Informazione

*** sul NO al rifinanziamento delle missioni di guerra si vedano
anche gli appelli a sostegno dei senatori "ribelli", al sito:

http://www.lernesto.it/index.aspx?m=53&did=392 ***


http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=10165

Partito Rifondazione Comunista:
CPN del 17 giugno - Intervento di ANDREA CATONE


La scadenza di fine giugno pone il PRC – per la prima volta
organicamente in un governo di coalizione - di fronte alla questione
del rifinanziamento delle missioni italiane all’estero nei principali
teatri di guerra. Queste sono parte di un problema più ampio: quello
della definizione delle linee fondamentali della politica estera del
governo italiano, in particolare nei suoi rapporti con la
superpotenza USA, la quale, nella fase attuale di crisi e
rimodulazione degli assetti mondiali, è, per ragioni economiche (a
causa dell’enorme indebitamento USA, il dollaro si sostiene come
valuta mondiale solo grazie alla proiezione politico-militare
statunitense, mirante a contenere la concorrenza della altre aree
valutarie, in particolare l’euro) e ideologiche (la “missione
americana” nel mondo) il fattore principale dello scatenamento di
guerre imperialistiche.

La valutazione dell’impiego delle missioni militari italiane nel
mondo va fatta anche alla luce di questo particolare ruolo aggressivo
della più imponente superpotenza militare di tutti i tempi, che
produce guerra nel duplice senso che la spesa pubblica militare è uno
dei principali volani dell’economia USA e che questi possono
mantenere il primato del dollaro solo grazie alle guerre.

Per quanto riguarda la più recente di queste guerre, quella contro
l’Iraq, cominciata nel 2003 e non ancora terminata - grazie alla
tenace resistenza, politica e militare, degli “insurgents” (come lo
stesso Bush li chiama) contro l’occupazione anglo-americana e i suoi
governi-fantoccio - va salutato come un successo significativo dei
movimenti contro la guerra, della sinistra di alternativa e del PRC
l’annunciato ritiro dell’intero contingente militare italiano entro
tempi brevi (anche se meno brevi di quelli che avremmo auspicato e
con un percorso meno lineare e diretto di quello della Spagna di
Zapatero) e definiti (sulla cui effettiva attuazione occorrerà però
mantenere un alto livello di attenzione e mobilitazione per
scongiurare qualsiasi manovra dilatoria).

Il successo ottenuto col ritiro dall’avventura irachena è stato anche
favorito e reso possibile - oltre che dalle mobilitazioni di massa e
dalla grande attenzione che i media sono stati costretti a
concentrare sul teatro iracheno dall’attività crescente della
guerriglia che ha colpito pesantemente gli eserciti occupanti, in
primis gli USA, ma anche inglesi e italiani - dal contrasto, per la
prima volta apparso in modo palese ed esplicito, tra le principali
potenze dell’area UE (Francia e Germania) e gli USA. È stato più
facile presentare all’interno dell’Unione la guerra irachena come
estranea – se non contrapposta - agli interessi europei e il ritiro
da essa come un ritorno dell’Italia nel seno dell’Europa, da cui la
politica filo-Bush del governo Berlusconi l’aveva allontanata.
Infatti, al centro della politica estera italiana tracciata nel
programma dell’Unione viene posto, con grande enfasi e
sottolineature, il rapporto organico con la UE e il rilancio di
quest’ultima.

Ma i militari italiani sono impegnati altresì in buon numero in
Afghanistan. Questa missione militare NON è, come si vuol far
credere, sotto l’egida dell’ONU, ma è una missione NATO sotto il
comando diretto degli USA. Infatti (cfr. il recente articolo di
Manlio Dinucci sul Manifesto del 13 giugno 2006), «l'11 agosto 2003,
la Nato annuncia di aver “assunto il ruolo di leadership dell'Isaf,
forza con mandato Onu”. E' un vero e proprio colpo di mano: nessuna
risoluzione del Consiglio di sicurezza autorizza la Nato ad assumere
il comando dell'Isaf. Nella risoluzione del 13 ottobre 2003, che
autorizza l'Isaf a operare “in aree esterne a Kabul e dintorni”, e
nelle successive, la Nato non viene mai nominata. Eppure a guidare la
missione, da questo momento, non è più l'Onu ma la Nato: il quartier
generale Isaf viene inserito nella catena di comando della Nato, che
sceglie di volta in volta i generali da mettere a capo dell'Isaf. E
poiché il “comandante supremo alleato” è (per diritto ereditario)
sempre un generale Usa, la missione Isaf viene di fatto inserita
nella catena di comando del Pentagono». NON è dunque una missione di
pacificazione o di interposizione tra fazioni in lotta, ma si tratta
dell’occupazione militare dell’Afghanistan operata da USA e Gran
Bretagna alla fine del 2001 e preparata ben prima del fatidico
attentato dell’11 settembre alle “2 torri”, che è servito da ottima
giustificazione per l’invasione di un paese collocato strategicamente
nel cuore dell’Eurasia, tra Russia, India e Cina, Iran, dove non
erano mai giunte truppe USA e che ora pullula di basi americane che
minacciano da vicino il paese che Samuel Huntington indicava già 10
anni fa nel suo “Scontro di civiltà” come il nemico strategico: la Cina.

La presenza di militari italiani sotto comando USA in un teatro di
guerra per sostenere militarmente un governo filoUSA è un’azione di
guerra contraria alla costituzione italiana. Sostanzialmente non è
diversa dalla presenza militare italiana in Iraq: funge da supporto
alla politica aggressiva degli USA (che usano il terrorismo come
passepartout per le loro guerre) ed è un presupposto per nuove
avventure militari.

Qui, tuttavia, a differenza che in Iraq, USA ed UE agiscono
apparentemente di comune accordo e anche Zapatero invia le sue
truppe. Ma, anche qui, gli interessi delle potenze europee in
Afghanistan e in Eurasia sono concorrenti con quelli degli USA: gli
europei cercano di ritagliarsi, con la presenza militare e gli
investimenti per la “ricostruzione civile”, un loro spazio di
penetrazione. È del tutto evidente, perciò, che all’interno
dell’Unione, che ha nel suo leader Prodi uno dei maggiori esponenti
della borghesia europeista, la battaglia per il ritiro
dall’Afghanistan sarà molto più dura.

Ma qui la posta in gioco è altissima. Infatti, la questione della
pace e della guerra, a differenza di altre di carattere economico-
sociale, su cui si può trattare sulla base dei rapporti di forza (ad
es. entità e modalità della manovra economica, tempi e modi di
attuazione di una nuova scala mobile), inerisce alla natura stessa,
all’identità di un partito comunista. Il comunismo novecentesco nasce
nel 1914 rompendo con le socialdemocrazie che votarono i crediti
della guerra imperialista: tra i primi atti del governo bolscevico
nato dalla rivoluzione di ottobre 1917 è la stipula immediata della
pace con la Germania. Questa grande eredità del comunismo
novecentesco rimane - mi auguro - patrimonio condiviso di tutto il
partito, della “sinistra alternativa”, dei movimenti contro la
guerra. E ciò è ancora più rilevante oggi, nell’epoca del capitale
globale. La lotta contro la guerra imperialista è strategica,
fondamentale, imprescindibile.

Su questa questione il partito tutto deve riprendere con forza la
mobilitazione e i compagni che sono nel parlamento e nelle
istituzioni devono battersi per il ritiro dall’Afghanistan agendo
conseguentemente in tutte le sedi istituzionali e politiche. Il
messaggio che va mandato agli alleati della coalizione è che su
questa questione non sono possibili escamotage, tatticismi o
aggiustamenti di facciata, ma solo un effettivo e radicale mutamento
della politica estera italiana, che va riportata alla sostanza
dell’articolo 11 della Costituzione. Solo su questa base si può
trattare, costruendo lo schieramento più ampio di forze contrarie
all’avventura militare in Afghanistan (e che in parlamento votarono,
come del resto il PRC, contro il suo finanziamento), per definire
modalità e tempi certi e brevi del completo ritiro delle truppe
italiane.

Se vogliamo effettivamente ritornare alla sostanza dell’articolo 11
della Costituzione bisogna sviluppare anche un’azione culturale di
critica della guerra in netta contrapposizione con le posizioni
predominanti nel futuro “partito democratico”, sostenitore della tesi
che la guerra contro l’Iraq del 2003 è sbagliata perché decisa
unilateralmente dagli USA, mentre, come si può leggere tra le righe
del programma dell’Unione (cfr. pp. 97-102), gli interventi militari
multilaterali avallati da organismi sopranazionali – tra cui si
elenca non solo l’ONU, ma anche la UE e la NATO -, sarebbero
legittimi, di “polizia internazionale” (cfr. p. 98), cui il programma
auspica che l’Italia dia un consistente apporto. È con questo tipo di
discorso che si giustifica il mantenimento e l’ampliamento della
missione in Afghanistan.

È sulla base di questo discorso, sostenuto dalla più complessa
costruzione ideologica della “guerra umanitaria”, che si promosse
l’aggressione militare della primavera 1999 contro la Jugoslavia,
rispetto alla quale né il presidente del consiglio Prodi, né
l’attuale ministro degli esteri, e nel ’99 presidente del consiglio,
Massimo d’Alema, hanno manifestato la sia pur minima autocritica,
rivendicando anzi con pervicacia la giustezza di quella devastante
guerra.

Sulle cui conseguenze vi è un colpevole silenzio e disattenzione
anche da parte della sinistra alternativa. In particolare – salvo
qualche eccezione - sulla situazione in Kosovo si tace: eppure si
tratta della vita di centinaia di migliaia di persone che subiscono
oggi condizioni infami. Alla presenza delle forze militari della KFOR
(prevalentemente paesi NATO) e dell’UNMIK, il Kosovo sotto
protettorato ONU si è trasformato in una gabbia a cielo aperto per le
poche decine di migliaia di serbi e rom rimasti. Oltre 300.000 hanno
dovuto abbandonare, sotto la violenza del nazionalismo estremista
albanese espresso dall’UCK, la terra che abitavano. I serbi sono
costretti a vivere in condizioni di estrema insicurezza, sono
continuamente oggetto di attacchi e violenze, sono discriminati
nell’accesso al lavoro e alle cure mediche, sono privati dell’uso
della propria lingua negli uffici pubblici, nei tribunali, nelle
istituzioni. Il pogrom antiserbo del marzo 2004 ha provocato decine
di morti e migliaia di feriti, costretto alla fuga altre migliaia di
serbi, bruciato e saccheggiato le loro case e i luoghi della memoria
e della cultura come i preziosi monasteri medievali. Dove sono finiti
i difensori dei “diritti umani”?

In violazione della risoluzione 1244/99 dell’ONU, le potenze che nel
1999 scatenarono la guerra contro la Jugoslavia (e tra esse ebbe un
ruolo decisivo il nostro paese allora guidato dal governo D’Alema),
si apprestano a dare origine ad un nuovo microstato etnicamente puro.
La formalizzazione internazionale dell’indipendenza del Kosovo
significherà con ogni probabilità l’espulsione massiccia di tutti i
serbi rimasti: l’Onu, in previsione di ciò che potrebbe accadere non
appena tagliato definitivamente il cordone ombelicale che lega il
Kosovo alla Serbia ha già preparato un piano di evacuazione per
70.000 persone. L’ulteriore spezzettamento di quella che fu la
Jugoslavia – con la recentissima secessione del Montenegro e
l’annunciata formazione di uno stato monoetnico del Kosovo - non
favorisce i processi di pace.

Il PRC che – unico sulla scena italiana – si oppose alla “guerra
umanitaria” del 1999, non può oggi chiudere gli occhi sulla
drammatica situazione dei Balcani. Vanno avviate campagne di
sensibilizzazione di massa sul silenzioso etnocidio in corso in
Kosovo e, attraverso i nostri rappresentanti nelle istituzioni – in
particolare nel parlamento e governo nazionali e nelle regioni – va
sviluppata una politica che contrasti ulteriori processi di
frantumazione della ex Jugoslavia e tuteli i diritti delle minoranze
del Kosovo a ritornare nella loro terra e a vivere una vita dignitosa
e sicura in una regione effettivamente multietnica.

http://www.resistenze.org/sito/te/po/se/pose6f18.htm
www.resistenze.org - popoli resistenti - serbia - 18-06-06

Giugno 2006 : Cronache di ordinaria violenza nel Kosovo degli
“standard europei”raggiunti.



Questo è il resoconto di una normale giornata ( intesa come eventi
quotidiani), verificatasi in quella regione, per la cui “liberazione“
e “democratizzazione”, la Repubblica Federale jugoslava fu bombardata
e aggredita per 78 giorni dai civilizzatori occidentali.
A sette anni da allora, questa è la situazione sul campo
quotidianamente.


Dal 7 giugno ero in Serbia nell’ambito dei Progetti di solidarietà
della nostra Associazione SOS Yugoslavia, nello specifico per il
Progetto SOS Kosovo Metohija; insieme alla delegazione del Sindacato
Samostalni della Zastava di Kragujevac (Rajka, Milja, Delke, Rajko,
Jasmina, Dragan), dopo un'attesa e rinvii vari durati un mese e
mezzo, avevamo finalmente avuto la conferma della scorta militare
della Kfor, per recarci nell’enclave di Gorazdevac, con un camion di
aiuti specifici, raccolti mediante i contributi avuti da tutta Italia
e comprati in Serbia, in seguito all’appello ricevuto dalla comunità
dell’enclave.

Il 7 giugno ci dicono che la scorta era rinviata, ma che nel
pomeriggio ci sarebbe stata ridata; dopo aver passato il
“confine” (come se per andare in Alto Adige o Valle d’Aosta, un
cittadino italiano dovesse chiedere il permesso e superare controlli
minuziosi, esibendo documenti e passaporti vari); mentre eravamo a
Kosovska Mitrovica (nella parte serba, a nord del fiume Ibar, dove vi
è ancora asserragliata, la più consistente concentrazione della
popolazione serba del Kosmet, alcune decine di migliaia di abitanti),
al mattino cominciano a giungere notizie di incidenti e dimostrazioni
di separatisti albanesi in alcune zone della regione, mano a mano che
passa il tempo le notizie si accavallano e cresce anche la percezione
che la tensione stia aumentando anche intorno a noi; insieme con il
nostro referente Ilija Spiric presidente dell’Associazione Sclerosi
Multipla del Kosmet e nostro referente per i Progetti in comune, mi
reco al quartier generale delle forze internazionali di K. Mitrovica
(Kfor, Unmik e OSCE, oltre al presidio della Polizia serba del
Kosovo), qui incontriamo prima un responsabile Kfor che ci aggiorna
sulla situazione di crescente tensione nell’area, poi un funzionario
dell’Unmik ci spiega che la situazione è molto delicata, perché la
stessa loro missione è ormai obiettivo quotidiano di attacchi e
pressioni, invitandoci a desistere; nel frattempo il responsabile
della polizia serba, un ufficiale corretto e assolutamente
disponibile a cercare una soluzione, ci aggiorna sulla situazione
definendola di ora in ora sempre più difficile, invitandoci ad
aspettare le tre del pomeriggio per capire se qualcosa si modifica
sul campo.

Di fatto la situazione era questa, come ci è stata spiegata negli
incontri: il movimento per l’indipendenza del Kosovo: “Vetevendosja,
autodeterminazione” che fa capo a Albin Kurti, di cui fanno parte i
veterani dell’UCK, aveva indetto a partire dall’8 giugno, una serie
di dimostrazioni, aprendo di fatto la campagna “politica” del
processo secessionista (quella militare dura dal 1999…), su due
questioni centrali: una quella dell’accelerazione senza trattative
del processo immediato di indipendenza e l’altra la cacciata della
missione Unmik, e il ridimensionamento del ruolo della Kfor, sotto la
direzione della dirigenza separatista albanese.

