Informazione

il manifesto
17 Maggio 2006

Kosovo, memorie di una guerra infinita

Un anno vissuto pericolosamente
Esce oggi il diario di Miodrag Lekic, ex ambasciatore jugoslavo a Roma

Tommaso Di Francesco

Diplomazia è spesso sinonimo di prudenza. Questa volta, però, Miodrag
Lekic, ex ambasciatore jugoslavo a Roma, non è stato tanto
«diplomatico». Ha infatti scritto e ora pubblicato - esce oggi in
libreria - un diario, La mia guerra alla guerra (Guerini e Associati,
pp. 397, euro 22,50) che va dall'ottobre 1998 all'ottobre 1999 e che
comprende i settantotto terribili giorni di bombardamenti «umanitari
della Nato» sulla ex Jugoslavia per la crisi del Kosovo. E lo ha
fatto, scrive, per «esprimere una cultura della responsabilità» e
«senza temere conseguenze». Del resto, poteva rimanere in silenzio il
protagonista di una esperienza unica costretto a essere suo malgrado
testimone di avvenimenti eccezionali?
Come ricorda infatti Sergio Romano nell'introduzione, l'ambasciatore
Lekic è rimasto nella sua sede ad assistere alla guerra dal
territorio di un paese nemico che stava bombardando il suo,
continuando al tempo stesso a negoziare per la pace. E questo perché
Belgrado aveva mantenuta aperta la possibilità di trattare con due
paesi della Nato, la vicina Grecia e l'Italia che - ricorda Romano -
non aveva chiesto a Lekic di rientrare in patria sebbene fosse in
quegli stessi giorni la portaerei dell'Alleanza atlantica.
Da questo osservatorio privilegiato e rischioso Lekic dipana un
resoconto originalissimo, perché l'autore vive il doppio dramma di
vedere da lontano la devastazione del suo paese interponendo
un'impossibile mediazione per limitare i danni, senza tuttavia
nascondersi gli errori del suo governo. Non è schierato con
Milosevic, Miodrag Lekic, ma si batte contro i bombardamenti della
Nato: è, insomma, il rappresentante del suo popolo. Al tempo stesso
deve subire un'altra privazione: quell'occidente che appare come un
baluardo internazionale di democrazia all'improvviso si frantuma per
diventare strumento di sopraffazione nelle mani del più forte. Tanto
più che il paese da cui Lekic si aspettava di più e nel quale è
ospite ingombrante se non sgradito, l'Italia con al governo per la
prima volta un presidente del consiglio post-comunista, Massimo
D'Alema, è diventato la pista di partenza dei bombardieri che faranno
strazio di civili e infrastrutture. Quaranta miliardi di dollari di
danni che nessuno ha pagato, cinquemila vittime civili, duemila morti
tra cui tanti bambini e tante donne. E nessun criminale di guerra
alla sbarra, aggiungiamo noi.
E qui, nella sua ineludibile attualità, sta l'aspetto più rilevante
del diario di Lekic. In queste ore di attesa per il nuovo governo di
centrosinistra, la memoria dell'ex ambasciatore è quasi uno specchio.
Giacché il libro mostra che la guerra doveva e poteva essere evitata,
che averla fatta è stato un tragico errore e averla definita
«umanitaria» una farsa. Non inutile. Gravava infatti su D'Alema nel
marzo del '99, a ridosso dell'imbroglio di Rambouillet e della
messinscena della strage di Racak, il dubbio, scrive ancora Romano ,
se «si sarebbe comportato da "buon alleato"», se «sarebbe stato
sufficientemente "atlantico"». Insomma D'Alema era sotto esame, dalla
bicamerale doveva passare alla guerra «costituente». Esame passato
con lode.
Ma le menzogne usate allora sono un misfatto che ha avuto come
testimoni non solo i pacifisti italiani ma anche l'ambasciatore
Lekic, il quale nel suo diario racconta come nelle stesse sedute del
parlamento il governo D'Alema per bocca del ministro degli esteri
Dini riconobbe che sul campo la situazione era diversa rispetto a
quella raccontata dalla Nato. Che l'Uck era terrorista e andava
fermata perché il suo obiettivo era di internazionalizzare la crisi
allo scopo di arrivare a un'occupazione militare atlantica del Kosovo
per giungere all'indipendenza, un'indipendenza sciagurata visto che -
osserva Lekic - perdere quel territorio, «una linea di faglia tra le
civiltà come Gerusalemme», vorrebbe dire «non perdere un arto
qualsiasi del proprio corpo ma una parte della testa».
Si dipanano nel diario avvenimenti marginali ma significativi: come
l'intermediazione dell'altra ambasciata, quella in Vaticano, che
«esautorava» di fatto l'operato di Lekic; o come la sorprendente fuga
di Ibrahim Rugova da Pristina non in occidente ma a Belgrado da dove
poi venne consegnato come mediatore di pace (e anche su questo Rugova
non fu veritiero) all'Italia. Tornano nel libro i nomi
indimenticabili dei target dei bombardieri atlantici : Surdulica, la
televisione di Belgrado, il mercato di Nis. Sangue che nell'autore,
così lontano dai suoi luoghi, suscita perfino maggiore dolore. E a
ogni «effetto collaterale» - ma chiamatelo effetto collaterale un
bombardamento fatto con cluster bomb - si avverte l'impotenza di chi
non riesce a fermare l'aggressione, di chi non è stato capace di
impedire gli errori del proprio paese, di chi sente che l'azzeramento
dei dispositivi del diritto internazionale dopo Rambouillet ha ormai
cancellato ogni possibilità della pace.
Ora la Serbia, ridotta a immenso campo profughi (circa un milione di
fuggiaschi per le pulizie etniche subite dai serbi in Kosovo, nella
Krajina croata e in Bosnia Erzegovina) è il «cuore di tenebra» dei
Balcani. Nel Kosovo sotto occupazione Nato la pulizia etnica è
continuata sotto segno opposto ed è in discussione perfino
l'indipendenza come se il vero motivo di quella guerra fosse non il
ventilato umanitarismo ma la rimessa in discussione dei confini. Con
la morte oscura di Milosevic nel carcere del Tribunale dell'Aja come
se a lui solo andassero ascritte le responsabilità della tragedia
dell'ex Jugoslavia. Ma, si chiede Miodrag Lekic, quale sarà la fine
di quelli che «cinicamente, dai loro comodi uffici nelle cancellerie
occidentali, hanno precipitato i popoli jugoslavi nella guerra?».

Kosmet (deutsch)

1. Verhandlungen nach Rambouillet-Muster
Endstatusgespräche für das Kosovo. Kontaktgruppe unterstützt
albanischen Separatismus. Terror geht weiter
(jW 10.10.2005 - Jürgen Elsässer)

2. Terrortruppe im NATO-Gebiet
KFOR bestätigt Berichte über bewaffnete Gruppe im Kosovo
(jW 20.10.2005 - Rüdiger Göbel)

3. Kosovo: Kriegsverbrecher zum Premier gewählt (jW 11.3.2006)

4. Weltbankkredite nur bei Kosovo-Abspaltung (jW 18.3.2006)

5. (K)ein kleineres Übel
Kosovo: Differenzen zwischen Berlin und den proalbanischen Hardlinern
in Washington und London.
(jW 1/4/2006 - Jürgen Elsässer)

6. Kriegsverbrecher zu Gast
Agim Ceku, Ministerpräsident des Kosovo, zur Audienz bei
Außenminister Frank-Walter Steinmeier. Haftbefehl von Interpol nicht
aufgehoben
(jW 18.5.2006 - Jürgen Elsässer)

---

LINKS:

18.05.2006: UCK-Lobby will Wahlantritt der WASG-Berlin unterstützen
(Jürgen Elsässer)

http://www.jungewelt.de/2006/05-18/002.php?sstr=Kosovo

17.05.2006: Kostunica lobt Merkel (Jürgen Elsässer)

http://www.jungewelt.de/2006/05-17/027.php?sstr=Kosovo

11.05.2006: UCK-Rädelsführer in Hessen festgenommen

http://www.jungewelt.de/2006/05-11/059.php?sstr=Kosovo

28.04.2006: Die Balkan-Spur

Der mutmaßliche Drahtzieher der Terroranschläge vom 7. Juli 2005 in
London war für den britischen Geheimdienst MI 6 im Kosovo aktiv
(Von Jürgen Elsässer)

http://www.jungewelt.de/2006/04-28/005.php?sstr=Kosovo

Newsletter vom 31.10.2005 - Neuer Vasall

BELGRAD/PRISTINA/BERLIN (Eigener Bericht) - Kurz vor dem Beginn der
Verhandlungen über die Abtrennung des Kosovo von Serbien fördert die
Bundesregierung Kosovo mit Wirtschaftshilfen. Die Unterstützung des
Sezessionsgebiets wurde in einem Memorandum bei der UN-Verwaltung in
Pristina hinterlegt und beinhaltet deutsche Finanzleistungen in Höhe
von 22,5 Millionen Euro. Damit setzt die Berliner
Unterstützungszahlungen fort, die sich seit dem Überfall auf
Jugoslawien im Jahr 1999 auf insgesamt 150 Millionen Euro belaufen.
Die Loslösung des Kosovo aus dem serbischen Territorium, die als Ziel
der Anfang November beginnenden Verhandlungen gilt, wird seit Jahren
von Berlin und von in den Kosovo entsandten deutschen UN-
Mandatsträgern vorangetrieben. Auch die Forderung, den Kosovo mit
Albanien und Teilen Mazedoniens zu "Groß-Albanien"
zusammenzuschließen, kann sich auf zustimmende Äußerungen deutscher
Außenpolitiker stützen. Großalbanische Nationalisten schließen sich
gegenwärtig in mehreren Staaten zu paramilitärischen Verbänden
zusammen und gehen zum bewaffneten Kampf für ihr Anliegen über...

http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/56102


=== 1 ===

http://www.jungewelt.de/2005/10-10/004.php

10.10.2005 - Ausland
Jürgen Elsässer

Verhandlungen nach Rambouillet-Muster

Endstatusgespräche für das Kosovo. Kontaktgruppe unterstützt
albanischen Separatismus. Terror geht weiter

Die Verhandlungen über die endgültige Abspaltung des Kosovo stehen
bevor. Am Freitag berichtete die Belgrader Tageszeitung Blic, die
sogenannte Kontaktgruppe der Balkan-Aufsichtsstaaten habe sich darauf
geeinigt, das Gebiet von der Größe Hessens in die »konditionierte
Unabhängigkeit« zu entlassen. Den Erwartungen Belgrads, den bisher
durch die UN-Resolution 1244 verbürgten Status quo erhalten zu können
– die Provinz gehört völkerrechtlich zu Serbien-Montenegro, wird aber
international verwaltet –, wurde damit eine Absage erteilt. Bereits
am vergangenen Mittwoch hatte Karl Eide, der UN-Sonderbeauftragte für
das Kosovo, seinen Abschlußbericht über die Lage auf dem Amselfeld an
Generalsekretär Kofi Annan übergeben. Auf dieser Grundlage wird der
UN-Sicherheitsrat innerhalb von 20 Tagen beraten und dann offiziell
zu den Gesprächen einladen.

Bombenstimmung

Daß die albanischen Separatisten die Westmächte für ihre Ziele
einnehmen konnten, ist umso erstaunlicher, da ihr Terror in den
letzten Wochen wieder zugenommen hat. Am 27. August wurden zwei
Serben in ihrem Auto in die Luft gesprengt und zwei weitere schwer
verletzt. Am 28. September gab es ein Attentat auf den höchsten
serbischen Polizisten in der (ansonsten von Albanern dominierten)
Polizei der Provinz. Am 1. Oktober wurde eine Bombe unter einem UN-
Fahrzeug in Pristina entdeckt und gerade noch rechtzeitig entschärft.
Am 4. Oktober zerstörte ein Sprengsatz einen Wagen der UNO im Südost-
Kosovo. Seit dem Abzug der jugoslawischen Armee und dem Einrücken der
NATO-geführten »Schutztruppe« KFOR im Juni 1999 wurden etwa 2500
Serben und andere Nichtalbaner ermordet oder unauffindbar
verschleppt. Über 200000 Angehörige von Minderheiten wurden im
gleichen Zeitraum aus der Provinz verjagt. Für wie unsicher die
Vertriebenen die Lage nach wie vor halten, zeigt der Umstand, daß
sich nur 12000 von ihnen seitdem zur Rückkehr entschließen konnten,
davon gerade einmal 5000 Serben.

Ahtisaari kommt zurück

Aller Wahrscheinlichkeit nach werden die Endstatusverhandlungen
verlaufen wie die Konferenz von Rambouillet im Februar und März 1999:
Damals saßen die serbische und albanische Delegation niemals an einem
Tisch, sondern westliche Unterhändler haben jeweils ihre Vorschläge
von einer separaten Besprechung zur nächsten transportiert – und
dabei immer mehr zu Ungunsten Belgrads draufgesattelt. Chef dieser
Shuttle-Diplomatie wird aller Vorraussicht nach der Finne Marti
Ahtisaari werden, der die Serben schon einmal aufs Kreuz gelegt hat,
wenn auch nicht in Rambouillet: Er überredete Anfang Juni 1999 den
damaligen jugoslawischen Präsidenten Slobodan Milosevic zur
Einstellung der Kampfhandlungen – mit dem Argument, die Vereinten
Nationen übernähmen treuhänderisch die Kontrolle über das Kosovo.
Stattdessen rückte dann die NATO ein.

Aus diesem Grund lehnt die serbische Regierung, so am Freitag deren
Kosovo-Beauftragte Sanda Raskovic-Ivic, Ahtisaari wegen Befangenheit
ab. Allerdings hat das Kabinett von Premier Vojislav Kostunica mit
seinem Nonsensvorschlag, dem Kosovo könne »mehr als Autonomie, aber
weniger als Unabhängigkeit« zugestanden werden, seine
Verhandlungsposition ohnedies schon geschwächt, denn alles, was über
Autonomie hinausgeht, ist Unabhängigkeit.

Letzte Hoffnungen von Kostunica richten sich auf ein mögliches Veto
von Peking oder Moskau im UNO-Sicherheitsrat. Die Kontakte zur
Volksrepublik sind gut, seit Belgrad sich gegen einen ständigen Sitz
Tokios im obersten UN-Gremium ausgesprochen hat. Moskau allerdings
wackelt schon: Es hat in der Kontaktgruppe dem Drängen der USA,
Deutschlands, Großbritanniens und Italiens nachgegeben und der
»konditionierten Unabhängigkeit« des Kosovo zugestimmt, sofern
Belgrad dem beipflichtet. So schiebt es der eine auf den anderen.


=== 2 ===

jw 20.10.2005

Ausland
Rüdiger Göbel

Terrortruppe im NATO-Gebiet

KFOR bestätigt Berichte über bewaffnete Gruppe im Kosovo

Im Kosovo wiederholt sich die Geschichte. Sechs Jahre nach dem NATO-
Krieg
gegen Jugoslawien sorgt in der südserbischen Provinz wieder eine
albanische
Untergrundgruppe für Unruhe. Mehrfach schon sollen bewaffnete Männer
nachts
im Westen und Osten der von NATO-Truppen kontrollierten Region
Checkpoints
an Straßen errichtet haben. Der deutsche Oberstleutnant Siegfried Jooß,
Sprecher der NATO-geführten Kosovotruppe (KFOR), bestätigte in der
Provinzhauptstadt Pristina am Dienstag entsprechende Medienberichte.
KFOR-Kommandeur Giuseppe Valotto betonte allerdings, die »illegalen
Aktionen
einzelner Männer« stellten keine Gefahr für die allgemeine
Sicherheitslage
dar. Ihr Auftreten indes ist dreist und provokativ: An den illegalen
Kontrollposten sollen die albanischen Gewaltseparatisten, die sich
jetzt »Armee für ein unabhängiges Kosovo« (UPK) nennen, selbst ein
KFOR-Fahrzeug gestoppt haben.

Serbischen Zeitungen zufolge verfügt die UPK bisher über rund 400
Kämpfer.
Sie könne in den kommenden Monaten aber bis zu 5000 Mann rekrutieren. In
einem »Communiqué Nr.1« drohten die Untergrundkämpfer unter anderem die
Entführung von UN-Mitarbeitern im Kosovo an. Ihr Vorgehen erinnert an
die »Kosovo-Befreiungsarmee« UCK, die Ende der 90er Jahre mit
Terroraktionen
die serbischen Sicherheitskräfte in der Provinz provozierte und
schlußendlich den Grundstein für die NATO-Angriffe 1999 legte.

Das neuerliche Auftreten der Untergrundtruppe gegen die Ordnungsmacht
in der
Provinz kommt nicht von ungefähr. Noch in diesem Monat sollen im
UN-Sicherheitsrat in New York Verhandlungen über den künftigen Status
des
Kosovo beginnen. Die Provinz ist seit Ende des illegalen NATO-Krieges im
Juni 1999 von Truppen des Nordatlantikpaktes besetzt und wird von den
Vereinten Nationen verwaltet. Die albanische Bevölkerungsmehrheit im
Kosovo
fordert die Unabhängigkeit der Region. Der Großteil der nichtalbanischen
Bevölkerung wurde nach dem NATO-Einmarsch vertrieben.

In der UNO sorgt derweil ein Bericht der internen Überwachungsbehörde
OIOS
für Furore, der massives »Fehlverhalten von UN-Personal« beklagt.
Während
einer 18monatigen Untersuchung im Kosovo wurde eine »ausufernde
Korruption« in zahlreichen staatlichen Unternehmen, vor allem auf dem
Energiesektor, festgestellt.


