Informazione
anche gli appelli a sostegno dei senatori "ribelli", al sito:
http://www.lernesto.it/index.aspx?m=53&did=392 ***
http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=10165
Partito Rifondazione Comunista:
CPN del 17 giugno - Intervento di ANDREA CATONE
La scadenza di fine giugno pone il PRC – per la prima volta
organicamente in un governo di coalizione - di fronte alla questione
del rifinanziamento delle missioni italiane all’estero nei principali
teatri di guerra. Queste sono parte di un problema più ampio: quello
della definizione delle linee fondamentali della politica estera del
governo italiano, in particolare nei suoi rapporti con la
superpotenza USA, la quale, nella fase attuale di crisi e
rimodulazione degli assetti mondiali, è, per ragioni economiche (a
causa dell’enorme indebitamento USA, il dollaro si sostiene come
valuta mondiale solo grazie alla proiezione politico-militare
statunitense, mirante a contenere la concorrenza della altre aree
valutarie, in particolare l’euro) e ideologiche (la “missione
americana” nel mondo) il fattore principale dello scatenamento di
guerre imperialistiche.
La valutazione dell’impiego delle missioni militari italiane nel
mondo va fatta anche alla luce di questo particolare ruolo aggressivo
della più imponente superpotenza militare di tutti i tempi, che
produce guerra nel duplice senso che la spesa pubblica militare è uno
dei principali volani dell’economia USA e che questi possono
mantenere il primato del dollaro solo grazie alle guerre.
Per quanto riguarda la più recente di queste guerre, quella contro
l’Iraq, cominciata nel 2003 e non ancora terminata - grazie alla
tenace resistenza, politica e militare, degli “insurgents” (come lo
stesso Bush li chiama) contro l’occupazione anglo-americana e i suoi
governi-fantoccio - va salutato come un successo significativo dei
movimenti contro la guerra, della sinistra di alternativa e del PRC
l’annunciato ritiro dell’intero contingente militare italiano entro
tempi brevi (anche se meno brevi di quelli che avremmo auspicato e
con un percorso meno lineare e diretto di quello della Spagna di
Zapatero) e definiti (sulla cui effettiva attuazione occorrerà però
mantenere un alto livello di attenzione e mobilitazione per
scongiurare qualsiasi manovra dilatoria).
Il successo ottenuto col ritiro dall’avventura irachena è stato anche
favorito e reso possibile - oltre che dalle mobilitazioni di massa e
dalla grande attenzione che i media sono stati costretti a
concentrare sul teatro iracheno dall’attività crescente della
guerriglia che ha colpito pesantemente gli eserciti occupanti, in
primis gli USA, ma anche inglesi e italiani - dal contrasto, per la
prima volta apparso in modo palese ed esplicito, tra le principali
potenze dell’area UE (Francia e Germania) e gli USA. È stato più
facile presentare all’interno dell’Unione la guerra irachena come
estranea – se non contrapposta - agli interessi europei e il ritiro
da essa come un ritorno dell’Italia nel seno dell’Europa, da cui la
politica filo-Bush del governo Berlusconi l’aveva allontanata.
Infatti, al centro della politica estera italiana tracciata nel
programma dell’Unione viene posto, con grande enfasi e
sottolineature, il rapporto organico con la UE e il rilancio di
quest’ultima.
Ma i militari italiani sono impegnati altresì in buon numero in
Afghanistan. Questa missione militare NON è, come si vuol far
credere, sotto l’egida dell’ONU, ma è una missione NATO sotto il
comando diretto degli USA. Infatti (cfr. il recente articolo di
Manlio Dinucci sul Manifesto del 13 giugno 2006), «l'11 agosto 2003,
la Nato annuncia di aver “assunto il ruolo di leadership dell'Isaf,
forza con mandato Onu”. E' un vero e proprio colpo di mano: nessuna
risoluzione del Consiglio di sicurezza autorizza la Nato ad assumere
il comando dell'Isaf. Nella risoluzione del 13 ottobre 2003, che
autorizza l'Isaf a operare “in aree esterne a Kabul e dintorni”, e
nelle successive, la Nato non viene mai nominata. Eppure a guidare la
missione, da questo momento, non è più l'Onu ma la Nato: il quartier
generale Isaf viene inserito nella catena di comando della Nato, che
sceglie di volta in volta i generali da mettere a capo dell'Isaf. E
poiché il “comandante supremo alleato” è (per diritto ereditario)
sempre un generale Usa, la missione Isaf viene di fatto inserita
nella catena di comando del Pentagono». NON è dunque una missione di
pacificazione o di interposizione tra fazioni in lotta, ma si tratta
dell’occupazione militare dell’Afghanistan operata da USA e Gran
Bretagna alla fine del 2001 e preparata ben prima del fatidico
attentato dell’11 settembre alle “2 torri”, che è servito da ottima
giustificazione per l’invasione di un paese collocato strategicamente
nel cuore dell’Eurasia, tra Russia, India e Cina, Iran, dove non
erano mai giunte truppe USA e che ora pullula di basi americane che
minacciano da vicino il paese che Samuel Huntington indicava già 10
anni fa nel suo “Scontro di civiltà” come il nemico strategico: la Cina.
La presenza di militari italiani sotto comando USA in un teatro di
guerra per sostenere militarmente un governo filoUSA è un’azione di
guerra contraria alla costituzione italiana. Sostanzialmente non è
diversa dalla presenza militare italiana in Iraq: funge da supporto
alla politica aggressiva degli USA (che usano il terrorismo come
passepartout per le loro guerre) ed è un presupposto per nuove
avventure militari.
Qui, tuttavia, a differenza che in Iraq, USA ed UE agiscono
apparentemente di comune accordo e anche Zapatero invia le sue
truppe. Ma, anche qui, gli interessi delle potenze europee in
Afghanistan e in Eurasia sono concorrenti con quelli degli USA: gli
europei cercano di ritagliarsi, con la presenza militare e gli
investimenti per la “ricostruzione civile”, un loro spazio di
penetrazione. È del tutto evidente, perciò, che all’interno
dell’Unione, che ha nel suo leader Prodi uno dei maggiori esponenti
della borghesia europeista, la battaglia per il ritiro
dall’Afghanistan sarà molto più dura.
Ma qui la posta in gioco è altissima. Infatti, la questione della
pace e della guerra, a differenza di altre di carattere economico-
sociale, su cui si può trattare sulla base dei rapporti di forza (ad
es. entità e modalità della manovra economica, tempi e modi di
attuazione di una nuova scala mobile), inerisce alla natura stessa,
all’identità di un partito comunista. Il comunismo novecentesco nasce
nel 1914 rompendo con le socialdemocrazie che votarono i crediti
della guerra imperialista: tra i primi atti del governo bolscevico
nato dalla rivoluzione di ottobre 1917 è la stipula immediata della
pace con la Germania. Questa grande eredità del comunismo
novecentesco rimane - mi auguro - patrimonio condiviso di tutto il
partito, della “sinistra alternativa”, dei movimenti contro la
guerra. E ciò è ancora più rilevante oggi, nell’epoca del capitale
globale. La lotta contro la guerra imperialista è strategica,
fondamentale, imprescindibile.
Su questa questione il partito tutto deve riprendere con forza la
mobilitazione e i compagni che sono nel parlamento e nelle
istituzioni devono battersi per il ritiro dall’Afghanistan agendo
conseguentemente in tutte le sedi istituzionali e politiche. Il
messaggio che va mandato agli alleati della coalizione è che su
questa questione non sono possibili escamotage, tatticismi o
aggiustamenti di facciata, ma solo un effettivo e radicale mutamento
della politica estera italiana, che va riportata alla sostanza
dell’articolo 11 della Costituzione. Solo su questa base si può
trattare, costruendo lo schieramento più ampio di forze contrarie
all’avventura militare in Afghanistan (e che in parlamento votarono,
come del resto il PRC, contro il suo finanziamento), per definire
modalità e tempi certi e brevi del completo ritiro delle truppe
italiane.
Se vogliamo effettivamente ritornare alla sostanza dell’articolo 11
della Costituzione bisogna sviluppare anche un’azione culturale di
critica della guerra in netta contrapposizione con le posizioni
predominanti nel futuro “partito democratico”, sostenitore della tesi
che la guerra contro l’Iraq del 2003 è sbagliata perché decisa
unilateralmente dagli USA, mentre, come si può leggere tra le righe
del programma dell’Unione (cfr. pp. 97-102), gli interventi militari
multilaterali avallati da organismi sopranazionali – tra cui si
elenca non solo l’ONU, ma anche la UE e la NATO -, sarebbero
legittimi, di “polizia internazionale” (cfr. p. 98), cui il programma
auspica che l’Italia dia un consistente apporto. È con questo tipo di
discorso che si giustifica il mantenimento e l’ampliamento della
missione in Afghanistan.
È sulla base di questo discorso, sostenuto dalla più complessa
costruzione ideologica della “guerra umanitaria”, che si promosse
l’aggressione militare della primavera 1999 contro la Jugoslavia,
rispetto alla quale né il presidente del consiglio Prodi, né
l’attuale ministro degli esteri, e nel ’99 presidente del consiglio,
Massimo d’Alema, hanno manifestato la sia pur minima autocritica,
rivendicando anzi con pervicacia la giustezza di quella devastante
guerra.
Sulle cui conseguenze vi è un colpevole silenzio e disattenzione
anche da parte della sinistra alternativa. In particolare – salvo
qualche eccezione - sulla situazione in Kosovo si tace: eppure si
tratta della vita di centinaia di migliaia di persone che subiscono
oggi condizioni infami. Alla presenza delle forze militari della KFOR
(prevalentemente paesi NATO) e dell’UNMIK, il Kosovo sotto
protettorato ONU si è trasformato in una gabbia a cielo aperto per le
poche decine di migliaia di serbi e rom rimasti. Oltre 300.000 hanno
dovuto abbandonare, sotto la violenza del nazionalismo estremista
albanese espresso dall’UCK, la terra che abitavano. I serbi sono
costretti a vivere in condizioni di estrema insicurezza, sono
continuamente oggetto di attacchi e violenze, sono discriminati
nell’accesso al lavoro e alle cure mediche, sono privati dell’uso
della propria lingua negli uffici pubblici, nei tribunali, nelle
istituzioni. Il pogrom antiserbo del marzo 2004 ha provocato decine
di morti e migliaia di feriti, costretto alla fuga altre migliaia di
serbi, bruciato e saccheggiato le loro case e i luoghi della memoria
e della cultura come i preziosi monasteri medievali. Dove sono finiti
i difensori dei “diritti umani”?
In violazione della risoluzione 1244/99 dell’ONU, le potenze che nel
1999 scatenarono la guerra contro la Jugoslavia (e tra esse ebbe un
ruolo decisivo il nostro paese allora guidato dal governo D’Alema),
si apprestano a dare origine ad un nuovo microstato etnicamente puro.
