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In memoria di Domenico Losurdo

0) Il nostro ricordo e altri collegamenti
1) Introduzione di Domenico Losurdo alla Autodifesa di Slobodan Milošević di fronte al “Tribunale ad hoc” dell’Aia
2) Knjiga Domenika Losurda "Historijski revizionizam. Problemi i mitovi" / Velika kontrarevolucija (Srečko Pulig (Pubblicata la traduzione croatoserba del "Revisionismo storico" di Domenico Losurdo)


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Lo scorso 28 giugno, all’età di 77 anni, a seguito di una breve inesorabile malattia è morto Domenico Losurdo, insigne storico del pensiero filosofico, marxista, grande conoscitore di Hegel.
La notizia riguarda anche noi e ci colpisce direttamente in virtù non solo della ampia condivisione di punti di vista sulle questioni della contemporaneità – esemplificata dal grande numero di testi di Losurdo che abbiamo contribuito a far conoscere negli anni, si veda: https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/search/messages?query=Losurdo – ma anche in quanto Losurdo è stato socio ed era tuttora membro del Comitato Scientifico-Artistico della nostra Onlus, avendoci sostenuto anche concretamente nelle campagne avviate a seguito della aggressione NATO contro la Jugoslavia nel 1999.
Non sarebbe possibile, né corretto, entrare qui nel merito dei contenuti del suo pensiero politico-filosofico, sia per nostra inadeguatezza sia per l'impossibilità di rendere contro in maniera sintetica dei grandi temi che Losurdo ha trattato promuovendo importanti controversie, facendosi quasi esempio vivente della applicazione del metodo dialettico: pacifismo/nonviolenza ; marxismo occidentale/orientale ; guerre umanitarie, neocolonialismo e razzismo "liberale"... Su altri temi non meno rilevanti e controversi (es. sovranismo, questione nazionale, europeismo, globalizzazione ; materialismo storico/dialettico e dialettica hegeliana/engelsiana) la sintesi è di là da venire, e il contributo di "Mimmo" Losurdo ci mancherà fortemente. Ci limitiamo nel seguito a segnalare alcuni primi testi di cordoglio pervenuti, che abbozzano un suo profilo intellettuale, e proponiamo: 
(1) la sua durissima introduzione alla Autodifesa di Milošević, in cui paragonava il "Tribunale ad hoc" dell'Aia alle corti-fantoccio del Ku Klux Klan: uno scritto che sembra premonitore della eliminazione fisica dell'imputato da parte dello stesso "Tribunale", occorsa pochi mesi dopo; 
(2) la segnalazione e una recensione della recentissima edizione in lingua croatoserba del saggio di Losurdo sul revisionismo storico, tradotto e curato dalla "nostra" indimenticabile Jasna Tkalec e da Luka Bogdanić.
(a cura di A. Martocchia per Jugocoord Onlus)

--- Siehe auch /Si vedano anche:

Ein Brocken im Vorgarten (Von Arnold Schölzel, 30.6.2018)
Für die Einheit des menschlichen Geschlechts: Ein Nachruf auf den marxistischen Historiker Domenico Losurdo
https://www.jungewelt.de/artikel/335204.ein-brocken-im-vorgarten.html

In memoria di Domenico Losurdo (Marco Paciotti e Paola Bubici, 30/06/2018)
... storico della filosofia da anni impegnato in una vasta e profonda opera di rilettura della storia e del pensiero universali in chiave hegelo-marxista, scomparso ... i due pilastri del programma teorico losurdiano: l’uscita del marxismo da ogni dimensione utopistico-mitologica per il suo ingresso in una dimensione scientifica (ovvero nel solco della Wissenschaft hegeliana, della scienza della totalità) e la riscoperta della questione nazionale come sola garanzia per un internazionalismo che sia espressione di universalismo concreto...
https://www.lacittafutura.it/cultura/in-memoria-di-domenico-losurdo

L’Accademia marxista cinese ricorda Domenico Losurdo (Deng Chundong / Accademia cinese del Marxismo CASS, 30 Giugno 2018)

La scomparsa del compagno Domenico Losurdo (Ruggero Giacomini, PCI / Mauro Gemma e la redazione di Marx21.it, 28 Giugno 2018)

Blog ideato e curato da Stefano G. Azzarà


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Dal libro "IN DIFESA DELLA JUGOSLAVIA. Il j’accuse di Slobodan Milošević di fronte al “Tribunale ad hoc” dell’Aia" 
N.B. di questo libro è in preparazione una nuova edizione con importanti integrazioni)

Domenico Losurdo

Introduzione 

Tra le idiozie e le infamie messe in circolazione dall’ideologia che ha accompagnato la guerra contro la Jugoslavia, una spicca in modo particolare: il processo all’Aia contro Milosevic si collocherebbe su una linea di continuità coi processi di Norimberga e Tokyo, che suggellano la fine del secondo conflitto mondiale. In realtà, i responsabili del Terzo Reich e dell’Impero del Sol Levante sono condannati in primo luogo per aver scatenato una guerra d’aggressione. L’atto d’accusa del processo di Norimberga contesta agli imputati di aver commesso «crimini contro la pace» e di aver violato le «convenzioni per la regolamentazione pacifica dei conflitti internazionali». Il 24 novembre 1948, nel confermare le sette condanne a morte emesse dal tribunale di Tokyo, il generale statunitense MacArthur esclama: «Che la Provvidenza Onnipotente faccia uso di questa tragica espiazione come simbolo per ammonire tutte le persone di buona volontà a rendersi conto della totale futilità della guerra - il flagello più terribile e il peccato più grande dell'umanità - con la finale rinuncia ad essa da parte di tutte le nazioni». E’ appena il caso di dire che, a voler tener conto oggi di questo monito e di questi precedenti, sul banco degli imputati dovrebbero essere inchiodati Clinton, i suoi  alleati e i suoi complici.
Ben diversa e persino contrapposta è la storia che agisce alle spalle del processo contro Milosevic. E’ la tradizione delle guerre coloniali. Coloro che osano opporre resistenza alle grandi potenze depositarie della Civiltà sono per ciò stesso «briganti» o «ribelli», da sottoporre a processo ed eventualmente da passare per le armi. Malamente camuffata da «giustizia», la vendetta colonialista si accanisce anche dopo la morte. Nel 1898, con la battaglia di Omdurman, la Gran Bretagna riesce a riassoggettare il Sudan, che in precedenza aveva sconfitto gli inglesi e conquistato l’indipendenza. Ora i bianchi superuomini avvertono il bisogno di riscattare l’umiliazione subita: non si limitano a finire i nemici orribilmente feriti dalle pallottole dum-dum. Devastano la tomba del Mahdi, l’ispiratore e protagonista della resistenza anticoloniale: dopo una sorta di processo, il suo cadavere è decapitato; mentre il resto del corpo è gettato nel Nilo, la testa viene portata in giro come trofeo. Le regole che valgono per gli Stati civili non hanno senso nel rapporto coi barbari, che per definizione sono un’orda barbarica e non già uno Stato e, dunque, non dispongono in senso stretto né di capi di Stato né di capi di governo.
Pur caratterizzati da forti limiti politici e da evidenti forzature giuridiche, i processi di Norimberga e di Tokyo hanno comunque il merito di rompere con questa infame tradizione colonialista. L’atto di accusa di Norimberga contesta ai gerarchi nazisti di aver teorizzato e praticato la «dottrina del popolo dei signori» ovvero della «razza dei signori», abilitati al dominio sui popoli considerati inferiori. E, ancora una volta, dovrebbe essere chiaro a tutti chi si colloca su una linea di continuità coi caporioni del Terzo Reich. Nel discorso che inaugura il suo primo mandato presidenziale, Clinton dichiara: l’America «deve continuare a guidare il mondo»; «la nostra missione è senza tempo». A sua volta, George W. Bush è giunto al potere nel 2000 proclamando un vero e proprio dogma: «La nostra nazione è eletta da Dio e ha il mandato della storia per essere un modello per il mondo». A mettere in scena e a portare avanti la farsa del processo a Milosevic sono due personaggi che, con linguaggio appena più levigato, non si vergognano di riesumare la «dottrina del popolo dei signori» ovvero della «razza dei signori», per definizione superiori non solo agli altri popoli, ma anche agli statuti e alle risoluzioni dell’ONU.
Se Norimberga e Tokyo erano la rottura con la tradizione coloniale, l’odierno processo all’Aia è la rottura con Norimberga e la ripresa della tradizione coloniale. Di nuovo c’è solo un piccolo aggiornamento linguistico. I colpevoli di aver opposto resistenza al «popolo dei signori» sono condannati non più in quanto «briganti» o «ribelli», bensì in quanto «criminali di guerra». A pronunciare tale requisitoria è in primo luogo un paese che, ancora nel secondo dopoguerra, non è indietreggiato dinanzi ad alcuna infamia nel tentativo (fallito) di assogettare i popoli dell’Indocina: qui, ancora ai giorni nostri, innumerevoli bambini, donne e uomini continuano a portare nel loro corpo martoriato i segni dell’indscriminata guerra chimica condotta dagli aspiranti padroni del pianeta. D’altro canto, per ironia della storia, la farsa giudiziaria contro Milosevic va avanti mentre, nonostante la censura, trapelano particolari agghiaccianti su Guantanamo e Abu Ghraib.
Tra Otto e Novecento, i «processi» e le esecuzioni inflitti ai «briganti» e ai «ribelli» delle colonie andavano di pari passo coi «processi» e con le esecuzioni cui erano sottoposti coloro che osavano sfidare la «supremazia bianca» e occidentale già nel cuore della metropoli. Sugli afroamericani, che avevano l’ardire di difendere o rivendicare la propria dignità umana, la «giustizia» del Ku Klux Klan si accaniva con un sadismo raccapricciante. Ma qui è di un altro aspetto che voglio occuparmi. I linciaggi dei neri erano annunciato con anticipo sulla stampa locale. Ad assistere e a divertirsi erano spesso migliaia di persone compresi donne e bambini: carrozze supplementari erano aggiunte ai treni per spettatori provenienti anche da località a chilometri di distanza; i bambini delle scuole potevano avere un giorno libero. Ecco, l’umiliazione, la degradazione e la lenta agonia del ribelle si configuravano come uno spettacolo pedagogico di massa: il popolo dei signori era chiamato a godere della sua supremazia, mentre i neri dovevano introiettare sino in fondo la lezione della necessità della rassegnazione.
Analoghe finalità pedagogiche erano state assegnate al processo contro Milosevic, ma già delle prime sedute tutti, assistendo direttamente o tramite la televisione, hanno potuto rendersi conto della netta superiorità politica e morale dell’imputato rispetto ai suoi accusatori e ai loro burattinai. A questo punto, ha cominciato a rivelarsi controproducente l’enorme apparato multimediale approntato per completare sul piano propagandistico la vittoria conseguita a livello militare. Ora, pur di portare a termine il rito dell’ineluttabilità della Giustizia del Ku Klux Klan internazionale diretto da Washington, si è pronti a mettere da parte o a ridimensionare drasticamente lo spettacolo pedagogico di massa. L’importante è che subisca una condanna esemplare e definitiva il «ribelle», il «brigante», il «criminale di guerra» che ha osato disobbedire agli ordini del popolo dei signori statunitense e occidentale.
 
Domenico Losurdo
16 settembre 2005

 
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Domenico Losurdo

Historijski revizionizam. Problemi i mitovi

Srpsko kulturno društvo Prosvjeta, 2017. 

prevoditelji: Jasna Tkalec i Luka Bogdanić
urednik: Rade Dragojević
232 str. ; 22 cm. ISBN: 9789533560021



Velika kontrarevolucija

Domenico Losurdo, Historijski revizionizam; Problemi i mitovi (s talijanskoga preveli Luka Bogdanić i Jasna Tkalec, Prosvjeta, Zagreb 2017.): Povijest historijskog revizionizma nemoguće je razumjeti izvan konteksta barem 200 godina buržoaskih i socijalističkih revolucija, čije je naličje doba kolonijalizma. Čuvari tekovina tako uređenog svijeta, iz kojega još nismo izašli, imaju dobre razloge da blate Francusku i Oktobarsku revoluciju

piše Srečko Pulig, 25. travnja 2018.