=== 3 ===

http://www.jungewelt.de/2006/03-11/036.php?sstr=Kosovo

11.03.2006 / Ausland / Seite 2

Kosovo: Kriegsverbrecher zum Premier gewählt

Pristina. Der frühere UCK-Kommandeur Agim Ceku ist zum
Ministerpräsidenten des Kosovo gewählt worden. Das Provinzparlament
in Pristina beauftragte am Freitag Ceku mehrheitlich mit der Bildung
einer neuen Regierung. Der 45jährige Ceku war 1995 maßgeblich an der
Vertreibung mehrerer Hunderttausend Serben aus Kroatien beteiligt und
wird für antiserbische Überfälle und Morde im Kosovo verantwortlich
gemacht. Er bereitete der NATO damit den Weg für den
völkerrechtswidrigen Krieg gegen Jugoslawien 1999. Die serbische
Regierung hatte gefordert, der Chef der UN-Mission im Kosovo, UNMIK,
Sören Jessen-Petersen, müsse die Wahl Cekus durch sein Veto
unterbinden. Serbien ermittelt wegen Kriegsverbrechen gegen Ceku.

(AFP/jW)


=== 4 ===

http://www.jungewelt.de/2006/03-18/019.php?sstr=Kosovo

18.03.2006 / Ausland / Seite 2

Weltbankkredite nur bei Kosovo-Abspaltung

Berlin. Der stellvertretender UN-Chefunterhändler für Kosovo, Albert
Rohan, macht die Unabhängigkeit des Kosovo zur Voraussetzung für
Weltbankkredite. »Erst wenn der Status festgelegt ist, entsteht ein
Klima, das Auslandsinvestitionen fördert«, sagte Rohan der Zeitung
Die Welt (Freitagausgabe). »Sollte das Kosovo nicht unabhängig
werden, könnte es keine Weltbankkredite in Anspruch nehmen.« Am
Freitag wurden in Wien die Verhandlungen über den künftigen Status
der seit 1999 unter UN-Protektorat stehenden serbischen Provinz
fortgesetzt.


(AFP/jW)


=== 5 ===

http://www.jungewelt.de/2006/04-01/039.php?sstr=Kosovo

01.04.2006 / Ausland / Seite 7

(K)ein kleineres Übel

Kosovo: Differenzen zwischen Berlin und den proalbanischen Hardlinern
in Washington und London.

Von Jürgen Elsässer

Im Vorfeld der nächsten Verhandlungsrunde zwischen Serbien-Montenegro
und der Europäischen Union am 5. April verstärkt Brüssel den Druck
auf Belgrad. Als Bedingung für ein Stabilisierungs- und
Assoziierungsabkommen verlangt die EU ultimativ von der serbischen
Regierung eine Auslieferung des als Kriegsverbrecher in Den Haag
angeklagten Exgenerals Ratko Mladic bis zu diesem Termin. Am
gestrigen Freitag traf sich Olli Rehn, der Erweiterungskommissar der
EU, mit Carla del Ponte, der Haager Chefanklägerin, um das weitere
Powerplay gegenüber Belgrad abzustimmen.

Völkerrecht ausgehebelt

Die Dramatisierung der Causa Mladic dient aktuell nicht, wie von
Brüssel behauptet, dem Stop der EU-Annäherung der größten
exjugoslawischen Republik. Damit könnte man in Belgrad kaum jemanden
schrecken, denn das in Aussicht gestellte Stabilisierungs- und
Assoziierungsabkommen würde dem Land genauso wenig bringen wie dem
benachbarten Mazedonien, wo ein solches schon seit 2001 in Kraft ist.
Vielmehr wird die angebliche Nichtkooperation Belgrads mit dem Haager
Tribunal dazu benutzt, um Serbien das Recht auf das Kosovo streitig
zu machen. Dies verdeutlicht ein aktuelles Papier der Stiftung
Wissenschaft und Politik (SWP), einem der wichtigsten Think Tanks der
Bundesregierung, das eine Strategie der EU für die derzeitigen Wiener
Verhandlungen über einen Endstatus für das Kosovo formuliert. Darin
wird zunächst darauf verwiesen, daß die serbische Ablehnung einer
Abtrennung des Kosovo und der Bildung eines eigenen Staates ein
starkes völkerrechtliches Fundament hat. Es ist nämlich nicht nur
Fakt, daß die UN-Resolution 1244 vom Juni 1999 die Zugehörigkeit der
Provinz zu Jugoslawien (heute: Serbien-Montenegro) festgeschrieben
hat und dies auch die Grundlage für die derzeitige UN-Verwaltung
UNMIK nebst Stationierung der NATO-geführten Besatzungstruppe KFOR
darstellt. Mehr noch: Die Anerkennung eines neuen Staates namens
Kosova würde auch gegen die Prinzipien verstoßen, die die EU bisher
auf dem Balkan vertreten hat: Nur Republiken des früheren
Jugoslawien, nicht aber einzelne Gebiete, völkerrechtlich zu
legitimieren.

Anstatt auf dieser Grundlage nun aber die antisezessionistische
Position der serbischen Regierung unter Premier Vojislav Kostunica zu
unterstützen, schlägt das SWP-Dossier an dieser Stelle eine Volte:
»Kostunicas Pochen auf die Notwendigkeit der Einhaltung des
Völkerrechts ... wird jedoch durch Belgrads lange Zeit an den Tag
gelegten Unwillen konterkariert, seine völkerrechtlichen
Verpflichtungen gegenüber dem Haager Tribunal ... zu erfüllen.
Zuletzt mußte die Regierung zugestehen, daß Armee- und Polizeikreise
jahrelang den vom Haager Tribunal gesuchten bosnisch-serbischen
General Ratko Mladic versteckt gehalten zu haben. Nun aber ist es für
Belgrad zu spät, sich noch mit einer Aufdeckung von Mladics
Zufluchtsort das Wohlwollen der westlichen Führungsmächte und ihr
Entgegenkommen bei der Regelung des Status von Kosovo zu sichern.«
Notabene: Das Haager Tribunal kann keiner Regierung »völkerrechtliche
Verpflichtungen« auferlegen, weil es zwar vom UN-Sicherheitsrat, aber
unter Bruch der UN-Charta und damit des Völkerrechts eingerichtet
worden ist.

Kritik an den USA

Es spricht für die Verwilderung der internationalen Beziehungen, daß
sich die Bundesregierung mit diesem erpresserischen Kurs trotzdem als
das kleinere Übel darstellen kann. Das SWP-Dossier spart nicht mit
Seitenhieben gegen die USA und Großbritannien, die sich »für die
Unabhängigkeit der Provinz ausgesprochen (haben), noch bevor die von
der UNO einberufenen Kosovo-Statusgespräche begannen«. So habe der US-
Amerikaner Lawrence Rossin als stellvertretetender UNMIK-Chef
erklärt, »daß Kosovo wahrscheinlich noch in diesem Jahr unabhängig«
werde. Demgegenüber befürworten die meisten EU-Staaten, und hier
insbesondere Deutschland und Italien, eine »eingeschränkte
Souveränität unter internationaler Aufsicht«, die der Provinz erst
nach einer Übergangszeit (»vielleicht 2014«) die volle Staatlichkeit
bringen und diese gleich durch die Aufnahme in die EU wieder
einschränken würde. Außerdem müßten »Albaner und Serben die Regelung
(des künftigen Kosovo-Status) gemeinsam mittragen«. Demgegenüber sind
US-Amerikaner und Briten der Ansicht, daß der künftige Status für
»das Volk Kosovos« annehmbar sein müsse. Während mit dieser
Extremposition die Serben also von Anfang an übergangen werden, hofft
die Bundesregierung auf deren Einlenken in der Frage der
Unabhängigkeit unter dem Druck der Haager Siegerjustiz.

=== 6 ===

http://www.jungewelt.de/2006/05-18/001.php

18.05.2006 / Inland / Seite 3

Kriegsverbrecher zu Gast

Agim Ceku, Ministerpräsident des Kosovo, zur Audienz bei
Außenminister Frank-Walter Steinmeier. Haftbefehl von Interpol nicht
aufgehoben

Jürgen Elsässer

(Was soll ich machen, wenn meine Landsleute Rache an ihren serbischen
Peinigern nehmen? Agim Ceku am 2. März 2006 in Pristina
Foto: AP)

So ausgewogen ist die deutsche Balkanpolitik: Am Montag und Dienstag
dieser Woche war Serbiens Ministerpräsident Vojislav Kostunica zu
Gast bei der Bundesregierung, am heutigen Donnerstag reist Agim Ceku,
der albanische Regierungschef des Kosovo, an. Doch während
Außenminister Frank-Walter Steinmeier gegenüber Kostunica erheblichen
Druck machte, doch endlich den vom Haager Tribunal als
Kriegsverbrecher gesuchten bosnisch-serbischen Oberbefehlshaber Ratko
Mladic auszuliefern, wird er seinen Besucher aus Pristina wohl mit
Fragen zum kosovo-albanischen Oberbefehlshaber nicht behelligen. Kein
Wunder: Der heutige Politiker Ceku war es selbst, der im Kriegsjahr
1999 an der Spitze der albanischen UCK-Guerilla stand.

Eine blutige Karriere

Bevor Ceku sich der UCK anschloß, hatte der Kosovo-Albaner als
General in der kroatischen Armee gedient. Nach Angaben der
militärischen Fachzeitschrift Jane’s Defence Weekly vom 10. 6. 1999
war Ceku das »Gehirn der erfolgreichen Offensive der Kroatischen
Armee bei Medak« im September 1993. Die Operation unter dem Codenamen
»Verbrannte Erde« führte zur vollständigen Zerstörung der serbischen
Dörfer Divoselo, Pocitelj und Citluk, über 100 Zivilisten wurden
ermordet.

Ceku war auch einer der hauptverantwortlichen militärischen Planer
der »Operation Sturm«, mit der die Truppen Zagrebs im Sommer 1995 die
Krajina eroberten und die dort lebenden 200 000 Serben vertrieben.
(Jane’s Defence Weekly, 10.6.1999) Nach Ansicht des kroatischen
Helsinki-Ausschusses für Menschenrechte kam es während des
dreitägigen Blitzkrieges zu etlichen Massakern, denen mindestens 410
namentlich identifizierte Zivilisten zum Opfer fielen. Die serbische
Menschenrechtsorganisation Veritas berichtet, daß im Jahre 1995
insgesamt 2101 serbische Zivilisten in der Krajina und in Kroatien
getötet wurden oder spurlos verschwanden.

Kleine Unstimmigkeiten

Nach der Besetzung des Kosovo durch die NATO im Juni 1999 wurde die
UCK in das Kosovo-Hilfskorps (TMK) aufgelöst und Ceku zu dessen
Kommandeur ernannt. Als es in der Folge zu einer Welle von Pogromen
gegeben Serben mit Hunderten von Toten kam, konstatierte die OSZE,
»daß das Ausmaß der UCK- (und nun der TMK-)Verwicklung von solchem
Charakter und Zuschnitt ist, daß die Frage einer expliziten oder
stillschweigenden Verwicklung der Führungsspitze eine genaue
Untersuchung der internationalen Gemeinschaft erfordert.« Die
Führungsspitze – das war Ceku.

Wegen dieser Verbrechen beantragte Serbien einen internationalen
Haftbefehl gegen Ceku, den Interpol auch übernahm. Auf dieser
Grundlage wurde der Albaner zweimal kurzfristig festgenommen, und
zwar am 24. Oktober 2003 in der slowenischen Hauptstadt Ljubljana und
am 29. Februar 2004 in Budapest. In beiden Fällen kam er dank einer
Intervention von Harri Holkeri, des damaligen UN-Gouverneurs für
Kosovo, wieder frei.

Nach Cekus Wahl zum Ministerpräsidenten der Provinz Kosovo am 10.
März 2006 stornierte Interpol den Steckbrief da Staatsmänner in
Führungspositionen Immunität vor internationaler Strafverfolgung
genießen. Dies bedeute jedoch nicht, daß der Haftbefehl aufgehoben
sei, sondern lediglich, daß er nicht weiterverfolgt werde, solange
Ceku diese Position innehabe.

Obwohl Ceku durch den Besuch bei Steinmeier aufgewertet wird, ist es
erfreulich, daß er wenigstens – anders als Kostunica – keine Audienz
bei der Kanzlerin erhält. Bereits Anfang Februar war Hashim Thaci im
Auswärtigen Amt empfangen worden; der frühere politische Chef der UCK
ist heute Delegationsleiter der Kosovo-Albaner bei den Wiener
Endstatusgesprächen über die Zukunft der Provinz. Thacis Erfolg an
der Spree hielt sich in Grenzen: Sein Auftritt an der FU war völlig
mißglückt, der Guerillaführer mußte vor einer ungeputzten Tafel
sprechen, nur wenige Studenten waren gekommen. Thaci brach seinen
Besuch daraufhin einen Tag früher ab.
Cekus Bilanz. Kosovo-Gewalt nimmt wieder zu
Die serbische Regierung hat im März genaue Zahlen vorgelegt, die die
traurige Situation im Kosovo seit dem Kriegsende im Juni 1999
bilanzieren: Mehr als 230000 Serben sowie 30000 Roma und andere Nicht-
Albaner wurden vertrieben; 927 Serben wurden getötet; weitere 800
Nicht-Albaner sind verschleppt worden – nach jahrelangem Suchen muß
man auch für sie das Schlimmste fürchten.

Trotz einiger Anstrengungen, die Geflüchteten zur Rückkehr in die
Krisenprovinz zu bewegen, sind dem entsprechenden Aufforderungen bis
dato gerade zwei Prozent (UN-Angaben: sieben Prozent) gefolgt. Der
Grund: Immer noch machen albanische Nationalisten Jagd auf die
Minderheiten.

Obwohl den Albanern angesichts der seit März laufenden sogenannten
Endstatus-Gespräche in Wien an einem guten Image gelegen sein müßte,
reißen die Übergriffe nicht ab. Eine unvollständige Aufstellung aus
den letzten drei Wochen:

Der 24. April verzeichnet einen Steinhagel auf ein serbisches Haus in
Mitrovica und ein serbisches Auto in Suvi Dor sowie Schüsse auf ein
serbisches Anwesen in der Nähe von Istok.

Am 26. April explodiert ein Sprengsatz vor dem UN-geleiteten Gericht
in Zubin Potok.

Am 5. Mai werden bei einer Demonstration albanischer Nationalisten in
Pristina (wo keine Serben mehr leben) neun UN-Polizisten verletzt.

Am 6. Mai wird das Auto des serbischen Priesters Srdjan Stankovic
beschossen.

Am 7. Mai wird ein Pendlerbus zwischen der serbischen Enklave Osojane
und Mitrovica mit Steinen beworfen.

Am 11. Mai werden bei einem Überfall auf eine Tankstelle bei
Mitrovica zwei serbische Angestellte niedergeschossen. Daß kein Geld
entwendet wurde, spricht für ein rassistisches Motiv.

Am 12. Mai wird der Bus aus Osojanje erneut mit Steinen beworfen.

(je)

Partito Comunista Portoghese
Comunicato sulla situazione internazionale
http://www.pcp.pt , mailto:internacional@...
in http://www.solidnet.org
8 maggio 2006

(Estratti da un comunicato del Comitato Centrale)

(…) 1. Nell’analizzare i più recenti sviluppi della situazione
internazionale, il Comitato Centrale ha messo in evidenza quale
principale tendenza la persistenza del quadro contraddittorio
analizzato nel 17° Congresso, in cui i pericoli per la pace, la
libertà e l’indipendenza dei popoli coesistono con una forte
resistenza e reali possibilità di avanzate progressiste e
rivoluzionarie.

2. Il Comitato Centrale del PCP mette in guardia rispetto ai nuovi
fattori che caratterizzano l’aggressiva offensiva dell’imperialismo
che, manifestatasi in modo particolarmente pericoloso nel Medio
Oriente, si estende all’Asia, all’America Latina e all’Africa,
continente in cui da qualche tempo è particolarmente attiva.

Il Comitato Centrale lancia l’allarme in particolare in merito
all’esplosiva situazione creatasi nel Medio Oriente, che è
conseguenza dell’occupazione imperialista dell’Iraq e
dell’Afghanistan, della crudele repressione sionista contro il popolo
palestinese e, in modo crescente, della scalata delle interferenze e
delle minacce di aggressione militare contro l’Iran, la cui
preparazione è da tempo in corso negli USA. Il Comitato Centrale
denuncia i piani sinistri di Israele, appoggiati dagli USA e
dall’Unione Europea, che prevedono l’annessione di Gerusalemme est,
della valle del fiume Giordano e di altri territori della
Transgiordania, che procureranno nuove sofferenze al popolo martire
della Palestina, con il pretesto della vittoria di Hamas.

Il Comitato Centrale esprime apprezzamento per le azioni di protesta
attuate a Lisbona e a Oporto in occasione del terzo anniversario
dell’invasione dell’Iraq e fa appello all’intensificazione della
lotta contro il militarismo e la guerra, per il ritiro delle forze di
occupazione e l’attiva solidarietà con i popoli di Iraq, Palestina e
tutti i popoli soggetti alle minacce e alle aggressioni
dell’imperialismo, in particolare con Cuba socialista e il Venezuela
bolivariano, che in America Latina sono alla testa della resistenza e
della lotta.

3. Nell’attuale contesto internazionale, i problemi dell’Europa e
dell’Unione Europea hanno un’enorme importanza per il Portogallo e
per la lotta del popolo portoghese contro l’offensiva del governo PS
(Partito Socialista), come è emerso nell’Incontro dei partiti
comunisti e delle altre forze di sinistra organizzato recentemente
dal PCP, in occasione del suo 85° anniversario.

Il PCP riafferma la sua forte opposizione alla proposta annunciata,
illegittima e illegale, di rilanciare la cosiddetta “Costituzione
Europea” e di trasformare la presidenza portoghese dell’Unione
Europea nella seconda metà del 2007 in un momento cruciale di tale
processo.

Il Comitato Centrale denuncia ancora una volta la politica del blocco
imperialista dell’Unione Europea, e l’attuale accelerazione del
processo di militarizzazione, ed esprime la propria opposizione alla
partecipazione del Portogallo al dispiegamento di una forza militare
nella Repubblica Democratica del Congo, con il pretesto dello
svolgimento di elezioni democratiche in quel paese. Ciò che ci si
aspetta ora non è una nuova partecipazione delle Forze Armate
Portoghesi ad operazioni dell’imperialismo, ma il ritorno in
Portogallo dei contingenti militari e di polizia dispiegati in Iraq,
Afghanistan, Bosnia, Kosovo e ai confini di Gaza con l’Egitto.

