Informazione

Per fortuna la Storia non siete voi

Mi corre l'obbligo di segnalare, in quanto esempio di mediocre
giornalismo e di pessima ricostruzione storica, l'odierna puntata
(tra le 8 e le 9 del mattino dell'11/5/2006) della trasmissione "La
Storia siamo noi", condotta da Giovanni Minoli, che ha aperto in
maniera davvero sgradevole la mia giornata.
La questione è particolarmente seria perchè la trasmissione, dedicata
ai "genocidi" di Bosnia e Ruanda, è stata pensata per un uso
didattico, e sarebbe dunque rivolta soprattutto ad un pubblico di
giovanissimi, come tutte quelle di questa serie di "Rai Educational".
Ma quest'ultima puntata è stata costruita attorno alle tesi
semplicistiche e manichee, slavofobe e serbofobe, caratteristiche
delle fonti utilizzate, pressochè tutte statunitensi; il contenuto
informativo reale è nullo, smaccato invece è l'obiettivo
propagandistico. La descrizione della tragedia bosniaca, avulsa dalla
più generale tragedia jugoslava di cui essa è uno dei tanti
drammatici capitoli, è superficiale, caricata di toni
grandguignoleschi, non esente da anacronismi e vergognose omissioni.
Le tesi di fondo - dal parallelismo inaccettabile tra diversi
"genocidi", veri o presunti, alla allusione lombrosiana sugli "odii
atavici" tra le genti balcaniche, fino alla chiusura con l'accenno a
Milosevic imputato all'Aia, comodo capro espiatorio per chi non vuole
approfondire - sono quelle solite del giornalismo di guerra
occidentale. La descrizione della vicenda di Srebrenica è parziale e
sbrigativa; si vogliono presentare come lampanti circostanze che
restano invece tutt'altro che chiare. L'insieme risulta infine privo
di logica vista la sostanziale omissione dell'intero contesto: tanto
per fare un esempio, al "Tribunale dell'Aia" (che tanto piace a
questo giornalismo fiancheggiatore della NATO) c'è anche il capo
delle milizie musulmane di Srebrenica, Nasir Oric, ma ovviamente non
è stato detto.
La faziosità grossolana delle tesi esposte da Minoli fa si che anche
la successiva parte del programma, quella sulla tragedia ruandese, mi
lasci scettico ed oltremodo diffidente. Sapevo di precedenti
trasmissioni di Minoli su "foibe ed esodo", costruite su
testimonianze false e cariche di livore antipartigiano e nazionalista
italiano. Gettare discredito su ogni ipotesi di fratellanza, unità ed
indipendenza dei popoli jugoslavi è evidentemente una sua vocazione.

A. Martocchia
(responsabile politico, Coord. Naz. per la Jugoslavia)

LINK: Iranian President Mahmoud Ahmadinejad's letter to US President
George W. Bush
(Mahmoud Ahmadinejad, Translated by "Le Monde")

Mr George Bush, President of the United States of America. For
sometime now I have been thinking, how one can justify the undeniable
contradictions that exist in the international arena -- which are
being constantly debated, specially in political Forums and amongst
university students. Many questions remain unanswered. These have
prompted me to discuss some of the contradictions and questions, in
the hopes that it might bring about an opportunity to redress them...

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=23180&s2=10

-----------

Fonte: http://www.zmag.org/Italy/fikentscher_neumann-mediairan.htm

Documento originale:

Does Iran's President Want Israel Wiped Off The Map - Does He Deny
The Holocaust?

http://www.informationclearinghouse.info/article12790.htm

Traduzione di Erik Appleby e Gennarino Severino



Sull'agenzia di disinformazione strategica sul mondo arabo MEMRI si
veda il dettagliato dossier al sito di "Information guerrilla":

http://www.informationguerrilla.org/rd.php/www.lsdi.it/dossier/memri/
index.html



19 Aprile 2006
Comedonchisciotte.org

Radere al suolo Israele, colpire a ripetizione, distruggere,
annientare, liquidare, eliminare Israele, cancellarlo dalla mappa –
questo è ciò che il Presidente dell’Iran ha chiesto – almeno questo è
ciò che abbiamo letto o sentito alla fine dell’Ottobre 2005. [...] Ma
diamo un’occhiata più da vicino a ciò che ha detto il Presidente
dell’Iran Mahmoud Ahmadinejad.

Iran e media

Davvero il presidente iraniano vuole cancellare Israele dalla mappa e
nega l’olocausto?

di Anneliese Fikentscher ed Andreas Neumann



“Ma ora che sono sull’Iran, sulla minaccia all’Iran, certo –
(applauso) – la minaccia che viene dall’Iran è, naturalmente,
l’obiettivo che loro affermano di distruggere il nostro forte alleato
Israele. Questa è una minaccia, una seria minaccia. È una minaccia
alla pace mondiale; è una minaccia, in sostanza, ad una forte
alleanza. L’ho detto chiaramente, lo dirò chiaramente di nuovo, che
useremo la nostra potenza militare per proteggere il nostro alleato,
Israele, e – (applauso.)” George W. Bush, Presidente USA, 20-03-2006
a Cleveland (Ohio) in un discorso improvvisato (fonte:
www.whitehouse.gov ) Ma perché Bush parla dell’ obiettivo dell’Iran
di distruggere Israele?

Il Presidente dell’Iran vuole che Israele sia cancellato dalle carte
geografiche?

Radere al suolo Israele, colpire a ripetizione, distruggere,
annientare, liquidare, eliminare Israele, cancellarlo dalla mappa –
questo è ciò che il Presidente dell’Iran ha chiesto – almeno questo è
ciò che abbiamo letto o sentito alla fine dell’Ottobre 2005. Spargere
la notizia è stato molto efficace. Hanno detto che quella era una
dichiarazione di guerra. Ovviamente i media e il governo erano
tutt’uno nella loro indignazione. Che si sparge per il mondo.

Ma diamo un’occhiata più da vicino a ciò che ha detto il Presidente
dell’Iran Mahmoud Ahmadinejad. È un merito del ‘New York Times’ avere
messo a nostra disposizione il discorso completo. Questo è un
estratto di quanto pubblicato il 30-10-2005:

“Dicono che non è possibile avere un mondo senza gli Stati Uniti e il
Sionismo. Ma sapete che questo è un obiettivo e uno slogan possibile.
Facciamo un passo indietro. [[[ Avevamo in questo paese un regime
ostile che non era democratico, era armato sino ai denti, con il
SAVAK, il suo apparato di sicurezza SAVAK [l’apparato di intelligence
del governo dello Shah Iraniano] controllava tutti. C’era un ambiente
di terrore. ]]] Quando il nostro amato Imam [l’ Ayatollah Ruhollah
Khomeini, padre della rivoluzione Iraniana] disse che il regime
andava rimosso, molti di quelli che affermavano di essere
politicamente ben informati dicevano che non era possibile. Tutti i
governi corrotti appoggiavano il regime quando l’Imam Khomeini diede
vita al suo movimento. [[[ Tutti i paesi occidentali e orientali
appoggiavano il regime pure dopo il massacro del 7 Settembre
[1978] ]]] e dicevano che la rimozione del regime non era possibile.
Ma la nostra gente ha resistito e ora sono 27 anni che sopravviviamo
senza un regime dipendente dagli Stati Uniti. La tirannia dell’Est e
dell’Ovest sul mondo sarebbe dovuta finire, ma la gente debole che
riesce a vedere solo ciò che ha di fronte non poteva credere ciò. Chi
avrebbe creduto che un giorno saremmo potuti essere testimoni del
crollo dell’Impero Orientale? Ma potemmo vedere la sua caduta durante
la nostra vita. Ed è crollato in un modo che dobbiamo cercare
informazioni nelle biblioteche, perché non è rimasta traccia di esso.
L’Imam [Khomeini] ha detto che Saddam doveva andarsene e disse che
sarebbe diventato più debole di quanto chiunque potesse immaginare.
Ora vedete che l’uomo che dieci anni fa parlava con un’arroganza tale
che si sarebbe pensato fosse immortale, viene processato nel suo
stesso paese in manette e catene [[[ da coloro che pensava lo
sostenessero e con il cui appoggio commise i suoi crimini]]]. Il
nostro amato Imam ha detto che il regime occupante andava cancellato
dalla mappa e questa fu un’affermazione molto saggia. Non possiamo
fare compromessi sulla questione della Palestina. È possibile creare
un nuovo fronte nel cuore di un vecchio fronte? Questa sarebbe una
sconfitta e chiunque accetti la legittimità di questo regime
[Israele] ha, di fatto, firmato la sconfitta del mondo Islamico. Il
nostro amato Imam nella sua lotta ha mirato al cuore dell’oppressore
mondiale, cioè al regime occupante. Non ho alcun dubbio che la nuova
ondata che è iniziata in Palestina, e di cui abbiamo testimonianza
anche nel mondo Islamico, eliminerà questa disgraziata macchia dal
mondo Islamico. (Fonte: www.nytimes.com , basato su una pubblicazione
della 'Iranian Students News Agency' (ISNA) -- note del New York
Times in parentesi quadre – i passaggi tra triple parentesi quadre
saranno lasciati in bianco nella versione MEMRI stampata sotto )

Sta diventando chiaro. Le affermazioni del Presidente Iraniano sono
state riflesse dai media in maniera manipolata. Il Presidente dell’
Iran indica la rimozione dei regimi che sono al potere in Israele e
negli USA, come un possibile scopo per il futuro. Questo è corretto.
Ma non chiede mai l’eliminazione o la distruzione di Israele. Rivela
che i cambiamenti sono potenziali. Il Regime dello Shah appoggiato
dagli USA nel suo stesso paese è stato sconfitto. A est il governo
dell’Unione Sovietica è crollato. Il dominio di Saddam Hussein è
arrivato al termine. Riferendosi a ciò dà voce al desiderio che
cambiamenti siano possibili in Israele rispetto alla Palestina. Porta
come prova il riferimento dell’Ayatollah Khomeini al Regime dello
Shah che in tale contesto disse che il regime (cioè il Regime dello
Shah) doveva essere rimosso.

Certamente, Ahmadinejad traspone questa citazione su un cambio di
regime al caso della Palestina occupata. Questo deve essere
legittimo. In ogni senso desiderare diverse condizioni politiche in
un paese è affare di ogni giorno in tutto il mondo. Ma cambiare la
richiesta della rimozione di un ‘regime’nella richiesta della
rimozione di uno stato è un grave inganno e una pericolosa demagogia.

Questo è un capitolo della guerra contro l’Iran che è già iniziata,
nelle parole di Georg Meggle professore di filosofia all’Università
di Leipzig , con la fase cioè probabilmente più importante, la fase
della propaganda.

Vogliamo marginalmente citare che è stato l’ex Vice Ministro USA
della Difesa e attuale Presidente della Banca Mondiale, Paul D.
Wolfowitz, che nel Settembre 2001 parlò in pubblico e senza alcun
genere di soggezione di porre fine a stati. Ed è stato il padre di
George W. Bush che iniziò la discussione su una guerra nucleare che
può essere vinta se solo è assicurata la sopravvivenza di una elite.

Prendiamo un altro esempio: il giornale tedesco on-line tagesschau.de
scrive le seguenti cose sul Presidente dell’Iran il 27-10-2005: “Non
c’è dubbio: la nuova ondata di attacchi in Palestina cancellerà la
macchia dal volto del mondo Islamico.” Invece di usare la parola
originale ‘ondata’scrivono ‘ondata di attacchi’. Questa sostituzione
del testo originale è ciò che chiamiamo disinformazione. Per esempio
sarebbe corretto dire: “Il nuovo movimento in Palestina cancellerà la
macchia di disgrazia dal mondo Islamico.” Inoltre questa affermazione
si riferisce al regime di occupazione citato nella frase precedente.

Per precauzione esamineremo una differente traduzione del discorso –
una versione preparata dal Middle East Media Research Institute
(MEMRI), situato a Washington:

“Essi [chiedono]: ‘È per noi possibile vedere un mondo senza l’
America e il Sionismo?’Ma dovete ben sapere che questo slogan e
questo obiettivo sono raggiungibili, e certamente possono essere
ottenuti. [[[…]]] “ ‘Quando l’amato Imam [Khomeini] disse che il
regime [dello Shah] doveva andarsene, e che chiediamo un mondo senza
governi succubi, molta gente che affermava di avere conoscenza della
politica o di altro [chiese], ‘È possibile [che il regime dello Shah
sia rovesciato]?’Quel giorno, quando l’Imam [Khomeini] diede inizia
al suo movimento, tutti i poteri appoggiavano il regime corrotto
[dello Shah] [[[…]]] e dicevano che non era possibile. Però la nostra
nazione rimase ferma e ad oggi sono 27 anni che viviamo senza un
governo che dipenda dall’America. L’Imam [Khomeini] disse: ‘Il
governo dell’Est [U.R.S.S.] e dell’Ovest [U.S.A.] deve finire.’Ma la
gente debole che vede solo il piccolo mondo attorno a sé non ci
credeva. Nessuno credeva che un giorno saremmo stati testimoni del
crollo dell’Imperialismo dell’Est [cioè dell’U.R.S.S.], e diceva che
era un regime di acciaio. Ma nella nostra breve vita abbiamo visto
come questo regime è crollato in un modo tale che lo dobbiamo cercare
nelle biblioteche e non troviamo una letteratura su di esso. L’Imam
[Khomeini] disse che Saddam [Hussein] doveva andarsene, e che sarebbe
stato umiliato in un modo mai visto. E cosa vedete oggi? Un uomo che,
10 anni fa, parlava con così tanto orgoglio come se fosse destinato a
vivere in eterno e che oggi è incatenato per i piedi e che viene
processato nel suo stesso paese [[[…]]] l’Imam [Khomeini] disse: ‘
Questo regime che sta occupando Qods [Gerusalemme] deve essere
eliminato dalle pagine della storia.’Questa frase è molto saggia. La
questione della Palestina non è una questione su cui possiamo fare
compromessi. È possibile che un fronte [Islamico] permetta ad un
altro fronte [cioè ad un paese] di sorgere nel suo [stesso] cuore?
Questo vuol dire sconfitta, e chi accetta l’esistenza di questo
regime [cioè di Israele] in effetti firma la sconfitta del mondo
Islamico. Nella sua battaglia contro il Mondo dell’Arroganza, il
nostro amato Imam [Khomeini] stabilì il regime che occupa Qods
[Gerusalemme] come l’obiettivo della sua battaglia. Non dubito che la
nuova ondata che è iniziata nella nostra cara Palestina e che oggi
vediamo anche nel mondo Islamico è un’ondata di moralità che si è
diffusa in tutto il mondo Islamico. Molto presto la macchia della
disgrazia [cioè Israele] scomparirà dal centro del mondo Islamico – e
ciò è raggiungibile.” (Fonte: memri.org, basato sulla pubblicazione
dell’'Iranian Students News Agency' (ISNA) – note del MEMRI in
parentesi quadre – i passaggi mancanti rispetto al ‘New York
Times’sono in triple parentesi quadre)

Il termine ‘mappa’a cui lungamente fanno riferimento i media non
appare nemmeno. Mentre il ‘New York Times’ha scritto: “Il nostro
amato Imam ha detto che il regime di occupazione andava cancellato
dalla mappa” la versione del MEMRI è “L’Imam [Khomeini] disse: Questo
regime che sta occupando Qods [Gerusalemme] deve essere eliminato
dalle pagine della storia.”

Il MEMRI ha aggiunto la seguente prefissata formulazione alla sua
traduzione come una sorta di titolo: “Molto Presto, Questa Macchia di
Disgrazia [cioè Israele] Verrà Cancellata dal Centro del Mondo
Islamico – e Ciò è Raggiungibile”. Pertanto estraggono questo dal
contesto e usando la nota ‘cioè Israele’distorcono allo scopo il
significato. L’accorciamento temporale ‘molto presto’non appare
nemmeno nella traduzione del NY-Times. Inoltre è impressionante che
il MEMRI abbia cancellato nella sua traduzione tutti i passaggi che
caratterizzano il Regime dello Shah appoggiato dagli USA come un
regime di terrore e che allo stesso tempo mostrano il vero carattere
della politica USA.

Una traduzione indipendente dell’originale (come la versione
pubblicata dall’ISNA) mostra come Ahmadinejad non usi il termine
‘mappa’. Egli cita l’affermazione dell’Ayatollah Khomeini che il
regime di occupazione deve svanire da questo mondo – tradotto
letteralmente : dal teatro delle epoche. Sarebbe a dire: non c’è
spazio per un regime di occupazione in questo mondo e,
rispettivamente, in questa epoca. La formulazione ‘cancellare dalla
mappa’usata dal ‘New York Times’è una interpretazione molto libera e
aggravante che è equivalente a ‘radere qualcosa al suolo’o ‘
annientare qualcosa’. Le successive traduzioni, prima in inglese
(‘cancellare dalla mappa’), poi dall’inglese al tedesco – e tutto in
maniera letterale ('von der Landkarte löschen') – ci allontanano
sempre più dall’originale. La cosa perfida riguardante questa
traduzione è che l’espressione ‘mappa’può essere usata in un solo
modo (intenzionale): uno stato può essere rimosso da una mappa ma non
un regime, cosa di cui stava realmente parlando Ahmadinejad.

Ancora, seguendo la traduzione indipendente: “Non ho dubbi che il
nuovo movimento che ha luogo nella nostra amata Palestina è un
movimento spirituale che attraversa l’intero mondo Islamico e che
presto rimuoverà dal mondo Islamico questa macchia di disgrazia.”

Bisogna chiedersi come sia possibile che ‘movimento spirituale’, cioè
‘ondata di moralità’(come tradotto dal MEMRI) e ‘ondata di attacchi’
possano essere equiparati e tradotti (come per esempio in quanto
pubblicato dal tagesschau.de.

Il presidente dell’Iran nega l’Olocausto?

“Il governo tedesco ha condannato i ripetuti attacchi anti.-Israele
da parte del presidente Ahmadinejad. Il ministro degli esteri Frank-
Walter Steinmeier ha sostenuto che questo comportamento è
intollerabile.e la cancelliere Angela Merkel lo ha definito
“inconcepibile”(vedi tagesschau.de 2005-12-14).

Non solo il ministro degli Esteri tedesco e la cancelliere Merkel
hanno dichiarato ciò, anche Bild-Zeitung, tagesschau.de, parti del
movimento per la Pace, il Presidente americano Bush, la CNN, la
fondazione Heinrich-Böll e numerosi giornali tedeschi e
internazionali hanno sostenuto che il presidente iraniano Ahmadinejad
ha negato l’esistenza dell’Olocausto. Ma su cosa si basano le sue
affermazioni?

In sostanza sono contenute nelle seguenti dichiarazioni del 14
dicembre 2005 e in quelle dell’11 febbraio 2006: “Il presidente
iraniano ha attaccato Israele e l’Occidente negando l’Olocausto,
sostenendo che, invece di fare oggetto della discussione gli attacchi
israeliani contro la Palestina, l’Occidente impiega tutte le sue
energie per raccontare il massacro contro gli ebrei”, ciò è stato
sostenuto da Ahmadinejad durante un discorso a Zahedan nel sud-est
dell’Iran ripreso dalla tv iraniana news-channel Khabar. Quel giorno
il presidente iraniano ha sostenuto che “se l’Occidente crede
all’assassinio di 6 milioni di ebrei durante la seconda guerra
mondiale, l’Occidente stesso dovrebbe trasferire un pezzo della terra
d’Israele negli USA, in Canada o in Alaska” (dispaccio dell’agenzia
di stampa tedesca DPA del 14 dicembre 2005).