La formalizzazione internazionale dell’indipendenza del Kosovo
significherà con ogni probabilità l’espulsione massiccia di tutti i
serbi rimasti: l’Onu, in previsione di ciò che potrebbe accadere non
appena tagliato definitivamente il cordone ombelicale che lega il
Kosovo alla Serbia ha già preparato un piano di evacuazione per
70.000 persone. L’ulteriore spezzettamento di quella che fu la
Jugoslavia – con la recentissima secessione del Montenegro e
l’annunciata formazione di uno stato monoetnico del Kosovo - non
favorisce i processi di pace.
Il PRC che – unico sulla scena italiana – si oppose alla “guerra
umanitaria” del 1999, non può oggi chiudere gli occhi sulla
drammatica situazione dei Balcani. Vanno avviate campagne di
sensibilizzazione di massa sul silenzioso etnocidio in corso in
Kosovo e, attraverso i nostri rappresentanti nelle istituzioni – in
particolare nel parlamento e governo nazionali e nelle regioni – va
sviluppata una politica che contrasti ulteriori processi di
frantumazione della ex Jugoslavia e tuteli i diritti delle minoranze
del Kosovo a ritornare nella loro terra e a vivere una vita dignitosa
e sicura in una regione effettivamente multietnica.
www.resistenze.org - popoli resistenti - serbia - 18-06-06
Giugno 2006 : Cronache di ordinaria violenza nel Kosovo degli
“standard europei”raggiunti.
Questo è il resoconto di una normale giornata ( intesa come eventi
quotidiani), verificatasi in quella regione, per la cui “liberazione“
e “democratizzazione”, la Repubblica Federale jugoslava fu bombardata
e aggredita per 78 giorni dai civilizzatori occidentali.
A sette anni da allora, questa è la situazione sul campo
quotidianamente.
Dal 7 giugno ero in Serbia nell’ambito dei Progetti di solidarietà
della nostra Associazione SOS Yugoslavia, nello specifico per il
Progetto SOS Kosovo Metohija; insieme alla delegazione del Sindacato
Samostalni della Zastava di Kragujevac (Rajka, Milja, Delke, Rajko,
Jasmina, Dragan), dopo un'attesa e rinvii vari durati un mese e
mezzo, avevamo finalmente avuto la conferma della scorta militare
della Kfor, per recarci nell’enclave di Gorazdevac, con un camion di
aiuti specifici, raccolti mediante i contributi avuti da tutta Italia
e comprati in Serbia, in seguito all’appello ricevuto dalla comunità
dell’enclave.
Il 7 giugno ci dicono che la scorta era rinviata, ma che nel
pomeriggio ci sarebbe stata ridata; dopo aver passato il
“confine” (come se per andare in Alto Adige o Valle d’Aosta, un
cittadino italiano dovesse chiedere il permesso e superare controlli
minuziosi, esibendo documenti e passaporti vari); mentre eravamo a
Kosovska Mitrovica (nella parte serba, a nord del fiume Ibar, dove vi
è ancora asserragliata, la più consistente concentrazione della
popolazione serba del Kosmet, alcune decine di migliaia di abitanti),
al mattino cominciano a giungere notizie di incidenti e dimostrazioni
di separatisti albanesi in alcune zone della regione, mano a mano che
passa il tempo le notizie si accavallano e cresce anche la percezione
che la tensione stia aumentando anche intorno a noi; insieme con il
nostro referente Ilija Spiric presidente dell’Associazione Sclerosi
Multipla del Kosmet e nostro referente per i Progetti in comune, mi
reco al quartier generale delle forze internazionali di K. Mitrovica
(Kfor, Unmik e OSCE, oltre al presidio della Polizia serba del
Kosovo), qui incontriamo prima un responsabile Kfor che ci aggiorna
sulla situazione di crescente tensione nell’area, poi un funzionario
dell’Unmik ci spiega che la situazione è molto delicata, perché la
stessa loro missione è ormai obiettivo quotidiano di attacchi e
pressioni, invitandoci a desistere; nel frattempo il responsabile
della polizia serba, un ufficiale corretto e assolutamente
disponibile a cercare una soluzione, ci aggiorna sulla situazione
definendola di ora in ora sempre più difficile, invitandoci ad
aspettare le tre del pomeriggio per capire se qualcosa si modifica
sul campo.
Di fatto la situazione era questa, come ci è stata spiegata negli
incontri: il movimento per l’indipendenza del Kosovo: “Vetevendosja,
autodeterminazione” che fa capo a Albin Kurti, di cui fanno parte i
veterani dell’UCK, aveva indetto a partire dall’8 giugno, una serie
di dimostrazioni, aprendo di fatto la campagna “politica” del
processo secessionista (quella militare dura dal 1999…), su due
questioni centrali: una quella dell’accelerazione senza trattative
del processo immediato di indipendenza e l’altra la cacciata della
missione Unmik, e il ridimensionamento del ruolo della Kfor, sotto la
direzione della dirigenza separatista albanese.
In questa ottica, la giornata dell’8 giugno è andata oltre lo
stillicidio delle violenze quotidiane contro i serbi e negli ultimi
mesi, sempre più anche contro la presenza ONU; di fatto è cominciato
un piano preparato a tavolino di dimostrazione di forza, con
tentativi di assalti a enclavi e assedio delle stesse; attacchi a
mezzi ONU e alla popolazione civile serba nel territorio; improvvisi
blocchi di strade provinciali e pestaggi di serbi se individuati come
tali; assaltato l’ufficio di Pristina della legazione Unmik con
conseguente assedio degli stessi uffici, di militanti secessionisti
accampati con tende che impediscono di entrare e uscire dagli stessi;
scontri con civili serbi che hanno reagito alle violenze e
intimidazioni; posti di blocco illegali con tende ai lati delle
strade provinciali.
In questa situazione arriviamo al tardo pomeriggio, dove ci dicono
che l’autobus con le effigi delle Nazioni Unite, quello a cui avremmo
dovuto accodarci come convoglio, che ogni giovedì porta i civili
serbi a fare compere dei beni di assoluta necessità a Mitrovica da
alcune enclavi, era stato attaccato a Rudnik da un gruppo di albanesi
che dopo avergli teso un imboscata, l’hanno assaltato e distrutto con
spranghe, bastoni e pietre (da rilevare che questi bus hanno vetri
antisfondamento, perché continuamente attaccati), terrorizzando i 50
passeggeri, tra cui molte donne e bambini, dileguandosi poi
all’arrivo delle forze Kfor. L’autista D. Perunicic ha raccontato che
l’attacco è avvenuto approfittando del fatto che negli ultimi mesi le
scorte Kfor sono collocate non vicino ai mezzi, ma in punti del
percorso, per dimostrare che la situazione si sta “normalizzando”;
egli ha detto che solo nel mese scorso, era stato attaccato due
volte: il 2 e il 12 maggio, per questo era stata rimessa la scorta,
ma l’8 giugno nuovamente era stata levata, con questi risultati; ha
anche detto che stavolta la violenza dell’assalto era stata molto
alta e determinata.
La KPS (Corpo di Protezione del Kosovo, di fatto una polizia locale,
tranne che nelle enclavi, interamente albanesi) è giunta sul posto
solo due ore dopo i fatti. Frattanto dall’enclave di Gorazdevac, dove
tutta la comunità era in attesa per la distribuzione degli aiuti e
per un momento di festa fraterna e solidale (per loro, soprattutto
per i bambini e ragazzi, un evento rarissimo), ci viene chiesto con
il cuore in mano di cercare di andare in qualsiasi modo, che essi ci
aspettano e ci ospiteranno a qualsiasi costo; lo sconcerto e la
tensione, insieme ad un senso di impotenza, crescono in noi di minuto
in minuto. Dagli uffici intanto le notizie che ci danno sono che gli
assalti all’enclave sono stati respinti, ma tutte le aree intorno
alle enclavi sono presidiate dalle forze militari perché la tensione
è altissima, ed è evidente che la giornata è pianificata dalla
dirigenza separatista e che è un piano a scacchiera, come ci spiega
un funzionario serbo, per cui in qualsiasi parte può scatenarsi una
conflittualità improvvisa.
Le ore di tensione crescente non hanno scalfito la nostra volontà e
determinazione di cercare di provare ad andare, alle 5 del pomeriggio
in un clima del nostro furgone, decisamente pesante e cupo per la
situazione, avviene un ennesima consultazione tra di noi per prendere
una decisione non certo facile o leggera, decidiamo (un solo voto
contrario) di tentare l’ultima possibilità, quella di accodarci ad un
altro autobus che alle 6 di sera partiva da Mitrovica o di lasciare
il nostro furgone e salire sull’autobus; consultiamo ancora il
responsabile della polizia serba, che in modo fraterno ma deciso ci
“consiglia” fermamente di non muoverci da dove siamo e di tornare
indietro; il rischio più probabile è quello di restare accerchiati in
aree di tensione e di violenza, in balia di chiunque, e ci dichiara
che non potrebbe fare nulla per salvarci o proteggerci neanche
volesse, in quanto loro non possono oltrepassare il ponte sul fiume
Ibar, che divide il nord dal territorio controllato dagli albanesi,
per cui lui da militare ci ribadisce che la sicurezza delle nostre
vite è in gioco. Ci comunica inoltre che si stanno facendo convergere
su Mitrovica altre truppe e mezzi militari, perché la situazione di
tensione sta crescendo e si preannunciano scenari di conflittualità
crescente, gli stessi palazzi della parte nord di Mitrovica dove
vivono famiglie albanesi, vengono presidiati da mezzi della Kfor per
evitare incidenti, anche perché il timore è che lo strano silenzio
che regna nella parte sud della città (solitamente un punto caldo
delle tensioni nel Kosovo), non lascia tranquilli e si teme che da un
momento all’altro scoppino incidenti. Intorno a noi comincia un via
vai di jeep, mezzi militari, dall’altra parte del fiume dove sono
stanziati carri armati e blindati militari della Kfor, si notano
movimenti, la stessa popolazione di Mitrovica, essendo abituata ad
uno stato di mobilitazione permanente, si muove con più fretta e
rapidità verso le proprie case, ma anche pronta a mobilitarsi in
pochi minuti, come sempre è successo finora, se dalla parte sud ci
sono segnali di attacchi; si preannunciano altri giorni duri per i
serbo kosovari e le altre minoranze che sono con loro, tra cui il
popolo rom.