Il fatto che Cavaco Silva (Presidente della Repubblica) scelga una
visita in Bosnia e Kosovo come primo atto nel suo ruolo di Comandante
Supremo delle Forze Armate, e le dichiarazioni da lui rilasciate,
esprimono chiaramente l’intenzione di aumentare l’ingerenza straniera
e la partecipazione delle Forze Armate Portoghesi.

Il PCP mette in guardia sul serio significato della crescente
articolazione dei ruoli, a livello politico e militare, tra l’Unione
Europea e gli USA che, nonostante le rivalità economiche e le
contraddizioni, incrementano la loro cooperazione e rafforzano la
NATO quale braccio armato della loro strategia imperialista di
repressione della lotta di liberazione dei lavoratori e dei popoli e
di ricolonizzazione planetaria. Desta preoccupazione in particolare
il rilancio delle aspirazioni di grande potenza della Germania,
affermate chiaramente nella recente “Conferenza sulla sicurezza” di
Monaco dalla “grande coalizione” della destra con la socialdemocrazia.

Il Comitato Centrale richiama ancora una volta l’attenzione sulla
moltiplicazione e la crescente banalizzazione degli attacchi alla
libertà e ai diritti democratici, e sulle campagne indirizzate a
distruggere le garanzie contemplate dalla Convenzione di Ginevra e
dalle altre Convenzioni internazionali e, attraverso una cosiddetta
“riforma” dell’ONU, a legalizzare arretramenti molto seri in materia
di diritti democratici e umani. Il rilancio dell’anticomunismo e il
tentativo di farne un’ideologia di Stato, richiede una lotta ferma,
che raccolga il grido d’allarme lanciato da prestigiosi intellettuali
portoghesi.

Il PCP valorizza fortemente la resistenza e la lotta in tutto il
mondo, dall’Iraq alla Palestina, da Cuba al Venezuela, dal Sahara
Occidentale alla Bolivia, dal “No” francese e olandese al cosiddetto
“trattato costituzionale” alla grande lotta in Francia contro la
precarietà del lavoro, alle importanti lotte in Grecia, Germania e
altri paesi, alla sconfitta delle forze reazionarie nelle elezioni
italiane, dalle possenti dimostrazioni in India contro la visita di
Bush alle azioni contro la guerra in diversi paesi, in occasione del
3° anniversario dell’aggressione contro l’Iraq.

L’aggressività manifestata dall’imperialismo, lungi dall’essere un
segno di forza, costituisce una deliberata scelta tesa a fronteggiare
la crescente resistenza contro i diktats del grande capitale, ad
allontanare le masse dalla via della lotta e a prevenire il potere di
attrazione dei valori e degli ideali del socialismo e del comunismo.

Il Comitato Centrale del PCP sottolinea la rinnovata importanza
dell’internazionalismo nell’attuale situazione internazionale e
conferma la decisione del PCP di contribuire al necessario
rafforzamento del movimento comunista e del fronte antimperialista,
sia attraverso le sue estese relazioni a livello bilaterale che con
un’iniziativa a livello multilaterale, nutrendo la fiducia che la
combinazione della lotta a livello nazionale con la solidarietà
internazionalista porterà al rovesciamento del corso pericoloso
dell’attuale situazione internazionale (…)

Il Comitato Centrale del PCP

Traduzione a cura del
Centro di Cultura e Documentazione Popolare
http://www.resistenze.org

<< BRUCIATE TUTTE LE CHIESE, CAZZO! >>
<< TUTTE LE ABBIAMO BRUCIATE >>


IMMIGRAZIONE: DA AGENZIE VIAGGI NUOVE ROTTE, ARRESTI /ANSA
(ANSA) - BARI, 15 MAG - Finita l'epoca dei gommoni con i quali si
organizzavano i viaggi della speranza sulla rotta Albania-Puglia, dal
2003 sarebbero state tre agenzie di viaggi kosovare a organizzare
l'ingresso e la permanenza in Italia a centinaia di immigrati
clandestini del Kosovo, facendoli entrare a bordo di bus turistici e
fornendo loro documenti e visti falsi, fino a regolarizzarli. Sono
questi risultati che hanno permesso alla magistratura barese di
emettere 12 provvedimenti cautelari (otto in carcere, tre ai
domiciliari e un obbligo di dimora) nei confronti di undici cittadini
di etnia kosovara-albanese e di un ispettore di polizia dell'ufficio
stranieri della questura di Treviso, Bruno Rensi, ai domiciliari
perche' ritenuto complice dell'organizzazione che aveva base
operativa nella citta' veneta. Nell'inchiesta sono indagate a piede
libero altre 13 persone: 12 kosovari e un sovrintendente capo di
polizia in servizio a Mestre, accusato di favoreggiamento personale.
Le tre agenzie viaggi - secondo l'accusa - offrivano ai clandestini
pacchetti turistici 'all inclusive' (viaggio, assistenza, documenti e
visti falsi), e se gli immigrati non arrivavano a destinazione
avevano diritto al rimborso del prezzo del biglietto. A capo
dell'organizzazione - secondo le indagini della squadra mobile di
Bari - ci sarebbe stato il kosovaro Jahir Bytyci, di 35 anni,
residente a Treviso, che pensava proprio a tutto, grazie a una fitta
rete di complici: cosi', una volta in Italia, i kosovari venivano
regolarizzati temporaneamente con documenti e visti falsi, e, in modo
definitivo, con matrimoni fittizi venduti a 8.000 euro. Secondo
l'accusa, erano tre le nuove rotte dell'immigrazione. La prima si
sviluppava tra Pristina-Durazzo-Bari-Treviso, una sorta di Corridoio
8 dell'immigrazione clandestina, e veniva venduta in cambio di 3.300
euro a persona; l'altra, alternativa alla prima, prevedeva l'arrivo o
nel porto di Bari o in quello di Brindisi in cambio di 3.000-3.500
euro; la terza, che era la piu' economica, si muoveva lungo la rotta
piu' lunga e disagevole Kosovo-Grecia-Macedonia-Ancona, ed era
venduta a 2.500 euro. Una quarta rotta, non approfondita dalle
indagini, si articolava tra Kosovo, Ungheria, Slovenia, Austria e
Germania, senza toccare il territorio italiano. Le agenzie coinvolte
nel traffico di uomini sono la Jaha-Tours con sedi a Treviso e a
Prizren e la Saba-Tours di Suvareka - che, secondo l'accusa,
gestivano la prima e la terza rotta - e la Polluzha Tours, che
avrebbe gestito il secondo itinerario. Alla Jaha Tours stamani sono
stati sequestrati tre pullman utilizzati per i viaggi.
Contemporaneamente agli arresti, nelle citta' kosovare di Prizner e
Suvareka, la magistratura Unmik (Onu) ha ordinato perquisizioni nelle
abitazioni e nei luoghi di lavoro di alcuni indagati. Questi sono
accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata
all'immigrazione clandestina, alla falsificazione e alla
contraffazione di documenti (travel document, passaporti, visti,
carte d'identita' e patenti). Dalle intercettazioni telefoniche
emerge che alcune delle persone coinvolte nell'indagine hanno
partecipato ai tragici scontri etnici fra serbi e albanesi avvenuti
nel marzo 2004 nella provincia di Kosovska Mitrovica, nel Kosovo
settentrionale. Gli scontri provocarono 19 morti, oltre mille feriti
e l'incendio di centinaia di abitazioni serbe e luoghi di culto
ortodossi. Dai colloqui telefonici emerge che il piano di distruzione
era preordinato: lo si evince da una telefonata dell'8 giugno del
2004 tra due indagati nella quale uno ordina all'altro: ''Bruciate
tutte le chiese, cazzo!''. E l'altro lo rassicura: ''Tutte le abbiamo
bruciate''.(ANSA). BU
15/05/2006 18:49

IMMIGRAZIONE: ARRESTI; TRA INDAGATI AUTORI SCONTRI MITROVICA
(ANSA) - BARI, 15 MAG - Alcuni degli indagati nell'inchiesta della
Procura di Bari sul traffico di immigrati clandestini tra Kosovo e
Italia avrebbero presero parte ai tragici scontri etnici fra serbi e
albanesi avvenuti nel marzo 2004 nella provincia di Kosovska
Mitrovica, nel Kosovo settentrionale. Gli scontri provocarono 19
morti, oltre mille feriti e l'incendio di centinaia di abitazioni
serbe e luoghi di culto ortodossi. La partecipazione di alcuni
indagati agli scontri etnici emerge - secondo fonti inquirenti baresi
- dalle intercettazioni telefoniche compiute all'epoca dei fatti in
Kosovo, in base ad una delle tre richieste di rogatoria inviate dal
pm inquirente barese Giuseppe Scelsi, ed eseguita dal procuratore
Unmik (United Nations Mission in Kosovo) di Pristina Annunziata
Ciaravolo. Gli scontri avvennero a seguito della morte di tre bambini
albanesi (Florent, Avni ed Egzon, rispettivamente di 8, 11 e 12
anni), annegati la sera del 16 marzo 2004 nel fiume Iber, che divide
la citta' di Kosovska Mitrovica, dove vivono serbi ed albanesi, nel
quale i piccoli si erano tuffati per sfuggire ad alcuni ragazzini
serbi che li avevano inseguiti con un cane al guinzaglio. A quanto si
e' saputo, le intercettazioni confermerebbero che l'annegamento dei
bambini fu solo un pretesto per far riesplodere nella zona l'odio
etnico tra serbi ed albanesi, e che alla base degli scontri c'era un
piano studiato nel dettaglio per ordire una rivolta anche contro il
personale civile dell'Onu, a cui era affidata l'autorita' civile in
quell'area dopo la fine del conflitto del 1999.(ANSA). BU
15/05/2006 10:14

IMMIGRAZIONE: ARRESTI; TRE NUOVE ROTTE VIAGGI SPERANZA /ANSA
(ANSA) - BARI, 15 MAG - Offrivano pacchetti turistici 'all
inclusive' (viaggio, assistenza, documenti e visti falsi) i titolari
delle tre agenzie di viaggio kosovare accusati dalla magistratura
barese di aver gestito nuove rotte per l'immigrazione clandestina di
cittadini di etnia kosovara verso l'Italia e l'Europa comunitaria. A
capo dell'organizzazione - secondo la polizia barese - ci sarebbe
stato il kosovaro di Semetisthe, Jahir Bytyci, di 35 anni, residente
a Treviso. Una volta in Italia - secondo le indagini - molti kosovari
venivano regolarizzati temporaneamente con visti tedeschi falsi
(validi per tre mesi nei Paesi dell'area Schengen), e, talvolta, in
modo definitivo, con matrimoni fittizi venduti in cambio di 8.000
euro. Il pm inquirente Giuseppe Scelsi, che ha coordinato le indagini
della squadra mobile, ritiene di aver individuato tre nuove rotte
dell'immigrazione clandestina che si sviluppavano a bordo di pullman
turistici che raggiungevano l'Italia con traghetti di linea. I
kosovari - emerge dalle intercettazioni telefoniche - ottenevano
indietro i soldi versati all'organizzazione se il viaggio (che
offriva i tutti i comfort di un vero viaggio turistico) non andava a
buon fine. La prima rotta - secondo l'accusa - riguardava
l'itinerario Pristina-Durazzo-Bari-Treviso, una sorta di Corridoio 8
dell'immigrazione clandestina, e veniva venduta ai kosovari in cambio
di 3.300 euro a persona; l'altra, alternativa alla prima e creata
successivamente, prevedeva l'arrivo o nel porto di Bari o in quello
di Brindisi in cambio di 3.000-3.500 euro; la terza, che era la piu'
economica, si muoveva lungo la rotta piu' lunga (durava quattro
giorni, dal giovedi' alla domenica) e disagevole Kosovo-Grecia-
Macedonia-Ancona, ed era venduta a 2.500 euro perche' gli immigrati
dovevano attraversare a piedi il confine tra Grecia e Macedonia per
evitare i controlli dei militari Nato della Kfor. Nel corso delle
indagini e' emersa l'esistenza di una quarta rotta tra Kosovo-
Ungheria-Slovenia-Austria-Germania, che tuttavia non avuto uno
sviluppo investigativo perche' non toccava il territorio italiano. Le
agenzie coinvolte nell'indagine sono la Jaha-Tours con sedi a Treviso
e a Prizren e la Saba-Tours di Suvareka - che, secondo l'accusa,
gestivano la prima e la terza rotta - e la Polluzha Tours, che
avrebbe gestito il secondo itinerario.(ANSA). BU
15/05/2006 11:13

IMMIGRAZIONE: ARRESTI; NOMI E RUOLI PERSONE COINVOLTE
(ANSA) - BARI, 15 MAG - Questi i nomi e i ruoli delle persone nei
confronti delle quali la magistratura barese ha emesso i
provvedimenti cautelari. Sono finiti in carcere: Jahir Bytyci,
kosovaro di 35 anni, ritenuto il capo dell'associazione per
delinquere che gestiva la tratta Kosovo (Prizren o Suhareka)-
Macedonia-Grecia-Bari o Ancona e la rotta Kosovo (Prizren o Suhareka)-
Durazzo-Bari o Brindisi; Laz Golemi, di 43 anni, di Durazzo, ritenuto
punto di riferimento dell'organizzazione, incaricato di sbrigare le
procedure di controllo doganali a mezzi e passeggeri grazie al suo
lavoro nell'agenzia viaggi 'Sant'Elia' dell'area portuale di Bari;
Selajdin Bytyqi, kosovaro di 40, addetto dell'agenzia Jahatours;
Asllan Hoti, di 39, di Polluzhe¿Rahovec (Kosovo), titolare
dell'agenzia di viaggio 'Polluzha Tours' di Prizren (Kosovo); Milaim
Hoti, di 31, di Polluzhe¿Rahovec, autista dell'agenzia 'Polluzha
Tours', collaboratore del fratello Asllan; Hamdia Trolli, kosovaro di
31, stretto collaboratore di Jahir Bytyci; Shaip Trolli, kosovaro di
38, che gestiva la tratta Kosovo-Macedonia-Grecia-Italia; e Azer
Rakay, kosovaro di 42, stretto collaboratore di Jahir Bytyci. Agli
arresti domiciliari sono stati posti Edmond Mehmeti, albanese di 24,
che provvedeva alla riscossione diretta dei compensi dovuti dai
cittadini extracomunitari per i servizi richiesti; Bruno Rensi, di
56, originario di Novaledo (Trento), ispettore di polizia in servizio
all'ufficio stranieri della questura di Treviso, accusato di concorso
esterno nell'associazione per delinquere, abuso d'ufficio e omissione
di atti d'ufficio per aver consentito la permanenza irregolare in
Italia dei clandestini kosovari; e Xhuljeta Dollani, albanese di 40
anni, ritenuto il contatto italiano dell'organizzazione che
provvedeva ad avere rapporti d'affari con Rensi ed altri indagati
italiani. Obbligo di dimora nel Comune di residenza per Dzevat Zemaj,
kosovaro di 35, residente a Maserada sul Piave (Treviso), accusato di
favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. (ANSA). BU
15/05/2006 13:26

IMMIGRAZIONE: ARRESTI; AL TELEFONO, BRUCIATE TUTTE LE CHIESE
(ANSA) - BARI, 15 MAG - E' l'8 giugno del 2004 due dei 25 indagati
indagati parlano al telefono. Ovviamente non sanno di essere
intercettati dalla polizia che indaga sulle nuove rotte
dell'immigrazione clandestina tra Kosovo e Italia. I due
interlocutori si soffermano a lungo sugli scontri etnici in atto
nella parte settentrionale del Kosovo tra serbi ed albanesi, sugli
attacchi alle abitazioni civili, alle chiese e contro il personale
civile dell'Unmik (Onu), che esercita l'autorita' civile in Kosovo.
Mentre i due parlano al telefono uno ordina all'altro di bruciare
''tutte le chiese''. Sui verbali di trascrizione delle
intercettazioni (tradotti in italiano dall'albanese) i loro nomi sono
indicati come Hazer (H) e Muharrem (M). Squilla il telefono,
inizialmente risponde una donna (Hysnia) alla quale, dopo averla
salutata, Hazer chiede di passargli Muharrem. M: Pronto H: Ehi Rrema
(diminutivo), come va? M: ecco, cosi'... H: come sta mamma? M: La
mamma?...Eh bene, bene... H: Ma che, stavi dormendo? M:
Si'...dormivo... H: Ma perche' non ti va in mente a chiedere di tuo
fratello, dove sta tuo fratello...per niente... M: Perche' anche a
Mitrovica sei andato? H: No, a Mitrovica...ma tutte le chiese le
abbiamo bruciato a Prizren... M: Bruciatele tutte, c...! H: Tutte le
abbiamo bruciate... M: E... H: Accendete e sentite la televisione
come sono bruciate... M: ecco, adesso lo accendiamo... H: Ecco,
Prizren lo sta facendo vedere...tutte le chiese sono state bruciate,
nessuna e' rimasta...la Jugoslavia e tutto... anche quelle altre
due...in centro tutta fiamme sta Prizren... M: Ma non fa niente,
c...! H: Ma a te non ti va in mente di chiedere di tuo fratello...tuo
fratello (parla di se') chiede di te... M: ...inc... H: Eh? M: Voi
avete dormito allora...adesso state aprendo un poco gli occhi... H:
Eh? M: Voi allora, al tempo, avete dormito e adesso aprite un poco
gli occhi... H: Si' perche' tu...inc...(ridono)... M: Voi come state?
H: Ehi Rrema...Dai che ci sentiamo, a te pero' non ti e' andato in
mente di chiamare... M: Ehi, voi come state? H: Tutti bene, in piena
salute...Volevo chiedere...A Suhareka non c'e' stato niente... M:
Cosa? H: Dico, a Suhareka non c'e' stato niente, no!...Qui invece
tutta la citta' sta fuori, moglie e bambini... M: E va bene, vi e'
stato offerto una chanche per bruciare quelle cose... H: E' bloccato
tutta la strada... M: Eh...inc... H: Ciao, ciao. Lo stesso giorno
Hazer (H) parla al telefono con un altro uomo (U). I due si
soffermano nuovamente sugli scontri etnici. H: ...inc... U: Ehi dove
sei? H: Come vanno i problemi tuoi (modo di dire: come si va)? U:
Cosi'... H: dove sei? U: Qua...da Bujar... H: Da Bujar...Ah, li
abbiamo bruciato...c....!!, tutta Jugoslavia in fiamme... U: Sono
stato, fino ad ora la'... H: Sei stato? Anche questa chiesa di qua...
U: Ah, anche la chiesa e' stata bruciata? H: La chiesa di qua...io
dicevo di fare un accordo con loro...sai!, entrare...la Kfor si e'
allontanato... pero'..inc...di qua...Adesso, un poco piu' tardi uno
mi ha detto che abbiamo messo fuoco... U: Non parlare cosi' c..., che
ci rovini, vai via... H: (ride)... U: Ma dai H: Ma perche' ha paura
fratello...? U: Lascia perdere ehi...che sentono i telefoni, vai via,
non parlare al telefono... H: Ma vai, non ti preoccupare... U: Vai,
ciao amico, ciao. H: Ciao. (ANSA). BU/CIO
15/05/2006 14:00

