Informazione

LA GEORGIE DANS L'OTAN: UNE VICTOIRE DE LA DEMOCRATIE


Géorgie-OTAN: le chef de la diplomatie géorgienne à Bruxelles

22:14 | 15/ 09/ 2006
http://fr.rian.ru/world/20060915/53939507.html

TBILISSI, 15 septembre - RIA Novosti. Le chef de la diplomatie
géorgienne Guela Bejouachvili a rencontré vendredi à Bruxelles le
secrétaire général de l'OTAN Jaap de Hoop Scheffer pour aborder
l'intégration euro-atlantique de Tbilissi.

"L'intégration de la Géorgie dans les structures euro-atlantiques est
un processus irréversible. Aussi le début d'un dialogue intense revêt-
il une grande importance pour notre pays à l'étape actuelle", a
déclaré M. Bejouachvili, cité par son ministère.

Les deux hommes se sont penchés, entre autres, sur le règlement
pacifique des conflits sur le territoire géorgien et ont examiné le
rôle des pays voisins dans le processus de règlement.

Le ministre géorgien a notamment proposé de modifier le format des
négociations actuel, jugé inefficace, et d'y engager plus activement
la communauté internationale.

La Géorgie agit comme un allié fidèle de l'Alliance atlantique dont
elle restera un partenaire fidèle, a fait remarquer M. Bejouachvili.

"La Géorgie n'entreprendra pas d'actions sévères et unilatérales sans
concertation avec l'Alliance", a déclaré le ministre.

Selon le ministère géorgien des Affaires étrangères, le secrétaire
général de l'OTAN a salué les aspirations euro-atlantiques
géorgiennes et les efforts déployés par les autorités pour faire
régner l'ordre juridique sur le territoire du pays.

"Jaap de Hoop Scheffer a réaffirmé la position de l'OTAN selon
laquelle aucun pays tiers ne peut intervenir dans les relations
Géorgie-OTAN", a précisé la diplomatie russe.

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Géorgie : Saakachvili jette son opposition en prison

http://www.voltairenet.org/article143371.html

La « révolution des roses » a décidément apporté une bien étrange
démocratie à la Géorgie. Alors que l'ancien ministre de de
l'Intérieur Igor Guiorgadze a dû s'exiler à Moscou pour échapper à un
mandat d'arrêt international, ce sont maintenant 29 cadres de son
parti qui ont été arrêtés et incarcérés.

Dans un communiqué officiel digne de la période stalinienne, la
Chancellerie a indiqué que les prévenus sont accusés d'avoir fomenté
un complot contre l'État.

Aucune organisation internationale n'a protesté contre cette atteinte
aux droits fondamentaux. La Géorgie de Mikhaïl Saakachvili est
devenue une pièce maîtresse des États-Unis dans la région.


(SOURCE : http://fr.groups.yahoo.com/group/alerte_otan/messages )

Sull'anti-ecumenismo di Benedetto XVI 


Mentre infuria nel mondo la polemica sulle dichiarazioni di Benedetto XVI a proposito dell'Islam, diffondiamo per conoscenza, come elemento per la riflessione e la discussione, la traduzione di un testo che esemplifica un punto di vista particolarmente critico: quello presente all'interno della cristianità ortodossa serba, di segno conservatore ma anche lucido ed inquieto, in grado di farci comprendere le millenarie radici geopolitiche in cui affonda lo scontro tra le religioni sul continente europeo, e le difficoltà della chiesa serba in questo frangente.

Sulle figure, religiose e politiche, di Ratzinger e del suo predecessore si vedano anche:


# Santo subito

0. Links
1. Benedetto XVI: un tedesco di guardia ai roghi (La Plebe)
2. Ancora insistono con la "pista bulgara" (Oss. Balcani)
3. Un uomo generoso e un papato disastroso (F. Barbero / Comunità
cristiana di base)
4. Le "Madres de Plaza de Mayo" al Papa sul caso Pinochet
5. Cile e Vaticano: Una pagina imbarazzante (G. Perreli, da L'
Espresso 10 dicembre 1998)
6. «Il primo Papa no global della storia»: l'unanime coro dei
genuflessi politici italiani


# Ratzinger ad Auschwitz. Il marketing religioso di Benedetto XVI

(da Umanità Nova, n 21 dell'11 giugno 2006, anno 86)

Il papa vorrebbe scagionare da ogni responsabilità sia i tedeschi, suoi compatrioti, sia i cattolici in generale, sia, soprattutto, il proprio "buonissimo" dio. Il nazismo, quindi, viene completamente avulso dalla necessaria contestualizzazione storica, per essere catalogato come crimine di una infima minoranza violenta e fanatica, la quale sarebbe stata in grado di manipolare un popolo intero. Le cose, però, con buona pace del pontefice, non sono andate così...

http://www.ecn.org/uenne/archivio/archivio2006/un21/art4296.html


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http://www.srpskoogledalo.co.yu/

"Ogledalo" n.ro 62/2005, 26 dicembre 2005

(l'articolo originale: SRBIJA TREBA DA ZNA. Sve o papi Benediktu

http://www.srpskoogledalo.co.yu/pub/62/index.htm# )


LA SERBIA DEVE SAPERE


TUTTO SU PAPA BENEDETTO


Per quelli che conoscono il mio lavoro di saggista forse questa dichiarazione suonera’ un po’ strana: a me Papa Benedetto XVI e’ simpatico. Si tratta di una persona molto seria, uno dei piu’ grandi teologi cristiani odierni; il cardinale Joseph Ratzinger era infatti il capo di una istituzione cattolica molto influente per lo studio e l’assetto dottrinario, la Congregazione per la Propaganda della Fede, ed in questo ruolo egli ha dimostrato sincerita’ e fermezza nei suoi convincimenti, a differenza del polacco Karol Wojtyla, conosciuto anche per la sua posizione "che Dio e la piazza ci aiutino da tutte le parti" e ricoperto di tutti i colori, e che di continuo si atteggiava ecumenicamente verso ortodossi, monofisiti, protestanti, che voleva far credere che le varie chiese ortodosse fossero sorelle del Vaticano e che l’ortodossia ed il cattolicesimo romano fossero i due polmoni dell’Europa unita. Ratzinger si teneva sulla posizione del cattolicesimo romano tradizionale, formulato nella Dichiarazione "Dominus Jesus", pubblicata il 5 settembre del 2000. In questo documento dottrinario chiaramente e senza ambiguità sta scritto: "In relazione alla unitarieta’ ed all’universalità della intercessione di Gesù Cristo per la salvezza, si deve fermamente credere nella unicità della Chiesa da Lui fondata come verità del Credo cattolico." Ai romano-cattolici e’ chiesto che credano che la Chiesa cattolica romana odierna fu fondata da Cristo e che la sua unita’ si realizza nella "Chiesa cattolica governata dal successore di Pietro e dai vescovi in comunione con lui." (Il "successore di Pietro", secondo la concezione romano-cattolica, e’ naturalmente il papa). Gli elementi di "rivelazione e di verità" che esistono nelle altre comunità cristiane traggono la loro efficacia dalla pienezza e verità dell’affidarsi alla Chiesa Romano-cattolica. Detto in lingua serba: tutto quello che e’ cristiano negli altri cristiani (compresi gli ortodossi) e’ tale solamente in quanto e’ affine a quello che sostiene il cattolicesimo romano. Un po’ prima del documento "Dominus Jesus" il cardinale Joseph Ratzinger indusse il papa Giovanni Paolo Secondo a sottoscrivere l’Enciclica ai vescovi nella quale si proibisce l’uso dell’espressione "Chiese sorelle" in riferimento all’unita’ con Roma dei "cristiani non uniti". Il Vaticano è la "Madre Chiesa" e non ha nessuna "sorella".

Anche Ratzinger, l’odierno papa, si è battuto strenuamente contro il modernismo che come un cancro divora il cristianesimo occidentale, in particolare dopo il Concilio Vaticano Secondo, che ha avvicinato molto la comunità cattolica romana al protestantesimo, nell’ambito degli "aggiornamenti" – adattamenti al mondo contemporaneo, cioè secolarizzazione sotto la maschera della nuova cristianizzazione.

In una parola Ratzinger mi piace perché non è un ipocrita. Egli crede che la sua comunità sia la Chiesa, e che su questo non ci siano compromessi. D’ora in poi sappiamo in quale situazione ci troviamo: nella stessa del 1054, quando Roma si è separata dall’oriente ortodosso, nella terza più grave caduta nella storia dell’umanità (secondo S. Giustino Eremita, sono tre queste cadute: quella di Adamo – rottura dell’alleanza con Dio; quella di Giuda – tradimento di Dio; e quella del Papa – l’autoproclamarsi Dio; secondo l’insegnamento del Concilio Vaticano Primo, il Papa è "infallibile nelle questioni religiose" ). Dalla Roma ecumenica è caduta la maschera: si è mostrato il vecchio volto logoro dell’unione, per il quale hanno sofferto per secoli i Serbi e le altre popolazioni ortodosse.


Perché dici "Europa" e pensi "Germania"?

Come negli anni ’80 del XX secolo era importante che il papa fosse polacco (bisognava iniziare la distruzione del blocco sovietico), e siccome Karol Wojtyla ha siglato un accordo segreto con Ronald Reagan per l’assalto al muro di Berlino, così ora è importante che il papa sia tedesco, perché la Germania è la forza motrice dell’Unione Europea. La Germania ha continuato il suo "Drang nach Osten", iniziato già all’epoca di Carlo Magno, analfabeta ma valente imperatore, che ha, tra l’altro, separato per sempre l’Occidente da Bisanzio, iniziando ad insediare a Roma papi franchi semibarbari, e scalzando gli studiosi e intellettuali "classici" latini e greci, che erano vescovi ortodossi romani. Chiunque abbia letto il libro del sociologo e storico austriaco Hans Hofbauer "L’allargamento dell’Unione Europea ad Est" (tradotto in serbo per la casa editrice Filip Visnjic, Belgrado 2004), comprenderà di cosa si sta parlando. In quanto, ancora durante la quarta crociata, invece di combattere gli arabi, le armate germaniche e romane del papa hanno occupato la "Città del Re" e diviso l’Impero bizantino (che dopo questo colpo non si è più ripreso). A metà del XIII secolo i Germani hanno iniziato ad occupare i territori di Boemia, Moravia, Pomerania, Pannonia e Transilvania; sono arrivati fino a Cracovia – Polonia – e alla catena montuosa dei Carpazi. Con la benedizione del papa attaccarono la Russia gli svedesi e i cavalieri teutonici tedeschi, i quali, tutti insieme, furono sconfitti dal santo Alessandro Nevski. Dopo la battaglia di Mohac nel 1526, gli Asburgo hanno invaso Praga e l’Ungheria del nord (Presburg). Quando i turchi hanno perso la battaglia sotto Vienna tutta l’Ungheria si è trovata sotto il potere germanico, e quasi quasi, anche la Serbia (attraverso la quale si sono presto sparpagliati insieme all’esercito viennese anche i "cacciatori di anime" che dovevano convertire i "serbi scismatici" al regno romano). Verso la metà del 18. secolo, gli Asburgo detengono la Galizia e la Bukovina (Slavonia). Maria Teresa fa immigrare il popolo tedesco nel Banato (Vojvodina), mentre nel 1878 viene occupata la Bosnia-Erzegovina dall’Austria-Ungheria... Ricordiamo Pocorek e Mackenzen: due imperi germanici, l’austriaco e il tedesco, che attaccano la piccola Serbia, sterminando un terzo della sua popolazione. Hitler invece diceva a Neubechar, suo rappresentante per i Balcani: "Un popolo come quello serbo non deve vivere lungo il Danubio". 

La Germania, oggi, nella sua avidità di allargare il suo potere capitalistico, ha sottomesso tutto l’Est Europa, continuando così la politica economica hitleriana, secondo Hofbauer. Ricordiamoci che i nazisti avevano istituito "l’Organo centrale del grande spazio per l’economia europea", la "Società mondiale economica tedesca", "l’Istituto per l’economia mondiale", il "Commissariato del Reich per l’economia del grande mercato", e cosi via. Dai nazisti proviene anche l’idea della "regionalizzazione dell’ Europa" (vedere il libro di Rodney Etkinson, "Il cerchio europeo stregato" (Zacarani evropski krug – tradotto in serbo da Svetoni, Novi Sad 1996), come anche l’idea del "Consiglio economico dei paesi europei". Werner Deitz, uno dei principali economisti nazisti diceva: "Se vogliamo essere la guida economica del continente europeo, derivante implicitamente e necessariamente dalla forza economica europea quale nucleo della razza bianca, non dobbiamo dichiarare pubblicamente, per ovvii motivi, un grande spazio economico tedesco. Dobbiamo ancora e sempre parlare di Europa, perché la guida germanica deriva da se stessa, sia per il peso economico, politico, culturale e tecnico, sia per la sua posizione geografica".