Dopo l’ultimo colloquio con l’ufficiale serbo, in un silenzio
surreale e carico di sconforto, guardandoci negli occhi, perlopiù
colmi di lacrime represse e rabbia, decidiamo ciò che la situazione
ha di fatto deciso: si torna indietro, non c’è altra realistica e
sensata possibilità, siamo tutti d’accordo. Ora il momento più
difficile è comunicare all’enclave che non andiamo, come dire loro…
siete soli, ancora una volta, ma non ci sono altre possibilità
realistiche. L’unica notizia positiva è che il camion della Croce
Rossa Serba con i nostri aiuti, è riuscito nella notte, prima che
cominciassero le violenze, a raggiungere l’enclave, per cui la gran
parte degli aiuti ha raggiunto la comunità. Dopo la telefonata ai
nostri amici e fratelli di Gorazdevac, un senso di sconfitta, di
amarezza, di tristezza infinita ci avvolgono, il silenzio pesante
come un macigno cala nel furgone; mentre andiamo verso nord, lungo la
strada, incrociamo mezzi militari, ambulanze, truppe che si dirigono
verso quella terra martoriata che è il Kosovo di oggi, violentata da
interessi stranieri e da forze criminali che si sono messe al loro
servizio.
Ancora lo scorso mese, Soeren Jessen-Petersen, rappresentante
dell’ONU in Kosovo (dimissionario dal 12 giugno), aveva dichiarato
insieme ad altri esponenti internazionali occidentali, che la
situazione nella regione stava progredendo e che si stavano
raggiungendo i requisiti (di democrazia e libertà civili) per avere i
cosiddetti Standard minimi di democrazia richiesti dalla Comunità
Internazionale. Io penso che per rendere l’idea di qual è la
situazione reale in Kosovo sia sufficiente scorrere gli avvenimenti
degli ultimi mesi, partendo dal dato che tutta la popolazione serba
vive in veri e propri ghetti in una condizione di apartheid, come
documentato nel Video “Kosovo 2005, viaggio nell’apartheid” prodotto
dall’Associazione SOS Yugoslavia.
Ma ecco come si svolge la vita quotidiana nel Kosovo Methoija di oggi:
10-06-2006: Dragas, oltre 25 albanesi appartenenti alla polizia del
Kosovo (KPS) hanno attaccato e distrutto la casa del Presidente di
Iniziativa Civica dei Gorani (minoranza slava musulmana) D. Cemir,
che vive rifugiato a Belgrado.
8-06-06: il commissario della polizia dell’Unmik K. Vittrup, ha
annunciato oggi il rafforzamento delle forze militari nel nord del
Kosovo abitato dai serbi (oltre 500 uomini della polizia
internazionale e altri del KPS), a causa di un continuo aumento di
episodi di violenza nella zona.
8-06-06: Staro Gracko, scoperta mina collocata dentro il cimitero
ortodosso del villaggio. Disattivata dalla Kfor senza esplosione.
4-06-06: Priluzje, assassinata una donna serba da sconosciuti.
31-05-06: secondo un documento riservato dell’ONU datato 1 aprile,
venuto in possesso di giornalisti a Belgrado, le agenzie delle
Nazioni Unite hanno già predisposto un piano di evacuazione per
l’esodo di altri 70.000 serbi kosovari, che si stima scapperanno nei
prossimi mesi, alla proclamazione dell’indipendenza.
30-05-06: minato il ponte che unisce i due villaggi di Grabac e Bica,
dove vivono circa 300 serbi; l’esplosione ha gravemente danneggiato
ma non distrutto completamente il ponte.
28-05-06: Zvecan, assassinato in serata, un uomo serbo da tre
sconosciuti mentre camminava. L’uccisione rivendicata dall’ANA
(Armata Nazionale Albanese).
25-05-2006: Mala Krusa, Prizren, la polizia dell’Unmik ha dovuto
usare i gas lacrimogeni per disperdere un gruppo di albanesi che ha
cercato di fermare e lanciava pietre contro un convoglio di serbi che
si spostavano dall’enclave. Feriti alcuni poliziotti ONU e
danneggiati due bus ONU.
23-5-06: i leader della comunità serba ancora presente in Kosovo,
hanno dichiarato lo “stato di emergenza” in tutte le enclavi, dato
l’intensificarsi delle violenze contro i civili da parte dei
separatisti albanesi.
18-05-06: Kosovska Mitrovica, scontri tra serbi e albanesi nel
quartiere di Bosnjaka Mahala, dopo che un albanese aveva sparato
colpi di pistola contro un poliziotto serbo in servizio di sicurezza
locale. L’autore della sparatoria, Bastri Hajdari è già noto come
appartenente all’ex UCK, e già più volte arrestato per episodi di
violenza e aggressioni, in questi anni. In seguito agli scontri
decine di persone sono state fermate.
11-05-06: K. Mitrovica, due ragazzi serbi di 19 e 21, sono stati anni
assassinati alle tre della notte ad un distributore di benzina, non è
stato rubato o rapinato nulla, quindi l’obiettivo era di colpire i
due ragazzi.
10-05-06: Podujevo, attaccata e devastata la chiesa ortodossa di S.
Elijah, nel 2004 era stata distrutta dai separatisti e si stavano
facendo dei lavori per ricostruirla; gli assalitori dopo aver
sfondato il portone hanno devastato l’interno ricostruito e tutte la
finestre.
9-05-06: Rudnik, attaccato e distrutti i vetri dell’autobus che
trasportava a Mitrovica per le visite mediche e l’approvigionamento
alimentare settimanale, gli abitanti dell’enclave serba di Osojane,
circa 60 persone tra cui molte donne e bambini.
8-05-06: Bica, rubato un trattore e distrutte le apparecchiature per
la fornitura dell’energia elettrica alle case.
7-05-06: Suvi Lukavac, nella notte uccisi i cani da guardia
dell’enclave e poi la notte seguente rubati alcuni trattori.
6-05-06: Rudare, due sconosciuti che bloccavano la strada con una
Golf nera senza targa, hanno sparato colpi di fucile contro la
macchina della Diocesi Ortodossa della regione, con sopra Padre
Srdjan, che tornava da una visita all’enclave; alcuni proiettili sono
rimasti conficcati nella vettura.Il padre è riuscito a scappare.
5-05-06: Pristina, nove poliziotti dell’Unmik feriti durante scontri
alla manifestazione indetta per l’indipendenza del Kosovo, mentre
cercavano di assaltare un edificio dell’ONU.
30-04-06: Bica, sconosciuti hanno aperto il fuoco contro fedeli serbi
che stavano celebrando la pasqua ortodossa.
23-04-06: K. Mitrovica, attaccata a colpi di pietra e distrutti i
vetri della casa di un profugo da Prizren, nella periferia della
città, da sconosciuti.
23-04-06: Suvi Do, attaccata con pietre una macchina guidata da un
serbo, lungo la strada provinciale, danneggiata la vettura.
22-04-06: Tucep, un gruppo di uomini armati ha attaccato con colpi di
fucile la casa di una famiglia serba del posto; la moglie che era in
casa è rimasta indenne dall’attacco.
16-04-06: Gojbulja, attaccata e danneggiata la chiesa ortodossa di
Sveta Petka nell’enclave serba, completamente circondata dalla
popolazione albanese.
15-04-06: K. Mitrovica, attaccata con bombe e bottiglie Molotov la
casa di un profugo di Istok, che vive nella periferia della città, la
momento dell’assalto vi erano sette membri della famiglia, tra cui i
bambini: Non ci sono stati feriti.
9-04-06: Suvi Lukavac e Tucep, attaccate nella notte alcune case
serbe e portati via quattro trattori e sette mucche.
4-04-06: Straza, attaccata nella notte con fucili automatici la casa
della famiglia serba di C. Ivkovic, ucciso il cane da guardia che
aveva dato l’allarme, i sei membri della famiglia sono rimasti illesi.
27-03-06: K. Mitrovica, un ragazzo serbo di 19 anni è stato picchiato
e pugnalato da un gruppo di giovani albanesi proveniente dall’altra
parte del ponte sul fiume Ibar, mentre passeggiava con la sua fidanzata.
26-03-06: Klina, lanciate due bombe contro la casa di un serbo
rientrato in Kosovo, gravi danni materiali ma nessun ferito nella
famiglia.
…..Questo è il Kosovo “liberato” per cui si è bombardato e devastato
il popolo jugoslavo, queste sono la democrazia e la libertà portate.
Enrico Vigna ( Associazione SOS Yugoslavia, Italia), 14 giugno 2006
“S’ALZO’ DI KOSOVO UNA FANCIULLA”
…Ella va di Kosovo sulla piana.
E scende sul campo la giovane donna…E rivolta nel sangue i guerrieri.
Qual guerriero in vita ella trova, lo leva da quel molto sangue, lo
lava con fresc’acqua.
E conforta con vino vermiglio… E ristora con pane bianco…”
(Antico poema epico del Kosovo)
Per contatti e info: sosyugoslavia@...
cavallo tra gli anni Settanta ed Ottanta dimostrano come, nonostante
le differenze ideologiche ed il diverso atteggiamento rispetto alla
questione nazionale nei Balcani, Enver Hoxha anteponesse comunque la
difesa dell'indipendenza degli Stati balcanici, nati dalla comune
lotta contro il nazifascismo, alla polemica verso la Jugoslavia. Una
linea di solidarietà internazionalista dimenticata e cancellata
dall'odierno sciovinismo - nazionalista, filooccidentale e
neofascista - dei revanscisti pan-albanesi...)
http://www.revolutionarydemocracy.org/rdv7n2/albyugo.htm
The Albanian People Will Stand By the Yugoslav Peoples Enver Hoxha
How did the Party of Labour of Albania under the leadership of
Enver Hoxha look upon its role in the event of an imperialist attack
upon Yugoslavia? The following excerpt from a ‘Zeri i Popullit’
Editorial of 1980 and which was broadcast by Radio Tirana on January
19th 1980 reminds us that in such an event Enver Hoxha had argued
that the Albanian people would stand by the Yugoslav peoples.
No. 1
The Albanian people, who know the past of the Yugoslavian people
well, have the unflinching conviction that they are not intimidated
by any threat or blackmail, that if the necessity arises they will
know how to fight with courage and bravery against any attack of the
enemies no matter where it comes from: the Yugoslav peoples are not
the sort who back down in the face of threats. They know how to fight
with self-sacrifice to defend their freedom, won with so much
bloodshed and sacrifice.
We Albanians have had and still have irreconcilable ideological
differences with the Yugoslav leadership. We have always and will
continue to criticize the anti-Marxist system of self-administration;
we have fought and will fight determinedly against the Yugoslav and
modern revisionism, for the defence of the purity of Marxism-
Leninism; we have and will continue to interest ourselves in the
rights which the Albanians of Kosova, Macedonia, Montenegro, should
enjoy on the basis of the Yugoslav constitution.
World opinion knows and is clear on this stand of ours.