NATO: CHENEY PERORA INGRESSO CROAZIA, ALBANIA E MACEDONIA


(ANSA-REUTERS) - DUBROVNIK (CROAZIA), 7 MAG - Il vicepresidente
americano, Dick Cheney, ha spezzato una lancia a favore dell'ingresso
di Croazia, Albania e Macedonia nella Nato e, in prospettiva, anche
nell'Ue, affermando che i tre stati balcanici contribuirebbero a
''ringiovanire'' i due ''club'' di Paesi occidentali. Cheney lo ha
detto intervenendo al vertice fra i tre Paesi baltici, che formano la
cosiddetta Carta dell'Adriatico, nell' antica cittadina croata di
Dubrovnik, al termine di una tournee negli ex Paesi comunisti
d'Oltrecortina. Cheney ha dato un giudizio positivo sulle riforme in
senso democratico intraprese da Croazia, Albania e Macedonia ed il
loro coinvolgimento nelle operazioni delle coalizioni guidate dagli
Usa in Iraq e Afghanistan. ''Voi che aspirate a quelle organizzazioni
(Nato e Unione europea) contribuite a ringiovanirle e ci aiutate a ri-
dedicarci ai valori base, fondamentali della liberta' e la
democrazia'', ha detto il vicepresidente Usa. (ANSA-REUTERS). GV
07/05/2006 11:51

BALCANI: USA, CHENEY IN CROAZIA PER DISCUTERE ADESIONE NATO
(ANSA) - ZAGABRIA, 5 MAG - Il vicepresidente americano Dick Cheney
sara' da domani in Croazia per una visita di tre giorni nel corso
della quale sono previsti incontri con i massimi dirigenti politici
croati. Lo ha annunciato oggi l'agenzia croata Hina. Domenica, Cheney
partecipera' alla riunione dei premier dei tre paesi della 'Carta
Adriatica' (Croazia, Macedonia e Albania) che aspirano a una prossima
adesione alla Nato. Cheney, l'esponente di piu' alto livello
dell'amministrazione di George W. Bush a visitare la Croazia,
soggiornera' a Dubrovnik (l'antica Ragusa), nell'estremo sud, dove il
primo giorno avra' colloqui ufficiali con il presidente croato Stipe
Mesic e con il premier Ivo Sanader. All'ordine del giorno, secondo la
stampa, l'andamento delle riforme della Croazia in vista
dell'adesione alla Nato e la cooperazione con gli altri paesi
aspiranti. In vista della missione di Cheney, il dipartimento di
stato Usa ha diffuso un comunicato in cui spiega che i tre paesi
aderenti alla 'Carta Adriatica' possono aspettarsi l'invito a entrare
nella Nato al vertice del 2008, se saranno state completate le
riforme politiche e militari richieste. (ANSA). COR-DIG
05/05/2006 14:01


L'articolo che segue, pubblicato sul quotidiano più letto della Croazia, Vecernji List, e che abbiamo già diffuso nell'originale serbocroato (vedi in fondo), spicca in un contesto dei media croati che è sostanzialmente omertoso riguardo agli episodi di revisionismo storico antipartigiano. Da questo articolo emerge tra l'altro, come particolarmente ambiguo e criticabile, il ruolo di Predrag Matvejevic, professore "bipartisan" che abbiamo spesso soprannominato "Prezzemolo" per il suo presenzialismo: la sua presenza è infatti quasi obbligatoria in ogni consesso in cui, in Italia, si voglia parlare di questioni jugoslave senza correre il rischio di essere censurati o ignorati. Matvejevic, in Croazia, si fa passare per intellettuale critico antifascista, mentre in Italia partecipa alla Giuria del premio internazionale "Trieste, scritture di frontiera" che ha premiato all'unanimità il revisionismo storico di Arrigo Petacco... (Ivan e Andrea per il CNJ)

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http://www.vecernji-list.hr - 31.03.2006 

EDITORIA In Italia ancora un libro nel quale si esagerano le vittime delle foibe e dell’ esodo

I criminali fascisti presentati da eroi

di Armando Cernjul

Non passa un anno, negli ultimi dieci, che in Italia non venga pubblicato uno o più libri sui crimini delle foibe e sull’esodo da Istria, Fiume, dalle Isole del Quarnaro e dalla Dalmazia. E di questa editoria poche o nessuna informazione ne' critiche vengono riportate dai nostri media.

Così è stato anche ultimamente per l’edizione del libro "Sopravvissuti e dimenticati. Il dramma delle foibe e l’esodo dei giuliano-dalmati" di Marco Girardo, giornalista editorialista di Milano, edizioni Paoline Editoriale Libri.

Dal titolo si evince che si tratta di un "libro scoop" nel quale si gonfiano i crimini delle foibe e l’esodo dalle odierne Croazia e Slovenia. Si tratta di numerose menzogne, anche se dei crimini da parte di alcuni appartenenti della NOVJ (Armata Popolare di Liberazione della Jugoslavia, ndt) ci sono stati.

Contro la Croazia

Ci ha interessato in particolare la descrizione degli eventi nella parte dell'Istria croata, descrizione che in qualche modo si indirizza anche contro la Croazia odierna. Bisogna subito dire, a quelli che sono a conoscenza del tema trattato, che il libro sarà ricordato per la sorprendente e vergognosa prefazione di Walter Veltroni, sindaco ex comunista di Roma, ex giornalista e direttore del quotidiano "l’Unità" (fondato da A. Gramsci, ndt). Anche lui è cascato nelle maglie della cricca neofascista le cui tesi servono a nascondere e dimenticare i crimini compiuti dalla soldatesca mussoliniana sui territori dell’ex Jugoslavia, territori sui quali sono stati uccisi centinaia di migliaia di croati, sloveni, serbi e altri.

La maggior parte della pubblicità al libro è stata fatta  da Alessandro Mezzena Lona, critico del quotidiano triestino "Il Piccolo".  Sotto il titolo "L'Istria e le foibe: dramma a tre voci", e con il sottotitolo "Marco Girardo sulla cacciata degli italiani",  il giornalista ha lodato smodatamente l’autore del libro senza nemmeno sapere di che scrive. Così, tra l’altro, egli fa disinformazione riguardo alla odierna denominazione slovena delle cittadine di Umag, Rovinj e Pula, una volta Umago, Rovigno e Pola. Il rinomato critico regionale non sa che queste tre cittadine si trovano nel territorio croato dell’Istria!

La peggior cosa però è che il succitato critico fa assurgere (in)consapevolmente ad "eroe" uno dei protagonisti del libro, Graziano Udovisi, del quale afferma che sarebbe l’unico dei sopravvissuti a poter raccontare cosa significhi esser scaraventato nella foiba. Così i lettori di questo lungo articolo sono stati privati della verità. Ma la verità non si può nascondere, anche se da quegli eventi sono passati tanti anni. In verità, Graziano Udovisi, nato a Pola, era un gerarca fascista e spia nazista, condannato dopo la guerra dal Tribunale internazionale a Trieste per i crimini commessi. Sembra che questo in Italianon lo sappiano, perché all’Udovisi è stato consegnato un premio come unico sopravvissuto della foiba istriana. Il premio gli è stato consegnato a Sanremo nel 2005, durante la proiezione della fiction italiana "Il cuore nel pozzo", film che ha provocato forte rammarico in Slovenia e Croazia.

La Casa editrice di Berlusconi

Ancor più scandaloso è che l’edizione in lingua inglese di "Esodo: Una tragedia nascosta degli italiani d’Istria, Dalmazia, e della Regione Giuliana", dello scrittore italiano Arrigo Petacco (Edizioni Toronto University Press, per la traduzione di Konrad Eisenbickler, docente all’Università di Toronto, nato sull'isola di Losinj), abbia ottenuto ultimamente, a Trieste, il premio internazionale "Trieste, scritture di frontiera". "Interessante" è che uno dei componenti della giuria fosse lo scrittore croato (?, ndt) Predrag Matvejevic, docente all'Università di Roma.

Dal 1999 il libro ha avuto varie riedizioni da parte della Casa editrice Mondadori di Berlusconi, mentre l’edizione in lingua croata del 2003 è della casa editrice zagabrese Durieux.

Il libro "L’esodo" è pieno di falsificazioni storiche. In esso non c’è nemmeno una riga sulle stragi commesse dai fascisti in Istria e Fiume, prima e dopo la II Guerra mondiale, e, secondo Petacco, i fascisti non hanno commesso crimini nel Litorale croato, nel Gorski Kotar e nella Lika. Egli cita solamente un esiguo numero di crimini commessi in Dalmazia. Ma falsifica quando scrive che i partigiani di Tito hanno gettato nelle foibe 10.000, o 20.000, o 30.000 italiani, mentre dopo la guerra circa 300.000 italiani sarebbero dovuti emigrare. Egli esalta i crimini degli ustascia (la soldatesca croata collaborazionista del nazifascismo, ndt) e nasconde quelli dei cetnizi serbi, ambedue le parti armate dall’Italia fascista! Perciò è da stigmatizzare il fatto che la casa editrice Durieux abbia stampato il libro senza una prefazione.

(Tradotto da Ivan per il CNJ)


From: "Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia" 
Date: April 24, 2006 1:54:47 PM GMT+02:00
Subject: [JUGOINFO] Italija: Fasisticki zlocinci prikazani kao junaci


("I  criminali fascisti presentati come eroi": questo il titolo dell'articolo di A. Cernjul, apparso su Vecernji List del 1 aprile u.s., riguardante il revisionismo storico sulle "foibe" ed il revanscismo italiano verso Istria e Dalmazia. Cernjul si riferisce in particolare al caso del recente libro "Sopravvissuti e dimenticati. Il dramma delle foibe e l'esodo dei giuliano-dalmati", di Marco Girardo, Paoline Editoriale Libri, per il quale l'autore si è avvalso della "testimonianza" di Graziano Udovisi - "gerarca fascista e spia tedesca... che il Tribunale internazionale a Trieste, dopo la guerra, ha condannato per crimini di guerra" e che va in giro raccontando di essere "uscito vivo" da una foiba: vedi Pol Vice, SCAMPATI O NO. I racconti di chi "uscì vivo" dalla foiba ed anche https://www.cnj.it/documentazione/silenziegrida.rtf - oltreché della introduzione del diessino sindaco di Roma Walter Veltroni... Parlando di un altro testo revisionista, quello di Arrico Petacco apparso alcuni anni fa per Mondadori, Cernjul sottolinea invece che l'intellettuale-per-tutti-gli-usi Predrag Matvejevic fu a suo tempo membro della giuria che con decisione unanime decise di conferire a Petacco un premio letterario per quest'opera...)

www.vecernji-list.hr
  
31.03.2006

PUBLICISTIKA U Italiji tiskana još jedna knjiga u kojoj se napuhavaju žrtve fojbi i egzodus

Fašisticki zlocinci prikazani kao junaci

Autor Piše Armando Cernjul


U Italiji u posljednje desetlje´ce gotovo svake godine izlazi jedna ili više knjiga o zlocinima u fojbama (jamama) i o egzodusu iz Istre, Rijeke, s kvarnerskih otoka i iz Dalmacije, ali o tim publicistickim djelima u našim medijima prava je rijetkost da se objavljuju informacije ili kritike. Tako je bilo i s nedavno objavljenom knjigom "Sopravvissuti i dimenticati. Il dramma delle foibe e lesodo dei giuliano-dalmati" (Preživjeli i zaboravljeni. Drama fojbi i egzodus Julijano-Dalmatinaca), Marca Girarda, novinara i publicista iz Milana, koju je izdao Paoline Editoriale Libri.
Iz naslova je vidljivo da je rijec o još jednoj knjizi bombi u kojoj su napuhani zlocini u jamama i egzodus u današnjoj Hrvatskoj i Sloveniji. Rijec je o brojnim lažima, iako je bilo zlocina koje su pocinili pripadnici NOVJ-a.

Protiv Hrvatske

Posebno su nas zanimali opisani dogadaji u hrvatskoj Istri, koji su na neki nacin usmjereni i protiv današnje Hrvatske. Prije svega, valja re´ci da ´ce knjiga za one koji su upu´ceni u teme što ih obraduje ostati zapam´cena po neocekivanom i sramotnom predgovoru što ga je napisao Walter Veltroni, postkomunisticki gradonacelnik Rima, bivši novinar i direktor komunistickog lista L'Unità. Cak je i on nasjeo neofašistickoj kliki koja je idejni tvorac teze da se skriju i zaborave zlocini Mussolinijeve soldateske na podrucju bivše Jugoslavije gdje je ubijeno više stotina tisu´ca Hrvata, Slovenaca, Srba i drugih.

Knjizi je najve´ci dio novinskog prostora posvetio kriticar trš´canskog Il Piccola Alessandro Mezzena Lona. Pod naslovom "Istra i fojbe: drama u tri glasa" i podnaslovom "Marco Girardo prica o progonima protiv Talijana", nahvalio je autora knjige, a nema pojma o cemu piše. Tako, medu ostalim, iznosi dezinformacije da su dosadašnji slovenski nazivi Umag, Rovinj i Pula nekad bili Umago, Rovigno i Pola. Poznati regionalni kriticar ne zna da su ta tri grada u hrvatskoj Istri!

Medutim, najve´ce je zlo da (ne)svjesno uzdiže jednog od "junaka" knjige Graziana Udovisija, za kojega tvrdi da je jedini preživjeli koji može ispricati što znaci biti strmoglavljen u fojbu.

Tako su citatelji opširnog clanka ostali uskra´ceni za istinu. No ona se ne može skriti iako je od tih dogadaja prošlo mnogo godina. Naime, Graziana Udovisija, fašistickog casnika i nacistickog doušnika, koji je roden u Puli, a živi u Italiji, medunarodni sud osudio je poslije rata u Trstu za zlocine! No, cini se da to ne znaju u Italiji, jer je Udovisiju u povodu prikazivanja talijanskog igranog filma "Srce u jami", koji je izazvao veliko ogorcenje u Sloveniji i Hrvatskoj, na svecanosti u Sanremu 2005., kao "jedinom preživjelom" iz istarske fojbe, dodijeljena nagrada.

Berlusconijeva ku´ca

Još je skandaloznije da je englesko izdanje knjige "Egzodus: Nijekana tragedija Talijana Istre, Dalmacije i Julijske krajine" talijanskog pisca Arriga Petacca (koju je izdao Toronto University Press, a prevoditelj je Konrad Eisenbichler, docent Svecilišta u Torontu, rodom s Lošinja) nedavno dobilo medunarodnu nagradu "Trieste scritture di frontiera" u Trstu. Knjiga je od 1999. u izdanju Berlusconijeve nakladnicke ku´ce Mondadori imala više izdanja, a na hrvatskom 2003. izdao ju je zagrebacki Durieux. Zanimljivo je da je jedan od clanova žirija bio je hrvatski književnik Predrag Matvejevi´c, predavac na rimskom sveucilištu.

Knjiga "Egzodus" puna je povijesnih krivotvorina, u njoj nema nijedne recenice o fašistickim pokoljima u Istri i Rijeci prije i za vrijeme Drugoga svjetskog rata, a po Petaccu, fašisti nisu pocinili zlocine ni u Hrvatskom primorju, Gorskom kotaru i Lici. Jedino navodi manji broj zlocina u Dalmaciji. Ali zato falsificira da su Titovi partizani u fojbe bacili 10.000 ili 20.000 ili 30.000 Talijana te da je poslije rata emigriralo oko 300.000 Talijana. Velica zlocine ustaša i prikriva one koje su pocinili cetnici, koje je naoružala fašisticka Italija! Stoga je nedopustivo da je Durieux knjigu objavio bez predgovora.


