Informazione
Nel suo ultimo libro "Come la Jihad è arrivata in Europa", pubblicato in Germania e in Francia, il giornalista tedesco Jürgen Elsässer rivela la trama jihadista. I combattenti musulmani, reclutati dalla CIA per lottare contro i sovietici in Afghanistan, sono stati successivamente usati in Yugoslavia e in Cecenia, sempre col sostegno della CIA ma sfuggendo forse in parte al suo controllo. Basandosi su fonti diverse (principalmente yugoslave, olandesi e tedesche), il giornalista ha ricostruito la crescita di Osama Bin Laden e dei suoi luogotenenti a fianco della NATO in Bosnia-Erzegovina.
Silvia Cattori: La sua indagine sull'operato dei servizi segreti fornisce un'analisi agghiacciante. Scopriamo che sin dagli anni '80 gli Stati Uniti hanno investito miliardi di dollari per finanziare attività criminose e che attraverso la CIA sono direttamente implicati in attacchi di solito attribuiti ai musulmani. Cosa offre di nuovo il suo libro?
Jurgen Elsässer: È il solo lavoro che stabilisca un rapporto tra le guerre degli anni '90 nei Balcani e l'attacco dell'11 settembre 2001. Tutti i grandi attentati - New York, Londra, Madrid - non sarebbero mai avvenuti se i servizi segreti americano e inglese non avessero reclutato quei jihadisti ai quali sono stati poi attribuiti. Faccio nuova luce sulle manipolazioni dei servizi segreti. Altri libri avevano già sottolineato la presenza nei Balcani di Osama Bin Laden, ma gli autori avevano presentato i combattenti musulmani come nemici dell'occidente. Le informazioni che ho raccolto da molteplici fonti dimostrano che questi jihadisti sono marionette nelle mani dell'Occidente, e non, come si pretende, nemici.
Silvia Cattori: Nel caso delle guerre nei Balcani, il suo libro indica chiaramente le manipolazioni di vari paesi: gli Stati Uniti hanno sostenuto Bin Laden, che aveva il compito di formare i Mujahidin. Com'è possibile che alcuni continuino ad ignorare che gli attentati che hanno sconvolto l'opinione pubblica non avrebbero mai avuto luogo se i «terroristi» non fossero stati pilotati e finanziati dai servizi segreti occidentali?
Jürgen Elsässer: Sì, certo, questa è la conclusione cui si arriva guardando ai fatti. Ma non possiamo dire che l'intervento occidentale nell'ex Yugoslavia mirasse a preparare l'attacco dell'11 settembre. Per essere precisi: gli attacchi sono una conseguenza della politica occidentale negli anni '90, quando la NATO mise in piazza nei Balcani i jihadisti e collaborò con loro. I militanti musulmani che sono stati indicati come responsabili degli attacchi dell'11 settembre facevano parte di questa rete.
Silvia Cattori: Secondo lei, che interesse avevano Stati Uniti e Germania ad aizzare gli abitanti dei Balcani gli uni contro gli altri?
Jürgen Elsässer: L'Occidente aveva un interesse comune a distruggere e smembrare la Yugoslavia, che, dopo la fine del blocco sovietico, avrebbe potuto essere una intelligente combinazione di elementi capitalisti e socialisti. L'Occidente voleva invece imporre a tutti i paesi il suo modello neoliberale.
Silvia Cattori: L'Europa si è imprudentemente impegnata in una guerra manipolata dai neoconservatori?
Jürgen Elsässer: È difficile dirlo. Penso che negli anni '90 la politica degli Stati Uniti fosse ispirata dalla loro vittoria sui sovietici in Afghanistan. Volevano replicare lo stesso modello anche nei Balcani. Se in quegli anni l'economia americana non fosse precipitata in una fase depressiva, forse i politici più realistici, ad esempio Kissinger, avrebbero potuto prendere il controllo della politica statunitense. La mia opinione è che il coincidere della depressione economica con l'aggressività dei neoconservatori abbia determinato il corso degli avvenimenti.
Silvia Cattori: Ritiene che, una volta imbarcatosi in un progetto neoconservatore, un leader come Blair, ad esempio, sia diventato in una certa misura un ostaggio?
Jürgen Elsässer: Non conosco abbastanza bene la posizione di Blair. È più facile vedere quello che è accaduto negli Stati Uniti: è evidente che Bush è un ostaggio nelle mani di quelli che lo attorniano. E poiché non è molto intelligente e non è in grado di prendere decisioni in modo autonomo, deve seguire le idee di chi lo circonda. Salta agli occhi che nel 2003 suo padre era contrario a un attacco all'Iraq.
Silvia Cattori: La prima guerra del Golfo faceva parte di un piano per innescare successivamente altre guerre?
Jürgen Elsässer: No, non esiste alcun legame con la guerra in Iraq del 1991. Ci sono state due fasi. Fino al termine del periodo Clinton, la politica degli Stati Uniti è stata imperialistica ma al tempo stesso pragmatica: hanno cacciato i sovietici dall'Afganistan e hanno vinto gl'iracheni nel 1991. La loro guerra è finita dopo la liberazione del Kuwait. Poi hanno attaccato la Bosnia e la Yugoslavia; ma questo è accaduto in fasi successive. La situazione è sfuggita a ogni controllo dopo l'11 settembre.
Silvia Cattori: I neoconservatori c'entrano per qualcosa?
Jürgen Elsässer: Un anno prima dell'11 settembre, i neoconservatori riuniti attorno a Pearl avevano pubblicato un documento nel quale affermavano che l'America aveva bisogno di un evento catalizzatore simile all'attacco di Pearl Harbor. L'11 settembre ha rappresentato l'evento catalizzatore, e io penso che il gruppo attorno a Pearl desiderasse qualcosa di simile.
Silvia Cattori: Quale obiettivo si proponevano gli Stati Uniti attaccando la Serbia? Volevano solamente, come afferma nel suo libro, installarsi in una regione strategica posta sulla linea di passaggio del petrolio e del gas provenienti dall'Asia centrale? Oppure la loro alleanza con i combattenti musulmani guidati da Izetbegovic aveva un secondo fine, creare un estremismo islamico alle porte dell'Europa per usarlo nelle manipolazioni terroristiche? E se è così, a quale scopo?
Jürgen Elsässer: Gli Stati Uniti, così come l'Austria alla fine del XIX secolo in Bosnia, volevano creare un Islam "europeo", per indebolire gli stati islamici del Medio Oriente: allora l'impero ottomano, oggi l'Iran e gli Stati arabi. I piani dei neoconservatori erano differenti: volevano costruire una rete clandestina di fantocci "fondamentalisti" che si occupasse del lavoro sporco ai danni della "vecchia" Europa.
Silvia Cattori: Il risultato è stato una terribile guerra civile. Com'è possibile che l'Europa abbia contribuito a distruggere la Yugoslavia, che sembrava un esempio di una coabitazione perfettamente riuscita tra gruppi etnici diversi? Considerando colpevoli i Serbi, non ha forse distrutto un paese che era uno dei maggiori risultati della postguerra? Come ha legittimato il suo intervento?
Jürgen Elsässer: Agl'inizi degli anni '90, è stata la Germania a cominciare l'attacco, in base al principio di autodeterminazione dei gruppi etnici: in altre parole, lo stesso vecchio trucco usato da Hitler nel 1938/39 contro la Cecoslovacchia e la Polonia. Poi la guerra è stata continuata dagli Stati Uniti in nome dei "diritti umani", un evidente imbroglio.
Silvia Cattori: Nella sua indagine non nomina mai Israele. Non ha per caso minimizzato l'importanza dei neoconservatori proisraeliani in seno al Pentagono, che si preoccupano più degl'interessi dello stato ebraico che di quelli del proprio paese?
Jürgen Elsässer: Ci sono israeliani che hanno collaborato con i neoconservatori: è un fatto innegabile. Ma non sono sicuro del ruolo svolto da Israele in questa storia. Sharon non approvava il sostegno della NATO agli albanesi del Kosovo. E nel 1998 aveva manifestato la sua preoccupazione per il sostegno della NATO allo sviluppo di nuclei proislamici nei Balcani. E penso che fosse contrario anche alle guerre degli anni seguenti.
Silvia Cattori: Non vede alcun legame tra i servizi segreti israeliani e gli attacchi dell'11 settembre 2001 ?
Jürgen Elsässer: Ci sono dei legami, ma non ne ho analizzato le caratteristiche. Ad esempio, subito dopo l'11 settembre negli Stati Uniti furono arrestati numerosi agenti segreti israeliani che si erano trovati là dove erano stati preparati gli attacchi. Alcuni analisti citano questo fatto come prova dell'implicazione diretta di Israele nei tragici avvenimenti. Ma l'interpretazione potrebbe essere differente. È possibile che gli agenti stessero osservando gli avvenimenti, che fossero al corrente dell'aiuto fornito dai servizi segreti americani ai "terroristi" nel preparare gli attacchi, ma che si siano limitati a prender nota della situazione per usare poi le informazioni al momento opportuno e ricattare la controparte: "Se non aumentate il volume di aiuti a Israele siamo pronti a passare le informazioni ai media". Esiste anche una terza possibilità: che le spie di Israele abbiano cercato di segnalare il pericolo senza riuscirci. Tutto quello che per adesso sappiamo è che erano sul posto e che sono state arrestate. Sono necessarie altre indagini.
Silvia Cattori: I legami lasciano pensare che gli attacchi dell'11 settembre 2001 facessero parte di un piano pronto da molto tempo?
Jürgen Elsässer: Non sono sicuro che il piano fosse pronto da molto tempo. È possibile che gente come Richard Perle improvvisi sul campo e usi gli elementi criminali prima addestrati, senza però riuscire a controllarli permanentemente. Proprio come all'epoca dell'uccisione di Kennedy, salta agli occhi il coinvolgimento della CIA, ma non è chiaro se il piano fosse stato approvato dai massimi livelli a Langley [il quartier generale della CIA] o se fosse stato messo a punto dagli esuli cubani particolarmente violenti che lavoravano per la CIA e che il quartier generale si limitava a tollerare.
Silvia Cattori: Se in futuro i personaggi che si raccolgono attorno a Pearl venissero rimossi, la strategia antimusulmana degli Stati Uniti, e la manipolazione che la giustifica, cesserebbe?
Jürgen Elsässer: Finirà quando perderanno la guerra.
Silvia Cattori: In Iraq non l'hanno già persa?
Jürgen Elsässer: La guerra sarà persa solo quando si ritireranno dal paese, come in Vietnam.
Silvia Cattori: Come è possibile che musulmani come Mohammed Atta, normali cittadini prima di essere arruolati dalla CIA, si siano lasciati trascinare a compiere azioni talmente orribili senza rendersi conto di essere manipolati dai servizi segreti del campo nemico?
Jürgen Elsässer: Ci sono giovani che i servizi segreti possono trasformare in fanatici e manipolare con estrema facilità. I più importanti sanno quel che sta succedendo e da chi sono stati arruolati.
Silvia Cattori: Bin Laden, ad esempio, sapeva di servire gl'interessi degli Stati Uniti?
Jürgen Elsässer: Non ho studiato il suo caso. Ho studiato invece quello di Al Zawahiri, il suo braccio destro, che era il capo delle operazioni nei Balcani. Agl'inizi degli anni '90 aveva percorso in lungo e in largo gli Stati Uniti in compagnia di un agente dell'US Special Command per raccogliere fondi destinati alla Jihad; l'uomo sapeva perfettamente che la raccolta di fondi era un'attività sostenuta dagli Stati Uniti.
Silvia Cattori: Tutto ciò è molto inquietante. Lei dimostra che gli attacchi susseguitisi dal 1996 (attacchi alla metropolitana parigina) non sarebbero stati possibili senza la guerra nei Balcani, e addebita le stragi, che hanno provocato migliaia di vittime, ai servizi segreti occidentali. L'opinione pubblica occidentale sarebbe dunque stata ingannata da governi che si sono imbarcati in azioni terroristiche?
Jürgen Elsässer: La rete terroristica creata dai servizi segreti americano e britannico durante la guerra civile in Bosnia, e più tardi in Kosovo, ha rappresentato un serbatoio di militanti, che troviamo poi implicati negli attacchi di New York, Madrid e Londra.
Silvia Cattori: Come sono andate le cose in pratica?
Jürgen Elsässer: Dopo la fine della guerra in Afghanistan, Osama Bin Laden ha reclutato questi jihadisti militanti. Era il suo lavoro: è stato lui che li ha addestrati, con il parziale sostegno della CIA, e li ha mandati in Bosnia. Gli americani hanno tollerato il legame tra il presidente Izetbegovic e Bin Laden. Due anni più tardi, nel 1994, gli americani hanno cominciato a inviare armi, in un'operazione clandestina comune con l'Iran. Dopo il trattato di Dayton, nel novembre 1995, CIA e Pentagono hanno reclutato i migliori jihadisti che avevano combattuto in Bosnia.
Silvia Cattori: Come è possibile che questi musulmani siano finiti nelle mani di servizi che proteggevano interessi ideologici opposti ai loro?
Jürgen Elsässer: Ho analizzato le testimonianze di alcuni jihadisti interrogati dai giudici tedeschi. Hanno dichiarato che dopo il trattato di Dayton, in virtù del quale tutti gli ex combattenti stranieri dovevano lasciare il paese, si erano ritrovati senza soldi e senza un posto dove andare. Quelli che potevano rimanere in Bosnia, perché avevano ricevuto un passaporto bosniaco, erano senza soldi e senza lavoro. Il giorno in cui i reclutatori hanno bussato alle loro porte offrendo uno stipendio di 3.000 dollari al mese per servire l'armata bosniaca, non si sono resi conto di essere in realtà stati reclutati e pagati da emissari della CIA per servire gli Stati Uniti.
Silvia Cattori: E più tardi, quando per esempio furono mandati a preparare gli attacchi di Londra del luglio 2005, non si resero conto di essere nelle mani di agenti dei servizi segreti occidentali che li manipolavano?
Jürgen Elsässer: Non è chiaro se furono realmente i giovani musulmani della periferia londinese a compiere gli attentati, come afferma la polizia. Ci sono altri indizi in base i quali le bombe sarebbero state fissate sotto i treni, ed è possibile in questo caso che i giovani non ne fossero al corrente. In tal caso non è detto che i giovani musulmani incriminati dagli investigatori abbiano realmente compiuto gli atti terroristici.
Silvia Cattori: È possibile capire gli obiettivi perseguiti dagli stati occidentali quando ingaggiavano i loro servizi in tali manipolazioni criminali?
Jürgen Elsässer: Non è facile a dirsi. Pensiamo all'uccisione di Kennedy. Chi ne fu responsabile? È certo che furono gli uomini della CIA ad aiutare il secondo assassino, ed è certo che Oswald fu ucciso su ordine della CIA. Ma quel che non è chiaro è se questa gente reclutata dalla CIA agì per ordine di Johnson o Dulles, o se c'erano legami con l'ambiente degli esiliati cubani, in altri termini se erano affiliati alla mafia. Non credo che Bush o Blair siano alla testa di tutto. E non credo alla teoria della grande cospirazione. Credo invece che i servizi segreti reclutino uomini cui viene ordinato di fare i lavori sporchi, e questi agenti facciano poi quello che vogliono. Lei forse sa che l'11 settembre 2001 qualcuno tentò di uccidere Bush. Che senso ha? È difficile spiegarlo.