Knjiga talijanskog filozofa historije Domenica Losurda ‘Historijski revizionizam; Problemi i mitovi’ (Prosvjeta, Zagreb 2017.) dobrodošlo je osvježenje u našoj javnosti, koja pred zlom revizionizma, kojemu smo u barem dva vala ovdje izloženi, stoji uglavnom teorijski razoružana. A ne bismo takvima trebali biti. Jer problem revizionizama, u širem i užem smislu, kako ih razvrstava Losurdo, nije nov. Podsjetimo na domaći kontekst. ‘Revizionizam’ i ‘pravovjerje’ bili su opsesija u svim povijesnim socijalizmima, a donekle specifično i u našem. Mi smo naime, kao što je poznato, za ortodoksiju tzv. realnog socijalizma, koja je imala svoje sljedbenike i na Zapadu, barem od 1948. bili ‘revizionistima’. Zemljom koja je napustila učenje marksizma-lenjinizma i dala se u potragu za jednim autentičnim – ni istočnim ni zapadnim – humanističkim marksizmom. Danas i spram tog naslijeđa možemo biti kritičnima. A ta kritika i postoji. Jedna je ona dominantna, desničarskog revizionizma u užem smislu, koji odbacuje sve socijalističke pokrete, a posebno jugoslavenski, kao nešto strano našem ‘nacionalnom tijelu’. Tone ispisane profašističke literature, u publicisti i novinarstvu, ali i znanosti u ‘tranzicijskoj Hrvatskoj’, izvor su šund literature za ‘razvlačenje pameti’ u svakodnevnim borbama oko ono malo vlasti što je samoskrivljenim novim ‘urođenicima’ ovih krajeva, od silne priče o neovisnosti, ostala. Takvi danas, ne slučajno, na svojim nemasovnim paradama uz lokalne postfašističke nose i američku zastavu, nadajući se da će ih svjetska sila broj jedan prepoznati i priznati kao svoje. No u tom računu su se prevarili. Ne zato što je danas američka država vođa ‘slobodnog svijeta’ imunog na fašistoidne tendencije, nego zato što njoj oni trenutno ne trebaju. A ne trebaju ni Njemačkoj, koja se bori protiv svog novootkrivenog postfašizma, jer spram njega djeluju kao utvare iz predmodernih vremena.
Gledamo li s druge strane u povijest odnosa marksizma i sada široko shvaćenog revizionizma ovdje, dovoljno je usporediti dva po jednom bitnom tekstu slična, no po kontekstu bitno različita izdanja. Naime, dvije knjige, ‘Marksizam i revizionizam’ (Naprijed, Zagreb 1958.) i ‘Revizionizam’ (Globus, Zagreb 1981.), sadrže isti bitan tekst. Onaj Eduarda Bernsteina‘Pretpostavke socijalizma i zadaci socijalne demokracije’, napisan na prijelazu iz 19. u 20. stoljeće. I dok u prvom izdanju Bernsteina kao revizionista još uvijek, usprkos razlazu sa  SSSR -om, i u nas poriču LenjinPlehanovRosa Luxemburg i August Bebel, u drugom izdanju, koje je izabrao i predgovorio politolog Ivan Prpić, nalazimo uz isti još dva Bernsteinova teksta protiv ‘boljševičke varijante socijalizma’. Ali i tekstove Georgesa SorelaJeanaJauresaSaverija MerlinaIvanoa Bonomija i Petera von Struvea. Ono što je bitnije od izbora tekstova stav je priređivača, koji je sad naklonjeniji strani koja se još uvijek zove ‘revizionističkom’, no sada već u pozitivnom smislu. To je primjer kako je s prljavom vodom obračuna sa staljinizmom u Jugoslaviji 1980-ih bačeno i dijete. Naime Oktobar, bez inspiracije kojim ne bi bilo ni  NOB -a, a onda vjerojatno ni šanse da sve to s liberalnih pozicija bude negirano. Jer bi cijelo vrijeme vladao mrak pravog desničarskog revizionizma, u užem smislu.
Kada je zavladao novi ciklus povijesnog revizionizma, posebno onaj u Njemačkoj 1970-ih i 1980-ih, predvođen novom popularnošću teza Ernsta Noltea, mi smo imali barem jednog povjesničara – našeg porijekla, ali veći dio života u Njemačkoj – koji se njemu i dužoj tradiciji iz koje proističe suprotstavio. Bio je to Eduard Čalić. Sada to izgleda čudno, ali govori o vremenu koje je bilo potrebno čak i tuđmanizmu da zavlada, no on je uspio u nas 1990-ih objaviti ‘Evropsku trilogiju; Marseille i Drugi svjetski rat’ (Zagreb 1993.) i ‘Europu gledanu s Balkana; Kritiku koncepcije globalističkog revizionizma’ (Zagreb 2000.). U tim knjigama mi još sudjelujemo u svjetskoj diskusiji, dok se danas samo reaktivno trzamo na u međuvremenu od vlasti razrađenu revizionističku ideologiju o ‘dva totalitarizma’, onom fašističkom i onom komunističkom. Ili na očite falsifikate obiteljaša, čije je doktrinarno porijeklo u američkom vjerskom ekstremizmu, a posljedice su po društvo na drugi način pogubne od onih iz 1990-ih.
Prva u nas prevedena Losurdova knjiga kreće se oko nekoliko bitnih koncepata, čiji je zajednički nazivnik da je povijest historijskog revizionizma nemoguće razumjeti izvan konteksta barem 200 godina buržoaskih i socijalističkih revolucija, čije je naličje doba kolonijalizma. Ili u drugoj tradiciji rečeno – imperijalizma. Čuvari tekovina tako uređenog svijeta, iz kojega još nismo izašli, imaju dobre razloge da blate Francusku i Oktobarsku revoluciju, kao i cijelo naslijeđe emancipatornih pokreta 20., ali i njemu prethodnog 19. stoljeća, da ih falsificiraju i prerađuju po svojoj mjeri svjetskih gospodara. A to je uloga od koje, vidimo, ne namjeravaju tako lako odustati. Pozivajući se na komparativni pristup, koji možda i prečesto završava u analogijama, Losurdo analizira probleme i mitove historijskog revizionizma prvenstveno u Velikoj Britaniji,  SAD -u i Francuskoj, a tek izvedeno i u Njemačkoj, koja ih, uostalom, u mnogo čemu slijedi. Nacizam nije u prvom planu namjerno, ne zato što to svojom izuzetnošću ne bi zaslužio, već zato da se obasja i one koji ostaju u sjeni kada se sva krivnja za krvavu povijest 20. stoljeća strovali na Njemačku, a onda uzročno-posljedično i na Sovjetski Savez. On govori o međunarodnom građanskom ratu, koji se može razlučiti na onaj imperijalistički i onaj revolucionarni. Oba navodno imaju elemente ideološkog križarskog pohoda i svetog rata ‘koji u svom teleološkom bijesu protiv heretika ne priznaje razlike između boraca i civilnog stanovništva’. No Losurdo uvjerljivo na bezbroj primjera dokazuje da to puno više vrijedi za prvi slučaj. Kako bi to potkrijepio, uvodi razlikovanje između dva oblika ‘despecifikacije’, kako zove postupak u kojemu se neprijatelja u totalnom sukobu izopćava iz civiliziranog društva ili čak iz ljudskog roda. Prvi, opakiji oblik takvog fanatizma je naturalističkadespecifikacija, pomoću koje se određene etničke, društvene ili političke skupine naprosto isključuju iz ljudske vrste. To proturevolucionarni pokreti, kolonijalizam i imperijalizam, stalno čine. Protivnici Francuske revolucije govore o pobunjenicima, građanima, radnicima i seljacima, kao o Hunima, barbarima, sablastima Vandala i Gota, barbarskoj klasi robova, antropofagima. Revolucionari, od francuskih do sovjetskih i drugih, razvijaju pak despecifikaciju neprijatelja na političko-moralnoj osnovi. Iako Staljin govori o kulacima kao o najbestijalnijim eksploatatorima, krvopijama koji su se obogatili na bijedi naroda, vampirima i sl., bitno je uvidjeti razliku da to nisu vječna i rasno pripisana svojstva, što je pravilo u imperijalista.
Općenito govoreći, revizionistička historiografija potiskuje u drugi plan kolonijalno i nacionalno pitanje u svjetskim razmjerima, a baš o tome se radi u tri ogromna sukoba koji stoje u središtu posljednja dva stoljeća. Svaki od njih traje po nekoliko desetaka godina, a osim vojno-političkog, svi oni imaju i ideološki aspekt. Prvi počinje Francuskom revolucijom i završava restauracijom. Drugi obuhvaća razdoblje dva svjetska rata, koje Losurdo naziva i ‘Drugi tridesetogodišnji rat’. Treći ogroman sukob započinje Oktobarskom revolucijom, da bi preko razdoblja hladnog rata završio nestankom  SSSR -a. Slijedi zaključak kako je jedini ideološko-politički entitet koji je iz sva ta tri sukoba izašao kao pobjednik anglosaksonski svijet. Pisan ovako, bez navodnika, termin vuče na poznatu teoriju o kulturnim krugovima britanskog filozofa povijesti Arnolda Toynbeea, koju je ljevica svojedobno kritizirala.



E’ finita l’era dell’imperialismo umanitario

1) Neocolonialismo e «crisi dei migranti» (M. Dinucci 26.06.2018)
2) Circuito di morte nel «Mediterraneo allargato» (M. Dinucci 19.06.2018)
3) E’ finita l’era dell’”imperialismo umanitario”, quindi guerra alle Ong (A. Avvisato, 18 giugno 2018)


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Neocolonialismo e «crisi dei migranti»

In un paese in cui circa la metà della popolazione vive in povertà, è aumentata la massa di coloro che cercano di entrare negli Stati uniti. Da qui il Muro lungo il confine col Messico, iniziato dal presidente democratico Bill Clinton quando nel 1994 è entrato in vigore il Nafta, proseguito dal repubblicano George W. Bush, rafforzato dal democratico Obama, lo stesso che il repubblicano Trump vorrebbe ora completare su tutti i 3000 km di confine

di Manlio Dinucci 

su Il Manifesto del 26.06.2018

Dagli Stati uniti all’Europa, la «crisi dei migranti» suscita accese polemiche interne e internazionali sulle politiche da adottare riguardo ai flussi migratori. Ovunque però essi vengono rappresentati secondo un cliché che capovolge la realtà: quello dei «paesi ricchi» che sarebbero costretti a subire la crescente pressione migratoria dai «paesi poveri».

Si nasconde la causa di fondo: il sistema economico che nel mondo permette a una ristretta minoranza di accumulare ricchezza a spese della crescente maggioranza, impoverendola e provocando così l’emigrazione forzata.  Riguardo ai flussi migratori verso gli Stati uniti, è attualissimo ed emblematico il caso del Messico.

La sua produzione agricola è crollata quando, con il Nafta (l’accordo nordamericano di «libero» commercio), Usa e Canada hanno inondato il mercato messicano con prodotti agricoli a basso prezzo grazie alle proprie sovvenzioni statali.

Milioni di contadini sono rimasti senza lavoro, ingrossando il bacino di manodopera reclutata nelle maquiladoras: migliaia di stabilimenti industriali lungo la linea di confine in territorio messicano, posseduti o controllati per lo più da società statunitensi, nei quali i salari sono molto bassi e i diritti sindacali inesistenti.

In un paese in cui circa la metà della popolazione vive in povertà, è aumentata la massa di coloro che cercano di entrare negli Stati uniti. Da qui il Muro lungo il confine col Messico, iniziato dal presidente democratico Bill Clinton quando nel 1994 è entrato in vigore il Nafta, proseguito dal repubblicano George W. Bush, rafforzato dal democratico Obama, lo stesso che il repubblicano Trump vorrebbe ora completare su tutti i 3000 km di confine.

Riguardo ai flussi migratori verso l’Europa, è emblematico il caso dell’Africa. Essa è ricchissima di materie prime: oro, platino, diamanti, uranio, coltan, rame, petrolio, gas naturale, legname pregiato, cacao, caffè e molte altre. Queste risorse, sfruttate dal vecchio colonialismo europeo con metodi di tipo schiavistico, vengono oggi sfruttate dal neocolonialismo europeo facendo leva su élite africane al potere, manodopera locale a basso costo e controllo dei mercati interni e internazionali. Oltre cento compagnie quotate alla Borsa di Londra, britanniche e altre, sfruttano in 37 paesi dell’Africa subsahariana risorse minerarie del valore di oltre 1000 miliardi di dollari.

La Francia controlla il sistema monetario di 14 ex colonie africane attraverso il Franco CFA (in origine acronimo di «Colonie Francesi d’Africa», riciclato in «Comunità Finanziaria Africana»): per mantenere la parità con l’euro, i 14 paesi africani devono versare al Tesoro francese metà delle loro riserve valutarie.

Lo Stato libico, che voleva creare una moneta africana autonoma, è stato demolito con la guerra nel 2011. In Costa d’Avorio (area CFA), società francesi controllano il grosso della commercializzazione del cacao, di cui il paese è primo produttore mondiale: ai piccoli coltivatori resta appena il 5% del valore del prodotto finale, tanto che la maggior parte vive in povertà. Questi sono solo alcuni esempi dello sfruttamento neocoloniale del continente. L’Africa, presentata come dipendente dall’aiuto estero, fornisce all’estero un pagamento netto annuo di circa 58 miliardi di dollari. Le conseguenze sociali sono devastanti.

Nell’Africa subsahariana, la cui popolazione supera il miliardo ed è composta per il 60% da bambini e giovani di età compresa tra 0 e 24 anni, circa i due terzi degli abitanti vivono in povertà e, tra questi, circa il 40% – cioè 400 milioni – in condizioni di povertà estrema. La «crisi dei migranti» è in realtà la crisi di un sistema economico e sociale insostenibile.