Herman Josef Abs, membro della direzione della Deutsche Bank, che si avvantaggiò molto della penetrazione nazista verso l’Est, diceva nell’ottobre del 1940, in conseguenza degli sviluppi strategici del momento, che l’area europea offre "ricche e fruttuose possibilità", e la Germania sta dominando quasi tutta l’Europa, in un modo o nell’altro. Questo Abs è rimasto "nel giro" per lungo tempo, anche dopo la caduta di Hitler. Fino al 1976 è stato presidente del Consiglio di vigilanza di quella stessa banca tedesca e dal 1976 in poi ne è stato presidente onorario a vita. Joachim von Ribbentrop, il ministro degli esteri nazista, riteneva che nel marzo del 1943 sarebbe stata creata "l’Unione degli Stati Europei", tramite la quale si sarebbe arrivati ad una pace duratura. Ecco alcune righe del progetto presentato dal ministero degli Esteri sulla formazione dell’Unione degli Stati Europei: 

"L’Unione europea che già da lunghi anni si sta delineando nella storia, rappresenta uno sviluppo necessario... La soluzione della questione europea si potrà trovare soltanto sulla base federativa di tutti gli Stati europei, che si possano unire soltanto con una libera decisione, determinata nella constatazione della necessità di unirsi in una comunità di Stati sovrani... L’Unione degli Stati Europei deve essere una comunità possibilmente di tutti gli Stati europei".

Che cosa vi ricorda tutto questo, fratelli serbi? Ripetiamo: questa non è la propaganda della RTV serba sull’ "integrazione euroatlantica". Questo è Ribbentrop. E non siamo nel 2005, quando questo progetto è diventato "attuabile", bensì siamo nel 1943.

I vecchi buoni germanici di nuovo cavalcano la Serbia. Ecco che cosa dice Hans Hofbauer sulla situazione dopo la "rivoluzione" del 5 ottobre 2000:

"Dopo il cambio del regime nel 2000, in Serbia si sono inserite dall’estero nuove banche globali. La più efficace tra loro è la Raiffeisen Zentralbank (RZB). Già subito dopo la svolta d’ottobre 2000, questa banca si è trovata sul luogo ed a marzo del 2001 ha ottenuto quale prima banca straniera il permesso statale per lavorare. All’inizio del 2004, con 500 impiegati essa ha aperto altre 18 filiali nel paese. La sua scalata è basata in sostanza su tre colonne: sulla grandezza del capitale esistente all’estero, sul potenziale di concorrenti sulla scena e sull’inserimento nel momento dell’introduzione dell’euro. Sfruttando la chiusura delle grandi banche nazionali, la Raiffeisen Bank ha potuto con un colpo solo assumere centinaia di impiegati bancari professionalmente preparati che si erano trovati per strada. E dalle loro file gli austriaci hanno scelto i migliori. L’introduzione dell’euro, il 1. gennaio 2001, ha portato alla banca austriaca migliaia di clienti che dovevano cambiare i loro marchi tedeschi, fino ad allora tenuti "sotto il materasso". 'Appena arrivati eravamo pieni di liquidità, perché, a causa del cambio dei DM in euro, siamo stati inondati dai clienti privati', ha detto orgogliosamente il principale manager della RZB, Oliver Regl. 'Alcuni mesi dopo la Raiffeisen Bank poteva comunicare di aver ottenuto il 20% del totale dei clienti bancari in Serbia, il che, in situazioni normali, avrebbe richiesto un intero decennio', ha detto apertamente Regl."

Quando "questo è così", come direbbero i nostri confratelli zagabresi, allora perché meravigliarsi infantilmente se il Papa è tedesco? Adesso è il tempo dell’ "Unione europea spirituale". E perciò non è di troppo neanche la mano forte... La mano del discendente di Carlo Magno, il quale costrinse nella tana del topo già nel Medioevo gli Slavi dell’Ovest. Abbiamo forse già dimenticato che i vescovi franchi nella Moravia perseguitavano i santi Cirillo e Metodio (Metodio per due anni fu rinchiuso in prigione)? Abbiamo già dimenticato che i vescovi franchi proibivano il rito della messa in lingua slava? Oggi il "Sacro Romano Impero" si chiama "Deutschland, Deutschland, ueber alles"...


Chi si è compiaciuto della elezione del nuovo papa?

Chi se non la sua natìa Baviera, in nome della quale ha iniziato ad ingaggiare il suo Presidente Edmund Stoiber, leader dell’importante Unione Cristiano Sociale, che afferma: "La Baviera come tutta la Germania applaude la elezione di papa Ratzinger. Sono sicuro che il nuovo papa riuscirà a vincere e radunare intorno a se tutti i cattolici del mondo, non soltanto perché è il più brillante teologo di tutti i tempi, ma anche per le sue capacità umane e pastorali". La Baviera è, come si sa, la parte più cattolica della terra tedesca, mentre Stoiber e Ratzinger sono vecchi amici.

Lo stesso Ratzinger è una modesta e timida persona che descrive se stessa come un "semplice e diligente lavoratore nel giardino del Signore". Essendo stata annunciata la sua elezione a papa, egli ha cercato di attenuare un po’ la sua immagine di conservatore di destra. Quando si è seduto sul trono del Vaticano, ha contattato, nella sua congregazione, anche una certa cerchia di persone liberali moderniste. Però in molti credono che la sua elezione sia molto importante per l’identità cristiana dell’Europa, la quale è sotto il tiro dell’invasione musulmana e nella quale gli Americani cercano a forza di introdurre la Turchia. Il Vaticano nelle nuove integrazioni europee ha subito anche alcune sconfitte – innanzitutto dalla Costituzione dell’UE è stato eliminato ogni riferimento al Cristianesimo, ed i lobbisti vaticani non sono per niente amati (perché nasconderlo?) dalla massonica Bruxelles. Ratzinger da cardinale è stato molto esplicito: alla Turchia ha consigliato di cercare alleati da un’altra parte, perché "la religione islamica è in costante avversità con la cristianità europea". Aggiungendo sapientemente: "L’Europa non è fondata sulla geografia, bensì sulla religione". Non è soltanto un caso che nell’autunno del 2004, mentre Giovanni Paolo II era ammalato, monsignor Cesare Mazzolari abbia dichiarato: "La Chiesa ha vinto il comunismo, ma ha appena incominciato a comprendere la prossima sfida – l’islamismo, che è molto peggiore. Il Santo Padre a causa dei suoi anni non potrà scontrarsi con questa sfida. Ma il prossimo papa lo dovrà".


Ed arrivò lui, sicuramente pronto alla sfida con l’islam

Il cardinale Ratzinger, alcuni giorni prima della sua elezione, ha pubblicato il libro "I valori in un’era irrequieta", l’idea principale del quale è che il radicalismo secolare dell’ Occidente moderno può distruggere ogni umanesimo. Alcuni giorni dopo la sua elezione, il 28 aprile 2005, papa Benedetto XVI ha annunciato che il tema principale del suo pontificato saranno "le radici cristiane dell’Europa". Egli ha scelto il nome di Benedetto sull'esempio di Benedetto da Norcia, che fu il fondatore dell’ordine dei Benedettini e che diffuse il cristianesimo in Europa (la quale, detto tra parentesi, in quel periodo fu ortodossa). Il papa ha detto che san Benedetto rappresenta il punto fondamentale dell’unità europea e che esso rappresenta "l'immediato, profondo ricordo delle radici cristiane della sua cultura e civilizzazione".


Ed ora tutti insieme!

Il cristianesimo europeo è (perché nasconderlo?) sull’orlo della propria morte. Il secolarismo ed il modernismo hanno corroso sia la comunità romano cattolica che quelle protestanti. Sempre meno bambini vengono battezzati (In Francia circa il 10%!), mentre il maggior numero di parroci romano cattolici sul continente sono polacchi – le terre madri non hanno molti interessati al servizio sacerdotale. I protestanti hanno incominciato ad investire le donne a sacerdotesse e pastore, il che rappresenta un tradimento delle basi elementari del cristianesimo. Non esiste una unità dogmatica, e il caos è generale. L’Islam diventa forza spirituale non soltanto a causa dell’immigrazione, ma anche perché tanti europei diventano musulmani. Anche le religioni non tradizionali, come per esempio la New Age, e le sette totalitarie, stanno attirando l’attenzione degli europei. Si sta allargando anche il "carismatico" neoprotestantesimo pentecostale.

Alla vigilia del suo ultimo Natale, durante l’incontro coi cardinali e vescovi, papa Giovanni Paolo II sottolineava la missione della chiesa nell’unificazione dell’umanità, dicendo che il fine, "l’immediata instaurazione della totale unificazione tra i cristiani". Il cardinale Ratzinger, odierno papa, sotto questa unificazione intende, sicuramente, il ritorno a Roma.


Perché tanta fretta di tutti in questo abbraccio?

Abbiamo già detto: la crisi del cristianesimo europeo e mondiale è grande. Roma ha bisogno dell’Est ortodosso. Ecco ancora alcuni dati che lo confermano, proprio dagli anni 90 del secolo scorso in poi.

"L’arcivescovado di Chicago, la più grande diocesi romano cattolica nel paese, sta perdendo, ogni 18 giorni, un sacerdote. La diocesi di Cleveland ha perso 25 sacerdoti durante i primi mesi dell’anno, e non ne ha ottenuto neanche uno nuovo." (Wall Street Journal, 13 novembre 1990).

"L’età media dei sacerdoti è di oltre 50 anni, mentre entro la fine del 2000 sarà di circa 70 anni. Il numero dei seminaristi è diminuito dai 48 mila del 1965 ai 1300 della metà del 1988. Secondo le attuali statistiche ci sono ora oltre 1100 parrocchie senza parroco." (Leeguorean, agosto 1990).

"Nei decenni prima del Concilio, la Chiesa romano cattolica in Irlanda ha raggiunto la maggiore influenza. Quando è stato aperto il Concilio, uno su ogni otto ragazzi delle medie era candidato di diventare sacerdote... Nel 1989 sono stati ordinati soltanto 72 parroci (1958 –400)" (The New World Report, september –october 1992).

"Il numero delle suore in America è sceso da 180015 nel 1964 a 97751 nel 1992. Il numero delle fraternità da 189311 nel 1962 a 62546 nel 1992. Il numero dei battesimi è caduto da oltre i 1.300.000 nel 1962 a 950.000 nel 1985. E così via. Secondo uno studio commissionato dall’arcivescovado di S. Francisco, il motivo principale per cui ogni anno da 60 mila a 100 mila latinoamericani abbandonano la Chiesa romano-cattolica è che sono scontenti dei suoi dogmi e della situazione in cui si trova il clero. Dall’inizio degli anni ottanta all’inizio degli anni novanta, dice Ricardo Chavez, dirigente della sezione Latinoamericana della Conferenza californiana, il cattolicesimo romano è stato abbandonato ha circa cinque milioni di fedeli". (Daily News, 7 aprile 1991).

Nell’America latina, tradizionale fortezza di fedeltà al Vaticano, la situazione è ancora peggiore. Il passaggio dalla confessione romano-cattolica alle altre è sempre maggiore. Nella Repubblica Dominicana è aumentato, dagli anni sessanta ai novanta del XX secolo, di tre volte. Nel Salvador ed in Costarica del 500%, nel Guatemala del 700%.

Il giornale romano cattolico "The Wanderer", del 1. Aprile 1999, riporta i seguenti dati:

Oltre 1900 parrocchie romano cattoliche nel mondo si sono estinte. Soltanto circa il 40% dei romano cattolici credono nella presenza reale di Cristo nell’ostia.

La Confessione è quasi scomparsa dalla vita parrocchiale.

Perciò, se non va bene negli USA e in Guatemala, potrebbe forse passare in Serbia e in Russia?