Silvia Cattori: Intende dire che Bush, ad esempio, è lui stesso ostaggio di gente che all'interno del Pentagono forma uno stato nello stato e che sfugge anche al controllo dell'esercito americano? Sta pensando a persone sotto l'influenza diretta di personaggi come Pearl, Wolfowitz, Feith? Ritiene che, dopo la guerra nei Balcani, ci siano stati loro dietro gli attacchi e che gli attentati non siano atti isolati, che esista un legame tra Madrid e Londra? Vuol dire che gli americani sono pronti ad allearsi col diavolo per creare il caos dovunque, col pretesto di una guerra antimusulmana e antiaraba, venduta sotto la bandiera del terrorismo? Un terrorismo fabbricato?
Jürgen Elsässer: Si, esiste un secondo governo che sfugge al controllo di Bush, formato da neoconservatori come Cheney, Rumsfeld, Wolfowitz, Pearl, individui legati al petrolio e all'industria militare. Il caos totale fa il gioco dell'industria militare: quando il caos impera in tutto il mondo si possono vendere armi e petrolio a un prezzo più alto.
Silvia Cattori: Questo stato nello stato è stato descritto molto bene da Youssef Asckar, e lei gliene riconosce il merito. Ma Israele non è il primo paese a trarre vantaggio da una strategia del caos, e quindi il più interessato a manipolare gli attacchi terroristici? La propaganda della lobby proisraeliana non tende forse a volerci fare credere che Israele sia minacciata dai fanatici arabi?
Jürgen Elsässer: Non è sicuro che una simile strategia serva gl'interessi di Israele, perché continuando su questa strada l'intero Medio Oriente, Israele incluso, sarà in fiamme. Durante la guerra in Bosnia è stato usato lo stesso sistema. Per demonizzare i Serbi, i media occidentali hanno inventato storie di campi di concentramento e mostrato fotomontaggi che mettevano sullo stesso piano Serbi e nazisti. La propaganda voleva convincere l'opinione pubblica sulla necessità della guerra contro la Serbia, ma, per quanto riguarda gli Stati Uniti, è stata alimentata non tanto dalla lobby ebraica quanto piuttosto dagli strateghi cristiani e atei, che hanno giocato la carta "ebrea". Questa è la mia opinione. La stessa cosa si ripete oggi con la campagna propagandistica contro l'Iran: gli strateghi giocano la carta "ebrea" per convincere la gente con più impulsività che intelligenza.
Silvia Cattori: Le recenti manipolazioni confermano, in parte, la sua tesi: proprio quando gli Stati Uniti hanno chiesto al Consiglio di sicurezza di approvare le sanzioni contro l'Iran, un quotidiano canadese ha scritto che l'Iran voleva obbligare gli ebrei residenti nel paese a portare l'equivalente della stella gialla [2]. Ma io mi riferisco a quelle personalità apertamente proisraeliane che, in Francia ad esempio, svolgono un ruolo importante nel plasmare l'opinione pubblica perché occupano posizioni strategiche nei media, e la cui lealtà di gruppo li spinge a sostenere la politica israeliana e americana, anche se criminale. Pensi al sostegno attivo che Bernard-Henri Lévy e Bernard Kouchner hanno offerto in Bosnia a Izetbegovic. E non appena messa in ginocchio la Serbia, subito la loro propaganda si è riorientata contro gli arabi e i musulmani, questa volta per mobilitare l'opinione pubblica a sostegno della cosiddetta "guerra delle civiltà". Quando parlavano di "campi di concentramento" per associare Serbi e Hitler, non stavano forse partecipando alle manipolazioni della NATO?
Jürgen Elsässer: Abbiamo potuto osservare lo stesso fenomeno in Germania. I giornalisti ebrei favorevoli alla guerra contro la Yugoslavia avevano libero accesso agli studi televisivi, i giornalisti, ebrei o no, contrari erano invece esclusi dai dibattiti. Ritengo che media e politici usino le voci ebree per obiettivi geostrategici.
Silvia Cattori: Così, secondo lei, gli avvenimenti nei Balcani sono stati solo una replica degli avvenimenti in Afghanistan, e quello che è venuto dopo era solo parte di uno stesso processo. Pensa che le nostre autorità conoscessero i rischi delle guerre fomentate dai loro servizi segreti?
Jürgen Elsässer: La mia speranza è che ci sia una reazione degli ambienti militari statunitensi. Tra di loro c'è gente perfettamente consapevole del fatto che tutte queste guerre non sono intelligenti, che gli Stati Uniti si avviano a perdere la guerra. Gli uomini dell'esercito americano sono imperialisti ma non stupidi, e non approvano quel che sta succedendo. I neoconservatori, invece, sono folli e vogliono scatenare la terza guerra mondiale contro tutti gli arabi e tutti i musulmani, proprio come Hitler, che voleva uccidere tutti gli ebrei e attaccare tutti gli altri paesi: i generali tedeschi avevano messo in guardia Hitler sui rischi cui andava incontro.
Silvia Cattori: Si augura che le cose cambino in modo repentino?
Jürgen Elsässer: Per fermare questa follia, vedo una possibilità di cambiamento solo tra quelle forze che sono rimaste razionali. Il comando supremo dell'esercito americano ha scritto una lettera a Bush per dire che non intendeva partecipare a un attacco contro l'Iran che prevedesse l'uso di armi nucleari. Può darsi che Bush scateni la guerra, ma le conseguenze sarebbero questa volta più gravi che nel caso dell'Iraq. Con i nazisti accadde la stessa cosa: attaccarono una volta, e poi ancora e ancora, e un giorno arrivò Stalingrado e l'inizio della disfatta. Ma l'avventura costò la vita a 60 milioni di esseri umani.
Silvia Cattori: Allora è questa la ragione dei suoi sforzi per scrivere il libro: risvegliare la coscienza della gente per evitare nuovi disastri e sofferenze? E far sapere che dopo l'Iraq potrebbe toccare all'Iran?
Jürgen Elsässer: Sì. Ma individui come Bush non si preoccupano minimamente di tutto ciò. Non sono del tutto pessimista sull'Iran: potremmo assistere a una ripetizione dell'asse Parigi-Berlino-Mosca. Il nostro cancelliere, di solito un pupazzo manovrato dagli Stati Uniti, ha offerto una cooperazione strategica alla Russia, perché la Germania dipende interamente dal petrolio e il gas russo. È un argomento forte: i tedeschi sono imperialisti ma non stupidi.
Silvia Cattori: Ma non è stata proprio la Germania ad aprire le porte alla guerra nei Balcani?
Jürgen Elsässer: Sì, è vero. Ma, oggi, abbiamo visto Joschka Fischer e Madeleine Albright indirizzare una lettera aperta a Bush per metterlo in guardia dall'attaccare l'Iran, e la signora Albright ha aggiunto che non è possibile far la guerra a tutti i paesi che non ci piacciono. È logico.
Silvia Cattori: Se ha potuto raccogliere gli elementi che dimostrano le azioni di servizi segreti non è forse perché oggi la gente che teme l'evoluzione in atto della politica internazionale ha cominciato a parlare?
Jürgen Elsässer: Sì. Devo moltissimo alle informazioni ricevute da quelli che sono nell'occhio del ciclone.
Silvia Cattori: In tutto il mondo?
Jürgen Elsässer: Posso solo dirle che si tratta di cittadini dell'Europa occidentale che non hanno smesso di usare il loro cervello.
Silvia Cattori: Per ottenere le prove delle manipolazioni del famoso "incidente del Golfo del Tonkino", l'incidente che permise agli Stati Uniti di scatenare la guerra contro i vietnamiti, si è dovuto attendere per molto tempo. Le cose oggi sono cambiate, ed è possibile reagire rapidamente?
Jürgen Elsässer: C'è un'enorme differenza tra la situazione degli anno '60 e quella attuale. La Repubblica federale tedesca, ad esempio, a quel tempo era favorevole alla guerra contro i comunisti del Vietnam, e la versione ufficiale, secondo la quale la nostra repubblica correva il rischio di essere attaccata dai comunisti, era accettata da buona parte dell'opinione pubblica. Oggi, invece, la maggioranza della popolazione è contro la guerra, e non ammette discussioni.
Silvia Cattori: Lei sottolinea giustamente l'estremismo religioso che caratterizzava la Bosnia-Erzegovina ai tempi di Izetbegovic, e dubita del sostegno israeliano a questo emirato in nuce dei Talebani; ma non sta per caso sopravvalutando il ruolo dell'Iran e dell'Arabia Saudita? Richard Perle era il principale consigliere politico di Izetbegovic. Iraniani e Sauditi non sollevarono la questione dell'Islam sperando di assumere il controllo di un regime musulmano che prendeva ordini solo da Tel Aviv e Washington? E in effetti Izetbegovic non era un agente israeliano?
Jürgen Elsässer: Il Mossad aiutò i serbobosniaci, fornendo loro persino delle armi. Nulla prova che il governo israeliano abbia aiutato Izetbegovic. Questi era sostenuto dagli americani, e Clinton dipendeva dalla lobby sionista degli Stati Uniti, ma durante la guerra in Bosnia la lobby non ebbe il sostegno del governo israeliano.
Silvia Cattori: Per quanto riguarda alcune delle sue fonti, si possono prendere per buone le dichiarazioni di Yossef Bodanski, direttore del Gruppo di lavoro sul terrorismo e la guerra non convenzionale, molto vicino al Senato americano?
Jürgen Elsässer: Io non prendo per buono niente. Dicono che Bodansky abbia contatti con gente del Mossad e che ciò renda alcune sue affermazioni sospette. D'altra parte ci ha fatto conoscere un sacco di fatti interessanti che contraddicono la propaganda ufficiale. Nel mio libro mostro le contraddizioni all'interno dei gruppi statunitensi dominanti, e in questo senso Bodansky è estremamente interessante.
Silvia Cattori: Nel suo libro si afferma: "In Kosovo e in Macedonia esiste il terrorismo, che però in massima parte non è controllato da Bin Laden ma dai servizi segreti americani". Non crede all'esistenza di Al Qaeda?
Jürgen Elsässer: Come ho scritto nel mio libro, è tutta propaganda fabbricata in occidente.
Silvia Cattori: Se si spinge a fondo la sua logica, in certi momenti si ha l'impressione che l'indagine non sia terminata. Certo, la Yugoslavia ha rappresentato un laboratorio per la creazione delle reti islamiche, e il suo libro mostra che queste reti servono gl'interessi degli Stati Uniti. Lei sembra credere all'esistenza di reti islamiche internazionali che avrebbero una base popolare nel mondo islamico, ma allo stesso tempo la sua ricerca mostra che le reti sono formate solo da mercenari degli Stati uniti che non hanno mai fatto niente per i musulmani.
Jürgen Elsässer: Guardiamo al caso di Hamas: nei primi anni '80 era fomentato dal Mossad per contrastare l'influenza dell'OLP. Più tardi Hamas ha però sviluppato una sua base popolare, e ora fa parte della resistenza, anche se temo che vi siano ancora agenti stranieri al suo interno.
Silvia Cattori: Lei ha detto che tra gl'ispettori delle Nazioni Unite si sono infiltrate spie americane. Può essere più preciso?
Jürgen Elsässer: In Bosnia, alcuni caschi blu dell'UNPROFOR trasportavamo armi destinate ai Mujahidin.
Silvia Cattori: Quando Peter Handke afferma che i Serbi non sono i soli responsabili, che sono vittime della guerra nei Balcani, viene messo a tacere. Chi ha ragione, in questa storia?
Jürgen Elsässer: Dappertutto - tra i Serbi, i Croati o i Mussulmani - la gente comune ha perso. I musulmani hanno vinto la guerra in Bosnia con l'aiuto di Bin Laden e Clinton, ma ora il loro paese è occupato dalla NATO: oggi hanno perso l'indipendenza, proprio come la Yugoslavia.
Silvia Cattori: Come si posiziona la sua ricerca rispetto a quelle di Andreas Von Bülow e Thierry Meyssan?
Jurgen Elsässer: Abbiamo lo stesso punto di vista sugli avvenimenti dell'11 settembre 2001: pensiamo che la versione ufficiale sia falsa. Tutto quest'insieme di ricerche è estremamente utile per consentirci di continuare ad approfondire la verità sui fatti. Io mi distinguo per aver messo in luce i legami tra le guerre nei Balcani e i fatti dell'11 settembre, mentre Thierry Meyssan ha analizzato l'attacco al Pentagono per dimostrare che era dovuto a un missile e non a un aereo, e Von Bülow è giunto alla conclusione che gli aerei erano radiocomandati.
Silvia Cattori: Per aver messo in dubbio la verità ufficiale, Thierry Meyssan è stato screditato e bandito dai media. Riuscirà a sottrarsi alla stessa sorte?
Jürgen Elsässer: Anche il mio libro è stato bandito. Non è possibile per un autore infrangere da solo questo muro, ma non si può impedire alle nostre tesi di farsi strada. Il pubblico non accetta quello che dicono i media: nonostante l'ostracismo, il 35-40% della gente non prende sul serio quello che gli raccontano i media. L'uccisione di Kennedy è un buon esempio: oggi il 90% della gente non crede alla versione ufficiale e pensa che l'omicidio del presidente sia stata un'operazione della CIA.
Silvia Cattori: Non è pericoloso mettere a nudo le manipolazioni degli stati che usano i loro servizi segreti per fini criminosi?
Jürgen Elsässer: Penso che il pericolo inizi solo quando sono stati venduti almeno 100.000 libri. E in Germania il mio libro ha venduto in 11 mesi solo 6.000 copie
Fonte: http://www.voltairenet.org/article143396.html
Sangiaccato, regolamenti di conti interni alla mafia nazionalista
"bosgnacca"
1) LINKS: REGOLAMENTO MAFIOSO DI CONTI TRA I NAZIONALISTI-
SECESSIONISTI "BOSGNACCHI" IN SANGIACCATO: UN MORTO AMMAZZATO NEL
SEGGIO ELETTORALE
2) LINKS: I NAZIONALISTI "BOSGNACCHI" DEL SANGIACCATO HANNO VOTATO
PER LA SECESSIONE MONTENEGRINA
3) LINKS: LA FOLLIA DELLE "NEO-LINGUE": MINCULPOP NAZIONALISTA ANCHE
IN SANGIACCATO
4) ANSA 2004: LEADERSHIP INTEGRALISTA CENSURA TELENOVELAS, ABITANTI
SANGIACCATO INSORGONO
5) WAHHABISMO IN SANGIACCATO
6) VARI LINK
ALTRI LINK DAL NOSTRO ARCHIVIO:
# Vojvodina, Sandzak: SPACCATE LA SERBIA!
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3974
# Trasversale verde / ZeTra
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2748
# Terrorism in the Balkans - Sandzak - future terre de Jihad
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2921
# Trasversale verde (3): i secessionisti del Sangiaccato appoggiano
Labus
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1981
# Trasversale verde (1): Il Sangiaccato, trait d'union tra "Kosova" e
Bosnia islamica
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1897
# Selezione notizie da Jugoslavia e dintorni, 30/3/2000
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/143
NOTA IMPORTANTE: i documenti qui presentati o linkati sono
generalmente reperiti su siti istituzionali o comunque espressione di
tendenze antijugoslave, etno-differenzialiste e pro-secessioniste,
per noi non condivisibili. CNJ
IMPORTANT NOTICE: the documents which are presented or linked here
are generally found on institutional sites or sites which are known
for expressing anti-yugoslav, ethno-differentialist and pro-
secessionist opinions, which we do not share. CNJ
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1) REGOLAMENTO MAFIOSO DI CONTI TRA I NAZIONALISTI-SECESSIONISTI
"BOSGNACCHI" IN SANGIACCATO
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Sandjak de Novi Pazar : meurtre au bureau de vote
Un candidat a été assassiné en plein bureau de vote dimanche, alors
que se déroulaient des élections municipales partielles à Novi Pazar.