The foreign policy of our country in the stand towards our
neighbours, continues Zeri i Popullit, has never and will never
change. Our republic has made and will make all-round efforts for the
normal development of trading, cultural and other relations with
them. We have publicly stated that Albania will never permit
foreigners to use its territory as a base against Yugoslavia or
Greece, that we will support the Yugoslav and Greek peoples in the
struggle for national freedom, independence and sovereignty. Hence
not only will nothing bad come to them from Albania, but they will be
aided. The peoples of the Balkans do not threaten anyone, but neither
do they fear threats just as they do not fear aggressive war, which
others may launch and which they know how to cope with successfully...
In the face of the threats of the Soviet, American and other
imperialist aggressors against Yugoslavia, the Albanian people adhere
to what comrade Enver Hoxha said at the Seventh Congress of the Party
of Labour of Albania, that in the case of an eventual attack by the
Soviet Union or any power against Yugoslavia, the Albanian people
will stand by the Yugoslav peoples.
Thus everyone can rest assured that if the question arises of the
defence of freedom and independence from imperialist aggressors of no
matter what kind, the Albanians and Yugoslavs will once more fight
together against the common enemies as they fought in the past.
Historical facts prove this. Our divisions went and fought in
Yugoslavia in the same trenches as the Yugoslav partisans, against
German fascism and triumphed. We Albanians fight for freedom and
justice and like brave fighters Albanians are cool-headed. But when
anyone tries to trample them underfoot, then the rifle speaks.
From: ‘Socialist Albania’, journal of the India-Albania Friendship
Association, July 1980, No. 14, pp. 3-5.
No. 2
Our policy towards Yugoslavia has not changed and will not change,
provided that the Yugoslav government, too, is correct towards us.
The declaration of the Party of Labour of Albania, that in case of
any eventual aggression against Yugoslavia by the Soviet Union or
some other power the Albanian people will stand by the Yugoslav
peoples, will always hold good. But the Yugoslav side must respond to
this stand of Albania with just and correct actions towards us.
From: Enver Hoxha ‘Report on the Activity of the C.C. of the Party
of Labour of Albania’ submitted to the 7th Congress of the Party of
Labour of Albania, November 1, 1976,Tirana, 1977, pp. 202-203.
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Message Sent by John Paul Cupp.
SOURCE: http://groups.yahoo.com/group/gmlyu/
Saopstenje
"Centra Tito" povodom saopstenja Krunskog saveta o uvodjenju monarhije u Srbiji
Mala analiza saopstenja koje je u Belom Dvoru procitao eksprinc Aleksandar Karadjordjevic pokazace nam najbolje zasto nam kralj nije potreban a najmanje ovakav kao on!
Obracanje narodu saopstenjem je vec, samo po sebi, diskutabilno. To govori da nema licne odlucnosti I sposobnosti da izadje pred javnost vec mu to "obracanje javnosti" verovatno pisu drugi a on ga samo cita. Nimalo kraljevski!
A to sto je procitao " ne bi pas s maslom pojeo" pa I to govori o njegovom intelektualnom opusu I zivotnom iskustvu. Vec prva konstatacija " Previse je krvi proliveno, snage utroseno, ugleda izgubljeno u dvadesetom veku….sa malo dobrih rezultata" pokazuje da "uvoznom princu" nacionalna istorija nije jaca strana. Prolivena krv I utrosena snaga u I i II svetskom ratu I posle njih, a narocito posle II svetskog rata, nisu bili uzaludni. Srbija je sacuvala svoju slobodu, nezavisnost I suverenitet I snazno zakoracila u progres I modernizaciju. Nista od ugleda nije izgubljeno vec je on dostigao najvisi nivo u nasoj istoriji zahvaljujuci NOB , socijalistickoj izgradnji I nesvrstanoj spoljnoj politici. Cak ni izdajnicko I kukavicko drzanje dinastije Karadjordjevic i ratni zlocini "kraljevske vojske u otadzbini" nad sopstvenim narodom I drugim narodima I narodnostima u Jugoslaviji tokom II svetskog rata, to nije moglo umanjiti.
" Mi smo bili ponosna, ugledna I srecna zemlja……" cita eksprinc bajku. U tu bajku ce malo ko poverovati. Jos je i zivih svedoka I drugih dokaza da je Srbija pod Karadjordjevicima bila birokratska I policijska drzava u kojoj su radnici I seljaci " jedva sastavljali kraj s krajem" a nacionalne manjine su je smatrale svojom tamnicom!
Da kraljevina nije ustavni I "savremeni oblik vladavine" I da kralj ne "uvazava sve politicke stranke" pokazao je deda eksprinca Aleksandar I koji je, za vreme svoje vladavine, ukinuo Ustav I zabranio rad svih politickih partija. On je bio diktator. O "ponosnoj, srecnoj I uglednoj " zemlji u njegovo vreme najbolje govore ovi podaci : nacionalni dohodak po glavi stanovnika iznosio je " fantasticnih" 112 dolara, zene nisu imale pravo glasa a 50 odsto stanovnistva je bilo nepismeno! Da " iver ne pada daleko od klade" potvrdjuje I nas nesudjeni kralj . Uselivsi se u Dvor on je za sobom zakljucao vrata I zabranio ulazak u njega svim ostalim clanovima porodice Karadjordjevic! Onaj koji ne uvazava svoju porodicu tesko da moze uvazavati druge ljude.
Pozivanje da sledimo primer savremenih kraljevina Velike Britanije, Svedske,Holandije,Belgije I Spanije je krajnje cinicno. Te "stabilne" drzave su nas zverski bombardovale 1999.godine a to danas cine u Avganistanu I Iraku. One prete I pripremaju slicne sudbine Iranu I Siriji.
Obecanje eksprinca na kraju saopstenja da ce monarhija "obezbediti najbrzi put u Evropu, privuci nove investicije, pomoci ekonomski rast I obezbediti zaposlenje, socijalnu zastitu, penzije I odlicno obrazovanje nase omladine" zvuci jadno kada se zna da on I njegova porodica, od kada su dosli u Srbiju,nista ne rade I zive na racun budzeta republike Srbije. Nije u stanju ni sebe da zbrine a hoce jedan milion nezaposlenih koliko Srbija danas ima!
Tesko se u ovom saopstenju mogu zaobici dve stvari: zasto eksprinc nista nije rekao o Kosovu I zasto nije dao mogucnost novinarima da postave pitanja o procitanom saopstenju vec ih je uputio na Sluzbu za vezu s javnoscu?Eksprinc verovatno nema svoje misljenje . Kako ce onda biti " na celu drzave"?!
Stevan Mirkovic,
General u penziji
Predsednik CENTRA TITO
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Surovo vreme
/ Misljenje Centra Tito o pitanju Kosova/
Stvarnost koja okruzuje Srbiju je surova. Ne moze se vise "zabijati glava u pesak" I zamajavati narod manje vaznim pitanjima I problemima ( Pregovori o stabilizaciji I pridruzivanju EU, hapsenje Mladica,referendum u C.Gori ,Partnerstvo za mir itd.), a o vaznim pitanjima ,kao sto je Kosovo ,iznositi pretpostavke I fantazirati " sta bi bilo kad bi bilo". Ili govoriti u rebusima I zagonetkama kao sto je fraziranje V.Draskovica " vise od autonomije manje od nezavisnosti". Ili stalnim ponavljanjem vec ofucanog argumenta " da se problem Kosova ne moze resavati krsenjem osnovnih principa medjunarodnog prava, razbijanjem jedne suverene drzave I pretvaranjem celog regiona u jednu crnu rupu I problem Evrope" stvarati utisak da se nesto vazno radi a rezultata " ni od korova" jer danas se u svetu svi sporovi resavaju silom!
Ljudima reci pravo stanje stvari I sta cemo uraditi da odbranimo Kosovo.
U ovakvim prilikama jednostavni I konkretni odgovori su jedina alternativa. A njih mozemo naci u mislima I recima obicnih ljudi na ulici, u brojnim anketama I ispitivanjima javnog mnjena I, najvaznije, u stavu ljudi koji jos zive na Kosovu ili izbeglickim logorima u Srbiji.
Hoce li Srbija "braniti Kosovo svim sredstvima"?
U sukobu oko Kosova glavno pitanje danas nije njegov "konacni status" jer su SAD odlucile da ono bude nezavisno vec – hoce li Srbi I Srbija "braniti Kosovo svim sredstvima" I sta ,konacno, to znaci " svim sredstvima"? Znaci li to da cemo I oruzjem braniti najvrednijih 10.000 km2 svoje teritorije? Hoce li Srbi zapucati ? To je za Amerikance jos uvek enigma I zato otezu da objave tu odluku vec vrdaju I obilaze " kao kisa oko Kragujevca". To pokazuje da se boje za zivote svojih vojnika na Kosovu ,cemu ih je naucila tragedija od 11.septembra I talibani I iracki gerilci. A njihovi vojnici morace dugo da budu na Kosovu. Samo ih to moze naterati da promene odluku o nezavisnom Kosovu. Srbi na Kosovu I njihova odlucnost da ga odbrane su nas glavni argument u resavanju kosovskog pitanja.
Sto se ratovanja tice , kada bolje pogledamo, Srbija I Srbi su vec u ratu.Ne namerno I ne svojom voljom. Rat je,na nagovor Amerikanaca ,poceo oruzanom pobunom balista u Drenici 1998. I traje neprekidno do danas. To najbolje osecaju Srbi na Kosovu I kod njih nema dilema da li su u ratnom stanju ili nisu.Intezitet oruzane borbe varira od intenzivnog ( pobuna, ugusenje pobune,americka evakuacija albanskog stanovnistva I OVK u Albaniju I Makedoniju, borbe granicnih jedinica JNA sa ubacenim snagama iz Albanije, bombardovanje SRJ, americka predislokacija albanskog stanovnistva I OVK iz Albanije I Makedonije na Kosovo, bezanija srpskog stanovnistva sa Kosova u Srbiju, masovni napad balista na srpsko stanovnistvo I crkve radi proterivanja preostalih Srba ( mart 2004) kao uvod u resenje konacnog statusa Kosova) do do duzih period primirja koje se svaki cas prekida pojedinacnim oruzanim napadima na Srbe I njihovu imovinu.
Cudan neki rat – napada I ubija samo jedna strana , albanska , dok druga , srpska, trpi gubitke , jada se I protestuje na mitinzima I pogrebima. Samo su marta 2004. Srbi pokazali da imaju oruzje I da ga znaju upotrebiti . Prema pisanju stampe,tada su Albanci imali vece gubitke: ll ubijenih Albanaca prema 8 Srba.