In questa ottica, la giornata dell’8 giugno è andata oltre lo
stillicidio delle violenze quotidiane contro i serbi e negli ultimi
mesi, sempre più anche contro la presenza ONU; di fatto è cominciato
un piano preparato a tavolino di dimostrazione di forza, con
tentativi di assalti a enclavi e assedio delle stesse; attacchi a
mezzi ONU e alla popolazione civile serba nel territorio; improvvisi
blocchi di strade provinciali e pestaggi di serbi se individuati come
tali; assaltato l’ufficio di Pristina della legazione Unmik con
conseguente assedio degli stessi uffici, di militanti secessionisti
accampati con tende che impediscono di entrare e uscire dagli stessi;
scontri con civili serbi che hanno reagito alle violenze e
intimidazioni; posti di blocco illegali con tende ai lati delle
strade provinciali.

In questa situazione arriviamo al tardo pomeriggio, dove ci dicono
che l’autobus con le effigi delle Nazioni Unite, quello a cui avremmo
dovuto accodarci come convoglio, che ogni giovedì porta i civili
serbi a fare compere dei beni di assoluta necessità a Mitrovica da
alcune enclavi, era stato attaccato a Rudnik da un gruppo di albanesi
che dopo avergli teso un imboscata, l’hanno assaltato e distrutto con
spranghe, bastoni e pietre (da rilevare che questi bus hanno vetri
antisfondamento, perché continuamente attaccati), terrorizzando i 50
passeggeri, tra cui molte donne e bambini, dileguandosi poi
all’arrivo delle forze Kfor. L’autista D. Perunicic ha raccontato che
l’attacco è avvenuto approfittando del fatto che negli ultimi mesi le
scorte Kfor sono collocate non vicino ai mezzi, ma in punti del
percorso, per dimostrare che la situazione si sta “normalizzando”;
egli ha detto che solo nel mese scorso, era stato attaccato due
volte: il 2 e il 12 maggio, per questo era stata rimessa la scorta,
ma l’8 giugno nuovamente era stata levata, con questi risultati; ha
anche detto che stavolta la violenza dell’assalto era stata molto
alta e determinata.

La KPS (Corpo di Protezione del Kosovo, di fatto una polizia locale,
tranne che nelle enclavi, interamente albanesi) è giunta sul posto
solo due ore dopo i fatti. Frattanto dall’enclave di Gorazdevac, dove
tutta la comunità era in attesa per la distribuzione degli aiuti e
per un momento di festa fraterna e solidale (per loro, soprattutto
per i bambini e ragazzi, un evento rarissimo), ci viene chiesto con
il cuore in mano di cercare di andare in qualsiasi modo, che essi ci
aspettano e ci ospiteranno a qualsiasi costo; lo sconcerto e la
tensione, insieme ad un senso di impotenza, crescono in noi di minuto
in minuto. Dagli uffici intanto le notizie che ci danno sono che gli
assalti all’enclave sono stati respinti, ma tutte le aree intorno
alle enclavi sono presidiate dalle forze militari perché la tensione
è altissima, ed è evidente che la giornata è pianificata dalla
dirigenza separatista e che è un piano a scacchiera, come ci spiega
un funzionario serbo, per cui in qualsiasi parte può scatenarsi una
conflittualità improvvisa.

Le ore di tensione crescente non hanno scalfito la nostra volontà e
determinazione di cercare di provare ad andare, alle 5 del pomeriggio
in un clima del nostro furgone, decisamente pesante e cupo per la
situazione, avviene un ennesima consultazione tra di noi per prendere
una decisione non certo facile o leggera, decidiamo (un solo voto
contrario) di tentare l’ultima possibilità, quella di accodarci ad un
altro autobus che alle 6 di sera partiva da Mitrovica o di lasciare
il nostro furgone e salire sull’autobus; consultiamo ancora il
responsabile della polizia serba, che in modo fraterno ma deciso ci
“consiglia” fermamente di non muoverci da dove siamo e di tornare
indietro; il rischio più probabile è quello di restare accerchiati in
aree di tensione e di violenza, in balia di chiunque, e ci dichiara
che non potrebbe fare nulla per salvarci o proteggerci neanche
volesse, in quanto loro non possono oltrepassare il ponte sul fiume
Ibar, che divide il nord dal territorio controllato dagli albanesi,
per cui lui da militare ci ribadisce che la sicurezza delle nostre
vite è in gioco. Ci comunica inoltre che si stanno facendo convergere
su Mitrovica altre truppe e mezzi militari, perché la situazione di
tensione sta crescendo e si preannunciano scenari di conflittualità
crescente, gli stessi palazzi della parte nord di Mitrovica dove
vivono famiglie albanesi, vengono presidiati da mezzi della Kfor per
evitare incidenti, anche perché il timore è che lo strano silenzio
che regna nella parte sud della città (solitamente un punto caldo
delle tensioni nel Kosovo), non lascia tranquilli e si teme che da un
momento all’altro scoppino incidenti. Intorno a noi comincia un via
vai di jeep, mezzi militari, dall’altra parte del fiume dove sono
stanziati carri armati e blindati militari della Kfor, si notano
movimenti, la stessa popolazione di Mitrovica, essendo abituata ad
uno stato di mobilitazione permanente, si muove con più fretta e
rapidità verso le proprie case, ma anche pronta a mobilitarsi in
pochi minuti, come sempre è successo finora, se dalla parte sud ci
sono segnali di attacchi; si preannunciano altri giorni duri per i
serbo kosovari e le altre minoranze che sono con loro, tra cui il
popolo rom.

Dopo l’ultimo colloquio con l’ufficiale serbo, in un silenzio
surreale e carico di sconforto, guardandoci negli occhi, perlopiù
colmi di lacrime represse e rabbia, decidiamo ciò che la situazione
ha di fatto deciso: si torna indietro, non c’è altra realistica e
sensata possibilità, siamo tutti d’accordo. Ora il momento più
difficile è comunicare all’enclave che non andiamo, come dire loro…
siete soli, ancora una volta, ma non ci sono altre possibilità
realistiche. L’unica notizia positiva è che il camion della Croce
Rossa Serba con i nostri aiuti, è riuscito nella notte, prima che
cominciassero le violenze, a raggiungere l’enclave, per cui la gran
parte degli aiuti ha raggiunto la comunità. Dopo la telefonata ai
nostri amici e fratelli di Gorazdevac, un senso di sconfitta, di
amarezza, di tristezza infinita ci avvolgono, il silenzio pesante
come un macigno cala nel furgone; mentre andiamo verso nord, lungo la
strada, incrociamo mezzi militari, ambulanze, truppe che si dirigono
verso quella terra martoriata che è il Kosovo di oggi, violentata da
interessi stranieri e da forze criminali che si sono messe al loro
servizio.

Ancora lo scorso mese, Soeren Jessen-Petersen, rappresentante
dell’ONU in Kosovo (dimissionario dal 12 giugno), aveva dichiarato
insieme ad altri esponenti internazionali occidentali, che la
situazione nella regione stava progredendo e che si stavano
raggiungendo i requisiti (di democrazia e libertà civili) per avere i
cosiddetti Standard minimi di democrazia richiesti dalla Comunità
Internazionale. Io penso che per rendere l’idea di qual è la
situazione reale in Kosovo sia sufficiente scorrere gli avvenimenti
degli ultimi mesi, partendo dal dato che tutta la popolazione serba
vive in veri e propri ghetti in una condizione di apartheid, come
documentato nel Video “Kosovo 2005, viaggio nell’apartheid” prodotto
dall’Associazione SOS Yugoslavia.

Ma ecco come si svolge la vita quotidiana nel Kosovo Methoija di oggi:


10-06-2006: Dragas, oltre 25 albanesi appartenenti alla polizia del
Kosovo (KPS) hanno attaccato e distrutto la casa del Presidente di
Iniziativa Civica dei Gorani (minoranza slava musulmana) D. Cemir,
che vive rifugiato a Belgrado.

8-06-06: il commissario della polizia dell’Unmik K. Vittrup, ha
annunciato oggi il rafforzamento delle forze militari nel nord del
Kosovo abitato dai serbi (oltre 500 uomini della polizia
internazionale e altri del KPS), a causa di un continuo aumento di
episodi di violenza nella zona.

8-06-06: Staro Gracko, scoperta mina collocata dentro il cimitero
ortodosso del villaggio. Disattivata dalla Kfor senza esplosione.

4-06-06: Priluzje, assassinata una donna serba da sconosciuti.


31-05-06: secondo un documento riservato dell’ONU datato 1 aprile,
venuto in possesso di giornalisti a Belgrado, le agenzie delle
Nazioni Unite hanno già predisposto un piano di evacuazione per
l’esodo di altri 70.000 serbi kosovari, che si stima scapperanno nei
prossimi mesi, alla proclamazione dell’indipendenza.

30-05-06: minato il ponte che unisce i due villaggi di Grabac e Bica,
dove vivono circa 300 serbi; l’esplosione ha gravemente danneggiato
ma non distrutto completamente il ponte.

28-05-06: Zvecan, assassinato in serata, un uomo serbo da tre
sconosciuti mentre camminava. L’uccisione rivendicata dall’ANA
(Armata Nazionale Albanese).

25-05-2006: Mala Krusa, Prizren, la polizia dell’Unmik ha dovuto
usare i gas lacrimogeni per disperdere un gruppo di albanesi che ha
cercato di fermare e lanciava pietre contro un convoglio di serbi che
si spostavano dall’enclave. Feriti alcuni poliziotti ONU e
danneggiati due bus ONU.

23-5-06: i leader della comunità serba ancora presente in Kosovo,
hanno dichiarato lo “stato di emergenza” in tutte le enclavi, dato
l’intensificarsi delle violenze contro i civili da parte dei
separatisti albanesi.
18-05-06: Kosovska Mitrovica, scontri tra serbi e albanesi nel
quartiere di Bosnjaka Mahala, dopo che un albanese aveva sparato
colpi di pistola contro un poliziotto serbo in servizio di sicurezza
locale. L’autore della sparatoria, Bastri Hajdari è già noto come
appartenente all’ex UCK, e già più volte arrestato per episodi di
violenza e aggressioni, in questi anni. In seguito agli scontri
decine di persone sono state fermate.

11-05-06: K. Mitrovica, due ragazzi serbi di 19 e 21, sono stati anni
assassinati alle tre della notte ad un distributore di benzina, non è
stato rubato o rapinato nulla, quindi l’obiettivo era di colpire i
due ragazzi.

10-05-06: Podujevo, attaccata e devastata la chiesa ortodossa di S.
Elijah, nel 2004 era stata distrutta dai separatisti e si stavano
facendo dei lavori per ricostruirla; gli assalitori dopo aver
sfondato il portone hanno devastato l’interno ricostruito e tutte la
finestre.

9-05-06: Rudnik, attaccato e distrutti i vetri dell’autobus che
trasportava a Mitrovica per le visite mediche e l’approvigionamento
alimentare settimanale, gli abitanti dell’enclave serba di Osojane,
circa 60 persone tra cui molte donne e bambini.

8-05-06: Bica, rubato un trattore e distrutte le apparecchiature per
la fornitura dell’energia elettrica alle case.

7-05-06: Suvi Lukavac, nella notte uccisi i cani da guardia
dell’enclave e poi la notte seguente rubati alcuni trattori.
6-05-06: Rudare, due sconosciuti che bloccavano la strada con una
Golf nera senza targa, hanno sparato colpi di fucile contro la
macchina della Diocesi Ortodossa della regione, con sopra Padre
Srdjan, che tornava da una visita all’enclave; alcuni proiettili sono
rimasti conficcati nella vettura.Il padre è riuscito a scappare.
5-05-06: Pristina, nove poliziotti dell’Unmik feriti durante scontri
alla manifestazione indetta per l’indipendenza del Kosovo, mentre
cercavano di assaltare un edificio dell’ONU.

30-04-06: Bica, sconosciuti hanno aperto il fuoco contro fedeli serbi
che stavano celebrando la pasqua ortodossa.
23-04-06: K. Mitrovica, attaccata a colpi di pietra e distrutti i
vetri della casa di un profugo da Prizren, nella periferia della
città, da sconosciuti.
23-04-06: Suvi Do, attaccata con pietre una macchina guidata da un
serbo, lungo la strada provinciale, danneggiata la vettura.
22-04-06: Tucep, un gruppo di uomini armati ha attaccato con colpi di
fucile la casa di una famiglia serba del posto; la moglie che era in
casa è rimasta indenne dall’attacco.
16-04-06: Gojbulja, attaccata e danneggiata la chiesa ortodossa di
Sveta Petka nell’enclave serba, completamente circondata dalla
popolazione albanese.
15-04-06: K. Mitrovica, attaccata con bombe e bottiglie Molotov la
casa di un profugo di Istok, che vive nella periferia della città, la
momento dell’assalto vi erano sette membri della famiglia, tra cui i
bambini: Non ci sono stati feriti.
9-04-06: Suvi Lukavac e Tucep, attaccate nella notte alcune case
serbe e portati via quattro trattori e sette mucche.
4-04-06: Straza, attaccata nella notte con fucili automatici la casa
della famiglia serba di C. Ivkovic, ucciso il cane da guardia che
aveva dato l’allarme, i sei membri della famiglia sono rimasti illesi.

27-03-06: K. Mitrovica, un ragazzo serbo di 19 anni è stato picchiato
e pugnalato da un gruppo di giovani albanesi proveniente dall’altra
parte del ponte sul fiume Ibar, mentre passeggiava con la sua fidanzata.
26-03-06: Klina, lanciate due bombe contro la casa di un serbo
rientrato in Kosovo, gravi danni materiali ma nessun ferito nella
famiglia.

…..Questo è il Kosovo “liberato” per cui si è bombardato e devastato
il popolo jugoslavo, queste sono la democrazia e la libertà portate.



Enrico Vigna ( Associazione SOS Yugoslavia, Italia), 14 giugno 2006

“S’ALZO’ DI KOSOVO UNA FANCIULLA”
…Ella va di Kosovo sulla piana.
E scende sul campo la giovane donna…E rivolta nel sangue i guerrieri.
Qual guerriero in vita ella trova, lo leva da quel molto sangue, lo
lava con fresc’acqua.
E conforta con vino vermiglio… E ristora con pane bianco…”
(Antico poema epico del Kosovo)



Per contatti e info: sosyugoslavia@...

(Due interessanti stralci dalla stampa enverista dell'Albania a
cavallo tra gli anni Settanta ed Ottanta dimostrano come, nonostante
le differenze ideologiche ed il diverso atteggiamento rispetto alla
questione nazionale nei Balcani, Enver Hoxha anteponesse comunque la
difesa dell'indipendenza degli Stati balcanici, nati dalla comune
lotta contro il nazifascismo, alla polemica verso la Jugoslavia. Una
linea di solidarietà internazionalista dimenticata e cancellata
dall'odierno sciovinismo - nazionalista, filooccidentale e
neofascista - dei revanscisti pan-albanesi...)


http://www.revolutionarydemocracy.org/rdv7n2/albyugo.htm

The Albanian People Will Stand By the Yugoslav Peoples Enver Hoxha

How did the Party of Labour of Albania under the leadership of
Enver Hoxha look upon its role in the event of an imperialist attack
upon Yugoslavia? The following excerpt from a ‘Zeri i Popullit’
Editorial of 1980 and which was broadcast by Radio Tirana on January
19th 1980 reminds us that in such an event Enver Hoxha had argued
that the Albanian people would stand by the Yugoslav peoples.