La tv tedesca n24 sottolinea le seguenti dichiarazioni del dicembre
2006 usando il titolo ‘il presidente dell’Iran sostiene che
l’Olocausto sia solo un mito’: “Il presidente Ahmadinejad ha
attaccato verbalmente Israele e ha sostenuto che l’Olocausto è solo
un mito, una scusa per gli occidentali per dare ad Israele uno stato
nel cuore del mondo islamico. In nome dell’Olocausto gli Europei
hanno creato una leggenda per giustificare la presunta superiorità
del loro Dio, della loro religione e dei loro Profeti”.

L’agenzia di stampa iraniana IRNA , il 14-12-2006, riporta quanto
segue: “Se gli Europei stanno dicendo il vero, reclamando la morte di
6 milioni di Ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale- insistendo
sull’arresto e la prigione per chi si opponesse- perché la Palestina
deve pagare per i loro crimini?” “Perché essi si sono stabilizzati
nel cuore della Nazione Islamica commettendo efferati crimini con le
loro bombe, i loro missili?” "Se noi avessimo commesso questi crimini
in Europa, in America o in Alaska, voi non ci avreste dato un pezzo
di terra nel cuore del mondo islamico".

Il presidente Ahmadinejad ha aggiunto che “Se la civiltà consiste
nell’aggressione, nel disprezzo delle nazioni oppresse, nella
soppressione di chi cerca giustizia, nella povertà della maggior
parte del mondo, allora noi disprezziamo questo tipo di civiltà”. C’è
ancora altro nel servizio della tv tedesca 24 dal titolo “In nome
dell’Olocausto hanno creato un mito”, qui possiamo notare come ci sia
molta differenza rispetto a quanto pubblicato per esempio dalla
Agenzia di stampa tedesca DPA: Ciò che Ahmadinejad fa non è negare
l’Olocausto, no! Egli è critico contro l’imperialismo dominante che
usa l’Olocausto per mettere a tacere le voci critiche e giustificare
i piani di guerra: la CNN (15-12-2005) riporta quanto segue: “se voi
avete bruciato gli Ebrei, perché non date a Israele un pezzo
d’Europa, del Canada o degli Stati Uniti?”, la domanda è “se avete
commesso questo orrendo crimine perché la nazione palestinese deve
pagare per voi?”

Il ''Middle East Media Research Institute' (MEMRI) di Wahington
riporta così le dichiarazioni del presidente iraniano del 14-12-2006:
“…noi ci chiediamo, se avete commesso questo terribile crimine,
perché la Palestina deve essere punita al posto vostro? Se avete
commesso un crimine sarete voi stessi a pagare!” " la nostra offerta
era e rimane la seguente: Israele venga trasferito in Europa, in
Canada o negli Stati Uniti. Resta inteso che se gli Israeliani
seguiranno questa linea la gente iraniana non opporrà obiezioni”.

Il MEMRI disapprova omettendo volontariamente questa frase: “Perché
gli israeliani sono venuti nel cuore del mondo islamico e stanno
commettendo aggressioni e crimini con bombe e missili contro la
Palestina?”. Tale affermazione è stata volontariamente non tradotta e
quindi non riportata perché spiega che gli Israeliani si sono
stabiliti in una terra (quella palestinese) non di loro appartenenza,
avviando una politica aggressiva ed espansionistica nei confronti
della Palestina, ignorando il diritto internazionale e qualsiasi
risoluzione delle Nazioni Unite.

Si evince che la negazione dell’Olocausto da parte del presidente
iraniano non può essere sostenuta se Ahmadinejad parla di un orrendo
crimine perpetrato ai danni degli Ebrei (ma dagli Occidentali). In un
altro dispaccio dell’IRNA, l’autore arabo di Ghazi Abu Daqa scrive su
Ahmadinejad: “Il presidente iraniano non ha niente contro i
sostenitori dell’Ebraismo, egli è contro il Sionismo inteso come
politica espansionistica e occupazione militare” “…e che nel mondo
civile non c’è posto per il regime sionista” “e che questa idea non è
molto ben vista dai centri di potere del mondo Occidentale”
“Sostenere la critica contro la politica aggressiva dell’Occidente,
al quale Israele appartiene, non significa eseere antisemita”. “Ci
piacerebbe che questa nostra posizione avesse voce nel mondo perché
la questione israelo-palestinese è un problema serio per il mondo”.

Secondo l’IRNA l' 11-02 2006 Ahmadinejad ha sostenuto che: “ il vero
Olocausto viene perpetrato quotidianamente in Palestina, e in Iraq
dove i musulmani vengono uccisi tutti i giorni” “Alcuni governi
occidentali, soprattutto gli Stati Uniti, approvano il sacrilegio del
profeta Mohammad (PBUH), mentre in nome dell’Olocausto, il Sionismo
esercita pressioni da 60 anni su tutti i paesi del mondo e uccide
innocenti in Palestina, questo deve essere considerato un crimine”.
“L’affermazione secondo la quale il presidente iraniano nega
l’Olocausto è sbagliata a tal punto da destare qualche sospetto”,
egli non nega l’Olocausto ma parla della sua negazione, egli non nega
l’Olocausto ma parla della negazione del Mito dell’Olocausto, è
qualcosa di totalmente differente!

Il Mito dell’Olocausto, che è stato oggetto delle frasi di
Ahmadinejad, è stato costruito in congiunzione con l’Olocausto stesso
per tenere tutti sotto pressione. Questo è il pensiero dominante ma,
Ahmadinejad sostiene che questo pensiero non va appoggiato. Se
Ahmadinejad condanna i fatti come un crimine per incrementare la
teoria del mito dell’Olocausto, come troviamo nella traduzione del
MEMRI ciò acquisisce un significato molto diverso dal comune pensare.
Se la frase “mito dell’Olocausto” viene trasformata in “favola di un
massacro” (come fa il DPA tedesco), ciò può essere considerato solo
come un tentativo malizioso di rendere i fatti e una mistificazione
della realtà. Le parole del presidente iraniano sono diventate
oggetto di battaglie di propaganda e mistificazione, è nostra
responsabilità evidenziarlo.

Concludendo: un dispaccio dell’agenzia di stampa Reuters del 21
febbraio 2006 conferma che il ministro degli esteri iraniano
Manuchehr Mottaki ha smentito che i suo paese vuole cancellare
Israele dalla cartina geografica, il presidente Mahmoud Ahmadinejad è
stato frainteso, nessuno può cancellare un paese dalla cartina
geografica, il presidente non pensava allo stato di Israele ma al suo
regime politico aggressivo e imperialista….”non legittimeremo questo
regime”; il ministro Mottaki ha anche riconosciuto l’esistenza
dell’Olocausto e dell’assassinio di sei milioni di Ebrei durante
l’era del nazional-socialismo.

Il prossimo passo è collegare la figura del presidente Mahmoud
Ahmadinejad a Hitler, ed è stato fatto dal capo della comunità
ebraica francese (Crif) che il 20-02-2006 a Parigi ha sostenuto che
'le idee del presidente Mahmoud Ahmadinejad non hanno nulla da
invidiare al Mein Kampf' di hitleriana memoria, anche il capo della
comunità ebraica tedesca, Paul Spiegel, qualifica la posizione di
Ahmadinejad come la peggior posizione politica dai tempi di Hitler.
Alla Casa Bianca il presidente iraniano è chiamato direttamente
Hitler. La cancelliere Merkel ha detto a Monaco qualche giorno fa che
“un nemico può essere prevenuto se attaccato, la Germania è ai limiti
della sua tolleranza, la situazione iraniana è costantemente sotto
controllo”.

Tutto ciò significa guerra.

Anche Slobodan Milosevic fu paragonato e chiamato Hitler, il
risultato fu una guerra contro la Yugoslavia; Saddam Hussein fu
definito Hitler e quello che seguì fu una guerra contro l’Iraq. Ora
il presidente iraniano è chiamato Hitler, e di certo qualcuno che
viene paragonato ad Hitler non userà l’energia atomica per scopi
civili. Nessuno crederà in lui. “Ufficialmente nessuno stato
occidentale considera l’arricchimento dell’uranio illegale, non ci
sono restrizioni di legge negli stati occidentali. Al contrario, gli
stati occidentali dovrebbero assistere l’Iran nelle sue attività, in
accordo con il Trattato di non-proliferazione nucleare.

Se uno stato rinuncia alla costruzione di armi atomiche è meritevole
di supporto tecnico da parte degli aderenti al Trattato nello
sviluppo di energia nucleare a scopi civili (Jörg Pfuhl, ARD radio
studio Istanbul 11-01-2006). Ma ciò non conta perché il capo di stato
iraniano è considerato al pari di Hitler.

IRON WARRIORS T72 TANK COMMAND


<< Sembrano già passati tantissimi anni dalla guerre in Jugoslavia ed
invece si tratta di storia recentissima. Black Bean Games riapre
quella profonda ferita d'Europa con questo simulatore particolarmente
con ambizioni di realismo

Rancori e desideri di vendetta animano un Paese in guerra, uno
scontro tra diverse etnie prima unite da ideali e valori morali
comuni, strette di mano, solidarietà e sorrisi sotto i colori della
stessa bandiera: gli amici diventano avversari, le persone care
rivali, i compagni nemici, nazionalismo, motivazioni economiche,
interessi, ambizioni personali, la fine della Jugoslavia in una
battaglia epocale... Iron Warriors T72 Tank Command!

Il gioco di Black Bean Games è ambientato durante le cruenti guerre
civili che hanno sconvolto ed insanguinato la penisola balcanica
durante il periodo 1991 – 1995. Il titolo della software house
nostrana offre al giocatore l’opportunità di essere al comando dei
tre migliori carrarmati mai progettati dal potente esercito russo: il
T-72B, il T-55 e il T-34/85.Direttamente in prima fila nella lotta
armata, il gamer, vestiti i panni del comandante, del mitragliere o
del manovratore potrà impartire ordini al proprio equipaggio
scegliendo tra 18 differenti missioni da compiere. Ogni operazione
militare si svolgerà all’interno di un contesto bellico che
riprodurrà fedelmente la fisica delle armi e simulerà in modo
dettagliato i compiti dei carristi e l’esperienza dei volontari russi
in supporto alle truppe serbe. >>

Fonte : http://guide.supereva.com/console/interventi/
2006/05/254852.shtml


Le Comité de surveillance OTAN, le Mouvement Chrétien pour la Paix et VREDE

 organisent une conférence sur le thème

KOSOVO 2006 :


Indépendant et multiethnique ? 

le 15 mai 2006 à 20 heures

à l'Espace XE, 39 rue Mercelis à Ixelles 

Sept ans après les bombardements de l'OTAN et sa mise sous protectorat, où en est aujourd'hui le Kosovo, alors qu'il semble être à la veille de son indépendance ? En particulier, où en sont l'instauration de la démocratie, le respect des droits humains, le retour des réfugiés et la multiethnicité, que les puissances occidentales s'étaient engagées à promouvoir et développer dans la province d'où étaient chassées l'administration et les forces de sécurité serbes et yougoslaves ?

Une soirée d'information et de débat exceptionnelle, avec la participation de :

  • Marek Nowicki, ombudsman officiel du Kosovo de 2000 à 2005, sur le respect des droits de l'homme et des minorités au Kosovo
  • Jean Toschi Marazzani-Visconti, journaliste italienne, sur le rôle des médias occidentaux durant la guerre du Kosovo
  • Frédéric Saillot, journaliste français, sur la situation actuelle au Kosovo et les pourparlers pour le « statut final »

P.A.F. : 3 euros

Accès STIB : bus 54 et 71, trams 93 et 94

Plus d'infos :

•  téléphone : 02 511 63 10 ou 02 734 79 82
•  courriel : info@... ou mcp.belgium@...


Kosovo 2006 : l'indépendance, prime au nettoyage ethnique ?

Il y a sept ans, les forces de l'OTAN bombardaient la Serbie et le Monténégro, sous prétexte de prévention d'un génocide au Kosovo, puis prenaient le contrôle militaire de la province, laissant les affaires civiles à une mission de l'ONU. Si 800.000 réfugiés albanophones – déplacés pendant les bombardements – rentraient rapidement dans leurs foyers, plus de 300.000 Serbes, Roms et autres membres de minorités kosovares quittaient les leurs, chassés par une campagne de terreur accomplie sous les yeux des forces de l'OTAN et de la police de l'ONU. Ceux-ci continuent à vivre loin de chez eux, surtout en Serbie, mais également en Europe occidentale où tentent de trouver l'asile de nombreux Roms.

Pour trouver une solution à long terme au problème du statut du Kosovo, dont la majorité albanophone réclame l'indépendance, mais qui reste une province de Serbie, l'ONU décida en 2001 d'appliquer la méthode des « normes avant le statut ». Un ensemble de normes relatives au respect des droits de l'homme et des minorités et à la bonne gouvernance devait être appliqué avant qu'on ne discute du statut futur de la province. En 2005, un envoyé spécial de l'ONU, après une enquête approfondie, constata que ces normes n'étaient nullement mises en œuvre, notamment au niveau des droits des minorités, totalement bafoués. Pourtant, il recommandait que commencent sans tarder des négociations pour déterminer le fameux statut du Kosovo, comme le souhaitaient d'ailleurs les puissances occidentales.

C'est ainsi qu'actuellement se tiennent à Vienne des négociations entre Belgrade et Pristina. Les jeux semblent cependant déjà faits, si l'on en juge les déclarations des responsables occidentaux, et même de l'envoyé de l'ONU qui dirige les pourparlers, le Finlandais Ahtisaari : la seule issue imaginable serait l'indépendance, une indépendance conditionnée au maintien de troupes de l'ONU et au passage de l'administration dans les mains de l'Union européenne. Le seul détail qui reste à négocier est le degré de décentralisation dont disposeront les dernières enclaves serbes.

En outre, c'est un Kosovo gangrené par une corruption généralisée et sous la coupe du crime organisé, qui s'apprête à accéder à une indépendance formelle. Cela règlera-t-il tous les maux dont souffre cette société, comme l'affirment les leaders albano-kosovars ? Ou bien, cela entérinera-t-il le nettoyage ethnique, comme le craignent les représentants des minorités ?

Les orateurs

Marek Antoni Nowicki :

un témoin exceptionnel

Avocat, proche du mouvement Solidarité dans la Pologne des années 80, actif depuis plus de vingt ans dans le domaine des droits humains, dans son pays et au sein de diverses organisations internationales, Marek Antoni Nowicki a été nommé Ombudsperson (médiateur) international pour le Kosovo le 11 juillet 2000, fonction qu'il a exercée jusqu'à l'abolition du poste le 31 décembre 2005.

Après plus de cinq ans dans ce territoire administré par l'ONU et occupé par les armées de l'OTAN, Marek Nowicki a été confronté à des milliers de plaintes de citoyens du Kosovo. Nul autre que lui ne connaît aussi bien les multiples violations des droits humains dont se rendent responsables le crime organisé, une administration corrompue et les tenants d'un territoire « ethniquement pur », ainsi que l'impunité dont ils jouissent de la part d'un système judiciaire inféodé aux impératifs mafieux et claniques. En particulier, Marek Nowicki est apparu comme le dernier recours des diverses minorités – Serbes, Roms, Bosniaques, etc. – soumises à de multiples exactions et discriminations depuis la prise en charge du territoire par la communauté internationale.

Alors que sont en cours des négociations sur le statut futur du Kosovo, ce témoin exceptionnel livrera ses observations sur la situation actuelle dans cette entité et sur les problèmes rencontrés dans la mise en œuvre des normes d'un état de droit, tel que demandé par les puissances occidentales en contrepartie d'une probable indépendance.

 

Jean Toschi Marazzani-Visconti :

la bataille de l'information

Originaire de Milan, Jean Toschi Marazzani-Visconti y a développé des fonctions de création d'événements. En 1992, le hasard se charge de l'initier aux événements balkaniques. Elle collabore à l'organisation du voyage du Prix Nobel pour la Paix, Elie Wiesel, en Yougoslavie et en Bosnie. Par la suite, elle parcourra les fronts de la guerre à plusieurs reprises. Elle était à Belgrade pendant les bombardements. Ces expériences lui ont permis de coudoyer les personnages clés du monde politique et d'être le témoin de nombreux événements essentiels.

En 1993, elle commence sa collaboration avec le quotidien Il Manifesto et les magazines liMes, Avvenimenti, Maiz, Alternative Europa dans les pages consacrées à la politique étrangère et à la culture. Elle est aussi coauteur de Le temps du réveil (L'âge d'Homme, 1993) et auteur de Voyage dans la folie d'une guerre (Europublic, 1994) et d'une comédie, Un répondeur téléphonique comme amant. Elle a aussi traduit en italien Les fils d'Abraham de Marek Halter (Sugarco, Milan) et Monopoly de Michel Collon (EPO, Bruxelles).

Jean Toschi vient de publier Il Corridoio (Le corridor) qui retrace les épisodes de la guerre en ex-Yougoslavie de 1992 à 1994 et a été écrit “par la nécessité de présenter les événements yougoslaves sous un angle de vérité qui a été soigneusement occulté”.
C'est dans cet esprit qu'elle prendra la parole à Bruxelles, afin de dénoncer – exemples à l'appui – la désinformation qui a caractérisé le traitement médiatique des guerres yougoslaves, et celle du Kosovo, en particulier.




Liste gérée par des membres du Comité de Surveillance OTAN. Les opinions éventuellement exprimées n'engagent que les auteurs des messages, et non le CSO.

From: Tim Fenton
Subject: [yugoslaviainfo] Excellent interview with Joe Bissett by
George Kenney
Date: May 9, 2006 8:07:24 AM GMT+02:00

Good to hear two of the "good guys" discussing things intelligently
and in an informed manner. This should be heard by as many people as
possible...
May 05, 2006

Peace Practitioner

http://www.electricpolitics.com/podcast/2006/05/peace_practitioner.html
Nobody got a better, close-up view of the collapse of the former
Yugoslavia than the last Canadian Ambassador there, Joe Bissett -
http://www.deltax.net/bissett/index.html . So when Ambassador Bissett
talks about Yugoslavia, Milosevic, and the mistakes western
governments made it is worth a careful listen, perhaps especially
because international intervention in Yugoslavia became a template
and point of departure for later adventures in Afghanistan and Iraq.
If you haven't got the fundamentals on the Yugoslav mess in roughly
the right perspective it becomes orders of magnitude more difficult
to understand the context of these later wars. It's the nitty-gritty
of the world today. In his retirement Joe Bissett has very
courageously taken unpopular positions, and I salute him for that. He
personifies the truest aspirations of Canadian humanitarian thinking—
it's fair to say, moreover, that in the best of all diplomatic
traditions he's an officer and a gentleman. Runtime for this podcast
- http://www.electricpolitics.com/media/mp3/EP2006.05.05.mp3 - is
about fifty-eight minutes. Enjoy!

http://www.electricpolitics.com/podcast/2006/05/peace_practitioner.html

(francais / english / italiano)

Ancora sul caso Handke

1. Peter Handke frappé d’une nouvelle forme d’ostracisme : Le Nouvel
Obstracisme. (Patrick Barriot et Eve Crépin / FRANCAIS) /
Peter Handke Hit with a New Form of Ostracism: Le Nouvel Obs-tracism
(by Patrick Barriot and Eve Crépin / ENGLISH)

2. Handke, accuse di censura alla Comédie Française (Anna Maria Merlo)


=== 1 ===

Source : http://cirqueminime.blogcollective.com/blog/_archives/
2006/5/3/1929441.html

[Depuis longtemps considéré comme un dinosaure ou au moindre comme
une espèce de théâtre ringard voire nul, la Comédie-Française, avec
le clown Bozonnet en tête, remontre son ignorance totale d’histoire
contemporaine en déprogrammant la pièce de Peter Handke, « Voyage au
pays sonore ou l’Art de la question », à cause de la présence à
Belgrade de l’auteur autrichien aux obsèques du feu président serbe/
yougoslave, Slobodan Milosevic, assassiné dans son cellule au centre
de détention de Scheveningen à la Hayes par les iatrogénocidaires de
l’OTAN et leur viles collabos de l’ONU. Le reportage de Nouvel Obs
serait marrant, carrément risible, s’il n’avait pas été aussi typique
du complexe d’infériorité hystérique vers les événements aux Balkans
comme en Rwanda dont la culture française subi depuis elle se donnait
en tout servilité au minable maquereau ami-requin. Mais laissons
Patrick Barriot et Eve Crépin mettre au point cette histoire. –mc]

Peter Handke frappé d’une nouvelle forme d’ostracisme :
Le Nouvel Obstracisme.