Podanicki mentalitet vlasti
Sta srpska vlada misli o ratu za odbranu Kosova to do danas nismo mogli saznati. Izjava "branicemo Kosovo svim sredstvima" je nemusta jer ova vlada pod " svim sredstvima" ne misli I na oruzje , sto se inace normalno podrazumeva "od kada je sveta I veka".Zadnji joj je adut diplomatija ali kad pogledamo ko predvodi nas diplomatski kor onda bolje da o Kosovu vise ne razmisljamo. Ne kazem da ta I druga sredstva sredstva ( pregovori, lobiranje u svetu, saveznici) nisu bila potrebna I vazna ali su ona iscrpljenja. Imamo cinjenicu da ce SAD krajem 2006. proglasiti nezavisnu drzavu Kosovo I moramo dati konkretan odgovor na to.
Niko ne porice da samo budala "brzo poteze " oruzje I moze da uziva u ratu. Ali, jos veca je budala onaj koji kada pucaju u njega , umesto da odgovori istom merom , odgovori komentarom ili mitingom. Takve treba drzati dalje od Kosova. A jos dalje najuriti tipove koji govore da su " Srbi sve svoje ratove odratovali"( G.Svilanovic), ili da "o Kosovu ne odlucuje nas narod nego velike sile"(B.Tadic), ili " da je preovladao stav da ce ovoga puta pravo napisati jaci I da ce sila definisati pravo" (V.Draskovic). Sa takvima necemo samo izgubiti Kosovo nego I mnogo vise.
Mislim da nasa vlada ima podanicki mentalit , sto je, inace, karakteristika nase gradjanske klase iz koje ta vlada I potice. Hoce li naci snage da pokaze drzavnicko ponasanje ili ce pasti u kapitulaciju I izdaju kao I ona iz 1941? Pre mi lici na ovo drugo! Amerikanci vec imaju svoju "petu kolonu" u vrhu Srbije.Ne treba ih ni imenovati – oni se sami javljaju svaki dan svojim kapitulantskim izjavama.
U jeku borbe za Kosovo ta vlada ispoljava pacifizam I defetizam.Ona donosi Zakon o amnestije regruta (njih 2000) koji su izbegli sluzenje vojnog roka. Dalje, umesto da " na sva zvona" proslavi 9.maj Dan pobede I podseti na oslobodjenje Kosova od okupatora I balista krajem 1944. I njegovo vracanje matici Srbiji, ona je taj praznik "prespavala" itd.
Zato ce tu odluku kako braniti Kosovo,kako ja vidim, morati doneti Srbi na Kosovu I mislim da ih cela Srbija u tome mora podrzati.
Pravni, vojni I novinarski banditizam
Za uspeh u ratu presudno je poznavanje neprijatelja I njegovih dobrih I losih strana. Ako to ne znas sanse za uspeh su ti male. Jos gore ces proci ako ne znas ni ko ti je neprijatelj. A to je nas slucaj. Nasa Vrhovna komanda, ako je uopste imamo, izgleda ni to ne zna.
S kim to, dakle, Srbija ratuje? Mnogi misle s Albancima. Pogresno! I oni su zrtve. A OVK I ne cine neki jaki borci. Prvi su klisnuli u Albaniju 1998 I to pre civila. Poslednji njihov junak A.Jasari lezi na groblju u selu Prekazi.Oni su figure na "bojnom polju" koje povlaci Pentagon, sto se vidi iz izjave M.Olbrajt ( "Welt", septembar 2005.) : " Rat na Kosovu je nas rat. Zeleli smo ga I Klinton I ja. Morali smo iskoristiti americku silu da zaustavimo etnicko ciscenje i vratimo Muslimane u zavicaj". Naravno, to je propaganda kao I izjava tadasnjeg ministra odbrane SAD V.Koena pred bombardovanje SRJ :" Nestalo je oko 100.000 muskaraca….Oni su mozda ubijeni". Briga njih za Albance "k’o za lanjski sneg". Oni su iskoristili situaciju u ovom regionu da isprobaju novi tip oruzane intervencije bez odobrenja Saveta bezbednosti UN I da ratom dokrajce jos postojeci , i to ne mali, deo nekadasnje SFRJ, koja im je,kao socijalisticka samoupravna zemlja I uticajni vodja nesvrstanih zemalaja, " kost u grlu" vec decenijama.
Nekoliko godina kasnije americki politicki analiticar Aleksandar Koberi napisace " Pravni, vojni I novinarski banditizam, koji je od samog pocetka pratio iracku avanturu, isproban je na Balkanu krajem devedesetih".
Zasto su se Amerikanci ostrvili na Srbiju?
`Ideoloski razlozi su u pitanju. Srbija je deo nekadasnje SFRJ. A socijalizam je svoje najvise domete ostvario bas u SFRJ I to ne samo u ekonomskoj( drustvena svojina) I politickoj sferi (samoupravljanje) nego I u odnosima medju narodima( jugoslovenska federacija), pa I medjunarodnim odnosima ( nesvrstanost). Ovde se socijalizam najdublje ukorenio I nepodeljeno je misljenje vecine gradjana od Triglava do Djevdjelije da je" socijalizam bio bolji" od sadasnjeg kapitalizma.
Srbija je znacajan deo SFRJ, ( republika I dve pokrajine) u kome su u velikoj meri ocuvane brojne vrednosti nekadasnje socijalisticke drzave, a pogotovo u svesti njenog stanovnistva. Na primer, americke prognoze o pobednicima na prvim visestranackim izborima 1990., bile su decidne : u Srbiji, C.Gori I Makedoniji pobedjuju komunisti, sto se I dogodilo( SK Srbije I Makedonije su neposredno pred izbore promenile ime, sto ne umanjuje tacnost americke prognoze) . Zato taj, da ga tako nazovemo , komunisticki bastion nije promakao paznji americke administracije . 15 godina pokusavaju da ga sruse. Sada , posle sredjivanja situacije u Makedoniji I Crnoj Gori, gde su tragovi komunizma takodje vrlo jaki( prethodno su stavljene pod kontrolu Slovenija, Hrvatska I BiH) bacila se svim snagama na Srbiju primenjujuci sve postulate svoje antikomunisticke doktrine.Najslabija tacka u odbrani Srbije je Kosovo I tamo nanose svoj glavni udar.
Ovog trenutka , po njihovom, privode kraju taj strateski obracun.Zasto je vazno da se I Kosovo otcepi I dekontaminira od socijalistickog isijavanja?Jer je Kosovo, nekada najzaostaliji deo Evrope, po mnogo cemu najbolji primer uspesnosti socijalistickog sistema, a narocito u sferi medjunacionalnih odnosa a sto Amerikanci ne uspevaju da postignu u svojoj mnogonacionalnoj drzavi od njenog osnivanja ( Indijanci, Crnci, Juznoamerikanci).
Psiholosko iznuravanje Srba
Zasto Amerikanci nisu 1999. odmah posle bombardovanja proglasili nezavisno Kosovo? Iz straha od oruzane pobune Srba. Od tada , "omeksavaju" Srbe I psihicki ih pripremaju da prihvate cinjenicu nezavisnosti, sto nije proslo kod onih koji su ostali na Kosovu. To su tvrdi Srbi. Ali je u Beogradu bilo sve vise onih koji su izjavljivali " Kosovo je izgubljeno". Nezadovoljni kako tvrdi Srbi napustaju Kosovo Amerikanci su marta 2006. "napujdali" Albance da ih napadnu i pokusaju , eventualno, naterati u bezaniju, sto opet nije uspelo. Srbi su pruzili otpor , na momente I oruzani. Oni ne popustaju ali su zato neki drugi van Kosova malo posustali.
Amerikancima u psiholoskom ratu protiv Srba pomaze srpska "peta kolona" u Srbiji I na Kosovu . Ona savetuje da se mirno prihvati nezavisnost Kosova. Zbunjen je I veliki broj obicnih ljudi ali jos uvek je vecina Srba odlucna da brani Kosovo. Amerikanci ce prvo pokusati da slome taj duh u cemu I srpska "peta kolona" ( DS,SPO,G-17) " daje sve od sebe".
Valjda je ovo dovoljno da zakljucimo kako se Srbi trebaju drzati u ovoj situaciji, a posebno vojska I novinari cija pera su isto tako vazna kao I vojnicke puske!
Pregovori
Pregovori u Becu su " mlacenje prazne slame" da bi se na kraju reklo "eto, vidite, da to mi moramo umesto vas odluciti". Naravno, nezavisno Kosovo. Tipicno ratno lukavstvo. A za to vreme konstituise se I ucvrscuje zakonodavna,izvrsna I sudska vlast nove albanske drzave, njena policija,vojska,finansije itd. Albanci se bas nesto mnogo I ne interesuje niti pripremaju za pregovore ali na terenu rade " punom parom".
. Nas pregovaracki tim daje maksimum I na tome im treba cestitati. Medjutim, to je samo papir koga Artihisari baca u korpu cim se pregovori zavrse. On vec ima odluku u dzepu I nju ce sprovesti. I tako, dok se nasa vlada zamajava pregovorima, prijemom u EU, hvatanjem Mladica oni obavljaju pravi posao! Nesto slicno treba I Kostunica da radi. Ali, prvo da im kaze da " Kosovo nece dobiti za zelenim stolom".
Iskustva iz borbe za opstanak Srba I crkve na Kosovu od 1999 – izvor nove strategije I taktike na Kosovu
Srbija mora menjati strategiju I taktiku odbrane Kosova I preneti teziste svog delovanja iz Beograda I inostranstva na teren: na Kosovo, jug Srbije I regije gde se nalazi najveci broj Srba izbeglih s Kosova. Mislim da bi u ovoj teskoj situaciji nasu strategiju I taktiku gradili na misljenju naroda a ne na misljenju politickih stranaka, pre svega na misljenju onih Srba koji su I sada na Kosovu I koji su marta 2004. to svoje misljenje I pokazali u praksi braneci I oruzjem svoja dvorista I kuce. Eto, sta znaci " braniti Kosovo svim sredstvima". Tu se oni razlikuju od zvanicnog Beograda koji apriori odbija svaku mogucnost oruzane borbe.
Beograd nema sluha za druge duele sa otimacima Kosova osim verbalnih.On odmah zavapi " a bombardovanje"?Naravno, bila bi ludost ratovati s njima kao 1999. Ali, postoji hiljade nacina da im se nanese bol . Oni jesu velike sile ali im je I ranjivost velika. Avganistan I Irak, uragan Ketrin otkrili su svu nemoc I neorganizovanost najjace drzave na svetu u susretu sa opasnostima po zivot njenih gradjana. Oni su superiorni kada napadaju I nanose bol drugima ali u navedenim slucajevima strah je zavladao u njihovim redovima.Osecanje straha od 11.XI.2001 ih ne napusta Predsednik SAD nije smeo da udje u centar poplavljenog Nju Orleansa bojeci se snajperista oruzanih bandi koje su pljackale napusten grad.
U svetu u kome se , vise nego ikada ranije, silom resavaju skoro svi medjunarodni sporovi I konflikti , nastupati bez argumenta sile u svojoj politickoj strategiji ravno je samoubistvu. To je znak nesposobnosti I neverice u snagu naroda.