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Circuito di morte nel «Mediterraneo allargato»

L'arte della guerra. È stata fondamentalmente la strategia Usa/Nato a provocare «l’arco di instabilità» con le due guerre contro l’Iraq, le altre due guerre che hanno demolito gli Stati jugoslavo e libico, e quella per demolire lo Stato siriano

di Manlio Dinucci 

su Il Manifesto del 19.06.2018

I riflettori politico-mediatici, focalizzati sui flussi migratori Sud-Nord attraverso il Mediterraneo, lasciano in ombra altri flussi: quelli Nord-Sud di forze militari e armi attraverso il Mediterraneo. Anzi attraverso il «Mediterraneo allargato», area che, nel quadro della strategia Usa/Nato, si estende dall’Atlantico al Mar Nero e, a sud, fino al Golfo Persico e all’Oceano Indiano. Nell’incontro col segretario della Nato Stoltenberg a Roma, il premier Conte ha sottolineato la «centralità del Mediterraneo allargato per la sicurezza europea», minacciata dall’«arco di instabilità dal Mediterraneo al Medio Oriente». Da qui l’importanza della Nato, alleanza sotto comando Usa che Conte definisce «pilastro della sicurezza interna e internazionale». Completo stravolgimento della realtà.

È stata fondamentalmente la strategia Usa/Nato a provocare «l’arco di instabilità» con le due guerre contro l’Iraq, le altre due guerre che hanno demolito gli Stati jugoslavo e libico, e quella per demolire lo Stato siriano. L’Italia, che ha partecipato a tutte queste guerre, secondo Conte svolge «un ruolo chiave per la sicurezza e stabilità del fianco sud della Alleanza».

In che modo, lo si capisce da ciò che i media nascondono. La nave Trenton della U.S. Navy, che ha raccolto 42 profughi (autorizzati a sbarcare in Italia a differenza di quelli dell’Aquarius), non è di stanza in Sicilia per svolgere azioni umanitarie nel Mediterraneo: è una unità veloce (fino a 80 km/h), capace di sbarcare in poche ore sulle coste nord-africane un corpo di spedizione di 400 uomini e relativi mezzi. Forze speciali Usa operano in Libia per addestrare e guidare formazioni armate alleate, mentre droni armati Usa, decollando da Sigonella, colpiscono obiettivi in Libia. Tra poco, ha annunciato Stoltenberg, opereranno da Sigonella anche droni Nato. Essi integreranno l’«Hub di direzione strategica Nato per il Sud», centro di intelligence per operazioni militari in Medioriente, Nordafrica, Sahel e Africa subsahariana.

L’Hub, che diverrà operativo in luglio, ha sede a Lago Patria, presso il Comando della forza congiunta Nato (Jfc Naples), agli ordini di un ammiraglio statunitense – attualmente James Foggo – che comanda anche le Forze navali degli Stati uniti in Europa (con quartier generale a Napoli-Capodichino e la Sesta Flotta di stanza a Gaeta) e le Forze navali Usa per l’Africa. Tali forze sono state integrate dalla portaerei Harry S. Truman, entrata due mesi fa nel Mediterraneo con il suo gruppo d’attacco.

Il 10 giugno, mentre l’attenzione mediatica si concentrava sulla Aquarius, la flotta Usa con a bordo oltre 8000 uomini, armata di 90 caccia e oltre 1000 missili, veniva schierata nel Mediterraneo orientale, pronta a colpire in Siria e Iraq. Negli stessi giorni, il 12-13 giugno, faceva scalo a Livorno la Liberty Pride, una delle navi militarizzate Usa, imbarcando sui suoi 12 ponti un altro carico di armi che, dalla base Usa di Camp Darby, vengono inviate mensilmente in Giordania e Arabia Saudita per le guerre in Siria e nello Yemen. Si alimentano così le guerre che, unite ai meccanismi neocoloniali di sfruttamento, provocano impoverimento e sradicamento di popolazioni. Aumentano di conseguenza i flussi migratori in condizioni drammatiche, che provocano vittime e nuove forme di schiavitù. «Sembra che essere duri sull’immigrazione ora paghi», commenta il presidente Trump riferendosi alle misure decise non solo da Salvini ma dall’intero governo italiano, il cui premier viene definito «fantastico».

Giusto riconoscimento da parte degli Stati uniti, che nel programma di governo sono definiti «alleato privilegiato» dell’Italia.


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E’ finita l’era dell’”imperialismo umanitario”, quindi guerra alle Ong

di Alessandro Avvisato, 18 giugno 2018

Questi non toccheranno mai più terra in Italia. La pacchia è stra-finita”. Nel vocabolario di Salvini le Ong (organizzazioni non governative) sono delle “navi da crociera”, “taxi” e persino “vice-scafisti”. Da togliere ovviamente di mezzo.

Inutile prendersela solo col leader della Lega e a tempo perso ministro dell’interno, nonché vice-premier. Lui è solo il megafono più sguaiato di una trasformazione oramai avvenuta nel fragile imperialismo continentale guida tedesca. Complice la crisi economica mai finita – dopo quasi 11 anni – aggravata dalle politiche di austerità e ora dall’esplosione di quella che era la camera di compensazione dell’Occidente (il G7, ora affossato da Trump), la direzione di marcia dell’Unione Europea sta velocemente delineandosi.

Il caso delle Ong è quasi rivelatore. Queste organizzazioni “umanitarie”, ufficialmente “non governative”, finanziate quasi sempre da potenti strutture finanziarie multinazionali (basta guardare il consiglio di amministrazione di Save the children Italia per farsi un’idea) e solo in minima parte dall’opinione pubblica di buoni sentimenti, sono state spesso, per un quarto di secolo, la “colonna civile” degli eserciti occidentali.

Intervenivano dopo una guerra o poco prima dell’attacco occidentale, inevitabilmente giustificato con “ragioni umanitarie” e la “difesa dei diritti umani”. Non tutte le Ong appartengono alla piccola galassia delle “milizie civili” occidentali; alcune sono effettivamente dei piccoli miracoli della solidarietà organizzata (Emergency è probabilmente la migliore espressione di questo sentimento).

Ma l’epoca in cui le Ong in generale erano benedette anche dai governi occidentali sembra decisamente finita. Il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, parla da tempo in modo pesantissimo di quelle impegnate nei salvataggi in mare nel Canale di Sicilia. “Fanno parte di un sistema profondamente sbagliato, che affida la porta d’accesso all’Europa a trafficanti che sono criminali senza scrupolo“. 

Lo affianca una voce giudiziariamente autorevole come il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho: “quello che rende difficile il contrasto alle organizzazioni che gestiscono il traffico di migranti è il ‘disordine’ negli interventi. Questo determina l’impossibilità di avere appartenenti alla polizia giudiziaria sulle navi che vanno a recuperare i migranti“.

Il discorso di questi due alti magistrati è la versione “beneducata” del ciarpame salviniano, ma non se ne discosta di un millimetro per quanto riguarda l’obiettivo: in mare, d’ora in poi, ci devono essere soltanto i militari. Meglio ancora se “europei” e non solo italiani.

Se alziamo gli occhi dal nostro miserabile teatrino politico e guardiamo a quel che avviene a livello della Ue – fin qui considerata, erroneamente, in parte anche nella cosiddetta “sinistra radicale”, una sorta di bastiona della civiltà contro i rischi di riprecipitare nel fascismo (prima con Berlusconi, ora con Salvini) – la situazione appare assai chiara. Lungi dal considerare un barbaro senza scrupoli il mattatore leghista, i suoi metodi e i suoi obiettivi appaiono integralmente condivisi ai piani alti di Bruxelles.

Intervistato sull’argomento, il capogruppo del Partito Popolare Europeo (quello di Merkel, Rajoy e Berlusconi), Manfred Weber, non fa neppure finta di essere meno drastico: “Mi piace il fatto che con la sua dura decisione sull’Aquarius Salvini abbia fatto chiaramente capire che l’Italia non ne può più, che ha raggiunto il colmo. Un dato positivo. Sono pienamente d’accordo con lui. E lo ero anche con i muri eretti in Bulgaria e in Spagna. Finché ci saranno confini aperti per i migranti illegali questi continueranno ad arrivare”.

Non dice questo perché abbia qualche lontana nostalgia paranazista, ma per un motivo squisitamente economico: “i migranti africani non hanno le competenze lavorative che servono a paesi come Germania e Olanda. E la loro formazione sarebbe troppo costosa per l’Europa”. Quei paesi non hanno neanche pomodori da raccogliere, dunque vanno respinti e riportati nei paesi di provenienza, aumentando il numero dei militari europei impiegati in Frontex.

Di fronte a questa linea europea – Salvini la spiega a suo modo, per specularci meglio sopra, ma non è affatto una sua esclusiva “conflittuale” con la Ue – a nulla vale l’obiezione sollevata ad esempio dalla presidente di Msf Italia, Claudia Lodesani: “le navi delle Ong effettuano i soccorsi sempre in coordinamento con la Guardia Costiera. Ed infatti a bordo dell’Aquarius c’erano 400 persone precedentemente soccorse dalla Guardia Costiera italiana“. 

E’ ovviamente verissimo. Ma non conta più nulla. Prima le Ong servivano, ora si devono togliere dai piedi, la parola passa ai militari.

Perché? E’ meglio non avere civili tra i piedi, quando si devono fare certe operazioni. Ne potrebbe risentire tutta la narrazione che descrive l’Unione Europea come un paradiso “umanitario”, dove si fanno rispettare i “diritti civili” anche a costo di bombardare qualcun altro.



In questa puntata si parla di: Giornata della Lotta Antifascista, Mondiali di calcio, Macedonia "alla frutta" ...


Cronache non-sportive e che non riguarderebbero la Svizzera

L’allenatore della nazionale serba Mladen Krstajic: «Purtroppo solo i serbi, a quanto pare, vengono condannati sulla base di una giustizia selettiva. Prima il maledetto Tribunale internazionale penale dell’Aja, oggi il Var». (Fonte: https://www.tio.ch/sport/mondiali-2018/1304882/aperta-un-inchiesta-contro-xhaka-e-shaqiri )

Sulle provocazioni nazionaliste pan-albanesi in occasione di eventi calcistici si veda anche:

Drone con bandiera della Grande Albania interrompe la partita di calcio Serbia-Albania (2014)
Le autorità calcistiche internazionali non comminano alcuna penalizzazione e l'autore del gesto, fratello del premier albanese Edi Rama, è subito rilasciato in quanto cittadino statunitense
https://www.cnj.it/documentazione/kosova.htm#drone2014

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http://www.sinistra.ch/?p=7479

Il sopravvento della politica nella partita Serbia-Svizzera

23 giugno 2018 – di Davide Rossi

Vladimir Petkovic è croato-bosniaco, ma è da tempo un consapevole cittadino svizzero, sa, certo meglio di molti altri, che occorre non alimentare i sentimenti ostili verso gli avversari, più che mai prima di giocare con la Serbia, forse per questo ha scelto come sede del ritiro insieme al suo vice Antonio Manicone, non una città scintillante della Russia di oggi, ma Togliatti, detta spesso in italiano Togliattigrad, la città dove una grande fabbrica della Lada-Vaz, Volžskij Avtomobilnyj Zavod, la Fabbrica Automobilistica della Volga, domina orizzonti di case popolari dalla profonda sobrietà socialista.

Per Petkovic sono certo il ricordo della sua gioventù jugoslava e probabilmente un luogo capace di permettergli di trasmettere ai giocatori qualche parola sull’importanza del lavoro operaio e della lotta dei sovietici contro il nazifascismo nella seconda guerra mondiale.

Tuttavia nella Svizzera ci son molti kossovari e quando Xherdan Shaqiri posta su Instagram le sue scarpe da gioco, una con bandiera svizzera e l’altra con quella kossovara, la provocazione diventa pericolosa. La partita inizia con gli elvetici confusi e spauriti e il serbo Mitrovic che al quinto minuto salta surclassando Schar e Akanji, incornando in rete e illudendo i suoi compagni che la Serbia possa avere gioco facile. Nel secondo tempo i rossocrociati, mettendo a frutto gli insegnamenti di Gianni Brera, ovvero difendendo la sconfitta e attendendo il momento opportuno per il contropiede, infilano così due volte i balcanici, raccogliendo una meritata vittoria.

Qui dovrebbe finire la cronaca della partita, ma purtroppo non è così, le reti sono dei kosovari Xhaka e Shakiri, che aveva anche colpito con un gran tiro l’incrocio dei pali e che nella rete al ’90 è stato lanciato da Mario Gavranović, ticinese di origini croato-bosniache e attaccante della Dinamo Zagabria, di più, Xhaka e Shakiri hanno esultato facendo a doppie mani il simbolo dell’aquila albanese, irridendo i serbi e inneggiando al separatismo etnico, Petkovic ha deplorato il fatto, la stampa europea titola in molti casi di “vendetta kossovara”, il capitano Stefan Lichsteiner ha giustificato i compagni a suo dire vittime di una guerra durissima, come se l’UCK non fosse stato uno strumento militare sostenuto dall’Occidente e dall’islamismo salafita internazionale.

La Serbia ha avanzato proteste ufficiali sia a livello diplomatico, sia contro la FIFA, ritenendo che alle provocazioni si sia aggiunta una certa indulgenza arbitrale nei confronti del gioco duro dei rossocrociati, anche se in effetti l’andamento della partita è stato aspro e rude da entrambe le parti.

Da almeno un paio di mondiali si parla di albano-svizzera, molte volte sorridendo e scherzando, tuttavia i fatti incresciosi della notte di Kaliningrad inducono a riflettere con una certa gravità sui temi della coesione e della condivisione di un’identità nazionale, quella svizzera, certo antica e complessa, ma forse necessariamente imprescindibile quando si tratta di vestirne i colori.