Patrick Barriot et Eve Crépin

L’administrateur de la Comédie-Française, Marcel Bozonnet, vient de
déprogrammer la pièce de Peter Handke « Voyage au pays sonore ou
l’Art de la question », qui devait être mise en scène début 2007 au
Vieux-Colombier. Cette sanction fait suite à un article de Ruth
Valentini paru dans Le Nouvel Observateur du 6 avril 2006 (1). A vrai
dire, il ne s’agit pas d’un article mais d’un libelle ne comportant
pas plus de six phrases venimeuses, en bord gauche de la page 102,
dans la rubrique « sifflets ». Ruth Valentini « siffle » donc Peter
Handke pour avoir participé aux obsèques de Slobodan Milosevic le
samedi 18 mars à Pozarevac. Elle insulte le dramaturge autrichien en
affirmant, avec des accents bien connus de procureure, qu’il est «
fidèle au Boucher des Balkans et à sa propre position révisionniste
», qu’il « approuve le massacre de Srebrenica et autres crimes commis
au nom de la purification » et qu’« avec son hommage au despote, le
poète a définitivement creusé la tombe de son honneur perdu ». Dans
cette brève philippique, la journaliste du Nouvel Observateur décrit
Handke « brandissant le drapeau serbe, se pressant pour toucher le
corbillard et y déposer sa rose rouge ». Or à aucun moment, et nous
pouvons l’affirmer car nous étions à ses côtés le 18 mars, Peter
Handke n’a brandi le drapeau serbe ni déposé la moindre rose rouge
sur le cercueil de l’ex-président serbe. Peter Handke était dans la
foule et c’est à la demande des représentants de la famille qu’il a
prononcé quelques phrases en langue serbe. La journaliste du Nouvel
Observateur était-elle à Pozarevac le samedi 18 mars ? Si oui, elle
affabule. Si non, elle rapporte des ragots. Dans les deux cas, sa
crédibilité de journaliste est mise à mal.

L’administrateur de la Comédie-Française, dont « le sang n’a fait
qu’un tour » quand il a lu l’article du Nouvel Observateur, a donc
décidé de punir Peter Handke pour sa présence aux obsèques de
Slobodan Milosevic. Marcel Bozonnet a déclaré : « Aller à
l’enterrement était un geste très fort. J’étais stupéfait. J’ai lu
ensuite la traduction de ses déclarations publiées par l’hebdomadaire
allemand Focus, qui sont édifiantes. Ça plus tout le reste, que je
n’avais pas lu avant : il y a de quoi grimper au rideau » (2). Nous
aimerions savoir ce que M. Bozonnet entend par ces « déclarations
édifiantes » qui font « grimper au rideau » et ce qui se cache
derrière « tout le reste ». Il s’agit de vagues sous-entendus
destinés uniquement à jeter l’anathème sur Peter Handke. Quand on se
présente à la fois sous les traits d’un enquêteur, d’un procureur et
d’un juge d’application des peines, il convient de citer des témoins
à charge qui ont réellement vu les faits, des traductions fidèles et
un acte d’accusation moins fantaisiste. Nous mettons au défi M.
Bozonnet de citer clairement et publiquement les propos auxquels il
fait référence (traduits du serbe en allemand puis de l’allemand en
français par des individus dont on peut apprécier l’objectivité et la
rigueur). Les accusations portées sont suffisamment graves et lourdes
de conséquences pour que l’on exige des précisions. Nous avons noté,
mot à mot, en langue serbe, la déclaration très courte faite par
Peter Handke le 18 mars à Pozarevac. Un juge impartial pourrait
constater que rien dans les propos de Peter Handke n’est susceptible
de « faire grimper au rideau » un administrateur de la Comédie-
Française, à moins que ce dernier n’y soit prédisposé par un
quelconque don de la nature. Pour M. Bozonnet, « La présence de Peter
Handke aux obsèques de Milosevic est un outrage aux victimes » et «
Il y a dans la position de Handke un tel déni de l’Histoire, des
faits, de la justice internationale…. Comme si pour lui, plus rien
n’avait d’existence ». On demeure atterrés devant de tels raccourcis.
Sur quoi reposent les accusations de « déni de l’Histoire, des faits,
de la justice internationale » ?

En résumé, six phrases de calomnie dans Le Nouvel Observateur
suffisent pour que l’administrateur de la Comédie-Française
déprogramme la pièce de l’un des plus grands dramaturges de notre
époque. Espérons que Le Nouvel Observateur n’écrira pas six phrases
contre Harold Pinter dont les déclarations en faveur de Slobodan
Milosevic sont sans ambiguïté : son prix Nobel pourrait lui être
retiré ! Dans la Grèce antique les proscriptions étaient inscrites
sur des morceaux de terre cuite, aujourd’hui elles sont inscrites
dans les pages du Nouvel Observateur. A ce jour aucun écrivain dans
la patrie de Voltaire, aucun dramaturge, aucun chroniqueur, aucun
rédacteur de bloc-notes hebdomadaire n’a pris la défense de Peter
Handke aussi injustement attaqué. Par un curieux hasard, l’annonce de
l’ostracisme de Handke, publiée en première page du Monde le 28
avril, côtoyait une publicité en couleur pour le livre de Cesare
Battisti Ma Cavale, publié par les éditions Grasset avec une préface
de Bernard-Henri Lévy et une postface de Fred Vargas. Rappelons que
Cesare Battisti a été condamné à perpétuité par un tribunal italien
pour des crimes de sang qu’il n’a pas le courage d’assumer. Dans sa
préface, Bernard-Henri Lévy estime que le dossier d’accusation est
fragile et il défend le criminel-écrivain au nom de « l’Etat de droit
». A l’évidence Peter Handke ne mérite pas le moindre soutien des «
intellectuels » français. Il est vrai que son crime est
imprescriptible : il a assisté à l’enterrement de Slobodan Milosevic !

(1). Sifflets : Peter Handke à Pozarevac. Article de Ruth
Valentini, Le Nouvel Observateur, semaine du 6 avril 2006, page 102.
(2). Peter Handke censuré pour un voyage de trop. Article de René
Solis, Libération, samedi 29 et dimanche 30 avril 2006, page 37.
(3). Peter Handke est interdit de Comédie-Française. Article de
Brigitte Salino, Le Monde, 28 avril 2006, page 27.
(4). Ma Cavale de Cesare Battisti, préface de Bernard-Henri Lévy,
post-face de Fred Vargas, Grasset/Rivages, 378 pages.

---

SOURCE : http://cirqueminime.blogcollective.com/blog/_archives/
2006/5/7/1939115.html

Peter Handke Hit with a New Form of Ostracism:
Le Nouvel Obs-tracism.

by Patrick Barriot and Eve Crépin

The director of the Comédie-Française, Marcel Bozonnet, has pulled
from his 2006-2007 program the Peter Handke play “Voyage au pays
sonore ou l’Art of la question”. The play was to have been performed
in the C-F’s Vieux-Colombier theatre at the beginning of 2007. This
program change occurred directly after the publication of an article
by Ruth Valentini in Le Nouvel Observateur of 6 April 2006 (1).
Actually, it was not really so much an article as a little six-line
bit of nastiness off on the left margin of page 102 under the rubric
‘sifflets’ (boos). Ruth Valentini ‘boos’ Peter Handke for having
participated in the funeral of Slobodan Milosevic, Saturday 18 March,
in Pozarevac. She insults the Austrian playwright by claiming, in
tones reminiscent of Madame Del Ponte, the ICTY prosecutor, that he
remains ‘faithful to the Butcher of the Balkans and his own
revisionist position’, that he ‘approves of the massacre at
Srebrenica and other crimes committed in the name of ethnic
cleansing’ and that ‘with this homage to the dictator, the poet has
dug a grave for his lost honor’. In this brief philippic, the
journalist for Le Nouvel Observateur describes Handke at the funeral
as ‘waving the Serbian flag, pushing to touch the casket in order to
put a red rose on it.’ Yet at no time, and we can vouch for this
because we were beside him on 18 March, did Peter Handke either waved
a Serbian flag or put any kind of red rose on the coffin of the ex-
president of Serbia. Peter Handke was in the crowd, and it was at the
request of the family that he said a few words in the Serbian
language. Was this Nouvel Observateur journalist in Pozarevac on
Saturday 18 March? If she was, then she’s spinning this stuff from
whole cloth. If she wasn’t, then she’s just recycling malicious
rumors. In either case, her credibility as a journalist is dubious.

The director of the Comédie-Française, who ‘totally lost it’ on
reading the Nouvel Observateur article, thus decided to punish Peter
Handke for his presence at Slobodan Milosevic’s funeral. Marcel
Bozonnet declared: “Going to the burial was a very strong gesture. I
was struck dumb. I later read a translation of his remarks published
in the German weekly Focus, which was enlightening. This along with
everything else I had read before, really sent me up the wall”(2).
We’d love to know just what Mr. Bozonnet means by these ‘enlightening
remarks’, which sent him ‘up the wall’, and what exactly is hiding
behind his ‘everything else I had read’. These are little innuendos
aimed at gravely injuring Peter Handke’s reputation. When one acts as
a combination investigator, prosecutor and judge in handing out
punishment, it’s more effective to cite the testimony of witnesses
who actually saw the facts., translations of unquestionable fidelity
and charges that are somewhere this side of fantasyland. We challenge
Mr Bozonnet to cite clearly and publicly the remarks to which he made
reference (translated from Serbian to German, and then from German to
French, by individuals of unquestioned objectivity and rigor). The
accusations are serious and heavy enough in their consequences to
demand this kind of exactness. We took note, word for word, and in
Serbian, of the short statement made by Peter Handke on 18 March in
Pozarevac. An impartial judge would have noticed that nothing in the
remarks Peter Handke made should have caused a director of the
Comédie-Française to go ‘up the wall’, unless he was predisposed to
do so by some nartural quirk. For Mr. Bozonnet, ‘the presence of
Peter Handke at the Milosevic funeral is an outrage to the victims’
and ‘there is in Handke’s position such a denial of History, of the
facts, of international justice . . . as if, to him, nothing else
exists’. We’re still floored by this rhetorical short con. Just what
is his basis for these accusations of ‘denial of History, the facts
and international justice’?

To recap, six lines of calumny in Le Nouvel Observateur were enough
for the director of La Comédie-Française to drop the play of one of
our greatest living playwrights. Let’s hope that Le Nouvel
Observateur doesn’t write six such lines against Harold Pinter, whose
declarations in favor of Slobodan Milosevic are without ambiguity:
They might just pull his Nobel Prize! In ancient Greece orders of
banishment were written on baked earth; today they are written in the
pages of Le Nouvel Observateur. Today, in this the nation of
Voltaire, no writer, no playwright, no historian, no editor of a
weekly newspaper, has taken the defense of Peter Handke, so unjustly
attacked. By some curious chance, the announcement of Handke’s
ostracism, published on page one of the 28 April Le Monde, was
flanked by a color ad for the book by Cesare Battisti, Ma Cavale (My
Life on the Run), put out by Grasset with a preface by Bernard-Henri
Levy and a postface by Fred Vargas. You’ll remember that Cesare
Battisti was sentenced to life in prison by an Italian court for some
bloody crimes that he didn’t have the courage to stand up for. In his
preface, Bernard-Henri Levy figures that the charges against Battisti
were weak and he defends the writer/criminal in the name of ‘the rule
of law’. From the looks of it, Peter Handke doesn’t merit even the
slightest support from French ‘intellectuals’. It’s true that some
crimes are imprescriptible: he attended the burial of Slobodan
Milosevic!

(1). Sifflets : Peter Handke in Pozarevac. by Ruth Valentini, Le
Nouvel Observateur, week of 6 April 2006, page 102.
(2). Peter Handke censored for one too many voyages. by René Solis,
Libération, Saturday 29 & Sunday 30 April 2006, page 37.
(3). Peter Handke is banned from the Comédie-Française. By Brigitte
Salino, Le Monde, 28 April 2006, page 27.
(4). Ma Cavale (My Life on the Run) by Cesare Battisti, préface by
Bernard-Henri Lévy, post-face by Fred Vargas, Grasset/Rivages, 378
pages.


=== 2 ===

il manifesto
04 Maggio 2006

Handke, accuse di censura alla Comédie Française

Oggi la «difesa» dell'amministratore Marcel Bozonnet dopo le
polemiche seguite alla sua scelta di cancellare la pièce dell'autore
austriaco dal cartellone . 40 artisti hanno intanto firmato una
petizione in sostegno dello scrittore

Anna Maria Merlo

Parigi - Oggi, nella conferenza stampa sulla programmazione sulla
stagione 2006-2006 della Comédie française, l'amministratore generale
Marcel Bozonnet dovrebbe reagire alla polemica che sta suscitando la
sua decisione di eliminare dal cartellone la pièce di Peter Handke,
Voyage au pays sonore ou l'art de la question, regia di Bruno Bayern
(prevista al teatro del Vieux Colombier dal 17 al 24 febbraio 2007).
Una quarantina di personalità hanno già firmato una petizione contro
la decisione di Bozonnet, denunciando «la censura» contro Handke.
Tra i firmatari, la Nobel austriaca Elfriede Jelinek, scrittori come
Patrick Mondiano e Patrick Besson, registi come Luc Bondy e Emir
Kusturica. Jelinek, in una lettera a Le Monde, accusa la Comédie
française di inserirsi «nella peggiore tradizione di quelle
istituzioni culturali che mettono al bando gli artisti imbarazzanti e
li condannano al silenzio».
La petizione ripercorre la storia della deprogrammazione di Voyage :
all'origine, un articolo del Nouvel Observateur dove la giornalista
Ruth Valentini accusa Handke di «revisionismo» e di aver «perso
l'onore» partecipando il 18 marzo scorso al funerale di Milosevic.
Bozonnet ha affermato di essersi basato su questo articolo per
decidere di annullare Voyage, perché «la presenza di Handke alle
esequie di Milosevic è un oltraggio alle vittime» del regime serbo.
Bozonnet ha proposto a Bruno Bayern una pièce di un altro autore, ma
il regista (anche traduttore di Handke) ha rifiutato, perché, afferma
«pensavo che programmare Handke fosse il segno di un tempo di pace».
La petizione accusa Bozonnet : «senza essersi preoccupato di
verificare le affermazioni della giornalista, ne ha approfittato per
porsi pubblicamente come difensore delle vittime e eroe dei diritti
dell'uomo».
Per i firmatari, l'unica cosa vera è che Handke si è recato al
funerale di Milosevic : «non si tratta qui di decidere se ha avuto
torto o meno di andarci. Si tratta di sapere se questo fatto deve
giustificare o meno il ristabilimento in Francia di una forma di
censura esercitata dai benpensanti». Per i firmatari della petizione,
Handke è da alcuni anni vittima «di una messa la bando sistematica»,
al punto che, denunciano, «ormai delle librerie rifiutano di avere
dei libri di Handke nei loro scaffali». Questa «messa al bando»
avrebbe avuto origine quando Handke ha «cominciato a denunciare la
demonizzazione dei serbi e a porre delle domande sulla guerra
jugoslava».
Oggi, Marcel Bozonnet spiegherà le sue ragioni. Per la programmazione
del Vieux Colombier, è l'amministratore generale a decidere
autonomamente (a differenza della sala Richelieu, dove le devono
essere accettate da un voto del comitato di amministrazione).
Nel comitato alcune voci si sono comunque levate, in nome della
«separazione tra l'autore e l'opera», contro la decisione di
Bozonnet. L'amministratore generale non le ha però volute ascoltare,
sulla base del testo pubblicato da Handke sulla rivista tedesca
Focus, dove l'autore austriaco accusa il tribunale internazionale di
«non assistenza a persona in pericolo» per aver lasciato morire
Slobodan Milosevic in carcere.

From: Nella Ginatempo
Subject: Re: Su Bonino Ministro della Difesa: anche Vendola...
Date: May 7, 2006 7:20:14 PM GMT+02:00

Condivido assolutamente. Sono indignata per il sostegno offerto da
Fausto Bertinotti e da tutta Rifondazione alla candidatura di D'alema
contro cui a suo tempo anch'io firmai la denuncia per violazione
della Costituzione. Dove sono finite le lotte, il dolore, le speranze
che insieme a tante compagne e compagni di Rifondazione abbiamo
condiviso in quegli anni contro la guerra umanitaria ???
E oggi nuovi inciuci si profilano su Emma Bonino, ministro degli
Esteri !?! Emma Bonino non è molto diversa da Madeleine Albright e
per di più oggi difende le missioni di guerra italiane in Afghanistan
e in Iraq. Inorridisco
Nella Ginatempo

----- Original Message -----
From: "Avv.Vilardo Pasquale"
Sent: Sunday, May 07, 2006 7:13 PM
Subject: Fw: Su Bonino Ministro della Difesa: anche Vendola...