Il precedente papa, Giovanni Paolo II, ha perciò cercato di consolidare le relazioni tra i cristiani in Europa; già nel 1982 è stato il primo pontefice a mettere piede sul territorio dell’Inghilterra, ed ha tenuto messa alla cattedrale di Canterbury, sede mondiale dell’anglicanesimo. Nel 1999 i cattolici e i protestanti hanno firmato insieme il documento "Il dono dell’autorità" con il quale si appellano a tutti i cristiani perchè non disconoscano l’autorità del papa. Lo stesso anno, la Chiesa romano cattolica e la Federazione mondiale luterana hanno firmato una "dichiarazione comune riguardo allo studio della giustificazione", ponendo cosi fine alla causa dogmatica vecchia di 500 anni tra Roma e i seguaci di Lutero. Nel maggio del 2000 a Toronto si è svolto il summit globale dei fedeli romano cattolici di tutto il mondo. Verso la metà del 2001 è stata firmata la carta detta "Carta ecumenica". Al raduno hanno partecipato la Conferenza delle chiese europee da una parte (alla quale partecipano gli ortodossi, gli anglicani, i cattolici radicali e i protestanti tradizionali) ed i rappresentanti romano cattolici della Confernza episcopale europea dall’altra. La Carta prevede contatti interreligiosi più profondi, preghiere comuni, collaborazione in tutti i settori, e termina con un severo (poliziesco) monito: "Non c’è alternativa alla reciproca pacificazione ed all'ecumenismo."

Nel 2002 in Vaticano si è svolta, per la prima volta nella storia, una Mostra sull’anglicanesimo. Il nuovo arcivescovo di Canterbury, Rowan William, è andato in visita da papa Wojtyla e, cosa inverosimile per un clerico anglicano, ha baciato la mano al papa. Durante una messa di suffragio per papa Wojtyla, William ha recitato l’omelia insieme al capo romano cattolico d’Inghilterra e Galles, il cardinale Cormack Murphy O’Connor. In quell’occasione ha dichiarato che la sua partecipazione all’omelia è il segno di un profondo legame e della stretta unione iniziata nella missione tra l’arcivescovo di Canterbury e il papato... Le radici che abbiamo piantato negli anni passati sono talmente radicate che sarà difficile sradicarle".

L’istituzione papale, conservata malgrado tutto dai cristiani dell’Occidente, vinti nella lotta contro il secolarismo, rassomiglia sempre più ad un sostegno al quale bisogna ricorrere perché si evitino altre sconfitte.


E in Serbia? In Serbia si bolle

La Serbia è sotto una semi occupazione, e ciò è molto chiaro. Con il 30% di disoccupazione (la percentuale più alta d’ Europa) essa è destinata ad una morte lenta. La terra e l’acqua sono state inquinate dalle bombe NATO, per sempre. Si sta andando verso la secessione del Kosmet (Kosovo e Metohija), del Montenegro, l’assalto alla Vojvodina. Rigurgiscono i valacchi, ed anche i bulgari ammiccano alla regione di Nis. Un pezzo del suolo della Serbia dovrebbe essere annesso alla Grande Albania. In questa situazione i politici serbi si comportano nel modo in cui si comportavano nel 1941. Cercano di accontentare quanto più possibile il "drago d’Occidente" nei suoi interessi strategici (ricordiamoci nel 1941 soltanto la creazione della Banovina Croazia, perché i croati "si calmassero" – ma i loro appetiti sono ancora più aumentati). Come nel vecchio detto: Il Montenegro deve essere la "rossa Croazia" (non diceva forse Jevrem Brkovic, ancora nel 1991, che il Montenegro aveva la sua chiesa autocefala con elementi di cattolicesimo [...] ?). Il Kosovo dovrà essere indipendente; in Vojvodina non è di troppo sostenere gli ungheresi... E nel frattempo bisogna lavorare all’unijacenje [dal nome del movimento uniate di affiliazione di una chiesa ortodossa alla chiesa Romano-cattolica, come in Grecia o Ucraina; nel seguito il concetto è indicato anche come Unione, ndt] dei serbi - come a Valjevo, dove il parroco ha direttamente "cristianizzato" un certo numero di serbi - tramite l’ecumenismo...

L’ecumenismo tra serbi è storia a sé. Esso non ci sostenne direttamente, ma per vie traverse. Cioè, come anche nel passato, c’è il rischio di avvicinarsi a Roma tramite Costantinopoli, favorevole all’unione con il papa quando vengono attaccati i loro interessi terreni. Il quasi-bizantismo contemporaneo di Costantinopoli viene imposto alla chiesa serba come vera e propria misura e verifica dell’ortodossia, cosa già da tempo chiara anche a quelli con poca conoscenza in materia. Il patriarcato di Costantinopoli in Turchia sopravvive soltanto negoziando con Washinghton e il Vaticano ("i nostri tradizionali amici"), altrimenti il governo turco avrebbe da tempo sgomberato il "Fanar", facendo di esso un’area da museo. La comunità serbo-ortodossa è grata a Costantinopoli, che ci ha dato Cirillo e Metodio e già nel 1219 ci ha donato l’autocefalità; il popolo serbo è eternamente grato al fraterno popolo greco che, nei difficili anni 1991 – 1995, è stato un amico fidato.

La chiesa serba è in preda ad una grande tentazione. Essa subisce pressioni dal di fuori e dall’interno perchè si inchini al papa. Essa ha finora resistito con le preghiere delle recenti vittime, i torturati di Jasenovac. Un grande contributo in questo è venuto dalla Chiesa ortodossa russa, che è amareggiata con il Vaticano, perché esso esercita una forte azione di proselitismo, dall’Ucraina fino in Siberia. Il precedente papa ha fatto trasferire il centro patriarcale in Ucraina, da Lavov a Kiev, madre delle città russe e dell’ortodossia russa, soltanto per dimostrare di non riconoscere le richieste di Mosca, che chiede che la propaganda uniate venga fermata. Tutto ciò contribuisce a che gli unici due paesi che il papa non ha visitato sono la Serbia e la Russia.

Sembra però che nella chiesa ortodossa serba ci siano alcuni che ritengono che il mondo ci annullerà se non ci pieghiamo sotto la protezione di Roma, ancora politicamente forte. Si rinnova la tentazione che avevamo nel 15. secolo, quando l’imperatore bizantino Jovan Paleolog ha costretto la maggior parte dei vescovi del patriarcato di Costantinopoli a firmare l’unione con papa Eugenio, per avere l’aiuto militare dell'Occidente nella lotta contro i turchi. Al consiglio di Firenze e Ferrara oltre ai greci parteciparono anche rappresentanti di altre chiese che sottoscrissero l’Unione. Il saggio serbo, il grande e tragico Djuro Brankovic, anche se circondato da tutte le parti, dai turchi e dagli ungheresi, non volle nemmeno considerare l'eventualità di inviare i suoi delegati ai piedi del papa. Disse che lui, in quanto vicino di casa dei latini, li conosceva benissimo, perciò non credeva in alcun aiuto da parte loro. Quando gli offrirono di "romanizzarsi" rispose che i serbi lo ritenevano uomo infelice ma saggio: se da anziano avesse cambiato fede, lo avrebbero ritenuto uno scemo infelice. I greci hanno firmato l’Unione e non hanno ottenuto niente! Qualche centinaio di soldati dell’Occidente hanno combattuto nel 1453 in difesa di Costantinopoli... San Marco di Efeso, grande vescovo e religioso, si rifiutò di accettare l’Unione, cosicchè essa fu poi distrutta. Perciò ai serbi cripto-uniati deve essere chiaro: dal Vaticano non ci si può aspettare niente, malgrado i buoni auspici ed i sorrisi ecumenici! Essi vogliono l’Unione, come al solito. 

I serbi sanno dei Tre gerarchi [concetto della chiesa ortodossa, ndt]  Jelini, e sanno che il Nuovo Testamento è stato scritto in greco... Però sanno anche che le vladike fanarioti, dopo la chiusura del Patriarcato di Pec [in Kosovo e Metohija, ndt], facevano di tutto per abolire le messe serbe, imponendo soltanto quelle nella lingua greca, e che verso i parrocchiani serbi si comportavano con disprezzo, tassandoli più dei turchi. Essi sanno che Costantinopoli fu contro la Prima insurrezione serba. E sanno che l’odierno Patriarcato di Costantinopoli pretende di governare il mondo ortodosso, che vuole il potere sulla diaspora di tutti i popoli ortodossi, vuole immischiarsi nelle crisi canoniche sul territorio delle altre chiese autocefale (per es. quella ucraina, dove gli scismatici e che hanno in odio il Patriarcato moscovita, capeggiati da Juscenko, un presidente pione [?] americano, si vogliono "iscrivere" al Patriarcato di Costantinopoli. Sapendo che Costantinopoli è il pennacchio del modernismo nel mondo ecumenico). Ricordiamoci anche della famosa relazione dell'International Crisis Group del marzo 2003, quando quella filiale di Soros ha chiesto alle chiese più liberali, quella di Costantinopoli e quella rumena, di adoperarsi verso la chiesa serba che si rifiuta di "adattarsi alla strutturazione e alla prassi della chiesa del mondo moderno, essendo rimasta ancora quella del periodo ottomano e di quello comunista". (Per quanto riguarda i rumeni, essi ritengono di essere stati "uniti" da Dio, come ponte tra l’Oriente e l’Occidente, "latini ortodossi", perciò il loro patriarca Teokstit si è lasciato andare così lontano che ha partecipato alla canonizzazione del creatore del "santo" servizio di spionaggio, la cosiddetta "Opus dei", Josè Escrivà de Balaguer).

E se i sorosiani ci spingono verso Costantinopoli, forse qualcosa di serio sta rotolando dietro la montagna? Lo sappiamo: Washinghton e il Vaticano. Perciò gli elogi di Marovic, Draskovic e Tadic al papa e all’ "amore cristiano" sono chiari: La Casa Bianca e la bianca cattedrale di San Pietro per loro sono simboli di tutto quello cui vogliono servire, come fuggiaschi dalla propria identità, il che nella storia serba si ricorda sotto il nome simbolico di Vuk Brankovic [Il presunto traditore della battaglia di Kosovo Polje, ndt]. Non è per caso che Svetozar Marovic parli da croato, benchè sia un puro serbo (parlando di origini biologiche) nato nel litorale di Budva [Montenegro, ndt]. Lo stesso vale per Nikola Ljubicic, ex generale di Tito, nato a Uzice, il quale, imitando il suo amato generale, usa dire: "Sentiamo!" 

Naturalmente bisogna tenere presente anche il momento finanziario. Alcuni ricevono i soldini dalle filiali vaticane "Pro Oriente", a Vienna. Soldi mirati all’unijacenje dell'Oriente; a qualcuno i soldini vengono versati sui conti correnti dalla ONG romano-cattolica tedesca "Konrad Adenauer". Anche quelli sono per far venire il Papa. "Zakaj ne?" ["Perché no?", espressione nel dialetto kajkavo zagabrese, ndt]. Mentre noi, poveracci serbi, rimaniamo come quel "Pilipenda" che non si sarebbe convertito alla "religione del re" nemmeno per tutto il grano di questo mondo, perché non rinnegava "il proprio Cristo serbo". Ed anche come quel Vuk Isakovic, che a Osijek [Croazia, ndt]  ricordava ai suoi ufficiali che, malgrado siano catapecchie, "misere e povere", a confronto con le cattedrali cattoliche lungo tutta la monarchia Asburgica, le nostre chiesette salvaguardano lo stesso "la dolcezza dell’Ortodossia".


Infine

Ho detto all’inizio che questo papa Benedetto XVI mi è simpatico. Ma, in quanto papa, lui "per il suo dovere personale" deve sostenere il Vaticano completamente. Mentre il Vaticano, per i serbi, già dal Medioevo è il principale nemico. Se non ci fosse stato il Vaticano, non ci sarebbe stata la cattolicizzazione di Ston, della penisola di Peljesac, dell’Erzegovina occidentale, della gran parte della Dalmazia, di Lika, Kordun, Banija, Zumberak; se non ci fosse stato il Vaticano non ci sarebbe stata una tale serbofobia nei Balcani. Non ci sarebbero stati nemmeno quei croati che con ardore, nel 1914, ammazzavano in lungo e in largo per la Serbia. Se non ci fossero stati Pio XII ed Aloisie Stepinac (tutti e due "beati" per la Chiesa romana) non ci sarebbe stata la benedizione col coltello di Ante Pavelic e dei suoi ustascia. Il Vaticano ha per primo riconosciuto la Slovenia, la Croazia, la Bosnia ed Erzegovina, nelle frontiere dell’AVNOJ  [Consiglio antifascista di liberazione nazionale della Jugoslavia: il riferimento è alle frontiere interne della RFS di Jugoslavia, ndt], arrecando così (insieme alla Germania) un danno irreparabile ad una soluzione giusta per la questione serba nei Balcani. Tra il Vaticano e noi c’è Jasenovac [il famigerato lager croato, attivo dal 1941 al 1945, più orribile di quelli nazisti, ndt] e non un giardino di rose. Perciò, malgrado i sommessi, vuoti e poveri sorrisi dei politici serbi di fronte al papa, quest'ultimo in Serbia non può venire fintantochè non vorrà implorare il perdono del popolo serbo, che ha tanto sofferto sotto i colpi dei servi del Vaticano dal Medioevo fino ad oggi. I serbi non odiano nessuno, ma non dobbiamo essere nemmeno degli stracci che si fanno calpestare da chiunque. È meglio non esserci piuttosto che diventare quello che, per secoli, sono stati i disgraziati che rinnegavano se stessi in cambio di un tozzo di pane ammuffito...


