosovo from Serbia.

The Italian state police known as the carabinieri were out in force as a riot squad to keep the demonstration away from both the center of nearby Padua and from the gates of the large U.S. military base, Camp Ederle.

In the demonstration many carried candles through the cold February drizzle and banners reading “Kosovo is Serbia,” “Stop USA terror” and “Kosovo is the Jerusalem of Serbia”—referring to the concentration of historic churches for the many of the Eastern Orthodox faith in northern Kosovo.

—Report and photos from Vicenza by Fausto Schiavetto

Articles copyright 1995-2007 Workers World. Verbatim copying and distribution of this entire article is permitted in any medium without royalty provided this notice is preserved. 
Workers World, 55 W. 17 St., NY, NY 10011
Email: ww@...


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LE FOTO ALLA PAGINA:

Vicenza 24 febbraio 2008

5000 serbi in corteo

----- Original Message -----
From: soccorsopopolare @ libero.it
Sent: Sunday, February 24, 2008 9:47 PM
Subject: [no-ogm-ra] Vicenza 24 febbraio 5000 serbi in corteo

Una grande manifestazione di 5000 serbi è stata fatta passare al largo del centro di Vicenza. Anche la caserma Ederle è stata vietata dalle autorità italiane da Prefetto e Questore e dal Governo ( di sinistra!)premurosi della tranquillità degli americani della èpeggiore delle brigate imperialiste distintisi in tutte le aggressioni dalla Corea al Vietnam all'Iraq all'Afghanistan. Un servizio enorme di carabinieri baschi neri e polizia vigilava la manifestazione.
 
Molti serbi comunque sono andati all'appuntamento fissato in precedenza nei pressi della caserma Ederle di qui poi si sono recati a piedi allo stadio da dove è partita la grande manifestazione fatta passare all'esterno di Vicenza e fatta arrivare in Campo Marzio davanti alla stazione. Migliaia e migliaia di persone moltissimi uomini, giovani, ragazze nella assoluta maggioranza operai nelle concerie, nei cantieri nelle fabbriche di molti altri settori. E con loro anche molti ragazzi. E con loro anche degli anziani, distinte vecchie signore. Molti con la candela in mano. con le icone, con centinaia di striscioni  e cartelli che ripetevano quasi ossessivamente, il Kossovo è il cuore della Serbia, il 17 febbraio è stato un giorno terribile; basta col terrore Usa. Più di un cartello inneggiava anche a Putin. Un grande striscione portato da molta gente. IL KOSSOVO E' LA GERUSALEMME DELLA SERBIA. Molte sono le donne che lo portano e, al lato dello striscione, dei ragazzi loro figli.

Ma c'è anche un dolore cupo, una grande tristezza, una rabbia che per ora non trova risposte. Colpisce un ragazzo grande e grosso  con un maglione rosso con scritto sù Serbia e un espressione buona  triste, tutto intento a tenere accesa la sua candela che una bava insidiosa minaccia di spegnere. In questo pomeriggio incerto di febbraio la grande manifestazione si stringe attorno alle sue bandiere, al suo orgoglio, alle sue icone.

Ma quanto deserto intorno a questa grande manifestazione di uno spezzone fiero di classe operaia ! Nessun partito italiano è presente, nessun comitato, nessun sindacato. Assente tutta la pletora dei compatibili e dei politicamente corretti. Incredibilmente nessuna bandiera del Comitato No Dal Molin la cui direzione manca così completamente il segno. Si sono fatti parlare a suo tempo nelle manifestazioni i pacifisti americani, ma non si accolgono invece gli aggrediti e bombardati agli americani. I pochi compagni che siamo presenti con un paio di volantini e qualche decina di persone abbiamo abbondantemente di che vergognarci della situazione del movimento italiano.  I serbi sono circondati dai plotoni dei baschi neri e dall'isolamento politico assoluto in cui vengono confinati i reprobi che hanno osato di opporsi e che osano opporsi e magari bruciare anche un'ambasciata americana.
 