> A seguito della segnalazione di un intervento di Nichi Vendola ho
> pensato di scrivere di nuovo a Liberazione, riproponendo questioni
> di principio che inoltro e per cui chiedo, a chi e' interessato,
> una interlocuzione.
> Confesso che in questi giorni mi sento un po' come ritornato sui
> banchi della seconda liceo, nel 1965, quando fin troppo inesperto
> politicamente denunciavo secondo coscienza e incurante delle
> conseguenze disciplinari i guasti della "scuola borghese e di
> classe" e venivo bellamente bocciato per vendetta. All'epoca
> comunque fui fin troppo fortunato e, dopo un po', fu... l'avvento
> del '68, che per me fu anche la conferma che, in fin dei conti,
> tanto isolato non ero... Chissa' se anche oggi... (nel senso del
> "sogno" della costituzione di una sinistra comunista non
> subordinata a quella moderata e all'altezza dei tempi...) saro'
> altrettanto fortunato...
> Pasquale Vilardo
>
>
> ----- Original Message -----
> From: "Avv.Vilardo Pasquale"
> To: <lettere@...>
> Sent: Sunday, May 07, 2006 6:40 PM
> Subject: Su Bonino Ministro della Difesa: anche Vendola...
>
>
>> Caro direttore,
>> reinvio - corredata da una intervento su "Liberazione" di Nichi
>> Vendola - la mia lettera su Bonino Ministro della Difesa , che non
>> vuole essere un attacco alla persona (peraltro apprezzo il
>> recupero da parte dei radicali in questi ultimi anni del tema
>> della laicita' dello stato, anche se ovviamente da solo non
>> basta) ma solleva, come un'altra mia lettera non pubblicata,
>> questioni di principio quali :
>> che rapporto c'e' tra la linea della nonviolenza del PRC, il
>> movimento contro la guerra, la difesa della Costituzione e
>> l'elezione alle alte cariche dello stato e del governo di alcuni
>> di coloro che nel 1999 furono protagonisti e/o fiancheggiatori di
>> una guerra non solo disumana ma anche illegale e in aperta
>> violazione della Costituzione?
>> Peraltro il giornale Liberazione e' stato protagonista encomiabile
>> di certe battaglie, il suo ex direttore Curzi ha anche firmato -
>> insieme a parlamentari del PRC - denunce conseguenti e, in certi
>> casi, tuttora in piedi, i lutti e le ferite per il popolo
>> yugoslavo restano terribili ne' dimenticabili (tanto e' vero che
>> il testo dell'intervento di Vendola mi e' stato fornito da fonte
>> yugoslava, con tanto di traduzione in serbo-croato, come si legge
>> di seguito: ad indicare che le sofferenze sono ancora ben vive).
>> Pongo quesiti che non mi pare si possono eludere , se certi
>> principi e certi valori sono davvero importanti e non orpelli di
>> facciata.
>> Tanto piu' che l'Unione ha vinto le elezioni, puo' governare da
>> sola e respingere certi "veti" del centrodestra (che sembrano
>> peraltro scuse per occultare il presumibile intento reale: quello
>> cioe', forse, di non vedere eletti ad alte cariche personaggi che
>> possono risultare "concorrenti", visti i servigi gia' resi nel
>> 1999, agli occhi della Casa Bianca, dove evidentemente i
>> Berlusconi e i Fini vorrebbero rimanere gli interlocutori
>> privilegiati).
>> E poi: ci accingiamo al referendum costituzionale, vorremmo
>> difendere la nostra grande Costituzione, che tutto il mondo civile
>> ci elogia, con limpido entusiasmo, senza l'imbarazzo di dovere
>> spiegare perche' abbiamo eletto alle alte cariche dello stato e
>> del governo chi, nel 1999, violava bellamenti i suoi principi,
>> pur occupando gli scranni piu' alti delle istituzioni.
>> Pasquale Vilardo.
>>
>>
>> ----- Original Message -----
>> From: Avv.Vilardo Pasquale
>> To: lettere@...
>> Sent: Friday, May 05, 2006 1:07 PM
>> Subject: Bonino Ministro della Difesa.
>>
>> Caro direttore,
>> per Emma Bonino viene rivendicato il Ministero della Difesa. La
>> stessa a suo tempo si fece un nome in appoggio alla Nato nei 78
>> giorni di bombardamenti sui popoli della ex Yugoslavia e oggi e'
>> contraria al ritiro delle truppe italiane dall'Iraq.
>> Viene in mente il magistero artistico ed etico di Charlie Chaplin nel
>> film "Monsieur Verdoux" allorche' indica come, nella societa'
>> capitalista, il crimine e' un modo di fare affari "con altri mezzi"
>> e che la guerra e' si' il crimine piu' grande ma anche il piu'
>> impunito e fa dire al protagonista, ormai avviato al patibolo: "Ho
>> sbagliato e ho pagato perche' ho usato l'assassinio al dettaglio e
>> non quello piu' grosso che resta impunito", facendo riferimento alla
>> guerra.
>> Gia' a suo tempo Erasmo di Rotterdam osservava: "voi vedete di solito
>> i saggi alle prese con la poverta', con la fame, ingloriosi, invisi a
>> tutti e vedete invece gli stolti nuotare nell'oro, salire al governo
>> degli stati, prosperare in tutti i modi".
>> Nei " tempi moderni", tanto per restare al gioco delle citazioni
>> chapliniane, si direbbe che ben poco e' cambiato e che - per salire
>> al governo degli stati - occorre stare dalla parte dei bombardieri e
>> dimenticarti la nonviolenza, che pure e' stato il tuo " marchio di
>> fabbrica politico".
>> Nulla di personale contro la Bonino, ne' tanto meno accuse dirette,
>> ma la contraddizione ideologica e' comunque reale e
>> inquietante.
>> Pasquale Vilardo
>>
>>
>>
>> "LIBERAZIONE", 11 -12 aprile 1999:
>>
>> "UN UOMO CHIAMATO EMMA"
>>
>> di Nichi VENDOLA
>>
>> Il lato maschile di Marco Pannella si chiama Emma Bonino. Emma è un
>> uomo di rara furbizia e di rocambolesco cinismo. Si veste come un
>> monaco tibetano ma ragiona come un funzionario modello della CIA.
>> Milita da sempre, con trepidante fanatismo, sul fronte occidentale:
>> laddove intreccia ghirlande di propaganda a favore dei diritti del
>> mercato e del mercato dei diritti. Non disdegna, tale è la sua
>> passione
>> per i deboli, la compagnia degli hooligans del potere finanziario e
>> degli ustascia di tutte le Croazie del mondo. Lui, il Bonino, ama la
>> guerra condita con ironiche citazioni dei Mahatma Gandhi. Il quale è
>> incolpevole della vomitevole strumentalizzazione radical-chic di chi,
>> come Pannella, in quei tempi lontani avrebbe naturalmente tifato
>> per il
>> colonialismo britannico. Lui, oggi commissario della polizia europea
>> predica la non violenza dei Mirage e dei B 52. Gli piacciono le
>> stragi
>> ornamentali e le carneficine umanitarie. Emma è un sacerdote
>> dell'idillio atomico e dell'armonia occidentale, imposta con le
>> buone o
>> le cattive: o pax americana o riposini in pace nei camposanti
>> balcanici
>> o africani o di ogni meridione di questa Terra. Emma si compiace nel
>> farsi fotografare accanto a fanciulli ossuti e disperati: proprio
>> quelli che sono così piccoli e così poveri e così straziati grazie ai
>> suoi amici della NATO, del Fondo monetario, della Banca mondiale. Non
>> sei anche tu, carissimo Bonino, impegnato a consegnare al destino
>> inappellabile del sottosviluppo e della espropriazione di risorse, di
>> vita, di futuro, milioni e milioni di bambini nati fuori dal campo
>> dell'opulenza capitalistica? Una vipera con la faccia di colombella,
>> così è la nostra candidata quirinalizia, il nostro soldato Emma
>> Bonino,
>> l'uomo giusto al posto giusto. (Su quale sia il giusto posto ciascuno
>> di noi potrebbe esprimere opinioni fantasiose). Nella storia della
>> tarantella dei tarantolati, gli ex radicali entreranno, ballando e
>> contorcendosi, da protagonisti assoluti. Magri, dietetici,
>> apocalittici. Nacquero libertari e morirono liberisti. Furono in
>> altri
>> tempi scintille di trasgressione politica e culturale, oggi sono il
>> lato "anticonformista" del servilismo e dell'obbedienza di classe.
>> Con
>> l'elmetto in testa, con la tessera NATO in tasca, con il cuore nel
>> portafoglio: come il colonnello Emma Bonino.
>>
>>
>>
>>
>> P.s. Segue traduzione in serbo-croato.
>>
>> ---
>>
>> Niki Vendola: MUSKARAC PO IMENU EMA
>>
>> Muska strana Marka Panele zove se Ema Bonino. Ema je covek retke
>> lukavosti i smelog cinizma. Oblaci se poput tibetanskog monaha i
>> rasudjuje kao pravi funkcioner CIA. Deluje oduvek aktivno, uz poletni
>> fanatizam, na zapadnjackom frontu: tu gde splice vence propagande u
>> korist trgovinskog prava i trgovine pravima. Tolika je njena patnja
>> zbog nezasticenih da ne odbija ni drustvo huligana financijske
>> moci, ni
>> svih ustasa Hrvatski sveta. On, Bonino, vodi rat zacinjen ironicnim
>> citatima Mahatme Gandija koji ne snosi krivicu zbog gnusne
>> instrumentalizacije radikal-sik krugova cije bi pristalice, poput
>> Panele, u onim minulim vremenima navijale za britanski kolonijalizam.
>> On, trenutno komesar evropske policije, propoveda nenasilje miraza
>> i B
>> 52. Voli ornamentalni masakr i humanitarne pokolje. Ema je svestenik
>> atomske idile i zapadnjacke harmonicnosti nametnute milom ili silom:
>> ili se prihvata mir po americkoj zamisli, ili se pociva na
>> grobljima
>> Balkana, Afrike i ostalih juznih sfera ove planete. Ema voli da se
>> fotografise s izgladnelom decicom beznadezne buducnosti: upravo s
>> onom
>> sto su tako krhka, tako siromasna i tako tragicno izmucena
>> zahvaljujuci
>> njenim NATO prijateljima, njenim prijateljima iz Monetarnog fonda i
>> Svetske banke. Nisi li i ti, dragi Bonino, angazovan u izrucenju
>> nerazvijenosti i ekspropracije rezervi kao konacnoj sudbini zivota i
>> buducnosti miliona i miliona dece rodjene izvan podneblja
>> kapitalistickog obilja? Nisi li i ti terorista t.zv. OVK i Bele
>> kuce preobucen u bosonogog karmelicanskog monaha?
>> Zmija u liku goluba, to je nas kandidat za predsednicku duznost, nas
>> vojnik Ema Bonino, pravi covek na pravom mestu (a koje je to pravo
>> mesto svako bi od nas mogao mastovito da iskaze).
>> Nekadasnji radikali su stupili na scenu kao apsolutni protagonisti,
>> igrajuci tarantelu i grceci se poput pomahnitalih koje je ujela
>> tarantula. Mrsavi pod rezimom dijete, apokalipticni. Poceli su kao
>> pobornici slobodnog misljenja a zavrsili kao pristalice liberalizma.
>> Nekada bejahu varnica politickog i kulturnog prestupa, danas su
>> "antikomformisticki" izraz servilnosti i klasne pokornosti. Sa slemom
>> na glavi, s NATO legitimacijom u dzepu, s novcanikom u srcu, poput
>> pukovnika Eme Bonino.
>>
>>
>>
>
>

(english / italiano)

1. Le necroparticelle radioattive (P. Scampa)

2. Official Italian report shows rise in tumours among Balkan troops

3. Information Clearing House: Depleted Uranium - Far Worse Than 9/11


LINK:
The U.S. Military is in DU Denial (Susu Jeffrey)

"My name is John Marshall. I was exposed to DU (depleted uranium). I
am 100 percent disabled and I am pissed-off. In fact, I was advised
by a couple of my counselors not to do this [interview] because I’m
so angry with the government—at the VA system, at the way I’m treated
and other veterans are treated. It’s very impersonal. They don’t give
you any time. They ask us to go fight their wars, do the dirty work
and then they can’t take care of you." Most people don’t believe the
U.S. has been poisoning its own troops in Iraq and Afghanistan, or
they’ve heard about uranium "tipped" bombs—like fingernail polish
painted on the outside of a shell casing. On the contrary, these are
solid uranium core projectiles...

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=22490&s2=13


=== 1 ===

Paolo Scampa
Membro permanente dell'AIPRI
Associazione Internazionale per la Protezione contro i Raggi Ionizzanti

Le necroparticelle radioattive.

La lenta ed eterna letalità delle nanoparticelle[1] radioattive
disseminate nell'aria mondiale a miliardi di miliardi di miliardi a
seguito delle esplosioni degli ordigni all'uranio "impoverito" è un
fatto planetario tanto drammatico quanto inconfutabile. Vediamone il
perché iniziando dai numeri.

A: Per ottenere 1 Curie, ossia 37.000.000.000 di disintegrazioni
atomiche al secondo o Becquerel, servono 3 tonnellate di U238.
(Nell'ultima guerra del golfo sono state impiegate 3000 tonnellate di
questo “uranio non del tutto impoverito”e già gli analisti del
Pentagono[2] ritengono che le perdite per tumore si aggireranno
attorno al 40-50% dei soldati. Inutile sottolineare che le
popolazioni civili saranno parimenti affette durante millenni[3]. Ma
a chi importa se di là metà degli irakeni creperanno, a chi importa
se di qua nostri figli creperanno a metà[4]? Respirare aria
denuclearizzata non fa parte dei nostri decantati diritti dell'uomo.
Noi siamo i democratici kamikaze atomici. Del resto, perdio, è già
troppo tardi, troppi fallout sono già avvenuti.)

B : 1 grammo di U238 = 12.332 Becquerel (disintegrazioni al secondo).

C: 1 milionesimo di grammo = 0,012332 Becquerel.

D: Le cellule viventi sono senza quella protezione ai tiri
radioattivi alfa interni che la pelle ha rispetto ai tiri alfa
esterni. Venuti dall’esterno del corpo questi tiri possono essere
fermati dalla pelle, venuti tramite la respirazione o l'alimentazione
dall’interno del corpo no. Le cellule non hanno pelle. Bloccata
dentro il corpo in prossimità delle cellule se non dentro di esse una
minuscola particella clandestina e insolubile di un grammo diviso
per 1.000.000 (un grammo diviso per un milione) "regala" in un anno
una irradiazione interna alfa di TRE CENTO OTTANTA MILA Becquerel.
Per capire la radioattività interna bisogna contare i secondi che
passano, e non unicamente considerare l'intensità al secondo di una
radiazione. Prendere la radiazione di un solo secondo come misura di
pericolosità ridicolizza la letalità delle nano-particelle, la
nasconde al pubblico. "Ma che può una particella che emette 0,01 Bq !
Siamo seri !"
Ma è tuttavia proprio in questo silenzio sui milioni di secondi che
abitano un anno che risiede la disinformazione, il negazionismo
assassino, l'abissale ignoranza kamikaze dei nostri dirigenti che
portano la morte atomica a loro stessi, ai loro propri soldati, ai
loro propri figli, alle loro proprie popolazioni, all'intera umanità
e al futuro. E nello scorrere del tempo che si cela in effetti
l'atomica letale verità[5]. E semplice da capire. Il
pericolo risiede nel carattere cronico, ossessivo, interno del
bombardamento ionizzante confinato ad una minuscola zona cellulare in
cui ristagna una insolubile particella. E da lì che sgorga il cancro.
Ad una ionizzazione cronica nessun tessuto resiste, nessuna cellula
trova una restauratrice risposta biologica ad un simile ravvicinato e
ripetuto laceramento. Le sue uniche suicide vie di fuga sono necrosi
e patogene mutazioni genetiche[6] i cui visibili effetti
macroscopici, il cancro, verranno troppo tardi percepiti anni dopo.
E semplice da capire e facile da respirare. Le sottili polveri
radioattive sono contaminanti semi di tumore che abbisognano di
tempo per crescere dentro gli organismi. E crescono e cresceranno
mostruosamente. E semplice da capire. Non è la folgorante morte
atomica di Hiroshima è la lunga agonia radioattiva. Non è
l’istantanea morte da esplosione è la subdola morte da
contaminazione. Inspirare e poi più tardi dolorosamente espirare.
Accanto ad altri[7], gli atomici germogli di agonia alfa sono nell'aria.


Nota.
A: 60 secondi * 60 minuti * 24 ore * 365 giorni = 31.536.000 secondi
all'anno.
B: 0,0123322892 (valore Bq di 1/1.000.000 grammo di U238 -DU-) *
31.536.000 = 388.911 Bq anno.

[1] Caracteristics of particles and particle dispersoids, C.E
Lapple, Stanford Research Institute Journal, Vol 5, p.95, Third
Quarter, 1961 In D.R. Lide, CRC Handbook of Chemistry and physics,
Taylor & Francis, CRC Press, USA, 2006.
[2] World affairs. The journal of international issues. Planet Earth
As Weapon and Target, Leuren Moret http://
www.worldaffairsjournal.com/article1.htm
[3] L'uranio impoverito resterà in Iraq per generazioni, D. Rokke, ex
responsabile del pentagono per il programma per l’uranio impoverito.
http://www.indicius.it/usa_25.htm
Lung cancer epidemic from DU has begun in US, Dr. James Howenstine,
http://www.newswithviews.com/Howenstine/james43.htm
Depleted Uranium – US Lung Cancer Rates Soar, Karl W B Schwarz,
http://www.rense.com
[4] "Did the use of Uranium weapons in Gulf War 2 result in
contamination of Europe? Evidence from the measurements of the Atomic
Weapons Establishment (AWE), Aldermaston, Berkshire, UK" - Chris
Busby and Saoirse Morgan
http://www.llrc.org/aldermastrept.pdf
[5] URANIUM and PLUTONIUM aren’t chocolate, M.E. André. http://
users.skynet.be/mauriceandre/
[6] Le bombardement du cytoplasme peut induire des mutations de l'ADN
nucléaire, Charles Day. http://www.raraf.org/sites/larech.htm
Les rayonnements, l‘Adn et la cellule, Clefs CEA, printemps 2000. In
http://www.cea.fr/fr/Publications/clefs2.asp?id=43
The effects of nuclear weapons, S. Glasstone, J. Dolan, 1957. Vedere
capitolo “Internal hazard”
http://www.princeton.edu/~globsec/publications/effects/effects12.pdf
[7] http://www.nanodiagnostics.it


=== 2 ===

http://www.slobodan-milosevic.org/news/cds040606.htm

Official Italian report shows rise in tumours among Balkan troops

BBC Monitoring Europe (Political) - April 6, 2006 Thursday

Text of report by Marco Nese, entitled "The Defence Ministry's
Report: 158 Cases of Tumours Among the Soldiers in the Balkans"
report by Italian newspaper Corriere della Sera website on 5 April;
subheadings as published

Rome: In Bosnia and Kosovo, 28 Italian soldiers died. They did not
lose their lives in military operations, they died because they were
struck by incurable illnesses during the mission in the territories
of the former Yugoslavia. This appalling fact is contained in the
annual report sent by the Defence Minister to parliament.

It is a document which provides a detailed account of the situation
of the armed forces' personnel. A "record of service" that was
instituted for the first time by Giovanni Spadolini, when he was
defence minister.

The annual "record of service" provides an update to last 31
December. As of that date, 158 cases of malignant tumours had been
verified (at the end of 2004, there were 99), which caused, in fact,
28 deaths. On the basis of the medical tests, the most wide-spread
diseases concern thyroid tumours (24 cases), testicular tumours (21
cases), and Hodgkin's Lymphoma, with 20 affected.

The disease

They have called it the "Balkans syndrome", and it has always been
suspected that the fatal illnesses may be connected to the notorious
"depleted uranium" [preceding words in English], depleted uranium [in
vernacular]. In reality, it has never been possible to attribute
complete responsibility with scientific certainty to that metal,
which was contained in the projectiles fired by the fighter planes
during the Kosovo war. As the Pentagon has admitted, a good 11,000 of
them were launched. They were fired at armoured vehicles to penetrate
them, thanks to the enormous impact force of the depleted uranium.

The commission chaired by Professor Mandelli arrived at the
conclusion that the number of deceased was within the national
average. However, the list of the fatal illnesses and the soldiers
who have died in the past five or six years has grown alarmingly
longer. "Really", said Falco Accame, who was chairman of the Defence
Committee, "to trace death with certainty to the depleted uranium is
impossible. But we also do not have the opposite certainty, namely
that depleted uranium is innocent, unrelated to the tragic end of so
many young men."