No. 1

The Albanian people, who know the past of the Yugoslavian people
well, have the unflinching conviction that they are not intimidated
by any threat or blackmail, that if the necessity arises they will
know how to fight with courage and bravery against any attack of the
enemies no matter where it comes from: the Yugoslav peoples are not
the sort who back down in the face of threats. They know how to fight
with self-sacrifice to defend their freedom, won with so much
bloodshed and sacrifice.
We Albanians have had and still have irreconcilable ideological
differences with the Yugoslav leadership. We have always and will
continue to criticize the anti-Marxist system of self-administration;
we have fought and will fight determinedly against the Yugoslav and
modern revisionism, for the defence of the purity of Marxism-
Leninism; we have and will continue to interest ourselves in the
rights which the Albanians of Kosova, Macedonia, Montenegro, should
enjoy on the basis of the Yugoslav constitution.
World opinion knows and is clear on this stand of ours.
The foreign policy of our country in the stand towards our
neighbours, continues Zeri i Popullit, has never and will never
change. Our republic has made and will make all-round efforts for the
normal development of trading, cultural and other relations with
them. We have publicly stated that Albania will never permit
foreigners to use its territory as a base against Yugoslavia or
Greece, that we will support the Yugoslav and Greek peoples in the
struggle for national freedom, independence and sovereignty. Hence
not only will nothing bad come to them from Albania, but they will be
aided. The peoples of the Balkans do not threaten anyone, but neither
do they fear threats just as they do not fear aggressive war, which
others may launch and which they know how to cope with successfully...
In the face of the threats of the Soviet, American and other
imperialist aggressors against Yugoslavia, the Albanian people adhere
to what comrade Enver Hoxha said at the Seventh Congress of the Party
of Labour of Albania, that in the case of an eventual attack by the
Soviet Union or any power against Yugoslavia, the Albanian people
will stand by the Yugoslav peoples.
Thus everyone can rest assured that if the question arises of the
defence of freedom and independence from imperialist aggressors of no
matter what kind, the Albanians and Yugoslavs will once more fight
together against the common enemies as they fought in the past.
Historical facts prove this. Our divisions went and fought in
Yugoslavia in the same trenches as the Yugoslav partisans, against
German fascism and triumphed. We Albanians fight for freedom and
justice and like brave fighters Albanians are cool-headed. But when
anyone tries to trample them underfoot, then the rifle speaks.

From: ‘Socialist Albania’, journal of the India-Albania Friendship
Association, July 1980, No. 14, pp. 3-5.

No. 2

Our policy towards Yugoslavia has not changed and will not change,
provided that the Yugoslav government, too, is correct towards us.
The declaration of the Party of Labour of Albania, that in case of
any eventual aggression against Yugoslavia by the Soviet Union or
some other power the Albanian people will stand by the Yugoslav
peoples, will always hold good. But the Yugoslav side must respond to
this stand of Albania with just and correct actions towards us.

From: Enver Hoxha ‘Report on the Activity of the C.C. of the Party
of Labour of Albania’ submitted to the 7th Congress of the Party of
Labour of Albania, November 1, 1976,Tirana, 1977, pp. 202-203.


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Message Sent by John Paul Cupp.
SOURCE: http://groups.yahoo.com/group/gmlyu/


VIVA IL SOGNATORE DEL NONO PAESE

ES LEBE DER TRÄUMER, DER AN DAS „NEUNTE LAND“ GLAUBTE

LONG LIVE THE DREAMER OF THE NINTH COUNTRY

ŽIVEL ZALJUBLJENI V 9. DEŽELO !




Mozda je neko smatrao da smo sve videli, ne, ima toga jos !

Videli smo bratoubilacki rat revansista Novog evropskog hitlerovskog poretka, rat u kome su upotrebljenja sva oruzja, rat jezovitih zverstava, razaranja i masovnog izgona stanovnistva.
Videli smo "medjunarodnu zajednicu" kako ukazom brise jednu suverenu zemlju i umesto nje upisuje opet ukazom, sest banana-republika, kojima ce se ce po svemu sudeci pridruziti jos dve, opet uzimajuci krv za jedini kriterijum, po uzoru na SS-ovce.
Videli smo naciste uzdignute u svece, bombardovanje putnickih vozova, krijumcarenje oruzja u kolima hitne pomoci, kalemljenje eksploatacije, komadanje srpskohrvatskog na 4-5 izmisljenih jezika, zigosanje vekovnog stanovnistva kao uljeza a velicanje okupatora koji se uranijumskim bombama ustolicio. Videli smo kako sverceru za nagradu dodeljuju pasaluk, silovanje flasom, kidnapovanje i uskracivanje posmrtnih ostataka ubijenih, otsecanje glava, oduzimanje licnih stanova i njihovog ustupanja stranim lihvarima, revidiranje istorije i kaljanje uspomene na slavnu NOB, rehabilitovanje fasistickih slugu.

I nije to sve!  Sada eto glasovitih pesnika na stubu srama! NAJVECEM NEMACKOM DRAMSKOM PISCU ODUZETA JE KNJIZEVNA NAGRADA  A NJEGOV KOMAD SKINUT SA PROGRAMA UKAZOM.

Ne, nije rec o Brdovitom Balkanu. To bezcasce je u Nemackoj i Francuskoj, u Evropi koja se toboze dici Geteom i Volterom. Na prostoru Komisije vlada misljenje da je neoprostiv greh videti i licno se uveriti u gore navedeno, ovde u zemlji Medjunarodnih tribunala zabranjeno je postavljati pitanja, putovati, opstiti sa prokazanima, ovde je zabranjeno "neprijatelja" tretirati kao ljudskog stvora.
Neoprostiva greska Petera Handkea ogleda se u tome sto je prisustvovao sahrani Slobodana Milosevica, sto je bio ocevidac, kako se licno izrazio. Da, u pitanju je sahrana Milosevica koga "Evropa" da bi sprala sopstvenu krivicu koristi kao zrtvenog jarca, Milosevica koji je odolevao pomahnitaloj "Evropi" dok ga nije mucki likvidirala. Gadna je ta "Evropa" koja prozdire svoje najdarovitije sinove.

Gadna je ta "Evropa" koja je iz sopstvenih nedara iscupala Jugoslaviju.
Takva nam nikada ne moze biti otadzbina!

U prvom svom osvrtu na Jugoslaviju u povodu tragedije koja se srucila na Balkan 1991.  Handke pominje 9. zemlju metaforicki. Osecajuci neizmernu potrebu za pesnicima  9. zemlje, Handkeu upucujemo svo nase divljenje, postovanje i solidarnost.


"Bez obzira na to sto je mozda bila razjedinjena, Jugoslavija je bila uzor za buducu Evropu. Ne Evropu kakva je ona postala danas, donekle izvestacenu sa svim tim zonama slobodne razmene, vec prostor gde narodi zive izmesani, a narocito omladina, kako je to bilo u Jugoslaviji pa i posle Titove smrti. Eto, ja takvu Evropu zelim. Zato je sa unistenjem Jugoslavije u meni unistena ideja o Evropi."
P. HANDKE


potpise slati na adresu : jugocoord @ tiscali.it

Potpisi:

Tamara Bellone (Torino)
Peter Behrens (Trieste / Trst) 
Giuseppe Catapano (Roma)
Paola Cecchi (Firenze) 
Claudia Cernigoi (Trieste / Trst)
Adriana Chiaia (Milano) 
Spartaco Ferri (partigiano, Roma)
Mauro Gemma (Torino) 
Fulvio Grimaldi (Roma)
Dragomir Kovacevic (Alessandria)
Olga Juric (Paris)
Teodoro Lamonaca (Torino)
Serena Marchionni (Bologna)
Andrea Martocchia (Bologna)
Gian Luigi Nespoli (Sanremo)
Sandra Paganini (Roma)
Ivan Pavicevac (Roma) 
Miriam Pellegrini Ferri (partigiana, Roma)
Fausto Sorini (Bologna) 
Jasna Tkalec (Zagreb)
Gilberto Vlaic (Trieste / Trst)
Giuseppe Zambon (Frankfurt am Main)
 
Enzo Apicella (London)
Alessandro Leoni (PRC Toscana) 
Aldo Manetti (PRC Toscana)
Mauro Lenzi  (PRC Toscana) 
Stefano Cristiano  (PRC Toscana)
Susanna Angeleri  (PRC Arezzo) 
Donella Petrucci (PRC Toscana)
Ugo  Bazzani (PRC Pistoia) 
Sandro Trotta (PRC Livorno)
Luciano  Giannoni  (PRC Livorno) 
Roberto Cappellini (PRC Pistoia)
Claudia Rosati (PRC Firenze) 
Jacopo  Borsi (PRC Firenze)
Mauro  Gibellini  (PRC Massa-Carrara) 
Sergio Quarta (Giugliasco, CH)
Mirella Ruo (Casale Monferrato) 
Francesco Pappalardo (PRC Piombino)
Angela Biscotti (Mainz) 
Luciano Giannoni (PRC Livorno)
Gio Batta (Titen) Prevosto (Circolo SanremoCuba, Sanremo) 
Pasquale Vilardo (Giuristi Democratici, Roma)
Carlo Pona (Roma)
Marcello Graziosi (Modena)
Andrea Catone (Bari)
Enrico Barba (Gorizia / Stara Gorica)
Jean Toschi Marazzani Visconti (Milano)
Boris Bellone (Torino)
Rudolf Baloh (Kočevje SLO)
Massimiliano Ay (Partito Svizzero del Lavoro, Bellinzona CH) 
Alexander Hobel (Napoli)
Silvano Ceccoli (Genova)
Giuseppe Aragno (Napoli)
Uberto Tommasi (Verona)
Paolo Teobaldelli (Buenos Aires)
Curzio Bettio (Padova)
Gianni Volonté (Como)
Carla Francone (nuova unità, Firenze)
Daniele De Berardinis (Nereto, TE)
Centro Popolare La Fucina / Pacifico Saber (Sesto San Giovanni MI)
Enrico Vigna (Torino)
Angelo Baracca (Firenze)
Amélie Glissant (Paris)
Marie-Françoise Philippart (Paris)
Radmila Wolf (Paris)
Robert Wolf (Paris)
René Lefort (Paris)
Annie Lacrox Riz (Paris)
Joseph Kaminski (Paris)
Branko Kitanovic (NKPJ Beograd)
Branimir Ivanovic (Beograd)
Tiziano Cavalieri (PRC Firenze)
Nikola Stojiljkovic (Vranje)
ALJ / Paola Ferroni (Bologna)
Anita Krstic (Milano / Beograd)
Ida Vagli (Torino)
Stana Milanovic (Torino)
Mauro Cristaldi (Roma)
Francesco Bachis (Cagliari)
Pierfrancesco Semerari (Bari)
Gianni Ursini (Trieste)
Ljiljana Milic (Vranje)
Ivana Kerecki (Milano)




Saopstenje

"Centra Tito" povodom saopstenja Krunskog saveta o uvodjenju monarhije u Srbiji


Mala analiza saopstenja koje je u Belom Dvoru procitao eksprinc Aleksandar Karadjordjevic pokazace nam najbolje zasto nam kralj nije potreban a najmanje ovakav kao on!

Obracanje narodu saopstenjem je vec, samo po sebi, diskutabilno. To govori da nema licne odlucnosti I sposobnosti da izadje pred javnost vec mu to "obracanje javnosti" verovatno pisu drugi a on ga samo cita. Nimalo kraljevski!

A to sto je procitao " ne bi pas s maslom pojeo" pa I to govori o njegovom intelektualnom opusu I zivotnom iskustvu. Vec prva konstatacija " Previse je krvi proliveno, snage utroseno, ugleda izgubljeno u dvadesetom veku….sa malo dobrih rezultata" pokazuje da "uvoznom princu" nacionalna istorija nije jaca strana. Prolivena krv I utrosena snaga u I i II svetskom ratu I posle njih, a narocito posle II svetskog rata, nisu bili uzaludni. Srbija je sacuvala svoju slobodu, nezavisnost I suverenitet I snazno zakoracila u progres I modernizaciju. Nista od ugleda nije izgubljeno vec je on dostigao najvisi nivo u nasoj istoriji zahvaljujuci NOB , socijalistickoj izgradnji I nesvrstanoj spoljnoj politici. Cak ni izdajnicko I kukavicko drzanje dinastije Karadjordjevic i ratni zlocini "kraljevske vojske u otadzbini" nad sopstvenim narodom I drugim narodima I narodnostima u Jugoslaviji tokom II svetskog rata, to nije moglo umanjiti.

" Mi smo bili ponosna, ugledna I srecna zemlja……" cita eksprinc bajku. U tu bajku ce malo ko poverovati. Jos je i zivih svedoka I drugih dokaza da je Srbija pod Karadjordjevicima bila birokratska I policijska drzava u kojoj su radnici I seljaci " jedva sastavljali kraj s krajem" a nacionalne manjine su je smatrale svojom tamnicom!

Da kraljevina nije ustavni I "savremeni oblik vladavine" I da kralj ne "uvazava sve politicke stranke" pokazao je deda eksprinca Aleksandar I koji je, za vreme svoje vladavine, ukinuo Ustav I zabranio rad svih politickih partija. On je bio diktator. O "ponosnoj, srecnoj I uglednoj " zemlji u njegovo vreme najbolje govore ovi podaci : nacionalni dohodak po glavi stanovnika iznosio je " fantasticnih" 112 dolara, zene nisu imale pravo glasa a 50 odsto stanovnistva je bilo nepismeno! Da " iver ne pada daleko od klade" potvrdjuje I nas nesudjeni kralj . Uselivsi se u Dvor on je za sobom zakljucao vrata I zabranio ulazak u njega svim ostalim clanovima porodice Karadjordjevic! Onaj koji ne uvazava svoju porodicu tesko da moze uvazavati druge ljude.

Pozivanje da sledimo primer savremenih kraljevina Velike Britanije, Svedske,Holandije,Belgije I Spanije je krajnje cinicno. Te "stabilne" drzave su nas zverski bombardovale 1999.godine a to danas cine u Avganistanu I Iraku. One prete I pripremaju slicne sudbine Iranu I Siriji.

Obecanje eksprinca na kraju saopstenja da ce monarhija "obezbediti najbrzi put u Evropu, privuci nove investicije, pomoci ekonomski rast I obezbediti zaposlenje, socijalnu zastitu, penzije I odlicno obrazovanje nase omladine" zvuci jadno kada se zna da on I njegova porodica, od kada su dosli u Srbiju,nista ne rade I zive na racun budzeta republike Srbije. Nije u stanju ni sebe da zbrine a hoce jedan milion nezaposlenih koliko Srbija danas ima!

Tesko se u ovom saopstenju mogu zaobici dve stvari: zasto eksprinc nista nije rekao o Kosovu I zasto nije dao mogucnost novinarima da postave pitanja o procitanom saopstenju vec ih je uputio na Sluzbu za vezu s javnoscu?Eksprinc verovatno nema svoje misljenje . Kako ce onda biti " na celu drzave"?!

Stevan Mirkovic,

General u penziji

Predsednik CENTRA TITO

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Surovo vreme

/ Misljenje Centra Tito o pitanju Kosova/


Stvarnost koja okruzuje Srbiju je surova. Ne moze se vise "zabijati glava u pesak" I zamajavati narod manje vaznim pitanjima I problemima ( Pregovori o stabilizaciji I pridruzivanju EU, hapsenje Mladica,referendum u C.Gori ,Partnerstvo za mir itd.), a o vaznim pitanjima ,kao sto je Kosovo ,iznositi pretpostavke I fantazirati " sta bi bilo kad bi bilo". Ili govoriti u rebusima I zagonetkama kao sto je fraziranje V.Draskovica " vise od autonomije manje od nezavisnosti". Ili stalnim ponavljanjem vec ofucanog argumenta " da se problem Kosova ne moze resavati krsenjem osnovnih principa medjunarodnog prava, razbijanjem jedne suverene drzave I pretvaranjem celog regiona u jednu crnu rupu I problem Evrope" stvarati utisak da se nesto vazno radi a rezultata " ni od korova" jer danas se u svetu svi sporovi resavaju silom!