Zato se nasa vojska I resenost naroda za odbranu Kosova moraju ugraditi u nasu drzavnu strategiju. Kosovo je danas jedini zadatak vojske.Ali, vojska sama ne moze odbraniti Kosovo.
Briga za moral, organizovanost I materijalno zbrinjavanje Srba na Kosovu radi otpora otimacini je najvazniji posao vlade. Tu privremeni organi I tela, crkva I nevladine organizacie mogu samo da pomognu. Brzo se treba distancirati od onih na Kosovu koji misle, I propagiraju javno da ce , ako Kosovo bude nazavisno, doci ce do egzodusa preostalih Srba!To je parola CIA. Naprotiv, nijedan patriota nece onda otici s Kosova.
Srbi koji su pobegli sa Kosova 1999. , misleci da ce to dirnuti svetsku javnost I da ce ih Amerikanci vratiti nazad kao Albance pre toga , shvataju, valjda ,da je to bila velika greska. Treba je sto pre ispraviti. Izbegavanje povratka zbog opasnosti progona I napada balista ( sto postoji) nije odrzivo. To je kukavicluk. Opasnost postoji ali kako to izdrzavaju Srbi na Kosovu? Mitinzi I protesti po Srbiji na kojima se vice " Ne damo Kosovo" mogu samo da obraduju Amerikance I baliste I da kazu " Ovi nisu opasni. Ovi samo galame."
Svi koji u Srbiji sire propagandu poput " Kosovo je izgubljeno" , "Spasavajmo ljude I manastire nije vazna teritorija" su "peta kolona" SAD. Ne mogu ljudi I manastiri biti bezbedni u albanskoj drzavi, samo u srpskoj.
Vojska I crkva
Opste smanjenje vojske, narocito borbenih delova, ubrzano penzionisanje najiskusnijeg I najsposbnijeg dela oficirskog kadra ( majori – pukovnici) je tesno vezano sa proglasenjem nezavisnosdti Kosova krajem 2006. Amerikanci jos strahuju, I ne bez osnova, da vojska, ako civili omanu, nece dozvoliti otcepljenje Kosova. Zato obezglavljuju vojsku ( sve vazne odluke o nasoj vojsci donose se u Pentagonu jos od vremena kada je B.Tadioc bio ministar odbrane) a americki ambasador M.Pot ponasa se kao da je on ministar odbrane..
Umesto sto prepisuje americku doktrinu u svoj Strategijski pregled odbrane vojska bi za njegovu osnovu morala imati – Kosovo.
Verujem da ce vojni vrh uvideti o cemu se radi I da nece biti deo kapitulacije I izdaje koja se sprema
I dok je vojska po pitanju Kosova " u autu", napustajuci tako vezu s narodom koja je uvek bila najvaznija za njen moral I borbenost, crkva radi ono sto je vekovima radila kada je narod na Kosovu bio ugrozen. Ona je primer za sve subjekte u Srbiji koji imaju neki deo odgovornosti za Kosovu kako se za njega treba boriti. Ona tako okajava grehe koje je pocinila 1991. podrzavajuci srpske nacionaliste , postavsi njihov saucesnik u tadasnjem bratoubilackom ratu ali I saucesnik u dovodjenja Kosova u ovu situaciju. Bar pokusavaju to popraviti.
24.maj 2006 Stevan Mirkovic,
predsedmik CENTRA TITO
Slovenian Board of Communists about referendum in Montenegro
=== english ===
Slovenian Board of Communists
http://www.geocities.com/revolucija_slo/
birokps @ email.si
Statement about Montenegro's referendum
The secessionists "victory" in Montenegro was quite expected indeed
as everything was well prepared in advance. It is the same old
scenario we have seen in Slovenia back in 1990! The same manipulation
of the public opinion, the same foul play.
European Union means puting an end to Europe proclaimed in Versailles
on 28th June 1919. On that occasion the kingdom of SHS was proclamed
and later on Yugoslavia. The acknowledgement of Yugoslavia at the end
of the I World war by the winning powers was dictated by their
strategic interest to not let Germany on the Adriatic sea, rather
than by the interests of peoples of Yugoslavia. Germany has always
wanted to get to the Adriatic sea through Austria. That is why
Germany was poised to destroy Yugoslavia! That is why Germany attaked
Yugoslavia militarily in 1941, and actually destroyed it in 1990 by
means of secret agents and spies and thanks to the considerable help
of Vatican and plans elaborated by the USA president Reagan and
British PM Margaret Thatcher in 1984. As a matter of fact, the
destruction of Yugoslavia in 1991 was a well planified wicked
conspiracy !!!!! Yugoslavia never desintegrated by itself !!!! "New
Europe" is the conspiracy of the old reactionary capitalistic
powers : England, France and Germany, united in the EU, again profit
on small people's back. Germany gave up it's Deutschmark in support
to euro, but in exchange asked for free access to Adriatic sea.
Slovenian nationalists (German spies mostly, the PM Janez Jansa and
his older tutor, now defunct, Joze Pucnik) were given orders directly
by Helmut Kohl in 1988 while in Ljubliana in visit to the bishop
Alojz Suster!
The most prominent organising role in the process ment to destroy
Yugoslavia was provided by the Catholic church in Slovenia. The
conspirators general staff met at Fanaciskan's in a church near
Tromostovlje in the central Ljubljana. The treasonous Milan Kucan
acting as a secretary of ZKS (Slovenia communist party) was in
reality a Vatican's janizary. The fascists of the sort have brought
upon the people of Slovenia the historical responsability for having
started up the wars and the destructions in the Socialist Federative
Republic of Yugoslavia !
Slovenian alleged heros tried everything to provoke the war! A
peaceable dissolution of the federation was possible, but the counter-
revolutionary criminals needed hatered and blod to be able to restore
capitalism and steal the working people proprety. In todays Slovenia,
the Catholic church is the apsolute lord. The german capital
dominates even the most vital economy and finance sectors of ours!!!
The Germans did not conquer us by their armies, it is their money
that make us slaves.
Not surprisingly, Janez Drnovsek also made a visit to the
Montenegro's secessionists. During the II World
war, his father in the Dachau concentration camp survived as a
Gestapo collaborator. The son is today collaborating with Germany and
the Vatican.
The secession of Montenegro was planned not to make Montenegrans
happier, but to make Serbia sealess !!!!
Cynics say that Montenegro divorced Serbia to join the warlords in
the spoilage. But the Albanian factor is also to be considered in its
quest for the
independence of the Serbian province of Kosovo.
Obviously, the Albanian secessionists are pushing for an independent
Montenegro to be able later on to ask for parts of its territories.
Slovenia
5th june 2006
=== srpsko-hrvatski ===
Stav Slovenackog komunistickog odbora o referendumu u Crnoj Gori:
»Pobeda« secesionista u Crnoj Gori je bila ocekivana jer drugacije i
nije smelo da bude. Isti scenarijo kao 1990 u Sloveniji. Ista
manipulacija svesti gradjana. Naravno bilo je i falsifikovanja
izbornih glasova.
Europska Unija podrazumeva kaj Versajske Europe koja je proglasena
28.6.1919 mirovnim ugovorom. Tada je i formirana kraljevina Srba,
Hrvata i Slovenaca, kasnije Jugoslavija. Sile pobednice I svetskog
rata, formirale su Jugoslaviju ne iz obzira prema interesima naroda
na tom prostoru, vec da bi SPRECILE PRODOR I IZLAZAK NEMACKE NA
Jadransko more! To je bio sracunat strategijski poteza pobednika.
Nemci su preko Austrije uvek tezili, da dosegnu do Jadranskog mora.
Zato su ucinili sve da se Jugoslavija unisti. Zato su je napali 1941
vojnom silom a 1990 unistili tajnom sluzbom i agentima u suradnji sa
Vatikanom radeci po planu koji su dogovorili predsednik SAD Regan i
Engleska premijerka Margaret Tacer 1984. godine. Jugoslavija se nije
raspala 1991 vec je perfidnom zaverom UNISTENA!!! »Nova« Evropa,
udruzena u Europskoj Uniji, produkt je starih reakcionarnih
kapitalistickih sila: Engleske, Francuske i Nemacke koje opet trguju
malim narodina! Nemacka je podrzala Euro i odrekla se nacionzlne
valute, ali je za uzvrat trazila izlazak na Jadran. Slovenackim
nacionalistima (mahom su to agenti Nemacke tajne sluzbe, sadasnji
premije u stvari gaulajter Janez Jansa i njegov vec pokojni tutor
Joze Pucnik) direktive je izdavao licno kancelar Helmut Kohl 1988. u
poseti mitropolitu Alojziju Susteru u Ljubljani!
Glavni organizator rusenja SFRJ je bila katolicka crkva Slovenije.
Glavni stab zavere bila je franjevacka crkva kraj Tromostovja u
centru Ljubljane. Veleizdajnik i sekretar CK ZKS Milan Kucan je
Vatikanski janicar. Fasisticki izrodi su Slovenacki narod OPTERETILI
ISTORIJSKOM ODGOVORNOSCU za POCETAK RUSENJA i RATOVANJA u SFRJ!
Slovenacki samozvani »heroji« su ucinili sve da ISPROVOCIRAJU RAT !
Jugoslovanske republike su se mogle rastati i bez rata ali
kontrarevolucionarni zlocinci su trebali mrznju i rat, da bi
restaurirali kapitalizam a zatim opljackali drustvenu svojinu. Danas
je Katolicka crkva apsolutni vladar i gospodar u Sloveniji. A nemacki
kapital prisutan je u najvitalnijim delovima privrede i banaka!!!
Svabe nisu dosle vojskom vec kapitalom!!!
Secesioniste u Crnoj Gori je licno posetio i Janez Drnovsek, NE
SLUCAJNO! Otac Janeza Drnovseka je bio tokom 2. II Svetskog rata u
logoru Dachau. Preziveo je jer je suradjvao sa Gestapom, bio uvek
nemacki agent i logicno, da njegov sin nastavlja, da suraduje sa
Nemcima i Vatikanom.
Nije se Crna Gora otcepila ,da joj narod bolje zivi, vec, da Srbija
ostane bez izlaza na more!!!Cinici kazu, da su Crnogorci napustili
Srbiju zbog toga jer je izgubila ratove pa nece biti ratnog plena.
Uticao je i Albanski faktor koji, zeli secesiju okupiranog Kosova, da
bi kasnije trazio i deo teritorija Crne Gore.
Il presidente dell'ANPI di Massa condannato per aver cancellato una
svastica tracciata sul monumento a un partigiano!
=== S-H ===
Italija, Masa, 26. juna 2006.
Predsednik boracke organizacije ANPI osudjen zbog toga sto je ocistio
partizanski spomenik oskrnavljen kukastim krstom.