Ma i Serbi vanno avanti. Il corteo ogni tanto si ferma si riordina, mette a punto gli slogan. Molti sono le critiche ai dirigenti europei, riccorrono gli slogan contro D'Alema in particolare.  Non sono "migranti" da soccorrere con socialforum o associazioni altre misericordiose, sono una componente fiera, organizzata, popolare, con un servizio d'ordine composto da uomini che si capisce al volo essere abbastanza pratici allo schieramento e con esperienze alle spalle. Negli interventi alla fine della manifestazione ricorre anche l'esperienza del lavoro sfruttato, l'individuazione delle responsabilità dei grandi padroni e delle banche d'Europa in quanto è successo in Jugoslavia. Lo stesso capitale che rende le condizioni di lavoro sempre più micidiali anche qui in queste terre. Solo ieri un operaio di Padova, Luca Grassivaro è morto in una fabbrica metalmeccanica con la testa schiacciata sotto una pressa. di 40 anni. Questi che adesso sono in piazza sono al 90 per cento operai di fabbrica che ogni giorno subiscono quell'ordine capitalista che è lo stesso che ha fatto a pezzi il loro paese perchè non voleva accettare èppassivamente l'allargamento Nato. La crisi che ha fatto a pezzi la Jugoslavia proviene dalla crisi economica generale e dalla volontà storica del capitale di uscirne con la guerra. I serbi sono sotto il torchio ma non sono solo loro.Certo oggi il diavolo ha vinto mi dice una distinta signora di una certa età con un'icona in mano, ma esso perirà  e puntualizza, perirà nel fuoco.E' questa volontà di tenere aperta la partita che preoccupa i notabili occidentali.
Quella fila impavida di donne che reggono il grande striscione bianco, scritto da loro, Kossovo è Gerusalemme della Serbia. con accanto a loro i  piccoli significano molto. E' sui tempi lunghi che si gioca la battaglia una battaglia che i popoli, i loro comitati, le loro multiformi organizzazioni, devono dare sempre più coordinati e  uniti ai diavoli della guerra infinita. E la vittoria alla fina sarà dei popoli. La grande manifestazione dei serbi a Vicenza in questo 24 febbraio 2008 come le altre che hanno fatto in tutta Europa e nel mondo hanno il significato per me di una disponibilita, di un' apertura, di un appello del popolo serbo agli altri. Noi ci siamo, cordiniamoci e battiamoci davvero assieme contro la guerra e le sue basi!
Fausto Schiavetto
Vicenza 24 febbraio 2008



(si terrà sabato prossimo a Belgrado un seminario, promosso dal Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia, in occasione del 160.mo anniversario della pubblicazione del Manifesto del Partito Comunista)


From:   skoj05@...
Subject: Simpozijum povodom 160 godina Manifesta komunisticke partije
Date: February 28, 2008 5:18:19 PM GMT+01:00

Povodom 160 godina Manifesta komunisticke partije Nova komunisticka partija organizuje simpozijum 29. februara u sali "Novi svet".

Ucesnici:

1. Akademik Mihajlo Markovic
2. Dr Danilo-Daca Markovic
3. Dr Drago Pantic
4. Dr Petar Kozic
5. Dr Branko Kitanovic
6. Roman Mulic
7. Batric Mijovic
8. Andrej Glisic
9. Ana Rucnov
10. Igor Petrovic i drugi. 

Simpozijum pocinje u 10:30 casova u sali "Novi svet", Nemanjina 34/III, ulaz slobodan

____________________________________________________________________________ 
Savez komunisticke omladine Jugoslavije SKOJ - The League of Yugoslav Communist Youth SKOJ 
Nemanjina 34/III , 11000 Beograd - Nemanjina 34/III, 11000 Belgrade, Serbia 





Il seminario si tiene venerdi 29 febbraio.


On Oct 28, 2008, at 11:48 AM, Coord. Naz. per la Jugoslavia wrote:


(si terrà --- a Belgrado un seminario, promosso dal Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia, in occasione del 160.mo anniversario della pubblicazione del Manifesto del Partito Comunista)


From:    skoj05@...
Subject:  Simpozijum povodom 160 godina Manifesta komunisticke partije
Date:  February 28, 2008 5:18:19 PM GMT+01:00

Povodom 160 godina Manifesta komunisticke partije Nova komunisticka partija organizuje simpozijum 29. februara u sali "Novi svet".