Neverending pogroms in Kosmet

(IN ENGLISH - con titoli riassuntivi in italiano. Si noti il
persistente stillicidio di gravi notizie provenienti da questa
martoriata regione, notizie che ci pervengono purtroppo in maniera
sempre meno organica ed oramai solamente in lingua inglese, in un
contesto europeo in cui le informazioni provenienti dal Kosovo sono
sottoposte in tutti i media a severa censura redazionale, ed in un
contesto serbo in cui i media che non siano di stretta osservanza
NATO sono stati spazzati via. Sul sito ANSA Balcani la maggiorparte
degli episodi di violenza ai danni delle comunità kosovare non
albanofone sono omessi, e lo stesso vale per l'unica altra fonte di
informazione che fa un lavoro sistematico in lingua italiana,
Osservatorio Balcani, portale legato alla Commissione Europea. Tutto
questo riguardo ad una regione a noi vicinissima, presidiata da
migliaia di nostri soldati ed agenti "non governativi", ed alla
vigilia di nuovi stravolgimenti della geografia politica balcanica. -
A cura di Italo Slavo-)

NEWS:
# Authorities in Istok, Kosovo Ban Expatriated Serbs from Returning
Tomorrow
AI SERBI DI ISTOK IMPEDITO IL RIENTRO NELLE CASE
# Retired US general appointed UN deputy chief in Kosovo
STATUNITENSE NOMINATO VICE CAPO ONU IN KOSMET
# Makfax: 2 Killed, 8 Wounded in Firing in Kosovo
DUE MORTI ED OTTO FERITI IN SPARATORIA
# UNMIK tires slashed
PROVOCAZIONI CONTRO L'UNMIK DAI SEPARATISTI
# Home of Kosovo Serb Attacked
ATTACCO CONTRO CASA DI SERBI
# Two more attacks in Mitrovica
ALTRI DUE ATTACCHI CONTRO CASE DI SERBI
# Ceku says Kosovo doesn't recognize border agreement
IL "GOVERNO" DEL CRIMINALE CEKU NON RICONOSCE IL CONFINE CON LA
MACEDONIA
# Blast Shakes Town of Zubin Potok, Kosovo
ATTENTATO ALLA MUNICIPALITA' DI ZUBIN POTOK
# Kosovo’s PM: Operation for Liberation of Kosovo Is The First Step
Towards NATO’s Transformation
IL CRIMINALE CEKU: LA NATO E' IL NOSTRO OMBRELLO, GRAZIE PER AVERCI
LIBERATO
# Two People Die in Explosion in Kosovo Mitrovica
DUE MORTI IN ESPLOSIONE A MITROVICA
# Kosovo PM Calls for Independence in Sofia
IL CRIMINALE CEKU PER LA "INDIPENDENZA DELLA KOSSOVA"
# Kosovo Independence Would Destabilize the Balkans: Russian Official
"INDIPENDENZA": RUSSI PREOCCUPATI, BERISHA ENTUSIASTA
# Gorans request to be granted municipality in Kosovo
AL "TAVOLO NEGOZIALE" AUSTRIACO I GORANI CHIEDONO UNA MUNICIPALITA'
# Austrian writer Peter Handke in Kosovo
PETER HANDKE IN KOSOVO ASSISTE DIRETTAMENTE A VIOLENZE CONTRO SERBI E
SI GUADAGNA L'OSTRACISMO DELLE MAFIE CULTURAL-POLITICHE OCCIDENTALI
# Jessen-Petersen Signs Act for Protection of Families of KLA Members
L'UNMIK LAVORA PER RICONOSCERE SPECIALI DIRITTI ALLE FAMIGLIE DI
20MILA MILIZIANI DELL'UCK
# Montenegro's Albanians demand statehood rights
GLI ALBANESI DEL MONTENEGRO VOGLIONO IL DISTACCO DALLA SERBIA PER
POTERSI POI STACCARE ANCHE DAL MONTENEGRO ED ANNETTERSI ALLA GRANDE
ALBANIA PROSSIMA VENTURA
# Serb bus attacked
USUALE SASSAIOLA CONTRO AUTOBUS DI LINEA
# Serbia Wants 13 Municipalities in Kosovo
AL "TAVOLO NEGOZIALE" AUSTRIACO I SERBI CHIEDONO 13 MUNICIPALITA'
# Suspected Kosovo war criminal held in Germany
AGUZZINO DELL'UCK FERMATO IN GERMANIA
# Two Serb Youths Wounded in Skirmish in Kosovo
DUE BENZINAI VENTENNI, SERBI KOSOVARI, BERSAGLIATI DA CECCHINI SONO
ORA IN FIN DI VITA
# UNMIK expects a wave of violence
L'UNMIK SI ASPETTA ULTERIORI VIOLENZE
# Makfax: Kosovo's Government Takes-Over Police, Judiciary Sector
TRASFERIMENTO DI COMPETENZE DALL'UNMIK AL COSIDDETTO "GOVERNO KOSOVARO"
# NATO urged to protect Kosovo Serbs after attacks
IL GOVERNO DELLA SERBIA CHIEDE ALLA NATO (SIC) DI PROTEGGERE I SERBI
KOSOVARI

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LINKS:

AIRPORT CORRUPTION ROW INFLAMES KOSOVO

(SCANDALO CORRUZIONE ALL'AEREOPORTO DI PRISTINA, COINVOLTA L'ONU)

UNMIK accused of turning blind eye to an explosive probe that lifts
lid on fraud and bribery at Pristina Airport.
By Krenar Gashi in Pristina (Balkan Insight, 20 Apr 06)
Opposition parties and civil society groups here have accused the
head of the entity's UN authority and the Kosovo government of
downplaying a damning report on Pristina Airport, which alleges that
corruption has flourished in the public company...

http://www.birn.eu.com/insight_31_1_eng.php


=== NEWS ===

http://www.focus-fen.net/index.php?catid=144&ch=0&newsid=86783

Focus News Agency (Bulgaria) - April 19, 2006

Authorities in Istok, Kosovo Ban Expatriated Serbs from Returning
Tomorrow

Kosovska Mitrovica - Even though local authorities in
the town of Istok in Kosovo gave their permission for
expatriated Serbs to start returning, they decided not
to allow the first group of returning expatriates to
settle in the center prepared for them in one of the
town’s residential quarters, Serbian radio station B92
reports.
Coordination Center for Kosovo announced that 30
returning Serbs, who in the last 7 years have been
living with their families in central Serbia, have
decided not to give up their right and are arriving to
Kosovo tomorrow.
The returning Serbs will be met tomorrow by the
Commander of the local Spanish KFOR contingent.
The Commander confirmed his soldiers will guarantee
the security of the returning expatriates.

---

http://news.xinhuanet.com/english/2006-04/20/content_4450290.htm

Xinhua News Agency - April 19, 2006

Retired US general appointed UN deputy chief in Kosovo

BELGRADE - Retired U.S. brigadier general Steven
Schook has been appointed the deputy chief of the
United Nations mission in Kosovo, a UN spokesman said
in the Kosovo capital of Pristina on Wednesday.
Spokesman Gyorgy Kakuk said that Schook, who was born
in 1953, has served as chief of general staff of the
NATO's peacekeeping forces in Kosovo.
During his military career, Schook was also a NATO
commander and senior military representative in
Sarajevo, as well as a commander of NATO-led
international forces in Bosnia-Herzegovina.
Kosovo remains legally part of Serbia-Montenegro,
although it has been run by the United Nations since
NATO bombing forced out Serbian forces in 1999.
There are some 17,500 NATO-led peacekeeping forces in
Kosovo, including about 1,700 U.S. soldiers.
---

http://www.focus-fen.net/index.php?catid=144&newsid=86961&ch=0

Focus News Agency (Bulgaria) - April 22, 2006

Makfax: 2 Killed, 8 Wounded in Firing in Kosovo

Lipljan - Two people were killed and eight were
injured in a firing near the town of Lipljan, Kosovo,
Macedonian agency Makfax reported.
Kosovo police spokesperson Sabri Kamberi said three
people were seriously injured.
All of the injured were rushed to hospital.
The identity of the victims and the injured, as well
as the reasons for the incident were not known, reads
a statement of Belgrade-based agency Fonet cited by
Makfax.

---

http://www.b92.net/english/news/index.php?nav_id=34590&style=headlines

Beta (Serbia and Montenegro) - April 22, 2006

UNMIK tires slashed

PRISTINA - Albanian activists slashed the tires of
about twenty UNMIK jeeps.
The jeeps were parked across the street from the
Pristina International Administration, and were
vandalised by activists of the Movement of Kosovo
Albanians for the Freedom of Choice, who want the UN
mission to exit the region.
At the time of the incident, UNMIK Chief Soeren Jessen
Petersen was meeting with Portuguese President Aníbal
Cavaco Silva inside the building.
The activities put an “F” in front and a “D” in behind
the letters “UN” on the jeeps to spell “FUND,” which
means “the end” in Albanian.
The movement, lead by student Aljbin Kurti, also
opposes the direct discussions regarding the Kosovo
status question between Belgrade and Pristina.

---

http://www.focus-fen.net/index.php?catid=144&newsid=87017&ch=0

Focus News Agency (Bulgaria) - April 23, 2006

Home of Kosovo Serb Attacked

Tucep - The home of Danilo Dzolic (75) was attacked by
an armed group at about 1 a.m. this morning in Kosovo
village of Tucep, RTS reports.
No one was injured during the attack, but the house in
which Dzolic and his wife were at that moment is
damaged.
The attackers most probably wanted to steal Dzolic’s
tractor because so far four tractors had been stolen
in the village.
Tucep residents chased away the attackers by firing
their hunting guns, *which Kosovo police and KFOR
confiscated today.*
The Serbs living in the village expressed their
concerns the attacks might happen again.

---

http://www.b92.net/english/news/index.php?nav_id=34594&style=headlines

FoNet/Beta (Serbia and Montenegro) - April 24, 2006

Two more attacks in Mitrovica

PRISTINA - Two more Serbian homes were attacked over
the weekend in Kosovo.
Yesterday afternoon, a group of young Albanians
shattered the windows of Milovan Bozovic's home in the
northern part of Kosovksa Mitrovica.
Living in the home is a refugee from Prizren,
Miroslava Repic.
Later in the day, rocks were thrown at a vehicle
belonging to a Serb in Suva Dola, an attack confirmed
by the Kosovo police.
The Kosovo Police Service said that other than
material damage, there were no other consequences of
these attacks.
Yesterday morning, a group of unidentified, armed
attackers shot at the home of Danilo Dzolic in the
Kosovo village of Tucep, near Istok.
Dzolic's wife was in the home at the time, but did not
sustain any injuries.
The house did suffer material damage, however. Serbian
sources from the village said that the attackers were
most likely looking to steal Dzolic's tractor, because
at least four tractors have ben stolen from the
village recently.
Tucep villagers scared the attackers away by firing
shots from their hunting guns, which were confiscated
later on by the KPS and KFOR during the investigation.
Many people in the village say that they are afraid
that the attacks on their village will continue.

---

http://www.makfax.com.mk/look/agencija/article.tpl?
IdLanguage=1&IdPublication=1&NrArticle=20531&NrIssue=449&NrSection=20

MakFax (Macedonia) - April 25, 2006

Ceku says Kosovo doesn't recognize border agreement

Pristina - The border agreement signed by Skopje and
Belgrade in 2001 is invalid and Kosovo's government
does not recognize it, Kosovo's Prime Minister Agim
Ceku said after the meeting with [Macedonian]
Democratic Party of Albanians (DPA) leader Arben
Xhaferi.
Media in Pristina and Tirana quote Ceku as saying that
demarcation of Macedonia-Kosovo border will be
addressed in an appropriate momentum after the
resolution of Kosovo's political status.
As regards border demarcation, DPA leader Xhaferi said
the issue should be solved in accordance with Contact
Group instructions.

http://www.mia.com.mk/ang/glavnavest/lastvest.asp?vest=\Refresh1
\444-2604.htm

Macedonian Information Agency - April 26, 2006

PRESIDENT CRVENKOVSKI: CEKU'S STATEMENT NOT IN FAVOR OF GOOD-
NEIGHBORLY RELATIONS

The position of Kosovo Prime Minister Agim Ceku for
not recognizing Skopje-Belgrade agreement on border
demarcation is not in favor of good-neighborly
relations, President Branko Crvenkovski told
journalists Wednesday in Kocani.
"It is neither in favor of the good-neighborly
relations nor of intentions of interim Kosovo
authorities for the Kosovo future. The statement also
presents a severe blow to the international community
policy for the region. I have said in numerous
occasions that the interim Kosovo government has no
legitimacy, and obviously no will to be the main
factor for demarcating the border on the other side,"
Crvenkovski said.
He pointed out that Macedonia did not intend to
re-negotiate the border demarcation issue, as in 2001
the country had signed an agreement on the matter with
Belgrade, than the Federal Republic of Yugoslavia (now
Serbia/Montenegro), which is internationally
recognized.
"It is not an administrative, but international
border, and we are speaking only about a technical
operation....Considering the UN Resolution 1244 and
the fact that Kosovo is under UN administration, the
main factor we should communicate with and ask for the
completion of this operation is the international
community, above all Brussels, New York and
Washington," Crvenkovski said.

http://www.focus-fen.net/index.php?catid=123&newsid=87214&ch=0

Focus News Agency (Bulgaria) - April 26, 2006

Macedonian President: Statement of Kosovo PM doesn’t
Contribute to Good Neighborly Relations

Skopje - The statement of Kosovo Prime Minister Agim
Ceku, who said that he doesn’t recognize the agreement
between Skopje and Belgrade on the border near Kosovo,
doesn’t contribute to the good neighbourly relations,
Macedonian President Branko Crvenkovski said,
Macedonian agency MIA reported.
It is not favorable for the good neighbourly relations
and for the interim Kosovo authorities' plans for the
future of the province.
The statement is a serious blow on the international
community’s policy on the region”, Crvenkovski said.

http://www.focus-fen.net/index.php?catid=123&newsid=87354&ch=0

Focus News Agency (Bulgaria) - April 28, 2006

Vecer: Macedonian Government Should Request New
Resolution of UN Security Council for Border with
Kosovo

Skopje - The Macedonian Government with the support of
all political parties should request a new resolution
from the UN Security Council to adopt a new
resolution, with which Kosovo authorities and the
administration of the UN mission in Kosovo /UNMIK/
will be obliged to participate and to perform the
demarcation of the border with Macedonia before the
settlement of the final statute of Kosovo, Slobodan
Causle from VMRO–NP said, cited by the Macedonian
daily Vecer.

---

http://www.focus-fen.net/index.php?catid=144&newsid=87183&ch=0

Focus News Agency (Bulgaria) - April 26, 2006

Blast Shakes Town of Zubin Potok, Kosovo

Zubin Potok - An explosive device blew up at about
1.30 a.m. in center of Kosovo town of Zubin Potok,
spokesperson for UNMIK police Larry Miller said cited
by RTS.
The bomb was thrown at the building of the
municipality court and the Social Activities Center.
Two cars parked in front of the building and an UNMIK
vehicle were damaged in the explosion.
The windows of the edifice and the nearby houses were
smashed.
According to preliminary information the bomb was
thrown from a moving black Audi, which after the blast
drove off to southern Mitrovica.

---

http://www.focus-fen.net/index.php?catid=113&newsid=87394&ch=0

Focus News Agency (Bulgaria) - April 29, 2006 - Ivan RADEV

Kosovo’s PM: Operation for Liberation of Kosovo Is The First Step
Towards NATO’s Transformation

Sofia - Kosovo witnessed the most remarkable coalition
after World War II, Kosovo’s Prime Minister Agim Ceku
stated during the conference “NATO’s Transformation –
New Borders of Security” which is taking place in
Boyana residence in Sofia, FOCUS News Agency reporter
informs.
According to him the operation for liberation of
Kosovo is the first step towards NATO’s
transformation.
Ceku noted that Kosovo will remain under “NATO’s
protective umbrella” but it must form its own small
military force, which would be a sign of its
sovereignty.

---

http://www.focus-fen.net/index.php?catid=144&newsid=87433&ch=0

Focus News Agency (Bulgaria) - April 30, 2006

Two People Die in Explosion in Kosovo Mitrovica

Kosovo Mitrovica - Two people died in explosion in a
house in Northern Kosovo Mitrovica, the Spokesman of
the UN Mission in Kosovo /UNMIK/ Larry Moller said,
cited by Radio Televisija Srbije.
The exact reason for the explosion is still not known,
Miller said and added that a special team of
criminologists had arrived before the arrival of the
KFOR special group.

---

http://www.novinite.com/view_news.php?id=62748

Sofia News Agency - April 20, 2006

Kosovo PM Calls for Independence in Sofia

Kosovo's prime minister defended in Sofia the point
that the province should become an independent state,
integrated in NATO and the EU.
Agim Ceku took part in the conference "NATO
transformation - Facing new security frontiers" that
took place in the outskirts of Bulgaria's capital. The
forum followed an informal meeting of NATO foreign
ministers, joined by dozens of delegations as well as
the US State Secretary Condoleezza Rice.
Ceku complained that talks with Belgrade were not
going smoothly. "They want more than we can give, and
than the international community can accept," the
leader said.
Bulgaria's foreign minister advised Ceku to take
decisive steps for adopting the international
standards for Kosovo.
Bulgaria tries to stimulate a positive atmosphere in
negotiations over the statute of Kosovo, Minister
Ivaylo Kalfin underlined.
Kalfin and Ceku agreed that security in the Balkan
region should be the main motivation for both sides in
the talks.

---

http://www.defensenews.com/story.php?F=1739116&C=europe

Agence France-Press - April 28, 2006

Kosovo Independence Would Destabilize the Balkans: Russian Official

SOFIA, Bulgaria - Independence for Kosovo would
destabilize the Balkans, Russian Foreign Minister
Sergei Lavrov warned April 28 after talks with NATO
counterparts in the Bulgarian capital Sofia.
”We don’t agree with those trying to persuade us...
that there is no alternative to Kosovo independence,”
he told reporters.
”That is a fairly dangerous path that could lead to
dangerous consequences for the region and create a
precedent for other conflict situations,” he said.
Still technically a province of Serbia, Kosovo has
been administered by the United Nations since Serb
forces were forced out by NATO-led air war in 1999.
The international community hopes to settle Kosovo’s
status by the end of this year, and talks have begun
between Belgrade and the ethnic Albanian government in
Pristina on the territory’s future status.
Lavrov called on Pristina to respect U.N. Security
Council “standards” and “to create conditions in
Kosovo to guarantee the return of refugees” — Kosovar
Serbs forced out of the territory.
Russia has long sided with Serbia in challenging moves
to proclaim Kosovo independence.
The foreign minister of Serbia-Montenegro, Vuk
Draskovic, said in Paris Wednesday that Kosovar
independence would pose a major obstacle to Serbian-EU
relations.
”It would seen as a humiliation ... Kosovo is the
spiritual cradle of the Serbs,” he said, though he
added that Belgrade was willing to offer “internal
independence.”
But on April 27, Prime Minister Sali Berisha of
neighboring Albania told France’s Le Figaro newspaper
that “no plan other than the independence of Kosovo
can bring peace and stability.”