Vladimir Dimitrijevic


(trad. a cura di Ivan Istrijan. 
Le trascrizioni dei nomi non slavi potrebbero non essere corrette, poichè la traslitterazione in serbocroato è notoriamente basata sul mero criterio fonetico.)




IAEA (ONU): "GLI USA HANNO FALSIFICATO IL NOSTRO RAPPORTO SULL'IRAN"


U.N. Inspectors Dispute Iran Report By House Panel

U.N. inspectors investigating Iran's nuclear program angrily
complained to
the Bush administration and to a Republican congressman yesterday
about a
recent House committee report on Iran's capabilities, calling parts
of the
document "outrageous and dishonest" and offering evidence to refute
its central
claims.

http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2006/09/13/
AR2006091302052_pf.html

IAEA Letter on Iran Report

(http://www.washingtonpost.com/wp-srv/politics/documents/
document091406.pdf)

IAEA: U.S. report on Iran 'dishonest'
(GEORGE JAHN, Associated Press)

A recent House of Representatives committee report on Iran's nuclear
capability is "outrageous and dishonest" in trying to make a case
that Tehran's program is geared toward making weapons, a senior
official of the U.N. nuclear watchdog has said. The letter, obtained
by The Associated Press on Thursday outside a 35-nation board meeting
of the International Atomic Energy Agency, says the report is false
in saying Iran is making weapons-grade uranium at an experimental
enrichment site, when it has in fact produced material only in small
quantities that is far below the level that can be used in nuclear
arms...

http://www.uruknet.org.uk/?s1=1&p=26684&s2=16
or http://www.contracostatimes.com/mld/cctimes/15519393.htm

(castellano / italiano)


www.resistenze.org - pensiero resistente - imperialismo e globalizzazione - 04-08-06 

Washington lancia il militarismo tedesco e giapponese contro il Terzo Mondo

Heinz Dieterich

Il colonialismo che tanto venne utilizzato nei secoli passati da alcuni paesi europei per sottomettere popoli interi e impadronirsi delle loro risorse naturali è scomparso, per poi però generare a poco a poco una nuova variante conosciuta nei nostri giorni come imperialismo.

 
1. Il problema: la triplice impotenza dell’imperialismo occidentale
 
- La relativa impotenza dell’imperialismo occidentale – Stati Uniti, Unione Europea e Giappone – di fronte alle condizioni attuali del sistema mondiale deriva da tre fattori fondamentali. 1. il suo fallimento di fronte alla resistenza in Iraq e di fronte a piccole potenze come Iran e Corea del Nord; 2. l’impossibilità di eliminare le potenze regionali emergenti che co-governeranno il sistema mondiale: Russia-Cina, India e, forse. Il Blocco Regionale di Potere Latinoamericano (BRPL); l’incapacità strutturale di offrire un sistema economico razionale che possa neutralizzare le contraddizioni del sistema capitalista, disattivare i movimenti di massa e frenare la lotta senza quartiere per le materie prime, che è al centro di gravitazione di tutta la politica contemporanea e che lo sarà, di fatto, per tutto il secolo XXI.

 

2. La risposta: centralizzazione e fascistizzazione dell’imperialismo occidentale
 
- Di fronte a tale crisi strutturale, le classi politiche del grande capitale sono arrivate alla conclusione che i loro interessi nello scenario mondiale contemporaneo possono essere garantiti solo a due condizioni: 1. la centralizzazione di tutte le loro forze in una falange imperialista occidentale e 2. la coesione di questa falange attraverso una nuova dottrina imperial-fascista.

 

2.1 La centralizzazione
 
- Il segno distintivo generale della centralizzazione del potere è l’alleanza strategica tra la borghesia atlantica – Stati Uniti e Unione europea – e quella giapponese. In questo processo esistono poli secondari, come la Polonia, dove Washington costruirà un nuovo “scudo nucleare antibalistico”; ma la sua essenza consiste nella riattivazione accelerata del militarismo tedesco e giapponese, vale a dire delle due potenze che, a partire dalla Prima Guerra Mondiale, sono sempre apparse come “leader regionali naturali” di Europa e Asia nella dottrina di politica estera di Washington.

 

2.2 La dottrina
 
- Trasformare Stati di diritto borghese in Stati fascistoidi aggressori richiede la modifica della loro sovrastruttura politica e dottrinale; e in particolare, la trasformazione imperialista della Costituzione e delle dottrine militari nazionali. A tal fine, Washington recluta di nuovo due vecchi complici della “Guerra fredda”, che impose dopo il 1945 a Germania e Giappone per costruire il Secolo Americano: la democrazia cristiana tedesca (CDU) e il Partito Liberal Democratico (PLD) del Giappone. Se nella “Guerra fredda “erano stati sconfitti i movimenti anticoloniali anticapitalisti, al giorno d’oggi si pretende di ripetere l’impresa, distruggendo gli esclusi e il Socialismo del XXI secolo.

 

E i vecchi complici funzionano bene. La democrazia cristiana tedesca, con l’appoggio della socialdemocrazia e di tutti gli altri partiti politici, salvo il nuovo “Partito di Sinistra”, e il conservatorismo giapponese (PLD) – che governa il paese praticamente fin dal 1946 – fanno tutto ciò che è in loro potere per trasformare i propri paesi in terroristi di stato regionali sotto il comando di Washington.

 

La nuova dottrina dei subimperialismi tedesco e giapponese è un’imitazione di quella statunitense (National Security Strategy 54) e ruota intorno al “diritto” di appropriazione delle materie prime mondiali, particolarmente dell’energia, mediante la guerra di aggressione convenzionale e nucleare. Si tratta di una dottrina fascista, all’interno della logica sviluppata a suo tempo dal più eminente giurista dei nazisti, Carl Schmitt, per giustificare la guerra di aggressione di Hitler, anche sulla base della Dottrina Monroe statunitense.

 

3. Il terribile potere della Falange occidentale
 
- In questo modo le tre borghesie decisive del sistema mondiale – la statunitense, la giapponese e la tedesca – riconoscono che il loro sistema globale di sfruttamento e di disuguaglianza potrà essere difeso contro i popoli e gli Stati regionali emergenti solamente se il loro potere economico, demografico, territoriale e militare verrà unificato in una Falange imperialista. E, di fatto, riuniscono all’incirca il 55% del Prodotto Globale Lordo e una popolazione di 510 milioni di abitanti. Nel caso di una nuova guerra mondiale potrebbero mobilitare più di quaranta milioni di soldati. Se si estende questo “asse del male” al resto dell’Unione Europea, il suo potere economico rappresenta intorno al 75% del Prodotto Sociale Mondiale, circa il 90% del sapere e delle installazioni scientifiche moderne e una popolazione intorno ai 900 milioni.

 

Questo blocco imperialista ha dichiarato guerra ad ogni tentativo di cambiare qualitativamente il sistema mondiale a favore degli esclusi. Si tratta di un nemico estremamente potente e brutale; si tratta del principale nemico dell’umanità.

 

4. La trasformazione della dottrina militare delle Forze Armate tedesche
 
- La trasformazione delle Forze Armate tedesche (Bundeswehr, BW) da una forza di difesa territoriale in una guardia pretoriana di intervento mondiale, sta per essere realizzata dal governo tedesco democristiano-socialdemocratico, mediante una ridefinizione totale della vecchia dottrina militare. Con tale ridefinizione si pretende di raggiungere i seguenti obiettivi.

 

4.1 La repressione interna
 
- Il primo obiettivo consiste nel permettere l’uso interno della Bundeswehr mediante il cambiamento della costituzione tedesca e la ridefinizione del “caso di difesa” (Verteidigungsfall). La costituzione tedesca proibisce ogni genere di aggressione e il “caso di difesa” è catalogato come “un’aggressione esterna contro il territorio nazionale”. Nel nuovo e ancora segreto “Libro Bianco” militare, che il governo vuole ratificare entro il 12 luglio, certi attentati vengono considerati “caso di difesa”, allo scopo di poter dichiarare lo stato di emergenza e usare le Forze Armate all’interno del paese (...)

 

4.2 Blood for Oil: sangue in cambio di petrolio
 
- Il secondo obiettivo della nuova dottrina militare consiste nel legalizzare l’uso delle Forze Armate per garantire l’approvvigionamento di energia a prezzo ragionevole e il livello di vita dei tedeschi. Si stabilisce, in poche parole, il diritto di mantenere con le armi l’attuale sistema di sfruttamento del Terzo Mondo.

 

Il democratico cristiano F.J. Jung, Ministro della Difesa, afferma che è parte degli “interessi di sicurezza politica della RFT garantire un approvvigionamento libero e sicuro dell’energia”... “Se terroristi...controllano uno stretto di mare, allora è logico che esista un interesse tedesco a garantire il libero commercio” del petrolio. Egli fa rilevare che soldati tedeschi già collaborano nel Corno d’Africa all’approvvigionamento petrolifero. Se è necessario, con l’aiuto delle Forze Armate, l’approvvigionamento verrà garantito anche “in regioni geograficamente lontane” (...)

 

Attualmente il governo e i partiti politici, ad eccezione del Partito di Sinistra, stanno autorizzando l’uso delle Forze Armate tedesche nel Congo, che è un’altra zona di materiali strategici. In Afghanistan opera già un forte contingente militare tedesco, in base alle motivazioni addotte nel 2004 dall’allora ministro della difesa socialdemocratico Rudolf Scharping: “In 25 anni si esaurirà il gas del Mare del Nord, ma nella regione dell’Afghanistan e del Caucaso c’è di tutto, come pure nello spazio del Mar Caspio”. Ha ragione. Per questo già Hitler diresse le sue divisioni verso quella regione.

 

4.3 Consolidare la minaccia nucleare europea contro il Terzo Mondo
 
- Questo sfrontato espansionismo imperialista dell’elite tedesca coincide con quello dei francesi, degli inglesi, degli italiani e degli spagnoli. Il guru della politica estera di Tony Blair, Robert Cooper, nell’aprile 2002, nel suo famoso saggio “Why we still need empires” (“Perché continuiamo ad aver bisogno di imperi”) ha definito l’UE come un “impero cooperativo” (cooperative empire) che necessita di un “nuovo tipo di imperialismo”, come “quello dell’Impero Romano”. Il ministro britannico della Difesa, John Reid, ha affermato che “di fronte al combinarsi degli effetti del cambiamento climatico globale con la diminuzione delle risorse naturali aumenta la possibilità di conflitti violenti per terre, acqua ed energia”.

 

La Ministra della Difesa francese, Michéle Alliot-Marie, sostiene: “Se l’Europa vuole difendere i suoi valori di umanesimo e democrazia nel mondo dobbiamo...agire e, se necessario, con le armi”. Il suo capo politico, il presidente Chirac, ha avanzato all’Iran la minaccia dell’uso di armi nucleari, “in modo da assicurare i nostri approvvigionamenti strategici”. La democristiana Angela Merkel, ex comunista della RDT e attualmente cancelliere della Germania, non ha trovato nulla di strano in questa dichiarazione, considerandola una “dottrina adeguata ai cambiamenti in corso nel mondo”.

 

Il nemico principale dell’umanità: la grande borghesia di Stati Uniti – Unione Europea – Giappone
 
- L’essenza di questa “dottrina adeguata” è la guerra senza quartiere contro i popoli del mondo, come dimostrano le seguenti voci dell’imperialismo tedesco che sono rappresentative dell’insieme della Falange capitalista.

 

Nel 1996, un alto ufficiale dello Stato Maggiore tedesco scrisse nell’organo ufficiale delle Forze Armate quanto segue: “Durante il XXI secolo i paesi ricchi, che ora vivono in coesistenza pacifica tra loro, dovranno difendere il proprio buon livello di vita contro i popoli degli Stati e delle regioni povere (...) L’umanità si trova di fronte a un secolo di penuria. Per cose che una volta si potevano comperare, si faranno guerre”.