Ucesnici:

1. Akademik Mihajlo Markovic
2. Dr Danilo-Daca Markovic
3. Dr Drago Pantic
4. Dr Petar Kozic
5. Dr Branko Kitanovic
6. Roman Mulic
7. Batric Mijovic
8. Andrej Glisic
9. Ana Rucnov
10. Igor Petrovic i drugi. 

Simpozijum pocinje u 10:30 casova u sali "Novi svet", Nemanjina 34/III, ulaz slobodan

____________________________________________________________________________ 
Savez komunisticke omladine Jugoslavije SKOJ - The League of Yugoslav Communist Youth SKOJ 
Nemanjina 34/III , 11000 Beograd - Nemanjina 34/III, 11000 Belgrade, Serbia 
web: www.skoj.org.yu * e-mail skoj05@... * skoj@...



Savez komunisticke omladine Jugoslavije SKOJ - The League of Yugoslav Communist Youth SKOJ 
Nemanjina 34/III , 11000 Beograd - Nemanjina 34/III, 11000 Belgrade, Serbia 

1) PIROVA POBEDA NEOLIBERALNOG KONCEPTA (3.2.2008.)

2) O JEDNOSTAVNOM PROGLASENJU NEZAVISNOSTI KOSOVA I METOHIJE (27.2.2008.)



=== 1 ===


PIROVA POBEDA NEOLIBERALNOG KONCEPTA

 

Uz obilatu pomoć režimskih medija i podršku zapadnih imperijalista na čelu sa Sjedinjenim Američkim Državama, proimperijalistički kandidat na izborima za

predsednika Srbije Boris Tadić, predsednik Demokratske stranke, ostvario je pirovu pobedu.

 

Savez komunističke omladine Jugoslavije (SKOJ) ukazuje da su i ovi izbori sprovodeni po pravilima koja favorizuju buržoaske stranke što predstavlja klasičan primer diskriminacije. Izbori su takođe pokazali da je, u nedostatku autentičnog kandidata levice, ogroman broj pristalica socijalizma glasao za kandidata Srpske radikalne stranke Tomislav Nikolić. To su bili, svi od reda, glasovi protesta protiv neoliberalne politike koju sprovodi Vlada Srbije u kojoj dominira Demokratska stranka predsednika Tadića.

 

Tadić je  potpuno na liniji zapadnog imperijalizma što je u suprotnosti sa interesima radnog naroda naše zemlje. Radničkoj klasi Srbije dobro je poznato Tadićevo licemerno zalaganje da se „preduzmu sve potrebne mere za zaštitu socijalno najugroženijeg stanovništva“ kojim se vređa radnička klasa Srbije žrtva kapitalističke neoliberalne ekonomske politike koja se u našoj zemlji sprovodi od kontrarevolucije iz 2000. godine. Boris Tadić nesmanjenim intenzitetom radi na ulasku naše zemlje u tamnicu naroda Evropsku uniju i u zlocinaèku imperijalističku vojnu formaciju NATO koja je 1999. godine izvršila agresiju na Saveznu Republiku Jugoslaviju . Ulazak Srbije u EU i NATO direktno je suprotstavljen interesima našeg narod i naše zemlje. Zemlje Evropske unije su uz SAD najglasnije u želji da od Srbije otcepe Kosovo i Metohiju. NATO pakt već drži pod okupacijom taj deo teritorije Srbije.

 

Proimperijalistička i neoliberalistička politika koju sprovodi Boris Tadić sasvim je jasno naneće mnogo zla našem narodu i državi. Stoga je u interesu radničke klase da on što kraće bude na vlasti. Odgovor razvlašcenog proletarijata Srbije mora biti odlučan i brz. Sve progresivne i patriotske snage predvodene komunistima moraju da stvore zajednički front protiv imperijalizma i neoliberalizma.

 

Savez komunističke omladine Jugoslavije (SKOJ) shvatajući važnost aktuelnog trenutka agituje za akciono jedinstvo svih progresivnih i patriotskih snaga. SKOJ prepoznaje da je prvi korak u tom cilju zajednički nastup progresivnih i patriotskih snaga na predstojećim lokalnim izborima.