Le climat est de plus en plus délétère dans la capitale du Sandjak, à
cause des tensions croissantes entre les deux partis politiques
bosniaques, et de l’immixtion du gouvernement de Serbie. Le mufti du
Sandjak tire également à boulets rouges sur le SDA du maire de la
ville Sulejman Ugljanin...
http://balkans.courriers.info/article7000.html
POLITICIAN'S MURDER RAISES TENSION IN SANDZAK
Belgrade accused (SIC) of fuelling row by playing divide and rule
with estranged Bosniak factions...
By Amela Bajrovic in Novi Pazar (Balkan Insight, 14 Sept 06)
BIRN'S BALKAN INSIGHT, No.49, September, 15 2006 **
http://birn.eu.com/insight_49_6_eng.php
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2) I NAZIONALISTI "BOSGNACCHI" DEL SANGIACCATO HANNO VOTATO PER LA
SECESSIONE MONTENEGRINA
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Oltre Podgorica e Belgrado: il referendum nel Sangiaccato
31.05.2006 - Una regione a cavallo tra Serbia e Montenegro. E' lì che
si è forse giocato il destino del recente referendum. Un
approfondimento a cura di Fabio Dalla Piazza
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/5756/1/51/
Séparation Serbie-Monténégro : le référendum vu du Sandjak de Novi
Pazar (5/6/2006)
http://balkans.courriers.info/article6799.html
Sandjak de Novi Pazar : une frontière qui divise la communauté
bosniaque (2/2/2005)
Si le Monténégro devenait indépendant, la nouvelle frontière
internationale passerait en plein milieu du Sandjak de Novi Pazar...
http://www.balkans.eu.org/article5089.html
BORDER THREATENS BOSNIAK COMMUNITY
By Amela Bajrovic in Novi Pazar
IWPR'S BALKAN CRISIS REPORT, No. 540, February 02, 2005
If Montenegro becomes independent, an international frontier will run
through the middle of Sandzak, cutting the Bosniak [SIC] community
into two...
www.iwpr.net
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3) LA FOLLIA DELLE "NEO-LINGUE": MINCULPOP NAZIONALISTA ANCHE IN
SANGIACCATO
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Double langage dans le Sandjak de Novi Pazar : Sabahajrula ou
bonjour ? (20/5/2005)
http://balkans.courriers.info/article5487.html
Sandjak : guerre des langues dans les écoles de Novi Pazar (9/2/2005)
http://balkans.courriers.info/article5098.html
LANGUAGE BATTLE DIVIDES SCHOOLS
Plans to introduce Bosnian language [SIC] classes in schools have
angered
Serb nationalists [SIC] and leave most locals puzzled.
By Alma Rizvanovic and Jasmina Krusevljanin in Novi Pazar
IWPR'S BALKAN CRISIS REPORT, No. 540, February 02, 2005
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4) SERBIA: SANGIACCATO CENSURA TELENOVELAS, GENTE INSORGE
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(Di Beatrice Ottaviano) (ANSA) - BELGRADO, 16 FEB - Si puo' perdere
una elezione per un bacio mancato: e' successo nel musulmano
Sangiaccato, piccola regione serba al crocevia fra Serbia, Albania,
Montenegro, Kosovo e Bosnia, dove le forze moderate hanno vinto le
elezioni locali anche per le censure imposte dalla precedente
amministrazione integralista alle telenovelas trasmesse in tv.
Preoccupato per la sanita' morale dei cittadini, il partito musulmano
osservante 'Lista per il Sangiaccato' di Suleiman Ugljanin aveva
fatto eliminare dalla programmazione le pubblicita' delle hot-lines,
i video di cantanti troppo svestiti e soprattutto le scene
considerate audaci di soap operas come 'Donne innamorate', 'Amori
proibiti', 'L'amore e' un gioco d'azzardo': dei 30 minuti di filmato,
tolti baci, carezze e frasi lussuoriose, rimaneva soltanto qualche
pianto. ''Abbiamo purificato quelle oscenita' contrarie alla
tradizione islamica'', si era giustificato a suo tempo Nazim Licina,
ex direttore della piu' importante televisione locale, 'Tv Novi
Pazar': ma la protesta dei teledipendenti si e' manifestata
clamorosamente nelle elezioni amministrative dello scorso settembre,
vinte dal moderato Partito socialdemocratico del ministro
serbomontengerino per i diritti umani Rasim Ljajic. Puntuale, e'
arrivata la resa dei conti: i direttori di televisioni, agenzie e
organizzazioni legate all'amministrazione sono stati silurati e
sostituiti. E da ieri le telenovelas vanno in onda di nuovo in
versione integrale. Il Sangiaccato e' uno dei tanti microcosmi etnico-
religiosi creati dai turbolenti secoli della storia balcanica: il
nome viene dal turco 'Sandzak' (bandiera), vocabolo usato dall'impero
ottomano per definire le unita' amministrative nelle quali era diviso
il territorio del sultano. Negli oltre 500 anni di dominazione turca,
la piccola enclave segui' l'esempio di buona parte della vicina
Bosnia convertendosi all'Islam e creando cosi' una popolazione di
etnia slava e di religione musulmana. Con il Congresso di Berlino del
1878, che fondo' il regno di Serbia e attribui' all'Austria il
controllo della Bosnia, il Sangiaccato rimase sotto il dominio di
Istanbul: cio' spiega i diversi percorsi dei suoi abitanti rispetto
ai confratelli bosniaci. Le guerre balcaniche che precedettero il
primo conflitto mondiale spezzettarono ulteriormente l'enclave,
consegnandone parte alla Serbia e parte al Montenegro. Novi Pazar
(Nuovo mercato, il capoluogo del Sangiaccato) non ha mai abbandonato
i legami con la Turchia, grazie ai quali rappresenta oggi un'isola
felice nel panorama della pesante crisi economica serba. I
sangiacchesi producono abiti e oggetti di artigianato che esportano
ad Ankara e che sono a loro volta esportati sui mercati dell'Europa
occidentale. Al censimento del 1991, il Sangiaccato contava 420.000
abitanti, il 54% dei quali di religione musulmana. Con la guerra
serbo-bosniaca, circa 80.000 avevano preferito stabilirsi in Bosnia,
ma l'esodo slavo dal Kosovo ha riequilibrato la bilancia, con
l'arrivo di circa 60.000 musulmani non albanesi. Il sanguinoso
conflitto bosniaco degli anni '90 ha segnato profondamente la piccola
comunita': l'integralismo, fenomeno prima sconosciuto nell'ex
Jugoslavia, si e' affermato in parallelo con l'ascesa degli altri
nazionalismi. Stando ai si dice che circolando in Serbia, la piccola
enclave sarebbe anche diventata un centro di reclutamento per la
dottrina wahabita. Di certo, dal conflitto bosniaco in poi la
tensione con i serbi si e' alzata, e ogni evento sportivo e'
occasione per qualche rissa. La Lista per il Sangiaccato chiede da
tempo una larga autonomia da Belgrado, mentre i profughi sangiacchesi
rappresentano l'ala piu' estremista fra i musulmani bosniaci. D'altro
canto l'estremismo sembra essere una componente ambientale per gli
abitanti del Sangiaccato, un gelido pianoro spazzato dai venti dove
le condizioni sono estreme, sia d'inverno che d'estate. Negli abitati
delle montagne sangiacchesi - il punto piu' freddo dei Balcani - i
riscaldamenti vengono spenti solo per un mese l'anno e le temperature
si avvicinano a volte ai 40 gradi sotto zero. E' un mondo fatto per
gente dura: che proprio per questo forse, non vuole rinunciare ai
dolci amori di Pablito e Maria Sol. (ANSA). OT
16/02/2005 18:52
---
5) WAHHABISMO IN SANGIACCATO
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http://groups.yahoo.com/group/decani/message/79483
http://www.apisgroup.org/article.html?id=1664
Apis Group, Belgrade
February 1, 2004
Geopolitics - Balkans
Growing Islamic fundamentalism in Raska district (Sandzak)
During the Muslim month of Ramadan, and especially at the beginning of
the religious holiday Kurban Bajram, a wave of Islamic fundamentalism
could be felt in Raska district, especially in Novi Pazar, that sounded
very threatening to all residents of the district belonging to other
confessions.
Sandzak mufti Muamer Zukorlic extended holiday greetings to believers
and wishes that for a pleasant holiday; however, he also drew
attention to "certain manifestations" which, in his opinion, represent a
threat to Islam in Sandzak. He especially emphasized the point that he
sees the events accompanying St. Sava's Day and other similar
programs as an attempt to assimilate his people. That is why, he
emphasized, he chooses not to accept the invitations of the Serbian
Orthodox Church and the Government of Serbia to be a guest at these and
similar celebrations. He considers it unacceptable that kindergarten age
children on the occasion of Kurban Bajram (and only on that occasion)
learn the occasional ilahia and kasida (Muslim songs with a religious
content). Because of the manner in which St. Sava, the Serbian Orthodox
patron saint of schools, is celebrated in Sandzak, the Islamic religious
community in Sandzak has lodged a protest with the Government of Serbia
and the ambassadors of many countries in Belgrade, as well as with some
international institutions. At the same time, all imams have received
instructions to warn Muslims in their mosques after prayers of the
unacceptability of such manifestations in schools, leaving it up to the
parents whether they will allow their children to participate in these
celebrations.
At a press conference held on the occasion of Kurban Bajram, mufti
Zukorlic announced that during its ten years of existence, the Islamic
community of Sandzak has achieved and preserved autonomy, that relations
with the state frequently depended on personal solutions, and that there
as still many issues to be resolved in order to further consolidate and
expand autonomy.
It is significant that the Islamic community of Sandzak has established
three mandatory principles for all Muslims belonging to that community:
Islam as their religion, Bosniac nationality as their national choice,
and Sandzak as their homeland. Such positions by the Islamic community
of Sandzak are supported by the Muslim active youth, the Wahabist
movement, some humanitarian organizations from Saudi Arabia and the
United Arab Emirates. Generous financial assistance is being provided
through Islamic NGOs from Western countries, and they also have close
connections with some Arab countries where fundamentalist Islamic
ideology predominates. On the ground, the coordinator of all activities
is the Islamic religious community in Sandzak, whose leadership also
includes a number of "instructors" from Arab countries.
Some renowned members of the Islamic religious community in Sandzak
claim they have support for their activities among members of the
Government of Serbia and the Council of Ministers of the state union of
Serbia-Montenegro. They mention the name of [Serbia-Montenegro minister
for national minorities and human rights] Rasim Ljajic who, following
the death of [former Federation of Bosnia-Herzegovina president] Alija
Izetbegovic, openly published his condolences to the family in the
Sarajevo press upon the death of "my president". Ruzica Djindjic, the
wife of the assassinated Serbian prime minister, is also suspected of
maintaining ties with the religious leadership of Wahabia in Dubai,
where she spends almost all her vacations and holidays, and it is a
well-known fact that she is a member of the council of the Muslim
university in Novi Pazar and one of its sponsors.
According to the words of mufti Zukorlic, the activities of the Islamic
community of Sandzak do not mean that it is interfering in political
decisions, despite the fact that the territory implied by the name
Sandzak has territorial-political dimensions. It is interesting that
after the December elections for the Serbian parliament, not one
political party of Muslim orientation entered the parliament while, at
the same time, two deputies from the political party of Suleiman
Ugljanin, a extremist-oriented Muslim leader from Novi Pazar, found
themselves among the ranks of the Democratic Party. (Suleiman Ugljanin
is by origin an Albanian from Kosovo, and at the beginning of the
developing Yugoslav crisis, was sentenced to a lengthy prison term by
the courts. He avoided serving the term by fleeing to Turkey, returning
following the entrance of his political party into the Serbian
parliament in 1997.)
It is significant that there are no more units of the Serbia-Montenegro
Army stationed on the territory of Sandzak. The garrison in Novi Pazar
has been disbanded and the barracks used by the army emptied. It now
houses several Islamic humanitarian organizations. Thus there is no army
presence remaining in the entire region between Serbia and Montenegro,
despite the fact that Sandzak partially rests against the border with
Bosnia-Herzegovina, whose Islamist oriented circles do not hide their
territorial pretensions to this part of Serbia-Montenegro's territory.
According to the opinion of some local non-Muslim sources, Sandzak is
"unbearably racing" toward secession, which would result in the creation
of a new Islamic entity in the Balkans physically separating the
republics of Serbia and Montenegro and representing the "missing link"
in the formation of a continuous chain of Islamic states and territories
along the boundaries of the so-called "green transversal" stretching
from Kabul to Velika Kladusha, corresponding to the concept of imam
Khomeini when he assumed power in Iran and began to "export" Islamic
revolution into the world. It should not be forgotten that during the
war in Bosnia and Herzegovina, a large group of Islamic "holy warriors"
grouped into battalions and brigades were active on the war-engulfed
territory (including the notorious El Mujahedin brigade), while in
Kosovo and Metohija the ranks of the Kosovo Liberation Army included
members of Wahabia and al Qaida who remained in the Balkan region after
the end of the war under false names and with false local travel
documents.
In a report published in "Defense and Foreign Affairs", the US
organization Global Information Services (GIS) cites intelligence
sources to back up its claim that Hasan Chengich, a theologian and
senior Party of Democratic Action (SDA) official, has again reactivated
an illegal channel for providing weapons to Islamist extremists in Raska
district and Kosovo and Metohija. The GIS does not give the historical
background for this channel; however, according to available
information, it was opened in 1998 after contacts between the SDA
leadership and the Bosnian Muslim army with Ahmet Krasnichi, the defense
minister in the so-called "Republic of Kosovo government" headed by
Bujar Bukoshi, the long-time ward of the German BND intelligence
service.
Translation by www.serbian-translation.com (February 7, 2004)
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6) VARI LINK
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Sandjak de Novi Pazar : le mufti et les tycoons (4/7/2006)
Alors que la ville de Novi Pazar est toujours déchirée par les
conflits politiques entres les différents partis bosniaques, la
privatisation de la société Uniprom provoque de nouvelles tensions...
http://balkans.courriers.info/article6890.html
BIG PARTIES PITCH HARD FOR MINORITY VOTES
Electoral necessity results in strange local coalitions, with even
extreme right-wing parties bringing minorities into their fold.
By Marinika Ciobanu in Novi Sad
IWPR'S BALKAN CRISIS REPORT, No. 578, October 05, 2005
www.iwpr.net
JEANS SHOPS DYE NOVI PAZAR WATER DEADLY SHADE OF BLUE
The mass of small jeans workshops emptying their waste into Sandzak’s
rivers poses considerable danger to people’s health.
By Amela Bajrovic and Alma Rizvanovic in Novi Pazar
IWPR'S BALKAN CRISIS REPORT, No. 573, September 02, 2005
www.iwpr.net
Sandjak : la toxicomanie explose, la police regarde (29/8/2005)
http://balkans.courriers.info/article5723.html
SANDZAK POLICE FAILING TO TACKLE HEROIN SCOURGE
Local police seem more concerned with directing the traffic than
tackling the city's spiralling drug problem.
By Amela Bajrovic, Sladjana Novosel and Hugh Griffiths in Novi Pazar
and Belgrade
IWPR'S BALKAN CRISIS REPORT, No. 572, August 25, 2005
www.iwpr.net
SREBRENICA VIDEO HEIGHTENS SANDZAK TENSIONS
Rows over the authenticity of two rival videos embitter relations
between Serbs and Bosniaks in Novi Pazar.