 

Kurt Biedenkopf, ex Segretario Generale del Partito Democratico Cristiano, per molti anni membro del parlamento tedesco e professore di diritto e scienze politiche, è ancora più chiaro: “Come fronteggeremo la richiesta dei popoli della terra di dividere con loro, se non siamo disposti a farlo? (...) Quali pericoli di guerra verranno da tale sviluppo della situazione? (...) Il nostro modo di vivere non può essere esteso a tutti (...) Ciò significa che noi potremo conservare il nostro modo di vita solo se anche in futuro lo riserveremo ad una minoranza privilegiata: le nazioni industriali altamente sviluppate”. [1]

 

Come sconfiggere la Falange imperialista occidentale?
 
- Questa è la logica di Winston Churchill e Adolf Hitler, di Franklin Delano Roosevelt e José Maria Aznar. Sono contenuti condivisi dal capitalismo liberale, da quello democristiano e da quello fascista: bisogna sfruttare e reprimere il mondo intero, per mantenere sotto controllo la “bestia popolare” nazionale. Di qui l’origine della Prima Guerra Mondiale, della Seconda e probabilmente della Terza, con il suo nuovo fascismo.

 

Ci sono tre teatri di operazione in cui deve essere sconfitto il nuovo fascismo: 1. il militare; 2. il politico-difensivo e 3. il politico offensivo-strategico.

 

E’ evidente che la dottrina della guerra irregolare è la prima diga di contenimento della Falange; ma è ugualmente evidente che non esiste una forza di dissuasione reale senza armi nucleari e missili balistici. La sovranità nazionale-regionale non esisterà senza armi strategiche.

 

Evitare la trasformazione di Giappone e Germania in Stati di aggressione bellica è un compito improrogabile per i movimenti sociali, i partiti e gli Stati progressisti di Europa e America Latina. La crescente irradiazione della Rivoluzione Latinoamericana in Europa coincide con l’ascesa delle forze di centro-sinistra in Francia e particolarmente in Germania, e deve essere usata per costruire un’Alleanza transatlantica difensiva contro il nuovo fascismo.

 

Nessuna guerra si vince rimanendo sulla difensiva e, per questo, il compito di difesa strategica deve combinarsi con quello di offensiva strategica: il Socialismo del XXI secolo.

 

Solo così sarà possibile sconfiggere la Falange occidentale che pretende di prolungare la sua opera mondiale di terrore, iniziata nel 1492. Di qui l’importanza vitale per l’umanità intera di cercare di impedire la trasformazione imperial-fascista di Germania e Giappone, sotto la leadership di Washington.

 

Heinz Dieterich
Filosofo tedesco, professore universitario, autore di numerose opere,
residente in Messico,editorialista della rivista internet spagnola Rebelion

 

[1] Le citazioni dall’eccellente saggio di Peter Buerger, “Deutsche Kriege fuer das “nationale” Interesse?”

 

 
Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura del
Centro di Cultura e Documentazione Popolare


--- CASTELLANO ---

Washington lanza el militarismo alemán y japonés contra el Tercer Mundo


por Heinz Dieterich

El colonialismo que tanto utilizaron en siglos pasados algunos países europeos para someter a pueblos enteros y aprovecharse de sus recursos naturales desapareció pero para genenerar poco a poco una nueva variante conocido en nuestros días como imperialismo...




L'ALLEGRA BRIGATA


From: magnone
Subject: [SP] per non dimenticare: l'allegra brigata "Folgore"
Date: September 13, 2006 9:46:40 AM GMT+02:00
To: forumgenova @...
Cc: scienzaepace @...


La Brigata "Folgore" andrà in Libano per la missione di "Pace"...
con una lunga storia alle spalle!!!

Per capirci la girovaga Brigata Folgore è quella della precedente
missione di "Pace" in Somalia.

I "nostri" soldati vennero sorpresi a torturare un ragazzo somalo con
elettrodi sui genitali ed a stuprare, in gruppo, una donna somala con
l'aiuto di una bomba illuminante cosparsa di marmellata.

Per visionare http://italy.indymedia.org/news/2004/05/543177.php

Edoardo Magnone

PS. L'articolo è stato scritto nel lontano 1999 ma vale la pena
riprenderlo perchè rende l'idea sulla goliardica Brigata Folgore. Da
aggiungere solo che i reati di tortura e violenza carnale furono
dichiarati tutti prescritti, Carmine Fiore e Bruno Loi furono
reintegrati e, naturalmente, promossi.... Saranno già in Libano?


___________________________________________
Da "Umanità Nova" n.26 del 5 settembre 1999

Folgore 1997/1999: Incidenti mortali, scandali e nonnismo.

Sulla "Folgore" si potrebbe scrivere un libro. Per mancanza di spazio
però ci limiteremo a analizzare gli avvenimenti di questo corpo dopo
le clamorose denuncie sulle torture compiute dai parà durante la
missione "umanitaria" in Somalia. Questa cronistoria si commenta da
sola. Da parte nostra segnaliamo solo la complicità del governo di
centro-sinistra che invece di fare piazza pulita continua ad
esprimere solidarietà nei confronti dei vertici militari coinvolti
negli scandali. Vuoi vedere che la "Folgore" è considerata un
"soggetto" pericoloso che, non si sa mai, conviene avere dalla
propria parte? Potrebbe essere questa una chiave di lettura che
spiega perché alla "Folgore" è permesso di fare tutto, o quasi.

5 giugno 1997: un servizio pubblicato da "Panorama" fa scoppiare lo
scandalo delle torture compiute dai parà italiani durante la missione
in Somalia iniziata nel 1993. Le foto e le testimonianze pubblicate
parlano di torture e sevizie in stile sudamericano che confermano
quanto era stato denunciato fin dal 1993 da alcuni settimanali
("Epoca" e "Avvenimenti") ma che era stato insabbiato dalla
magistratura militare. Lo scandalo si allarga a macchia d'olio e la
"Folgore" è sul banco degli imputati. I generali Loi e Fiore, ex
comandati dei parà e della missione sono costretti a dimettersi. Il
governo decide di istituire una commissione di inchiesta, presieduta
da Domenico Gallo.

20 giugno 1997: lo Stato maggiore dell'Esercito comunica "che è allo
studio la sostituzione del generale Cantone" comandante della Folgore
fin dai tempi della missione in Somalia e attualmente in Albania come
comandante di una missione civile-militare. A sostituire Cantone
viene chiamato il colonnello Celentano, che durante la missione in
Somalia aveva comandato il 186mo reggimento della Folgore. A Cantone
rimane però l'incarico in Albania.

23 giugno 1997: dopo essere stato interrogato dal magistrato
inquirente il generale Cantone sostiene la tesi della "torbida
macchinazione" contro la "Folgore".

12 luglio 1997: i genitori di tre giovani parà morti durante dei
lanci effettuano un volantinaggio in occasione del giuramento di un
gruppo di allievi parà dello SMIPAR di Pisa un volantinaggio.
Chiedono giustizia per i loro figli morti fra il 1994 e il 1996 per
una serie di "problemi tecnici legati alla tecnica di lancio con
uscita rapida ideata dal generale Loi" quando comandava la "Folgore".
Per la morte dei parà la procura di Lucca ha rinviato a giudizio 21
militari fra cui lo stesso generale Loi, il generale Staccioli, il
generale Rosa, il generale Jacono. Fra i rinviati anche il direttore
di lancio Marco Giacomini, accusato di nonnismo per aver picchiato e
costretto a fare delle flessioni prima del lancio uno dei giovani morti.

1 agosto 1997: piena stima e sostegno morale alla Brigata Folgore
viene portato da Valdo Spini e dalla Commissione difesa della Camera
durante un incontro con 400 fra ufficiali e sottufficiali parà
svoltosi nella sede del comando della Brigata a Livorno.

9 agosto 1997: la commissione Gallo conclude i suoi lavori assolvendo
i vertici della "Folgore": le torture ci sono state ma sarebbero dei
"casi isolati".

17 agosto 1997: il caso delle torture si riapre per la testimonianza
di un maresciallo del carabinieri paracadutisti che rende pubblico il
suo diario. Il diario costringe la commissione Gallo a riaprire
l'inchiesta.

4 settembre 1997: la magistratura livornese decide di prorogare di
sei mesi le indagini sull'omicidio del maresciallo della "Folgore"
Marco Mandorlini, trovato morto il 13 giugno 1995 sulla scogliera
livornese con colpi portati da un pugnale in uso fra i parà. Durante
la missione in Somalia Mandorlini era stato il capo scorta del
generale Loi.

9 ottobre 1997: il pretore di Lucca decide di unificare i
procedimenti aperti per la morte durante i lanci dei tre parà.

23 marzo 1998: inizia a Lucca il processo per la morte dei tre parà
che vede coinvolti 21 imputati, tutti alti gradi della "Folgore". Il
processo è tutt'ora in corso.

4 aprile 1998: il comandante dello SMIPAR, gen. Nardi, e il suo vice,
gen. Scalera, vengono rimossi dai loro incarichi dopo la denuncia di
tre episodi di nonnismo. La decisione è stata presa dallo Stato
Maggiore dell'Esercito. Il provvedimento è giustificato dal "non
rispetto delle procedure" e "per non aver tempestivamente comunicato
i casi di nonnismo". Fra i casi denunciati una recluta ricoverata in
ospedale per aver avuto una pedata nei testicoli e un'altra costretta
a bere un bicchiere di urina.

9 aprile 1998: un ex-sergente dei parà viene condannato dal tribunale
di Livorno a otto mesi per "violenza aggravata continuata" nei
confronti di una recluta che portata all'esasperazione si era poi
suicidata.

16 aprile 1998: lo Stato maggiore dell'Esercito smentisce l'esistenza
del progetto di sciogliere la "Folgore" trasferendone alcuni reparti
alle Brigate Friuli, Garibaldi e Pozzuolo, pubblicato dal "Borghese".

7 maggio 1998: durante una visita all'Accademia militare di Livorno
il sottosegretario della difesa Brutti dichiara che la "Folgore è
uscita a testa alta dal caso Somalia".

28 maggio 1998: la commissione Gallo conclude il suo supplemento di
indagine. Dopo aver confermato che le torture e le violenze ci sono
state ma sono state episodiche, la commissione ammette che "talvolta
l'azione di comando è risultata inadeguata o addirittura carente". La
commissione ammette anche "l'ostentazione in talune unità di simboli
e slogan nazisti e fascisti". Si tratta di ammissioni molto limitate
che non inficiano un giudizio positivo sull'operato della missione
militare italiana in Somalia.

8 giugno 1998: muore nell'Ospedale di Genova un maresciallo dello
SMIPAR che il giorno prima si era schiantato sul tetto di una casa
durante un lancio di addestramento.

24 giugno 1998: i familiari della vittima rivelano che una lettera
anonima sostiene che il maresciallo Mandorlini è stato ucciso nella
Caserma di Livorno la notte fra il 12 e il 13 giugno 1995 e solo
successivamente trasportato sulla scogliera.

23 luglio 1998: nella campagna pisana viene trovato il corpo del
comandante della 2^ compagnia dello SMIPAR. In serata il comando
della "Folgore" dichiara che il "capitano è morto per presunto
suicidio".

30 luglio 1998: in una audizione di fronte alla Commissione difesa
della Camera, il ministro della difesa Andreatta sostiene che il
comportamento del contingente militare in Somalia è stato carente
nell'azione di comando a livello intermedio "ma non ai vertici".

27 agosto 1998: un carabinieri del GIS, le "teste di cuoio" dell'arma
reclutate fra i carabinieri paracadutisti del "Tuscania" di stanza
nella caserma dei parà di Livorno, si ferisce gravemente durante
un'esercitazione in una fabbrica dismessa di Marina di Pisa.

4 settembre 1998: durante un lancio di addestramento ad Altopascio un
maresciallo dei parà rimane attorcigliato ad un paracadute di un
compagno e muore impiccato. In serata il ministero della difesa
precisa che "non vi è alcuna connessione tra l'incidente e la
cosiddetta tecnica di uscita rapida, tra l'altro non più in uso
nell'esercito".

27 novembre 1998: due parà del reggimento Nembo rimangono gravemente
feriti durante un'esercitazione a Marina di Vecchiano (LU).

11 maggio 1999: un maresciallo del "Col Moschin" viene trovato morto
nel magazzino della caserma degli incursori sita a S. Rossore, alla
foce dell'Arno. Viene aperta un'inchiesta: sembra che la morte sia
dovuta alla caduta provocata da un malore durante un esercizio fatto
"per tenersi in forma".