(srpskohrvatski / italiano / русский)

Delirium verbis

1) Hrvati besni na FIFA: Kakav srpskohrvatski jezik?! / Хорваты возмутились сербохорватским языком на ЧМ-2018
Croati ai Mondiali contestano l'uso della "lingua serbocroata"

2) У Брчком пушење убија на три језика / A Brčko (Bosnia) "il fumo uccide" in 3 lingue. Identiche.


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Hrvati besni na FIFA: Kakav srpskohrvatski jezik?!

Čelnici Fudbalskog saveza Hrvatske uputili su "oštar prigovor" čelnicima Međunarodne fudbalske federacije (FIFA) zbog panoa na kome piše – "srpskohrvatski".

NĐ  ČETVRTAK, 21.06.2018. 

Radi se o panou koji se nalazi ispred sale za konferencije za štampu, odnosno o listi jezika na kojima će biti 'rađena' konferencija. 

"Pošto su fotoreporteri zamoljeni da napuste dvoranu, ispred sale sam ugledao natpis i šokirao se. Odmah sam fotografisao i to podelio na društvenim mrežama. Kako bi se Rusi osećali da im kao jezik piše ukrajinsko-ruski. A Ukrajincima tek to ne bi bilo drago. Kolega je pitao gospođu iz organizacionog odbora bi li im smetalo da piše na latinici ukrajinsko-ruski kad igra ruska reprezentacija. Ona mu je rekla da bi smetalo i tek onda je shvatila. Pravdala se da im je to neko doneo, da nisu znali, i da je FIFA odobrila. Posle toga natpis je uklonjen", rekao je hrvatski kolega za tamošnje medije. 

Ostaje da sačekamo i vidimo kakav će biti odgovor FIFA, ali će se verovatno sve završiti na izvinjenju.

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Хорваты возмутились сербохорватским языком на ЧМ-2018

21 июня 2018

Хорватская футбольная ассоциация выразила «острые возражения» Международной федерации футбола (ФИФА) из-за размещения в конференц-залах Чемпионата мира в России щитов, надписи на которых обещают журналистам синхронный перевод на сербохорватский язык, сообщает портал В92.

«После того, как фоторепортеров попросили покинуть зал, перед ним я увидел надпись, и был потрясен. Как бы россияне отнеслись к тому, что их язык назвали украинско-российским? Украинцам это тоже бы не понравилось», — рассказал хорватский журналист.

По его словам, после жалоб организаторы турнира признали ошибку и удалили надпись.

Отметим, что со времен распада Югославии сербохорватский язык официально не используется. У Сербии есть сербский язык, а у Хорватии — хорватский. При этом сербохорватский (югославский) язык пытаются развивать сторонники восстановления единого государства.

Напомним, в марте 2017 года украинские и хорватские ультрас договорились  о ненападении друг на друга во время матчей сборных Украины и Хорватии в рамках отборочного турнира к ЧМ-2018.

«Война на Балканах в 90-х годах и события последних лет в Украине – очень похожи. Именно поэтому количество добровольцев из Хорватии, которые сейчас борются на Востоке Украины, одно из крупнейших из числа европейских стран. Для нас, украинских фанатов, есть вещи намного важнее субкультурных конфронтаций. Нам нечего «делить» с хорватами», — говорилось в обращении украинских фанатов.

По мнению доктора политических наук, научный сотрудник Института европейских исследований (г. Белград) Стевана Гайича, объединительный мотив данного союза экстремистов – это ненависть к русским и сербам.


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A Brčko (Bosnia) "il fumo uccide" in 3 lingue

Nelle scuole è proibita la parlata in ecavo, Zmaj (Jovan Jovanović), Dučić e Ršumović vengono tradotti in "serbo" (iecavo) perché l'ecavo sarebbe una lingua straniera - "serbiana" (sic!).  Sul pacchetto di sigarette comperato in qualunque negozio, la scritta avverte "Il fumo uccide": perché la comprendano tutte e tre le comunità etniche, l'avvertimento è scritto in tre "lingue", malgrado tutte e tre abbiano la stessa pronuncia. Soltanto che i serbi lo leggono in cirillico, mentre per i croati e bosgnazzi viene scritto in due versi uguali "Il fumo uccide" ...

www.politika.rs

У Брчком пушење убија на три језика

Ђацима забрањена екавица, па Змаја, Дучића и Ршумовића преводе на „српски” (ијекавски), јер је екавски страни језик – србијански
Аутор: Бошко Ломовићуторак, 19.06.2018.


Од нашег специјалног извештача, Брчко – На паклу цигарета, купљеном у било којој продавници, одштампано је упозорење: „Пушење убија”. Да би то схватили припадници све три етничке заједнице, упозорење је исписано на три језика, без обзира на то што се на сва три исто изговара. Али, Срби ће опомену читати на ћирилици, а за Хрвате и Бошњаке је два пута написано латиницом: „Пушење убија”.
Чињеница да ником у Дистрикту Брчко није потребан преводилац да би разговарао са комшијом друге вере и нације, те да сви добро знају оба писма, не може да поколеба творце троетничности у дејтонском експерименту „дистрикт”.
Све је, дакле, подређено равноправности припадника трију нација у некадашњој посавској општини, а сада државици у држави БиХ.



In questa puntata si parla di: Bratislava e Belgrado, uranio impoverito, attività di lobbying, Macedonia del Nord, disputa linguistica dalla Bosnia all'Australia ...

SEGNALAZIONI INIZIATIVE

* Napoli 18/6: presentazione del libro "Napoli senza riSerbo" di Slobodanka Ćirić
* Trieste 20/6: presentazione del libro "La Banda Collotti" di Claudia Cernigoi

* Roma 22/6: inaugurazione della mostra «Partigiani sovietici in Italia» 


=== Napoli, lunedì 18 giugno 2018
alle ore 17:30 presso l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Palazzo Serra di Cassano, Via Monte di Dio 14

presentazione del nuovo libro di Slobodanka Ćirić

Napoli senza riSerbo

• Editore: La Città del Sole
• A cura di: L. Calabrese
• ISBN: 8882925005
• Pagine: 208, euro 15

saluti:
Avv. Marcello Lala – console onorario di Serbia
Giordano Manes – direttore ed. La Città del Sole
Mario Punzo – direttore Scuola Italiana Comix

interventi:
Esther Basile
Rosanna Morabito
Lucia Stefanelli Cervi

modera: Carmela Maietta

Disegni di Mila Maraniello
Videoriprese Rosy Rubulotta


=== Trieste, mercoledì 20 giugno 2018
alle ore 17:30 presso il Circolo della Stampa, Corso Italia 13

Presentazione del libro di Claudia Cernigoi

La Banda Collotti

Tra il 1942 ed il 1945 operò a Trieste, prima agli ordini del governo fascista, poi degli occupatori nazifascisti, un corpo di repressione denominato Ispettorato Speciale di PS per la Venezia Giulia, creato allo scopo di "infrenare l’azione terroristica delle bande slave e di difendere l’italianità della Regione" (dalle parole dl suo dirigente, Giuseppe Gueli). Tristemente famoso per la violenza con cui agivano i suoi componenti (violenze sui civili, esecuzioni sommarie, devastazioni e ruberie), era noto anche come “banda Collotti” dal nome del commissario Gaetano Collotti che comandava la cosiddetta “squadra volante”, più simile nei comportamenti ad uno squadrone della morte che non un reparto di polizia.




=== Roma, 22 giugno 2018
alle ore 18:30 presso il Centro Russo di Scienza e Cultura, Piazza Benedetto Cairoli 6


«Partigiani sovietici in Italia» – mostra fotografica al Centro Russo di Scienza e Cultura

77 anni fa, nella notte del 22 giugno 1941 la Germania nazista attaccò a tradimento l’Unione Sovietica, dando inizio all’operazione Barbarossa, una delle più impressionanti offensive della storia. Il secondo conflitto mondiale, sanguinario e terribile, si concluse il 9 maggio 1945 con la firma della resa dei tedeschi a Berlino. L’Unione Sovietica ha dato un apporto decisivo alla sconfitta della Germania nazista e alla totale disfatta del nemico.
I soldati dell'Armata Rossa, fuggiti dalla prigionia, hanno combattuto spalla a spalla con i partigiani italiani per liberare l’Italia dal regime nazista di Hitler e dal fascismo di Mussolini. Tra i partigiani sovietici che si batterono contro i nazifascisti vi erano soldati di diverse nazionalità, come risulta dai nomi indicati sulle loro tombe sparse in tutta Italia. Più di 5000 cittadini sovietici hanno partecipato attivamente alla Resistenza, di cui più di 700 in Piemonte.

Il 22 giugno 2018 alle ore 18:30 presso il Centro Russo di Scienza e Cultura si apre una mostra fotografica dedicata al contributo che durante la seconda guerra mondiale dettero i tantissimi volontari provenienti dalle Repubbliche socialiste sovietiche al movimento antifascista in Italia. Curata dallo scrittore Massimo Eccli, l’esposizione raccoglie fotografie provenienti da collezioni private e archivi militari, nonché immagini gentilmente concesse dalle famiglie dei soldati – russe ed italiane.

Indirizzo: Piazza Benedetto Cairoli 6, Roma
Orari: lunedi–giovedì dalle 9.00 alle 18.00, venerdi dalle 09.00 alle 15.00.
http://ita.rs.gov.ru/



(english / srpskohrvatski / italiano)

Quello dell'uranio impoverito è un problema di sicurezza sul lavoro ?

Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito: SICUREZZA SUL LAVORO E TUTELA AMBIENTALE NELLE FORZE ARMATE. CRITICITA’ E PROPOSTE (Relatore: on. Gian Piero SCANU, feb. 2018)


See also:

RAK I BOMBARDOVANJE [JUGOINFO 27.5.2018]
1) Rak i bombardovanje, ima li veze? 2) R. Hänsel: Aftermath of the US-NATO War on Yugoslavia

KAŽU DA NAS NISU TROVALI? (Tanjug 31.05.2018.)
Italijanski pukovnik boravio na Kosovu pa dobio džinovski tumor!
http://www.alo.rs/vesti/drustvo/italijanski-pukovnik-boravio-na-kosovu-i-od-tada-ne-izlazi-iz-bolnice/168006/vest

NALAZI LEKARA KFOR-A Uranijum od bombardovanja 1999. zatrovao vodu u Metohiji! (Novosti 22.05.2018.)

URANIO IMPOVERITO, MORTI “SCONVOLGENTI” (PandoraTV, 8 feb 2018)
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=MCCGWDa-QS0

PSYCHOLOGICAL NOTES ON A FATAL HUMAN WEAKNESS - INDOLENCE OF THE HEART (Dr. Rudolf Hansel, 17 January 2018)
... The question why the US knowingly and willingly use highly toxic and radioactive uranium weapons ("dirty bombs") in the worldwide wars is answered by Moret as follows: "Washington uses DU as a deadly instrument to promote another secret geostrategic agenda..." ...


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SICUREZZA SUL LAVORO E TUTELA AMBIENTALE NELLE FORZE ARMATE

13.2.2018

La Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito
SICUREZZA SUL LAVORO E TUTELA AMBIENTALE NELLE FORZE ARMATE
CRITICITA’ E PROPOSTE (Relatore: on. Gian Piero SCANU)

La sicurezza e la salute del personale dell’Amministrazione della Difesa sono adeguatamente tutelate? Cosa possiamo e dobbiamo fare per evitare in futuro tragedie come quelle che in tutti questi anni hanno colpito le famiglie di queste persone? Sono proprio le domande che hanno indotto la Camera dei Deputati a distituire la quarta Commissione parlamentare di inchiesta sulle morti e malattie che hanno colpito il personale dell’Amministrazione della Difesa: in Italia e nelle missioni all’estero. Perché una quarta Commissione d’inchiesta? Perché le tre Commissioni precedenti ebbero il merito di individuare le criticità e di proporre un ampio ventaglio di indicazioni e proposte volte ad eliminare queste criticità. Ciò malgrado, le criticità non sono state eliminate. Nell’intento di porre rimedio a d una situazione tanto allarmante, l a quarta Commissione si è mossa secondo metodologie d’indagine innovative. In questa ottica, ha assunto un peso determinante l’esercizio da parte della Commissione degli stessi poteri dell’autorità giudiziaria in linea con quanto disposto dall’ articolo 82, comma 2, secondo periodo, della Costituzione. Efficace è apparsa, in particolare, la decisione d i procedere alla maggior parte delle audizioni, non già in forma libera, bensì secondo i paradigmi tipici dell’ esame testimoniale . Altrettanto incisiva si è rivelata la scelta di ricostruire i modelli organizzativi allestiti nei siti militari, e, a questo fine, di analizzare i comportamenti effettivamente tenuti dai soggetti chiamati a vario titolo a garantire la sicurezza sul lavoro: sia i soggetti che di fatto e/o di diritto hanno capacità decisionale , sia i soggetti che incarnano le competenze. Di qui un piano di lavoro caratterizzato dalla sistematica audizione in forma testimoniale di datori di lavoro, responsabili del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, medici competenti, consulenti esterni (primi fra tutti, CISAM e CETLI)
Coerente è, quindi, risultata la decisione di condurre gli accertamenti e di valutarne gli esiti anche con l’ausilio di esperti individuati dalla Commissione in attività di polizia giudiziaria e in magistrati inquirenti professionalmente abituati alle indagini in tema di salute e sicurezza. E proficua è stata l’ulteriore decisione di suddividere i Consulenti della Commissione in più gruppi di lavoro, ciascuno incaricato di approfondire in specifiche relazioni la disamina delle risultanze investigative raccolte su temi basilari quali: documenti di valutazione de i rischi; organi di vigilanza; medici competenti; amianto; radon e altre radiazioni ionizzanti; vaccinazioni; monitoraggio epidemiologico; inquinamento ambientale e bonifiche nei poligoni sardi e non solo ; misure di prevenzione adottate dalle FFAA di altri Paesi.