Ljudima reci pravo stanje stvari I sta cemo uraditi da odbranimo Kosovo.

U ovakvim prilikama jednostavni I konkretni odgovori su jedina alternativa. A njih mozemo naci u mislima I recima obicnih ljudi na ulici, u brojnim anketama I ispitivanjima javnog mnjena I, najvaznije, u stavu ljudi koji jos zive na Kosovu ili izbeglickim logorima u Srbiji.


Hoce li Srbija "braniti Kosovo svim sredstvima"?

U sukobu oko Kosova glavno pitanje danas nije njegov "konacni status" jer su SAD odlucile da ono bude nezavisno vec – hoce li Srbi I Srbija "braniti Kosovo svim sredstvima" I sta ,konacno, to znaci " svim sredstvima"? Znaci li to da cemo I oruzjem braniti najvrednijih 10.000 km2 svoje teritorije? Hoce li Srbi zapucati ? To je za Amerikance jos uvek enigma I zato otezu da objave tu odluku vec vrdaju I obilaze " kao kisa oko Kragujevca". To pokazuje da se boje za zivote svojih vojnika na Kosovu ,cemu ih je naucila tragedija od 11.septembra I talibani I iracki gerilci. A njihovi vojnici morace dugo da budu na Kosovu. Samo ih to moze naterati da promene odluku o nezavisnom Kosovu. Srbi na Kosovu I njihova odlucnost da ga odbrane su nas glavni argument u resavanju kosovskog pitanja.

Sto se ratovanja tice , kada bolje pogledamo, Srbija I Srbi su vec u ratu.Ne namerno I ne svojom voljom. Rat je,na nagovor Amerikanaca ,poceo oruzanom pobunom balista u Drenici 1998. I traje neprekidno do danas. To najbolje osecaju Srbi na Kosovu I kod njih nema dilema da li su u ratnom stanju ili nisu.Intezitet oruzane borbe varira od intenzivnog ( pobuna, ugusenje pobune,americka evakuacija albanskog stanovnistva I OVK u Albaniju I Makedoniju, borbe granicnih jedinica JNA sa ubacenim snagama iz Albanije, bombardovanje SRJ, americka predislokacija albanskog stanovnistva I OVK iz Albanije I Makedonije na Kosovo, bezanija srpskog stanovnistva sa Kosova u Srbiju, masovni napad balista na srpsko stanovnistvo I crkve radi proterivanja preostalih Srba ( mart 2004) kao uvod u resenje konacnog statusa Kosova) do do duzih period primirja koje se svaki cas prekida pojedinacnim oruzanim napadima na Srbe I njihovu imovinu.

Cudan neki rat – napada I ubija samo jedna strana , albanska , dok druga , srpska, trpi gubitke , jada se I protestuje na mitinzima I pogrebima. Samo su marta 2004. Srbi pokazali da imaju oruzje I da ga znaju upotrebiti . Prema pisanju stampe,tada su Albanci imali vece gubitke: ll ubijenih Albanaca prema 8 Srba.


Podanicki mentalitet vlasti

Sta srpska vlada misli o ratu za odbranu Kosova to do danas nismo mogli saznati. Izjava "branicemo Kosovo svim sredstvima" je nemusta jer ova vlada pod " svim sredstvima" ne misli I na oruzje , sto se inace normalno podrazumeva "od kada je sveta I veka".Zadnji joj je adut diplomatija ali kad pogledamo ko predvodi nas diplomatski kor onda bolje da o Kosovu vise ne razmisljamo. Ne kazem da ta I druga sredstva sredstva ( pregovori, lobiranje u svetu, saveznici) nisu bila potrebna I vazna ali su ona iscrpljenja. Imamo cinjenicu da ce SAD krajem 2006. proglasiti nezavisnu drzavu Kosovo I moramo dati konkretan odgovor na to.

Niko ne porice da samo budala "brzo poteze " oruzje I moze da uziva u ratu. Ali, jos veca je budala onaj koji kada pucaju u njega , umesto da odgovori istom merom , odgovori komentarom ili mitingom. Takve treba drzati dalje od Kosova. A jos dalje najuriti tipove koji govore da su " Srbi sve svoje ratove odratovali"( G.Svilanovic), ili da "o Kosovu ne odlucuje nas narod nego velike sile"(B.Tadic), ili " da je preovladao stav da ce ovoga puta pravo napisati jaci I da ce sila definisati pravo" (V.Draskovic). Sa takvima necemo samo izgubiti Kosovo nego I mnogo vise.

Mislim da nasa vlada ima podanicki mentalit , sto je, inace, karakteristika nase gradjanske klase iz koje ta vlada I potice. Hoce li naci snage da pokaze drzavnicko ponasanje ili ce pasti u kapitulaciju I izdaju kao I ona iz 1941? Pre mi lici na ovo drugo! Amerikanci vec imaju svoju "petu kolonu" u vrhu Srbije.Ne treba ih ni imenovati – oni se sami javljaju svaki dan svojim kapitulantskim izjavama.

U jeku borbe za Kosovo ta vlada ispoljava pacifizam I defetizam.Ona donosi Zakon o amnestije regruta (njih 2000) koji su izbegli sluzenje vojnog roka. Dalje, umesto da " na sva zvona" proslavi 9.maj Dan pobede I podseti na oslobodjenje Kosova od okupatora I balista krajem 1944. I njegovo vracanje matici Srbiji, ona je taj praznik "prespavala" itd.

Zato ce tu odluku kako braniti Kosovo,kako ja vidim, morati doneti Srbi na Kosovu I mislim da ih cela Srbija u tome mora podrzati.


Pravni, vojni I novinarski banditizam

Za uspeh u ratu presudno je poznavanje neprijatelja I njegovih dobrih I losih strana. Ako to ne znas sanse za uspeh su ti male. Jos gore ces proci ako ne znas ni ko ti je neprijatelj. A to je nas slucaj. Nasa Vrhovna komanda, ako je uopste imamo, izgleda ni to ne zna.

S kim to, dakle, Srbija ratuje? Mnogi misle s Albancima. Pogresno! I oni su zrtve. A OVK I ne cine neki jaki borci. Prvi su klisnuli u Albaniju 1998 I to pre civila. Poslednji njihov junak A.Jasari lezi na groblju u selu Prekazi.Oni su figure na "bojnom polju" koje povlaci Pentagon, sto se vidi iz izjave M.Olbrajt ( "Welt", septembar 2005.) : " Rat na Kosovu je nas rat. Zeleli smo ga I Klinton I ja. Morali smo iskoristiti americku silu da zaustavimo etnicko ciscenje i vratimo Muslimane u zavicaj". Naravno, to je propaganda kao I izjava tadasnjeg ministra odbrane SAD V.Koena pred bombardovanje SRJ :" Nestalo je oko 100.000 muskaraca….Oni su mozda ubijeni". Briga njih za Albance "k’o za lanjski sneg". Oni su iskoristili situaciju u ovom regionu da isprobaju novi tip oruzane intervencije bez odobrenja Saveta bezbednosti UN I da ratom dokrajce jos postojeci , i to ne mali, deo nekadasnje SFRJ, koja im je,kao socijalisticka samoupravna zemlja I uticajni vodja nesvrstanih zemalaja, " kost u grlu" vec decenijama.

Nekoliko godina kasnije americki politicki analiticar Aleksandar Koberi napisace " Pravni, vojni I novinarski banditizam, koji je od samog pocetka pratio iracku avanturu, isproban je na Balkanu krajem devedesetih".


Zasto su se Amerikanci ostrvili na Srbiju?

`Ideoloski razlozi su u pitanju. Srbija je deo nekadasnje SFRJ. A socijalizam je svoje najvise domete ostvario bas u SFRJ I to ne samo u ekonomskoj( drustvena svojina) I politickoj sferi (samoupravljanje) nego I u odnosima medju narodima( jugoslovenska federacija), pa I medjunarodnim odnosima ( nesvrstanost). Ovde se socijalizam najdublje ukorenio I nepodeljeno je misljenje vecine gradjana od Triglava do Djevdjelije da je" socijalizam bio bolji" od sadasnjeg kapitalizma.

Srbija je znacajan deo SFRJ, ( republika I dve pokrajine) u kome su u velikoj meri ocuvane brojne vrednosti nekadasnje socijalisticke drzave, a pogotovo u svesti njenog stanovnistva. Na primer, americke prognoze o pobednicima na prvim visestranackim izborima 1990., bile su decidne : u Srbiji, C.Gori I Makedoniji pobedjuju komunisti, sto se I dogodilo( SK Srbije I Makedonije su neposredno pred izbore promenile ime, sto ne umanjuje tacnost americke prognoze) . Zato taj, da ga tako nazovemo , komunisticki bastion nije promakao paznji americke administracije . 15 godina pokusavaju da ga sruse. Sada , posle sredjivanja situacije u Makedoniji I Crnoj Gori, gde su tragovi komunizma takodje vrlo jaki( prethodno su stavljene pod kontrolu Slovenija, Hrvatska I BiH) bacila se svim snagama na Srbiju primenjujuci sve postulate svoje antikomunisticke doktrine.Najslabija tacka u odbrani Srbije je Kosovo I tamo nanose svoj glavni udar.

Ovog trenutka , po njihovom, privode kraju taj strateski obracun.Zasto je vazno da se I Kosovo otcepi I dekontaminira od socijalistickog isijavanja?Jer je Kosovo, nekada najzaostaliji deo Evrope, po mnogo cemu najbolji primer uspesnosti socijalistickog sistema, a narocito u sferi medjunacionalnih odnosa a sto Amerikanci ne uspevaju da postignu u svojoj mnogonacionalnoj drzavi od njenog osnivanja ( Indijanci, Crnci, Juznoamerikanci).


Psiholosko iznuravanje Srba

Zasto Amerikanci nisu 1999. odmah posle bombardovanja proglasili nezavisno Kosovo? Iz straha od oruzane pobune Srba. Od tada , "omeksavaju" Srbe I psihicki ih pripremaju da prihvate cinjenicu nezavisnosti, sto nije proslo kod onih koji su ostali na Kosovu. To su tvrdi Srbi. Ali je u Beogradu bilo sve vise onih koji su izjavljivali " Kosovo je izgubljeno". Nezadovoljni kako tvrdi Srbi napustaju Kosovo Amerikanci su marta 2006. "napujdali" Albance da ih napadnu i pokusaju , eventualno, naterati u bezaniju, sto opet nije uspelo. Srbi su pruzili otpor , na momente I oruzani. Oni ne popustaju ali su zato neki drugi van Kosova malo posustali.

Amerikancima u psiholoskom ratu protiv Srba pomaze srpska "peta kolona" u Srbiji I na Kosovu . Ona savetuje da se mirno prihvati nezavisnost Kosova. Zbunjen je I veliki broj obicnih ljudi ali jos uvek je vecina Srba odlucna da brani Kosovo. Amerikanci ce prvo pokusati da slome taj duh u cemu I srpska "peta kolona" ( DS,SPO,G-17) " daje sve od sebe".

Valjda je ovo dovoljno da zakljucimo kako se Srbi trebaju drzati u ovoj situaciji, a posebno vojska I novinari cija pera su isto tako vazna kao I vojnicke puske!


Pregovori

Pregovori u Becu su " mlacenje prazne slame" da bi se na kraju reklo "eto, vidite, da to mi moramo umesto vas odluciti". Naravno, nezavisno Kosovo. Tipicno ratno lukavstvo. A za to vreme konstituise se I ucvrscuje zakonodavna,izvrsna I sudska vlast nove albanske drzave, njena policija,vojska,finansije itd. Albanci se bas nesto mnogo I ne interesuje niti pripremaju za pregovore ali na terenu rade " punom parom".

. Nas pregovaracki tim daje maksimum I na tome im treba cestitati. Medjutim, to je samo papir koga Artihisari baca u korpu cim se pregovori zavrse. On vec ima odluku u dzepu I nju ce sprovesti. I tako, dok se nasa vlada zamajava pregovorima, prijemom u EU, hvatanjem Mladica oni obavljaju pravi posao! Nesto slicno treba I Kostunica da radi. Ali, prvo da im kaze da " Kosovo nece dobiti za zelenim stolom".


Iskustva iz borbe za opstanak Srba I crkve na Kosovu od 1999 – izvor nove strategije I taktike na Kosovu

Srbija mora menjati strategiju I taktiku odbrane Kosova I preneti teziste svog delovanja iz Beograda I inostranstva na teren: na Kosovo, jug Srbije I regije gde se nalazi najveci broj Srba izbeglih s Kosova. Mislim da bi u ovoj teskoj situaciji nasu strategiju I taktiku gradili na misljenju naroda a ne na misljenju politickih stranaka, pre svega na misljenju onih Srba koji su I sada na Kosovu I koji su marta 2004. to svoje misljenje I pokazali u praksi braneci I oruzjem svoja dvorista I kuce. Eto, sta znaci " braniti Kosovo svim sredstvima". Tu se oni razlikuju od zvanicnog Beograda koji apriori odbija svaku mogucnost oruzane borbe.

Beograd nema sluha za druge duele sa otimacima Kosova osim verbalnih.On odmah zavapi " a bombardovanje"?Naravno, bila bi ludost ratovati s njima kao 1999. Ali, postoji hiljade nacina da im se nanese bol . Oni jesu velike sile ali im je I ranjivost velika. Avganistan I Irak, uragan Ketrin otkrili su svu nemoc I neorganizovanost najjace drzave na svetu u susretu sa opasnostima po zivot njenih gradjana. Oni su superiorni kada napadaju I nanose bol drugima ali u navedenim slucajevima strah je zavladao u njihovim redovima.Osecanje straha od 11.XI.2001 ih ne napusta Predsednik SAD nije smeo da udje u centar poplavljenog Nju Orleansa bojeci se snajperista oruzanih bandi koje su pljackale napusten grad.

U svetu u kome se , vise nego ikada ranije, silom resavaju skoro svi medjunarodni sporovi I konflikti , nastupati bez argumenta sile u svojoj politickoj strategiji ravno je samoubistvu. To je znak nesposobnosti I neverice u snagu naroda.

Zato se nasa vojska I resenost naroda za odbranu Kosova moraju ugraditi u nasu drzavnu strategiju. Kosovo je danas jedini zadatak vojske.Ali, vojska sama ne moze odbraniti Kosovo.

Briga za moral, organizovanost I materijalno zbrinjavanje Srba na Kosovu radi otpora otimacini je najvazniji posao vlade. Tu privremeni organi I tela, crkva I nevladine organizacie mogu samo da pomognu. Brzo se treba distancirati od onih na Kosovu koji misle, I propagiraju javno da ce , ako Kosovo bude nazavisno, doci ce do egzodusa preostalih Srba!To je parola CIA. Naprotiv, nijedan patriota nece onda otici s Kosova.