Ermenedjildo Dela Bjankina sa jos jednim antifasistom osudjen je zato
sto je 30. aprila 2004. "pred spomenikom Alda Salvetija lecima i
transparentima pozivao na javni skup a da za to nije imao
blagovremeno izdatu dozvolu od sluzbe javne bezbednosti" shodno
Dekretu br. 773 izdatom u jeku fasisticke diktature, 18. juna 1931.
Tog 30. aprila antifasisti grada Masa ocistili su spomenik
oskrnavljen svastikom i polozili buket cveca na grob partizana i
komuniste pripadnika odreda "Cartolari" koga su nacisti uhapsili i
mucki ubili 1944.
Dok na jednoj strani fasisti mogu mirno da pod policijskom zastitom
marsiraju gradom, na primer 11. marta 2006.u Milanu, dotle na drugoj,
vlasti nisu kadre da udju u trag i kazne vinovnike fasistickih
provokacija, kakvih je bilo recimo prosle godine kada su se
fasisticke horde okomile na spomenik IX Partizanskog Korpusa u
Sloveniji i nedavno u Gorici na slovenacke skole. Ali zato revnosno
krivicno gone - na osnovu fasistickih zakona - svakoga ko se na bilo
koji nacin protivi fasizmu. Tako je bilo i u slucaju toskanskih
antifasista kojima je sudjeno jer su oprali svastiku sa spomenika
palom borcu, tako je bilo i 11. marta u Milanu kada je policija
zverski kidisala i pohapsila antifasiste samo zato sto su se
isprecili pred bestidnim i nedopustivm fasistickim hordama.
Gorki su to plodovi dugogodisnjeg rehabilitovanja fasizma a zigosanja
antifasizma, velicanja "mucenika bacenih u jame" a nipodastavanja i
blacenja narodnooslobodilacke borbe, dugogodisnjeg nicanja
fasistickih formacija, uprkos zakonu i Ustavu, formacija koje
podsecaju, doduse ne jos u istim razmerama i oblicima, na fasisticke
horde koje su nekazznjeno divljale uoci uspostavljanja fasisticke
diktature, i ne samo divljale nego bile finansirane i podrzavane od
liberalnog rezima i njegovih struktura. Imajuci sve to u vidu
smatramo da je neophodno zbiti redove da bi antifasisticka
solidarnost dosla u punoj meri do izrazaja.
U tom duhu, svestrano i nepokolebljivo se svrstavamo sa predsednikom
ANPI-ja grada Masa i drugovima koji su na udaru jedne tako sramne
presude. Pozivamo antifasiste da listom salju poruke solidarnosti na
njihovu adresu, koja glasi:
Della Bianchina Ermenegildo c/o sede Comitato Provinciale ANPI, P.zza
Mazzini, 22, 54100 Massa.
Sandi Volk - predsednik Promemoria
Associazione per la difesa dei valori dell’antifascismo e
dell’antinazismo
Društvo za zaščito vrednot protifašizma in protinacizma
e-mail: promemoriats @ virgilio.it
(prevod: Olga Juric)
=== ITA ===
Trieste, 26.6.2006
Comunicato stampa – con richiesta di pubblicazione
Qualche giorno fa il presidente dell’Anpi di Massa Ermenegildo Della
Bianchina e un altro antifascista sono stati condannati perché, il 30
aprile ‘04, in concorso tra loro, “... /promuovevano,
organizzavano ed incitavano, mediante affissione di striscioni,
distribuzione di volantini, una riunione pubblica davanti al
monumento in memoria del partigiano Aldo Salvetti senza darne
preventivo avviso all’Autorità di Pubblica Sicurezza/” in base al
Regio Decreto n° 773 emanato il 18 giugno 1931, in pieno regime
fascista. Quel giorno gli antifascisti massesi si erano recati al
monumento ad Aldo Salvetti, partigiano comunista della formazione
“Cartolari” catturato, torturato e ucciso dai tedeschi nel 1944,
per cancellare la svastica con cui era stato sfregiato e deporvi dei
mazzi di fiori.
Mentre ai fascisti viene consentito di sfilare protetti dalla
polizia, come l’11 marzo ’06 a Milano, e le autorità non sono
“capaci” di scoprire e punire i responsabili delle provocazioni
fasciste, come quelle avvenute l’anno scorso al monumento ai
partigiani del 9° Korpus in territorio sloveno e recentemente alle
scuole slovene di Gorizia, queste stesse autorità perseguono
sistematicamente – in base a leggi fasciste ! - chi in qualsiasi
modo si opponga al fascismo. Come è avvenuto l’11 marzo a Milano
con le cariche selvaggie e gli arresti subiti dagli antifascisti che
tentavano di impedire l’oltraggiosa e illegale sfilata fascista, e
come è accaduto agli antifascisti toscani, rei di aver voluto porre
rimedio ad un oltraggio alla memoria di un antifascista caduto.
Sono i frutti di anni di riabilitazioni del fascismo e di
criminalizzazione dell’antifascismo, di celebrazioni dei “martiri
delle foibe” e di denigrazione della resistenza, di
leggittimazione – in barba alle leggi e alla costituzione – di
formazioni esplicitamente fasciste che rimandano, seppure in termini
e proporzioni – per ora – diversi, gli anni precedenti alla salita
al potere del fascismo, quando le squadre fasciste potevano agire
impunemente protette, finanziate e sostenute dagli apparati dello
stato liberale. Di fronte a questo riteniamo sia necessario
rinsaldare l’unità e la solidarietà antifasciste.
Esprimiamo perciò la nostra più ampia solidarietà al presidente
dell’ANPI di Massa e a tutti gli antifascisti massesi colpiti da una
così infame condanna e invitiamo tutti gli antifascisti onesti ad
inviare messaggi di solidarietà all’indirizzo:
Della Bianchina Ermenegildo c/o sede Comitato Provinciale ANPI, P.zza
Mazzini, 22, 54100 Massa.
Sandi Volk - presidente Promemoria
Associazione per la difesa dei valori dell’antifascismo e
dell’antinazismo
Društvo za zaščito vrednot protifašizma in protinacizma
Contatti: 3495015941 - e-mail: promemoriats @ virgilio.it
Sui Mondiali di calcio ed altre questioni, non tutte e non solo
"sportive", giriamo alcuni link ed un articolo - per conoscenza e
senza aggiungere nostri commenti. AM
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Mondiali: cronaca di una squadra che non c'è più
Un articolo del settimanale belgradese “Vreme” ripercorre le tappe
della ultra ottantenne storia calcistica della squadra jugoslava,
uscita definitivamente di scena con la sconfitta ai mondali
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/5864/1/51/
Febbre da mondiali per la Croazia
[Drago Hedl] La febbre calcistica dilaga nel paese, facendo
dimenticare problemi sociali e aumenti dei prezzi. Metà governo in
Germania per la sfida con il Brasile, mezzo milione in ferie o
malattia per seguire le partite. Un paese in trance
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/5842/1/51/
Mondiali di calcio: paura di rischiare
Alcuni giorni dopo l'avvio dei campionati mondiali di calcio un
editoriale tratto dal settimanale “Feral Tribune”. Come si stanno
comportando le squadre in campo? Nostra traduzione
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/5835/1/51/
Mostar, un calcio alla convivenza
[Massimo Moratti] La Croazia perde con il Brasile e a Mostar si
scatena la guerriglia urbana. Obiettivo dei teppisti anche il liceo
multietnico della città. La tensione rimane alta, anche per
l'arresto, nelle scorse settimane, di tre croato-bosniaci accusati di
crimini di guerra
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/5836/1/51/
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il manifesto
03 Giugno 2006
L'ultimo mondiale di una ex nazionale
Dopo il referendum che ha sancito la divisione tra i due paesi, la
Serbia-Montenegro affronta la Coppa del mondo provando a dimenticare
rancori e polemiche. Senza il leccese Vucinic messo ko da un
infortunio, la squadra è composta solo da giocatori serbi
Carlo M. Miele
Podgorica - Scendendo in campo il prossimo 11 giugno a Lipsia per
affrontare l’Olanda, Dejan Stankovic e compagni proveranno a far
finta di nulla. Indosseranno le consuete casacche azzurre e saranno
accompagnati dalla solita bandiera a strisce rosse, bianche e blu. Ma
quello che sta per iniziare, per i plavi non è un mondiale come un
altro. In Germania l'undici allenato da Ilija Petkovic si troverà,
infatti, nella paradossale condizione di rappresentare un paese che
non esiste più, formalmente cancellato dalle mappe con il referendum
dello scorso 21 maggio, che ha sancito l’indipendenza del Montenegro
e la fine dell’Unione con la Serbia.
Indietro (anche calcisticamente) non si torna, e dalla fine
dell’estate Belgrado e Podgorica dovranno formare due nazionali
distinte, in grado di partecipare separatamente alle qualificazioni
per i prossimi europei. A quell’appuntamento il piccolo Montenegro
(650mila abitanti contro gli 8 milioni della Serbia) promette di
arrivare preparato, con una squadra competitiva. La guiderà Mirko
Vucinic, l’attaccante del Lecce che fino a pochi giorni fa era
l’unico montenegrino a far parte della nazionale che in Germania se
la vedrà anche con Argentina e Costa d’Avorio. Poi un infortunio con
l’under 21 lo ha messo ko costringendolo a dare forfeit. L’ultima
avventura della Serbia-Montenegro sarà dunque un affare solo serbo.
L’obiettivo dichiarato comunque è quello di mettere da parte le
polemiche degli ultimi mesi e rispondere sul campo con una buona
prestazione. Della grande selezione iugoslava, vincitrice delle
Olimpiadi del ’60 e protagonista in tante edizioni mondiali, non vi è
più traccia, ma le premesse per ben figurare ci sono tutte. Il ct
Petkovic è riuscito a far dimenticare la precedente disastrosa
gestione (culminata con la mancata qualificazione agli europei del
2004) e ha ridato dignità internazionale alla selezione. Sulla via di
Berlino, i plavi hanno vinto il loro girone davanti alla Spagna. La
loro forza è la difesa (una sola rete subita a Madrid durante le
qualificazioni mondiali), oltre che un centrocampo guidato dal
capitano Stankovic con l’aiuto del «vecchio» Pedrag Djordjevic. In
attacco la promessa Zigic e Mateja Kezman. Quella allenata da
Petkovic, insomma, non è più una turbolenta miscela di campioni belli
e ingovernabili, come la Iugoslavia del ’90, ma un vero collettivo,
meno spettacolare forse, ma più concreto.