The research

According to experts, the "Balkans syndrome" may be brought about by
a set of causes, which run from the environment in which the soldiers
operate to the stress that the missions abroad entail. The Pentagon
has recently recognized that the psychophysical stress of the
soldiers can cause serious pathologies, they have called it "battle
fatigue" [preceding words in English], stress from battle.

Whether the stress or the depleted uranium is to blame, the research,
Falco Accame believes, should not be limited to the soldiers employed
in Bosnia and Kosovo but should also be extended to those who operate
in Albania, and especially it should start with the first Gulf War,
which goes back to 1991.

"Fatal cases have been verified both among the soldiers sent at that
time to Kuwait and among those sent to Somalia in 1993. In both
missions, they could have had contact with depleted uranium."

The Defence Ministry created an inquiry commission in 2000 following
disturbing reports of deaths among the men sent abroad. Since then,
anyone who returns from a mission is subjected to careful medical
tests. So far, the examinations have been done on 65,701 soldiers who
were rotated in Bosnia and Kosovo.

Source: Corriere della Sera website, Milan, in Italian 5 Apr 06

Copyright 2006 British Broadcasting Corporation
Posted for Fair Use only.


=== 3 ===

http://www.informationclearinghouse.info/article12903.htm

Information Clearing House

Depleted Uranium - Far Worse Than 9/11

Depleted Uranium Dust - Public Health Disaster For The People Of Iraq
and Afghanistan

By Douglas Westerman
05/01/06
"Vital Truths <http://vitaltruths.blogsource.com/post.mhtml?
post_id=319574>"

In 1979, depleted uranium (DU) particles escaped from the National Lead
Industries factory near Albany, N.Y.,which was manufacturing DU weapons
for the U.S military. The particles traveled 26 miles and were
discovered in a laboratory filter by Dr. Leonard Dietz, a nuclear
physicist. This discovery led to a shut down of the factory in 1980, for
releasing morethan 0.85 pounds of DU dust into the atmosphere every
month, and involved a cleanup of contaminated properties costing over
100 million dollars.

Imagine a far worse scenario. Terrorists acquire a million pounds of the
deadly dust and scatter it in populated areas throughout the U.S.
Hundreds of children report symptoms. Many acquire cancer and leukemia,
suffering an early and painful death. Huge increases in severe birth
defects are reported. Oncologists are overwhelmed. Soccer fields, sand
lots and parks, traditional play areas for kids, are no longer safe.
People lose their most basic freedom, the ability to go outside and
safely breathe. Sounds worse than 9/11? Welcome to Iraq and Afghanistan.

Dr. Jawad Al-Ali (55), director of the Oncology Center at the largest
hospital in Basra, Iraq stated, at a recent ( 2003) conference in Japan:

*"Two strange phenomena have come about in Basra which I have never
seen before. The first is double and triple cancers in one patient.
For example, leukemia and cancer of the stomach. We had one patient
with 2 cancers - one in his stomach and kidney. Months later,
primary cancer was developing in his other kidney--he had three
different cancer types. The second is the clustering of cancer in
families. We have 58 families here with more than one person
affected by cancer. Dr Yasin, a general Surgeon here has two
uncles,
a sister and cousin affected with cancer. Dr Mazen, another
specialist, has six family members suffering from cancer. My wife
has nine members of her family with cancer".*

*"Children in particular are susceptible to DU poisoning. They have
a much higher absorption rate as their blood is being used to build
and nourish their bones and they have a lot of soft tissues. Bone
cancer and leukemia used to be diseases affecting them the most,
however, cancer of the lymph system which can develop anywhere on
the body, and has rarely been seen before the age of 12 is now also
common.", *

*"We were accused of spreading propaganda for Saddam before the
war.
When I have gone to do talks I have had people accuse me of being
pro-Saddam. Sometimes I feel afraid to even talk. Regime people
have
been stealing my data and calling it their own, and using it for
their own agendas. The Kuwaitis banned me from entering Kuwait - we
were accused of being Saddam supporters."*

John Hanchette, a journalism professor at St. Bonaventure University,
and one of the founding editors of *USA TODAY* related the following to
DU researcher Leuren Moret. He stated that he had prepared news
breaking stories about the effects of DU on Gulf War soldiers and Iraqi
citizens, but that each time he was ready to publish, he received a
phone call from the Pentagon asking him not to print the story. He has
since been replaced as editor of *USA TODAY.*

Dr. Keith Baverstock, The World Health Organization's chief expert on
radiation and health for 11 years and author of an unpublished study has
charged that his report " on the cancer risk to civilians in Iraq from
breathing uranium contaminated dust " was also deliberately suppressed.

The information released by the U.S. Dept. of Defense is not reliable,
according to some sources even within the military.

In 1997, while citing experiments, by others, in which 84 percent of
dogs exposed to inhaled uranium died of cancer of the lungs, Dr. Asaf
Durakovic, then Professor of Radiology and Nuclear Medicine at
Georgetown University in Washington was quoted as saying,* *

*"The [US government's] Veterans Administration asked me to lie
about the risks of incorporating depleted uranium in the human
body." *


At that time Dr. Durakovic was a colonel in the U.S. Army. He has since
left the military, to found the Uranium Medical Research Center, a
privately funded organization with headquarters in Canada.

PFC Stuart Grainger of 23 Army Division, 34th Platoon. (Names and
numbers have been changed) was diagnosed with cancer several after
returning from Iraq. Seven other men in the Platoon also have
malignancies.

Doug Rokke, U.S. Army contractor who headed a clean-up of depleted
uranium after the first Gulf War states:,

*"Depleted uranium is a crime against God and humanity."*

Rokke's own crew, a hundred employees, was devastated by exposure to the
fine dust. He stated:

*"When we went to the Gulf, we were all really healthy," *

After performing clean-up operations in the desert (mistakenly without
protective gear), 30 members of his staff died, and most
others"including Rokke himself"developed serious health problems. Rokke
now has reactive airway disease, neurological damage, cataracts, and
kidney problems.

* "We warned the Department of Defense in 1991 after the Gulf War.
Their arrogance is beyond comprehension.
*

*Yet the D.O.D still insists such ingestion is "not sufficient to
make troops seriously ill in most cases."*

Then why did it make the clean up crew seriously or terminally ill in
nearly all cases?

Marion Falk, a retired chemical physicist who built nuclear bombs for
more than 20 years at Lawrence Livermore Lab, was asked if he thought
that DU weapons operate in a similar manner as a dirty bomb.

*"That's exactly what they are. They fit the description of a dirty
bomb in every way."*

According to Falk, more than 30 percent of the DU fired from the cannons
of U.S. tanks is reduced to particles one-tenth of a micron (one
millionth of a meter) in size or smaller on impact. "The larger the
bang" the greater the amount of DU that is dispersed into the
atmosphere, Falk said. With the larger missiles and bombs, nearly 100
percent of the DU is reduced to radioactive dust particles of the
"micron size" or smaller, he said.

When asked if the main purpose for using it was for destroying things
and killing people, Falk was more specific:

*"I would say that it is the perfect weapon for killing lots of
people." *

When a DU round or bomb strikes a hard target, most of its kinetic
energy is converted to heat " sufficient heat to ignite the DU. From
40% to 70% of the DU is converted to extremely fine dust particles of
ceramic uranium oxide (primarily dioxide, though other formulations also
occur). Over 60% of these particles are smaller than 5 microns in
diameter, about the same size as the cigarette ash particles in
cigarette smoke and therefore respirable.

Because conditions are so chaotic in Iraq, the medical infrastructure
has been greatly compromised. In terms of both cancer and birth defects
due to DU, only a small fraction of the cases are being reported.

Doctors in southern Iraq are making comparisons to the birth defects
that followed the atomic bombings of Hiroshima and Nagasaki in WWII.
They have numerous photos of infants born without brains, with their
internal organs outside their bodies, without sexual organs, without
spines, and the list of deformities goes on an on. Such birth defects
were extremely rare in Iraq prior to the large scale use of DU. Weapons.
Now they are commonplace. In hospitals across Iraq, the mothers are no
longer asking, "Doctor, is it a boy or girl?" but rather, "Doctor, is it
normal?" The photos are horrendous, they can be viewed on* _the
following website
<http://globalecho.org/www.xs4all.nl/%7Estgvisie/VISIE/
extremedeformities.html>_*

*Ross B. Mirkarimi, a spokesman at The Arms Control Research Centre
*stated:

*"Unborn children of the region are being asked to pay the highest
price, the integrity of their DNA."*

Prior to her death from leukemia in Sept. 2004, Nuha Al Radi , an
accomplished Iraqi artist and author of the *"Baghdad Diaries"* wrote:

*"Everyone seems to be dying of cancer. Every day one hears about
another acquaintance or friend of a friend dying. How many more die
in hospitals that one does not know? Apparently, over thirty
percent
of Iraqis have cancer, and there are lots of kids with leukemia."

"The depleted uranium left by the U.S. bombing campaign has turned
Iraq into a cancer-infested country. For hundreds of years to come,
the effects of the uranium will continue to wreak havoc on Iraq and
its surrounding areas."*

This excerpt in her diary was written in 1993, after Gulf War I
(Approximately 300 tons of DU ordinance, mostly in desert areas) but
before Operation Iraqi Freedom, (Est. 1,700 tons with much more near
major population centers). So, it's 5-6 times worse now than it was
when she wrote than diary entry!! Estimates of the percentage of D.U.
which was 'aerosolized' into fine uranium oxide dust are approximately
30-40%. That works out to over one million pounds of dust scattered
throughout Iraq.

As a special advisor to the World Health Organization, the United
Nations, and the Iraqi Ministry of Health, Dr. Ahmad Hardan has
documented the effects of DU in Iraq between 1991 and 2002.

*"American forces admit to using over 300 tons of DU weapons in
1991. The actual figure is closer to 800. This has caused a
health
crisis that has affected almost a third of a million people. As if
that was not enough, America went on and used 200 tons more in
Bagdad alone during the recent invasion.*

*I don"t know about other parts of Iraq, it will take me years to
document that. *

* "In Basra, it took us two years to obtain conclusive proof of
what
DU does, but we now know what to look for and the results are
terrifying."*

By far the most devastating effect is on unborn children. Nothing can
prepare anyone for the sight of hundreds of preserved fetuses " scarcely
human in appearance. Iraq is now seeing babies with terribly
foreshortened limbs, with their intestines outside their bodies, with
huge bulging tumors where their eyes should be, or with a single
eye-like Cyclops, or without eyes, or without limbs, and even without
heads. Significantly, some of the defects are almost unknown outside
textbooks showing the babies born near A-bomb test sites in the Pacific.

Dr. Hardan also states:

*"I arranged for a delegation from Japan's Hiroshima Hospital to
come and share their expertise in the radiological diseases we*

*Are likely to face over time. The delegation told me the Americans
had objected and they decided not to come. Similarly, a world
famous
German cancer specialist agreed to come, only to be told later that
he would not be given permission to enter Iraq."*

Not only are we poisoning the people of Iraq and Afghanistan, but we are
making a concerted effort to keep out specialists from other countries
who can help. The U.S. Military doesn"t want the rest of the world to
find out what we have done.

Such relatively swift development of cancers has been reported by
doctors in hospitals treating civilians following NATO bombing with DU
in Yugoslavia in 1998-1999 and the US military invasion of Iraq using DU
for the first time in 1991. Medical experts report that this phenomenon
of multiple malignancies from unrelated causes has been unknown until
now and is a new syndrome associated with internal DU exposure.
Just 467 US personnel were wounded in the three-week Persian Gulf War in
1990-1991. Out of 580,400 soldiers who served in Gulf War I, 11,000 are
dead, and by 2000 there were 325,000 on permanent medical disability.
This astounding number of disabled vets means that a decade later, 56
percent of those soldiers who served in the first Gulf War now have
medical problems.

Although not reported in the mainstream American press, a recent Tokyo
tribunal, guided by the principles of _*International Criminal Law
<http://www.icc-cpi.int/php/show.php?id=home&l=EN>*_ and _*International
Humanitarian Law <http://www.icrc.org/eng/ihl>*_, found President George
W. Bush guilty of war crimes. On March 14, 2004, Nao Shimoyachi,
reported in *_The Japan Times
<http://www.japantimes.co.jp/cgi-bin/getarticle.pl5?nn20040314a5.htm>_*
that President Bush was found guilty "for attacking civilians with
indiscriminate weapons and other arms,"and the *"tribunal also issued
recommendations for banning Depleted Uranium shells and other weapons
that indiscriminately harm people." *Although this was a "Citizen's
Court" having no legal authority, the participants were sincere in their
determination that international laws have been violated and a war
crimes conviction is warranted.

Troops involved in actual combat are not the only servicemen reporting
symptoms. Four soldiers from a New York Army National Guard company
serving in Iraq are among several members of the same company, the 442nd
Military Police, who say they have been battling persistent physical
ailments that began last summer in the Iraqi town of Samawah.

"I got sick instantly in June," said Staff Sgt. Ray Ramos, a Brooklyn
housing cop. "My health kept going downhill with daily headaches,
constant numbness in my hands and rashes on my stomach."

Dr. Asaf Durakovic, UMRC founder, and nuclear medicine expert examined
and tested nine soldiers from the company says that four "almost
certainly" inhaled radioactive dust from exploded American shells
manufactured with depleted uranium. Laboratory tests revealed traces of
two manmade forms of uranium in urine samples from four of the soldiers.

If so, the men - Sgt. Hector Vega, Sgt. Ray Ramos, Sgt. Agustin Matos
and Cpl. Anthony Yonnone - are the first confirmed cases of inhaled
depleted uranium exposure from the current Iraq conflict.

The 442nd, made up for the most part of New York cops, firefighters and
correction officers, is based in Orangeburg, Rockland County. Dispatched
to Iraq in Easter of 2003, the unit's members had been providing guard
duty for convoys, running jails and training Iraqi police. The entire
company is due to return home later this month.

"These are amazing results, especially since these soldiers were
military police not exposed to the heat of battle," said Dr. Asaf
Duracovic, who examined the G.I.s and performed the testing.

In a group of eight U.S. led Coalition servicemen whose babies were born
without eyes, seven are known to have been directly exposed to DU dust.
In a much group (250 soldiers) exposed during the first Gulf war, 67% of
the children conceived after the war had birth defects.

Dr. Durakovic's UMRC research team also conducted a three-week field
trip to Iraq in October of 2003. It collected about 100 samples of
substances such as soil, civilian urine and the tissue from the corpses
of Iraqi soldiers in 10 cities, including Baghdad, Basra and Najaf.
Durakovic said preliminary tests show that the air, soil and water
samples contained "hundreds to thousands of times" the normal levels of
radiation.

"This high level of contamination is because much more depleted uranium
was used this year than in (the Gulf War of) 1991," Durakovic told The
Japan Times.

"They are hampering efforts to prove the connection between Depleted
Uranium and the illness," Durakovic said

*"They do not want to admit that they committed war crimes" by
using
weapons that kill indiscriminately, which are banned under
international law."*

(NOTE ABOUT DR. DURAKOVIC; First, he was warned to stop his work, then
he was fired from his position, then his house was ransacked, and he has
also reported receiving death threats. Evidently the U.S. D.O.D is very
keen on censoring DU whistle-blowers!)

Dr. Durakovic, UMRC research associates Patricia Horan and Leonard
Dietz, published a unique study in the August 2002 issue of *_Military
Medicine Medical Journal._* The study is believed to be the first to
look at inhaled DU among Gulf War veterans, using the ultrasensitive
technique of thermal ionization mass spectrometry, which enabled them to
easily distinguish between natural uranium and DU. The study, which
examined British, Canadian and U.S. veterans, all suffering typical Gulf
War Syndrome ailments, found that, nine years after the war, 14 of 27
veterans studied had DU in their urine. DU also was found in the lung
and bone of a deceased Gulf War veteran. That no governmental study has
been done on inhaled DU "amounts to a massive malpractice," Dietz said
in an interview.

The Japanese began studying DU effects in the southern Iraq in the
summer of 2003. They had a Geiger counter which they watched go off the
scale on many occasions*. *During their visit,a local hospital was
treating upwards of 600 children per day, many of which suffered
symptoms of internal poisoning by radiation. *_600 children per day?
_*How many of these children will get cancer and suffer and early and
painful death?

*"Ingested DU particles can cause up to_ 1,000 times the damage of an
X-ray_", said Mary Olson, a nuclear waste specialist and biologist at
the Nuclear Information and Resource Service in Washington D.C.*

It is this difference in particle size as well as the dust's crystalline
structure that make the presence of DU dust in the environment such an
extreme hazard, and which differentiates its properties from that of the
natural uranium dust that is ubiquitous and to which we all are exposed
every day, which seldom reaches such a small size. This point is being
stressed, as comparing DU particles to much larger natural ones is
misleading.

The U.S. Military and its supporters regularly quote a Rand Corp. Study
which uses the natural uranium inhaled by miners.

Particles smaller than 10 microns can access the innermost recesses of
lung tissue where they become permanently lodged. Furthermore, if the
substance is relatively insoluble, such as the ceramic DU-oxide dust
produced from burning DU, it will remain in place for decades,
dissolving very slowly into the bloodstream and lymphatic fluids through
the course of time. Studies have identified DU in the urine of Gulf War
veterans nine years after that conflict, testifying to the permanence of
ceramic DU-oxide in the lungs. Thus the effects are far different from
natural uranium dust, whose coarse particles are almost entirely
excreted by the body within 24 hours.*_ _*

The military is aware of DU's harmful effects on the human genetic code.
A 2001 study of DU's effect on DNA done by Dr. Alexandra C. Miller for
the Armed Forces Radiobiology Research Institute in Bethesda, Md.,
indicates that DU's chemical instability causes 1 million times more
genetic damage than would be expected from its radiation effect alone.

Studies have shown that inhaled nano-particles are far more toxic than
micro-sized particles of the same basic chemical composition. British
toxicopathologist Vyvyan Howard has reported that the increased toxicity
of the nano-particle is due to its size.

For example, when mice were exposed to virus-size particles of Teflon
(0.13 microns) in a University of Rochester study, there were no ill
effects. But when mice were exposed to nano-particles of Teflon for 15
minutes, nearly all the mice died within 4 hours.

"Exposure pathways for depleted uranium can be through the skin, by
inhalation, and ingestion," writes Lauren Moret, another DU researcher.
"Nano-particles have high mobility and can easily enter the body.
Inhalation of nano-particles of depleted uranium is the most hazardous
exposure, because the particles pass through the lung-blood barrier
directly into the blood.

"When inhaled through the nose, nano-particles can cross the olfactory
bulb directly into the brain through the blood brain barrier, where they
migrate all through the brain," she wrote. "Many Gulf era soldiers
exposed to depleted uranium have been diagnosed with brain tumors, brain
damage and impaired thought processes. Uranium can interfere with the
mitochondria, which provide energy for the nerve processes, and
transmittal of the nerve signal across synapses in the brain.

Based on dissolution and excretion rate data, it is possible to
approximate the amount of DU initially inhaled by these veterans. For
the handful of veterans studied, this amount averaged 0.34 milligrams.
Knowing the specific activity (radiation rate) for DU allows one to
determine that the total radiation (alpha, beta and gamma) occurring
from DU and its radioactive decay products within their bodies comes to
about 26 radiation events every second, or 800 million events each
year. At .34 milligrams per dose, there are over 10 trillion doses
floating around Iraq and Afghanistan.