25 giugno 1999: a poco più di due anni di distanza dallo scoppio
dello scandalo Somalia, la Commissione difesa del Senato assolve
l'operato del contingente italiano considerandolo "fondamentalmente
all'altezza delle nostre tradizioni e delle finalità di pace e
soccorso umanitario della missione Restore Hope". La Commissione
preannuncia una visita alle caserme dei parà di Livorno e Pisa al
fine, come sostengono due esponenti di AN, di "esprimere ai
paracadutisti la solidarietà del Parlamento".

A. V.

___________________________________________________________
Scienzaepace mailing list - scienzaepace@...
ADMIN: http://liste.comodino.org/wws/info/scienzaepace
FAQ: http://clima.casaccia.enea.it/staff/marenco/sp-faq.txt

(francais / italiano / english / deutsch)

german-foreign-policy.com 08/09/2006: Un piccolo, sporco segreto


Il sito german-foreign-policy.com commenta in maniera eccellente il progetto imperialista di squartamento etnico denominato "Grande Medio Oriente". Il progetto è di immediata lettura nella mappa, che sta circolando su internet da alcune settimane, che viene mostrata alla pagina  


e che si può ritrovare, in forma ancor meglio leggibile, direttamente sul sito della Rivista delle Forze Armate degli Stati Uniti d'America:


ad accompagnare un articolo clamorosamente esplicito, dal titolo "Blood Borders. How a better Middle East would look" ("Confini di sangue. Come apparirebbe un Medio Oriente migliore"). L'articolo di "Armed Forces Journal" spiega questo progetto di ingegneria geopolitica e razziale che niente ha da invidiare a quelli che furono i piani nazisti per l'Europa, ne' alla attuale conformazione dei Balcani, area che è stata massacrata, dal 1991 in poi, grazie ad altri, non dissimili micronazionalismi di stretta osservanza NATO.

Sullo stesso argomento segnaliamo anche: 
http://leninology.blogspot.com/2006/08/redrawing-middle-east-map.html

(a cura di IS)


=== FRANCAIS ===

http://www.german-foreign-policy.com/fr/fulltext/55911


Sale secret 08/09/2006

WASHINGTON/BERLIN/PARIS (Compte-rendu de la rédaction) - Des cercles issus de l'armée américaine préconisent une réorganisation ethnique de presque tous les pays du proche et moyen orient. Des pertes de territoires et de nouvelles frontières concerneraient presque tous les pays, dont entre autres la Turquie, la Syrie, le Liban, l'Arabie Saoudite, l'Iran, l'Irak et le Pakistan. Par la dissolution d'états entiers, on veut créer de nouvelles entités assujetties au droit international, qui seraient formés selon la religion et les tribus d'appartenance. Ainsi, serait crée sur les terries d'Irak du nord et de la Turquie orientale d'aujourd'hui un état ayant une superficie triple de celle de la Syrie actuelle, portant le nom de "Kurdistan libre". Le reste de l'Irak serait alors divisé, la capitale Bagdad déposée. L'Iran perdrait de larges parties de sa côte, ainsi que les régions limitrophes du Pakistan, ou serait crée un "Baloutchistan libre". La Mecque et Médine, qui étaient jusqu'alors situées en Arabie Saoudite, deviendraient les capitales d'un état théocratique, qui viendrait s'établir au sud de la frontière jordanienne - avec un doublement du territoire hachémite. La réorganisation ethnique est portée sur plusieurs cartes américaines que l'historien Dr. Pierre Hillard (Paris) publie en France. "La politique allemande joue un rôle majeur dans la propagation des ces idées", affirme-t-il dans un entretien accordé à la rédaction de german-foreign-policy.com, qui publie ces cartes pour la première fois en Allemagne.

La recommandation d'un renversement complet de l'ordre des états actuel est paru dans le journal "Armed Forces Journal" (AFJ, Juin 2006), un périodique de la "Army Publishing Compagny". Cette entreprise publie au moins une dizaine de périodiques militaires (entre autres "Armed Times", "Navy Times"), et fait partie du groupe de médias Gannett (Virginia, USA). Les recettes du groupe, qui édite entre autres le célèbre quotidien "USA Today", ont été en 2005 de 7.6 milliards de dollars, selon ses propres indications.[1]

Expérience

Sous le titre "Redrawing the Middle East Map" ("dessiner une nouvelle carte du moyen orient"), le "Armed Forces Journal" présente à ses lecteurs deux représentations, qui montrent pour le même fond de carte, qui présente d'un côté la situation actuelle ("before"), et d'un autre côté l'image à venir du nouveau proche et moyen orient ("After"). Comme on apprend dans un article accompagnant ces cartes, le monde musulman se trouverait, pour une part par sa propre faute, et pour une autre part du fait de l'héritage colonial dans un tel état de violences et de haines, que seule une action de décalage radical des frontières serait à même de résoudre. Les modifications territoriales doivent suivre des lignes de partages ethniques (du fait du sang et de l'héritage) et religieuses, suivant l'auteur Ralph Peters, un militaire américain pensionné.[2] Peters ne cache pas, qu'il a une expérience d'agent de renseignement.[3] Selon les informations de la rédaction, Peters a été pour la dernière fois en Irak au printemps 2006.

Immérité

Les cartes, publiées sous le nom de Peters, préconisent la destruction de l'Arabie Saoudite actuelle, qui aurait à supporter les plus grandes pertes de territoire. Ceci est justifié par l'état de la monarchie arabe à l'heure actuelle, qui n'a pas seulement enfanté du "régime (parmi) les plus bigots et les plus répressifs" [4] du monde - leur "immense richesse pétrolière" serait totalement "immérité". Pour y instaurer une "justice véritable", selon l'"Armed Forces Journal", les champs pétroliers situés sur la côté sud-ouest de l'Arabie saoudite actuelle devraient être séparés du pays, et donnés au Yémen. Mais il s'agit non seulement de diminuer le contrôle des ressources par le pouvoir saoudien, mais également l'influence religieuse que Riad exerce sur les lieux saints (La Mecque et Médine). C'est pourquoi l'ancienne région d'influence du Prophète Mohammed devrait être administré par un "état saint islamique", qui dispose certes d'un gigantesque territoire, mais qui n'aurait pas d'administration centrale - le gouvernement serait exercé à tour de rôles par plusieurs courants religieux.

Soumis

L'armée américaine offre aux séparatistes kurdes un gain territorial de près de cent pourcent, aux dépens de la Turquie, la Syrie, l'Iran et l'Irak. Ces pays perdraient d'importantes parties de leur territoire au profit de la chimère "Kurdistan libre", dont la création ne saurait être remise à plus tard. "Le Kurdistan libre, de Diyarbakir (turc) jusqu'à Tabriz (iranien) serait l'état le plus soumis à l'occident, entre la Bulgarie et le Japon" peut-on lire au sujet des amputations territoriales prévues sur ces pays membre s de l'ONU dans l'"Armed Forces Journal".

Arracher

Pour arracher le contrôle du golfe persique et des richesses pétrolières s'y trouvant, l'intégralité de la côte du pays reviendrait à un ancien pays faisant jadis partie de l'Irak. De cette façon, les deux anciens ennemis se verraient dépossédés par l'Occident des ressources garantissant leur autonomie, pour les mettre en concurrence l'un avec l'autre. Pendant que l'Irak cesserait d'exister, les provinces centrales resteraient à Téhéran, mais pas les contrées proches des frontières, riches en hydrocarbures. Ceux-ci iraient en partie à l'Afghanistan, et en autre partie à une autre invention fantasmagorique ("Baloutchistan libre").

Nouvelles perspectives

Selon l'opinion de l'historien français Pierre Hillard, l'agression ethniciste des puissances occidentales est favorisée par la politique étrangère allemande. Hillard met en avant la menace continuelle que représentent les organes de terrain allemandes, qui "veulent remodeler le moyen orient" [5], et point e à ce propos les activités de la fondation Bertelsmann. La fondation organise chaque année des forums sur le Moyen-Orient ("discussions de Kronberg"), dans lesquelles il est question d'une "modification complète des institutions politiques, économiques et religieuses" des pays musulmans disposant de ressources naturelles "pour les relier à l'axe euro-atlantique", dit Hillard dans son interview à la rédaction. Comme il est fait état dans les protocoles des "discussions de Kronsberg" de cette année [6], l'"expansion graduelle de la présence européenne dans la région" doit être accompagnée de moyens "persuasifs américains" appropriés. La suggestion combine les activités diplomatiques et subversives ("Droits des minorités") avec des menaces de guerre. Lors de l'un des Forums organisés par la fondation Bertelsmann, il avait été demandé que "les frontières administratives et naturelles perdent rapidement leur importance, pour que de nouvelles perspectives puissent s'ouvrir".[7]

Artificiel

La parcellisation de systèmes nationaux entiers n'est pas inconnue à Bertelsmann. Ainsi, la fondation avait conseillé à la veille de la guerre en Yougoslavie "d'appliquer le critère ethnique" [8] et de mobiliser les groupes ethniques - des minorités définies en fonction de leur sang avec des revendications territoriales. Egalement pour Bertelsmann fut confectionné en 1996 un plan de partage ethnique concernant la Roumanie, la Russie et le nord du Caucase.[9] Similairement à ce qui se passe actuellement dans le "Armed Forces Journal", plusieurs états membres de l'ONU sont menacés de perdre leur territorialité. Pour cela, l'auteur se base sur le tracé prétendument "artificielle" des frontières, et revendique des droits affabulés de communautés de sang.

Fonctionne

L'agression ethniciste remonte à des approches politiques allemandes du temps de Bismarck. Si ses théoriciens postulaient à l'époque que la "fluctuation" continuelle des frontières des états suivaient le déplacement biologique des tribus et des "groupes de peuples", selon le "Armed Forces Journal", les "frontières n'ont jamais été statiques".[10] Du fait de la création de territoires de façon "artificielle", les frontières en viennent "précisément maintenant" à changer leur aspect, écrit l'auteur américain "du Congo au Causase". Sur la nature des moyens à employer, l'auteur est très disert. On pourrait dévoiler "un sale secret provenant de 5000 ans d'Histoire": "la purification ethnique fonctionne".[11]

Les documents cartographiques se trouvent icihttp://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/56501?PHPSESSID=ujum4ifg6lbufhthhb22pqme01

Lisez aussi Interview mit Dr. Pierre Hillardhttp://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/56503?PHPSESSID=ujum4ifg6lbufhthhb22pqme01

[1] Gannett Co. Company Profile; www.gannett.com/about/company_profile.htm 08.09.2006
[2] Ralph Peters: Blood Borders. How a better Middle East would look; Armed Forces Journal Juni 2006
[3] Real Clear Politics; Author Archive 08.09.2006
[4] Ralph Peters: Blood Borders. How a better Middle East would look; Armed Forces Journal Juni 2006
[6] Europa und der Nahe Osten; 10. Kronberger Gespräche, 14.-15.07.2006
[8] Walter von Goldendach, Hans-Rüdiger Minow: Von Krieg zu Krieg. Die deutsche Außenpolitik und die ethnische Parzellierung Europas, München 1999, S. 206.
[9] Georg Brunner: Gutachten über Nationalitätenprobleme und Minderheitenkonflikte in Osteuropa, Bertelsmann, Reihe Strategien für Europa, Gütersloh 1996
[10] Ralph Peters: Blood Borders. How a better Middle East would look; Armed Forces Journal Juni 2006
[11] Im englischen Original: "Oh, and one other dirty little secret from 5,000 years of history: Ethnic cleansing works."