By Alma Rizvanovic and Prvoslav Karanovic in Novi Pazar
IWPR'S BALKAN CRISIS REPORT, No. 563, June 30, 2005
www.iwpr.net
SANDZAK TEXTILE FIRMS SPY HOPE IN EU DEAL
Some clothing producers in the south Serbia region say new EU trade
deal is not all its cracked up to be.
By Amela Bajrovic in Novi Pazar
IWPR'S BALKAN CRISIS REPORT, No. 547, March 16, 2005
www.iwpr.net
Entre Sandjak et Kosovo, le paradis des contrebandiers (9/2/2005)
http://balkans.courriers.info/article5097.html
SMUGGLERS MAKING SMALL FORTUNES
For jobless men in Raska, the trade in contraband goods across the
border between Serbia and Kosovo is a lifeline.
By Prvoslav Karanovic in Raska
IWPR'S BALKAN CRISIS REPORT, No. 540, February 02, 2005
www.iwpr.net
Sandjak de Novi Pazar : la crise exacerbe les tensions ethniques
(25/9/2004)
http://balkans.courriers.info/article4608.html
Musulmans du Sandjak : nous demandons à être reconnus comme des
citoyens de cet État (13/12/2002)
http://balkans.courriers.info/article2075.html
Les Serbes quittent le Sandzak (30/7/2002)
http://balkans.courriers.info/article1034.html
Le dilemme du Sandzak (22/3/2000)
http://balkans.courriers.info/article2394.html
Yougoslavie : Qui veut de l’Etat du Sandjak ? (21/9/1999)
http://balkans.courriers.info/article2627.html
SANDZAK – A REGION THAT IS CONNECTING OR DIVIDING SERBIA AND MONTENEGRO?
Sandzak is a region that is divided among Serbia and Montenegro. Six
municipalities are in Serbia (Novi Pazar, Sjenica, Tutin, Prijepolje,
Priboj and Nova Varosˇ) and six in Montenegro (Bijelo Polje, Rozˇaje,
Berane, Pljevlja, Gusinje and Plav). On the basis of the 1991 census
the number of the inhabitants of Sandzak included 420.000 people –
278.000 in Serbia and 162.000 in Montenegro, of which 54% are Muslims
by ethnicity...
Includes a Section on "Boniaks in Montenegro"
Ljubljana, February 28, 2005 International Institute for Middle-East
and Balkan Studies (IFIMES) – Ljubljana
http://www.ifimes.org/default.cfm?Jezik=En&Kat=09&ID=220
Pozarevac, Mihajlo Markovic remember Milosevic
1. Celebration in Pozarevac six months after Milosevic death.
Mihajlo Markovic remembers Milosevic and severely criticizes the
present "vassal government".
(CELEBRAZIONE PER I SEI MESI DALLA UCCISIONE DI MILOSEVIC.
L'ACCADEMICO MIHAJILO MARKOVIC RICORDA MILOSEVIC E DEFINISCE
"VASSALLO" L'ATTUALE GOVERNO)
2. 20. avgusta: U dvorištu porodične kuće u Požarevcu obeležen
65. rođendan osnivača SPS
(CELEBRAZIONE NELLA DATA DEL COMPLEANNO DI MILOSEVIC)
=== 1 ===
http://www.slobodan-milosevic.org/news/mil091106.htm
In Pozarevac, Serbia on Monday, September 11th, more than 1,000
people gathered at the grave of Slobodan Milosevic, the former
Serbian and Yugoslav president, to pay tribute six months after his
death according to the rites of the Serbian Orthodox Church.
Milosevic died in a cell of the detention centre of the International
Criminal Tribunal for the former Yugoslavia (ICTY) in The Hague on 11
March during his trial.
SERBIA "FREE" UNDER MILOSEVIC, NOW HAS "VASSAL GOVERNMENT" ACADEMIC
BBC Monitoring International Reports - September 8, 2006 Friday
Text of report by Serbian independent news agency FoNet
Belgrade, 8 September: Academic Mihajlo Markovic, one of the founders
of the Socialist Party of Serbia [SPS] today assessed that Serbia was
"free and honourable" during the time of [former Serbian and Yugoslav
President] Slobodan Milosevic while it was now a semi-colony "whose
government is a vassal government with each ministry populated by
foreign intelligence officers and experts who now sit there drafting
bills and passing undesirable decisions".
During a presentation of the book of documents on the funeral of
Slobodan Milosevic published by the "Sloboda" Association under the
title "Slobodan means to be free [pun]", Markovic asked if ever in
the history of Serbia some of its authorities had behaved in "such an
irrational and irresponsible manner".
"The Serb people knew what they had lost when in Belgrade and
Pozarevac they staged a magnificent farewell to the slain president,
while those who had killed him turned him into a legend who would
never be forgotten," he noted.
According to Markovic, during the time of the Milosevic
administration, Serbia was "a military power", while now the soldier
who shot down the US stealth plane during the NATO bombing "was
thrown out of the military and proceedings are being conducted
against him over some alleged offence".
Markovic emphasized that "in allegedly authoritarian times" each
citizen had an opposition paper of his or her own, they had various
radio and a television stations, whereas these days "only those in
possession of capital own and possess the media, and this cannot be
called opposition".
He assessed that with the death of Milosevic, the epoch started on 27
March 1941 [military coup against Yugoslav authorities who signed
Tripartite Pact with Nazi Germany on 25 Mar 1941] during which the
Serb people were free had ended, while now this people lived "in
servility towards the new world order".
Leaflets saying "Slobo is alive, he is not dead, as long as Serbs and
Serbia live" were distributed during the promotion.
Source: FoNet news agency, Belgrade, in Serbian 1321 gmt 8 Sep 06
Copyright 2006 Financial Times Information
All Rights Reserved
Global News Wire - Asia Africa Intelligence Wire
Copyright 2006 BBC Monitoring/BBC Source: Financial Times Information
Limited
Posted for Fair Use only.
=== 2 ===
U dvorištu porodične kuće u Požarevcu obeležen 65. rođendan
osnivača SPS
Na grobu Slobodana Miloševića, u dvorištu porodične kuće u
Požarevcu, 20. avgusta su funkcioneri SPS, Udruženja "Sloboda", Nove
komunističke partije Jugoslavije i brojni građani položili cveće u
znak obeležavanja njegovog 65. rođendana. Pored Miloševićeve
večne kuće juče nije bio prisutan niko od članova njegove uže
porodice iz dobro poznatih razloga.
Čast da bude prva na Miloševićevom grobu dobila je delegacija
Udruženja "Sloboda", predvođena Bogoljubom Bjelicom, koja je u
dvorište ušla sa zastavom udruženja i transparentima sa slikom
Miloševića.
Posle njih, cveće su na grob položili potpredsednik SPS Milorad
Vučelić, generalni sekretar Zoran Anđelković, Milutin Mrkonjić,
Bojan Kekić, Siniša Vučinić, Aleksandar Vulin i Uroš Šuvaković,
kao i lider Srpske partije socijalista Siniša Vučinić i lider Nove
Komunističke partije Jugoslavije Branko Kitanović.
Skupu nisu prisustvovali šef poslaničkog kluba SPS Ivica Dačić,
niti bilo ko od predstavnika Srpske radikalne stranke.
Cveće na Miloševićev grob položili su i predstavnici Opštinskog i
Okružnog odbora SPS, sa čelnim ljudima Miomirom Ilićem i Miletićem
Mihailovićem, u društvu predsednika opštine Dušana Vujičića i
njegovog zamenika Zvonka Blagojevića. Osim političkih i opštinskih
funkcionera, grob su obišli i građani iz nekoliko gradova Srbije i
Crne Gore.
Jedan od najvernijih Miloševićevih poštovalaca Uroš Šuvaković
ocenio da su "oni koji su namerno ubili Miloševića" zaboravili da su
fizičkom likvidacijom njemu samo podigli najlepši spomenik.
„Miloševićeve ideje se ne mogu ubiti i one će voditi Srbiju
boljem i srećnijem životu, jedinstvenoj zemlji, koja neće klečati
i moliti po evropskim foajeima za prijem, već će nju morati da mole
da uđe u evropske integracione procese“ - uveren je Šuvaković.
20. avgust 2006. god.
Le roi est nu ou les médias dévoilés
par Léon Chibolet
La presse écrite et audio-visuelle française ne cesse de perdre des
lecteurs et téléspectateurs alors que ses moyens financiers
continuent de progresser. Pour Léon Chibollet, cela ne s’explique que
par la ligne éditoriale unique de cette presse, entièrement dévouée à
l’Alliance atlantique, comme ses propriétaires, majoritaiement des
groupes industriels clients des États...
http://www.voltairenet.org/article143511.html
Concluso a Cuba il XIV Vertice del Movimento dei Paesi Non Allineati
---
Relevant links:
Non Aligned Movement
http://www.nam.gov.za/
Il vertice dei Non Allineati in tempo reale
http://www.cadenagramonte.cubaweb.cu/14_conferencia_cumbre_noal.asp
Nuove Resistenti n. 154:
Vertice dei Non Allineati - La chiusura di Raul Castro
Vertice dei Non Allineati - Restituire l’antica gloria al Movimento
Vertice dei Non Allineati - L’avanzata del Movimento è una priorità
Vertice dei Non Allineati - E' possibile opporsi all’unipolarismo
Vertice dei Non Allineati - Discorso di Carlos Lage Dàvila
Vertice dei Non Allineati - All'Avana per rilanciarne il ruolo
internazionale
http://www.resistenze.org
Le 14ème sommet des pays non alignés
http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2006-09-09%
2016:27:45&log=invites
---
http://www.workers.org/2006/world/non-aligned-0928/
Solidarity with those on Bush hit list
Non-aligned meeting rejects imperialist threats
By Berta Joubert-Ceci
Published Sep 21, 2006 1:07 AM
The 14th Summit Conference of the Non-Aligned Movement (NAM) was held
in Havana, Cuba, from Sept. 11 to 16 in a climate of ominous threats
from the U.S. imperialist colossus—particularly against the
movement’s member states of Cuba, Iran, Sudan and Venezuela.
Nevertheless, the gathering of 118 nations reaffirmed its solidarity
with the Palestinian people, supported Iran's contention that all
countries have the right to develop and use nuclear energy for
peaceful purposes, and urged solidarity among member countries to
better respond to global threats and challenges.
While the U.S. government was sending its officials around the world
trying to rally allies in order to give a veneer of legitimacy to its
threats and interventionist actions, 57 heads of state and 90 foreign
ministers were in Havana for the meeting of the Non-Aligned Movement.
Revolutionary socialist Cuba had been selected to host the meeting.
According to NAM rules, the host nation is also the chair of the NAM
for the next three years, putting President Fidel Castro in that
position of honor for the second time.
In a speech to the NAM Summit on Sept. 15, Venezuelan President Hugo
Chávez eloquently put in perspective the path that NAM has taken
during the last two decades.
He brought to memory the earlier role of NAM in the creation of an
important South Commission in 1986 that would analyze the common
problems of the countries of the South and draw conclusions and
lessons in the interest of the organization’s members. But after the
completion of the report based on the work of that commission,
nothing was put into effect.
Chávez explained: “The Third World experienced what we could call the
illusion of economic growth, the illusion that economic growth would
bring development.” But then came “the disorder of the economic
model, the crisis of the 1980s, foreign debt and recession.
“At the same time the report was presented, the Soviet Union fell,
contributing to a greater world destabilization. The U.S., its allies
and world capitalism then rose up to sing of victory.”
Chávez concluded, “This is when they unleashed, against the people
not only of Latin America but also of Africa, Asia and Oceania, the
neoliberal proposal. The so-called Washington Consensus, structural
adjustment packages, privatization, the reduction of state, the
elimination of planning.”
‘New NAM’—
Cuba’s moral leadership
This situation is precisely what Cuba intends to rectify. Cuba has a
wealth of experience in dealing with the most adverse situations—
including a criminal blockade imposed by the U.S. for over 45 years.
Cuba’s role in the international community in providing health care,
medicines, education and technical expertise makes this revolutionary
nation a bastion of dignity. Generally, it takes nothing in return
and is respected worldwide.
Cuba, as small as it is and as poor as it is, is a real world power
of morality and generosity.
In the summit’s opening, Cuban Vice President Carlos Lage summed up
Cuba’s expectations for this summit: “Our movement is essential to
the quest for a new system of international relations. We do not
align ourselves to wars, to terrorism, to injustice, to inequality,
to double standards. We align ourselves to peace and to justice. We
must fight for a world in which aggression and occupation by any
country in search of material or geopolitical gains is unthinkable,
in which acts of aggression of the kind the Lebanese people endure
today or the atrocities committed by Israel in Palestine are not
permitted.”
These ideas were behind the 90-page final document adopted by the NAM
heads of state.
In the closing ceremony, underscoring the success of the conference
in such a trying period and with so many diverse countries, Cuban
Acting-President Raul Castro said, “The fact that an atmosphere of
understanding prevailed during this Summit and that we were able to
reach solid consensuses, even in the most complex issues, clearly
shows that we have decided to give priority to that which unites us,
in order to face, together, the effects of the economic and political
order imposed upon us by the powerful, an order which is not only
profoundly unfair but also unsustainable.”
Cuban Commander-in-Chief Fidel Castro, due to his recent abdominal
surgery, had to remain in his convalescent room. But he was not left
out of the Summit. He was the most “absentee-present” figure there,
following the debates closely and meeting sepa rately with many
people, including United Nations Secre tary General Kofi Annan,
Bolivian President Evo Morales and Chávez.
Argentinean writer and government repre sentative Miguel Bonasso also
met with and interviewed Castro twice, at the Cuban leader’s request.
Argentina had left NAM in 1991 under the presidency of Carlos Menem
due to his U.S. ties. But current President Nestor Kirchner requested
that Argentina participate in the Cuban Sum mit. Bonasso was part of
that delegation.
Underscoring the interest in Fidel Castro by international media,
foreign dignitaries and the Cuban people, Bonasso writes: “I’ve spent
the last two days giving interviews about the interview [with Castro]
and receiving greetings and inquiries from hundreds of delegates at
the summit of the Non-Aligned Movement.
“Princes with turbans, presidents from three continents, ministers,
ambassadors of the Third and First World have all asked me about
Fidel’s health. Also many humble and anonymous Cubans—like those who
open a door or bring you a mojito—have asked me with watery eyes and
emotion: ‘Did the commander really look well? Does he stand up
without help? Does he walk? Has he regained some weight?’”
NAM’s background
The NAM is composed of 118 developing nations. Haiti and Saint Kitts-
Nevis just joined during this summit.
It was founded in 1961, with 25 countries represented, at the height
of the Cold War. At its first Summit Conference in Belgrade,
Yugoslavia, the central principle was to be independence and
neutrality from the military blocs of NATO and the Warsaw Pact.
Cuba, showing even in its earliest revolutionary days its commitment
to international solidarity, was the only nation present from Latin
America and the Caribbean at the Belgrade Summit.
At a preparatory meeting held in Cairo three months earlier, the
criteria for membership were adopted. The main points were for a
principle of independent policy and non-alignment; support for Move
ments of National Independence; and non-membership in any military
alliance. (nam.gov.za)
However, the history of the NAM dates back to post-war 1955 when the
famous Asia-Africa Conference was held in Ban dung, Indonesia. “The
meeting was convened upon the invitation of the Prime Ministers of
Burma, Ceylon, India, Indo nesia and Pakistan, and brought together
leaders of 29 states, mostly former colon ies, from the two
continents of Africa and Asia, to discuss common concerns and to
develop joint policies in international relations.” (nam.gov.za)
That conference was led by Indian Prime Minister Pandit Jawaharlal
Nehru, Indonesian President Sukarno and Egyp tian President Gamal
Abdel Nasser.