(english / srpskohrvatski / italiano / русский)

Serbia istituisce Commissione parlamentare sui bombardamenti del 1999

1) La Serbia inizierà a raccogliere materiali sugli attacchi aerei della NATO del 1999  (RIA 5.6.2018)
2) У сусрет 20.ој годишњици агресије НАТО - Да ли је прекинута ,,Уранијумска тишина’’ (В. Смиљанић, 8 јун 2018)
3) Il mondo al contrario: la Serbia dovrà risarcire coloro che l'hanno bombardata? (L'Antidiplomatico 30/05/2018)
4) Копнена агресија НАТО је извршена (Б. Антић)


Si vedano anche / isto pročitaj / see also

2019: MARKING THE 20TH ANNIVERSARY OF NATO AGGRESSION AGAINST SERBIA (FRY)
Time of the programme - March 22 - 24, 2019, Belgrade

XIX Anniversario della aggressione NATO contro la RF di Jugoslavia
19. Godišnjica od NATO Agresije protiv SR Jugoslavije
19th Anniversary of NATO Aggression against the FR of Yugoslavia


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ORIG.: Сербия начнет сбор материалов о натовских бомбардировках 1999 года (05.06.2018)

ENGLISH: Serbia will start collecting material on NATO's airstrikes in 1999 (RIA 5.6.2018)

TRAD.: 

La Serbia inizierà a raccogliere materiali sugli attacchi aerei della NATO del 1999 

RIA 5.6.2018

La raccolta della documentazione sulle conseguenze del bombardamento della Serbia da parte delle forze aeree NATO nel 1999 inizierà il 12 giugno, ha detto il capo del Dipartimento di Oncologia del Centro Clinico della Serbia Danica Grujičić.
La Skupština (Parlamento) della Serbia a metà maggio ha approvato la composizione della Commissione, che è chiamata a stabilire le conseguenze del bombardamento NATO sulla popolazione del paese. Il presidente Aleksandar Vučić aveva già in precedenza affermato che l'utilizzo di proiettili all'uranio depleto da parte degli aerei della Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico è la causa della crescita dei disturbi oncologici nel paese.
<< Noi, con i rappresentanti dei tre Ministeri – della Sanità, dell'Ambiente e della Difesa – abbiamo stabilito che la data di inizio del lavoro della struttura di coordinamento sarà il 12 giugno ... Essa è composta da tecnici – fisici, chimici, dottori, e poi consulenti, soprattutto rappresentanti della Accademia delle Scienze e delle Arti della Serbia e la direzione guidata dal Ministro della Protezione Ambientale Goran Trivan, laddove ci sarà anche il Ministro della Sanità Zlatibor Lončar ed il Ministro della Difesa Aleksandar Vulin, >> riferisce il quotidiano "Večernje Novosti" citando le parole della dottoressa Grujičić.
Secondo quest'ultima, uno dei primi passi sarà lo scambio di informazioni con i rappresentanti del personale militare italiano appartenente al contingente internazionale di peacekeeping in Kosovo che ha sviluppato il cancro a seguito delle conseguenze dell'uso di uranio depleto da parte delle forze aeree NATO:
<< Il nostro compito sarà molto più ampio, poiché assieme alle conseguenze dei bombardamenti con l'uranio depleto noi investigheremo sulle conseguenze dell'inquinamento dovuto alla distruzione di infrastrutture industriali e fabbriche chimiche ... La cosa più importante è monitorare le variazioni nei tassi di incidenza negli scorsi 19 anni. Non solo quelli oncologici, che palesemente crescono, ma anche rispetto a sindromi autoimmuni, infertilità, e disagio mentale", ha dichiarato il capo del Dipartimento di Oncologia del Centro Clinico della Serbia.
Ci si attende che la struttura di coordinamento che è stata creata conduca anche la ricerca sotto il profilo economico e legale. Il materiale raccolto può costituire la base per una richiesta di risarcimento da parte della Serbia ai 19 paesi NATO che parteciparono alla aggressione. 
Nel 1999 il conflitto armato tra i separatisti albanesi dell'Esercito di Liberazione del Kosovo e l'esercito e la polizia della Serbia condusse al bombardamento della Repubblica Federale di Jugoslavia (RFJ, che all'epoca era formata da Serbia e Montenegro) da parte delle forze della NATO. Le missioni aeree si susseguirono dal 24 marzo al 10 giugno 1999.
Il numero esatto delle vittime non è noto. In base alle stime delle autorità della Serbia, durante il bombardamento perirono circa 2500 persone, inclusi 89 bambini. 12500 furono i feriti. Il danno materiale, in base a diverse fonti, è stimato tra i 30 e i 100 miliardi di dollari.
L'operazione militare fu intrapresa senza l'approvazione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU e sulla base della affermazione, da parte dei paesi occidentali, che le autorità della RFJ stavano portando avanti una pulizia etnica nella regione autonoma del Kosovo ed avevano provocato lì un disastro umanitario.

[traduzione a cura di Jugocoord Onlus per JUGOINFO]


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Вељко Смиљанић

Народна скупштина Републике Србије усвојила је 18. маја 2018. године одлуку о формирању Комисије за утврђивање последица агресије НАТО-а 1999. године по здравље грађана и природну околину Србије. За одлуку је гласало 157 присутних народних посланика без иједног гласа против. После дугог периода, у српском парламенту остварен је консенсус о важном научном и државном питању. 

Комисија је сачињена од народних посланика а њен председник је посланик Српске напредне странке и председник Одбора за здравље Народне скупштине др Дарко Лакетић. Комисију ће чинити посланици владајуће већине, али и опозиције. У раду Комисије биће ангажовани научни и стручни сарадници, а први целовит Извештај о налазима треба да буде поднет Скупштини до краја 2020. године. У међувремену, сваких шест месеци, Комисија ће обавештавати Скупштину о напретку у раду. Задатак Комисије биће да утврди узрочно-последичне везе између коришћења пројектила са осиромашеним уранијумом, других отровних супстанци и методa, примењених од стране НАТО-а током агресије 1999., с једне стране, и масовног повећања броја оболелих грађана, укључујући децу, од малигних болести и других раније мање присутних опасних болести, с друге стране. 

Најављено је да ће ово тело српског парламента сарађивати са сличним телима других парламената у Европи, посебно са парламентом Италије, чије су истраге довеле до правоснажних пресуда у корист жртава дејства осиромашеног уранијума. Ради се о последицама на здравље војника који су у саставу снага ОУН (КФОР) били распоређени у српској покрајини Косово и Метохија.

Поред ове Комисије Народне скупштине, последице ће паралелно истраживати и Међуресорно тело Владе Србије, које оснивају министарства заштите животне средине, здравља и одбране. У овом експертском телу биће ангажовани најеминентнији стручњаци Србије из области здравља, радијације и заштите  природне околине. Њима ће бити на располагању модерне лабораторије и резултати досадашњих истраживања. 

У прилог потребе рада на заштити и упознавања становништва на овим просторима говори и податак који је изнео Доменик Леђер, заступник око  7000 италијанских војника у саставу КФОР  који су добили тешке облике карцинома, од којих је 359 преминуло од последица изложености осиромашеном уранијуму на простору Косова и Метохије. 

После агресије НАТО 1999. године Савезна влада СРЈ је формирала своју Комисију за утврђивање последица коришћења пројектила са осиромашеним уранијумом као и бомбардовања рафинерија, постројења хемијске индустрије, трансформатора за пренос електро-енергије услед којих су се стварала и ширила отровна гасовита једињења загађујући ваздух, земљиште и водотокове. После тзв. Демократских промена 2000. о феномену коришћења пројектила са осиромашеним уранијумом и других отровних средстава током агресије НАТО завладала је својеврсна „уранијумска тишина“.

Београдски форум за свет равноправних је непрекидно од свог оснивања 2000. године до данас, упућивао јавне, усмене и писане апеле да се покрену званична истраживања о последицама коришћења пројектила са осиромашеним уранијумом и других отровних супстанци и метода током агресије НАТО, да се последице санирају и становништво  заштити, као и да се покрене поступак за накнаду ратне штете. Указивао је да су таква истраживања покренута у институцијама многих европских држава, у Европском парламенту и Парламентарној скупштини Савета Европе и да је нелогичмно да су друге земље и нације забринутије него институције Србије која је директна жртва коришћења преко 15 тона пројектила са осиромашеним уранијумом чији је век разлагања 4,5 милијарди година. Нажалост, није било реакција.

Најновији Апел, у том смислу, упућен је са Конференције поводом деветнаесте годишњице Агресије, одржане 21. марта 2018. године у Дому Војске Србије, у организацији Београдског форума  за свет равноправних, Клуба генерала и адмирала Србије, СУБНОР-а Србије и Друштва српских домаћина. Овај Апел је достављен Влади Србије као и свим државним институцијама, укључујући Народну скупштину и председника Републике.

Подржавајући рад недавно формираних тела Народне скупштине и Владе, Београдски форум за свет равноправних и многе друге партнерске организације, из земље и иностранства, очекују да државне институције Србије заузму позитивне ставове и о другим апелима Београдског форума, укључујући и Апел за мораторијум на војне вежбе са НАТО-ом током 2019. године, у знак изражавања пијетета према жртвама агресије НАТО поводом 20-е годишњице тог злочиначког акта. Таква одлука била би у складу са принципом војне неутралности и допринос формирању патриотског погледа младих генерација.


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Il mondo al contrario: la Serbia dovrà risarcire coloro che l'hanno bombardata?


E' proprio vero che la realtà supera sempre, o quasi, la fantasia più sfrenata. Se la notizia dovesse risultare, anche solo in parte, vera e a dispetto, purtroppo, della tragedia e dei massacri provocati alla popolazione serba dai bombardamenti NATO del 1999, ci sarebbe da sbellicarsi.
Fatto sta che, a quanto scrivono diversi siti russi, il New York Times (ma, da webilletterati quali siamo, non ci è riuscito di trovarne traccia sul sito del giornale statunitense) avrebbe riportato la notizia di un tale Steven Monaghan, ex pilota militare USA che, in un tribunale statunitense, avrebbe intentato causa alla Serbia per il “trauma morale” da lui (!) subito per aver partecipato ai bombardamenti su Belgrado di venti anni fa.
Monaghan avrebbe presentato in tribunale certificati medici che attesterebbero come, in seguito ai bombardamenti sulla capitale della ex Jugoslavia, sia stato colpito da disturbi del sonno, esaurimento nervoso e siano aumentati gli stati ansiosi.
“Allorché entrai in aviazione” avrebbe detto in tribunale, “non prevedevo di dover partecipare a reali azioni di guerra e perciò è stato molto difficile per me.
Era una grande responsabilità, ero nervoso a ogni decollo. Fino a quando non fu eliminata la contraerea jugoslava, c'era il rischio costante che il mio aereo venisse abbattuto e ho continuato a sognarlo anche dopo la guerra", avrebbe detto.

Il finale, tutto all'americana, sarebbe che il giudice, riconoscendo legittime (???) le motivazioni di Monaghan ed evidentemente commosso da tale tragedia umana, gli avrebbe accordato un risarcimento di 2.150.000 dollari, addirittura  650.000 in più di quanto da lui richiesto. E a pagare, ovviamente, secondo il giudice, dovrebbe essere la Serbia, quale legale successore della Jugoslavia e dunque (!!) ufficialmente responsabile (!!!) della guerra.
Ovviamente, sulla rete russa, si sprecano i commenti, i più leggiadri dei quali chiedono: “a quando i risarcimenti ebrei per gli aguzzini nazisti di Auschwitz?”.
Nell'epoca della “caccia al fake” proclamata a difesa dei “valori democratici”, della “libertà occidentale” e perché no, anche della santa romana chiesa, non ci meraviglieremmo se una notizia simile dovesse risultare vera.


Notizia del: 30/05/2018


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Пише Бошко Антић, контраадмирал у пензији


„Српски телеграф“ је објавио 22 маја 2018. године чланак „Српски генерали продали Косово“, који су наводно обманули Милошевића да предстоји копнена агресија и, на основу изјаве Мирослава Лазанског, тврди да та операција није ни планирана.

Копнене агресије је итекако било!

Тврдње разноразних аналитичара да копнена агресија на СР Југославију није извршена, па чак ни планарана, су нетачне. Из само њима познатих разлога настоји се умањити подвиг наше Војске, која је под налетом оружаних снага Албаније и Шиптарских
терористичких снага одбранила нашу територију и није дозволила ни да стопу наше земље заузме непријатељ.