=== ENGLISH ===

Newsletter 2006/09/08 - A Dirty Little Secret

WASHINGTON/BERLIN/PARIS (Own report) - American military circles are recommending a re-organization of all nations in the Middle East along ethnic lines. Loss of territory and drawing new borders will effect Turkey, Syria, Lebanon, Saudi Arabia, Iraq, Iran and Pakistan among others. Through the complete dissolution of states, new actors will be created in international law, along the lines of ethnic and religious affiliation. According to this plan, a country, by the name of "Free Kurdistan" will be created, three times the size of Syria, from
territory taken from today's northern Iraq and eastern Turkey. The remainder of Iraq will be divided, the capital, Baghdad, smashed. Iran
would lose extensive areas of its coast, as well as, territory bordering on Pakistan, where a "Free Baluchistan" is to be founded. Mekka and Medina, until now located in Saudi Arabia, will be promoted to capitals of an "Islamic Sacred State," that will extend to the
southern borders of Jordan - doubling the surface of the Hashemite territory ("Greater Jordan"). This ethnic re-organization is depicted
on several US maps, that the historian Dr. Pierre Hillard (Paris) has now published in France. In his talk with german-foreign-policy.com
Hillard deems that "German policy plays an important role in propagating these ideas". German-foreign-policy.com publishes, for the first time in Germany, the US cartography...

http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/56024

ON THE SAME SUBJECT, SEE ALSO:

http://www.armedforcesjournal.com/2006/06/1833899

http://leninology.blogspot.com/2006/08/redrawing-middle-east-map.html


=== DEUTSCH ===

Newsletter vom 08.09.2006 - Schmutziges Geheimnis

WASHINGTON/BERLIN/PARIS (Eigener Bericht) - Amerikanische Armeekreise empfehlen eine ethnische Neuordnung fast sämtlicher Staaten des Nahen und Mittleren Ostens. Territorialverluste und neue Grenzziehungen betreffen unter anderem die Türkei, Syrien, den Libanon, Saudi-Arabien, Irak, Iran und Pakistan. Durch Auflösung ganzer Staatenverbände sollen neue Völkerrechtssubjekte entstehen, die nach Stammes- und Religionszugehörigkeit gebildet werden. Demnach entsteht auf dem Boden der heutigen Osttürkei und des Nordirak ein Flächenstaat von der dreifachen Größe Syriens mit dem Namen "Freies Kurdistan". Der Rest-Irak wird geteilt, die Hauptstadt Bagdad zerschlagen. Der Iran verliert weite Teile seiner Küsten sowie die an Pakistan grenzenden Gebiete, wo ein "Freies Baluchistan" gegründet werden soll. Mekka und Medina, bisher in Saudi-Arabien gelegen, steigen zu Hauptstädten eines muslimischen Gotteslandes auf, das an die Südgrenzen Jordaniens stößt - bei Verdoppelung des haschemitischen Territoriums ("Groß-Jordanien"). Die Ethno-Neuordnung ist in mehreren US-Karten festgehalten, die der Historiker Dr. Pierre Hillard (Paris) jetzt in Frankreich veröffentlichte. "Die deutsche Politik spielt bei der Propagierung dieser Ideen eine große Rolle", urteilt Hillard im Gespräch mit dieser Redaktion. german-foreign-policy.com publiziert das US-Kartenwerk erstmals in Deutschland...

http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/56504


ICTY: PER ALCUNI È UN PATIBOLO, PER ALTRI UN COMODO ALBERGO


TPI: KOSOVO, BREVE LICENZA PER EX MEMBRO UCK
(ANSA) - L'AJA, 1 SET - Haradin Bala, ex membro del gruppo
separatista kosovaro Uck, in carcere all'Aja, ha ottenuto dal
Tribunale penale internazionale (Tpi) per la ex Jugoslavia alcuni
giorni di liberta' per recarsi in Kosovo ed assistere a cerimonie in
memoria di un fratello deceduto recentemente. Lo ha reso noto oggi lo
stesso Tpi, precisando che le date in cui lascera' e rientrera' al
centro di detenzione non sono rese note ''per motivi di sicurezza''.
Bala, 48 anni, ha gia' usufruito nell'aprile scorso, di un breve
periodo di liberta', tra il 23 e il 26 aprile per unirsi alla
famiglia in occasione della morte del figlio. In quella occasione i
giudici resero pubblico il periodo in cui avrebbe lasciato il
carcere. L'ex membro dell'Uck sta scontando una condanna a 13 anni di
reclusione per omicidio, torture, trattamenti inumani e crudeli
contro civili serbi e albanesi del Kosovo sospettati di collaborare
con i serbi.(ANSA). RED-VS
01/09/2006 13:32

(english / italiano)

IL MIGLIORE AMICO DI SALI BERISHA - SUBITO DOPO NIKI VENDOLA,
NATURALMENTE



ALBANIA: EX SEGRETARIO SICUREZZA USA ASSUNTO DA BERISHA
(ANSA) - TIRANA, 4 SET - L'ex segretario statunitense alla sicurezza
interna, Tom Ridge, e' stato assunto dal premier albanese Sali
Berisha come consigliere del suo governo. ''Ridge assistera' il
governo nelle questioni legate alla sicurezza. La nostra
collaborazione - ha spiegato il premier - include anche il processo
di integrazione nella Nato, le strategie per la lotta contro la
criminalita' organizzata e la corruzione e la possibilita' di
incentivare gli investimenti statunitensi in Albania''. Tom Ridge, 61
anni, nell'ottobre del 2001 fu incaricato di creare e dirigere il
dipartimento della sicurezza interna, costituito dal presidente
George W. Bush subito dopo gli attentati alle Torri gemelle. Nel
dicembre 2004 si era dimesso. Apparso a Tirana al fianco del premier
albanese, Ridge si e' detto ''entusiasta delle nuove sfide'' che
dovra' affrontare insieme al governo albanese. ''Non vedo l'ora di
cominciare a lavorare'' ha aggiunto. Alla domanda dei giornalisti sul
perche' della sua scelta di diventare consigliere del governo di un
piccolo paese come l'Albania, Ridge ha risposto che ''il primo
ministro Sali Berisha e' una persona convincente, che lavora con
passione e la sua visione sul futuro dell'Albania e' emozionante''.
Berisha spera di potere usufruire dei contatti politici e diplomatici
di Ridge, ma anche della sua esperienza come governatore della
Pennsylvania (lo e' stato due volte) considerata dal premier ''una
storia di vero successo''. (ANSA) COR-BLL
04/09/2006 20:04


http://today.reuters.com/news/articlenews.aspx?
type=politicsNews&storyID=2006-09-04T145419Z_01_L04234414_RTRUKOC_0_US-A
LBANIA-USA-RIDGE.xml&archived=False
Reuters - September 4, 2006
Albania to employ Ex-Homeland Security chief Ridge

TIRANA - Tom Ridge, the former U.S. Homeland Security
chief, is to work as a consultant to Albanian Prime
Minister Sali Berisha on security, NATO and
investments.
"We have agreed with Mr. Ridge he will be the adviser
of the prime minister and the Albanian government
effective this month," Berisha, flanked by Ridge, told
reporters.
"Our cooperation includes ... integration of Albania
into NATO as a major priority, national security
strategy and the fight against organized corruption
and crime," Berisha added.
As much as Ridge's security expertise, Berisha wants
him to also bring to Albania his "success story" as
Governor of Pennsylvania on education, the judiciary,
information technology, agriculture and money
laundering.
Albania applied for NATO membership after Berisha
became Albania's first non-communist president in 1992
and turned the former...state into a staunch ally of
Washington.
He became a pariah when he refused to listen to U.S.
advice in a 1997 pyramid scheme crisis which visited
anarchy on the country and toppled his government. But
he has been courting the United States assiduously
since regaining office last year.
Berisha hired a U.S. firm to help him choreograph the
election campaign that brought him to power in July
2005 after eight years in opposition. He ran on an
anti-corruption campaign as the Socialist tore
themselves apart in power struggles.
Tirana has signed a Stabilization and Association
Agreement with the European Union. But it faces an
uphill struggle on the economy, infrastructure and the
fight against crime.
Berisha said he had told Ridge that being "selected by
the Albanian Prime Minister as a super-envoy at a
crucial moment for Albania" ranked equally to his
selection by President George Bush as the first Office
of Homeland Security Adviser on October 8, 2001,
shortly after the attacks against the United States.
Ridge resigned from government in December 2004.
"It is exciting to work with a government that is
enthusiastically and passionately committed to effect
the changes necessary to become a member of NATO and a
strong global partner in the global economy," Ridge
told reporters.
Asked what made a personality of his stature agree to
advise a small country like Albania, Ridge said
Berisha was a "very passionate and compelling
individual" whose vision for the future of Albania he
found exciting.
A government spokesman said Ridge would engage a team
of consultants and offer his connections to make known
Albania's reforms in the United States and create
homeland security and good governance strategies.
He would visit Albania every two months and the terms
of his employment would be made public in the future,
the spokesman added.

(srpskohrvatski / italiano)

Aggiornamenti dalla Zastava

Segnaliamo, in ordine cronologico inverso, documenti e notizie
apparse negli ultimi mesi su siti internet e media di vario
orientamento a proposito della Zastava.
Riguardo all'articolo apparso a giugno sul "Manifesto", e più sotto
riportato, va aggiunto che la marcia sindacale annunciata è stata poi
sospesa perchè è stata rinnovata per un anno la cassa integrazione.
Sempre sul versante sindacale, Rajka Veljovic dell' Ufficio adozioni
e relazioni estere del sindacato Samostalni ci ha informato che il 6
dicembre 2005, in occasione delle elezioni sindacali, i loro
rappresentanti - Radoslav Delic, Segretario generale, e Rajko
Blagojevic, Vicesegretario - sono stati rieletti: ancora una volta
questi compagni sono così riusciti a tenere riuniti 16000 lavoratori,
membri del sindacato Samostalni, su di un totale di 21000 lavoratori
della Zastava.

CNJ


=== LINKS ===

A che punto è la ''Punto''?

04.09.2006 - E' passato un anno da quando FIAT e Zastava, l'industria
d'auto serba, hanno avviato una nuova collaborazione. Per la
produzione, negli stabilimenti di Kragujevac, del vecchio modello
della Punto.

Di Zoran Radovanovic, Danas, 31 agosto 2006 (tit. orig. Sklapanje
“punta” u Kragujevcu (ne)kasni)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak

(...) Quale è il destino della rinnovata collaborazione della Zastava
e della Fiat oggi, un anno dopo la sua ripresa? (...) Le valutazioni
precedenti, nel frattempo, per diversi motivi, e per lo più perché la
Fiat di nuovo sta prendendo la strada ascendente, sono cessate, e
ultimamente a voce sempre più alta si sta ponendo la questione legata
ad un eventuale rinvio della costruzione della “Zastava 10” presso la
Zastava, e perciò si tirano di nuovo le conclusioni che la “Punto “
di Kragujevac sia un'altra “speranza vana” dell'industria
automobilistica locale. Se fosse veramente così non ci sarebbe
veramente salvezza. (...)

In che modo il governo serbo finanzia la “Dacia” rumena

Si è mostrato che non sono state molto reali nemmeno le valutazioni
sul possibile piazzamento della ”Punto” sul mercato locale,
nonostante il fatto che alla Zastava auto non fossero insoddisfatti
del piazzamento attuale di questo modello. Ad un piazzamento sul
mercato inferiore all'atteso non ha contribuito solo il prezzo (circa
7.500 euro) di questa macchina, ma ha contribuito ancora di più lo
stato, meglio a dire il governo della Serbia che già anni or sono, in
base all'Accordo di libero scambio con la Romania permette
l'importazione del modello della Dacia ”Logan” (la più venduta
macchina straniera in Serbia) senza tasse doganali, sebbene da tempo
si sa che si tratti di una macchina che ha più del 60 per cento dei
pezzi di origine francese (Renault). Con questa importazione della
“Logan”, lo stato della Serbia, secondo valutazioni molto
accreditate, perde circa 50 milioni di euro all'anno, cioè con quei
soldi finanzia la “Dacia” romena, e contemporaneamente costringe la
Zastava a finanziare la modernizzazione dei reparti e di attrezzatura
con il costoso credito commerciale del Fondo per lo sviluppo della
repubblica.

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6090/1/51/

---

COME MAI "LA REPUBBLICA", PUR AVENDO UN CORRISPONDENTE A MIAMI, BUCA
LE NOTIZIE DA MIAMI?


I giornali di tutto il mondo riportano una notizia che la Repubblica,
buca completamente. Almeno nove giornalisti di tutti i più importanti
media della Florida, sono stati licenziati in tronco perché è stato
dimostrato che prendevano migliaia e a volte centinaia di migliaia di
dollari dal governo degli Stati Uniti per confezionare notizie false
e tendenziose su Cuba...

http://www.gennarocarotenuto.it/dblog/articolo.asp?articolo=706

---

08/09/2006 - 21:00

Usa-Cuba: governo pagava giornalisti anti-Castro

NEW YORK - Almeno dieci giornalisti della Florida hanno ricevuto
stipendi regolari da un programma del governo americano mirato a
rovesciare il regime di Fidel Castro a Cuba. Lo scrive oggi il "Miami
Herald".
I pagamenti ammontarono a cifre da 1.550 dollari a ben 174.753
dollari per giornalista, secondo il giornale che non ha trovato un
singolo caso in cui i reporter abbiano reso pubblico il fatto che
avevano incassato fondi dal programma federale denominato Office of
Cuba Broadcasting da cui dipendono la Radio e la Tv Marti che
trasmettono a Cuba.
Due dei giornalisti lavoravano per "El Nuevo Herald", la versione
spagnola del "Miami Herald", mentre un terzo era un collaboratore
esterno: il quotidiano li ha licenziati in blocco una volta appreso
dei pagamenti.

http://www.tio.ch/common_includes/pagine_comuni/articolo_interna.asp?
idarticolo=288461&idtipo=2

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Denunciato il mercenarismo di giornalisti anticubani di Miami

9.9.2006 – Almeno 10 influenti giornalisti del sud della Florida, tra
questi tre di El Nuevo Herald, hanno ricevuto migliaia di dollari per
diversi anni da parte del Governo degli Stati Uniti per partecipare
ai programmi di radio e televisione contro Cuba. Questi comunicatori
sono stati ricompensati con alte somme di denaro per attaccare
l'Isola nelle cosiddette Radio e TV Martí, create per diffondere
propaganda anticubana, denuncia nella sua edizione di questo sabato
il quotidiano Granma, del Partito Comunista di Cuba.