---

http://www.makfax.com.mk/look/agencija/article.tpl?
IdLanguage=1&IdPublication=1&NrArticle=20687&NrIssue=452&NrSection=20

MakFax (Macedonia) - April 28, 2006

Gorans request to be granted municipality in Kosovo

Pristina - Political representatives of the minority
communities in Kosovo requested from the Kosovo's
negotiating team establishing of new municipalities in
the course of the decentralization process, in which
they would comprise majority populations.
Representatives of the Goran and Bosnian communities
demand for setting up new municipalities in
Vitomirica, Recane, and in the part of Dragas
Municipality, inhabited by Gorans and Bosnians.
Lutfi Zahiri, Vice-President of the Kosovo's
Government and Minister of Local Self-Government held
talks with political representatives of the Kosovo's
Serbs and other minority communities ahead of the next
round of Pristina-Belgrade negotiations slated for 4th
May in Vienna.
"Forming of new Municipalities where Serbs, Bosnians,
Gorans or Turks would consist majority population has
been requested. We are currently conducting analyses
on economic sustainability and functioning of such
municipalities, pending concrete proposal on this",
Zahiri said.

---

http://www.blic.co.yu/danas/broj/E-Index.htm#9

Blic (Serbia and Montenegro) - April 28, 2006

Austrian writer Peter Handke in Kosovo
This is a universe of pain

Standing on the side of justice, as he said, and
always with the victims, Austrian writer Peter Handke
visited Kosovo several days ago.
Standing at burnt homes of the Nikolices, Kostices,
Bozanices and Bandices in the villages of Retimlje and
Opterusa near Orahovac, Handke said: 'These are
universes of pain. I do not have the right to speak. I
shall keep silent, I have to keep silent. Thank you
for making it possible for me to see this horror
personally. This is not the 21st century'.
Together with a group of domestic and foreign writers,
Handke visited the most jeopardized locations in
Kosovo under patronage of the Coordination Center.
'He was speechless but he promised to tell in his way
the horror that Kosovo Serbs are exposed to', the
organizer of the visit Ranko Djinovic said.
'Feeling terrible that a mother cannot find her son's
grave in a destroyed cemetery in Retimlje, Hendke
defended a Serb woman who at that moment was verbally
attacked by Albanians.
'He managed to get from Austrian KFOR commander a
helicopter escort in continuation of the visit but was
astonished to witness the stoning of the convoy in
downtown Decani in spite of an escort and a minute
later while approaching the Monastery of Visoki
Decani', Djinovic said.
Handke left yesterday but promised to return soon with
a far larger number of writers having world reputation
in spite of the threats he received 'in order to awake
the world that has fallen asleep'.

---

http://www.focus-fen.net/index.php?catid=144&newsid=87638&ch=0

Focus News Agency (Bulgaria) - May 3, 2006

Jessen-Petersen Signs Act for Protection of Families of KLA Members

Pristina - The head of the UN Mission in Kosovo
(UNMIK) Søren Jessen-Petersen signed a law that
ensures institutional protection to the families of
the over 20,000 members of Kosovo Liberation Army
(KLA), thus acknowledging their contribution to
“Kosovo’s liberation”, Pristina media inform cited by
TANJUG.
Petersen stated the wounds from the war will heal
slowly but “the law acknowledges the contribution of
the militaries to Kosovo’s freedom,” Koha Ditore
newspaper reads.

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http://www.makfax.com.mk/look/novina/article.tpl?
IdLanguage=1&IdPublication=2&NrArticle=21345&NrIssue=13&NrSection=20

MakFax (Macedonia) - May 8, 2006

Montenegro's Albanians demand statehood rights

New York - Albanian parties in Montenegro said they
will back Montenegro's independence in the upcoming
referendum but only if they are given the rights of
statehood nation.
In the course of three-day conference of the
Democratic League of Albanians, which took place in
New York last weekend, the ethnic Albanian political
leaders from Montenegro confirmed that they would vote
in the referendum slated for 21 May.
The leader of the Democratic League of Albanians,
Mehmed Bardhi, said once Montenegro is granted
independence from Serbia, the next step would be to
define the rights of Albanians in Montenegro.
"We support the pro-independence bloc, but we are not
inside the bloc," Bardhi said.

---

http://www.b92.net/english/news/index.php?
&nav_category=&nav_id=34826&order=priority&style=headlines

Beta (Serbia and Montenegro) - May 9, 2006

Serb bus attacked

KOSOVSKA MITROVICA - A group of Albanian youths in the
village of Rudnik threw rocks at a bus full of Serbs.
The bus was travelling from Osojana to Kosovska
Mitrovica. Serbian sources from Kosovo told Beta that
no one was injured in the attack, but that the bus,
which is clearly marked as a vehicle of the United
Nations, sustained material damage.
Windows on the bus were broken, according to the
sources, who added that this bus which takes Serbs
from Osojana to Kosovska Mitrovica every week is
attacked almost every single time it passes through
this Albanian village.
Beta’s source said that the attackers are mostly
under-aged youths, but added that older individuals
are always present when the attacks occur.

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http://www.focus-fen.net/index.php?catid=144&newsid=88156&ch=0

Focus News Agency (Bulgaria) - May 11, 2006

Serbia Wants 13 Municipalities in Kosovo

Belgrade - The Serbian negotiating team for Kosovo
talks tabled at the last round of talks in Vienna on
May 4th and 5th a map in which it pointed its proposed
new Serbian municipalities, 13 of which would be with
Serbian majority and one with Turkish, one with Goran
and one with Roma majority, the Serbian newspaper
Politika reads today.
Serbia’s proposal includes the territories in which
the Serbs are a majority at the moment and which are
big enough to host the emigrants who are to return at
a later stage.
The Albanian negotiating team proposed only three
municipalities.

---

http://www.b92.net/english/news/index.php?
&nav_category=&nav_id=34845&order=priority&style=headlines

FoNet (Serbia and Montenegro) - May 10, 2006

Former KLA member arrested

FRANKFURT - A former member of the Kosovo Liberation
Army has been arrested in Germany.
According to Frankfurt prosecutors, the suspect is
wanted by UNMIK under suspicions of being involved in
activities of genocide.
The unidentified male was, according to UNMIK, the
commander of a Kosovo concentration camp in 1998 and
is suspected of committing genocide.
He was arrest on Monday and is awaiting extradition,
according to the Associated Press.

http://www.expatica.com/source/site_article.asp?
subchannel_id=26&story_id=29912&name=Suspected+Kosovo+war+criminal
+held+in+Germany

Deutsche Presse-Agentur - May 10, 2006

Suspected Kosovo war criminal held in Germany

FRANKFURT - German police have arrested a man
suspected of war crimes in Kosovo eight years ago,
prosecutors said Wednesday.
The 38-year-old, identified only as X.G., was in
charge of a prison camp where many people died,
prosecutors in Frankfurt said.
He was also believed to be a leading figure in the
Kosovo Liberation Army (UCK).
The United Nations Mission in Kosovo has asked for the
suspect to be extradited.
He was detained by national police in the small town
of Seeheim- Jugenheim, south of Frankfurt.

http://www.blic.co.yu/danas/broj/E-Index.htm#7

Blic (Serbia and Montenegro) - May 11, 2006

'Blic' reveals identity of KLA leader arrested in Germany

Agim Ceku's man led a concentration camp for Serbs.
A former leader of the Kosovo Liberation Army arrested
in Germany on Monday is Djemail Gashi, nicknamed
German, 'Blic' found out.
UNMIK requested extradition of Gashi because of
genocide.
He is suspected to have taken part in genocide in 1998
in Kosovo and that he is responsible for the
abduction, torture and killing of hundreds of Kosovo
Serbs.
The 'Blic' source claims that Gashi was commander of
the concentration camp at Drenovac and that his
immediate superior was Agim Ceku.

---

http://www.focus-fen.net/index.php?catid=144&newsid=88135&ch=0

Focus News Agency (Bulgaria) - May 11, 2006

Two Serb Youths Wounded in Skirmish in Kosovo

Kosovska Mitrovica - Two Serbian youths, employees at
a petrol station in Grabovac, near Kosovska Mitrovica,
were seriously wounded this morning when an unknown
attacker shot at them with an automatic gun, RTS
reports.
The two youths were admitted into the hospital in
northern Kosovska Mitrovica and their condition is
serious.
Kosovo police examined the crime scene and started
investigation on the case.

http://www.b92.net/english/news/index.php?
&nav_category=&nav_id=34853&order=priority&style=headlines

Beta (Serbia and Montenegro) - May 11, 2006

Serbs shot in Kosovo

KOSOVSKA MITROVICA - Two Serbs were seriously injured
in an armed attack in the village of Grabovac, near
Kosovska Mitrovica.
Serbian sources in Kosovo told Beta that unknown
assailants attacked Jovan Miloševiæ and Jablan Jevtiæ
using automatic weapons. The two Serbian gas station
workers were attacked at about 3:30 am and taken to
the hospital. After undergoing operations they are
currently in critical condition.
According to Kosovska Mitrovica physicians, both are
in intensive care and remain in critical condition.
Jevtiæ lost a great amount of blood and Miloševiæ
suffered multiple gunshot wounds.
This is the third violent incident against Serbs in
the area in recent days. The first was a shooting in
the village of Rudar at the Secretary of the
Raško-Prizren Eparchy and the second was a stoning of
a bus full of Serbs in the village of Rudnik.

http://www.adnki.com/index_2Level_English.php?
cat=Politics&loid=8.0.296955640&par=0

AKI Kronos International (Italy) - May 11, 2006

KOSOVO: TWO YOUTHS CRITICALLY INJURED IN ATTACK NEAR ETHNICALLY
DIVIDED TOWN

Belgrade - Medics were on Thursday fighting to save
the lives of two Serbian youths seriously injured in
an attack late on Wednesday in Kosovo's
ethnically-divided town of Kosovska Mitrovica.
Jovan Milosevic (19) and Jablan Jeftic (21) were
working at a petrol station near the town when unknown
attackers armed with automatic weapons opened fire on
them, the Serbian news agency Tanjug reported.
In ongoing talks on Kosovo's future status, ethnic
Albanian and Serb negotiators failed to resolve the
fate of Kosovska Mitrovica, split into Serb and ethnic
Albanian areas since June, 1999, and where ethnic
tensions still flare.
....
Earlier this week in the same area, a vehicle carrying
Serbian priest Srdjan Stojkovic and his family came
under fire but they escaped injury.
UN-mediated talks on Kosovo's future status have
failed to resolve the fate of Kosovska Mitrovica.
Serbs want to create their own municipality in the
north, while Albanians said the towns should be
re-united and organised into two sub-municipalities.
Nearly three thousand Serbs and non-ethnic Albanians -
who form a minority in the province - have been killed
or listed as missing since Kosovo was put under United
Nations control, according the International Red Cross
and other sources. Serbian forces withdrew from the
province after the ethnic Albanian uprising and the
NATO bombings in 1999. Over 200,000 Serbs have since
fled Kosovo.
The number of armed incidents has recently increased
as the UN-sponsored talks have seemed to make little
progress in bringing the two sides closer.
The fourth round of talks ended last Friday without
any agreement being reached over the creation of new
non-Albanian municipalities - particularly
Serb-majority ones - and their boundaries.
The approximately 100,000 Serbs remaining in Kosovo
form a tiny minority compared with its 1.7 ethnic
Albanians - most of whom are Muslim and want
independence, a move which Belgrade continues to
oppose.
The fifth round of talks is scheduled for 23 May, and
will tackle the issue of protection of Serb religious
sites in the province.
The UN-mediated talks aim to finalise Kosovo's status
by the end of the year.

---

http://www.b92.net/english/news/index.php?
&nav_category=&nav_id=34847&order=priority&style=headlines

B92 (Serbia and Montenegro) - May 11, 2006

UNMIK expects a wave of violence

PRIŠTINA - UNMIK police say that the recent increase
of attacks on Serbs is a reason for concern in Kosovo.
“After the stoning of the bus, we are practicing in
order to react quickly in unforeseen situations, and
the mission chief is continuing the investigation.”
UNMIK representative Nirad Sing told daily Glas
Javnosti, adding that conflicts do not serve in the
best interest of Kosovo and that it is time for both
sides to realise that.
Commenting the most recent attack on a bus full of
Serbs, UNMIK said that these actions are initiated by
people who want to see the Kosovo status discussions
called off. They added that the situation is getting
more and more critical everyday, and that UNMIK will
be preparing its police officers for similar
incidents.
“On the same night that the United Nations bus which
was carrying Serbs was stoned, we started to test our
forces to see how fast we can react in unexpected
situations.” said UNMIK spokesperson Kelly Collins
Mcmurry, adding that UNMIK’s task is to protect all
people in Kosovo.
She added that the police are not able to stop all
crimes in any region of the world, and that UNMIK is
well aware of the potential problems in Kosovo, adding
that its forces will be well-prepared.

---

http://www.focus-fen.net/index.php?catid=144&newsid=88182&ch=0

Focus News Agency (Bulgaria) - May 11, 2006

Makfax: Kosovo's Government Takes-Over Police, Judiciary Sector

Pristina - The UN Mission in Kosovo (UNMIK) handed
over the competencies in police and judiciary to the
province's interim institutions, the Macedonian Makfax
agency reports.
"UNMIK had reduced the mechanism's role dealing with
police and judiciary as it completes the transfer of
competencies to the province's newly created
ministries of justice and internal affairs," UN
spokesman in Kosovo Neeraj Singh said.
UNMIK will have an advising role and assist in
implementing UN's policies in those fields, Singh
said.

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http://www.spacewar.com/2006/060512144307.2d66ls32.html

Agence France-Presse - May 12, 2006

NATO urged to protect Kosovo Serbs after attacks

BELGRADE - Serbian President Boris Tadic on Friday
urged NATO chief Jaap de Hoop Scheffer to step up
security in Kosovo after a recent spate of attacks on
the Serb minority there.
"In a telephone conversation Tadic expressed his
concern for the security situation in Kosovo due to
frequent attacks on Serbs, their property and
monuments," his office said in a statement.
Tadic made the call a day after two Serbs suffered
serious wounds when gunmen fired at them in the tense
northern region of Kosovo, the disputed Serbian
province with an independence-seeking Albanian
majority.
Kosovo's police force said robbery was the motive for
the petrol pump attack, but local Serb leaders stated
it was ethnically motivated as nothing had been
stolen.
Separately, a Serbian Orthodox Church was damaged in
the northern town of Podujevo on Thursday, and a
UN-marked bus carrying Serbs was stoned en route to
the region's ethnically divided town of Kosovska
Mitrovica on Friday, Belgrade media reported.
On Thursday, the NATO secretary general visited the
troubled province, warning that the military alliance
would not let extremists endanger talks between
Belgrade and Pristina aimed at solving the future
status of the province.
"Tadic strongly condemned the incidents and demanded
that international military forces increase security
in Kosovo and enable the protection of people, their
homes, churches and monasteries," the statement said.
"The president of Serbia particularly emphasised that
security is a key factor for Serbs' to stay in
Kosovo," it added.
Since the end of Kosovo's 1998-1999 conflict, some
200,000 Serbs have fled the province fearing reprisals
[sic] by ethnic Albanian extremists, while the
remaining about 100,000 live in fear for their lives
and property.
NATO-led peacekeepers have been deployed throughout
Kosovo since mid-1995, when the alliance's bombing
campaign drove out Serb troops for a crackdown against
separatist Albanians.
Kosovo's ethnic Albanians make up about 90 percent of
the province's population of around two million
people.

Parliamo dunque della Jugoslavia

di Peter Handke

Finalmente, dopo più di un decennio di linguaggio giornalistico a
senso (e a non-senso) unico, sembra che si stia creando un'apertura
in Francia nella stampa (1), forse non soltanto in Francia, per
parlare in modo diverso - o semplicemente per cominciare a parlare -
della Jugoslavia.
Sembrano divenuti possibili un dibattito, una discussione, un
discorso, una fruttuosa contesa, un interrogarsi comune, e narrazioni
che si parlano... Prima c'era il nulla e ancora il nulla,
diffamazioni al posto del dibattito, costruite con parole
prefabbricate, ripetute all'infinito e utilizzate come armi automatiche.
Allarghiamo dunque questa breccia o apertura, questa primavera di
parole. Ascoltiamoci finalmente gli uni e gli altri invece di urlare
e abbaiare da due campi nemici. Ma non tolleriamo più nemmeno quegli
esseri (?), quelle anime (?) cattive (!) che, nel tragico dilemma
jugoslavo, continuano a lanciare parole-proiettili come
«revisionismo», «apartheid», «Hitler», «dittatura sanguinaria», ecc.
Fermiamo ogni paragone e parallelo su quello che riguarda la guerra
nella Jugoslavia. Restiamo agli avvenimenti che, come avvenimenti di
una guerra civile, innescata o almeno coprodotta da un'Europa in
malafede o, perlomeno, ignorante, pure se già messi a nudo restano
per tutte le parti comunque terribili. Smettiamola di paragonare
Slobodan Milosevic a Hitler. Smettiamola di paragonare lui e sua
moglie Mira Markovic a Macbeth e alla sua Lady o di fare paralleli
tra la coppia e il dittatore Ceausescu e la sua donna. E non usiamo
mai più per i campi disseminati nella guerra di secessione in
Jugoslavia l'espressione «campi di concentramento».
E' vero: c'erano campi intollerabili tra il 1992 e il 1995 nel
territorio delle Repubbliche jugoslave, soprattutto in Bosnia. Però
smettiamo di legare meccanicamente nella nostra testa questi campi ai
serbi bosniaci: c'erano anche campi croati e anche campi musulmani, e
i crimini che vi sono stati commessi vengono e verranno giudicati dal
Tribunale dell'Aja. E, finalmente, smettiamola di legare i massacri
(dei quali - al plurale - quelli di Srebrenica del luglio 1995 sono
di gran lunga i più atroci) alle forze armate o ai paramilitari
serbi. Ascoltiamo anche - finalmente - i sopravvissuti ai massacri
compiuti dai musulmani nei numerosi villaggi serbi attorno a
Srebrenica - musulmana - massacri commessi e ripetuti nei tre anni
che precedettero la caduta di Srebrenica, stragi guidate dal
comandante di Srebrenica che portarono nel luglio 1995 - una vendetta
infernale e una vergogna incancellabile per i responsabili
serbobosniaci - alla grande mattanza, e per una volta la parola che è
stata spesso ripetuta è davvero giusta, «la più grande in Europa dopo
la Seconda guerra mondiale». Aggiungendo questa informazione: che
tutti i soldati e gli uomini di Srebrenica che sono fuggiti dalla
Bosnia serba traversando il fiume Drina, la frontiera tra i due
Stati, fuggivano in Serbia, paese all'epoca sotto l'autorità di
Milosevic, che tutti questi soldati arrivando nella cosiddetta Serbia
nemica venivano salvati, senza che lì si verificassero uccisioni o
stragi.
Sì, ascoltiamo, dopo aver ascoltato «le madri di Srebrenica», anche
le madri o una sola madre del vicino villaggio serbo di Kravica,
raccontare il massacro del Natale ortodosso 1992-1993, perpetrato
dalle forze musulmane di Srebrenica, un massacro anche contro le
donne e i bambini di Kravica (il solo crimine per il quale vale la
parola genocidio).
E smettiamola di associare gli «snipers» di Sarajevo ciecamente ai
«serbi»: la maggior parte dei caschi blu francesi uccisi a Sarajevo
furono vittime dei cecchini musulmani. E smettiamola di collegare
l'assedio (orribile, stupido, incomprensibile) di Sarajevo
esclusivamente all'armata serbobosniaca: nella Sarajevo degli anni
1992-1995, decine di migliaia di civili serbi rimasero bloccati nei
quartieri del centro, come Grbavica, che a loro volta erano assediati
- eccome se lo erano! - dalle forze musulmane. E basta attribuire gli
stupri soltanto ai serbi. Smettiamola di collegare le parole in modo
unilaterale, alla maniera del cane di Pavlov. Allarghiamo l'apertura
che ci si presenta. Che la breccia non sia più ostruita da parole
marce e avvelenate. Resti fuori ogni mente malvagia. Abbandoniamo
finalmente questo linguaggio. Impariamo l'arte della domanda,
viaggiamo nel paese sonoro, in nome della Jugoslavia, in nome di
un'altra Europa. Viva l'altra Europa. Viva la Jugoslavia. Zivela
Jugoslavija.