In spite of its neutrality from both military blocs, one thing is
very clear: Since its inception this entity had as its most crucial
purpose an anti-imperialist pursuit. As the NAM website reads, “At
the meeting, Third World leaders shared their similar problems of
resisting the pressures of the major powers, maintaining their
independence and opposing colonialism and neocolonialism, especially
Western domination.”
Now the NAM, according to an article in Gambia’s Daily Observer on
Sept. 13 entitled “Cuba Summit: Crucial for Non-Aligned Movement,” is
comprised of 53 African countries, 38 from Asia, 24 from Latin
America and the Caribbean, and one from Europe, which is Belarus.
According to official data, these countries together possess 51
percent of the world’s population, 53 percent of its coasts, 44
percent of its forests, 45 percent of its arable land and 86 percent
of its reserves.
This article is copyright under a Creative Commons License.
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Incontro dei Partiti Comunisti e Operai dei Balcani
Salonicco, 15 settembre 2006
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in http://www.solidnet.org
Dichiarazione Comune
Rappresentanti dei partiti comunisti e operai dei paesi balcanici,
provenienti da Albania, Bulgaria, Croazia, FYROM, Serbia e Turchia,
si sono riuniti a Salonicco il 15 settembre 2006. Messaggi di
sostegno e contributi scritti sono stati inviati anche da partiti
della Bosnia-Erzegovina e della Romania.
L’incontro ha offerto l’opportunità di rafforzare le relazioni
fraterne tra i partiti comunisti e operai dei Balcani.
Nel corso della discussione i partecipanti hanno scambiato pareri
riguardo il rafforzamento dei movimenti comunisti e del lavoro nella
regione, ed hanno scambiato le proprie esperienze in merito alle
lotte contro l’offensiva imperialista, contro la NATO e le basi USA,
contro l’inasprimento dello sfruttamento capitalista.
I partecipanti hanno reso omaggio all’eroica lotta dei popoli
palestinese e libanese, ed alla significativa mobilitazione in alcuni
paesi balcanici contro l’invio di truppe in Libano, contro
l’occupazione dell’Afghanistan e dell’Iraq, contro il dispiegamento
di nuove basi NATO e USA nei Balcani.
E’ stato rilevato che nelle attuali condizioni è doveroso
intensificare le lotte e il coordinamento al fine di sconfiggere i
piani delle potenze imperialiste nei Balcani. Queste potenze
intendono ottenere il pieno controllo della Penisola Balcanica, una
regione strategicamente significativa per gli USA e l’UE e per le
loro mire sul Medio Oriente, il Mar Nero, il Caucaso e l’Eurasia.
E un dovere urgente per i popoli rifiutare e contrastare la politica
del “divide et impera” che punta sulla creazione di nuovi e deboli
stati, in realtà protettorati, come nel caso della situazione
venutasi a determinare nel Kosovo. I partecipanti hanno espresso il
loro risoluto rifiuto di ogni cambiamento dei confini nella regione.
Hanno espresso la loro preoccupazione per il fatto che i piani
imperialisti e la rivalità tra le potenze possano causare ancora
spargimenti di sangue nella regione. La politica promossa dalle
potenze imperialiste ambisce non solo ad intensificare gli interventi
stranieri ma anche ad instaurare governi al servizio dei ricatti
imperialisti, di regimi che approfondiscano ulteriormente lo
sfruttamento capitalistico e leghino i loro paesi alle organizzazioni
imperialiste della NATO e dell’UE.
E’ stato espresso il comune desiderio dei partiti partecipanti di
rafforzare ed intensificare l’iniziativa comune e più estese azioni
antimperialiste come la riattivazione del “Centro Anti-NATO” (BAN-c).
I partiti comunisti e operai fanno appello ai popoli della regione
perché rafforzino la lotta:
- Contro la presenza militare imperialista nei Balcani, contro le
basi e le truppe straniere.
- Contro la cosiddetta “Brigata Balcanica” e la partecipazione di
truppe dei paesi balcanici alle missioni NATO e UE in altri paesi,
come l’Afghanistan, l’Iraq, ecc.
- Contro il coinvolgimento dei paesi balcanici nei piani imperialisti
che preparano nuove minacce e guerre contro i popoli di Cuba, del
Venezuela, della RDP di Corea, dell’Iran, della Siria ed altri.
- Per rifiutare ogni richiesta riguardante il cosiddetto “obbligo
formale” che impegna direttamente e indirettamente i paesi dei
Balcani nei piani imperialisti.
I partecipanti hanno anche deciso:
- Di esprimere solidarietà al popolo di Cuba e al suo leader, il
Comandante in Capo Fidel Castro. Di rafforzare la lotta per il
rilascio dei 5 patrioti cubani dalle prigioni USA.
- Di sostenere attivamente le iniziative e le mobilitazioni anti-NATO
che sono previste in occasione del vertice NATO che si terrà nel
novembre 2006 a Riga.
- Di incoraggiare iniziative bilaterali e multilaterali delle
organizzazioni giovanili dei partiti e dei movimenti di massa
balcanici, come quelli delle donne, della pace e delle organizzazioni
dei lavoratori.
- Di incontrarsi ancora nel corso dell’Incontro Internazionale dei
Partiti Comunisti e Operai che si terrà a Lisbona il 10-12 novembre
2006.
I partiti partecipanti:
Partito Comunista di Albania
Partito Comunista di Bulgaria
Partito dei Comunisti Bulgari
Partito Socialista dei Lavoratori di Croazia
Partito Comunista di Macedonia
Partito Comunista di Grecia
Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia
Partito Comunista di Turchia
Partito del Lavoro, Turchia (EMEP)
NATO GO HOME!!!
The League of Communist Youth of Yugoslavia condemns most severely
the latest decision to establish US military bases with the excuse of
"strengthening peace and security" in our country and the false
assertion that only Serbia and Belarus have no US military bases on
their territory.
This decision completes the process of total occupation of our
country that began with the elections of 5 October 2000. Serbia did
not subscribe to this at Rambouillet, but tried to safeguard her
independence and freedom. But the same result is now being
accomplished by the current pro-imperialist bourgeois regime, which
enjoys the support of barely 4% of the people.
Acceptance "in its totality and unconditionally" of the demand of the
USA, a country which is terrorizing the whole world with its wars in
the interest of its own capitalist system. The agreement clearly
provides jurisdiction to US courts alone for crimes committed by
American soldiers on our territory. In practice that means absolute
lawlessness and a mockery of justice.
In Macedonia and Bosnia-Herzegovina dozens of citizens have lost
their lives in traffic accidents involving USA forces stationed on
"peace missions" in those countries. Not one person has been
penalized. Soldiers of the USA carried out the most barbarous crimes
in their war on Yugoslavia in 1999 and no one was held responsible!
Should we cave into this American view of justice? Should we have
faith in the murderers of our people in their 78 day war? Should we
put our faith in those who in the past 50 years did not bat at eye at
killing children, old people and women in the course of 300 military
interventions all over the whole planet?
Imperialism we will not have! Only by referendum of the people will
we allow the presence of any kind of US forces in our country! It is
absolutely clear that citizens of Serbia will never approve any
treaty with the NATO Pact in any referendum. We will never allow our
country to enter into NATO membership.
Secretariat of the SKOJ
Belgrade, September 20, 2006.
www.skoj.co.sr
NATO GO HOME!!!
La Lega della Gioventù Comunista della Jugoslavia (SKOJ,
organizzazione giovanile del NKPJ, ndt) condanna il più severamente
possibile la recente decisione di stanziare basi militari degli Stati
Uniti con la giustificazione di "rinforzare la pace e la sicurezza"
nel nostro paese e con l'asserzione falsa che soltanto la Serbia e la
Bielorussia non hanno basi militari degli Stati Uniti sul loro
territorio.
Questa decisione perfeziona il processo di occupazione totale del
nostro paese, incominciato con le elezioni del 5 ottobre 2000. La
Serbia non accettò questo a Rambouillet, provando a salvaguardare la
sua indipendenza e libertà. Ma lo stesso risultato ora lo sta
realizzando l'attuale regime borghese filo-imperialista, che ha il
sostegno di a mala pena il 4 per cento della popolazione.
L'accettazione della richiesta degli U.S.A., un paese che terrorizza
il mondo intero con le sue guerre nell'interesse del suo proprio
sistema capitalista, è "nella sua totalità e senza riserve".
L'accordo fornisce chiaramente la giurisdizione soltanto alle corti
degli Stati Uniti per i crimini commessi dai soldati statunitensi sul
nostro territorio. In pratica questo significa l'assenza assoluta di
legalità ed una parodia della giustizia.
Dozzine di cittadini della Bosnia-Eerzegovina e della Macedonia hanno
perso le loro vite in incidenti stradali che coinvolgono le forze
degli USA impiegate in "missioni di pace" in quei paesi. Non una
singola persona è stata punita. I soldati degli USA hanno effettuato
i crimini più barbari nella loro guerra contro la Jugoslavia nel 1999
e nessuno è stato giudicato responsabile! Dovremmo confidare in
questa visione americana della giustizia? Dovremmo avere fede negli
assassini della nostra gente nella loro guerra dei 78 giorni?
Dovremmo affidarci a coloro che durante i 50 anni trascorsi non hanno
battuto ciglio dinanzi all'assassinio di bambini, di gente anziana e
di donne, nel corso di ben 300 interventi militari dappertutto sul
pianeta?
Non ci assoggetteremo all'imperialismo! Soltanto tramite referendum
popolare potremmo consentire la presenza di qualunque genere di forze
degli Stati Uniti nel nostro paese! È assolutamente chiaro che i
cittadini della Serbia non approveranno mai alcun trattato con il
patto NATO in alcun referendum. Non lasceremo mai che il nostro paese
aderisca alla NATO.
-----
Il Centro di cultura e documentazione Popolare, Via Reggio 14 - 10153
Torino,
ti invita alla lettura dell'ultimo numero delle "nuove resistenti"
sul sito
www.resistenze.org.
I titoli di questo numero sono:
Movimento Comunista Internazionale
- Movimento comunista e Sinistra Europea
- Incontro straordinario sul M.O. - Contributo del Partito
Comunista di Grecia
- Incontro straordinario sul M.O. - Contributo del Partito
Comunista di Turchia
Imperialismo e globalizzazione
- 11 Settembre - Fine della Fine della Storia
Mondo multipolare
- Vertice dei Non Allineati - La chiusura di Raul Castro
- Vertice dei Non Allineati - Restituire l’antica gloria al Movimento
- Vertice dei Non Allineati - L’avanzata del Movimento è una priorità
- Vertice dei Non Allineati - E' possibile opporsi all’unipolarismo
- Vertice dei Non Allineati - Discorso di Carlos Lage Dàvila
- Vertice dei Non Allineati - All'Avana per rilanciarne il ruolo
internazionale
- Chi sono i neocolonialisti in Africa
Della guerra
- La strategia degli USA e di Israele in Medio Oriente
Bielorussia
- Per una più stretta cooperazione con l’Organizzazione di Shanghai
Colombia
- Assassinato un altro militante comunista
- FARC-EP: Le coltivazioni di coca non sono nostre
- Bolivarismo e marxismo un impegno con l’impossibile
Cuba
- Prensa-latina al 16-09-06
- Condannatemi non importa la storia mi assolverà
Iraq
- Truppe statunitensi continuamente impegnate dalla resistenza
Libano
- I campi del No al disarmo Onu
- La LinksPartei: i soldati tedeschi non hanno niente da cercare in
Medio Oriente
- Il P.C. Portoghese si oppone all’invio di una forza militare
- Il P.C. di Grecia si oppone alla partecipazione alla missione
militare
- FSM - Successo della Conferenza di Atene su Libano e Medio Oriente
Serbia
- La disinformazione in Ex Yugoslavia e in Kosovo (*)
Stati Uniti
- Il movimento dei Cristiani Uniti per Israele
Venezuela
- La prospettiva del socialismo guadagna terreno in Venezuela
- Alla rivoluzione serve un Partito Unico
Italia - politica e società
- Volevo la luna: ultima discutibile fatica editoriale di Pietro
Ingrao
- Prc Essere comunisti - Perche’ non siamo contrari alla missione
in Libano
- Sul Medio Oriente e la sinistra italiana
Lotta per la pace
- Il 30 settembre in piazza contro la missione militare in Libano
Appuntamenti
- Milano 30/09/06 - Con Cuba contro tutti i terrorismi per la
verità la giustizia la pace
www.resistenze.org
Per comunicazioni, commenti, collaborazione e contatti scrivere a
posta@...
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(*) Anche in francese ed inglese alla pagina: https://www.cnj.it/
documentazione/jtmv06.htm (ndCNJ)
Sui rapporti tra i PC dei Balcani
Il PC della Grecia - KKE - ha organizzato a Salonicco, lo scorso 15
settembre 2006, un meeting tra i partiti comunisti dell'area
balcanica. Tra le iniziative rilevanti prese in quella occasione è da
segnalare una Dichiarazione comune, proposta dal Nuovo Partito
Comunista di Jugoslavia - NKPJ - e significativamente sottoscritta
anche dal Partito Comunista di Albania, contro ulteriori
modificazioni dei confini tra gli Stati balcanici ed in Europa.
Con l'occasione, effettuiamo anche un rapido excursus nella storia,
neanche tanto lontana (1980), dei rapporti tra gli Stati socialisti
dei Balcani, diffondendo la traduzione in lingua italiana di
significative testimonianze di fonte albanese.
1. KKE: Info about the Balkan Meeting of Communist Parties
2. Saopstenje NKPJ: KOMPARTIJA ALBANIJE PROTIV PROMENA GRANICA NA
BALKANU I U EVROPI
3. FLASHBACK: 1980, "Il popolo Albanese rimarrà con i popoli Jugoslavi"
=== 1 ===
From: Communist Party of Greece, Monday, September 18, 2006
http://inter.kke.gr , mailto:cpg @...
==================================================
Info about the Balkan Meeting of Communist Parties
On 15th of September 2006 KKE hosted a meeting of communist and
workers' parties from the Balkan countries in Thessaloniki. The
meeting had as subject "The communist action against imperialism and
capitalist exploitation in the Balkans" and it was attended by
representatives from the Communist Party of Albania, Communist Party
of Bulgaria, Party of Bulgarian Communists (previously named
Bulgarian Communist Party "Georgi Dimitrov"), Socialist Workers'
Party of Croatia, Communist Party of Macedonia, Communist Party of
Greece, Party of Labour, Turkey (EMEP), Communist Party of Turkey and
the New Communist Party of Yugoslavia.
Parties that could not attend the meeting sent messages and written
interventions, namely the Communist Workers' Party of Bosnia -
Herzegovina, Socialist Alliance Party of Romania and the Communist
Party of Romania.
The meeting reviewed the situation and the developments in the Balkan
region, as well as for sharing experiences from the people's
struggles and the work of the communist parties. The meeting also
dealt questions of the further development of regional multilateral
cooperation.
Dimitris Koutsoumbas, member of the political bureau of the KKE,
addressing the meeting stressed the need to strengthen cooperation
among the Balkan communist parties through joint actions and
initiatives for reactivation of the Balkan Anti-NATO Centre,
strengthening the struggle against the imperialist military presence
in the Balkans, the foreign bases and troops, against the so-called
Balkan Brigade and the participation of troops from the Balkan
countries in NATO and EU missions to other countries such as
Afghanistan, Iraq and elsewhere. He called for the withdrawal of all
foreign troops from the Balkan countries and the non-involvement of
the countries of the region in the new imperialist wars and the
threats being launched against the peoples of Syria, Iran and other.