Srbi koji su pobegli sa Kosova 1999. , misleci da ce to dirnuti svetsku javnost I da ce ih Amerikanci vratiti nazad kao Albance pre toga , shvataju, valjda ,da je to bila velika greska. Treba je sto pre ispraviti. Izbegavanje povratka zbog opasnosti progona I napada balista ( sto postoji) nije odrzivo. To je kukavicluk. Opasnost postoji ali kako to izdrzavaju Srbi na Kosovu? Mitinzi I protesti po Srbiji na kojima se vice " Ne damo Kosovo" mogu samo da obraduju Amerikance I baliste I da kazu " Ovi nisu opasni. Ovi samo galame."

Svi koji u Srbiji sire propagandu poput " Kosovo je izgubljeno" , "Spasavajmo ljude I manastire nije vazna teritorija" su "peta kolona" SAD. Ne mogu ljudi I manastiri biti bezbedni u albanskoj drzavi, samo u srpskoj.


Vojska I crkva

Opste smanjenje vojske, narocito borbenih delova, ubrzano penzionisanje najiskusnijeg I najsposbnijeg dela oficirskog kadra ( majori – pukovnici) je tesno vezano sa proglasenjem nezavisnosdti Kosova krajem 2006. Amerikanci jos strahuju, I ne bez osnova, da vojska, ako civili omanu, nece dozvoliti otcepljenje Kosova. Zato obezglavljuju vojsku ( sve vazne odluke o nasoj vojsci donose se u Pentagonu jos od vremena kada je B.Tadioc bio ministar odbrane) a americki ambasador M.Pot ponasa se kao da je on ministar odbrane..

Umesto sto prepisuje americku doktrinu u svoj Strategijski pregled odbrane vojska bi za njegovu osnovu morala imati – Kosovo.

Verujem da ce vojni vrh uvideti o cemu se radi I da nece biti deo kapitulacije I izdaje koja se sprema

I dok je vojska po pitanju Kosova " u autu", napustajuci tako vezu s narodom koja je uvek bila najvaznija za njen moral I borbenost, crkva radi ono sto je vekovima radila kada je narod na Kosovu bio ugrozen. Ona je primer za sve subjekte u Srbiji koji imaju neki deo odgovornosti za Kosovu kako se za njega treba boriti. Ona tako okajava grehe koje je pocinila 1991. podrzavajuci srpske nacionaliste , postavsi njihov saucesnik u tadasnjem bratoubilackom ratu ali I saucesnik u dovodjenja Kosova u ovu situaciju. Bar pokusavaju to popraviti.


24.maj 2006 Stevan Mirkovic,

predsedmik CENTRA TITO




(english / srpskohrvatski)

Slovenian Board of Communists about referendum in Montenegro


=== english ===

Slovenian Board of Communists
http://www.geocities.com/revolucija_slo/
birokps @ email.si

Statement about Montenegro's referendum

The secessionists "victory" in Montenegro was quite expected indeed
as everything was well prepared in advance. It is the same old
scenario we have seen in Slovenia back in 1990! The same manipulation
of the public opinion, the same foul play.

European Union means puting an end to Europe proclaimed in Versailles
on 28th June 1919. On that occasion the kingdom of SHS was proclamed
and later on Yugoslavia. The acknowledgement of Yugoslavia at the end
of the I World war by the winning powers was dictated by their
strategic interest to not let Germany on the Adriatic sea, rather
than by the interests of peoples of Yugoslavia. Germany has always
wanted to get to the Adriatic sea through Austria. That is why
Germany was poised to destroy Yugoslavia! That is why Germany attaked
Yugoslavia militarily in 1941, and actually destroyed it in 1990 by
means of secret agents and spies and thanks to the considerable help
of Vatican and plans elaborated by the USA president Reagan and
British PM Margaret Thatcher in 1984. As a matter of fact, the
destruction of Yugoslavia in 1991 was a well planified wicked
conspiracy !!!!! Yugoslavia never desintegrated by itself !!!! "New
Europe" is the conspiracy of the old reactionary capitalistic
powers : England, France and Germany, united in the EU, again profit
on small people's back. Germany gave up it's Deutschmark in support
to euro, but in exchange asked for free access to Adriatic sea.
Slovenian nationalists (German spies mostly, the PM Janez Jansa and
his older tutor, now defunct, Joze Pucnik) were given orders directly
by Helmut Kohl in 1988 while in Ljubliana in visit to the bishop
Alojz Suster!
The most prominent organising role in the process ment to destroy
Yugoslavia was provided by the Catholic church in Slovenia. The
conspirators general staff met at Fanaciskan's in a church near
Tromostovlje in the central Ljubljana. The treasonous Milan Kucan
acting as a secretary of ZKS (Slovenia communist party) was in
reality a Vatican's janizary. The fascists of the sort have brought
upon the people of Slovenia the historical responsability for having
started up the wars and the destructions in the Socialist Federative
Republic of Yugoslavia !
Slovenian alleged heros tried everything to provoke the war! A
peaceable dissolution of the federation was possible, but the counter-
revolutionary criminals needed hatered and blod to be able to restore
capitalism and steal the working people proprety. In todays Slovenia,
the Catholic church is the apsolute lord. The german capital
dominates even the most vital economy and finance sectors of ours!!!
The Germans did not conquer us by their armies, it is their money
that make us slaves.

Not surprisingly, Janez Drnovsek also made a visit to the
Montenegro's secessionists. During the II World
war, his father in the Dachau concentration camp survived as a
Gestapo collaborator. The son is today collaborating with Germany and
the Vatican.

The secession of Montenegro was planned not to make Montenegrans
happier, but to make Serbia sealess !!!!
Cynics say that Montenegro divorced Serbia to join the warlords in
the spoilage. But the Albanian factor is also to be considered in its
quest for the
independence of the Serbian province of Kosovo.
Obviously, the Albanian secessionists are pushing for an independent
Montenegro to be able later on to ask for parts of its territories.

Slovenia
5th june 2006


=== srpsko-hrvatski ===

Stav Slovenackog komunistickog odbora o referendumu u Crnoj Gori:

»Pobeda« secesionista u Crnoj Gori je bila ocekivana jer drugacije i
nije smelo da bude. Isti scenarijo kao 1990 u Sloveniji. Ista
manipulacija svesti gradjana. Naravno bilo je i falsifikovanja
izbornih glasova.

Europska Unija podrazumeva kaj Versajske Europe koja je proglasena
28.6.1919 mirovnim ugovorom. Tada je i formirana kraljevina Srba,
Hrvata i Slovenaca, kasnije Jugoslavija. Sile pobednice I svetskog
rata, formirale su Jugoslaviju ne iz obzira prema interesima naroda
na tom prostoru, vec da bi SPRECILE PRODOR I IZLAZAK NEMACKE NA
Jadransko more! To je bio sracunat strategijski poteza pobednika.
Nemci su preko Austrije uvek tezili, da dosegnu do Jadranskog mora.
Zato su ucinili sve da se Jugoslavija unisti. Zato su je napali 1941
vojnom silom a 1990 unistili tajnom sluzbom i agentima u suradnji sa
Vatikanom radeci po planu koji su dogovorili predsednik SAD Regan i
Engleska premijerka Margaret Tacer 1984. godine. Jugoslavija se nije
raspala 1991 vec je perfidnom zaverom UNISTENA!!! »Nova« Evropa,
udruzena u Europskoj Uniji, produkt je starih reakcionarnih
kapitalistickih sila: Engleske, Francuske i Nemacke koje opet trguju
malim narodina! Nemacka je podrzala Euro i odrekla se nacionzlne
valute, ali je za uzvrat trazila izlazak na Jadran. Slovenackim
nacionalistima (mahom su to agenti Nemacke tajne sluzbe, sadasnji
premije u stvari gaulajter Janez Jansa i njegov vec pokojni tutor
Joze Pucnik) direktive je izdavao licno kancelar Helmut Kohl 1988. u
poseti mitropolitu Alojziju Susteru u Ljubljani!
Glavni organizator rusenja SFRJ je bila katolicka crkva Slovenije.
Glavni stab zavere bila je franjevacka crkva kraj Tromostovja u
centru Ljubljane. Veleizdajnik i sekretar CK ZKS Milan Kucan je
Vatikanski janicar. Fasisticki izrodi su Slovenacki narod OPTERETILI
ISTORIJSKOM ODGOVORNOSCU za POCETAK RUSENJA i RATOVANJA u SFRJ!
Slovenacki samozvani »heroji« su ucinili sve da ISPROVOCIRAJU RAT !
Jugoslovanske republike su se mogle rastati i bez rata ali
kontrarevolucionarni zlocinci su trebali mrznju i rat, da bi
restaurirali kapitalizam a zatim opljackali drustvenu svojinu. Danas
je Katolicka crkva apsolutni vladar i gospodar u Sloveniji. A nemacki
kapital prisutan je u najvitalnijim delovima privrede i banaka!!!
Svabe nisu dosle vojskom vec kapitalom!!!

Secesioniste u Crnoj Gori je licno posetio i Janez Drnovsek, NE
SLUCAJNO! Otac Janeza Drnovseka je bio tokom 2. II Svetskog rata u
logoru Dachau. Preziveo je jer je suradjvao sa Gestapom, bio uvek
nemacki agent i logicno, da njegov sin nastavlja, da suraduje sa
Nemcima i Vatikanom.

Nije se Crna Gora otcepila ,da joj narod bolje zivi, vec, da Srbija
ostane bez izlaza na more!!!Cinici kazu, da su Crnogorci napustili
Srbiju zbog toga jer je izgubila ratove pa nece biti ratnog plena.
Uticao je i Albanski faktor koji, zeli secesiju okupiranog Kosova, da
bi kasnije trazio i deo teritorija Crne Gore.

(srpskohrvatski / italiano)

Il presidente dell'ANPI di Massa condannato per aver cancellato una
svastica tracciata sul monumento a un partigiano!


=== S-H ===

Italija, Masa, 26. juna 2006.

Predsednik boracke organizacije ANPI osudjen zbog toga sto je ocistio
partizanski spomenik oskrnavljen kukastim krstom.

Ermenedjildo Dela Bjankina sa jos jednim antifasistom osudjen je zato
sto je 30. aprila 2004. "pred spomenikom Alda Salvetija lecima i
transparentima pozivao na javni skup a da za to nije imao
blagovremeno izdatu dozvolu od sluzbe javne bezbednosti" shodno
Dekretu br. 773 izdatom u jeku fasisticke diktature, 18. juna 1931.
Tog 30. aprila antifasisti grada Masa ocistili su spomenik
oskrnavljen svastikom i polozili buket cveca na grob partizana i
komuniste pripadnika odreda "Cartolari" koga su nacisti uhapsili i
mucki ubili 1944.

Dok na jednoj strani fasisti mogu mirno da pod policijskom zastitom
marsiraju gradom, na primer 11. marta 2006.u Milanu, dotle na drugoj,
vlasti nisu kadre da udju u trag i kazne vinovnike fasistickih
provokacija, kakvih je bilo recimo prosle godine kada su se
fasisticke horde okomile na spomenik IX Partizanskog Korpusa u
Sloveniji i nedavno u Gorici na slovenacke skole. Ali zato revnosno
krivicno gone - na osnovu fasistickih zakona - svakoga ko se na bilo
koji nacin protivi fasizmu. Tako je bilo i u slucaju toskanskih
antifasista kojima je sudjeno jer su oprali svastiku sa spomenika
palom borcu, tako je bilo i 11. marta u Milanu kada je policija
zverski kidisala i pohapsila antifasiste samo zato sto su se
isprecili pred bestidnim i nedopustivm fasistickim hordama.

Gorki su to plodovi dugogodisnjeg rehabilitovanja fasizma a zigosanja
antifasizma, velicanja "mucenika bacenih u jame" a nipodastavanja i
blacenja narodnooslobodilacke borbe, dugogodisnjeg nicanja
fasistickih formacija, uprkos zakonu i Ustavu, formacija koje
podsecaju, doduse ne jos u istim razmerama i oblicima, na fasisticke
horde koje su nekazznjeno divljale uoci uspostavljanja fasisticke
diktature, i ne samo divljale nego bile finansirane i podrzavane od
liberalnog rezima i njegovih struktura. Imajuci sve to u vidu
smatramo da je neophodno zbiti redove da bi antifasisticka
solidarnost dosla u punoj meri do izrazaja.
U tom duhu, svestrano i nepokolebljivo se svrstavamo sa predsednikom
ANPI-ja grada Masa i drugovima koji su na udaru jedne tako sramne
presude. Pozivamo antifasiste da listom salju poruke solidarnosti na
njihovu adresu, koja glasi:
Della Bianchina Ermenegildo c/o sede Comitato Provinciale ANPI, P.zza
Mazzini, 22, 54100 Massa.

Sandi Volk - predsednik Promemoria
Associazione per la difesa dei valori dell’antifascismo e
dell’antinazismo
Društvo za zaščito vrednot protifašizma in protinacizma
e-mail: promemoriats @ virgilio.it

(prevod: Olga Juric)


=== ITA ===

Trieste, 26.6.2006

Comunicato stampa – con richiesta di pubblicazione

Qualche giorno fa il presidente dell’Anpi di Massa Ermenegildo Della
Bianchina e un altro antifascista sono stati condannati perché, il 30
aprile ‘04, in concorso tra loro, “... /promuovevano,
organizzavano ed incitavano, mediante affissione di striscioni,
distribuzione di volantini, una riunione pubblica davanti al
monumento in memoria del partigiano Aldo Salvetti senza darne
preventivo avviso all’Autorità di Pubblica Sicurezza/” in base al
Regio Decreto n° 773 emanato il 18 giugno 1931, in pieno regime
fascista. Quel giorno gli antifascisti massesi si erano recati al
monumento ad Aldo Salvetti, partigiano comunista della formazione
“Cartolari” catturato, torturato e ucciso dai tedeschi nel 1944,
per cancellare la svastica con cui era stato sfregiato e deporvi dei
mazzi di fiori.
Mentre ai fascisti viene consentito di sfilare protetti dalla
polizia, come l’11 marzo ’06 a Milano, e le autorità non sono
“capaci” di scoprire e punire i responsabili delle provocazioni
fasciste, come quelle avvenute l’anno scorso al monumento ai
partigiani del 9° Korpus in territorio sloveno e recentemente alle
scuole slovene di Gorizia, queste stesse autorità perseguono
sistematicamente – in base a leggi fasciste ! - chi in qualsiasi
modo si opponga al fascismo. Come è avvenuto l’11 marzo a Milano
con le cariche selvaggie e gli arresti subiti dagli antifascisti che
tentavano di impedire l’oltraggiosa e illegale sfilata fascista, e
come è accaduto agli antifascisti toscani, rei di aver voluto porre
rimedio ad un oltraggio alla memoria di un antifascista caduto.
Sono i frutti di anni di riabilitazioni del fascismo e di
criminalizzazione dell’antifascismo, di celebrazioni dei “martiri
delle foibe” e di denigrazione della resistenza, di
leggittimazione – in barba alle leggi e alla costituzione – di
formazioni esplicitamente fasciste che rimandano, seppure in termini
e proporzioni – per ora – diversi, gli anni precedenti alla salita
al potere del fascismo, quando le squadre fasciste potevano agire
impunemente protette, finanziate e sostenute dagli apparati dello
stato liberale. Di fronte a questo riteniamo sia necessario
rinsaldare l’unità e la solidarietà antifasciste.
Esprimiamo perciò la nostra più ampia solidarietà al presidente
dell’ANPI di Massa e a tutti gli antifascisti massesi colpiti da una
così infame condanna e invitiamo tutti gli antifascisti onesti ad
inviare messaggi di solidarietà all’indirizzo:
Della Bianchina Ermenegildo c/o sede Comitato Provinciale ANPI, P.zza
Mazzini, 22, 54100 Massa.