How many additional deaths are we talking about? In the aftermath of the
first Gulf War, the UK Atomic Energy Authority came up with estimates
for the potential effects of the DU contamination left by the conflict.
It calculated that *"_this could cause "500,000 potential deaths"._*
This was "a theoretical figure", it stressed, that indicated "a
significant problem".

The AEA's calculation was made in a confidential memo to the privatized
munitions company, Royal Ordnance, dated 30 April 1991. The high number
of potential deaths was dismissed as "very far from realistic" by a
British defense minister, Lord Gilbert. "Since the rounds were fired in
the desert, many miles from the nearest village, it is highly unlikely
that the local population would have been exposed to any significant
amount of respirable oxide," he said. These remarks were made prior to
the more recent invasions of both Afghanistan and Iraq, where DU
munitions were used on a larger scale in and near many of the most
populated areas. If the amount of DU ordinance used in the first Gulf
War was sufficient to cause 500,000 potential deaths, (had it been used
near the populated areas), then what of the nearly six times that amount
used in operation Iraqi Freedom, which was used in and near the major
towns and cities? Extrapolating the U.K. AEA estimate with this amount
gives a figure of potentially 3 million extra deaths from inhaling DU
dust in Iraq alone, not including Afghanistan. This is about 11% of
Iraq's total population of 27 million. Dan Bishop, Ph.d chemist for
IDUST feels that this estimate may be low, if the long life of DU dust
is considered. In Afghanistan, the concentration in some areas is
greater than Iraq.

What can an otherwise healthy person expect when inhaling the deadly
dust? Captain Terry Riordon was a member of the Canadian Armed Forces
serving in Gulf War I. He passed away in April 1999 at age 45. Terry
left Canada a very fit man who did cross-country skiing and ran in
marathons. On his return only two months later he could barely walk.

He returned to Canada in February 1991 with documented loss of motor
control, chronic fatigue, respiratory difficulties, chest pain,
difficulty breathing, sleep problems, short-term memory loss, testicle
pain, body pains, aching bones, diarrhea, and depression. After his
death, depleted uranium contamination was discovered in his lungs and
bones. For eight years he suffered his innumerable ailments and
struggled with the military bureaucracy and the system to get proper
diagnosis and treatment. He had arranged, upon his death, to bequeath
his body to the UMRC. Through his gift, the UMRC was able to obtain
conclusive evidence that inhaling fine particles of _depleted uranium_
dust completely destroyed his heath. How many Terry Riordans are out
there among the troops being exposed, not to mention Iraqi and Afghan
civilians?

Inhaling the dust will not kill large numbers of Iraqi and Afghan
civilians right away, any more than it did Captain Riordan. Rather, what
we will see is vast numbers of people who are chronically and severely
ill, having their life spans drastically shortened, many with multiple
cancers.

Melissa Sterry, another sick veteran, served for six months at a supply
base in Kuwait during the winter of 1991-92. Part of her job with the
National Guard's Combat Equipment Company "A" was to clean out tanks and
other armored vehicles that had been used during the war, preparing them
for storage.

She said she swept out the armored vehicles, cleaning up dust, sand and
debris, sometimes being ordered to help bury contaminated parts. In a
telephone interview, she stated that after researching depleted uranium
she chose not to take the military's test because she could not trust
the results. It is alarming that Melissa was stationed in Kuwait, not
Iraq. Cleaning out tanks with DU dust was enough to make her ill.

In, 2003, the Christian Science Monitor sent reporters to Iraq to
investigate long-term effects of depleted uranium. Staff writer Scott
Peterson saw children playing on top of a burnt-out tank near a
vegetable stand on the outskirts of Baghdad, a tank that had been
destroyed by armor-piercing shells coated with depleted uranium. Wearing
his mask and protective clothing, he pointed his Geiger counter toward
the tank. It registered 1,000 times the normal background radiation. If
the troops were on a mission of mercy to bring democracy to Iraq,
wouldn"t keeping children away from such dangers be the top priority?

The laws of war prohibit the use of weapons that have deadly and
inhumane effects beyond the field of battle. Nor can weapons be legally
deployed in war when they are known to remain active, or cause harm
after the war concludes. It is no surprise that the Japanese Court
found President Bush guilty of war crimes.

Dr. Alim Yacoub of Basra University conducted an epidemiological study
into incidences of malignancies in children under fifteen years old, in
the Basra area (an area bombed with DU during the first Gulf War). They
found over the 1990 to 1999 period, there was a 242% rise. That was
before the recent invasion.

In Kosovo, similar spikes in cancer and birth defects were noticed by
numerous international experts, although the quantity of DU weapons used
was only a small fraction of what was used in Iraq.


*FIELD STUDY RESULTS FROM AFGHANISTAN*

Verifiable statistics for Iraq will remain elusive for some time, but
widespread field studies in Afghanistan point to the existence of a
large scale public health disaster. In May of 2002, the UMRC (Uranium
Medical Research Center) sent a field team to interview and examine
residents and internally displaced people in Afghanistan. The UMRC
field team began by first identifying several hundred people suffering
from illnesses and medical conditions displaying clinical symptoms which
are considered to be characteristic of radiation exposure. To
investigate the possibility that the symptoms were due to radiation
sickness, the UMRC team collected urine specimens and soil samples,
transporting them to an independent research lab in England.

UMRC's Field Team found Afghan civilians with acute symptoms of
radiation poisoning, along with chronic symptoms of internal uranium
contamination, including congenital problems in newborns. Local
civilians reported large, dense dust clouds and smoke plumes rising from
the point of impact, an acrid smell, followed by burning of the nasal
passages, throat and upper respiratory tract. Subjects in all locations
presented identical symptom profiles and chronologies. The victims
reported symptoms including pain in the cervical column, upper shoulders
and basal area of the skull, lower back/kidney pain, joint and muscle
weakness, sleeping difficulties, headaches, memory problems and
disorientation.

Two additional scientific study teams were sent to Afghanistan. The
first arrived in June 2002, concentrating on the Jalalabad region. The
second arrived four months later, broadening the study to include the
capital Kabul, which has a population of nearly 3.5 million people. The
city itself contains the highest recorded number of fixed targets during
_Operation Enduring Freedom_. For the study's purposes, the vicinity of
three major bomb sites were examined. It was predicted that signatures
of depleted or enriched uranium would be found in the urine and soil
samples taken during the research. The team was unprepared for the shock
of its findings, which indicated in both Jalalabad and Kabul, DU was
causing the high levels of illness. Tests taken from a number of
Jalalabad subjects showed concentrations 400% to 2000% above that for
normal populations, amounts which have not been recorded in civilian
studies before.

Those in Kabul who were directly exposed to US-British precision bombing
showed extreme signs of contamination, consistent with uranium exposure.
These included pains in joints, back/kidney pain, muscle weakness,
memory problems and confusion and disorientation. Those exposed to the
bombing report symptoms of flu-type illnesses, bleeding, runny noses and
blood-stained mucous. How many of these people will suffer a painful
and early death from cancer? Even the study team itself complained of
similar symptoms during their stay. Most of these symptoms last for days
or months.

In August of 2002, UMRC completed its preliminary analysis of the
results from Nangarhar. Without exception, every person donating urine
specimens tested positive for uranium contamination. The specific
results indicated an astoundingly high level of contamination;
concentrations were 100 to 400 times greater than those of the Gulf War
Veterans tested in 1999. A researcher reported. _*"We t*_*_ook both
soil and biological samples, and found considerable presence in urine
samples of radioactivity; the heavy concentration astonished us. They
were beyond our wildest imagination."_*

In the fall of 2002, the UMRC field team went back to Afghanistan for a
broader survey, and revealed a potentially larger exposure than
initially anticipated. Approximately 30% of those interviewed in the
affected areas displayed symptoms of radiation sickness. New born
babies were among those displaying symptoms, with village elders
reporting that over 25% of the infants were inexplicably ill.

How widespread and extensive is the exposure? A quote from the UMRC
field report reads:

*"The UMRC field team was shocked by the breadth of public health
impacts coincident with the bombing. Without exception, at every
bombsite investigated, people are ill. A significant portion of the
civilian population presents symptoms* *consistent with internal
contamination by uranium*."

In Afghanistan, unlike Iraq, UMRC lab results indicated high
concentrations of NON-DEPLETED URANIUM, with the concentrations being
much higher than in DU victims from Iraq. Afghanistan was used as a
testing ground for a new generation of "bunker buster" bombs containing
high concentrations of other uranium alloys.

"A significant portion of the civilian population"? It appears that by
going after a handful of terrorists in Afghanistan we have poisoned a
huge number of innocent civilians, with a disproportionate number of
them being children.

The military has found depleted uranium in the urine of some soldiers
but contends it was not enough to make them seriously ill in most cases.
Critics have asked for more sensitive, more expensive testing.

------------------------------------

According to an October 2004 Dispatch from the Italian Military Health
Observatory, a total of 109 Italian soldiers have died thus far due to
exposure to depleted uranium. A spokesman at the Military Health
Observatory, Domenico Leggiero, states *"The total of 109 casualties
exceeds the total number of persons dying as a consequence of road
accidents. Anyone denying the significance of such data is purely acting
out of ill faith, and the truth is that our soldiers are dying out there
due to a lack of adequate protection against depleted uranium".*
Members of the Observatory have petitioned for an urgent hearing "in
order to study effective prevention and safeguard measures aimed at
reducing the death-toll amongst our serving soldiers".

There were only 3,000 Italian soldiers sent to Iraq, and they were there
for a short time. The number of 109 represents about 3.6% of the
total. If the same percentage of Iraqis get a similar exposure, that
would amount to 936,000. As Iraqis are permanently living in the same
contaminated environment, their percentage will be higher.

The Pentagon/DoD have interfered with UMRC's ability to have its studies
published by managing, a progressive and persistent misinformation
program in the press against UMRC, and through the use of its control of
science research grants to refute UMRC's scientific findings and destroy
the reputation of UMRC's scientific staff, physicians and laboratories.
UMRC is the first independent research organization to find Depleted
Uranium in the bodies of US, UK and Canadian Gulf War I veterans and has
subsequently, following Operation Iraqi Freedom, found Depleted Uranium
in the water, soils and atmosphere of Iraq as well as biological samples
donated by Iraqi civilians. Yet the first thing that comes up on
Internet searches are these supposed "studies repeatedly showing DU to
be harmless." The technique is to approach the story as a debate
between government and independent experts in which public interest is
stimulated by polarizing the issues rather than telling the scientific
and medical truth. The issues are systematically confused and
misinformed by government, UN regulatory agencies (WHO, UNEP, IAEA, CDC,
DOE, etc) and defense sector (military and the weapons developers and
manufacturers).

Dr. Yuko Fujita, an assistant professor at Keio University, Japan who
examined the effects of radioactivity in Iraq from May to June, 2003,
said : "I doubt that Iraq is fabricating data because in fact there are
many children suffering from leukemia in hospitals," Fujita said. "As a
result of the Iraq war, the situation will be desperate in some five to
10 years."

The March 14, 2004 Tokyo Citizen's Tribunal that "convicted" President
Bush gave the following summation regarding DU weapons: (This court was
a citizen's court with no binding legal authority)

1. Their use has indiscriminate effects;
2. Their use is out of proportion with the pursuit of military
objectives;
3. Their use adversely affects the environment in a widespread, long
term and severe manner;
4. Their use causes superfluous injury and unnecessary suffering.

Two years ago, President Bush withdrew the United States as a signatory
to the International Criminal Court's statute, which has been ratified
by all other Western democracies. The White House actually seeks to
immunize U.S. leaders from war crimes prosecutions entirely. It has also
demanded express immunity from ICC prosecution for American nationals.

*CONCLUSIONS:*

If terrorists succeeded in spreading something throughout the U.S. that
ended up causing hundreds of thousands of cancer cases and birth defects
over a period of many years, they would be guilty of a crime against
humanity that far surpasses the Sept. 11th attacks in scope and
severity. Although not deliberate, with our military campaigns in Iraq
and Afghanistan, we have done just that. If the physical environment is
so unsafe and unhealthy that one cannot safely breath, then the outer
trappings of democracy have little meaning. At least under Saddam, the
Iraqi people could stay healthy and conceive normal children. Few
Americans are aware that in getting rid of Saddam, we left something
much worse in his place.

From: mailservicesnc @ tiscali.it
Subject: da Aldo Bernardini-Adolfo Amoroso
Date: May 8, 2006 1:42:13 PM GMT+02:00


Roma, 8 maggio 2006

Spett.le “Liberazione”
all’att.ne del Direttore
Piero Sansonetti
Fax 06 – 441 83 254

Numerosi destinatari on line

In seguito alla proposta di Pasquale Vilardo e con invito di adesione.

La candidatura di Massimo D’Alema – non sappiamo se definitivamente
rientrata – alla più alta carica dello Stato, quella di Presidente
della Repubblica, cui compete fra l’altro la funzione di supremo
garante della Costituzione, lascia sgomenti per la totale
cancellazione del passato che viene operata da alcuni dei suoi più
energici sostenitori e che si vuole imporre, più che a noi cittadini,
a tanti degli attuali elettori presidenziali. Molti di questi, già
all’epoca parlamentari, insieme a giuristi, docenti, giornalisti,
sottoscrissero denunce penali a carico dell’allora Presidente del
Consiglio D’Alema per l’aggressione del 1999 contro la Jugoslavia,
che ha violato apertamente la Carta delle N.U. e l’art. 11 e altre
norme della Costituzione. Nell’aprile del 1999 l’On. D’Alema
sottoscrisse poi a Washington un accordo per l’ampliamento delle
competenze della NATO a tutto il pianeta e, sotto il profilo
oggettivo, non più per la difesa degli Stati membri da attacchi
esterni, bensì per la tutela degli interessi nazionali e collettivi
dell’Alleanza ovunque nel mondo.
Mostruosa sul piano sostanziale (un’alleanza difensiva diviene patto
di potenziale guerra preventiva, per ciò stesso in urto frontale con
l’art. 11 Cost.), la modifica del Trattato NATO, con l’assurda
previsione di operazioni non ex art. 5 (!), è costituzionalmente
illegittima sotto il profilo formale dell’art. 80, perché sprovvista
dell’intervento parlamentare che aveva invece dato copertura al
Trattato NATO del 1949.
Anche su queste basi “fuori legge” poggiano varie fra le “missioni”
militari italiane all’estero.
Un appoggio a D’Alema da parte degli adepti della “non violenza”
appare – checché si pensi poi sul merito di questa posizione –
inspiegabile e proprio incoerente e disvela in definitiva il
carattere strumentale di tante escogitazioni.
Di tutto questo, e di altro ancora, non ci si può dimenticare. La
difesa della Costituzione, alla quale siamo chiamati con l’imminente
referendum, perderebbe ogni credibilità se, alle tante violazioni già
compiute pure dal primo centro-sinistra, si aggiungesse l’affidamento
della garanzia della nostra Carta fondamentale a uno dei suoi massimi
violatori, che oltretutto non risulta aver mai espresso ripensamento
alcuno.

Aldo Bernardini
Adolfo Amoroso

(srpskohrvatski / italiano)

ASSASSINI ALL'INGROSSO: UN UOMO CHIAMATO EMMA


----- Original Message -----
From: Avv.Vilardo Pasquale
To: lettere@...
Sent: Friday, May 05, 2006 1:07 PM
Subject: Bonino Ministro della Difesa.

Caro direttore,
per Emma Bonino viene rivendicato il Ministero della Difesa. La
stessa a suo tempo si fece un nome in appoggio alla Nato nei 78
giorni di bombardamenti sui popoli della ex Yugoslavia e oggi e'
contraria al ritiro delle truppe italiane dall'Iraq.
Viene in mente il magistero artistico ed etico di Charlie Chaplin nel
film "Monsieur Verdoux" allorche' indica come, nella societa'
capitalista, il crimine e' un modo di fare affari "con altri mezzi"
e che la guerra e' si' il crimine piu' grande ma anche il piu'
impunito e fa dire al protagonista, ormai avviato al patibolo: "Ho
sbagliato e ho pagato perche' ho usato l'assassinio al dettaglio e
non quello piu' grosso che resta impunito", facendo riferimento alla
guerra.
Gia' a suo tempo Erasmo di Rotterdam osservava: "voi vedete di solito
i saggi alle prese con la poverta', con la fame, ingloriosi, invisi a
tutti e vedete invece gli stolti nuotare nell'oro, salire al governo
degli stati, prosperare in tutti i modi".
Nei " tempi moderni", tanto per restare al gioco delle citazioni
chapliniane, si direbbe che ben poco e' cambiato e che - per salire
al governo degli stati - occorre stare dalla parte dei bombardieri e
dimenticarti la nonviolenza, che pure e' stato il tuo " marchio di
fabbrica politico".
Nulla di personale contro la Bonino, ne' tanto meno accuse dirette,
ma la contraddizione ideologica e' comunque reale e inquietante.
Pasquale Vilardo


=== FLASHBACK ===

From: jugocoord
Subject: [JUGOINFO] UN UOMO CHIAMATO EMMA
Date: December 26, 2003 11:51:40 PM GMT+01:00

From: "Jugoistrijan"

Leggo che settori del cosiddetto centro-sinistra, da Prodi a Fassino,
caldeggiano l'attribuzione ad Emma Bonino di un incarico speciale delle
NU per i Paesi arabi.
Mi chiedo quale logica porti a proporre per un incarico simile una
persona notoriamente legata agli USA. Ricordiamoci che il Partito di
Emma Bonino e Marco Pannella ha adottato come bandiere - esibite nella
loro sede ed in tutte le loro manifestazioni pubbliche - quella
statunitense, quella britannica e quella israeliana.
A questo centro-sinistra opportunista (o sotto ricatto?), dalla memoria
corta, ricordiamo quello che scrisse giustamente Nichi Vendola su
"Liberazione", l' 11 -12 aprile 1999:

"Un uomo chiamato Emma"

di Nichi Vendola

Il lato maschile di Marco Pannella si chiama Emma Bonino. Emma è un
uomo di rara furbizia e di rocambolesco cinismo. Si veste come un
monaco tibetano ma ragiona come un funzionario modello della CIA.
Milita da sempre, con trepidante fanatismo, sul fronte occidentale:
laddove intreccia ghirlande di propaganda a favore dei diritti del
mercato e del mercato dei diritti. Non disdegna, tale è la sua passione
per i deboli, la compagnia degli hooligans del potere finanziario e
degli ustascia di tutte le Croazie del mondo. Lui, il Bonino, ama la
guerra condita con ironiche citazioni dei Mahatma Gandhi. Il quale è
incolpevole della vomitevole strumentalizzazione radical-chic di chi,
come Pannella, in quei tempi lontani avrebbe naturalmente tifato per il
colonialismo britannico. Lui, oggi commissario della polizia europea
predica la non violenza dei Mirage e dei B 52. Gli piacciono le stragi
ornamentali e le carneficine umanitarie. Emma è un sacerdote
dell'idillio atomico e dell'armonia occidentale, imposta con le buone o
le cattive: o pax americana o riposini in pace nei camposanti balcanici
o africani o di ogni meridione di questa Terra. Emma si compiace nel
farsi fotografare accanto a fanciulli ossuti e disperati: proprio
quelli che sono così piccoli e così poveri e così straziati grazie ai
suoi amici della NATO, del Fondo monetario, della Banca mondiale. Non
sei anche tu, carissimo Bonino, impegnato a consegnare al destino
inappellabile del sottosviluppo e della espropriazione di risorse, di
vita, di futuro, milioni e milioni di bambini nati fuori dal campo
dell'opulenza capitalistica? Una vipera con la faccia di colombella,
così è la nostra candidata quirinalizia, il nostro soldato Emma Bonino,
l'uomo giusto al posto giusto. (Su quale sia il giusto posto ciascuno
di noi potrebbe esprimere opinioni fantasiose). Nella storia della
tarantella dei tarantolati, gli ex radicali entreranno, ballando e
contorcendosi, da protagonisti assoluti. Magri, dietetici,
apocalittici. Nacquero libertari e morirono liberisti. Furono in altri
tempi scintille di trasgressione politica e culturale, oggi sono il
lato "anticonformista" del servilismo e dell'obbedienza di classe. Con
l'elmetto in testa, con la tessera NATO in tasca, con il cuore nel
portafoglio: come il colonnello Emma Bonino.