 

Istinski i osvedočeni patrioti na našim prostorima su komunisti. Stoga, SKOJ poziva na stvaranje koalicije Blok komunista, čiji će stožer predstavljati Nova komunistička partija Jugoslavije (NKPJ), koji treba da podrže sve pristalice socijalizma u Srbiji u cilju ulaska progresivnih snaga u organe lokalne vlasti širom zemlje, što ce biti prvi korak u borbi za oslobođenje rada od kapitalističkih eksploatorskih stega.

 
Sekretarijat SKOJ-a
3. februar 2008. god.


=== 2 ===

Savez komunističke omladine Jugoslavije (SKOJ) odbacuje imperijalističko prekrajanje granica na Balkanu u vidu jednostranog i protivpravnog proglašenja „nezavisnosti“ južne srpske pokrajine Kosova i Metohije pod patronatom Sjedinjeih Američkih Država i Evropske unije. Proglašenje „nezavisnosti“ KiM
je jednostrani, protivpravni akt suprotan Ustavu Republike Srbje, međunarodnom pravu, Rezoluciji 1244 SB UN, Povelji OUN.

 

Na Kosovu imperijalisti sprovode politiku okupacije koja će neminovno dovesti do otpora naroda. Vodeće strane firme koje su preuzele najvažnije privredne grane  u vlasništvu su ljudi koji su odigrali glavnu ulogu u razbijanju Jugoslavije i secesije KiM, poput Vilijama Vokera, bivšeg šefa misije OEBS-a na Kosovu, Madlen Olbrajt, bivšeg državnog sekretar SAD, Bernara Kušnera, bivšeg šefa UMNIK-a...

 

Devetogodišnja politika okupacije na Kosovu i Metohiji preti da poptpuno anulira rezultate koji su postignuti u proteklih pet i po decenija kada je Kosovo vlastitim naporima i uz podršku cele SFRJ ostvarilo značajan napredak na svim poljima. Dokaz tome činjenica da je oko 73 odsto radno sposobnog stanovništva nezaposleno, a više od polovine nezaposlenih su mlađi od 35 godina. U svim delovima Kosova i Metohije proizvodi se skoro tri puta manje električne energije nego do 1999. godine, fabrike skoro da ne rade, ili rade sa 10 odsto kapaciteta. Veliki problemi Kosova organizovani kriminal i korupcija i ugroženost elementarnih ljudskih prava. Sve glavne privredne grane su u rukama NATO okupatora koji slobodno raspolaže i ubira prihoda od onoga što je stvarano u interesu naroda Kosova i Metohije tokom proteklih pet decenija.

 

Postojeće okupaciono stanje ne odgovara trajnim i stvarnim interesima naroda Kosova, ono odgovara jedino imperijalno-ekspanzionističkim ciljevima NATO-a. Cilj politike koju vode razne "mirovne" međunarodne komisije jeste dalje produbljivanje postojećeg stanja po principu "zavadi, pa vladaj".

 

Državni organi Srbije dužni su da preuzmu sve u cilju zaštite teritorijalnog jedinstva zemlje i preduzmu diplomatske, političke, pravne i ekonomske mere protiv država koje priznaju jednostrano protivpravno proglašenje nezavisnosti Kosova i Metohija. Srbija ima pravo i odgovornost da preuzme sve mere u cilju očuvanja svog punog teritorijalnog integriteta i suvereniteta. U suprotnom svi potezi državnioh organa biće samo prazna retorika i obezvrediće odluku Vlade Rešpublike Srbije o poništenju jednostranog proglašenja nezavisnosti Kosova i Metohije.

 

Priznavanjem nelegalnog secesionističkog samoproklamovanog nezavisnog Kosova i Metohije SAD i vodeće zemlje UE pokazali su ponovo igru dvostrukih standarda i pokazali šta je bio stvarni cilj nelegalne agresije protiv SR Jugoslavije 1999. godine.

 

Jedino uspostavljanjem saveza i jedinstva albanske i srpske radničke klase na KiM i njeno suprotstvaljanje ekspanzionističkoj politici SAD i EU može obezbediti trajan mir i prosperitet.

 

Kosovo i Metohija su nerazdvojivi deo Srbije i tako će ostati!

 

Sekretarijat SKOJ-a
17. februar 2008.