Sandi Volk - presidente Promemoria
Associazione per la difesa dei valori dell’antifascismo e
dell’antinazismo
Društvo za zaščito vrednot protifašizma in protinacizma
Contatti: 3495015941 - e-mail: promemoriats @ virgilio.it

Mondiali di calcio

Sui Mondiali di calcio ed altre questioni, non tutte e non solo
"sportive", giriamo alcuni link ed un articolo - per conoscenza e
senza aggiungere nostri commenti. AM

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Mondiali: cronaca di una squadra che non c'è più

Un articolo del settimanale belgradese “Vreme” ripercorre le tappe
della ultra ottantenne storia calcistica della squadra jugoslava,
uscita definitivamente di scena con la sconfitta ai mondali

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/5864/1/51/

Febbre da mondiali per la Croazia

[Drago Hedl] La febbre calcistica dilaga nel paese, facendo
dimenticare problemi sociali e aumenti dei prezzi. Metà governo in
Germania per la sfida con il Brasile, mezzo milione in ferie o
malattia per seguire le partite. Un paese in trance

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/5842/1/51/

Mondiali di calcio: paura di rischiare

Alcuni giorni dopo l'avvio dei campionati mondiali di calcio un
editoriale tratto dal settimanale “Feral Tribune”. Come si stanno
comportando le squadre in campo? Nostra traduzione

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/5835/1/51/

Mostar, un calcio alla convivenza

[Massimo Moratti] La Croazia perde con il Brasile e a Mostar si
scatena la guerriglia urbana. Obiettivo dei teppisti anche il liceo
multietnico della città. La tensione rimane alta, anche per
l'arresto, nelle scorse settimane, di tre croato-bosniaci accusati di
crimini di guerra

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/5836/1/51/

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il manifesto
03 Giugno 2006

L'ultimo mondiale di una ex nazionale

Dopo il referendum che ha sancito la divisione tra i due paesi, la
Serbia-Montenegro affronta la Coppa del mondo provando a dimenticare
rancori e polemiche. Senza il leccese Vucinic messo ko da un
infortunio, la squadra è composta solo da giocatori serbi

Carlo M. Miele

Podgorica - Scendendo in campo il prossimo 11 giugno a Lipsia per
affrontare l’Olanda, Dejan Stankovic e compagni proveranno a far
finta di nulla. Indosseranno le consuete casacche azzurre e saranno
accompagnati dalla solita bandiera a strisce rosse, bianche e blu. Ma
quello che sta per iniziare, per i plavi non è un mondiale come un
altro. In Germania l'undici allenato da Ilija Petkovic si troverà,
infatti, nella paradossale condizione di rappresentare un paese che
non esiste più, formalmente cancellato dalle mappe con il referendum
dello scorso 21 maggio, che ha sancito l’indipendenza del Montenegro
e la fine dell’Unione con la Serbia.
Indietro (anche calcisticamente) non si torna, e dalla fine
dell’estate Belgrado e Podgorica dovranno formare due nazionali
distinte, in grado di partecipare separatamente alle qualificazioni
per i prossimi europei. A quell’appuntamento il piccolo Montenegro
(650mila abitanti contro gli 8 milioni della Serbia) promette di
arrivare preparato, con una squadra competitiva. La guiderà Mirko
Vucinic, l’attaccante del Lecce che fino a pochi giorni fa era
l’unico montenegrino a far parte della nazionale che in Germania se
la vedrà anche con Argentina e Costa d’Avorio. Poi un infortunio con
l’under 21 lo ha messo ko costringendolo a dare forfeit. L’ultima
avventura della Serbia-Montenegro sarà dunque un affare solo serbo.
L’obiettivo dichiarato comunque è quello di mettere da parte le
polemiche degli ultimi mesi e rispondere sul campo con una buona
prestazione. Della grande selezione iugoslava, vincitrice delle
Olimpiadi del ’60 e protagonista in tante edizioni mondiali, non vi è
più traccia, ma le premesse per ben figurare ci sono tutte. Il ct
Petkovic è riuscito a far dimenticare la precedente disastrosa
gestione (culminata con la mancata qualificazione agli europei del
2004) e ha ridato dignità internazionale alla selezione. Sulla via di
Berlino, i plavi hanno vinto il loro girone davanti alla Spagna. La
loro forza è la difesa (una sola rete subita a Madrid durante le
qualificazioni mondiali), oltre che un centrocampo guidato dal
capitano Stankovic con l’aiuto del «vecchio» Pedrag Djordjevic. In
attacco la promessa Zigic e Mateja Kezman. Quella allenata da
Petkovic, insomma, non è più una turbolenta miscela di campioni belli
e ingovernabili, come la Iugoslavia del ’90, ma un vero collettivo,
meno spettacolare forse, ma più concreto.

La vera incognita per la selezione di Belgrado sta proprio
nell’approccio psicologico. Il clima conflittuale che ha anticipato
il referendum in Montenegro, infatti, non ha risparmiato calciatori e
dirigenti. In tanti, hanno scelto di abbandonare il consueto
disinteresse per la politica che avvolge il mondo del calcio e hanno
dichiarato apertamente la propria scelta, unionista o indipendentista
che fosse. Il più agguerrito nel sostenere le proprie ragioni è stato
l’ex milanista Dejan Savicevic, attuale presidente della Federcalcio
di Podgorica. Messo da parte il calcio giocato e la brutta esperienza
sulla panchina della ex nazionale jugoslava, il «genio» di Budva ha
condotto una brillante carriera politica, fino a entrare nelle grazie
del discusso primo ministro montenegrino Milo Djukanovic. E si è
fatto portavoce dell’indipendenza dalla Serbia, arrivando a
minacciare le dimissioni nel caso in cui il referendum del 21 maggio
avesse sancito il mantenimento dell’Unione. «Vogliamo avere un nostro
Stato - aveva dichiarato alla stampa - perché il Montenegro è stato
un paese indipendente per secoli, prima di qualsiasi altro territorio
dell’ex Jugoslavia».

Di fatto, con le sue dichiarazioni Savicevic è diventato il simbolo
della frattura che sta segnando i rapporti tra i due paesi, e lo
stesso Montenegro al suo interno. I ventenni che hanno festeggiato
l’indipendenza in piazza della Repubblica a Podgorica lo considerano
un simbolo. Un emblema della fragile identità nazionale montenegrina,
seppellita sotto le macerie della Prima guerra mondiale e rimessa a
nuovo negli ultimi anni, un po’ forzatamente, per giustificare la
separazione da Belgrado. I serbi che vivono in Montenegro (circa il
30 per cento della popolazione totale) lo hanno bollato, invece, come
traditore e ingrato. Prima di darsi alla politica e diventare un
paladino del Montenegro indipendente, infatti, Savicevic ha militato
a lungo in nazionale (diventandone anche allenatore) e nella Stella
Rossa di Belgrado, la squadra capace di vincere una Coppa dei
campioni nel 1991 e di diventare il vero simbolo della Jugoslavia
plurinazionale, grazie ai suoi fuoriclasse serbi (Mihajlovic), croati
(Prosinecki), bosniaci (Sabanadzovic) e macedoni (Pancev).

La Federcalcio di Belgrado ha preferito non partecipare alla disputa
e ha fatto il possibile per blindare la squadra dalle polemiche.
Anche Petkovic - successore di Savicevic sulla panchina della
nazionale - dice di pensare solo al mondiale: «Abbiamo un eccellente
spirito di squadra. Si avverte chiaramente la disponibilità a
sacrificarsi per i compagni di squadra». Nel suo ruolo di ultimo ct
della Serbia-Montenegro unita non si sente a disagio. Al massimo, le
pressioni - non solo sportive - che continuano ad arrivare potranno
servire da ulteriore stimolo per i plavi: «Vogliamo rappresentare il
paese sul palcoscenico mondiale - risponde sicuro Petvovic a chi gli
chiede un commento- e dimostrare a tutti che la Serbia-Montenegro è
ancora viva».

PSYOP "ZARKAWI"


Thomas Hicks rivela sul Washington Post (10 aprile 2006) un
documento interno del quartier generale Usa in Iraq, nel quale il
portavoce Generale Mark Kimmit afferma: “Il programma Zarkawi di
guerra psicologica (PSYOP) è stato ad oggi la campagna di
comunicazione di maggioe successo". Se lo dicono loro... E, per
finire, ecco le testimonianze di una delle più puntuali ed esaustive
agenzie di informazioni sulla guerra in Iraq, Mafkarat al-Islam (vedi
www.islammemo.cc). Ricordate la medievale esibizione della faccia,
del tutto integra, del cadavere Zarkawi? Ecco quanto hanno riferito
sull’operazione i residenti di Habhab (Baqubah), testimoni oculari:
“I due attacchi missilistici Usa erano tanto potenti da far tremare
l’ intera città. Oltre alla casa dove si sarebbe trovato il gruppo Al
Zarkawi, sono state distrutti più di 50 edifici, fino a una distanza
di 500 metri. Il fumo ha pervaso la zona per oltre 4 ore. Abbiamo
visto gli americani recuperare i corpi. Le fotografie pubblicate sui
giornali ci sembrano incredibili. I missili che avevano colpito
l’obiettivo avevano fuso perfino l’acciaio delle traverse del tetto e
dei telai di porte e finestre. Tutti i corpi estratti dalle macerie
erano completamente carbonizzati e irriconoscibili. Come è possibile
che nelle foto Al Zarkawi sembri uno che è morto nel suo letto?”

Fulvio Grimaldi
(da "Mondocane fuorilinea" dell'11/6/2006)

SLOVENACKA KONTRA-REFORMA U CIFRAMA 2005.


Reforma u cilju poboljsanja konkurentnosti privrede i blagostanja je
demagoska patka pomocu koje vladini agitatori kod sirokih narodnih
slojeva nastoje stvoriti dramaticni osjecaj ugrozenosti i sudbonosnog
trenutka. Zapravo, vladajuca elita zamazuje oci te podmece lazno
opravdanje za svoju politiku ukidanja drustvenog poretka u kome je
usaglasavanje misljenja bio osnovni princip odlucivanja a SOCIALNA
DRŽAVA temelj!

Bit »reformami« desnicarske vlade Janeza Janse : Dok su Liberali
vladali
hteli su samo nase novcanike a ovi desnicari zele i nase DUSE! Prava
istina (ali se javno ne kaze) o Slovenskim javnim finansijama je veoma
neugodna, da ne kazem katastrofalna. Uoci izbora 3.Oktobra 2004
Slovenija je prakticki BANKROTIRALA! Drzavna kasa je bila prazna tako,
da su 3 meseca do meseca januara 2005. (ziveli od svetog duha) a onda je
vlada uzela kratkorocni kredit od 114 milijardi tolara = 600 miliona
dolara, da bi mogla da funkcionise! LDS i bivsi komunisti su potrosili
gro zaliha ostvarenih jos u socializmu, tako da je sada ZADUZIVANJE i
RASPRODAJA DRUSTVENE IMOVINE jedini nacin da dzava sebe finansira!

Snage koje su najvise unistavale samoupravljanje i socializam
(tehnokarcija u preduzecima i birokratija : i partijska i republička)
sada teret finansiranja za potrebe svog opstanka namecu citavom drustvu!

Bileten Banke Slovenije potpuno je nepoznat vecini stanovnika, iako
sadrzi informacije o realnom finansijkom stanju drzave! Slovenija ima 15
milijardi € (oko 18 milijardi $) javnog duga. Slovenija ima i
unutrašnji
dug –koji je trosak tranzicije od 1500 do 1700 milijardi tolara
(verovatno i vise) to iznosi oko 8 milijardi €! Devizne rezerve iznose
8,5 milijardi €. Slovenackoj katolickoj crkvi je vraceno 75 milijardi
tolara imovine= 400 miliona Americkih dolara. Vatikan je kao uslov za
priznanje nezavisnosti Slovenije (verovatno i Hrvatske) trazio, da se
katolickoj crkvi vrati sva imovina. Vlada Lojzeta Peterleta je 1991. u
zakonu o Povracaju imovine denacionaliziranim upravicencem to posebno
potvrdila! Sada kriju tocnu svotu sa zakomom o »cuvanju licnih
podataka«! 18.Decembra Nedeljski Dnevnikj je objavio skandaloznu vest,
da je nacisticki Feudalac iz Austrije Windischgraetz primio odstetu za
zemlju i sume i nekretnine u iznosu od 100 (sto) miliona americkih
dolara!!! Koje BUDALE su Slovenci, da to trpe!!! Pravnici su svedocili,
da u drugim zemljama dobiju maksimalno po 500 000 dolara, a ove nase
barabe mu isplatile po trzisnoj vrednosti!!! PLJACKA NARODA! Dugove
DARS-a za izgradnju tzv. »Nacionalnega projekta izgradnje autoputeva«
vracacemo do 2035 godine ako ne i duze!

Vlada je ovog meseca izglasala zakon o finansiranju drzave za godinu
2006. i 2007. Predvija ZADUZIVANJE za preko 300 milijardi tola za svaku
godinu! To iznosi 1,5 milijarde Eura za godinu! Jer u 2006. i 2007.
Slovenija mora poceti da isplacuje drzavni dug (ne glavnicu) nego
kamate! Gotovo je! Nova burzuazija i birokratija potpuno su upropastile
ekonomsku pa cak i biolosku bazu Slovenije. Radja se sve manje dece, zna
se,da je najbolja kontracepcija kapitalizam a crkva kaze ,da je uzrok
DUHOVNA KRIZA.

Juce su objavljeni rezultati anketa koje je radio fakultet za
ispitivanje javnog mnjenja: Na pitanje dali boje zivite u 2005. nego u
2004. 28 % odgovara sa DA a absolutna vecina od 72% sa NE!

Slavili smo i praznik osamostaljena 26.12.1990. plebiscit i referendum o
odceplejnju od SFRJ! Uoci 15-godisnjice toga pravljena je analiza: 29%
ljudi smatra osamostaljenje negativnim a 71% za pozitivan istorijski
čin! 29% nezadovoljnih je alarmantna brojka!

Sustina REFORMI se ogleda u katastrofalnom stanju javnih finansija iz
koga se izlaz (otplata dugova i pokrivanje potreba drzave) trazi u
stavljanju tereta finansiranja na pleci gradjana, u prvom redu
penzionerima i radnicima! Nece vlada da oporezuje prodaju 10-15
luksuznih jahti godišnje, nego MILION vekni hleba dnevno!

Radnici jos nisu politicki sazreli, bar vecina njih nije! Nisu politicki
emancipirani. Sada kazu, da za Jansu nikad vise nece da glasaju. A za
koga hoce? Za sadasnju opoziciju koja je glavni krivac za finansijski
krah drzave?! Ja licno dosta razgovaram sa radnicima, kritikujem, dao
sam, da čitaju Revolucionarni Informator –list kojeg sam napisao.
Slazu
se sa mnom ali da se aktiviraju to jos ne. Ali bice i toga! Pre nego za
deset godina doci ce do finansijskog kraha kapitalistickog sistema. Neke
Europske drzave (Danska) vec za 5 godina ocekuju kolaps penzionog
sistema.

Rudolf Baloh
Slovenski Komunisticni Biro


La Nato ha commesso crimini di guerra e contro l’ambiente 

 
Problemi ecologici e giuridici collegati ai « bombardamenti di precisione »

di Sriram Gopal e Nicole Deller

IEER | Énergie et Sécurité No. 24 

(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

 


Nota della redazione: il 5 novembre 2002, l’Istituto di Ricerche sull’Energia e l’Ambiente, IEER,   ha pubblicato un rapporto che mette in risalto i problemi giuridici ed ecologici relativi ai cosiddetti bombardamenti di precisione dei siti industriali Jugoslavi nel 1999.  Il rapporto porta il titolo seguente: « Bombardement de précision, étendue des dommages » e comprende due ricerche sui casi di bombardamenti delle installazioni industriali di Pancevo e Kragujevac del 1999, nel corso dell’operazione « Forza alleata » («Allied Force») contro la Jugoslavia. La ricerca sottolinea come un bombardamento di installazioni industriali civili può produrre il rischio di un inquinamento molto difficile da eliminare e può violare il diritto internazionale umanitario.
La ricerca dell’IEER, riassunta in questo articolo, allo stesso modo solleva alcune questioni importanti rispetto al conflitto in corso in Iraq e in modo particolare rispetto ad una eventuale guerra contro l’Iran. 