P.s. Seguirà traduzione in serbo-croato. Ivan


From: jugocoord
Subject: [JUGOINFO] MUSKARAC PO IMENU EMA
Date: December 30, 2003 9:36:46 PM GMT+01:00

Citam da u krugovima t.zv. Ljevicarskog centra, od Prodija do Fasina,
zagovaraju pripisivanje specijalne nadleznosti UN za arapske drzave,
Emi Bonino. (Uci vec par godina arapski jezik u Egiptu).
Pitam koja je logika predlagati takvu duznost jednoj osobi, opce
poznato, vezanoj za SAD! (I nakon vec jedne katastrofalne takve
duznosti vezane za Afganistan u vrijeme prve Berluskonijeve vlade)!
Podsjetimo se da je Partija Eme Bonino i Marka Panele usvojila, za
isticanje u svom sjedistu kao i na svim njihovim javnim
manifestacijama, americku, britansku i izraelsku zastavu.
Ovoj oportunistickoj ljevici (ili pod ucjenom?), tako kratkog pamcenja,
podsjecamo ono sto je s pravom pisao Niki Vendola u "Liberazione"
(Oslobodjenje) od 11. - 12. aprila 1999. Tekst je preveden i stampan
u "Savremeniku", trobroj 70-71-72/1999, Beograd;

Ivan

---

Niki Vendola: MUSKARAC PO IMENU EMA

Muska strana Marka Panele zove se Ema Bonino. Ema je covek retke
lukavosti i smelog cinizma. Oblaci se poput tibetanskog monaha i
rasudjuje kao pravi funkcioner CIA. Deluje oduvek aktivno, uz poletni
fanatizam, na zapadnjackom frontu: tu gde splice vence propagande u
korist trgovinskog prava i trgovine pravima. Tolika je njena patnja
zbog nezasticenih da ne odbija ni drustvo huligana financijske moci, ni
svih ustasa Hrvatski sveta. On, Bonino, vodi rat zacinjen ironicnim
citatima Mahatme Gandija koji ne snosi krivicu zbog gnusne
instrumentalizacije radikal-sik krugova cije bi pristalice, poput
Panele, u onim minulim vremenima navijale za britanski kolonijalizam.
On, trenutno komesar evropske policije, propoveda nenasilje miraza i B
52. Voli ornamentalni masakr i humanitarne pokolje. Ema je svestenik
atomske idile i zapadnjacke harmonicnosti nametnute milom ili silom:
ili se prihvata mir po americkoj zamisli, ili se pociva na grobljima
Balkana, Afrike i ostalih juznih sfera ove planete. Ema voli da se
fotografise s izgladnelom decicom beznadezne buducnosti: upravo s onom
sto su tako krhka, tako siromasna i tako tragicno izmucena zahvaljujuci
njenim NATO prijateljima, njenim prijateljima iz Monetarnog fonda i
Svetske banke. Nisi li i ti, dragi Bonino, angazovan u izrucenju
nerazvijenosti i ekspropracije rezervi kao konacnoj sudbini zivota i
buducnosti miliona i miliona dece rodjene izvan podneblja
kapitalistickog obilja? Nisi li i ti terorista t.zv. OVK i Bele
kuce preobucen u bosonogog karmelicanskog monaha?
Zmija u liku goluba, to je nas kandidat za predsednicku duznost, nas
vojnik Ema Bonino, pravi covek na pravom mestu (a koje je to pravo
mesto svako bi od nas mogao mastovito da iskaze).
Nekadasnji radikali su stupili na scenu kao apsolutni protagonisti,
igrajuci tarantelu i grceci se poput pomahnitalih koje je ujela
tarantula. Mrsavi pod rezimom dijete, apokalipticni. Poceli su kao
pobornici slobodnog misljenja a zavrsili kao pristalice liberalizma.
Nekada bejahu varnica politickog i kulturnog prestupa, danas su
"antikomformisticki" izraz servilnosti i klasne pokornosti. Sa slemom
na glavi, s NATO legitimacijom u dzepu, s novcanikom u srcu, poput
pukovnika Eme Bonino.

(Prevela Mirjana Jovanovic - Pizani)

Parigi mette a tacere Peter Handke

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http://www.blic.co.yu/danas/broj/E-Index.htm#9

Blic (Serbia e Montenegro) - 28 aprile 2006

Lo scrittore austriaco Peter Handke in Kosovo

"Questo è un universo di dolore"

Schierandosi dalla parte della giustizia, come egli stesso ha detto,
e sempre con le vittime, lo scrittore austriaco Peter Handke alcuni
giorni fa ha visitato il Kosovo.
Nei pressi delle case incendiate delle famiglie Nikolic, Kostic,
Bozanic e Bandic, nei villaggi di Retimlje ed Opterusa presso
Orahovac, Handke ha detto: "Questi sono universi di dolore. Io non ho
il diritto di parlare. Starò in silenzio, devo stare in silenzio.
Grazie per avermi dato la possibilità di vedere questo orrore in
prima persona. Questo non è il 21esimo secolo."
Insieme ad un gruppo di scrittori locali e stranieri, Handke ha
visitato i luoghi più martoriati del Kosovo sotto il patrocinio del
Centro di Coordinamento. "Era senza parole ma ha promesso di
raccontare, a modo suo, l'orrore a cui sono sottoposti i serbi
kosovari", ha detto l'organizzatore della visita, Ranko Djinovic.
"Vivendo come terribile il fatto che una madre non possa trovare la
tomba del figlio in un cimitero devastato, quello di Retimlje, Handke
ha preso le difese di una donna serba che in quel momento era
aggredita verbalmente da albanesi.
È riuscito ad ottenere di essere condotto in elicottero dal
comandante della KFOR austriaca per continuare la visita, ma è
rimasto sconvolto nell'assistere alla sassaiola contro un convoglio,
nel centro di Decani, nonostante la scorta, ed un minuto dopo mentre
si avvicinava al monastero di Visoki Decani", ha detto Djinovic.
Handke è ripartito ieri ma ha promesso di ritornare presto con un
numero ben più grande di scrittori di reputazione mondiale nonostante
le minacce che ha ricevuto, "allo scopo di risvegliare questo mondo
che dorme".

(FORSE ANCHE QUESTA INTENZIONE DI HANDKE HA SPAVENTATO I CENSORI
FRANCESI, CHE "COPRONO" I POGROM IN ATTO DA 7 ANNI IN KOSOVO CON I
LORO PREGIUDIZI SLAVOFOBI E LA LORO INDIFFERENZA DA COLLABORAZIONISTI
DI VICHY? ndCNJ)

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http://www.ilmanifesto.it/

il manifesto, 5 Maggio 2006

Insulti alla Comédie française e al pubblico

Teatro
Dalla Francia un pericoloso precedente di censura

Gianfranco Capitta

Censura in senso stretto, non se ne ricorda in Italia da tempo, se si
esclude un infelice episodio a Siracusa nel 2002, quando il
forzitaliota Micciché, avendo letto sul Corriere che nelle Rane di
Aristofane al Teatro Greco per la regia di Luca Ronconi sarebbero
apparsi in quanto rappresentanti del potere pubblico, come indicato
dal testo di 2500 anni fa, i volti di Berlusconi Fini e Bossi, si
arrabbiò e pretese che quelle facce non apparissero. Perfino Dario Fo
al Piccolo teatro, se ha avuto qualche scaramuccia preventiva sul suo
Anomalo Bicefalo, era perché raccontava di Berlusconi, e il primo a
difenderlo è stato il direttore dell'ente milanese Escobar. La
censura da noi si è fatta insomma di merito, all'interno di una
creazione artistica, come ogni tanto è stato lì lì per accadere per
qualche artista, soprattutto visivo, che faceva vedere quello che non
doveva apparire. La decisione censoria del sovrintendente della
gloriosa Comédie Française, è però ancora più grave, perché fa
esplodere sui giornali e in rete quello che era una abitudine morbida
e «normale», pratica quotidiana che ovunque viene condotta senza
tante polemiche e chiacchiere. In Italia questi cinque anni di
governo berlusconiano hanno reso indolore la censura e l'autocensura,
l'oscuramento l'allontanamento e la rimozione non di chi fosse
«filoserbo», ma di chi solo non fosse schierato col capo e con i suoi
amici. Nei programmi dei teatri e delle istituzioni, per venire tanto
nettamente quanto «dolcemente» esclusi non è stato certo necessario
pensarla come Handke, ma solo differentemente dagli eroi del
Bagaglino. L'esempio più grossolano sono le minacce assai volgari e
gridate alla prossima Biennale teatro. E non c'è Handke in programma,
ma solo Goldoni e Gozzi di cui si incrociano i centenari: il
direttore però, Maurizio Scaparro, ha partecipato poco prima delle
elezioni a un dibattito (proprio sui tagli...) indetto dai Ds, e
questo è inaccettabile per il governatore veneto Galan. Lo scandalo è
esploso invece a Parigi perché la Francia, con tutti i suoi
condizionamenti politici, i suoi schieramenti e i suoi giochi di
potere, poi alle forme ci crede, così come alle istituzioni e ai suoi
fondamenti. Per secoli la Comédie ha rappresentato solo classici di
autori defunti da un pezzo, e solo recentemente si era aperta alla
contemporaneità. Tra l'altro, benché il sovrintendente abbia un
grande potere, quel teatro nazionale vede gli attori come
societaires, corresponsabili di tutte le scelte. E il motivo della
censura non sta nel testo, che come molti di Peter Handke sarà bello
e molto teatrale, tanto più se diretto da un regista di rango come
Bruno Bayen. Il suo comportamento ai funerale di Milosevic diventa il
pretesto per l'ennesimo eccesso di malinteso politically correct.
Quasi che le posizioni di Handke rispetto al paese che ben conosce,
non siano note e manifeste da sempre, oltre che lecite anche per chi
non le condividesse.
Alla fine di questa travagliata era Chirac, cade un altro baluardo
dei principi del 1789. Ma il problema, come dicono i moltissimi blog
e buona parte della stampa, non è Handke, quanto il narcisismo del
sovrintendente Bozonnet, che spera di passare così infaustamente dal
palcoscenico alla storia. Qualche anno fa anche Pinter fu attaccato
per aver avanzato dubbi sulla legittimità del tribunale dell'Aja, ma
a nessuno venne in mente di proibirne la rappresentazione dei testi.
Ora a Parigi, il titolo forse più famoso di Handke, Insulti al
pubblico, si trasforma in un mesto insulto alla libertà.

il manifesto, 5 Maggio 2006

Parigi mette a tacere Peter Handke

La Comédie française cancella dal cartellone del teatro la pièce
dello scrittore austriaco, «Ha partecipato ai funerali di Milosevic».
Polemiche e proteste, ma ieri è arrivata la conferma dell'esclusione
Il testo dell'opera «Voyage au pays sonore ou l'arte de la question»
è del 1989 e non parla di Jugoslavia. Handke si dice «disgustato»
dalla censura. Nobel, scrittori e registi schierati con lo scrittore

Anna Maria Merlo

Parigi - Ieri mattina, l'amministratore generale della Comédie
française, Marcel Bozonnet, ha precisato le ragioni che lo hanno
spinto a deprogrammare dal cartellone del teatro del Vieux Colombier
per la stagione 2006-2007 la pièce dell'autore austriaco Peter
Handke, Voyage au pays sonore ou l'art de la question: «Quando ho
letto che era andato al funerale di Milosevic e letto cosa aveva
detto, sono rimasto secco. Peter Handke non sa dov'è il mondo, dov'è
la verità, non crede alle testimonianze, è questo che ha detto sulla
tomba di Milosevic. In un teatro non si fa venire chicchesia, ma chi
si stima e al quale è possibile stringere la mano. Non sono un
censore, perché non sono un prefetto, e solo il ministro degli
interni potrebbe decidere la censura». Per Bozonnet, «andare al
funerale è stato un gesto molto forte. Stupefacente. Rispetto il
principio della separazione dell'uomo e dell'opera. Ma in questo
caso, non posso».
Nei fatti, viste le regole che vigono per il Vieux Colombier, la
pièce di Peter Handke resta quindi deprogrammata, perché è
l'amministratore generale che decide da solo, mentre per gli altri
due teatri della Comédie française (sala Richelieu e Studio-Théâtre)
c'è un voto al consiglio di amministrazione. E in questa sede, alcuni
hanno criticato la decisione di Bozonnet. Ieri, Handke si è detto
«disgustato» dal caso e afferma di «non aver mai avuto posizioni
negazioniste. Perché non si aprono i miei libri invece di accusarmi?
Ho scritto sulle vittime serbe perché nessuno aveva scritto su di esse».
Il testo del Voyage non ha nulla a che vedere con la Jugoslavia e la
sua tragica storia. È stato pubblicato in tedesco nell'89, quindi
prima della fine dell'ex Jugoslavia, poi tradotto in francese nel
'93. Un anno fa, era stato proprio Bozonnet a scegliere la pièce di
Peter Handke, con la regia di Bruno Bayen, che ne è anche il
traduttore, prevista al Vieux Colombier dal 17 gennaio al 24 febbraio
2007. Bozonnet afferma di aver cambiato idea quando ha saputo, da un
breve articolo apparso sul Nouvel Observateur il 6 aprile scorso, che
Handke si era recato, il 18 marzo, ai funerali di Milosevic a
Pozarevac, in Serbia, e dopo aver letto quello che lo scrittore aveva
affermato in un breve intervento: «Il presunto mondo sa tutto su
Milosevic. Il presunto mondo conosce la verità. Per questo il
presunto mondo è assente oggi, e non solo qui e non solo oggi. Io non
so la verità. Ma guardo. Sento. Provo. Mi ricordo. Domando».
Sulla rivista tedesca Focus, Handke ha spiegato le ragioni della sua
presenza a Pozarevac: a causa delle «reazioni unanimamente ostili dei
media occidentali» e a causa del «linguaggio» usato nei confronti
dell'ex presidente serbo. «No, Slobodan Milosevic non è un dittatore
- ha scritto Handke su Focus - No, Slobodan Milosevic non può essere
definito il boia di Belgrado. Il motivo principale del mio viaggio
era di essere testimone. Testimone né nel senso dell'accusa né in
quello della difesa».
La decisione di Bozonnet ha sollevato una forte polemica nel mondo
intellettuale europeo. La scrittrice austriaca, premio Nobel,
Elfriede Jelinek, scrittori come Patrick Mondiano e Patrick Besson,
registi di teatro e di cinema, come Luc Bondy e Emir Kusturica, hanno
firmato una petizione, a cui ieri si sono aggiunti i nomi della casa
editrice tedesca Suhrkamp e del sovrintendente del Berliner Ensemble,
Claus Peymann, dove denunciano la «censura» contro Handke.
Elfriede Jelinek, in una lettera a Le Monde, accusa la Comédie
française di inserirsi «nella peggiore tradizione di quelle
istituzioni culturali che, ai tempi delle dittature, mettono al bando
gli artisti imbarazzanti e li condannano al silenzio».
In un testo che pubblica Le Monde di oggi, il regista e traduttore
Bruno Bayen denuncia la «decisione settaria» di Bozonnet, che
«pretende designare, al posto degli artisti e del pubblico, chi sta
dalla parte dei buoni e chi dei cattivi». Per Bayen, è una decisione
controproducente: «A chi serve l'annullazione della pièce? Chi
rafforza?».
Emir Kusturica, su Libération, ironizza: «Considerando questa
proibizione, d'ora in avanti gli autori dovranno inserire nelle
propria nota biografica i funerali a cui hanno assistito? Quelli a
cui non sono andati?». Invece, Jacques Blanc, direttore del teatro di
Brest, propone a tutti i direttori di teatro europei di «sospendere»
le rappresentazioni di opere di Peter Handke per una stagione:
«Difendo in assoluto l'idea di mantenere, costi quel che costi, le
rappresentazioni teatrali come ultimo baluardo dello scambio
dell'essere con l'essere in un mondo dove la tecnologia sta per
ottenere una vittoria totale. Sono contro tutte le annullazioni. Ma
ogni assoluto ha la sua eccezione e l'eccezione qui si chiama crimine
contro l'umanità». Per Jacques Blanc, gli europei «devono condannare
con questo gesto ogni assenso a una politica di purificazione etnica,
religiosa e culturale».
Il ministro della cultura, Renaud Donnedieu de Vabres, è imbarazzato.
Ieri ha scritto una lettera a Marcel Bozonnet, dove afferma che
«avrebbe potuto essere utile far ascoltare» le domande poste dalla
pièce di Handke. «Benché comprenda e rispetti la sua posizione di
cittadino - scrive Donnedieu de Vabres - non posso che prendere atto
della sua decisione». Per il ministro il Voyage «opera ben nota, pone
domande di portata universale ai nostri contemporanei, che in questi
tempi agitati avrebbe potuto essere utile far sentire al pubblico,
provenendo da un autore di reputazione internazionale».

il manifesto, 5 Maggio 2006

Elfriede Jelinek

La dittatura delle istituzioni culturali

Tra i firmatari del manifesto «Contro la censura dell'opera di Peter
Handke», anche il premio Nobel per la letteratura Elfriede Jelinek.
«Sono inorridita - ha dichiarato la scrittrice austriaca - dal fatto
che la Comédie-Française possa comportarsi come un'autorità censoria
e ritirare dal suo programma una pièce di Peter Handke per togliere
allo scrittore, a causa delle sue posizioni prosebe, la sua
«visibilità pubblica».
Nel non mettere in scena la sua pièce per queste ragioni, la Comedie-
Française, in passato così ricca, si iscrive nella peggiore
tradizione di quelle istituzioni culturali che, in tempo di
dittatura, accantonano gli aristi «fastidiosi» e li condannano al
silenzio. Chiunque impedisca a un artista di fare il proprio mestiere
(e di presentare le sue opere al pubblico) commette un crimine non
solo contro quel poeta, ma contro l'intero pubblico. Un comportamento
di questo genere è di certo il meno appropriato per rendere giustizia
alle vittime del regime di Milosevic».

il manifesto, 5 Maggio 2006

«La libertà deve essere totale»