(1) Tra gli altri, gli articoli di Brigitte Salino e di Anne Weber su
Le Monde del 4 maggio, il commento di Pierre Marcabru nel Figaro
dello stesso giorno e l'appello di Christian Salmon su Libération del 5.


Questo articolo dello scrittore e drammaturgo austriaco censurato
dalla Comédie Française «perché è andato al funerale di Milosevic», è
uscito mercoledì 10 su Libération, è stato pubblicato su Il Manifesto
del 12 Maggio 2006, ed è ora ripresentato qui in una traduzione più
corretta a cura del CNJ.



Il faut maintenant sortir de la vision unilatérale de la guerre. Les Serbes ne sont pas les seuls coupables.


Parlons donc de la Yougoslavie


par Peter HANDKE

QUOTIDIEN : mercredi 10 mai 2006

Enfin, après plus d'une décennie d'un langage journalistique dans un sens (et non-sens) unique, une ouverture semble créée en France dans la presse (1), et peut-être pas seulement en France, pour parler autrement ­ ou simplement pour commencer à parler ­ de la Yougoslavie.

Un débat, une discussion, un discours ­ une dispute fructueuse semble devenue possible, un questionnement commun, des récits qui se répondent... Auparavant : néant, et encore néant ­ diffamations au lieu d'un débat, exprimées par des mots exclusivement préfabriqués, répétés à l'infini, utilisés comme arme automatique.
Elargissons donc cette brèche ou ouverture, le printemps des mots. Ecoutons-nous enfin l'un l'autre au lieu de hurler et d'aboyer dans deux camps ennemis. Mais aussi, ne tolérons plus les êtres (?), les esprits (?) mauvais (!), qui, dans le problème tragique yougoslave, continuent à lancer des mots-balles comme «révisionnisme», «apartheid», «Hitler», «dictature sanguinaire», etc. Arrêtons toutes les comparaisons et tous les parallèles en ce qui concerne les guerres en Yougoslavie. Restons avec les faits qui, comme faits d'une guerre civile, déclenchée ou au moins coproduite par une Europe de mauvaise foi ou, au moins, ignorante, déjà percés, sont assez terribles de tous les côtés. Arrêtons de comparer Slobodan Milosevic à Hitler. Arrêtons de comparer lui et sa femme Mira Markovic à Macbeth et à sa Lady ou de tirer des parallèles entre le couple et le dictateur Ceausescu et sa femme Elena. Et n'employons plus jamais pour les camps installés pendant la guerre de sécession en Yougoslavie l'expression «camps de concentration».
Vrai : il existait des camps intolérables entre 1992 et 1995 sur le terrain des Républiques yougoslaves, surtout en Bosnie. Seulement, arrêtons de lier mécaniquement, dans nos têtes, ces camps aux Bosno-Serbes : il y avait aussi des camps croates et des camps musulmans, et les crimes commis là, et là, sont et seront jugés au tribunal de La Haye. Et finalement, arrêtons de lier les massacres (dont ceux, au pluriel, de Srebrenica en juillet 1995, sont en effet de loin les plus abominables) aux forces ou aux paramilitaires serbes. Ecoutons aussi ­ enfin ­ les survivants des massacres musulmans dans les nombreux villages serbes autour de Srebrenica ­ la musulmane ­, des massacres commis et répétés pendant les trois ans avant la chute de Srebrenica, des massacres dirigés par le commandant de Srebrenica, conduisant en juillet 1995 ­ vengeance infernale, honte éternelle pour les responsables bosno-serbes ­ à la grande tuerie, et pour une fois le mot répété est à sa place, «la plus grande en Europe depuis la Deuxième Guerre mondiale», en ajoutant quand même cette information : que tous les soldats ou hommes musulmans de Srebrenica qui se sont enfuis de la Bosnie en Serbie en traversant le fleuve Drina, la frontière entre les deux Etats, enfuis en Serbie, pays à l'époque sous autorité de Milosevic, que tous ces soldats arrivant dans la Serbie soi-disant ennemie étaient sauvés ­ pas de tuerie ou massacre là.
Oui, écoutons, après avoir écouté «les mères de Srebrenica», écoutons aussi les mères ou une seule mère du village de Kravica, serbe, à côté, raconter le massacre du Noël orthodoxe 1992-1993, commis par les forces musulmanes de Srebrenica, un massacre aussi contre femmes et enfants de Kravica (seul crime pour lequel convient le mot génocide).
Et arrêtons d'associer les «snipers» de Sarajevo aveuglément aux «Serbes» : la plupart des Casques bleus français tués à S. étaient victimes des tireurs musulmans. Et arrêtons de lier le siège (horrible, stupide, incompréhensible) de Sarajevo exclusivement à l'armée bosno-serbe : dans Sarajevo des années 1992-1995, la population serbe restait bloquée par dizaines de milliers dans les quartiers centraux comme Grbavica, qui étaient à leur tour assiégés ­ et comment ! ­ par les forces musulmanes. Et arrêtons d'attribuer les viols aux seuls Serbes. Et arrêtons de connecter les mots unilatéralement, à la manière du chien de Pavlov. Elargissons l'ouverture. Que la brèche ne soit plus jamais bouchée par les mots pourris et empoisonnés. Mauvais esprit dehors. Quittez enfin le langage. Apprenons l'art de la question, voyageons au pays sonore, au nom de la Yougoslavie, au nom d'une autre Europe. Vive l'autre Europe. Vive la Yougoslavie. Zivela Jugoslavija.

(1) Voir, entre autres, les articles de Brigitte Salino et d'Anne Weber dans le Monde du 4 mai, le commentaire de Pierre Marcabru dans le Figaro du même jour et l'appel de Christian Salmon dans Libération du 5 mai.

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Le discours intégral de l'écrivain autrichien sur la tombe de Milosevic


LIBERATION.FR : jeudi 04 mai 2006 - 18:24

Le 18 mars, Peter Handke s'est rendu à l'enterrement de Slobodan Milosevic. Voici l'intégral du discours qu'il a lu à cette occasion et qu'il a ensuite envoyé au journal allemand «Focus». Les annotations entre parenthèses sont les siennes.

«J'aurais souhaité ne pas être le seul écrivain ici, à Pozarevac. J'aurais souhaité être aux côtés d'un autre écrivain, par exemple Harold Pinter. Il aurait eu des paroles fortes. Je n'ai que des paroles de faiblesse. Mais la faiblesse est de mise aujourd'hui, en ce lieu. C'est un jour non seulement de paroles fortes, mais aussi de paroles de faiblesse.

»(Ce qui suit a été prononcé en serbo-croate – texte rédigé par moi seul ! – et retraduit ensuite par moi en allemand). Le monde, ce qu'on appelle le monde, sait tout sur la Yougoslavie, sur la Serbie. Le monde, ce qu'on appelle le monde, sait tout sur Slobodan Milosevic. Ce qu'on appelle le monde sait la vérité. C'est pourquoi ce qu'on appelle le monde est aujourd'hui absent, et pas seulement aujourd'hui, et pas seulement ici. Ce qu'on appelle le monde n'est pas le monde. Je sais que je ne sais pas. Je ne sais pas la vérité. Mais je regarde. J'entends. Je ressens. Je me souviens. J'interroge. C'est pourquoi je suis présent aujourd'hui, auprès de la Yougoslavie, auprès de Slobodan Milosevic.»

Avec son discours, Handke a envoyé à «Focus» un texte d'accompagnement, qu'il a titré: «Les motifs de mon voyage à Pozarevac, en Serbie, sur la tombe de Slobodan Milosevic.»

«Contrairement à “l'opinion générale”, dont je mets en doute le caractère général, je n'ai pas réagi “avec satisfaction” à la nouvelle de la mort de Slobodan Milosevic, étant de surcroît avéré que le tribunal a laissé mourir le détenu incarcéré depuis cinq ans dans une prison soi-disant «cinq étoiles» (selon les termes du journal français «Libération»). Non assistance à personne en danger: n'est-ce pas un crime? J'avoue avoir éprouvé, le soir qui suivit la nouvelle de sa mort, quelque chose qui ressemblait à du chagrin et qui fit germer en moi, tandis que je marchais dans les petites rues, l'idée d'allumer quelque part une bougie pour le mort.
»Et les choses devaient en rester là. Je n'avais pas l'intention de me rendre à Pozaverac, pour l'enterrement. Quelques jours plus tard, je reçus l'invitation, non pas du parti, mais des membres de la famille qui d'ailleurs assistèrent ensuite pour la plupart à l'enterrement, contrairement à ce qui fut dit. Evidemment, c'est moins cela qui m'incita à faire le voyage que les réactions des médias occidentaux, complètement hostiles à Milosevic (et encore plus hostiles après sa mort), ainsi que les porte-parole du tribunal et de tel ou tel “historien”. Ce fut le langage tenu par eux tous qui m'incita à prendre la route. Non, Slobodan Milosevic n'était pas un “dictateur”. Non, Slobodan Milosevic n'a pas à être qualifié de “boucher de Belgrade”. Non, Slobodan Milosevic n'était pas un “apparatchik”, ni un “opportuniste”. Non, Slobodan Milosevic n'était pas “sans aucun doute” coupable. Non, Slobodan Milosevic n'était pas un “autiste” (quand d'ailleurs les autistes s'opposeront-ils à ce que leur maladie soit utilisée comme une insulte?) Non, Slobodan Milosevic, par sa mort dans sa cellule de Scheveningen, ne “nous” (le tribunal) a pas joué “un vilain tour” (Carla del Ponte, procureure du tribunal pénal international). Non, Slobodan Milosevic, par sa mort, ne nous a pas “coupé l'herbe sous le pied” et ne “nous” a pas “éteint la lumière” (la même). Non, Slobodan Milosevic ne s'est pas soustrait “à sa peine irréfutable de prison à perpétuité”.
»Slobodan Milosevic n'échappera pas en revanche au verdict des historiens, terme d'un “historien”: de nouveau des propos non seulement faux mais indécents. C'est ce langage qui m'incita à tenir mon mini-discours à Pozarevac – ce langage en première et dernière instance. Cela m'a poussé à faire entendre un autre langage, non, l'autre langage, non pas par fidélité envers Slobodan Milosevic, mais envers cet autre langage, ce langage non journalistique, non dominant. En entendant tel ou tel orateur me précédant à Pozarevac, cette impulsion, tout de même: non, il ne faut pas parler après ce général incisif, ni après cet autre membre du parti appelant à la vengeance, qui tous deux tentent d'exciter la foule, laquelle évidemment, exceptés quelques individus isolés qui hurlent avec les loups, ne se laissa d'aucune façon entraîner à une réponse collective de haine ou de colère: car il s'agissait d'une foule d'êtres en deuil, profondément et silencieusement affligés. Telle fut mon impression la plus durable.
»Et c'est pour ces êtres affligés, contre les formules fortes et vigoureuses, que je finis tout de même par ouvrir la bouche, comme on le sait. Au titre de membre de cette communauté en deuil. Réaction: Peter Handke le «claqueur» («Frankfurter Allgemeine Zeitung»). Y a-t-il langage plus délabré que celui-là? Un claqueur, qu'est-ce que c'est? Quelqu'un qui applaudit pour de l'argent. Et où sont les applaudissements? Et je n'ai jamais déclaré non plus être “heureux” («FAZ») auprès du mort. Et où est l'argent? J'ai payé moi-même mon billet d'avion et mon hôtel.
Toutefois, le besoin principal qui m'a poussé à me rendre sur sa tombe était celui d'être témoin. Ni témoin à charge ni témoin de la défense. Est-ce que désormais ne pas vouloir être témoin à charge signifie être témoin de la défense? “Sans aucun doute”, pour reprendre l'un des maîtres mots du langage dominant.»



ALLEANZA STRATEGICA USA - TURKESTAN - GRANDE ALBANIA

il manifesto
10 Maggio 2006

Pechino protesta per Uiguri deportati in Albania

«Queste cinque persone non sono rifugiati, ma sospetti terroristi del
Turkestan orientale». Con queste parole il portavoce del ministero
degli esteri cinese, Liu Janchao, ha chiesto l'immediato rimpatrio del
gruppo di uiguri (minoranza musulmana che abita la regione dello
Xinjiang, nella Cina occidentale) rilasciati dal carcere di Guantanamo
e mandati dalle autorità statunitensi in Albania, dove hanno chiesto
asilo politico. Gli uiguri subiscono forti discriminazioni in Cina,
perché sospettati di ambizioni separatistiche. La protesta di Pechino
ieri è stata diretta sia contro Washington che contro Tirana, dove i
cinque hanno trovato rifugio dopo essere stati rifiutati da una
ventina di governi.

Soldi impiegati molto male

1. Spreco Nassiriya
Cento milioni di spese militari per ogni milione di aiuti. Fondi
record al Sismi e alla Croce rossa. Risultato: la missione in Iraq ha
inghiottito oltre un miliardo e mezzo di euro... (da L'Espresso)

2. Cara Kabul, quanto costi all'Italia
Si parla tanto di Iraq, ma per i 2 mila militari in Afghanistan
spendiamo oltre 320 milioni di euro l'anno... (da Il Manifesto)


=== 1 ===

http://www.espressonline.it/eol/free/jsp/detail.jsp?
idCategory=4821&idContent=1505304&m2s=null

Spreco Nassiriya

Cento milioni di spese militari per ogni milione di aiuti. Fondi
record al Sismi e alla Croce rossa. Risultato: la missione in Iraq ha
inghiottito oltre un miliardo e mezzo di euro

di Gianluca Di Feo


Abbiamo speso più per gli 007 che per gli aiuti. È il paradosso più
grande della missione italiana in Iraq, una spedizione nata per
favorire la ricostruzione del Paese dopo gli anni della dittatura di
Saddam Hussein e soprattutto per dare sollievo alla popolazione
stremata da embargo e combattimenti. Doveva essere una missione
umanitaria: invece a Nassiriya l'Italia ha investito più negli agenti
segreti che nel sostegno agli iracheni. Nei primi sei mesi del 2006
il bilancio approvato dal governo per l'operazione Antica Babilonia
prevede 4 milioni di euro di aiuti e ben 7 milioni "per le attività
di informazioni e sicurezza della presidenza del Consiglio dei
ministri", ossia per gli inviati del Sismi. E la stessa cosa è
avvenuta sin dall'inizio: in tre anni l'intelligence ha ottenuto
circa 30 milioni di euro mentre per "le esigenze di prima necessità
della popolazione locale" ne sono stati stanziati 16. Un divario
inspiegabile, che sembra mostrare l'Italia più interessata allo
spionaggio che al soccorso di quei bambini per i quali era stata
decisa la partenza di un contingente senza precedenti: oltre 3.500
militari con mille veicoli.

Ma a leggere i dati contenuti nella monumentale relazione pubblicata
sul sito dello Stato maggiore della Difesa, tutta l'operazione Antica
Babilonia appare come una voragine, che inghiotte finanziamenti
record distribuendo pochissimi aiuti. O meglio, i conti mettono a
nudo la realtà che si vive a Nassiriya: non è una missione di pace,
ma una spedizione in zona di guerra. Finora infatti sono stati
stanziati 1.534 milioni di euro, poco meno di 3 mila miliardi di
vecchie lire, per consegnare alla popolazione della provincia di Dhi-
Qar poco più 16 milioni di materiale finanziato dal governo: un
rapporto di cento a uno tra il costo del dispositivo militare e i
beni distribuiti. In realtà, però, la spesa totale per le forze
armate italiane a Nassiriya è addirittura superiore a questa cifra:
tra stipendi, mezzi distrutti ed equipaggiamenti logorati dal deserto
la cifra globale calcolata da 'L'espresso', consultando alcuni
esperti del settore, si avvicina ai 1.900 milioni di euro.