Questo studio ha avuto le sue motivazioni dalle problematiche relative all’impatto sanitario ed ecologico della guerra moderna. Il nostro principale scopo nell’affrontare questo problema consiste nello stabilire se l’utilizzo di armi di precisione, armi “intelligenti”concepite per distruggere un preciso obiettivo, quindi con scarsi o nulli danni collaterali, è sinonimo di precisione e di circoscrizione anche in termini di devastazioni.
I danni sono solo limitati all’obiettivo preso di mira dal bombardamento? In caso contrario, quali sono le implicazioni ecologiche e legali che derivano dalle distruzioni senza discernimento, risultato di armi “intelligenti” di precisione che hanno colpito il loro obiettivo?
Il 23 marzo 1999, i 19 paesi della NATO, l’Organizzazione del Trattato Nord-Atlantico, hanno autorizzato bombardamenti aerei contro la Jugoslavia. Il giorno dopo aveva inizio l’operazione « Forza Alleata ». Questa campagna segnava il secondo impegno della NATO in una operazione offensiva nel corso dei 50 anni della sua esistenza. 
Nel corso dell’operazione « Forza Alleata », molti elementi essenziali dell’infrastruttura industriale della Jugoslavia sono stati deliberatamente presi di mira e bombardati dalle forze della NATO. Questo ha avuto un duplice effetto sulle popolazioni civili locali.
In primo luogo, alcune installazioni vitali, come ad esempio gli impianti per il trattamento e la depurazione delle acque reflue di scarico, sono stati messi fuori funzionamento.
Secondariamente, il persistente inquinamento, procurato dalla distruzione degli impianti, non è stato sottoposto a trattamento per alcuni mesi, ed è sopravvenuto il rischio per un grande numero di civili di subire gli effetti della polluzione per i prossimi anni su una zona molto estesa. 


Impatto ambientale

 

Il nostro rapporto esamina alcuni degli effetti sull’ambiente dei bombardamenti durante la guerra del 1999 della NATO contro la Jugoslavia, soprattutto a partire da due specifiche inchieste. Questi due casi particolari di bombardamenti della NATO, su Pancevo e Kragujevac, sono esaminati al fine di studiare il tipo e la portata delle devastazioni causate all’ambiente da un bombardamento di precisione.
Noi abbiamo selezionato questi due casi in funzione dei seguenti criteri:
un obiettivo geografico preciso era stato scelto ben prima di scatenare il bombardamento;
avvenuto il bombardamento, questo è riuscito a distruggere l’obiettivo in questione, e le esplosioni hanno causato pochissimi danni alle infrastrutture circostanti non prese di mira;
le perdite dirette delle forze della NATO, in seguito ai passaggi dei bombardamenti, sono state nulle e il numero di vittime civili immediate è stato di scarsa entità.
I nostri studi sul caso fanno affidamento sulle informazioni fornite dal Gruppo speciale per i Balcani del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (United Nations Environmental Program Balkans Task Force - UNEP/BTF), che ha studiato i due siti selezionati: le installazioni industriali di Pancevo e la fabbrica Zastava di Kragujevac. Questi due siti figurano fra i quattro classificati dall’UNEP come « punti caldi » ecologici in seguito a bombardamenti.
I nostri tentativi per questa specifica ricerca si sono scontrati con un rilevante numero di problemi imprevisti. La Jugoslavia è stata coinvolta in una bufera politica essenzialmente nell’ultimo decennio, e accedere ai dati di base si è dimostrato molto più difficile di quello che era stato previsto inizialmente. Per di più, la mancanza di accesso alle informazioni non ha avuto limitazioni nella sola Jugoslavia. È stata depositata una domanda da parte dell’IEER presso il Dipartimento Americano della Difesa nel quadro della Legge sulla libertà di accesso alle informazioni (Freedom of Information Act), per ottenere le informazioni relative ai criteri utilizzati per individuare i bersagli nel corso dell’operazione « Forza Alleata ». Come risposta, abbiamo ricevuto 42 pagine bianche portanti l’iscrizione « declassificata », ma d’altro canto totalmente sprovviste di informazioni. Perfino i nomi degli impianti per i quali le informazioni erano state richieste erano assenti da queste pagine. La richiesta che noi abbiamo ulteriormente riformulato al Dipartimento della Difesa è stata respinta.
Per altro, nel 2002, il General Accounting Office, l’Ufficio Generale di Statistica, l’organismo incaricato delle commissioni di inchiesta da parte del Congresso degli Stati Uniti, ha preparato una analisi sulla campagna di bombardamenti del 1999 contro la Jugoslavia che è risultata classificata come « secret défense » da parte del Dipartimento Americano della Difesa.

 

Pancevo 

 

Pancevo è una città industriale di una popolazione da 80.000 a 90.000 abitanti. Questa città si trova nella provincia di Voivodina nella Repubblica della Serbia, che faceva parte dell’ex Repubblica Federale di Jugoslavia, ed è situata a 20 km a nord-est dalla capitale Belgrado (1.200.000 abitanti), alla confluenza della Sava con il Danubio. Il complesso industriale si estende su circa 290 ettari a sud e a sud-est di Vojlovica, una importante zona residenziale di Pancevo. Questo complesso accoglie strutture industriali che vengono identificate con il nome della fabbrica di fertilizzanti chimici HIP Azotara, con gli impianti petrolchimici HIP Petrohemija, e con la raffineria di petrolio NIS. Le tre imprese industriali impiegavano 10.000 persone e perciò rappresentavano le principali fonti di impiego per l’insieme della regione di Pancevo. Molti piccoli paesi sono situati direttamente a sud del complesso industriale.
L’impianto petrolchimico e la raffineria di petrolio sono collegati al Danubio da un canale lungo 1,8 km, che serve a scaricare le acque usate dopo i trattamenti di depurazione. La fabbrica di concimi utilizza un canale di drenaggio adiacente. Prima del conflitto, le acque usate dall’impianto petrolchimico erano sottoposte a trattamento attraverso un processo a due stadi, il filtraggio e il trattamento biologico, prima di essere scaricate nel canale delle acque di risulta. Questo impianto di depurazione veniva considerato come la struttura per il trattamento delle acque reflue più moderna e efficace di tutta la ex Jugoslavia.
Una stazione di prelevamento per l’acqua potabile è situata proprio a monte del sito industriale di Pancevo sul Danubio, vicino alla confluenza della Sava con il Danubio. Questo punto di prelevamento assicura l’acqua potabile alla maggior parte della popolazione della regione situata attorno a Pancevo. Inoltre, una parte non trascurabile della popolazione, circa il 5% in città e il 10% nei villaggi circostanti, utilizza pozzi privati per l’acqua potabile, per le colture, gli orti e i giardini.
La zona circostante il complesso industriale di  Pancevo soffriva già di un inquinamento cronico prima dei bombardamenti del 1999.
Ad esempio, campioni di terreno e di acque dal sottosuolo prelevati nell’area degli impianti del petrolchimico avevano rilevato la presenza di solventi clorurati, come il triclorometano, il tetraclorometano, il tricloroetano e il tetracloroetano, il dicloroetilene e il tricloroetilene, ed altri, che sono sottoprodotti non desiderabili spesso associati alla produzione del policloruro di vinile, PVC.  
Nella raffineria, esisteva già prima dei bombardamenti un inquinamento da petrolio. Inoltre, alcuni elementi testimoniano di uno sversamento di mercurio prima dei bombardamenti della NATO, molto più importante di quello procurato dai bombardamenti stessi, e di una contaminazione di policloruri di difenile, PCB, nel canale di scarico.
Infine, c’era stato qualche anno prima del conflitto un importante sversamento di 1,2-dicloroetano. Tutti questi fattori  sono stati di intralcio ai tentativi di una valutazione reale dell’impatto dell’inquinamento risultante esclusivamente dai bombardamenti.  
I bombardamenti delle istallazioni di Pancevo sono durati per molte settimane e hanno profondamente perturbato la vita di Pancevo.
Si stima che circa 40.000 persone avessero abbandonato la città già prima del primo bombardamento, nell’aprile del 1999, delle quali 30.000 non sono rientrate che in giugno, dopo la fine dei bombardamenti.
Inoltre, veniva imposto un divieto temporaneo di pesca nelle acque del Danubio vicino a Pancevo, fino all’autunno dello stesso anno.  
Per di più, il ministero Serbo della protezione civile, aveva raccomandato di non consumare alcun prodotto coltivato nelle aree attorno a Pancevo, dato che le piogge avevano dilavato il nero fumo e le altre sostanze prodotte dagli incendi a Pancevo sulle zone agricole circostanti. 
Gli impianti petrolchimici erano stati bombardati il 15 e il 18 aprile 1999.
Esistono quattro problemi ecologici fondamentali direttamente collegati ai bombardamenti della NATO sul sito petrolchimico HIP Petrohemija. 
Il 18 aprile, un serbatoio di stoccaggio di cloruro di vinile era stato colpito da una bomba della NATO, e avevano preso fuoco le 440 tonnellate di materiale che vi erano contenute all’interno. In aggiunta, si erano infiammate anche venti tonnellate di questa sostanza, riconosciuta cancerogena, che erano conservate all’interno di contenitori per il trasporto ferroviario. Bisogna ugualmente sottolineare che erano presenti nel sito due serbatoi di stoccaggio del cloruro di vinile, uno vuoto e uno pieno; solo quello pieno veniva distrutto.
Per il danneggiamento indiretto a causa dei bombardamenti dei serbatoi di contenimento del 1,2-dicloroetano, 2.100 tonnellate di questo prodotto chimico venivano sversate: per metà sul terreno, il resto nel canale di scarico.
L’impianto cloro-soda veniva estremamente danneggiato e 8 tonnellate di mercurio metallico si erano diffuse nell’ambiente. La maggior parte di queste (7,8 tonnellate) si era riversata sulla superficie del sito e gli altri 200 kg si erano dispersi nelle acque del canale di scarico. La maggior parte del prodotto che si era sparso sul suolo veniva recuperato, ma questo non è stato possibile per il mercurio disperso nelle acque del canale. 
L’impianto per il trattamento delle acque reflue utilizzato dalla raffineria e dal petrolchimico era stato seriamente danneggiato nel corso del conflitto. I danni erano stati provocati da un afflusso improvviso nell’impianto di una quantità di sostanze superiori alla capacità di depurazione dell’impianto stesso.
Nell’aprile 2001, dopo due anni dalla fine dei bombardamenti, l’impianto di depurazione funzionava solo per il 20% della sua capacità. Il recettore più importante per tutte queste sostanze inquinanti era stato il canale di scarico che si getta sul Danubio, il corso d’acqua più importante di questa regione. 
Dei tre obiettivi della NATO situati nel complesso industriale di Pancevo, la raffineria è stata la più bombardata. Lo è stata a più riprese nell’aprile 1999 e ancora l’8 giugno 1999. Numerosi serbatoi di stoccaggio e condutture sono stati distrutti dai bombardamenti.
Circa 75.000 tonnellate di petrolio greggio e prodotti petroliferi sono andati bruciati, e da 5 a 7 tonnellate si sono riversate sul terreno e nella rete di depurazione. Gli sversamenti hanno contaminato 10 ettari di terreno all’interno del complesso della raffineria.
Come il petrolchimico, così anche la fabbrica di fertilizzanti HIP Azotara  veniva bombardata a due riprese, il 15 e il 18 aprile 1999.
Il personale della fabbrica aveva fatto sapere agli ispettori del PNUE/GSB, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, che il silos di stoccaggio che conteneva 9.600 tonnellate di ammoniaca prima dei bombardamenti,  creava loro grande preoccupazione. Se questo serbatoio fosse stato colpito da una bomba, avrebbe rilasciato così tanta ammoniaca bastante per procurare la morte a tantissime persone nell’area circostante. La fabbrica HIP Azotara non possedeva la capacità di trasferire l’ammoniaca in altri depositi. Per questa ragione la produzione di fertilizzanti veniva intensificata nel corso dei primi giorni di bombardamenti, che avevano avuto inizio il 4 aprile 1999, nella speranza di ridurre la quantità di ammoniaca nei depositi. 
Al momento del primo attacco, la quantità di ammoniaca residua, rimasta stoccata, era approssimativamente di 250 tonnellate. L’ammoniaca depositata veniva intenzionalmente riversata nel canale per impedirne la dispersione nell’atmosfera, dopo una eventuale esplosione. Questo veniva fatto dopo che il serbatoio dell’ammoniaca era stato colpito dai rottami di un’altra esplosione.
Oltre a questa reiezione di ammoniaca, da 200 a 300 tonnellate di nitrato di ammonio, di fosfati e di cloruro di potassio si sono sprigionate o sono andate a fuoco in seguito alle devastazioni subite dai serbatoi di stoccaggio in seguito ai bombardamenti. Non è conosciuto il rapporto fra le sostanze sprigionate rispetto a quelle incendiate.
Per concludere, erano stati colpiti anche dei vagoni trasportanti 150 tonnellate di petrolio greggio e non veniva fatto alcun tentativo per spegnere gli incendi.
Esistono tabelle che forniscono esempi, sicuramente solo in modo approssimativo, del tipo di inquinamento risultante da queste emissioni e da questi sversamenti. Purtroppo, in questa fase è impossibile pervenire a delle conclusioni definitive sull’impatto che queste reiezioni avranno sulla salute della gente e sull’ambiente. Hanno avuto inizio dei programmi di monitoraggio e di valutazione sanitaria, ma questi programmi non sono che ad uno stadio iniziale e i dati raccolti fino a questo momento non sono stati resi pubblici. 


Kragujevac 

Kragujevac (150.000 abitanti) è una città industriale situata nella Serbia centrale, che accoglie il complesso industriale Zastava.
In effetti, il complesso è composto da decine di società più piccole e la sua produzione è molto diversificata, oltre che di macchinari pesanti, di automobili, camions, fino ai fucili da caccia. Per un certo periodo la struttura industriale fabbricava macchinari pesanti e armamenti per l’esercito, ma, secondo la direzione del complesso, questo non avveniva più al momento dei bombardamenti. Prima delle sanzioni economiche, che hanno avuto inizio alla fine del 1991 e sono proseguite fino al settembre 2001, si trattava di una delle più grandi installazioni industriali dei Balcani e di fatto questa fabbrica giocava un ruolo enorme nella vita degli abitanti della città.
La fabbrica Zastava è stata bombardata a due riprese, una volta il 9 aprile, e nuovamente il 12 aprile 1999, e colpita complessivamente da 12 bombe.  
La centrale elettrica, la catena di montaggio, il reparto verniciatura, il centro informatico e lo stabilimento per i camions, tutti questi reparti hanno subito pesanti danni o sono stati completamente distrutti. Per questi motivi la produzione è stata totalmente interrotta. Il complesso dei danni subiti dalla struttura industriale è stato stimato dai rappresentanti ufficiali degli stabilimenti attorno ad un miliardo di marchi tedeschi, circa 500 milioni di euro. Nell’anno seguito ai bombardamenti, il governo Milosevic aveva stanziato 80 milioni di euro per riprendere la produzione automobilistica. La fabbrica automobilistica attualmente impiega 4.500 persone. Al suo massimo vi lavoravano 30.000 persone. All’inizio del 2001, le previsioni di produzione per l’anno erano di 28.000 automobili e di 1.400 camions. Si trattava di un numero di veicoli prodotti doppio rispetto al 2000, ma ben lontano dai 180.000 veicoli prodotti nel 1989. La caduta di produzione può essere attribuita a molteplici fattori, ma specialmente allo smembramento della Jugoslavia e alle sanzioni applicate al paese all’epoca del governo Milosevic. 