Cristina Piccino

Roma - Ora è ufficiale. Voyages au pays sonore ou l'art de la
question non sarà nel cartellone della stagione 2006/7 della Comedie
française. Michel Bozonnet, amministratore generale della Comedie, ha
confermato ciò che già si sapeva da giorni. Il testo di Peter Handke
che doveva essere messo in scena da Bruno Bayon è stato tolto perché
Handke ha partecipato ai funerali di Slobodan Milosevic. Nulla dunque
che riguarda il testo stesso scritto tra l'altro nell'89, prima della
guerra nella ex-Jugoslavia - il che sarebbe già atroce - ma una
censura sulla persona e sulle sue opinioni senza nessuno spazio di
discussione.
«Da direttore di teatro, nella mia esperienza all'Argentina di Roma,
l'ultima cosa che potevo pensare era l'esercizio di una qualsiasi
forma di censura. Ho l'impressione però che questo episodio sia il
sintomo di qualcosa di più grande» dice Mario Martone, regista di
teatro e di cinema, che ha lavorato sul conflitto nella ex-Jugoslavia
in Teatro di guerra «Questa storia ci dice infatti che la guerra
nella ex-Jugoslavia con tutto quanto ha comportato è ancora oggi un
problema irrisolto nella coscienza europea. Uscirei allora dalla
censura, è ovvio che nessuno è felice se un testo viene censurato a
teatro o altrove, che siamo tutti contro la censura ... Qui però la
censura è la rimozione di un cratere mai colmato e occultato da
tragedie planetarie venute dopo, l'11 settembre, la guerra in Iraq,
che continua a essere una grande ferita per tutti. In Teatro di
guerra parlavo di un vuoto nella discussione sulla ex-Jugoslavia che
è rimasto tale. Anche chi ha lavorato a lungo su questo oggi ha
gettato la spugna. L'occultamento però non ha guarito il trauma, era
una guerra che riguardava il cuore dell'Europa, c'erano nodi
fondamentali, la chiesa, il comunismo, i confini europei che non sono
mai stati sciolti. Questo episodio ci dice che è come se dovessimo
ancora tornare lì. Handke ha scelto una posizione coraggiosa anche se
non condivisibile, ma questo ovviamente non vuol dire censurarlo».
«D'istinto oggi sono forse la persona meno indicata a commentare i
rapporti con le istituzioni visto che per avere partecipato a un
incontro sui tagli del Fus (il fondo unico dello spettacolo, ndr), mi
hanno tolto i fondi della Biennale» dice Maurizio Scaparro, regista e
direttore della Biennale teatro di Venezia, finito nel mirino di
Galan, presidente della regione Veneto per avere preso una posizione
critica sui tagli alla cultura. «La libertà deve essere totale. Mi
auguro che ci ripensino, altrimenti si crea un brutto precedente. Le
scelte e i comportamenti personali non devono diventare un motivo di
censura. Fanno male i direttori delle istituzioni a sposare questo
atteggiamento, non pensano al danno che causano. Viviamo momenti
strani, ma una scelta del genere è abnorme. Non la si può scusare in
nessun modo, la libertà è la prima cosa nel rapporto con le
istituzioni. Poi si può essere in disaccordo con le idee di un altro,
ovviamente, ma questo deve rimanere un fatto personale, non può
diventare una scelta di censura pubblica».
«La libertà è libertà e è una sola. Certo che avrei lasciato nel
cartellone il testo di Handke, declinare la libertà è complicato, e
l'arte non può essere soffocata con un gesto così drammaticamente
violento» dice Ninni Cutaja direttore del Mercadante, lo stabile di
Napoli. «Non permettere a un'opera di andare in scena è sempre un
gesto politicamente non corretto. Penso che abbiamo la responsabilità
di accogliere un artista, anche se non ci piace fino in fondo, e
soprattutto una decisione come quella presa alla Comedie française
può essere spunto per altre nefandezze. Si può criticare la scelta di
Handke di partecipare ai funerali di Milosevic ma separarei l'uomo
dalla sua arte».
«L'arte è libertà e questo non bisogna mai dimenticarlo. E un artista
per sensibilità è più attento al mondo, alla violenza, alle
persecuzioni, sa capire e intuire chi sono i 'dittatori' in questo
momento storico nel quale tutto è ambiguo e rischia di essere
mascherato» dice Pippo Delbono, regista molto amato in Francia. «Mi
avevano chiamato tempo fa alla Comedie proponendomi di fare un testo
di Brecht. Quando gli ho detto che volevo la massima libertà per
metterlo in scena la cosa non ha più avuto seguito. Alla Comedie c'è
un comitato che deve decidere i testi, una commissione che valuta se
sono conformi ai criteri artistici del loro repertorio, incarnano
insomma un conservatorismo culturale che è molto poco democratico.
Quanto a Handke, si potrebbe dire lo stesso per chi è andato ai
funerali del papa... O a quelli di Bush anche se non è ancora morto.
L'arte aiuta a scoprire i veri criminali che oggi si camuffano da
politici, che sono dentro a figure poco chiare della democrazia.
Questa censura è assurda. E mi ricorda la stessa malattia che porta
alla mancanza di democrazia».

La Comédie Française censure Handke

1) Le Nouvel Observateur : " Peter Handke crée la polémique "
2) Ne censurez pas l'oeuvre de Peter Handke, par Anne Weber
3) "Le motif principal de mon voyage, c'était d'être témoin"
4) "Je n'ai jamais eu de position négationniste"

Source : http://fr.groups.yahoo.com/group/alerte_otan/messages
Liste gérée par des membres du Comité de Surveillance OTAN


=== 1 ===

Le Nouvel Observateur : " Peter Handke crée la polémique "

"Je suis heureux d'être près de Slobodan Milosevic qui a défendu son
peuple", a déclaré - en serbe - Peter Handke, le 18 mars, sur la
place de la Libération à Pozarevac. L'invité surprise y affichait son
deuil aux côtés de 20.000 fanatiques. Fidèle au "Boucher des Balkans"
et à sa propre position révisionniste, l'écrivain autrichien, auteur
de "Justice pour la Serbie", était venu en "voyageur de la vérité".
Ainsi Handke, pour qui "être pro-serbe est un titre d'honneur",
persiste dans sa défense de "Slobo", considère les Serbes comme "les
vraies victimes de la guerre", approuve le massacre de Srebrenica et
autres crimes commis au nom de la purification. Brandissant le
drapeau serbe, se pressant pour toucher le corbillard et y déposer sa
rose rouge, Handke fait triste figure. Avec son hommage au despote,
le poète a définitivement creusé la tombe de son honneur perdu."

Ruth Valentini
Le Nouvel Observateur - 06/04/2006


=== 2 ===

http://www.lemonde.fr/web/article/
0,1-0@2-3232,36-767768@51-765912,0.html

Ne censurez pas l'oeuvre de Peter Handke, par Anne Weber

Le 6 avril 2006, dans la rubrique "Sifflets" du Nouvel Observateur,
parut une notule portant sur Peter Handke, signée Ruth Valentini. La
journaliste y qualifie l'écrivain de "révisionniste", prétend qu'il
"approuve le massacre de Srebrenica et autres crimes commis au nom de
la purification", et lui prête des propos qu'il n'a jamais tenus.
Dans une lettre au Nouvel Observateur, Peter Handke répond à ces
accusations. Trois semaines plus tard, sa réponse n'a toujours pas
été publiée, "la personne qui s'occupe du courrier des lecteurs étant
actuellement en vacances".

En attendant, il a suffi des cinq phrases mensongères de Ruth
Valentini pour décider Marcel Bozonnet, administrateur de la Comédie-
Française, à déprogrammer une pièce de Peter Handke qui devait être
jouée dans une mise en scène de Bruno Bayen à la rentrée de 2007. En
rendant publique sa décision, Marcel Bozonnet n'a pas eu honte de
donner pour seul motif la parution de cet article dans Le Nouvel
Observateur (après l'avoir lu, "mon sang n'a fait qu'un tour"). Sans
prendre la peine de vérifier les affirmations de la journaliste,
Marcel Bozonnet, en profite pour se poser publiquement - et à peu de
frais - en défenseur des victimes et en héros des droits de l'homme.

Retenons la seule information vraie de l'article de Ruth Valentini :
Peter Handke est allé à l'enterrement de Slobodan Milosevic. Il ne
s'agit pas ici de décider s'il a eu tort ou raison d'y aller. Il
s'agit de savoir si ce fait doit justifier ou non le rétablissement
en France d'une forme de censure exercée par les bien-pensants.

En réalité, la censure a déjà fonctionné bien avant cette
déprogrammation qui n'est que l'aboutissement (provisoire) d'une mise
au ban systématique exercée depuis quelques années maintenant à
l'encontre de Peter Handke. Depuis qu'il a commencé à dénoncer la
diabolisation des Serbes et à poser des questions sur la guerre
civile yougoslave dans Un voyage hivernal vers le Danube, la Save, la
Morava et la Drina (Gallimard), l'écrivain est traité par les médias
comme un dangereux ennemi public qu'on peut insulter impunément et
dont chacun peut déformer les propos à sa guise : le calomniateur
apparaîtra dès lors comme un admirable militant pour la bonne cause.

L'unanimité des journaux est frappante, et leur influence est telle
qu'il y a désormais des libraires qui refusent d'avoir des livres de
Peter Handke dans leurs rayons. Le Recommencement, Le Malheur
indifférent, La Leçon de la Sainte-Victoire, qui comptent parmi les
plus beaux livres du siècle dernier, sont boycottés, censurés. On
préfère se fier à l'avis du Nouvel Observateur plutôt que de se
confronter à une oeuvre considérable et magnifiquement singulière.

Cette oeuvre, heureusement, n'a pas besoin qu'on la défende. Elle
ignore les opinions. Elle est là, riche et calme, vaste et vivante.
Elle n'aura pas "le dernier mot", d'ailleurs, elle ne cherche pas à
l'avoir. Elle n'attend rien. Elle ne donne pas de réponse. Ceux qui
n'ont pas tout compris d'avance sauront la trouver.

Anne Weber est écrivain.
Ce texte a reçu le soutien de :
Klaus Amann, Nicole Bary, Ruth Beckermann, Patrick Besson, Gérard
Bobillier, Luc Bondy, Jacqueline Chambon, Yves Charnet, Vladimir
Dimitrijevic, Anne Freyer, Robert Hunger-Bühler, Elfriede Jelinek,
Peter Stephan Jungk, Colette Kerber, Emir Kusturica, Christine
Lecerf, Olivier Le Lay, Jean-Yves Masson, André Marcon, Jean-Michel
Mariou, Mladen Materic, Robert Menasse, Pierre Michon, Patrick
Modiano, Emmanuel Mosès, Paul Nizon, Bulle Ogier, Colette Olive,
Pierre Pachet, Christophe Pellet, Serge Regourd, Pierre-Guillaume de
Roux, David Ruffel, Eryck de Rybercy, Robert Schindel, Elisabeth
Schwagerle, Sophie Semin, Erich Wolfgang Skwara, Gerald Stieg, Josef
Winkler.


=== 3 ===

http://www.lemonde.fr/web/article/
0,1-0@2-3246,36-767785@51-765912,0.html

"Le motif principal de mon voyage, c'était d'être témoin"

Voici de larges extraits du récit envoyé par Peter Handke à la revue
allemande Focus, qui lui avait adressé une demande d'interview après
sa participation aux obsèques de Slobodan Milosevic. Le texte a été
publié le 27 mars.

A la mort de Slobodan Milosevic, contrairement à une collectivité que
je ne crois pas si collective, je n'ai pas "réagi avec satisfaction",
tant il est avéré que le tribunal a laissé mourir le détenu
emprisonné depuis cinq ans dans une prétendue "prison cinq
étoiles" (Libération). Non-assistance à personne en danger : cela
n'est-il pas un crime ? J'"avoue" avoir ressenti quelque chose comme
un chagrin qui, le soir qui a suivi la nouvelle du décès, en marchant
dans les rues environnantes, m'a donné l'idée d'allumer un cierge
pour le défunt.

Et cela en serait resté là. Je n'avais pas l'intention de me rendre
aux funérailles à Pozarevac. Quelques jours plus tard me parvenait
l'invitation, non pas du parti, mais de la famille (qui, du reste, à
l'heure de l'enterrement, à la différence de ce qui a été colporté,
était en grande partie présente). C'est évidemment moins cela qui m'a
poussé au voyage que les réactions des médias occidentaux,
unanimement hostiles, plus hostiles encore après le décès, et au-
delà, des porte-parole du tribunal, ainsi que de l'un ou l'autre
"historien". C'est le langage tenu par tous ceux-là qui m'a poussé à
faire le voyage. Non, Slobodan Milosevic n'était pas un "dictateur".
Non, Slobodan Milosevic n'a pas "déclenché quatre guerres dans les
Balkans". Non, Slobodan Milosevic ne peut être qualifié de "bourreau
de Belgrade". Non, Slobodan Milosevic n'était pas un apparatchik, ni
un "opportuniste". Non, Slobodan Milosevic n'était pas
"indubitablement" coupable. Non, Slobodan Milosevic n'était pas
"autiste" (d'ailleurs, les autistes si gravement malades pourront-ils
jamais se défendre de cette référence diffamatoire à leur maladie ?)
Non, avec sa mort dans sa cellule de Scheveningen, Slobodan Milosevic
ne "nous" (le tribunal) a pas "joué un mauvais tour" (Carla del
Ponte), non, avec sa mort, Slobodan Milosevic ne nous a pas "tiré le
tapis sous les pieds", ni n'a "éteint la lumière" (les mêmes). Non,
Slobodan Milosevic ne s'est pas "dérobé à la condamnation de
culpabilité, sans doute À VIE".

Slobodan Milosevic "n'échappera cependant pas pour autant au jugement
des historiens" (un "historien") : langage une fois encore non
seulement mensonger, mais éhonté.

C'est un tel langage qui m'a incité à prononcer ce mini-discours à
Pozarevac - en premier et dernier lieu ce langage. (...) Non pas par
loyauté à Slobodan Milosevic, mais par loyauté à cet autre langage
qui n'est pas celui des journalistes, qui n'est pas le langage dominant.

(...) Le motif principal de mon voyage, c'était d'être témoin.
Témoin, ni dans le sens de l'accusation, ni dans le sens de la
défense. Est-ce qu'aujourd'hui ne pas vouloir être le témoin de
l'accusation signifie être pour l'accusé ? "Indubitablement",
conformément à l'une des formules majeures du langage dominant ?

Traduction : Monique Rival.


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http://www.lemonde.fr/web/article/0,1-0@2-3260,36-768083,0.html

"Je n'ai jamais eu de position négationniste"

Le 18 mars, Peter Handke assistait à l'enterrement de Slobodan
Milosevic, l'ex-président de la Serbie, mort le 11 mars alors qu'il
était jugé pour génocide et crimes de guerre devant le Tribunal pénal
international de La Haye. Suite à un court article publié dans Le
Nouvel Observateur - que Peter Handke a décidé d'attaquer en
diffamation -, l'administrateur général de la Comédie-Française,
Marcel Bozonnet, décidait de déprogrammer la pièce de Peter Handke
Voyage au pays sonore ou l'art de la question, qui devait être mise
en scène en janvier-février 2007 au Vieux-Colombier par Bruno Bayen.

"Dégoûté" par toute cette affaire, Peter Handke accepte aujourd'hui
d'en parler, même si sa voix, jusqu'alors si calme, devient plus
pressée, les mots plus durs, et qu'il s'emporte dès qu'il fait - et
s'en excuse - "le politicien".

En 1996, lorsque parut, dans la Süddeutsche Zeitung, le grand
quotidien allemand, le texte qui allait devenir Un voyage hivernal
vers le Danube, la Save, la Morava et la Drina, Peter Handke se
rappelle avoir été qualifié de "terroriste", d'"avocat proserbe". Le
quotidien espagnol El Pais y avait même lu une approbation du
massacre de Srebenica. "Je n'ai jamais eu de position négationniste,
s'insurge Peter Handke. Pourquoi n'ouvre-t-on pas ce livre, mes
livres, au lieu de m'accuser ! J'ai écrit sur les victimes serbes
parce que personne n'avait écrit sur elles, même si je pense aussi
aux victimes croates, aux Musulmans." Parti au pays des "agresseurs"
- un terme qu'il refuse -, Peter Handke décide de donner à lire une
réalité plus complexe que celle que donnaient "les hordes des agités
à distance, lesquels confondent leur métier qui est d'écrire avec
celui d'un juge et même avec le rôle d'un démagogue". Il voulait
alors, dit-il, "écouter, donner à voir et à réfléchir. Sans juger".

"Je raconte les réfugiés serbes. Personne ne parle de ça. Pourquoi
les journaux ne font-ils pas de grands reportages là-dessus ?",
s'interroge-t-il, ajoutant : "Je reviens du Kosovo. Il ne reste que
deux ou trois villages serbes, littéralement encerclés. Sait-on que
l'on jette des pierres sur les bus qui ont gardé des inscriptions
cyrilliques ? A quoi pensent les parents albanais pour laisser leurs
enfants faire ça ? Il faut qu'on parle de ça, qu'on raconte."

Celui qui a "admiré" la Yougoslavie ("C'est le premier pays en Europe
qui s'est libéré quasiment tout seul : ils ont chassé les Allemands")
dit avoir été "véritablement en colère contre François Mitterrand
d'avoir cédé à Helmut Kohl quand la Croatie et la Slovénie ont
réclamé leur indépendance. La guerre était dès lors inévitable. Tout
ça au nom de la prétendue amitié franco-allemande. Mais pour moi ça
ne vaut rien une amitié qui détruit un grand Etat !"

Pour montrer son opposition à la participation de l'Allemagne à la
guerre, Peter Handke rend le prix Georg-Büchner (l'équivalent du prix
Goncourt) en 1999. Cette même année, il quitte l'Eglise catholique,
après qu'elle eut approuvé le bombardement de la Serbie par l'OTAN et
que le pape Jean Paul II eut béatifié le cardinal d'origine croate
Alojzije Stepinac, accusé d'avoir soutenu le régime oustachi, milice
croate responsable de l'extermination de centaines de milliers de
juifs et de Tziganes, ainsi que de sanglants massacres de Serbes. La
même année, Claudio Magris tentait, dans les colonnes du quotidien
italien Il Corriere della Sera, de comprendre Handke. L'écrivain
italien y voyait "une réaction à l'information unilatérale qui
dénonce sans cesse les crimes commis par les hommes de Milosevic mais
passe sous silence ceux perpétrés par les hommes du Croate Tudjman et
du Musulman Izetbegovic, pourtant nombreux et atroces, mais qui, à la
différence des premiers, ne sont pas entrés dans la conscience
occidentale".

Mais pourquoi aller à Pozarevac, sur la tombe de Milosevic ? "Je le
disais dans les quelques mots que j'ai prononcés à cette occasion :
le monde, le prétendu monde, sait tout sur Slobodan Milosevic. Le
prétendu monde sait la vérité. C'est pour ça que le prétendu monde
est absent aujourd'hui, et pas seulement aujourd'hui, et pas
seulement ici (...). Je ne sais pas la vérité. Mais je regarde.
J'entends. Je sens. Je me rappelle. Je questionne. C'est pour ça que
je suis présent aujourd'hui." Aujourd'hui encore, il refuse le terme
de dictateur : "Il a été élu." Et affirme être non pas "pour", mais
toujours "avec" les Serbes, et "avec" la Serbie, même si, ajoute-t-
il, il ne s'agit en aucun cas d'"insulter un autre peuple".

"Je suis seul et, quand on vit seul, on a tendance à se sentir
coupable (c'est la tendance Kafka) ou magnifique. Ce sont les deux
dangers. Je ne suis ni coupable ni un héros. Je suis le troisième
homme", ajoute-t-il enfin.

Emilie Grangeray
Article paru dans l'édition du 05.05.06