La vera incognita per la selezione di Belgrado sta proprio
nell’approccio psicologico. Il clima conflittuale che ha anticipato
il referendum in Montenegro, infatti, non ha risparmiato calciatori e
dirigenti. In tanti, hanno scelto di abbandonare il consueto
disinteresse per la politica che avvolge il mondo del calcio e hanno
dichiarato apertamente la propria scelta, unionista o indipendentista
che fosse. Il più agguerrito nel sostenere le proprie ragioni è stato
l’ex milanista Dejan Savicevic, attuale presidente della Federcalcio
di Podgorica. Messo da parte il calcio giocato e la brutta esperienza
sulla panchina della ex nazionale jugoslava, il «genio» di Budva ha
condotto una brillante carriera politica, fino a entrare nelle grazie
del discusso primo ministro montenegrino Milo Djukanovic. E si è
fatto portavoce dell’indipendenza dalla Serbia, arrivando a
minacciare le dimissioni nel caso in cui il referendum del 21 maggio
avesse sancito il mantenimento dell’Unione. «Vogliamo avere un nostro
Stato - aveva dichiarato alla stampa - perché il Montenegro è stato
un paese indipendente per secoli, prima di qualsiasi altro territorio
dell’ex Jugoslavia».
Di fatto, con le sue dichiarazioni Savicevic è diventato il simbolo
della frattura che sta segnando i rapporti tra i due paesi, e lo
stesso Montenegro al suo interno. I ventenni che hanno festeggiato
l’indipendenza in piazza della Repubblica a Podgorica lo considerano
un simbolo. Un emblema della fragile identità nazionale montenegrina,
seppellita sotto le macerie della Prima guerra mondiale e rimessa a
nuovo negli ultimi anni, un po’ forzatamente, per giustificare la
separazione da Belgrado. I serbi che vivono in Montenegro (circa il
30 per cento della popolazione totale) lo hanno bollato, invece, come
traditore e ingrato. Prima di darsi alla politica e diventare un
paladino del Montenegro indipendente, infatti, Savicevic ha militato
a lungo in nazionale (diventandone anche allenatore) e nella Stella
Rossa di Belgrado, la squadra capace di vincere una Coppa dei
campioni nel 1991 e di diventare il vero simbolo della Jugoslavia
plurinazionale, grazie ai suoi fuoriclasse serbi (Mihajlovic), croati
(Prosinecki), bosniaci (Sabanadzovic) e macedoni (Pancev).
La Federcalcio di Belgrado ha preferito non partecipare alla disputa
e ha fatto il possibile per blindare la squadra dalle polemiche.
Anche Petkovic - successore di Savicevic sulla panchina della
nazionale - dice di pensare solo al mondiale: «Abbiamo un eccellente
spirito di squadra. Si avverte chiaramente la disponibilità a
sacrificarsi per i compagni di squadra». Nel suo ruolo di ultimo ct
della Serbia-Montenegro unita non si sente a disagio. Al massimo, le
pressioni - non solo sportive - che continuano ad arrivare potranno
servire da ulteriore stimolo per i plavi: «Vogliamo rappresentare il
paese sul palcoscenico mondiale - risponde sicuro Petvovic a chi gli
chiede un commento- e dimostrare a tutti che la Serbia-Montenegro è
ancora viva».
Thomas Hicks rivela sul Washington Post (10 aprile 2006) un
documento interno del quartier generale Usa in Iraq, nel quale il
portavoce Generale Mark Kimmit afferma: “Il programma Zarkawi di
guerra psicologica (PSYOP) è stato ad oggi la campagna di
comunicazione di maggioe successo". Se lo dicono loro... E, per
finire, ecco le testimonianze di una delle più puntuali ed esaustive
agenzie di informazioni sulla guerra in Iraq, Mafkarat al-Islam (vedi
www.islammemo.cc). Ricordate la medievale esibizione della faccia,
del tutto integra, del cadavere Zarkawi? Ecco quanto hanno riferito
sull’operazione i residenti di Habhab (Baqubah), testimoni oculari:
“I due attacchi missilistici Usa erano tanto potenti da far tremare
l’ intera città. Oltre alla casa dove si sarebbe trovato il gruppo Al
Zarkawi, sono state distrutti più di 50 edifici, fino a una distanza
di 500 metri. Il fumo ha pervaso la zona per oltre 4 ore. Abbiamo
visto gli americani recuperare i corpi. Le fotografie pubblicate sui
giornali ci sembrano incredibili. I missili che avevano colpito
l’obiettivo avevano fuso perfino l’acciaio delle traverse del tetto e
dei telai di porte e finestre. Tutti i corpi estratti dalle macerie
erano completamente carbonizzati e irriconoscibili. Come è possibile
che nelle foto Al Zarkawi sembri uno che è morto nel suo letto?”
Fulvio Grimaldi
(da "Mondocane fuorilinea" dell'11/6/2006)
Reforma u cilju poboljsanja konkurentnosti privrede i blagostanja je
demagoska patka pomocu koje vladini agitatori kod sirokih narodnih
slojeva nastoje stvoriti dramaticni osjecaj ugrozenosti i sudbonosnog
trenutka. Zapravo, vladajuca elita zamazuje oci te podmece lazno
opravdanje za svoju politiku ukidanja drustvenog poretka u kome je
usaglasavanje misljenja bio osnovni princip odlucivanja a SOCIALNA
DRŽAVA temelj!
Bit »reformami« desnicarske vlade Janeza Janse : Dok su Liberali
vladali
hteli su samo nase novcanike a ovi desnicari zele i nase DUSE! Prava
istina (ali se javno ne kaze) o Slovenskim javnim finansijama je veoma
neugodna, da ne kazem katastrofalna. Uoci izbora 3.Oktobra 2004
Slovenija je prakticki BANKROTIRALA! Drzavna kasa je bila prazna tako,
da su 3 meseca do meseca januara 2005. (ziveli od svetog duha) a onda je
vlada uzela kratkorocni kredit od 114 milijardi tolara = 600 miliona
dolara, da bi mogla da funkcionise! LDS i bivsi komunisti su potrosili
gro zaliha ostvarenih jos u socializmu, tako da je sada ZADUZIVANJE i
RASPRODAJA DRUSTVENE IMOVINE jedini nacin da dzava sebe finansira!
Snage koje su najvise unistavale samoupravljanje i socializam
(tehnokarcija u preduzecima i birokratija : i partijska i republička)
sada teret finansiranja za potrebe svog opstanka namecu citavom drustvu!
Bileten Banke Slovenije potpuno je nepoznat vecini stanovnika, iako
sadrzi informacije o realnom finansijkom stanju drzave! Slovenija ima 15
milijardi € (oko 18 milijardi $) javnog duga. Slovenija ima i
unutrašnji
dug –koji je trosak tranzicije od 1500 do 1700 milijardi tolara
(verovatno i vise) to iznosi oko 8 milijardi €! Devizne rezerve iznose
8,5 milijardi €. Slovenackoj katolickoj crkvi je vraceno 75 milijardi
tolara imovine= 400 miliona Americkih dolara. Vatikan je kao uslov za
priznanje nezavisnosti Slovenije (verovatno i Hrvatske) trazio, da se
katolickoj crkvi vrati sva imovina. Vlada Lojzeta Peterleta je 1991. u
zakonu o Povracaju imovine denacionaliziranim upravicencem to posebno
potvrdila! Sada kriju tocnu svotu sa zakomom o »cuvanju licnih
podataka«! 18.Decembra Nedeljski Dnevnikj je objavio skandaloznu vest,
da je nacisticki Feudalac iz Austrije Windischgraetz primio odstetu za
zemlju i sume i nekretnine u iznosu od 100 (sto) miliona americkih
dolara!!! Koje BUDALE su Slovenci, da to trpe!!! Pravnici su svedocili,
da u drugim zemljama dobiju maksimalno po 500 000 dolara, a ove nase
barabe mu isplatile po trzisnoj vrednosti!!! PLJACKA NARODA! Dugove
DARS-a za izgradnju tzv. »Nacionalnega projekta izgradnje autoputeva«
vracacemo do 2035 godine ako ne i duze!
Vlada je ovog meseca izglasala zakon o finansiranju drzave za godinu
2006. i 2007. Predvija ZADUZIVANJE za preko 300 milijardi tola za svaku
godinu! To iznosi 1,5 milijarde Eura za godinu! Jer u 2006. i 2007.
Slovenija mora poceti da isplacuje drzavni dug (ne glavnicu) nego
kamate! Gotovo je! Nova burzuazija i birokratija potpuno su upropastile
ekonomsku pa cak i biolosku bazu Slovenije. Radja se sve manje dece, zna
se,da je najbolja kontracepcija kapitalizam a crkva kaze ,da je uzrok
DUHOVNA KRIZA.
Juce su objavljeni rezultati anketa koje je radio fakultet za
ispitivanje javnog mnjenja: Na pitanje dali boje zivite u 2005. nego u
2004. 28 % odgovara sa DA a absolutna vecina od 72% sa NE!
Slavili smo i praznik osamostaljena 26.12.1990. plebiscit i referendum o
odceplejnju od SFRJ! Uoci 15-godisnjice toga pravljena je analiza: 29%
ljudi smatra osamostaljenje negativnim a 71% za pozitivan istorijski
čin! 29% nezadovoljnih je alarmantna brojka!
Sustina REFORMI se ogleda u katastrofalnom stanju javnih finansija iz
koga se izlaz (otplata dugova i pokrivanje potreba drzave) trazi u
stavljanju tereta finansiranja na pleci gradjana, u prvom redu
penzionerima i radnicima! Nece vlada da oporezuje prodaju 10-15
luksuznih jahti godišnje, nego MILION vekni hleba dnevno!
Radnici jos nisu politicki sazreli, bar vecina njih nije! Nisu politicki
emancipirani. Sada kazu, da za Jansu nikad vise nece da glasaju. A za
koga hoce? Za sadasnju opoziciju koja je glavni krivac za finansijski
krah drzave?! Ja licno dosta razgovaram sa radnicima, kritikujem, dao
sam, da čitaju Revolucionarni Informator –list kojeg sam napisao.
Slazu
se sa mnom ali da se aktiviraju to jos ne. Ali bice i toga! Pre nego za
deset godina doci ce do finansijskog kraha kapitalistickog sistema. Neke
Europske drzave (Danska) vec za 5 godina ocekuju kolaps penzionog
sistema.
Rudolf Baloh
Slovenski Komunisticni Biro
(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)
un obiettivo geografico preciso era stato scelto ben prima di scatenare il bombardamento;
Kragujevac (150.000 abitanti) è una città industriale situata nella Serbia centrale, che accoglie il complesso industriale Zastava.
I trasformatori di due reparti della fabbrica Zastava, del reparto verniciatura e della centrale elettrica, erano stati danneggiati in modo tale che olio bifenilico policlorurato PCB veniva riversato nelle zone circostanti.
Il Diritto Internazionale recita: “In qualsiasi conflitto armato, il diritto delle Parti in conflitto di scegliere metodi o strumenti di guerra non è illimitato.”
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Fratelli d’Italia
Documentario Fantasmagorico