In the Press Release issued by the meeting it is stressed the need to
reinforce the solidarity with the people of Lebanon and Palestine,
while it was also expressed the support of the participants to the
anti-NATO actions being prepared to take place during the NATO
conference in Riga, Latvia, in November.
The participants also approved a Statement of Solidarity with Cuba
and demanded the release of the 5 Cuban patriots held imprisoned in
the US.
*End*
=== 2 ===
-------- Message original --------
Sujet: Saopstenje NKPJ
Date: Wed, 20 Sep 2006 02:18:07 -0700 (PDT)
De: Savez komunisticke omladine Jugoslavije SKOJ
SAOPSTENJE SEKRETARIJATA NKPJ
U SOLUNU ZAVRSENA KONFERENCIJA KOMUNISTICKIH I RADNICKIH PARTIJA
BALKANA
KOMPARTIJA ALBANIJE PROTIV PROMENA GRANICA NA BALKANU I U EVROPI
U Solunu je od 15 - 18. septembra odrzana Konferencija komunistickih
i radnickih partija Balkana. U ime Srbije ucestvovala je Nova
komunisticka partija Jugoslavije. Njeni predstavnici Branko
Kitanovic i Ljubomir Dragacevac predlozili su, sto je jednoglasno
prihvaceno, da se u usvojenoj Deklaraciji unese posebna tacka o
NEPROMENJIVOSTI GRANICA NA BALKANU I U EVROPI.
Za nepromenjivost granica glasala je i Komunisticka partija
Albanije. Na sastanku su ucestvovale komunisticke i radnicke partije
iz Srbije, Hrvatske, Makedonije, Grcke, Turske, Bugarske i Rumunije.
18.09.2006.g.
Za NKPJ
BEOGRAD
Andrej Glisic
Sekretar za informisanje
=== 3 ===
( the original text:
E. Hoxha: The Albanian People Will Stand By the Yugoslav Peoples
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5002
http://www.revolutionarydemocracy.org/rdv7n2/albyugo.htm )
Enver Hoxha: Il popolo Albanese rimarrà con i popoli Jugoslavi
Come si sarebbe comportato il Partito del Lavoro di Albania sotto
la leadership di Enver Hoxha nel caso di un attacco imperialista
alla Jugoslavia?
Il seguente estratto dell'Editoriale di ‘Zeri i Popullit’ del 1980,
anche
trasmesso da Radio Tirana il 19 gennaio 1980, ci ricorda che Enver
Hoxha dette indicazione, per un simile caso, al popolo Albanese
di stare dalla parte dei popoli Jugoslavi.
No. 1
Il popolo Albanese, che conosce bene il passato del
popolo Jugoslavo, ha la netta convinzione che non
saranno mai intimiditi da minacce o ricatti, che in caso di
necessità sapranno combattere con coraggio
e maestria contro ogni attacco nemico, da qualsiasi
parte la minaccia provenga: i popoli Jugoslavi non voltano
le spalle al nemico. Sanno combattere con sacrificio per
difendere la loro libertà, conquistata al prezzo di tanti
sacrifici e perdite sanguinose.
Noi Albanesi abbiamo e avremo delle irriconciliabili
differenze ideologiche con la leadership della Jugoslavia.
Criticheremo sempre il sistema anti-marxista
dell'autogestione; abbiamo lottato e lotteremo con
determinazione contro il revisionismo jugoslavo e
moderno, per la difesa della purezza del
Marxismo-Leninismo; continuiamo e continueremo a
interessarci ai diritti di cui gli Albanesi della Kosova, di
Macedonia e Montenegro, devono godere sulla base
della Costituzione Jugoslava.
L'opinione pubblica mondiale conosce bene questa nostra
posizione. La politica estera del nostro paese verso i nostri
vicini, continua Zeri i Popullit, non è mai
mutata, né mai muterà. La nostra repubblica ha fatto e
farà ogni sforzo per un normale sviluppo del commercio,
delle relazioni culturali, e delle altre relazioni con essi.
Abbiamo pubblicamente affermato che l'Albania non
permetterà mai ad estranei l'uso del proprio territorio
come base contro la Jugoslavia o la Grecia, poiché
sosteniamo i popoli di Jugoslavia e Grecia nella loro
lotta per la libertà nazionale, l'indipendenza e la
sovranità. Quindi, non solo nulla di male arriverà per
loro dall'Albania, ma anzi saranno aiutati.
I popoli dei Balcani non minacciano nessuno, ma
neanche devono temere minacce ne' devono
temere una guerra d'aggressione, che altri potrebbero
scatenare e che essi saprebbero affrontare con successo...
Di fronte alle minacce dei Sovietici, degli Americani o
di altri aggressori imperialisti contro la Jugoslavia, il
popolo Albanese aderirà a ciò che il compagno Enver
Hoxha disse all' VII Congresso del Partito del Lavoro
di Albania, e cioè che in caso di un eventuale attacco da
parte dell'Unione Sovietica o di qualsiasi altra
potenza contro la Jugoslavia, il popolo Albanese sarà
con gli Jugoslavi.
Ad ogni modo rimane assicurato che, nel caso della
difesa della libertà e dell'indipendenza dagli
aggressori imperialisti, non vi saranno problemi di
alcun tipo, Albanesi e Jugoslavi ancora una volta
lotteranno assieme contro i comuni nemici, così come
hanno già fatto in passato. I fatti storici lo
provano. Le nostre divisioni giunsero e lottarono in
Jugoslavia nelle stesse trincee con i partigiani
Jugoslavi contro il fascismo tedesco, e trionfarono.
Noi Albanesi lottiamo per la libertà e la giustizia e
come coraggiosi combattenti Albanesi, siamo razionali.
Ma quando qualcuno tenta di calpestarci, allora i
fucili parlano.
Da: ‘Socialist Albania’, giornale della Associazione di amicizia
India-Albania, luglio 1980, N. 14, pp. 3-5.
No. 2
<< La nostra politica verso la Jugoslavia non è mutata e
non muterà, purche' il governo Jugoslavo sia
corretto nei nostri riguardi. La dichiarazione del
Partito del Lavoro di Albania, che in caso di una
eventuale aggressione contro la Jugoslavia da parte
dell'Unione Sovietica o di altre potenze, il popolo
Albanese starà con i popoli Jugoslavi, vale comunque.
Ma da parte Jugoslava si deve rispondere a tale posizione
dell'Albania con una corretta e giusta azione verso
di noi. >>
tratto da: Enver Hoxha ‘Report on the Activity of the C.C. of
the Party of Labour of Albania’ submitted to the 7th
Congress of the Party of Labour of Albania, November
1, 1976,Tirana, 1977, pp. 202-203.
(Fonte: http://groups.yahoo.com/group/gmlyu/
Traduzione di Alessandro Lattanzio, che ringraziamo)
Milutinovic-Prozess in Den Haag und "Fall Racak"
Di seguito (1) riproduciamo un report della rivista tedesca FreiTag
dal "processo" a Milan Milutinovic, ex presidente della Serbia, in
atto nel "Tribunale ad hoc" dell'Aia, dove i boia di Milosevic
insistono ossessivamente con il loro teorema della "impresa criminale
congiunta" della leadership serba contro il resto del mondo. Il
risultato "rilevante" che hanno recentemente ottenuto è stato quello
di dover... lasciar perdere il caso del "massacro di Racak" del
gennaio 1999, vera e propria montatura mediatica dello statunitense
Walker, che nessuno ha più oramai la faccia tosta di presentare come
un "massacro di civili inermi".
Inoltre riportiamo:
(2) una sintesi di un report di A. Wilcoxon, dell'aprile 2005, a
proposito di una vecchia udienza sullo stesso tema:
Le "vittime" di Racak non erano civili e non sono state giustiziate
(3) una analisi sulla figura di Walker:
William Walker - Profile and Missions
(4) documentazione sulla deposizione all'Aia (nel febbraio 2004) del
medico legale finlandese Helena Ranta, che analizzò la scena del
"delitto";
Ranta: ICTY indictment based on the Walker's statement with no legal
value
Markus Bickel, Berliner Zeitung, January 17, 2004
(5) una analisi di foto dei cadaveri e parte della deposizione di
Milosevic sull'argomento:
"MASSACRE" PHOTOS PROVE RACAK BODIES WERE TAMPERED WITH (2004)
Sul "caso Racak" si vedano anche i documenti:
# Complete Analysis of the Incident at Racak on Jan. 15, 1999 - by
Chris Soda
at: http://www.bernal.co.uk/Research/Racak.html
or: http://www.balkan-archive.org.yu/politics/kosovo/papers/racak.html
or: http://www.geocities.com/CapitolHill/Lobby/9362/uck/Racak.htm
# RACAK: THE BATTLE AND THE LIES. What really happened in the Kosovo
village of Racak
By a participant in Operation Racak - Srpska Politika, Belgrade
http://groups.yahoo.com/group/decani/message/79991
=== 1 ===
http://www.freitag.de/2006/30/06300801.php
Aus FREITAG, 28.07.06
Germinal Civikov
Die Amselfelder Sechs
MILUTINOVIC-PROZESS IN DEN HAAG
Auf den ersten Blick eine Neuauflage des Verfahrens gegen Slobodan
Milosevic - auf den zweiten nicht mehr
Ob wir uns noch alle an die erschütternden Fernsehbilder aus dem
Kosovo vom Frühjahr 1999 erinnern könnten, fragt Hauptankläger Thomas
Hannis zur Prozesseröffnung. Eine rhetorische Frage - wer könnte
diese Bilder vergessen? Trotzdem lässt er einige Videoaufnahmen
vorführen. Auf dem Monitor im Gerichtssaal erscheinen zunächst lange
Flüchtlingstrecks, die durch den Kosovo ziehen, dann in Nahaufnahme
verzweifelte Frauen und Kinder, schließlich bekommen wir eine Minute
lang das Flüchtlingselend in den Camps an der mazedonischen Grenze zu
sehen. Das Bombardement der Bilder, bevor und während Bomben und
Raketen auf den letzten jugoslawischen Staat fielen. Im Verlauf des
gesamten Prozesses wolle er dem journalistischen Prinzip immer wieder
Tribut zollen, lässt der Ankläger wissen, ein hagerer und etwas
überspannt wirkender Mittfünfziger. Er gedenke nämlich, in seiner
Beweisführung Antwort auf die klassischen sechs Fragen zu geben -
was, wann, wo, wer, wie und warum.
Dieses Versprechen ist kein gutes Omen für den neuen Mega-Prozess vor
dem Haager Jugoslawien-Tribunal, dieser eigentümlichen Neu- oder
Nachauflage des unglückseligen Milosevic-Verfahrens, das durch den
Tod des Angeklagten am 10. März ohne einen Urteilsspruch zu einem
Ende kam. Auch in diesem Prozess wollte die Anklage mit Zeugen und
Dokumenten ein Medienbild beweisen: das der fundamentalen Schuld
eines Slobodan Milosevic und der Serben an den Kriegen und den damit
einhergehenden Verbrechen in Ex-Jugoslawien. Am Ende der
Beweisführung der Anklage starb der vorsitzende Richter Richard May,
am Ende seiner eigenen Beweisführung der Angeklagte Slobodan
Milosevic, der zweite vorsitzende Richter Patrick Robinson ist wie
verschollen, und Hauptankläger Geoffrey Nice leckt heute irgendwo auf
den britischen Inseln seine Wunden. Kurz, dieser Prozess war kein
Ruhmesblatt, für niemanden, weil man ein Medienbild nun einmal nicht
beweisen kann.
Es klingt nicht einmal mehr nach lebenslänglich
Im Juli 2006 sitzen im Gerichtssaal 1 am Churchillplein Nr. 1 von Den
Haag anstatt des einsamen, von zwei Polizisten bewachten Milosevic
gleich sechs Angeklagte hinter der Glaswand. Keine Häftlinge im
eigentlichen Sinne. Während Milosevic wirklich hinter Gittern saß und
durch vielerlei Tricks nicht einmal seine Familie zu sehen bekam,
sind diese Herrschaften zur Prozesseröffnung gerade aus Belgrad
angekommen und dürfen nach Hause zurück fliegen, wenn das Haager
Tribunal seine Sommerpause einlegt. Auf der Anklagebank sitzen der
ehemalige Präsident Serbiens, Milan Milutinovic, der ehemalige
Vizepremier Jugoslawiens, Nikola Sainovic, Milosevics einstiger
Generalstabschef, Dragoljub Ojdanic, der ehemalige Kommandant der 3.
Armee, Nebojsa Pavkovic, der Ex-Oberbefehlshaber des Pristina-Korps,
Vladimir Lazarevic, und der frühere Polizeikommandant des Kosovo,
Sreten Lukic. Die sechs verkörpern so etwas wie den Kern der
politischen und militärischen Führung der Bundesrepublik Jugoslawien,
die es kurz vor ihrem endgültigen Untergang noch auf einen Krieg mit
der NATO ankommen ließ, anstatt sich gehorsam zu unterwerfen. Mancher
könnte glauben, man habe sie deswegen angeklagt. Keineswegs, in der
Anklageschrift werden sie beschuldigt, ein "Gemeinsames
Verbrecherisches Unternehmen" (Joint Criminal Enterprise oder JCE)
geplant und ausgeführt zu haben, das unter Führung von Slobodan
Milosevic zu den Kriegsverbrechen im Kosovo und zur Vertreibung der
Kosovo-Albaner geführt habe.
Zwei der Verschwörer sind nicht dabei: Der einstige Innenminister
Vlajko Stojiljkovic, der sich im April 2002 auf den Stufen des
Parlaments in Belgrad eine Kugel durch den Kopf jagte, und der
ehemalige Leiter des Departements für öffentliche Sicherheit,
Vlastimir Djordjevic, der untergetaucht und wie vom Erdboden
verschluckt ist.
Ankläger Hannis muss jetzt nur noch beweisen, dass "die Amselfelder
Sechs" - wie eine Belgrader Zeitung die Angeklagten sprachinnovativ
nennt - diese Verschwörung auch tatsächlich repräsentieren. Was von
denen vehement verneint wird: Ein solches Komplott habe weder
existiert noch habe man dazu beigetragen.
Der Ankläger ließ es sich daraufhin nicht nehmen, einige der so
genannten "Insider-Zeugen" anzukündigen, die schon im Milosevic-
Prozess mehrfach das spärliche Publikum erheitert hatten. Diese
Insider, so der Ankläger, würden "von innen heraus" - als Eingeweihte
sozusagen - die Existenz der Verschwörung beweisen. Thomas Hannis
wörtlich in seinem Eingangsplädoyer: "Die Insider werden unfreiwillig
erscheinen, um ihr Zeugnis abzulegen. Manche werden nicht mit reinen
Händen kommen. Das liegt daran, dass derjenige, der in einem
Gerichtsverfahren gegen angeklagte Serben als Zeuge über das
›Gemeinsame Verbrecherische Unternehmen‹ aussagt, in Serbien als
Verräter gilt. Daher erwarte ich, dass Sie diesem Umstand Rechnung
tragen." - Man darf gespannt sein, es scheinen sich ähnliche
Lichtgestalten anzukündigen wie im Milosevic-Prozess - etwa
Hochstapler wie Ratomir Tanic und Slobodan Lazarevic, die sich dort
mit Erfolg als Zeugen angeboten hatten, um in den Genuss der
Schutzmaßnahmen zu kommen, die ihnen die Anklagebehörde als
Gegenleistung anbot. In der Regel ein neues Leben für den "Insider"
und seine Familie - sprich: eine neue Identität in einer neuen Heimat.