Надчовечанским напором вођене су борбе на Кошарама (од 9 априла до 14 јуна 1999 године) и на Паштрику (од 26 маја до 14 јуна 1999 године). Подржан снагама НАТО-а непријатељ је бесомучно јуришао на браниоце, а стратегијска авијација је бојиште претворила у површину као на Месецу.

Била је то класично изведена ваздушно-копнена битка са свим елементима које она садржи – наша територија нападнута је из ваздушног простора и са копна, чак и стратегијском авијацијом која нигде на овако малом простору није коришћена. Они који објављују овакве изјаве могли су издражати на местима где су били још, а да ли су могли браниоци на Кошарама и Паштрику?

У име храбрих бранилаца и 133 погинула војника не смемо дозволити да неко, због личних интереса, покушава да обезвреди јуначка дела наших војника.

Битка на Кошарама

Кампања НАТО авијације се појачавала из дана у дан, уз истовременни покушај убацивања на Косово и Метохију већих снага тзв. Ослободилачке војске Косова и плаћеника преко границе са Албанијом.

Команде Треће армије и Приштинског корпуса процениле су могуће сценарије за напад копнених снага агресора са простора Албаније, с обзиром да су у рејону Тропоје биле сконцентрисане јаке снаге од око 15.000 Шиптарских терористичких снага, 8.ooo припадника Војске и Министарства унутрашњих послова Албаније и око 12.000 војника НАТО, са око 15 тенкова М1 „Абрамс“, 20 оклопних транспртера „Бредли'', 30 борбених хеликоптера „Апач'', већим бројем транспортних хеликоптера, 27 вишецевних бацача ракета „Atack'' и авиона А-10.

Процењено је да напад копнених снага треба очекивати на правцу Тропоја- Морина-Ђаковица, у захвату „Бакалијевог пута“, јер је он најповољнији за употребу оклопно-механизованих јединица. Напад би отпочео уз снажну артиљеријску припрему и подршку ваздушних снага по циљевима на читавој дубини зоне одбране 125 моторизоване бригаде, са циљем пробоја на фронту између караула „Морина'' и „Ћафа Прушит'', у циљу стварања мостобрана до линије село Пуношевац – село Берковац, ради увођења другог ешелона.

Међутим, напад копнених снага почео је 9/10. Априла 1999 године у 4.05 часа на фронту од Карауле „Морина'' до Карауле „Кошаре'' класичном копненом агресијом уз ангажовање више хиљада терориста, прикупљених широм Западне Европе, Републике
Македоније и Републике Албаније, уз подршку Оружаних снага Републике Албание и непрекидну ваздухопловну подршку НАТО по положајима наших снага на објектима Раша Кошарес и караула „Морина“ и „Кошаре“. Нападом копнених снага НАТО на правцу Тропоја-Кошаре-Батуша-Дечане постигнуто је делимично изненађење јер је изведен на тешко проходном и пошумљеном земљишту са снежним покривачем и до једног метра.
Напад на Кошарама „затекао'' је 125 моторизовану бригаду у ситуацији да је са 2/3 снага посела зону одбране, док су остале јединице биле ангажоване на разбијању Шиптарских терористичких снага у рејонима Бајгора - Стари Трг и планина Чичевица.
На фронту, ширине око 3-4 километра, од објекта Маја Глава до објекта Раша Кошарес, нападало је око 3.000-5.000 терориста, а по дубини у рејону Тропоја - село Вицедољи била је груписана већа групација терориста. На рејон Карауле „Кошаре“ нападало је око 800-1.000 терориста заједно са плаћеницима, црнцима, специјалцима са зеленим береткама и муџахединима.

У таквој ситуацији граничари 53 граничног батаљона, у првој линији ровова на граничној линији, испољили су невиђени херојизам и зауставили све нападе. На објекту Раша Кошарес група од десетак наших војника успела је да одбије први напад дрогираних терориста, али су под налетом новог таласа били принуђени да се повуку.

Терористи су заузели објекат Раша Кошарес и ушли на нашу територију до Карауле „Кошаре“, коју су наши граничари због неповољне тактичке ситуације напустили. Команде Треће армије и Приштинског корпуса предузеле су хитне мере: формирана је Командна група; стабилизован фронт и заустављен напад агресора; у селу Батуша формирно је и Привремено командно место 125 моторизоване бригаде, а командант је преузео команду  над свим јединицама у зони, између караула „Морина'' и„Кошаре''; наша артиљерија и минобацачке јединице отварале су ватру на територији Републике Албаније по нападним колонама терориста, које су се кретале ка нашој граници чиме су створени застоји и велика концентрација терористичких снага на комуникацијама.

То је привремено зауставило увођење нових снага у напад. На Караулу „Кошаре“, као појачање, упућени су: Вод Војне полиције из Батаљона Војне полиције Прве армије из Дечана; Чета Војне полиције из састава Трећег батаљона Војне полиције Треће армије, као и моторизовани вод из састава Другог моторизованог батаљона125. моторизоване бригаде, после чега је уследио противнапад у бок терориста на објекту Раша Кошарес и разбијање и избацивање терориста са наше територије. Део наших снага запосео је погодне положаје на албанској територији. После тог догађаја јединице 125 моторизоване бригаде ојачане снагама 63 падобранске бригаде, 72 специјалне бригаде, јединицама Војне полције Прве армије и извиђачким јединицама Треће армије, све до 10 јуна 1999 године, спречавале су Шиптарске терористичке снаге да заузму и педаљ територије Косова и Метохије.

У току борби на Кошарама за одбрану државне границе погинуло је 93 припадника, а шест је нестало. Највећи број погинулих 61 је у свакодневним борбама са Шиптарским терористичким снагама, а 32 од дејства НАТО авијације.

Борбе на Паштрику

Док су трајале борбе на Кошарама, агресор није одустајао од покушаја да копном уђе на територију Косова и Метохије. Током 26 маја 1999 године извршено је пребацивање око 600 искусних припадника тзв. Ослободилачке војске Косова у рејон села Ђеђен, у близини наше Карауле и Граничног прелаза „Врбница''. Одмах после поноћи, после снажне артиљеријске припреме по предњем крају Првог моторизованог батаљона 549 моторизиавне бригаде извршено је убацивање, више мањих диверзантско-терористичких група на врх Паштрика, где није било наших јединица.

У 5 часова почео је напад пешадијских јединица јачине од око 1 људи на фронту од око 5-6 километара. Циљ агресора био је да Шиптарске терористичке снаге, по сваку цену, остваре дубљи продор и мостобран за увођење јачих копнених снага НАТО ради избијања у рејон Призрена. Интензивном и снажном подршком авијације, због великих међупростора између рејона одбране наших јединица, дошло је до уклињавања нападача на појединим правцима и до 100-200 метара.

Дејством наше артиљерије напад је заустављен а борбе су настављене на блиским одстојањима око граничне линије. Наша артиљерија, ватрама по очекујућим рејонима другог ешелона у околини Круме, где се, налазило око 12 људи, привремено је зауставила довођење свежих анага. Команда 549 моторизоване бригаде, у циљу избегавања већих губитака, плански је повукла јединице са граничне линије на резервне положаје одбране. Команда Треће армије наредила је употребу армијске артиљерије у циљу подршке јединицама Приштинског корпуса, пре свега 549 моторизованој бригади.

Напади агесорских снага настављени су 27 маја 1999 године у 5.42 часова. Шиптарске терористичке снаге јачине једне бригаде, користећи ноћ, успеле су да поседну полазне положаје на фронту од око 2,5 километра, од Карауле „Горожуп'' до јужних падина Паштрика. Напад је извршен уз снажну авио и артиљериску подршку Оружаних снага Албаније. Уследио је одговор наше артиљерије која је контрабатирањем неутралисала непријатељску артиљерију и циљеве у очекујућим рејонима на територији Албаније. Међутим. дрогирани терористи у таласима су нападали на наше положаје вриску и урлике. Прецизним запречним ватрама и активирањем мина са разорним усмереним дејством наши војници, су успели да зауставе први талас, уз помахниталих терориста и нанели им велике губитке. У рејону карауле „Горожуп'' било је на стотине погинулих терориста које су камионима односили са бојишта. Одмах затим уследио је нови напад око 2 до 3 терориста из друге линије. Због бројчане надмоћности, наше снаге су биле принуђене да се плански извуку на другу линију одбране Горожупска бачила – село Бинај – село Тајец.

Ситуација је постајала све озбиљнија и било је само питање времена колико 250- так војника и добровољаца, могу да издрже и одупру се налетима терориста који су се уклинили око 800 до 1 метара од граничне линије.

У нападу агресор је ангажовао, и „Атланску бригаду“ састављену од шиптарских добровољаца из Америке. Команда 549 моторизоване бригаде упутила је на Истурено командно место „549“ групу старешина ради обједињавања командовања и ојачала јединице на предњем крају једном моторизованом четом из Трећег моторизованог батаљона из другог ешелона.

На Паштрику је ситуација била критична. Борбе су се водиле „прса у прса''. Најкритичније је било у рејону Горожупских бачила где је група од 50-так наших војника бранила положаје. Агресор је под заштитом ноћи стално доводио нове јединице и уводио у напад, па су борбе вођене на одстојањима и до 50 до 80 метара. Наша артиљерија, прецизном ватром, успевала је да спречи даље покушаје уклињавања и обухвата наших јединица и наносила велике губитке који су се бројали на стотине. Команда Приштинског корпуса наредила је извршење противнапада и избацивање терориста са наше територије. Уследио је про-ивнапад, уз јаку подршку артиљерије, на више појединачних праваца. У једном од њих поново је повраћена Караула „Горожуп“.

После поноћи 28 маја 1999 године, Команда 549 Моторизоване бригаде известила је да је напад агресора „сломљен'', а фронт стабилизован. О стању на горожупском фронту, ратни репортер Милован Дрецун известио је југословенску јавност: „Овакви призори се и на филму не могу видети. Код терориста видим на десетине погинулих. Запомагање и лелеци рањених чују се са свих страна. Све делује стравично и нестварно. Видим на око 150 метара од мене порушену караулу. У њеној близини је десетак наших  бораца, који успевају да одбију све налете. Простор са једне и друге стране границе је преоран кратерима авионских бомби и артиљериских пројектила. Око мене је гомила чаура и празних сандука од муниције. Фронт је стабилан све до Горожупских бачила. На врху Паштрика, у рејону објекта Врапче, налази се група од десет војника и два водника, који већ неколико дана одолевају нападима терориста и непријатељској авијацији. У том рејону виде се необично црни облаци дима и повремено се чују експлозије. На Врапче је кренуо вод војника да појача одбрану тог важног објекта.
Тома и ја се спремамо да се пробијемо до Карауле да направимо извештај... Ови јунаци су решени да до последње капи крви бране границу и не помишљају да одступе ни педаљ“. После поноћи 29 маја 1999 године агресор је поново покушао да поново преузме иницијативу. Помагала је и стретегијска авијација авионима Б-52. Међутим, терористи су заустављени у 2.3 часа. Агресор се није мирио са губитком позиција на горожупском фронту па је 30 маја 1999 године наставио да стратегијском авијацијом бомбардује наше јединице. Авиони Б-52 гађали су положаје у рејону Карауле „Горожуп“ и села Планеје. Скоро све куће у селу су сравњене са земљом а простор око села је претворен у „спржену земљу''. Дана 31 маја 1999 године агресор је покушао да поврати „изгубљене“ положаје. У 6.3 часова, уз снажну подршку хаубица, вишецевних бацача ракета и минобацача, почео је нови напад снагама јачине од око 1.5 људи, на фронту око 1-1,5 километар, али без подршке из ваздуха.

Уследио је одговор наше артиљерије па су терористима нанети велики губици и заустављен је напад. Међутим, и поред великих губитака, и даље су нападали у талаласима ангажујући и до 2.000 људи. Нови напад почео је у 17 часова, овога пута уз снажну подршку авијације, око порушене карауле „Горожуп'', на самој граничној линији. Најтеже борбе водиле су се на правцима Горожупска бачила - објекат Врапче и Горожупска бачила – село Планеја. У 18 часова, авијација са више пројектила погодила је кућу у којој је размештено Истурено командно место „549“ у Шех-Махали. Тоне авио-бомби збрисале су све куће у селу и Истурено командно место „549“, при чему је око тридесетак војника заробљено у рушевинама. Команда 549 моторизована бригада одмах је ангажовала санитетске екипе, групе за разчишћавање и цистерне са водом за пружање прве помоћи. Почела је најважнија борба, борба за животе затрпаних људи и борба за време. Ситуација је, из минута у минут, постајала је све драматичнија и тежа. Све је зависило од старешина и војника, херојског Првог моторизованог батаљона 549 моторизоване бригаде.

У 22.04 часа из рушевина је извучено 17 војника, и тројица рањених. Напади на Паштрику настављени су и 1 јуна 1999 године. Авијација је почела да бомбардује наше јединице од 1.3 час. Наша артиљерија, прецизним ватрама дуж читаве линије и по дубини, уносила је хаос у њихове редове. Армијска и корпусна артиљерија, планираним ватрама по положајима непријатељске артиљерије, пешадији у покрету ка граници и очекујућим рејонима Шиптарских терористичких снага, на територији Албаније, а корпусна и бригадна  понападним колонама терориста и уклињеним групама, успела је да разбије резерве агресора и убачене терористичке групе на гребену Паштрика и омогуће нашим јединицама да заузму погодне положаје са којих су контролисале прилазне путеве према Горожупу и спречавале сваки покушај пробоја фронта. Током 2 јуна 1999 године авијација агресора истовремено је почела са подршком јединица на Врбничком и Горожупском правцу, али је напад пешадије успешно заустављен.