I trasformatori di due reparti della fabbrica Zastava, del reparto verniciatura e della centrale elettrica, erano stati danneggiati in modo tale che olio bifenilico policlorurato PCB veniva riversato nelle zone circostanti.
Nel reparto verniciatura, una zona utilizzata per dipingere le automobili dopo il loro assemblaggio, circa 1400 litri, pari a 2150 chilogrammi, di olio di piralene, un olio per trasformatori costituito da una miscela di triclorobenzeni e di PCB, si spandeva sul terreno e nelle vasche di rifiuto contenenti 6000 metri cubi di acque reflue. 
Il trasformatore della centrale elettrica era situato in prossimità di una condotta di scarico delle acque piovane. Allora, probabilmente una parte dell’olio sprigionato si era andato a riversare nel fiume Lepenica attraverso lo sbocco della condotta della rete di depurazione, ma non è stato possibile precisarne la quantità. 
Oltre queste due zone direttamente toccate dai bombardamenti, sono stati contaminati moltissimi fusti di sabbia nella zona di stoccaggio dei rifiuti che erano stati prelevati dalla fossa di ghiaia situata sotto il trasformatore nella centrale elettrica dopo i bombardamenti. Numerosi fusti di rifiuti senza rapporto con i bombardamenti, in stato di deterioramento, con rifiuti la cui natura non è stata correttamente identificata, erano stati ugualmente messi a deposito in questo sito. 
Nei tre giorni seguiti ai bombardamenti, l’Istituto di Sanità Pubblica della città aveva prelevato 21 campioni di acqua attorno a Kragujevac. Il primo e il secondo giorno, erano stati individuati nei campioni prodotti chimici tossici, ma non il terzo giorno. Questi dati non sono stati resi pubblici e perciò non conosciamo la precisa natura delle sostanze tossiche analizzate.
La popolazione della regione si è preoccupata di un’eventuale contaminazione, dato che i tests di individuazione di una contaminazione da PCB non erano stati effettuati su determinati pozzi della zona. Niente ci permette di concludere che ci sia stato un apporto diretto di PCB nelle acque sotterranee. Nondimeno, le inondazioni che sono intervenute nel luglio del 1999 hanno avuto la possibilità di diffondere gli inquinanti dei corsi d’acqua nelle zone agricole delle aree basse circostanti.
Per effetto di un decennio di conflitti, di assenza di trasparenza, della recessione economica e di altri problemi della Jugoslavia dopo la guerra, è difficile formulare conclusioni affidabili sulle condizioni ambientali a Kragujevac.
Fortunatamente, le zone contaminate all’interno della fabbrica, che presentavano il più grande rischio per la salute dei lavoratori, sono state disinquinate. L’inalazione costituisce una delle principali modalità di esposizione ai PCB in ambiente professionale. La depurazione delle vasche dei rifiuti e l’eliminazione del calcestruzzo di pavimentazione contaminato limitano enormemente il livello di esposizione per i lavoratori.
Essendo alto il numero dei dati incerti e data la mancanza generale di informazioni sulla quantità di prodotti inquinanti riversati nell’ambiente circostante la fabbrica Zastava, risulta impossibile pervenire ad una qualsiasi conclusione.
Perciò è urgente mettere in opera una missione scientifica di prelevamento di campioni, di analisi e di controllo.


Problemi giuridici

Il Diritto Internazionale recita: “In qualsiasi conflitto armato, il diritto delle Parti in conflitto di scegliere metodi o strumenti di guerra non è illimitato.” 
Le leggi internazionali che si applicano alla nostra analisi sull’utilizzazione della forza da parte della NATO contro la Jugoslavia comprendono le Convenzioni di Ginevra del 1949 e il Protocollo complementare I alle Convenzioni di Ginevra. 
Tutti gli Stati membri della NATO hanno firmato e ratificato le Convenzioni di Ginevra e si sono vincolati alle loro clausole. Per quel che riguarda il Protocollo I, tutti gli Stati della NATO ne erano partecipi al momento dei bombardamenti, fatta eccezione degli Stati Uniti ( che sono firmatari solo delle Convenzioni ), della Francia ( che ha sottoscritto il Trattato nel 2001) e della Turchia (che non lo ha firmato). 
Il diritto consuetudinario rappresenta un’altra fonte della legge applicabile a questo conflitto. Il diritto consuetudinario poggia su una pratica generale e costante degli Stati, che assume comunque il senso di obbligo legale. Il diritto consuetudinario è particolarmente pertinente in questa discussione, in quanto un certo numero di norme codificate nelle Convenzioni di Ginevra e nel Protocollo I sono considerate appartenenti al diritto consuetudinario. Uno Stato può essere vincolato da un diritto consuetudinario, anche se ha rifiutato di essere parte in causa del Trattato in questione. 


Analisi delle clausole dei Trattati

Le Convenzioni di Ginevra del 1949 proibiscono agli Stati la distruzione di beni, salvo quando « necessità militari impellenti lo esigono ». L’esigenza militare è essa stessa un termine molto vago, e gli Stati hanno la più ampia facoltà per argomentare che nella misura in cui una azione ha prodotto un avanzamento della loro strategia, allora esisteva una esigenza militare. 

 

L’esigenza di un « obiettivo militare » 

Il Protocollo I codifica il principio di discriminazione, che impone alle parti di “fare sempre la distinzione fra la popolazione civile e i combattenti, come pure fra i beni di carattere civile e gli obiettivi militari e, di conseguenza, di dirigere le operazioni belliche esclusivamente contro gli obiettivi militari.”  
Il rispetto di queste clausole, per quel che riguarda i bombardamenti di Pancevo e Kragujevac,  dipende dalla individuazione di questi due siti come obiettivi militari.
Qual’era l’obiettivo militare nel caso di questi bombardamenti ? Certamente può essere sottolineato  che la raffineria di petrolio avrebbe potuto fornire carburante per le operazioni militari, ma questo è ancora valido per una fabbrica di automobili, un petrolchimico o una fabbrica di fertilizzanti?
Nelle interviste, i rappresentanti ufficiali di Kragujevac e Pancevo hanno messo in risalto che le loro fabbriche non avevano alcun valore militare strategico diretto.
I criteri specifici che hanno informato la scelta degli obiettivi dei bombardamenti in Jugoslavia non sono stati mai resi di dominio pubblico. Come abbiamo già indicato, le nostre richieste di documentazione presso il Dipartimento Americano della Difesa, che precisassero sul perché queste fabbriche fossero state scelte come obiettivi militari, sono state rifiutate.
 
Questi sono i criteri generali della politica di selezione dei bersagli dell’Air Force degli USA:

Un bersaglio deve corrispondere ai criteri di “obiettivo militare”, prima di divenire in modo legittimo l’obiettivo di un attacco militare.
In questo contesto, i bersagli militari comprendono gli obiettivi dei quali la natura, l’ubicazione, gli scopi o la loro utilizzazione apportano un contributo concreto all’azione militare o la cui distruzione totale o parziale, la cattura o la neutralizzazione offrono un vantaggio militare ben determinato.
Il fattore essenziale è quello di sapere se l’obiettivo contribuisce alla capacità di combattimento o di resistenza militare del nemico. Di conseguenza, dalla degradazione, dalla neutralizzazione, dalla distruzione, dalla cattura o dallo scompiglio dell’obiettivo ne deve derivare in modo ben individuabile un beneficio o un vantaggio militare.
L’Air Force Statunitense ammette che “esiste una controversia sul fatto di sapere se, e in quali circostanze, certi obiettivi [civili] [...] possono essere di punto in bianco classificati come obiettivi militari.” Il fattore principale nella determinazione dello status di un bersaglio attiene al fatto di sapere se “l’obiettivo apporta un contributo reale all’azione militare dell’avversario.”
Utilizzando questi criteri, l’Air Force Statunitense determina che obiettivi come i depositi di idrocarburi sono bersagli militari legittimi. Nondimeno, nello stesso modo ha stabilito che “fabbriche, reparti e stabilimenti che provvedono direttamente alle necessità delle forze armate del nemico sono ugualmente e generalmente da considerare come obiettivi militari legittimi.”
Vogliamo sottolineare questo. Gli elementi concreti che servono da giustificazione nella considerazione dei bersagli devono essere resi pubblici, in modo da garantire la possibile messa in atto di un controllo civile delle attività militari. Pesanti questioni continuano a porsi sulla legalità dei bombardamenti di  Pancevo e Kragejuvac, che non possono essere troncate di netto in modo soddisfacente fino a quando gli elementi di questa natura non siano ben conosciuti. 

L’esigenza di « precauzioni praticamente possibili » 

 

L’Articolo 57 del Protocollo complementare I stipula di “prendere tutte le precauzioni praticamente possibili quanto alla scelta dei mezzi e dei metodi di attacco in vista di evitare e, in ogni caso, di ridurre al minimo le perdite in vite umane nella popolazione civile, le ferite alle persone civili e i danni ai beni di carattere civile che potrebbero essere causati incidentalmente.”
L’espressione “praticamente possibili” è stata interpretata come “prendere le misure d’identificazione necessarie al momento opportuno per risparmiare quanto più possibile le popolazioni.”  Un’inchiesta sugli eventi specifici, a rilevare se queste precauzioni siano state prese o no, non è stata ancora condotta. 

Protezione dell’ambiente 

Oltre a queste disposizioni, che sono stipulate a bilanciamento delle necessità militari, il Protocollo I apporta delle protezioni più specifiche per i civili, per i loro beni e per l’ambiente. Una clausola particolarmente importante per la protezione dell’ambiente è l’Articolo 35, che proibisce l’impiego di armi che, per la loro stessa natura, producono “mali superflui” e sono strumenti di guerra che “sono concepiti per produrre, dove ci si può attendere che causeranno, dei danni ampi, duraturi e gravi sull’ambiente naturale.”
Disgraziatamente, il Protocollo I non definisce i qualificativi “ampi, duraturi, e gravi.”
Questi termini sarebbero apparsi ugualmente nel Trattato sulle Modificazioni Ambientali (ENMOD), e sono stati interpretati in relazione a questo Trattato. 
Benché queste definizioni non fossero destinate ad applicarsi al Procollo I, comunque possono fornirci illuminanti chiarimenti:
‘ampi’ , che investono una zona che si estende su molte centinaia di chilometri quadrati;
‘duraturi’ , che persistono per molti mesi, o approssimativamente per una stagione;
‘gravi’ , che comportano uno sconvolgimento, o seri e significativi pregiudizi alla vita delle persone, alle risorse naturali, economiche o ad altri beni. 
Sembrerebbe che gli attacchi alle installazioni industriali del tipo di quelli descritti nella nostra relazione fossero proibiti, in applicazione di questi criteri.
I danni erano estesi in modo ampio dato che l’inquinamento dell’aria, causato dal bombardamento di Pancevo, si era andato diffondendo per centinaia di chilometri, fino a Xanthi, in Grecia.
Gli effetti sono duraturi dato che il tempo di dimezzamento di certi prodotti chimici è dell’ordine di parecchi decenni. 
Infine, gli effetti degli attacchi possono essere considerati come gravi per il fatto dello sconvolgimento economico che è risultato dai bombardamenti e dai danni potenziali ai corsi d’acqua situati nelle vicinanze delle installazioni.
Nello stesso modo, il Protocollo I proibisce categoricamente gli attacchi su tutta una serie di opere e di installazioni, contenitori di “forze pericolose”: sbarramenti, dighe e centrali nucleari per la produzione di energia elettrica, “quando tali attacchi possono provocare lo sprigionarsi delle forze pericolose e, di conseguenza, causare perdite pesanti nella popolazione civile.” (Articolo 56)
Questa clausola proibisce parimenti gli attacchi contro eventuali obiettivi militari posizionati negli stessi siti, o in prossimità di tali strutture, e che procurerebbero gli stessi rischi.
Le fabbriche chimiche non sono menzionate fra le opere o le installazioni protette, e quindi i bombardamenti contro questi stabilimenti non violerebbero queste disposizioni. 
Nonostante ciò, il principio soggiacente a questa clausola è di proteggere le installazioni contenenti forme di energia pericolose. 
Si può a ragione sostenere che gli stabilimenti chimici presentano un rischio paragonabile alle installazioni indicate in quanto, in certi casi, la persistenza e i rischi sanitari collegati ai prodotti chimici sono confrontabili, ad esempio, con quelli dei radionuclidi. 
Se gli attacchi alle industrie chimiche producono nell’occasione i medesimi rischi degli attacchi nello specifico proibiti nel quadro del Trattato, i danni possono con molta probabilità essere considerati come « ampi », « duraturi », e « gravi », e quindi violano le altre disposizioni del Trattato citate in precedenza.
Nello stesso modo, possiamo affermare che il bombardamento di Pancevo ha violato l’Articolo 56, dato che aveva costituito un pericolo per una centrale nucleare situata in una nazione non belligerante, la Bulgaria. Sei lotti nucleari sono presenti sull’area di Kozloduy in Bulgaria , a valle della Jugoslavia, lungo il Danubio. Potenzialmente potevano presentarsi problemi di gestione se degli inquinanti nelle acque del Danubio ostacolavano l’attività dei sistemi di raffreddamento del condensatore della centrale.  I rischi di perturbazione del funzionamento della centrale nucleare e l’elevato potenziale di incidente risultante dallo sversamento del petrolio nel Danubio erano all’epoca ben conosciuti. L’Istituto di Ricerche sull’Energia e l’Ambiente, IEER,  aveva sollevato la questione in un comunicato stampa

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SABATO 1° LUGLIO 2006
PRESSO LA CASA DEL POPOLO “GIORGIO CANCIANI”
DI SOTTOLONGERA
(VIA MASACCIO 24 – BUS 35, LINEA B NOTTURNA)

 

 

Alfredo Lacosegliaz Patchwork Ensemble

 

Ornella Serafini (voce), Cristina Verità (violino), Daniele Furlan (clarinetto), Alfredo Lacosegliaz  (tamburitza)

 

presenta

Fratelli d’Italia

Documentario Fantasmagorico

 


 

Fratelli d’Italia mette in scena la cronaca delle “eroiche gesta” dell’esercito italiano
durante l’occupazione della Jugoslavia (1941-1943) attraverso canzoni, recitativi e proiezioni.

 

La rappresentazione vuole essere un contributo alla conoscenza di un periodo praticamente
sconosciuto della storia d’Italia, rimosso e cancellato dalla coscienza collettiva attraverso l’italica
pratica dell’insabbiamento  e del revisionismo.
Vuole altresì sottolineare le curiose analogie tra la società dei primi anni ’40 ed il periodo che stiamo vivendo: ora come allora futili canzonette e cinematografia populista, Lotterie da vincite vertiginose e informazioni distorte sull’operare del proprio esercito in terra “nemica”.

 

L’invito al ricordo ed alla speranza è affidato alla fiaba “Jama treh bratov” (la grotta dei tre fratelli),
che attraversa e percorre la rappresentazione alternandosi a documentazioni e ad esecuzioni musicali.

 

 
INIZIO ORE 20.30