Während das verbrecherische Ziel der JCE-Verschwörung im Milosevic-
Prozess laut Anklage darin bestand, Angriffskriege geführt und
ethnische Vertreibungen organisiert zu haben, um ein Groß-Serbien zu
erschaffen, sollen sich die "Amselfelder Sechs" dazu verschworen
haben, "das ethnische Gleichgewicht im Kosovo zu ändern, um die
Kontrolle Serbiens über die Provinz wieder herzustellen". Das ist nur
noch ein Abglanz der Milosevic vorgeworfenen Vergehen und klingt
nicht einmal mehr nach lebenslänglich.
Neu ist auch, dass im Unterschied zu Milosevic, der sich selber
verteidigte, die "Amselfelder Sechs" den Mund halten und ihre
Verteidigung zwölf Rechtsanwälten anvertraut haben, die in schwarzer
Amtstracht die ganze rechte Hälfte des Gerichtsaals einnehmen und im
Zeugenverhör mühelos von englisch auf serbokroatisch umschalten.
Ihnen gegenüber nimmt sich das Team der Ankläger eher bescheiden aus,
und das nicht nur zahlenmäßig. Es macht den Eindruck, als sei es sich
seiner Sache nicht sonderlich sicher. Im Unterschied zu seinem
Vorgänger Geoffrey Nice hat Thomas Hannis auch größte Mühe, Personen-
und Ortsnamen nur halbwegs korrekt auszusprechen, und ist schon bei
den ersten Zeugen dabei, nach Punkten zu verlieren.
Etwa bei Sandra Mitchell, die innerhalb der Kosovo-
Verifikationsmission der OSZE 1998/99 eine Beobachtergruppe leitete
und beauftragt war, Menschenrechtsverletzungen aufzudecken und zu
dokumentieren. Ergebnis ihrer Arbeit war ein 750-Seiten-Report mit
dem Titel As seen, as told ("Wie gesehen, so erzählt"), der für sich
in Anspruch nahm, die Lage der Menschenrechte im Kosovo Ende der
neunziger Jahre erschöpfend zu analysieren. Als Zeugin gegen
Milosevic konnte Mitchell im Juli 2002 das Haager Tribunal in dem
Bewusstsein verlassen, die Richter würden ihren Bericht als
offizielles Beweisstück zu den Akten nehmen. Später hatte
Hauptankläger Geoffrey Nice ihrem Report gelegentlich durch
Handauflegen wie einer Bibel gehuldigt. Und in Augenblicken größter
Aufregung hob er ihn mit zwei Händen hoch wie Moses die Gesetzestafeln.
Die Anklagepunkte Racak, Padaliste und Dubrava-Gefängnis
So ruft Thomas Hannis Sandra Mitchell denn auch gleich als erste
Zeugin auf. Doch werden nach ihrem Auftritt mehrere Anwälte der
Verteidigung zwei Sitzungstage lang das wiederum als Beweisstück
eingereichte As seen, as told dermaßen zerpflücken, dass es für die
Anklage enorm an Wert verliert. Dieses Dokument - wird moniert -
enthalte lauter Aussagen aus zweiter und dritter Hand, die dazu noch
unprofessionell und selektiv abgenommen worden seien. Deren
Wahrheitsgehalt sei außerdem nicht überprüfbar. Im Übrigen sei der
ganze Bericht nachweislich unter der Aufsicht der Anklagebehörde des
Tribunals entstanden, was seine Objektivität stark in Zweifel ziehe.
Die damalige Chefanklägerin Louise Arbour habe sogar das Vorwort
geschrieben, reklamiert einer der Verteidiger.
Eine empfindliche Schlappe hat die Anklagebehörde schon vor
Prozessbeginn einstecken müssen. Am 8. Juli nämlich entschieden die
drei Richter unter dem Vorsitz von Ian Bonomy, dass die
Anklagepunkte, die sich auf die angeblichen Massenmorde in Racak,
Padaliste und im Dubrava-Gefängnis bezogen, zu streichen seien. Sie
erschienen "nicht repräsentativ" für dieses Verfahren. Auch das ist
ein Novum, hieß es doch bisher, die Ankläger des Tribunals könnten
völlig autonom vorgehen.
Weshalb eigentlich sollten ausgerechnet diese drei Anklagepunkte aus
dem Milosevic-Prozess übernommen werden? Die Beweise für den
angeblichen Massenmord in Padaliste (März 1999) hatten sich schon da
als äußerst dünn erwiesen. Und der Tod von 90 Häftlingen im Dubrava-
Gefängnis am 19. und 21. Mai 1999 schien kaum dazu angetan, die
Anklage in ein vorteilhaftes Licht zu stellen. Schließlich war die
Strafanstalt an beiden Tagen von der NATO bombardiert worden - auch
ihr Direktor kam dabei ums Leben. Ein Gefängnis angreifen, in dem
Leute eingesperrt sind und nicht fliehen können, und dann die
Verantwortung für die Toten Milosevic oder jetzt den "Amselfelder
Sechs" in die Schuhe schieben, dieses moralische Husarenstück sollte
offenkundig nicht noch einmal über die Bühne gehen. Und dann Racak.
Dem angeblichen Massenmord an 45 unbewaffneten Zivilisten hatte im
Milosevic-Prozess schon der UÇK-Kommandant Shukri Buja als Zeuge der
Anklage 2002 jede Glaubwürdigkeit entzogen.
Möglicherweise meinte es der vorsitzende Richter Bonomy gut mit den
Anklägern, als er Racak, Padaliste und Dubrava-Gefängnis als nicht
repräsentativ für die Anklage eliminiert sehen wollte. Im Frühjahr
1999 allerdings waren die Ereignisse von Racak repräsentativ genug,
um die NATO-Bomber starten zu lassen.
=== 2 ===
Le "vittime" di Racak non erano civili e non sono state giustiziate
sintesi dell'articolo di Andy Wilcoxson reperibile su http://
www.slobodan-milosevic.org/news/smorg040805.htm
a cura di P. Catapano
E' ormai da più di due anni che è in corso all'Aia in Olanda il
processo-farsa contro l'ex Presidente jugoslavo Slobodan Milosevic,
all'interno del tribunale fantoccio creato e finanziato dalla NATO,
tribunale che oltretutto è illegale, non essendo stato ratificato
dall'Assemblea Generale dell'ONU ma dal solo Consiglio di Sicurezza
che non ha l'autorità per istituire tribunali.
Da qualche mese è terminata la fase dell'accusa ed è il turno della
difesa. Ricordiamo che il Presidente Milosevic non riconosce la
legittimità del tribunale dell'Aia ed ha chiesto di difendersi da
solo, rifiutando persino i legali d'ufficio che il tribunale gli
aveva forzatamente appioppato contro i suoi diritti per tentare di
mettergli il bavaglio.
Eh sì, proprio così, il tribunale le sta tentando tutte per sfiancare
l'orgoglioso Milosevic che, pur se in precarie condizioni di salute,
ribatte colpo su colpo alle cosiddette accuse del tribunale. E'
chiaro che le fandonie che ci hanno raccontato per un decennio sono
buone per i TG e per i giornali del pensiero unico, ma quando si
tratta di formulare delle accuse giudiziarie, anche se all'interno di
un tribunale fantoccio in un processo-farsa, le cose diventano più
complicate. Volevo portare a conoscenza un episodio del dibattimento
successo nei giorni scorsi che ben fa capire quali difficoltà sta
incontrando l'accusa e l'abilità di Milosevic e dei suoi testimoni
nello smontare il processo pezzo a pezzo.
Una delle bugie più colossali che ci hanno raccontato è costituita
dal cosiddetto "massacro di Racak". Annunciato alla stampa il 15
gennaio 1999 dal navigato diplomatico americano William Walker
(all'epoca capo della missione OSCE), tale episodio costituì il "la"
per giustificare l'aggressione alla Jugoslavia di due mesi più tardi.
In pratica, nel piccolo villaggio kosovaro di Racak furono rinvenuti
40 cadaveri di etnia albanese, in fila in un unico luogo: si parlò di
massacro, di persone civili giustiziate solo perché albanesi, di
pulizia etnica, di barbarie, eccetera. La solita musichetta a cui
siamo stati tristemente abituati nel decennio scorso.
Ora, già analisti indipendenti, tra cui Juergen Elsaesser nel suo
"Menzogne di guerra", hanno sollevato molti dubbi sull'episodio,
asserendo che in realtà si è trattato di una montatura. Ci sono molte
prove infatti che porterebbero a pensare che i 40 morti potessero
essere in realtà guerriglieri dell'UCK morti in combattimenti contro
l'esercito jugoslavo nei dintorni e radunati dai loro stessi
commilitoni nel villaggio disabitato di Racak per simulare un
massacro di civili, con la regia dell'abile William Walker. Ma
venerdì scorso (e anche oggi) al processo queste prove sono state
portate al vaglio della corte da un testimone della difesa, un
esperto forense, il Prof. Slavisa Dobricanin, ex Direttore
dell'Istituto di Medicina legale di Pristina e uno degli esperti
incaricati all'epoca di svolgere le autopsie sui 40 cadaveri, insieme
ad altri esperti di altre nazionalità, tra cui la famigerata patologa
finlandese Helena Ranta, non a caso testimone dell'accusa.
Secondo il Prof. Dobricanin tutti i 40 cadaveri trovati a Racak sono
stati uccisi da colpi di arma da fuoco e nessuno è stato accoltellato
o sgozzato, come qualche albanese ha testimoniato successivamente.
Contrariamente all'asserzione dell'accusa sul fatto che gli albanesi
furono picchiati prima di essere "giustiziati", l'esperto ha
affermato che le uniche ferite oltre i colpi di arma da fuoco sono
quelle causate dagli animali che si sono accaniti sui corpi senza
vita. Inoltre i proiettili provenivano da diverse direzioni ed
angolazioni e solo in un caso un uomo è stato colpito da breve distanza.
I test del "guanto di paraffina" hanno evidenziato che 37 dei 40
morti avevano sparato prima di essere uccisi, ma l'accusa ha
insistito sul fatto che il test non è attendibile. L'esperto ha
ribadito che il test è ancor oggi utilizzato in molti paesi dalle
polizie criminali, USA compresi.
In più il professore ha detto che i cadaveri vestivano con molti
strati di abiti ed erano equipaggiati in modo da soggiornare a lungo
all'esterno ed è strano che civili strappati dalle loro case
vestissero in quel modo.
Altre indicazioni smentiscono il fatto che le vittime fossero civili
innocenti e accreditano invece l'ipotesi che si trattasse di
combattenti armati morti in battaglia. Per esempio dei documenti
video mostrati in precedenza hanno dimostrato la presenza di trincee
e bunker dell'UCK nelle immediate vicinanze del villaggio di Racak e
i fori d'ingresso delle pallottole trovate nei morti fanno pensare a
persone che si proteggevano all'interno di una trincea. Infatti solo
le parti superiori dei corpi sono state colpite.
Nel febbraio del '99 Bill Clinton in televisione disse al mondo: "Noi
dovremmo ricordare quello che è accaduto di nuovo nel villaggio di
Racak a gennaio - uomini innocenti, donne, e bambini presi dalle loro
case, costretti ad inginocchiarsi nell'immondizia, crivellati di
colpi - non a causa di qualsiasi cosa loro avessero fatto, ma a causa
di ciò che erano (cioè albanesi n.d.r.)".
Le menzogne di Clinton e della NATO, la più importante delle quali fu
Racak, servirono a scatenare 78 giorni di selvaggi bombardamenti
contro un paese sovrano, sotto la copertura dell'intervento umanitario.
=== 3 ===
From: cdsmireland
Subject: OSCE Chief William Walker - Profile and Missions
Date: April 14, 2004
WHO'S WHO IN THE BALKANS
Doc 1 - William Walker - Profile and Missions
Head of the OSCE Verification Mission in Serbia's southern province
of Kosovo-Metohija William Walker cannot be described as an
independent observer or advocate of human rights. When the US news
media began to report that a massacre had taken place on January 14th
(1999) in Yugoslavia's Kosovo Province, most replied for their
information on statements by US Ambassador William Walker. On
Walker's so-so, US-NATO warplanes could begin bombing this small
country, which has already had large pieces torn out of it in recent
years.
It is important that the world know who Walker is: a US State
Department military veteran who directed the dirty war against EL
Salvador and Nicaragua in the 1980's and lied about every aspect of it.
Walker, now the head of a NATO-imposed inspection team in Kosovo,
said he had visited the site of the Alleged massacre and declared
that he knew all the facts. He was the judge, jury and executioner
all in one. Not even a district attorney in any United States city
could so boldly make such a declaration. Guilty first.
Evidence later. The Yugoslav Government ordered Walker's expulsion.
The US media all said this was in order to cover up what had really
happened. But that's turning reality on its head. It was Walker who
spoke out before the facts could be known. He thus guaranteed that
Washington's version of what happened became the official version.
That's real cover-up.
WHO IS WALKER?
Who is Ambassador Walker? Is he the Richard Butler of Kosovo, as many
in the Balkans now believe?
Butler, an Australian acting as the head of the United Nations
inspection force in Iraq, has secretly worked for US military and
intelligence services. Members of the UN Security Council have even
charged him with fabricating his last report to fit the needs of
Washington in order to justify the Pentagon's December bombing
campaign against Iraq.
Walker heads up a NATO inspection team in Kosovo. Who makes up the
team? "Sizeable numbers have military backgrounds; a lesser number,
but also a sizeable number, have police backgrounds," Walker said at
a State Department news conference January 8th (1999 (official
transcript, US Information Service).
When asked if the Kosovo team was a spy team like the UNSCOM group in
Iraq, Walker replied, "I hope everyone on my mission is trying to
gather as much intelligence as they possibly can." Questioned again,
"Are you reporting it back to Washington?" Walker replied, "A lot of
it comes back to Washington, but it goes to all the capitals (of the
NATO powers)".
Sounds a lot like what's been happening in Iraq.
Is Walker someone who can be trusted to tell the truth about what is
happening in Kosovo? Or does his past history show that he is the
master of the political lie and cover-up? Walker is commonly
portrayed in the US media as a career diplomat now caught in the
Balkan quagmire. But that's not quite the reality. Walker does have a
long career in the US State Department. It is how he spent that
career that sheds some light on what he is doing today.
AN AIDE TO ELIOT AABRAMS AND OLIVER NORTH
Walker began his diplomatic career in 1961 in Peru. In 1985 he was
made Deputy Assistant Secretary of state for Central America. He was
a key operator in the Reagan White House's operation to overthrow the
Nicaraguan government, run by Lt. Col. Oliver North and Assistant
Secretary of State Eliot Abrams. Walker was a special assistant to
Abrams, according to charges filed in US District Court by
Independent Counsel Lawrence Walsh.
According to the court record, Walker was responsible for setting up
a phoney humanitarian operation at an airbase in Ilponga, El
Salvador. It was secretly used to run guns, ammunition and supplies
to the contra mercenaries attacking Nicaragua. Independent Counsel
Walsh believed that Walker was one of the key players in Oliver
North's operations, according to court records. Later, from 1988 to
1992, Walker was the US Ambassador to El Salvador. That was the
period when military death squads reigned. Many in these death squads
were trained at the US military' School of the Americas at Ft.
Benning near Columbus, Ga.
"SILENT PARTICIPANT" IN KILLING OF JESUITS
A document presented last November 16 by anti-war activists at a
protest outside the School of Americas gave details of one of the
massacres:
"On November 16, 1989, an armed group of men from El Salvador's US
Trained Atlacat1 military battalion, most of them SOA graduates,
entered a dormitory of the Jose Simeon Canas University of Central
America at 2.30 to 3 am. They dragged six priests from their beds and
then shot them in the head. Then they killed the priests' cook and
her 15 year old daughter."