Трећег јуна 1999 године јачи напад терориста био је усмерен на правцу село Горожуп - Планеја и преко Горожупских бачила. Били су то последњи покушаји терориста да се докопају дела наше територије. Међутим остали су без успеха. У операцији „Стрела-2“ авијација НАТО је гађала 79 пута, са 634 пројектила и 19 светлећих бомби, гранични појас између планина Паштрик и Јуничке планине. Најнтензивнија дејства била су 26, 27 и 31 маја 1999 године, када су авиони Б-52 бацили око 200 разорних бомби. У одбрани државне ганице у операцији ''Стрела 2'' погинуло је 25 а рањено 126 припадника 549 моторизоване бригаде. Према изјавама званичних извора из Албаније агресор је претрпео губитке од око 800 погинулих. Операцијом агресора руководио је тим НАТО, смештен у Куксу, који је координирао дејствима авијације и артиљерије, коју су наводиле специјалне извиђачке групе, убачене на падинама Паштрика. Штаб је био на директној вези са командом НАТО у Вићенци, али и са Вашингтоном. У нападној операцији ангажоване су снаге: „Атланска бригада“ америчких Шиптара, јачине око 500-1.000 људи; око три бригаде Шиптарских терористичких снага, састављене од припадника ОВК са Косова и Метохије, јачине око 4000 људи; делови Друге пешадијске дивизије Оружаних снага Албаније, око 500-1.000 људи; артиљериске јединице и специјалне јединице и групе НАТО, око 300-500 људи.

Обука јединица за „Стрелу 2“ изведена је под руководством инструктора из Израела, Холандије, Норвешке и Албаније, у центрима Хештану и Круми. Пентагон је за акцију „Стрела 2“ одобрио употребу стратегијских бомбардера Б-52, који су долетали из Велике Британије. Планери операције „Стрела 2“ су зону планине Паштрик и простор све до Призрена назвали ''Хог пен'', што значи ''свињски брлог''.

Нека је слава погинулим на Кошарама и Паштрику!

Бошко Антић, контраадмирал у пензији




Dopo una settimana di pausa tecnica, in questa puntata si parla di: anniversari, UNMIK ed "Esercito del Kosovo", Trepča, Comunità Italiana della Croazia, Slovenia ...

(italiano / srpskohrvatski / english.
Izvori / fonti: Comitato contro la guerra di Milano, Beogradski Forum za Svet Ravnopravih )

World Peace Council in London, June 2018

1) La riunione regionale europea del Consiglio Mondiale della Pace si è tenuta con successo a Londra dal 26 al 27 maggio / Il contributo del Comitato contro la guerra di Milano
2) Le Risoluzioni del WPC: 
– No al vertice di Bruxelles della NATO 2018
– Risoluzione per Cipro
– No alla guerra contro l’Iran
3) Учешће Београдског форума на регионалном састанку Светског савета за мир, Лондон, 26. мај 2018. / Belgrade Forum's Address to the european assembly of the WPC [Il saluto del Forum di Belgrado alla riunione regionale europea del WPC]


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https://comitatocontrolaguerramilano.wordpress.com/2018/06/07/la-riunione-regionale-europea-del-wpc-consiglio-mondiale-della-pace-si-e-tenuta-con-successo-a-londra-dal-26-al-27-maggio/

La riunione regionale europea del WPC (Consiglio Mondiale della Pace) si è tenuta con successo a Londra dal 26 al 27 maggio

L’incontro regionale del WPC in Europa si è svolto con successo a Londra, il 26 e il 27 maggio 2018. L’incontro è stato ospitato dall’Assemblea britannica per la pace (BPA) dopo oltre 30 anni dall’ultima occasione. Il Meeting ha avuto luogo in una sede significativa, la Marx Memorial Library, a 200 anni dalla nascita di Karl Marx, le cui opere continuano a ispirare milioni di persone nel mondo.
L’incontro è stato presieduto dal Coordinatore regionale CPPC Portogallo (Felipe Ferreira) e dall’Assemblea britannica per la pace (Liz Payne), mentre era presente anche il segretario esecutivo WPC Iraklis Tsavdaridis.. I movimenti di pace dalla Gran Bretagna, dal Portogallo, dalla Grecia, da Cipro, dalla Turchia, dalla Spagna, dall’Italia, dal Belgio, dalla Repubblica Ceca, dalla Serbia, dalla Germania, dall’Irlanda, dalla Svizzera e dagli ospiti dei movimenti di pace degli Stati Uniti e dell’Iran, hanno discusso della crescente aggressività dell’imperialismo in tutto il mondo, si sono scambiati punti di vista ed esperienze sulla lotta in ogni paese e si sono coordinati. L’incontro regionale del WPC ha ribadito il suo impegno a lottare contro la NATO per il suo scioglimento e a lottare in ogni stato membro per disimpegnarsi da essa, contro i piani e le azioni imperialiste dell’UE attraverso la PESCO,i gruppi di battaglia e l’esercito dell’UE ,ad esprimere serie preoccupazioni riguardo l’escalation delle minacce e degli interventi imperialisti in Medio Oriente che aumentano i pericoli di una guerra generalizzata di dimensioni globali. L’Assemblea ha approvato risoluzioni sulla situazione dell’ Iran , di Cipro e un appello regionale in vista del vertice NATO a Bruxelles.
La discussione del WPC in Europa si è sviluppata sulla base del piano d’azione globale del WPC, sulle attività anti-NATO che si terranno il 6 e 7 luglio a Bruxelles in collaborazione con INTAL Belgio e nel quadro della campagna WPC “Yes to Peace – No to NATO” (“SI alla pace – NO alla NATO “). Inoltre il WPC  ha espresso il proprio sostegno allo svolgimento della Conferenza internazionale contro le basi militari straniere degli Stati Uniti e della NATO che si terrà a Dublino / Irlanda il 16-18 novembre 2018.




Contributo del CCLGM al WPC – Londra, 26 – 27 maggio



In questi ultimi anni il Comitato Contro La Guerra Milano sta facendo lavoro di informazione, accompagnato dalla formazione dei suoi militanti sulla politica internazionale, nel tentativo di rivitalizzare un movimento sinceramente anti imperialista, che nel nostro paese è ridotto ai minimi termini. Organizziamo iniziative,presidi e manifestazioni in solidarietà ai popoli aggrediti in Medio oriente, in America Latina, nell’Europa Orientale, che non si vogliono piegare all’imperialismo occidentale di USA, UE, NATO e dei loro alleati. In particolar modo contro la guerra in Siria, a favore della resistenza in Donbass al governo filo nazista di Kiev, in difesa dell’ autodeterminazione del popolo venezuelano e di quelli dell’America Latina.

Il “pacifismo idealistico”, che in Italia è maggioritario, si sta rivelando incapace di mobilitare ed essere incisivo.

È un pacifismo non dialettico, che non fa i conti con le contraddizioni, non sapendo individuarle, e soprattutto non riconosce il nemico principale. È contro tutte le guerre, mette sullo stesso piano la guerra imperialista e la guerra di resistenza all’imperialismo o di liberazione; è il cosiddetto pacifismo che non distingue tra aggrediti e aggressori, soggiace alla disinformazione del mainstream ed a livello internazionale ha affinità con Amnesty InternationalHuman Rights Watch, così come con l’International Peace Bureau.

Molto spesso i fatti si incaricano di descrivere una realtà ben diversa, quando i popoli devono combattere per la propria sovranità e indipendenza..

Gran parte della “sinistra” strumentalmente è vicina a questo tipo di pacifismo, con il risultato di avere posizioni che spesso e volentieri sconfinano in un filo atlantismo non dichiarato, ma ben praticato; un caso per tutti è quello della Palestina: non si può al tempo stesso stare con i Palestinesi, denunciando i crimini di Israele, e con i Curdi, dei quali si sta discutendo proprio in questi ultimi giorni, nella Knesset (parlamento israeliano), circa una legge che preveda l’aiuto di Israele alla nascita di uno stato curdo. La motivazione di tutto ciò sta nel fatto che le minoranze curde sono presenti, partendo da est, in Iran, Iraq, Siria e Turchia, paesi considerati ostili da Israele. Se questo non bastasse, è palese l’alleanza militare tra le milizie curde con gli USA, i quali fanno fare loro il lavoro militare più impegnativo e, come usualmente fanno, li scaricheranno nel momento in cui non servissero più, o fosse poco conveniente stare al loro fianco come nel caso di Afrin.

In tutto questo sta anche una insufficienza di analisi del fenomeno migratorio di massa. Per esempio, la Libia di Gheddafi aveva una riserva  corrispondente a 140 tonnellate di oro e 140 tonnellate di argento, la voleva impiegare  per costituire un fondo che consentisse di iniziare a stampare moneta per le 14 ex colonie africane che attualmente usano ancora il Franco CFA, garantito dalla Banca Centrale Francese e legato all’Euro. Inutile dire che il Franco CFA è una delle cause, se non quella decisiva, per la guerra mossa dai francesi per primi alla Libia, e dello svuotamento dell’ Africa Sub Sahariana da cui si emigra verso l’Europa. Questo genere di “pacifismo” non ha mosso un dito per la difesa della Libia, ed anzi, spesso e volentieri lo ritroviamo al fianco di chi, come durante il Regime Change libico, tesseva le lodi dei “liberatori” occidentali.

COMITATO CONTRO LA GUERRA MILANO


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Appello 

Sì alla pace! No alla NATO!

No al vertice di Bruxelles della NATO 2018


Facciamo appello a tutte le organizzazioni e ai militanti in Europa che difendono la causa della Pace, per promuovere azioni contro la NATO e il suo vertice che si terrà a Bruxelles, per la dissoluzione di questo blocco politico-militare e in favore della lotta di ogni popolo all’interno di ogni stato membro della NATO per il ritiro da questa organizzazione militare. Sappiamo che la NATO esiste ormai da quasi 70 anni e che durante questo intero periodo ha continuato ad aumentare i suoi membri, espandendo la sua sfera di influenza, la sua aggressività e le sue pretese contro i popoli. Sappiamo che la NATO ha continuato a esistere, senza  interruzioni del suo ruolo, attraverso i cambiamenti dei governi in tutti i suoi stati membri, compresi gli Stati Uniti. Sappiamo che è importante concentrarsi sull’aumento della pressione e dell’attenzione pubblica nei confronti della NATO e della sua natura imperialista, invece di concentrarsi su un particolare leader. Riaffermando e portando avanti la campagna del WPC “Yes to Peace! No to NATO! “, mettendo i governi dei paesi membri della NATO di fronte alle loro responsabilità, facciamo appello alla mobilitazione e alle iniziative in ogni paese, sostenendo:
  • No all’aumento delle spese militari per la guerra, Si alla redistribuzione della ricchezza per il progresso sociale e per la Pace:
  • Ritiro di tutte le forze della NATO coinvolte nell’aggressione e nell’occupazione militare;
  • La fine del ricatto, della destabilizzazione e della guerra imperialista di aggressione contro Stati e popoli sovrani;
  • Supporto ai rifugiati e alle altre vittime di guerre che la NATO, gli USA e l’UE promuovono e perseguono;
  • Chiusura delle basi militari in territorio straniero e smantellamento dei sistemi anti-missile USA e NATO;
  • Abolizione delle armi nucleari, delle altre armi di distruzione di massa e disarmo generale;
  • Opposizione all’ulteriore allargamento della NATO, in particolare nei paesi nordici, nei Balcani, nell’Europa orientale e a Cipro;
  • Scioglimento della NATO;
  • Rispetto dei principi della carta fondativa delle Nazioni Unite per la sovranità e l’uguaglianza dei popoli e degli stati.

Sì alla pace! No alla NATO!