Fonte: Agencia Informativa Latinoamericana S.A.
http://www.prensa-latina.cu/

ARCHITETTURA DI REGIME


<< La favela, per quanto meraviglia di espressione anche culturale
delle difficoltà sociali, è nel nostro immaginario sicuramente
preferibile alla pianificazione urbanistica e all'habitat
brezneviano. >>

Sono le parole testuali di Massimiliano Fuksas - architetto di gran
moda, ex militante di Lotta Continua ed oggi bertinottiano (a lui è
dovuta la scenografia degli ultimi congressi PRC) - in un articolo
apparso sul Corriere della Sera del 9/9/2006.

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2006-09-09%
2016:27:45&log=invites

Le 14ème sommet des pays non alignés

Ababacar Fall


Dans quelques jours s’ouvrira à la Havane, Cuba, le 14 eme Sommet des
Pays Non Alignés. Cette rencontre qui se tiendra du 11 au 16
septembre va réunir 116 pays et se déroulera dans un contexte
international tout à fait particulier.


Parce que caractérisé depuis la chute de Berlin, par l’offensive du
néolibéralisme portée par ce qu’il convient d’appeler l’idéologie de
la pensée unique incarnée par le pole occidentale dirigée par
Washington. En face de l’Empire et de ses satellites se trouve ce
camp historique des Pays Non Alignés. Bien qu’il faille relativiser
le concept pour ne considérer que sa valeur symbolique. Toutefois ce
symbole est porté par le camp des pays d’Amérique Latine à la tête
desquelles, se dressent ostensiblement, Cuba, le Venezuela et la
Bolivie, dirigés par les Présidents Fidel Castro, Hugo Chavez et Evo
Morales. Car dans quel état se retrouverait le monde actuellement, si
après la disparition du Bloc de l’Est, personne ne se mettait à se
battre et à résister? C’est justement ce que fait le camp dans lequel
Cuba et le Venezuela jouent un rôle prépondérant.
Pour mieux camper ce contexte donnons un instant la parole M. Robert
SAE, porte parole du Conseil National des Comités Populaires de la
Martinique qui lors d’une d’une interview saisissante accordée au
mensuel « Ase Plere Annou Lite »(reprise de Haïti Progrès de ce
mois), disait ceci au journaliste qui lui demandait s’il n’était pas
exagéré de prétendre qu’une troisième guerre mondiale menace le
monde: « Il faut bien comprendre que le déclenchement des guerres
n’est pas seulement dû à la « folie des hommes ». Elles sont le fruit
de contradictions qui existent au sein de la société et elles
éclatent quand un certains nombre de conditions sont réunies, en
particulier quand des classes dirigeantes d’un ou plusieurs Etats ont
impérativement besoin, pour la garantir leur domination, de contrôler
des zones stratégiques du point de vue militaire, des régions riches
en matières premières ou des marchés. Les USA étaient parvenus à
imposer une domination sans partage sur le reste du monde, notamment
après l’effondrement du bloc soviétique dans les années 90’, mais la
situation a profondément évolué et leur domination est plus que
compromise. Alors ils feront tout pour le maintenir. (…) On ne peut,
hélas compter sur l’ONU ni sur l’Union européenne pour s’opposer aux
Etats-Unis. Il est facile de vérifier que les Usa se moquent
totalement du droit international et que l’Onu s’agenouille devant
eux. Regardez le cas de l’agression contre l’Irak. Regardez l’affaire
des centres de tortures clandestins. Quant à l’UE, c’est une alliée
stratégique des USA. La France ne s’est pas engagée en Irak,
simplement parce que les USA avaient été trop gourmands dans le
partage après la première guerre du Golfe, mais les Européens sont
présents en Afghanistan et sont aux côtés des Etats-uniens à tous les
niveaux d’application de leur stratégie impérialiste. Leur complicité
commune est évidente avec l’Etat terroriste israélien.».

Après la mort du « Chat noir » : le Communisme, il fallait un autre
spectre pour hanter le sommeil des peuples d’occident, maintenir la
terreur, perpétuer l’exploitation des pays et des peuples. Bref, un
autre cri de ralliement pour occulter tous les forfaits du passé, du
présent, et du futur. Naturellement l’avant garde dans ce domaine,
c’est Washington qui ne cesse d’asseoir toute une stratégie pour
dominer le monde. Cela depuis Monroe, le Maccartisme en passant la
fameuse commission « La Trilatérale ». Le cri de ralliement c’est : «
lutter contre le terrorisme ». Tout le monde sait qu’après le 11
septembre, les guerres en Afghanistan, en Irak, en Palestine, les
menaces envers l’Iran, ne visent qu’un objectif : faire main base sur
les réserves pétrolières de cette région du monde qui se trouvent en
Mer caspienne, en Irak, et en Arabie Saoudite, notamment.

Mais en Amérique latine et centrale, en dépit de sa volonté de
saboter le processus démocratique en Haïti, de pacifier la Colombie à
travers son plan du même nom, Washington rencontre une résistance
farouche des peuples d’Amérique aux traditions de lutte légendaire,
incarnées par Bolivar San Martin, Gomez, Macéo, le célèbre Poète
cubain José Marti etc. Cette résistance qui se manifeste au plan
politique, économique et diplomatique est soutenue par l’opinion
publique mondiale, consciente et mobilisée. D’ailleurs Noam Chomsky,
professeur à MITI, considère ce phénomène comme la nouvelle
superpuissance capable de sauver le monde.

Au plan politique, les latinos ont fait bon usage des legs des pères
de la résistance et de l’indépendance d’Amérique latine que nous
venons de nommer. Car Fidel Castro, Hugo Chavez, EVO Morales arborent
les drapeaux de la souveraineté et de l’indépendance pour lesquels
luttaient leurs devanciers.

Alors que la prétention des Etats Unis d’imposer la Zone de « Libre-
échange » pour les Amériques (ZLEA) essuie des coups de boutoir tout
azimut, l’Alternative Bolivarienne pour les Amérique (ALBA) vole de
succès en succès et se renforce de jour en jour. Pêle-mêle,
mentionnons le projet de construction d’un gazoduc qui reliera 6 pays
dont le Venezuela, l’Argentine, la Bolivie, le Brésil, le Paraguay et
l’Uruguay. Au plan de la santé et de l’éducation, «la Mission Milagro
» ou ( Opération miracle, ces charters sur la Havane pour soigner
gratuitement de la cataracte à des milliers de malades-220 571-
Latinos), la « Mission Adentro », couplée avec la méthode
d’alphabétisation prodigieuse, « Yo si puedo », qui a fait du
Venezuela un territoire libre d’analphabétisme en arrivant à faire
lire et écrire (1 482 543) vénézuéliens, achèvent de dispenser Chavez
et Castro, pendant des décennies, de campagnes électorales. Tout
simplement parce qu’ils sont plébicité à tous les coins d’Amérique.
Du Nord au Sud. C’est pourquoi lors du VI ème Forum Mondial à
Caracas, le président du Venezuela Hugo Chavez avait assuré « qu’une
nouvelle offensive contre l’impérialisme s’est déclenchée depuis
l’Amérique Latine, l’Afrique et l’Asie ». Avant d’ajouter que « le
système va subir la plus grande défaite de son histoire ».(cf.www.
Granami.cu). Ce que du reste suggère M. Emmanuel Todd, ingénieur de
recherche, historien auteur de « Après l’empire » dans une interview
accordée au journal le Figaro : « Le système social (des USA,
s’entend), ne repose plus sur l’éthique du travail et le goût de
l’épargne du calvinisme des pères fondateurs- mais au contraire sur
un nouvel idéal (je n’ose pas parler d’éthique ou de morale) : la
recherche du meilleur gain pour le moindre effort. L’argent vite
gagné par la spéculation et pourquoi pas le vol. La bande de chômeurs
noirs qui pille un supermarché et le groupes d’oligarques qui tente
d’organiser le « casse » du siècle sur la réserve d’hydrocarbures de
l’Irak ont un principe d’action en commun : la prédation. Les
dysfonctionnements de la Nouvel Orléans renvoient à quelques éléments
centraux de la culture américaine actuelle ». (in Figaro 13-09-05,
cité par HP du 28-09-05)

Mais si les leaders politiques et les intellectuels d’Amérique latine
iront à ce XIV ème sommet des Non Alignés la tête haute, en sera t-il
de même pour ceux d’Afrique ? En tout cas si le président Chavez a
usé de langage diplomatique pour inclure l’Afrique dans l’offensive
déclenchée, ce n’est pas à ces leaders féodaux corrompus aux
pouvoirs, ces gourous de chefs d’Etat, anti démocrates les uns les
autres, qu’il pense. Mais aux peuples, algérien, de la Guinée Bissau,
de l’Angola, du Mozambique, d’Afrique du Sud, de la « Francophonie »,
dont les indépendances, la souveraineté ont été confisquées et
dévoyées. Mais qui somme toute continuent de résister et de lutter.
Lors du dernier sommet de l’Union Africaine, à Banjul, en juillet
dernier, le président CHAVEZ, conscient des enjeux politiques,
économiques et stratégiques n’a pas hésité de faire le déplacement
pour y assister et marquer sa solidarité aux peuples africains. Mais
à coté du jeune ALBA qui a mis en place une politique de coopération
intégrationniste Sud/Sud sans précèdent, au plan économique et
social, qui va bouleverser toutes les données des plans
d’exploitation de Washington, quelles propositions en terme de
perspectives pour éliminer et non réduire la pauvreté, les dictateurs
africains pour la plupart vont mettre sur la table à la HAVANE ?
Rien, sinon un bilan de « désastre généralisé et coordonné ».
D’ailleurs même le «Modéré » Alpha Oumar Konaré, Président de la
Commission de l’Union africaine n’ a pas manqué de tonner devant de
ce désastre,illustré par l’émigration de la jeunesse africaine : «
Les dirigeants africains sont interpellés pour lutter contre les
causes structurelles de la pauvreté(souligné par nous), pour mettre
en œuvre les programmes de création de richesses et de promotion de
l’emploi tels que recommandé par le sommet extraordinaire sur
l’emploi et la réduction de la pauvreté, tenu à Ouagadougou, en
septembre 2004, et cela conformément aux attentes des jeunes et des
promesses qui leur ont été faites ».(cf. Le Soleil du 11 juillet 2006).

Ce qui est notable dans le discours de nos « philanthropes
politiciens » , de nos économistes et autres hommes de science, c’est
leur habilité à esquiver, à biaiser le débat de fond qui est celui de
recouvrer la souveraineté, l’indépendance, la dignité africaines,
gage de la libération et de la Renaissance Africaine.

Bien évidemment, nous soulignons ce que nous cessons de dire. Si
l’élite n’a pour autres préoccupations que la recherche d’un « Bien
Etre cybernétique » (Villa à Los Angeles, comptes alimentés par des
officines de financement occulte, Rolls, gadgets de « tenagers »),
ils ne peuvent que tourner le dos aux intérêts de leurs peuples.

On peut comprendre par conséquent à posteriori, tout le « malentendu
» qui a eu entre Sékou Touré et les intellectuels africains, quelques
soient par ailleurs ses erreurs, ses fautes auxquelles il a été
poussé, en complicité avec ceux qui lui vouaient « humiliation et
mépris. »

Mépris ? on est tenté de le penser, à propos du comportement de nos
chefs d’Etats africains envers le XIV sommet qui se tient à la
Havane. Car quel est le citoyen sénégalais, africain qui est au
courant des préparatifs africains en direction de ce sommet, encore
moins de la signification de l’événement ?

Peut être que le sémillant Ministre sénégalais des affaires
étrangères tachera de sommet les meubles avant qu’il soit trop tard.


Dakar le 8 septembre 2006

Ababacar FALL-Barros

Coordonnateur général du GRILA
DAKAR (R. Sénégal)