The priests were believed to be sympathetic to the liberation army
fighting against the US-backed Government. The Jesuits have charged
that Walker was a "silent participant" in the massacre.
Years later, on May 6, 1996, Walker headed a ceremony in Washington
to honour 5,000 US soldiers who had secretly fought in El Salvador.
At the time Walker was Ambassador, the official story was that there
were only 50 US military "advisers" in El Salvador.
AN EXPERIENCED LIAR
So Walker is not someone used to telling the truth. He could not
honestly be characterised as an independent observer or a human
rights advocate. He is probably up to his old tricks in Kosovo. This
time, his actions give backing to a different contra army, the contra
"Kosovo Liberation Army". Some European newspapers have begun to
refer to NATO as the KLA Air Force.
Walker's actions are clearly meant to destabilise the Yugoslav
government. His statements could be used to justify a NATO military
attack, if the US government decides to do that. On January 12, three
top Yugoslav officials, including a prominent opponent of the
Government of Slobodan Milosevic, held a news conference to show a
top-secret CIA document on US plans to oust Milosevic. The document
said that $35 million was to be funnelled to opposition groups in
Yugoslavia. The US Senate has passed a bill calling for the overthrow
of Milosevic.
A war is being waged against the Government of Yugoslavia. The so-
called Kosovo liberation Army, which has adopted the uniform of the
fascist occupiers of the region during World War II, has backing from
the United States, Germany and Israel. On news of the alleged
massacre, right-wing Israeli Ariel Sharon wrote a statement that was
passed by parliament condemning the Yugoslav Government and calling
for its ouster.
No one should get caught up in the media hysteria of the moment. The
truth of what happened in the Kosovo village of Racak may never be
fully known. Yugoslav forensic teams were prevented by the KLA from
visiting the site or examining the bodies before Walker made his
statements..
The story given out to the world has come through Walker and his team
of military "experts". (Tanjug, Belgrade, January 22, 1999).
(Refer item below re Racak)
=== 4 ===
http://www.tanjug.co.yu/
Tanjug
January 29, 2004
Forensic expert says Racak incident was used to
justify NATO air strikes
19:22 NIS , Jan 28 (Tanjug) - Forensic expert Prof
Vujadin Otasevic, who was a member of the team which
performed the autopsy of bodies found in the Racak
village in Kosovo-Metohija in 1999, has reiterated
that this incident was used to cast the blame on
Serbia for the alleged massacre of ethnic Albanian
civilians and to justify the NATO military
intervention against the then Federal Republic of
Yugoslavia.
The Serbian authorities at the time failed to use the
findings of the forensic team, who had determined that
the ethnic Albanians killed in Racak had all been
members of the Kosovo Liberation Army, that they were
killed in combat and that no massacre was perpetrated
againt them, Otasevic said.
---
Finnish Pathologist Criticises Milosevic Trial
This article from Germany focuses on the alleged Racak massacre in
Kosovo which NATO used as the excuse to bomb Yugoslavia. Helena Ranta
was head of the European Union's investigation team and she dissented
from the NATO view, stating that from first hand evidence she doubted
any massacre took place. She now criticises the way false evidence is
included in NATO's 'trial' of Slobodan Milosevic at The Hague.
Again we see how this show-trial is based on lies and illegalities.
This is an important time. The prosecution is completing its case
this week and the 'tribunal' has limited Milosevic' time to prepare
his defence to three months (the prosecution had ten years!!). Also
they demand he produces his list of witnesses within six weeks. He
has to work on this from his prison cell where he is held practically
incommunicado. The tribunal reserves its privilege to deny any
witness Milosevic may wish to call.
While the prosecution has unlimited finances the defence team is
sorely in need of donations. The main aim right now is to finance the
presence in The Hague of a key legal advisor for Mr. Milosevic. An
appeal will be put out soon but if you are willing to donate or fund-
raise please contact me at p.davidson@... and I will
endeavour to put you in touch with your nearest committee.
Thanks
Paul D
Ranta: ICTY indictment based on the Walker's statement with no legal
value
No interest on Serb victims
Markus Bickel, Berliner Zeitung, January 17, 2004
Finnish pathologist Helena Ranta said the work of the Hague tribunal
regarding the so-called Racak massacre was incomprehensible. The
former head
of the forensic team the European Union sent to the Kosovo-Albanian
village of Racak in January 1999 to investigate the events there, in a
conversation with Berliner Zeitung, criticized the UN tribunal for not
following up the evidence that there was heavy fighting between Serb
soldiers and the Kosovo-Albanian fighters during the night of January
15-16, 1999 in the Racak-region.
Western politicians used the tragedy in the village of Racak, where 40
Albanians died exactely 5 years ago, to prove to the public that the
upcoming NATO attack on Yugoslavia was necessary.
US diplomat William Walker played the leading role. The chief of the
OSCE mission in Kosovo immediately accused the Serbs of having killed 45
unarmed Albanian civilians at close range in Racak. The Serbian side
rejected this interpretation und spoke instead about KLA soldiers killed
in battle.
Pictures not published
She knew, that at that time "KLA-fighters were buried around Racak,"
said Ranta. "At that time I received information that proved that
several Serb soldiers had been killed as well. Unfortunately, we will
never know the exact number of Serb soldiers that died that night." It
would be appropriate "to ask the tribunal why they are not interested in
that number."
Ranta criticized the indictment against former Yugoslav President
Slobodan Milosevic in the case of Racak for mostly following the Walker
version. "When Ambassador Walker said that there was a massacre at
Racak, this statement had no legal value. I declared at that time that
the OSCE-observers forgot to take all steps necessary to secure a crime
scene: isolating the area, refusing admission to all
unauthorized persons and colletinig all material evidence.
Ranta demanded that in addition to the OSCE pictures the tribunal also
use the pictures taken by two additional photographers, shot several
hours prior to the arrival of OCSE-observers.
The pictures show "that at least one of the bodies was moved afterwards
â?" that body is not seen on OSCE-pictures."
Left in the lurch
In the days prior to the NATO-attack on Yugoslavia it was clear "that a
bunch of governments were interested in a version of Racak that blamed
only the Serb side," said Ranta. "But I could not provide this version."
Her instructions came from the German diplomat Pauls. The representative
of the then-German EU-presidency asked for a written statement.
"Afterwards, I had to show these personal statements to William Walker,
who was obviously not amused when he read it." Still, she agreed to take
part in the important press conference on March 17, 1999. "At that
(conference), I was sitting with the German ambassador to Belgrade,
Gruber, and a Finnish diplomat on the podium. I hoped that those
gentlemen would support me." But that was not the case. "I rather had
the feeling that I was left in the lurch," said Ranta.
As a result of the Walker dominated press-conference most of the media
accepted the version of a Serb massacre of Albanian civilians as proven.
A few days later the NATO-airattacks on Yugoslavia began.
(Translated from German by C.Schuetz & J.Catalinotto)
=== 5 ===
http://www.slobodan-milosevic.org/news/pv020703.htm
"MASSACRE" PHOTOS PROVE RACAK BODIES WERE TAMPERED WITH
www.slobodan-milosevic.org - February 12, 2004
Written by: Andy Wilcoxson
Research by: Pieter Vervaeke
The photos that you see above (SEE: http://www.slobodan-milosevic.org/
news/pv020703.htm ) were all taken on January 16, 1999 in a gully
near the Kosovo village of Racak, a KLA stronghold surrounded with
trenches and bunkers. According to NATO propaganda, and the Hague
Tribunal, Yugoslav security forces had massacred Albanian civilians
there the day before. NATO then used the Racack ‘Masacre’ to sell
it’s forthcoming war against Yugoslavia to the public opinion.
(PHOTO: Members of the KLA regularly wore civilian clothes.)
The Yugoslav government claimed that the only people killed in the
vicinity of Racak were members of the KLA, who had been engaged in
combat activities against the state security forces, which launched
an anti-terrorist operation on the 15th of January. The Yugoslav
Government claimed that the KLA took its war dead and placed them in
the ditch, in order to make it appear as though a massacre of
civilians had taken place. KLA forces were regularly fighting in
civilian clothes.
Now take a good look at the photos. According to the website of the
so-called "Kosova Crisis center," Photo 1 was taken by the Kosovo-
Albanian newspaper KOHA Ditore on January 16th (WARNING: explicit
images!). You can see that it is still quite early in the morning.
There is still frost on the ground and the sunlight is coming from a
low angle.
Now take a look at Photos 2 and 3. Both are part of prosecution
exhibit 156 in the Milosevic "trial" at the Hague Tribunal. Both
photos were taken later in the day on the 16th of January by members
of the OSCE's Kosovo Verification Mission. Photo 2 is a close-up of
the same man, and Photo 3 shows the same man again as Walker is
arriving on the scene with his delegation.
Can you spot the difference between the two pictures? In Photo 1 the
man is not wearing a cap, and in Photos 2 and 3 somebody has placed
the traditional white Albanian cap on his head.
Photo 3 was a topic of discussion at the Milosevic "trial" on April
15, 2002 when Slobodan Milosevic was cross-examining William Walker's
assistant, Karol Drewienkiewicz (Page 3118, line 14 of the transcript):
MILOSEVIC: You saw the photograph of Walker with the whole team of
people next -- and the Albanian next to the body with the Albanian
white cap on the man's head. How is it possible for somebody to be
hit in the head and have his cap remain on his head, which is like
the shell on an egg? When people jump out of their shoes when they
are hit in this way, whereas this man has his white cap intact on his
head. Did you have in mind that this could possibly be a rigged scene
for television purposes and the distribution of bodies there and how
they were piled up?
DREWIENKIEWICZ: That was -- that certainly was one of the thoughts
that went through my head as I was going up the hill. By the time I
had seen the bodies and the way they were piled together, I
concluded, to the best of my knowledge, that they had not been moved,
that they had been killed where they lay. That was my opinion at the
end of my time on the top of that hill in the gully, and it remains
my opinion. And if I was a terrorist, I wouldn't go around with a
white hat on.
MILOSEVIC: Well, that's precisely what I'm claiming, that he didn't
go around with a white hat on but that somebody placed it on his head
afterwards, because forensic experts say that from a shot of that
kind and a wound with that kind, your eyes would pop out let alone a
cap being displaced from your head. He wasn't born with a cap on his
head.
DREWIENKIEWICZ: It was my view at the end of my time in that gully on
that hill that those people had been killed where they lay. I did not
think the bodies had been interfered with.
///END TRANSCRIPT EXCERPT///
Unfortunately, Slobodan Milosevic did not have Photo 1 in his
possession at the time of that cross-examination. Photo 1 proves that
the bodies had been tampered with, and that somebody put the hat on
the man's head after the fact.
Another interesting excerpt from that same transcript (Page 3095
beginning with line 18) shows that the OSCE had to pass through the
KLA's trenches in order to even get to the so-called "massacre" scene:
MILOSEVIC: And do you know that the entire village was encircled by
trenches and bunkers, that they were all round the village, and even
behind the village, towards Jezerske Planine, the mountains, there
was another line or row of trenches?
DREWIENKIEWICZ: I am aware that there was one quite long trench,
probably about between 50 and 80 yards or metres long, that I walked
over on my way up the hill to the gully. That was the only trench
that I was aware of.
///END TRANSCRIPT EXCERPT///
The alleged "massacre" scene was on territory controlled by the KLA,
and the photos prove that the bodies were being tampered with. In
light of this information it seems highly likely that the Yugoslav
government was telling the truth and that the scene had been rigged.
---
SEE ALSO: http://www.slobodan-milosevic.org/news/smorg040805.htm
---
NAZIONALI
Francesca Sforza, la corrispondente da Mosca de La Stampa di Torino,
che ha visitato l'orfanotrofio di Veleika... aveva sollevato il
dubbio che l'orfanotrofio non fosse esattamente quello che i coniugi
liguri descrivevano come un lager:
http://www.gennarocarotenuto.it/dblog/articolo.asp?articolo=719
<< Credo che l'opinione pubblica italiana - media in prima linea -
abbia avuto una sua responsabilità, accreditando in fondo l'opinione
che "in quanto bielorussi" i responsabili dell'istituto non sarebbero
stati in grado di gestire la cosa, o peggio, di porsi di fronte alla
questione con l'affetto e la generosità che noi, "in quanto
italiani", avremmo invece saputo mettere in campo. Forse mi sbaglio,
ma l'impressione è che in fondo sia stato questo il retropensiero
della coppia e di chi ha sposato da subito la tesi del lager
bielorusso... >>
http://www.gennarocarotenuto.it/dblog/articolo.asp?articolo=726
http://www.berliner-heinrich-heine-preis.de
Per protesta contro la censura e la repressione culturale di cui il
più grande drammaturgo di lingua tedesca Peter Handke è stato
recentemente vittima, intellettuali e militanti di Berlino, d'accordo
con lo stesso Handke, hanno istituito un "Premio Heinrich Heine"
alternativo.
Esso verrà attribuito agli abitanti di una delle enclave serbe del
Kosovo-Metohija, soggetti dal giugno 1999 ad un infame regime di
apartheid, e completamente dimenticati dalla sedicente
"intellettualità democratica" europea.
L'iniziativa avrà successo se si riusciranno a raccogliere 50mila
euro. Sono circa 14mila quelli che ancora mancano. Le modalità per
contribuire sono indicate più sotto in lingua tedesca. Per l'Italia,
i versamenti possono anche essere effettuati sul nostro conto
corrente postale:
Conto Bancoposta n.47595665, ABI 07601 CAB 01600 CIN F, intestato ad
A. Krstic, Milano
CAUSALE: HEINRICH HEINE PREIS
Sarà nostra cura trasmettere tutta la somma raccolta sul conto
apposito, in Germania.
Tutte le informazioni in lingua italiana sulla vicenda di Handke, cui
è stato negato l'Heinrich Heine Preis a Düsseldorf per le sue
posizioni contrarie allo squartamento della Jugoslavia, si possono
trovare alla pagina:
https://www.cnj.it/CULTURA/handke.htm
La pagina dedicata alla iniziativa di Berlino è:
http://www.berliner-heinrich-heine-preis.de
RUNDMAIL
Liebe Unterstützerinnen und Unterstützer unseres Aufrufs,
Liebe Freundinnen und Freunde -
bis heute sind von Ihnen 35.636,10 Euro gespendet worden, mehr
als 250 haben unterschrieben. Wir haben Anlass zu hoffen, das
angestrebte Preisgeld von 50.000 Euro zu erreichen. Um unser Anliegen
zu verbreiten, erscheint bis auf weiteres jeden Samstag in "die junge
Welt " eine Anzeige, die über den Stand unserer Aktion Auskunft gibt.
Außerdem haben wir eine Website, die regelmäßig aktualisiert wird,
eingerichtet - mit folgenden Rubriken: Konto und Kontostand,
Unterzeichner, Zuschriften, aus Publikationen. Sie können uns über
die Website auch anschreiben.
www.berliner-heinrich-heine-preis.de
Unsere Bitte an Sie: helfen Sie uns, unseren Aufruf zu
verbreiten! Unsere Möglichkeiten und Kontakte reichen nicht aus. Es
geht nicht nur um das Preisgeld, das wir zusammen mit Peter Handke an
Menschen in einer der serbischen Enklaven des Kosovo übergeben
wollen. Es geht vor allem, wie Peter Handke schreibt, um "ein nicht
nur episodisches Aufmerksamwerden" auf die, die infolge des unter
Beteiligung der deutschen Bundeswehr geführten Angriffskriegs der
NATO "im Elendstrichter von Europa vegetieren müssen".
Ihnen allen Dank und die besten Grüße - Rolf Becker, Käthe
Reichel, Eckart Spoo
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