Intelligence a go-go Su tutte le pagine del rapporto dello Stato
maggiore Difesa, disponibile sul sito web, è stampata la dicitura:
'Il presente documento può circolare senza restrizioni'. Solo nelle
ultime 20 pagine questo timbro non compare. Ed è proprio nella nota
finale sugli aspetti finanziari di Antica Babilonia che compaiono le
notizie più delicate. A partire dalla voce: 'Attività di informazioni
e sicurezza della PCM', ossia della Presidenza del Consiglio dei
Ministri. Si tratta dei fondi extra consegnati agli agenti del Sismi
che operano in Iraq: non si sa se lo Stato maggiore li abbia indicati
per voto di trasparenza, per errore o per una piccola mossa perfida.
Di fatto, finora le disponibilità degli 007 erano un mistero, oggetto
di grandi illazioni soprattutto per quanto riguarda la gestione dei
sequestri di persona. Da anni si discute delle riserve usate dalla
nostra intelligence per comprare informatori o per eventuali riscatti
pagati durante i rapimenti. Adesso queste cifre permettono di farsi
qualche idea del costo dei nostri 007 in azione. Per i primi sei mesi
del 2003, purtroppo, lo Stato maggiore non è illuminante: la
provvista è mescolata assieme alle spese di telecomunicazioni, quelle
dei materiali per la guerra chimica e quella per il trasloco delle
truppe. In totale poco meno di 35 milioni. Facendo il confronto con i
bilanci dei semestri successivi, si potrebbe ipotizzare che al Sismi
siano andati circa 4 milioni di euro. In ogni caso, gli stanziamenti
diventano poi espliciti: 9 milioni nel 2004, 10 milioni nel 2005, 7
milioni già disponibili per i primi sei mesi di quest'anno. Una somma
compresa tra i 50 e i 60 miliardi di vecchie lire, destinata soltanto
a coprire i sovrapprezzi delle missioni top secret in territorio
iracheno, a ricompensare gli informatori e, verosimilmente, alla
gestione dei sequestri di persona. Quelle operazioni che hanno
determinato il ritorno a casa di sei ostaggi, grazie anche al
sacrificio del dirigente del Sismi Nicola Calipari. Un ultimo dato:
dalla stessa relazione dello Stato maggiore apprendiamo che il Sismi
ha avuto altri 23 milioni e mezzo per la missione in Afghanistan.
Anche in questo caso, la dote degli 007 supera di gran lunga il
valore dei beni distribuiti alla popolazione.

La lontananza è cara Le voci trasporti e telecomunicazioni della
spedizione hanno importi choc. Per i viaggi avanti e indietro dei
reparti, dei rifornimenti e degli equipaggiamenti, sono stati spesi
finora 125 milioni di euro. Ogni quattro mesi infatti le brigate
impegnate a Nassiriya vengono sostituite: devono tornare in Italia
con le loro dotazioni di materiali e armi leggere. Veicoli e scorte
invece restano sempre in Iraq, salvo quando il logoramento impone di
rimpiazzarli. Sorprendente anche la 'bolletta del telefono': 11
milioni in 18 mesi. Non si tratta delle chiamate a casa dei soldati o
dei carabinieri, ma del flusso di telecomunicazioni via satellite per
l'attività dei militari: i contatti con l'Italia, quelli con i
comandi alleati e molte delle trasmissioni radio sul campo. Pesante
pure il capitolo 'Croce rossa italiana': si tratta di oltre 32
milioni di euro. E riguardano il solo ospedale di Nassiriya, quello
che fornisce assistenza medica ai nostri militari. Questa struttura
ha soltanto come scopo secondario l'attività in favore della
popolazione locale: 450 ricoveri in tre anni. Nel 2003 la Croce rossa
aveva a Nassiriya 85 persone, poi scese a 70: dall'inizio della
missione si tratta di una spesa media per ogni operatore sanitario di
oltre 400 mila euro. Perché? La risposta ufficiale chiama in causa le
indennità straordinarie e le difficoltà di trasferire medicinali e
apparecchiature. L'ospedale da campo creato a Baghdad nel 2003,
invece, era finanziato con i fondi del ministero degli Esteri: il
costo era ancora più alto, ma i pazienti erano tutti iracheni.

Farnesina tecnologica La quota più consistente dei fondi destinati
alla rinascita dell'Iraq viene gestita dalla Farnesina: 103 milioni
di euro. La fetta maggiore è stata inghiottita dall'ospedale di
Baghdad e dalla difesa dell'ambasciata. Ci sono poi numerose
iniziative ad alta tecnologia, tutte realizzate in Italia e alcune di
discutibile utilità: 5 milioni per la rete telematica Govnet che
dovrebbe connettere i ministeri di Bagdad; 800 mila euro per la
ricostruzione virtuale in 3D del museo di Bagdad. I programmi di
formazione invece prevedono che il personale iracheno frequenti dei
corsi in Italia: una procedura sensata quando si tratta di lezioni
per dirigenti o tecnici di alto livello, forse meno quando comporta
il trasferimento a Roma di 30 orfani destinati a imparare il mestiere
di falegname, barbiere o sarto. Più concreti gli interventi gestiti
dal Ministero attraverso la Cooperazione per la ricostruzione
dell'agricoltura, del sistema scolastico e di quello ospedaliero: ma
nei primi 18 mesi nella regione di Nassiriya erano stati realizzati
progetti per soli 3,7 milioni.

Armata ad alto costo Tra aiuti diretti consegnati dai militari e
progetti, concreti o virtuali, della Farnesina in tutto sono stati
stanziati 119 milioni di euro. Secondo lo Stato maggiore, per il
contingente armato finora sono stati messi a disposizione 1.418
milioni di euro. Ma è un stima parziale: non tiene conto del costo
degli stipendi, del logoramento dei mezzi, di molte delle parti di
ricambio. Non tiene conto dell'elicottero distrutto in missione, dei
dieci veicoli Vm90 annientati negli attacchi, delle munizioni
esplose, della base dei carabinieri cancellata dall'attentato del
2003. Non tiene conto del terribile bilancio di vite umane: 22 tra
carabinieri e soldati caduti e 61 feriti in azione, altri sette morti
e sette feriti in incidenti. In più un civile ammazzato nella strage
del 12 novembre 2003 e un altro ferito. Un sacrificio giustificato
dai risultati? Di sicuro, non si può chiamarla una missione di pace.
Nei quattro mesi 'più tranquilli' i parà della Folgore hanno
distribuito beni o avviato progetti pari a 4 milioni di euro,
finanziati dal governo o da istituzioni e aziende italiane: in più
hanno vigilato sulla nascita di iniziative internazionali per altri 6
milioni di dollari. Nella fase di crisi della battaglia dei ponti,
invece la brigata Pozzuolo del Friuli si è fermata a meno di 4
milioni di dollari tra attività portate a termine o soltanto avviate.
Ormai è difficile anche controllare a che punto sono i lavori nei
cantieri: ogni sortita è pericolosa. Per questo il comando di
Nassiriya ha ipotizzato di usare gli aerei-spia senza pilota, i
Predator, che con le telecamere all'infrarosso possono verificare se
i macchinari sono accesi o se i manovali ingaggiati dalla
Cooperazione stanno perdendo tempo. Certo, si potrebbe affidare la
sorveglianza alle autorità irachene: grazie a un programma della Nato
abbiamo addestrato 2.600 soldati e 12 mila poliziotti locali. Eppure
tanti uomini in divisa non sono bastati a impedire che un'imboscata
venisse messa a segno a pochi metri dal commissariato più importante.

Aiuti oltre i limiti Soldati e carabinieri escono ancora dalla loro
base per sostenere la popolazione. Prima della strage del 2003 lo
facevano molto di più: fino a quel momento la brigata Sassari aveva
percorso un milione e 900 mila chilometri; dopo di loro i bersaglieri
della Pozzuolo del Friuli ne hanno macinati solo 460 mila. C'è un
dato che fotografa la situazione meglio di ogni altra analisi: poco
meno di 2 milioni di chilometri totalizzati dalle colonne
dell'Esercito in quattro mesi prima dell'attentato, altrettanti
percorsi nei 24 mesi successivi. Eppure, nonostante i rischi
altissimi testimoniati dall'attacco costato la vita a due carabinieri
e un capitano dell'Esercito, i nostri militari non rinunciano a
condurre le attività umanitarie. Cercano di costruire scuole e
ambulatori, forniscono macchine ai laboratori artigianali e all'unica
raffineria. Per evitare imboscate, lo fanno di sorpresa: arrivano nei
villaggi all'improvviso, scaricano doni e materiali, poi ripartono.
Se invece c'è qualche cerimonia ufficiale, tutta l'area viene
presidiata in anticipo con cecchini e blindati. Insomma: una
situazione di guerra. Ma nessuno si sottrae ai pericoli. Anzi, tutti
i reparti fanno più del necessario. Prima di partire per l'Iraq, c'è
una sorta di questua tra istituzioni locali e aziende della zona dove
ha sede la brigata per raccogliere aiuti da distribuire: spesso i
reparti mettono insieme una quantità di merci superiore ai fondi
governativi. Inoltre in occasioni particolari, ci sono collette tra i
soldati per acquistare riso o medicinali. O iniziative straordinarie,
come quella della famiglia del maresciallo Coletta, una delle vittime
del la strage del novembre 2003, che ha mandato un container di
farmaci per un ospedale pediatrico. Ma a tre anni dalla caduta di
Saddam ha ancora senso rischiare la vita di 20 militari per
consegnare un camion di riso e medicine?


=== 2 ===

il manifesto
11 Maggio 2006

Cara Kabul, quanto costi all'Italia

Si parla tanto di Iraq, ma per i 2 mila militari in Afghanistan
spendiamo oltre 320 milioni di euro l'anno, otto volte in più che per
la Bosnia. E ora il nuovo parlamento dovrà rifinanziare la missione

Emanuele Giordana *

Grandi polemiche e spesso una gran confusione sul loro ruolo hanno in
più di un'occasione accompagnato le nostre missioni all'estero,
definite per decreto «di pace e di aiuto umanitario». Anche la nostra
partecipazione all'International security assistance force (Isaf), a
Enduring freedom e alle missioni Active endeavour e Resolute
behaviour a essa collegate resta una nebulosa su cui il nuovo
governo, così come su Antica o Nuova Babilonia, sarà chiamato a
rispondere.
Tanto per cominciare, quanto costa la missione che vede impegnati in
Afghanistan 1.850 militari? Molto, oltre 320 milioni di euro
all'anno. E se non è la «voragine» mesopotamica, come una recente
inchiesta dell'Espresso ha appena definito l'Iraq, è di gran lunga la
più costosa delle nostre numerose missioni all'estero. Se per la
proroga sino al 30 giugno 2006 della «partecipazione di personale
militare alla missione dell'Unione europea in Bosnia-Erzegovina» la
spesa sarà di poco superiore ai 21.285.597, come si legge nella
Finanziaria di quest'anno, per l'Afghanistan ce ne vorranno otto
volte di più. Escludendo l'Iraq, l'Afghanistan da solo assorbe assai
più della metà del totale delle spese per le nostre missioni fuori
dal suolo patrio. Oltre 160 milioni di euro per sei mesi, contro i
circa 120 di tutte le altre.
E' una storia che pesa sul bilancio dal 2002. Il penultimo
finanziamento fu deciso nel luglio del 2005, quando il parlamento
convertì in legge il decreto di giugno con le disposizioni urgenti
per la partecipazione italiana a missioni internazionali. Vi si
leggeva che il decreto assicura «la partecipazione italiana alle
missioni internazionali di pace e di aiuto umanitario» autorizzando,
fino alla fine del 2005, la spesa di 16.235.103 di euro per la
partecipazione alla missione multinazionale Enduring Freedom
(contrastare il terrorismo in Afghanistan e favorire la
stabilizzazione del Paese) e alle missioni Active Endeavour e
Resolute Behaviour (svolte da unità navali con compiti di vigilanza,
rispettivamente, nel Mediterraneo orientale e nel Mare Arabico). La
parte del leone toccava all'Isaf con una spesa di 138.262.283 milioni
di euro mentre tutte le altre missioni all'estero, dalla Bosnia al
Congo, ne ricevevano 126.285.892. Euro più euro meno, e senza contare
l'Iraq, esse costano, nel complesso, 600 milioni di euro l'anno. LA
metà vanno all'Afghanistan.
L'arida contabilità dei nostri militari all'estero ci porta alla
Legge 23 febbraio 2006 n. 51, ossia la conversione in legge «con
modificazioni» della Finanziaria del dicembre 2005, meglio nota come
maxiemendamento. Il governo, allora in affanno tra conti e campagna
elettorale ormai già iniziata, pose la fiducia e approvò infine la
legge in febbraio coi soli voti della maggioranza. «Un fatto -
ricorda il senatore Francesco Martone (Prc) - che, tra l'altro,
impedì una discussione parlamentare aperta sulla nostra missione in
Afghanistan». Essendo l'Iraq, madre di tutte le missioni, sempre il
primo pensiero, l'Afghanistan è finito per passare un po' in seconda
linea. Fino ai primi morti in un'azione di guerra (seguiti ad alcuni
attentati) alcuni giorni fa. La legge autorizza fino al 30 giugno
2006 la spesa di 13.437.521 di euro per la proroga di Enduring
Freedom, Active Endeavour, Resolute Behaviour e quella di 148.935.976
per la partecipazione all'Isaf. Più altri 3.349.403 per le piccole
spese. In totale 165.722.851 per sei mesi.
Secondo Martone la mancata discussione della missione fece passare
sotto silenzio che un po' di cose erano cambiate: «Ci sono almeno tre
punti in sospeso, e riguardano il cambiamento delle regole d'ingaggio
in corso d'opera, il dibattito in sede europea e la dislocazione
fisica della missione che di fatto è uscita da Kabul ed Herat. La
discussione sulla fusione di fatto tra Enduring Freedom e Isaf non è
mai stata considerata, mentre sollevava polemiche in Francia e
Germania. Senza contare la questione dell'invio di forze di
combattimento britanniche nel Sud o, per un altro verso, la
sostituzione dei nostri caccia F16 con sei Amx che, in teoria,
dovrebbero servire a sorvolare i campi di papavero. Di fatto
potrebbero essere mezzi dissuasivi o di supporto tattico». Il
senatore sottolinea come tutto ciò richieda, d'accordo o meno che si
sia sulla missione, una discussione sui contenuti cui il parlamento
non può sottrarsi.
La scadenza, inevitabilmente, è l'inizio dell'estate, quando il nuovo
parlamento dovrà decidere il rifinanziamento delle spese. Che dovrà
fare i conti anche col capitolo indennità sugli stipendi (giustamente
riconosciuta a chi rischia la pelle all'estero), un'altra voce che,
seppur indirettamente, gonfia la spesa totale delle nostre scelte di
politica estera e va a incidere su altre voci del bilancio statale.

* Lettera22

Il costo di sei mesi di missioni all'estero

Afghanistan
165.722.851
Bosnia Erzegovina ed ex Jugoslavia (SIC - si noti la dizione
enigmatica "ex Jugoslavia", ndCNJ)
22.836.875
Albania e Kosovo (SIC - si noti che il Kosovo è associato
all'Albania, ndCNJ)
9.073.511
Sudan e Congo
3.499.408
Hebron e Rafah
2.383.955

riferito al primo semestre del 2006

Per fortuna la Storia non siete voi

Mi corre l'obbligo di segnalare, in quanto esempio di mediocre
giornalismo e di pessima ricostruzione storica, l'odierna puntata
(tra le 8 e le 9 del mattino dell'11/5/2006) della trasmissione "La
Storia siamo noi", condotta da Giovanni Minoli, che ha aperto in
maniera davvero sgradevole la mia giornata.
La questione è particolarmente seria perchè la trasmissione, dedicata
ai "genocidi" di Bosnia e Ruanda, è stata pensata per un uso
didattico, e sarebbe dunque rivolta soprattutto ad un pubblico di
giovanissimi, come tutte quelle di questa serie di "Rai Educational".
Ma quest'ultima puntata è stata costruita attorno alle tesi
semplicistiche e manichee, slavofobe e serbofobe, caratteristiche
delle fonti utilizzate, pressochè tutte statunitensi; il contenuto
informativo reale è nullo, smaccato invece è l'obiettivo
propagandistico. La descrizione della tragedia bosniaca, avulsa dalla
più generale tragedia jugoslava di cui essa è uno dei tanti
drammatici capitoli, è superficiale, caricata di toni
grandguignoleschi, non esente da anacronismi e vergognose omissioni.
Le tesi di fondo - dal parallelismo inaccettabile tra diversi
"genocidi", veri o presunti, alla allusione lombrosiana sugli "odii
atavici" tra le genti balcaniche, fino alla chiusura con l'accenno a
Milosevic imputato all'Aia, comodo capro espiatorio per chi non vuole
approfondire - sono quelle solite del giornalismo di guerra
occidentale. La descrizione della vicenda di Srebrenica è parziale e
sbrigativa; si vogliono presentare come lampanti circostanze che
restano invece tutt'altro che chiare. L'insieme risulta infine privo
di logica vista la sostanziale omissione dell'intero contesto: tanto
per fare un esempio, al "Tribunale dell'Aia" (che tanto piace a
questo giornalismo fiancheggiatore della NATO) c'è anche il capo
delle milizie musulmane di Srebrenica, Nasir Oric, ma ovviamente non
è stato detto.
La faziosità grossolana delle tesi esposte da Minoli fa si che anche
la successiva parte del programma, quella sulla tragedia ruandese, mi
lasci scettico ed oltremodo diffidente. Sapevo di precedenti
trasmissioni di Minoli su "foibe ed esodo", costruite su
testimonianze false e cariche di livore antipartigiano e nazionalista
italiano. Gettare discredito su ogni ipotesi di fratellanza, unità ed
indipendenza dei popoli jugoslavi è evidentemente una sua vocazione.

A. Martocchia
(responsabile politico, Coord. Naz. per la Jugoslavia)