Risoluzione per Cipro
PACE  E GIUSTIZIA PER CIPRO

La riunione regionale del Word Peace Council che si è tenuta a Londra il 26 maggio 2018 ha discusso, oltre alle altre questioni cruciali che minano la pace in Europa e nel mondo, anche gli sviluppi riguardanti la situazione di Cipro. I movimenti europei di pace del WPC riconoscono la regione del Mediterraneo orientale come una delle aree più appetibili per gli imperialisti perché qui coesistono le vie di trasporto e le stazioni di transizione per gas e petrolio. La Turchia considera importante Cipro per i suoi interessi. La NATO ha Cipro nei suoi piani. Dobbiamo tenerlo in mente.
Noi, le forze che amano la pace in Europa, condanniamo l’ occupazione illegale del 37% di Cipro in corso da 44 anni da parte della Turchia. Denunciamo la divisione di Cipro e affermiamo chiaramente che per noi la divisione permanente dell’isola è una catastrofe. Non smetteremo di esprimere in tutti i modi possibili la nostra solidarietà al Consiglio di pace di Cipro e alla lotta antimperialista del popolo di Cipro, sia greco-ciprioti che turco-ciprioti, contro l’occupazione per arrivare ad una soluzione giusta e praticabile, al fine di riunire il Paese e il popolo di Cipro affinché torni ad essere il padrone assoluto della propria terra e della propria ricchezza. Sottolineiamo che l’unico modo per risolvere la questione di Cipro è attraverso un processo pacifico. I negoziati bilaterali tra ciprioti devono essere pienamente rispettati da tutti e lasciati procedere senza interferenze esterne nel pieno rispetto del diritto internazionale e delle risoluzioni ONU per Cipro. I Movimenti europei per la pace del WPC sono solidali con il popolo di Cipro che lotta per un Paese e un popolo riuniti in una Federazione bi-zonale e bicomunitaria con una sola sovranità, cittadinanza unica e una singola rappresentanza internazionale e con uguaglianza politica. Sosteniamo una soluzione che può essere raggiunta al di fuori delle scadenze soffocanti e libera da custodi e garanti, una soluzione che libererà Cipro da tutti gli eserciti e basi militari. Sosteniamo la lotta del Consiglio di pace di Cipro per lo smantellamento delle basi britanniche a Cipro e contro il loro uso nelle operazioni militari contro i popoli della regione. Chiediamo a tutti i combattenti per la pace di sostenere il Consiglio di pace di Cipro e partecipare alla marcia per la pace che sarà organizzata il 10 giugno 2018, nella base britannica di Akrotiri con lo slogan «Stiamo marciando sulla via della pace».


Per la pace
No alla guerra contro l’Iran

L’incontro delle organizzazioni dei membri europei del WPC, tenutosi a Londra il 26 maggio 2018, ha denunciato la pericolosità creata in Medio Oriente in seguito all’annuncio irresponsabile del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, del ritiro unilaterale dell’amministrazione statunitense dall’ accordo sul nucleare con l’Iran. In linea con una recente dichiarazione del WPC del 7 maggio riguardante la possibilità di una nuova guerra in Medio Oriente che coinvolga l’Iran, l’incontro delle organizzazioni membre europee  ha espresso la sua profonda preoccupazione per le conseguenze delle azioni e delle dichiarazioni dell’amministrazione statunitense concernente l’accordo sul piano d’azione globale congiunto (JCPoA) con l’Iran. Siamo preoccupati che durante gli ultimi due mesi l’esercito israeliano abbia, illegalmente, impunemente e in violazione della Carta delle Nazioni Unite, attaccato obiettivi all’interno della Siria.
Vi è una preoccupazione fondata sul fatto che se l’attuale ondata di eventi non venisse immediatamente arrestata, ci sarebbe il pericolo reale ed enorme di una nuova guerra disastrosa, con conseguenze imprevedibili per la pace e la stabilità della regione.
Lunedì 21 maggio, il Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha annunciato l’intenzione dell’amministrazione statunitense di applicare più ampie e incisive sanzioni contro l’Iran – la cui portata sarebbe, nelle sue parole, “senza precedenti nella storia”. Tutti i segnali ci dicono che gli Stati Uniti – incoraggiati e sostenuti dai loro alleati chiave in Medio Oriente, Israele e Arabia Saudita, con quest’ultimo che sembra essere il finanziatore di questa avventura molto pericolosa – sono decisi a compiere passi verso il “cambio di regime” in Iran.
Nella nostra valutazione, questi passi e questo obiettivo finale sono illegali e completamente contrari alla Carta delle Nazioni Unite e al diritto internazionale. Data questa situazione, l’incontro delle organizzazioni dei membri europei del WPC rifà suo l’appello del WPC alle forze di pace a livello internazionale per la campagna per la pace in Medio Oriente con l’obiettivo di arrestare immediatamente la spinta USA / Israele / Arabia Saudita verso una nuova guerra nella regione. Riaffermiamo il nostro sostegno alla lotta per la pace e il progresso in Medio Oriente.
Riaffermiamo che qualsiasi guerra all’Iran minerà la lotta del popolo iraniano per la pace, la sovranità, i diritti delle persone, i diritti democratici e la giustizia sociale.
Il futuro dell’Iran e del suo sistema politico è una questione che spetta solo ed esclusivamente al popolo iraniano, che respinge l’intervento straniero nel suo paese, qualunque sia il pretesto.


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Под окриљем Светског савета за мир (World Peace Council), у организацији Британске скупштине за мир (British Peace Assembly), а у координацији са Португалским саветом за мир и сарадњу (Portuguese Council for Peace and Cooperation), одржан је регионални састанак европских организација - чланова Светског савета за мир, у суботу, 26. маја 2018. године у Лондону. 

Београдски форум за свет равноправних представљала је Сандра Давидовић, докторанткиња Факултета политичких наука у Београду и чланица Управног одбора Београдског форума. На састанку су учествовали представници организација из више од 15 европских држава (Велика Британија, Португалија, Грчка, Швајцарска, Немачка, Ирска, Шпанија, Италија, Кипар, Турска, Белгија и др.), укључујући и госте из САД, као и са Блиског Истока. У конструктивној атмосфери, учесници сасатанка разменили су информације о протеклим активностима, као и предстојећим иницијативама и плановима. На састанку је изражена заједничка забринутост поводом растућег тренда милитаризације Европе и света, агресивне ратне реторике, хистеричне пропаганде, као и једностраних војних мера који стварају атмосферу страхa и неизвесности. Размењена су мишљења и о предстојећим активностима Савета, на Кипру, у Бриселу и у Даблину. 

Представница Форума је указала на актуелне безбедносне проблеме у региону Балкана, посебно проблем Косова и Метохије и у том контексту подсетила да се наредне године обележава 20. годишњица од почетка агресије НАТО на Србију (СРЈ) и формирања НАТО војне базе ,,Бондстил'' на територији Србије, без пристанка домаћих власти. С тим у вези, састанак је искоришћен за упознавање Светског савета за мир са активностима у вези са припремом велике међународне конференције Београдског форума, којом ће бити обележна ова годишњица, као и за анимирање свих мировних организација за што шире учешће и подршку у овој иницијативи Београдског форума. 

У наставку је текст њеног излагања на енглеском:

 

World Peace Council
WPC European member organizations meeting
London, May 2018

 

           Dear friends and comrades,
           Ladies and gentlemen,

    Allow me to begin with warmest greetings on behalf of the Belgrade Forum for a World of Equals and to convey our sincere appreciation for this initiative to organise today’s regional meeting of European members of the World Peace Council. I am especially grateful to the hosts of this significant gathering for their successful organization and hospitability. As an independent, non-profit and non-partisan organisation committed to the peace, the Belgrade Forum for a World of Equals finds this meeting to be a convenient occasion that provides constructive atmosphere for exchanging thoughts on our joint activities in the struggle for peace, as the peace is getting increasingly endangered by the forces of imperialism and domination.

    This is also a fine opportunity to recall the successful and constructive cooperation between the Belgrade Forum and the World Peace Council, whose activities strengthened the Council’s reputation and influence in the world and, as such, became an irreplaceable platform for rallying all organisations and individuals genuinelly committed to peace, justice and equality. The Belgrade Forum for a World of Equals gives our full support to all initiatives the WPC raised, as we find them timely and particularly important for all of us.

    Just like in previous years, the Belgrade Forum has been working intensively to promote the idea of peace and equality, both in Serbia and abroad, with a view to contributing to the critical reviewing of the ongoing political processes and the spreading of truth at the times of universally prevailing propaganda, war rhetoric, and global tensions. We share a huge concern of all peace movements caused by the growing trend of militarisation of Europe and indeed the entire world. War rhetoric, hysterical propaganda, unilateral military measures and global uncertainty, combined, leave no room for indifference of any person. The arms race, not dissimilar to one at times of the Cold War -- as evidenced by SIPRI data that world military expenditure has risen to $1,739 billion in 2017, with an upward trend – is an imminent threat to global peace and security. All this was followed by the transformation of economy in Europe, from civilian to military, namely, by the trend of militarisation of the entire system of the EU. Europe has become a channelled direction of NATO action, as revealed by intensive tendencies to establish European military, primarily by means of establishing the Permanent Structured Cooperation that envisages the increase of military budgets and the Member States’ coordinated cooperation with NATO actions in its drive to the East. Once a peace project, as the European Union has defined itself, nowadays its military component is becoming ever more visible. This shift should be viewed in the context of geostrategic ambitions of the USA and NATO, rather than as a stand-alone response of the Brussels administration to security threats to the Continent. This aligning of European capabilities to the military needs is the outcome of a subservient attitude of Brussels administration vis-à-vis the USA and NATO. The Balkana, acting as a precise seismologist of global changes, has invariably been the stage in which such changes could be felt most accurately. Given the price paid by Serbia in World War II, we are particularly concerned that these trends are coupled by increasingly widespread revival of Fascism and Nazism, especially in Europe.

    We hold that the present global instability and degradation of the principles of the international system have their roots in NATO military aggression against Serbia (the Federal Republic of Yugoslavia) of 1999. Expansive spreading of NATO military potential Eastwards began with this aggression and the establishment of the US military Camp “Bondsteel” erected on a part of Serbian territory devoid of consent of the home authorities, after the end of the aggression and forcible occupation of Kosovo and Metohija. The establishment of this camp, one of largest US military camps in the world, has triggered formation of other military bases in Europe, such as: four US camps in Bulgaria, four in Romania, and thereafter in Poland, Czech Republic, and the Baltic states. This is why we are extremely concerned by recent information that instead of closure, plans are to expand Camp “Bondsteel” most notably by constructing a military airport and by substantial increasing of landing capacities for military helicopters, thus making this base fit to serve as a coordinating centre for other US/NATO bases in this part of the world. This all compels us to constantly remind of NATO aggression on Serbia, because understanding this aggression is the key to understanding the continuity of intensified escalation in international relations, the purpose of the military build-up at the East of Europe, of an accelerated militarization and proliferation of military bases, unilateral military campaigns in the Middle East, under a series of false pretexts. The analysis of NATO aggression against Serbia helps better understand why the world of today is in the single most unstable state of affairs since WWII, abounding with tensions, deeply rooted distrust and overall fear.

    With all these extremely dangerous processes and phenomena, the Belgrade Forum for a World of Equals sincerely welcomes initiative to create Global Coalition against US/NATO Military Bases.   With our congratulation to this very important initiative, we fully support and subscribe to it, and we intend to give our input to the common efforts.

    Please allow me to use this venue to inform you that last March, within the marking of 19th anniversary of NATO aggression on Serbia, the Belgrade Forum sent public Appeal for Peace, which was met with great attention of both domestic and international public. Further, the Belgrade Forum requested the closure of Camp “Bondsteel” and other military bases, since all developments that unfolded over the recent years in the Balkans demonstrated that NATO is not a partner for peace but rather a direct threat to the peace and stability of the region. In addition, the Belgrade Forum has recently endorsed the Appeal for Moratorium on Military Exercises with NATO during 2019, in a gesture honouring all civilian and military victims of 78-day NATO aggression, and submitted to relevant state authorities of Serbia. We intend to keep you informed in more detail about all the above in the coming period, so to enable you to support the Forum in our plans to dedicate the next year not only to marking the 20th anniversary of NATO aggression on Serbia but also to take is as an additional impulse in our joint efforts in the struggle against the expansionist US/NATO strategy, against their policy of domination and endangering peace and security.

    19 years since NATO aggression, the leading members of this Treaty continue the original aggression with other means. Key members of both NATO and EU are sponsors of unilateral secession of Kosovo of 2008, they were the first ones to recognize this illegal act, and ever since they seek to steal a part of Serbia’s territory to create another Albanian state in the Balkans, as a stepping stone to the creation of Greater Albania. Nowadays, the additional request these countries demand from Serbia is to accept a deal by trading the recognition of Kosovo for a promise of a possible EU membership. It is most cynical to offer such deal to Serbia, despite five EU member states have not, and do not intend to, recognize Kosovo. The ongoing negotiation format for resolving the Kosovo issue, unfolding under the Brussels auspices, is being misused for the expansion of geopolitical interests of the mightiest members of EU plus the USA, to the detriment of the Serbian people. The evidence thereof is almost two decades long preventing the expelled Serbs and other non-Albanians from Kosovo and Metohija to exercise their universal human right to free, safe, and dignified return to their homes, to their legally guaranteed property.

    The Belgrade Forum advocates the reverting the process of resolving this complex problem to the framework of fundamental principles of international law and the UN Charter, namely, within the framework of the United Nations and UNSCR 12244. We are convinced that only thus brokered resolution is capable of preserving peace and stability in the Balkans, and of creating structural preconditions for a safe and prosperous development of the region.

    I am also using this opportunity to inform you that the Belgrade Forum has already started preparations for the marking of 20th anniversary of NATO aggression on Serbia next March. The central event of these activities is going to be International Conference on 22 March 2019 in Belgrade.  The basic information about this conference and other activities are contained in the preliminary invitation you received. We hold it vital that, on this occasion, from Serbia as the victim of the aggression and of the first war waged in Europe after WWII, should be circulated strong messages voicing energetic appeals for peace, for the observance of the fundamental principles of international law, for equality, for the principles of sovereignty and territorial integrity that underpin the contemporary international order.

    Peace and progress in Europe and the world are presently endangered more than ever before since the end of World War II. The sources of menace are the imperialistic centres of power which refuse to accept the loss of their privileges and the end of a unipolar world order. This is why is necessary to redouble our efforts, and reinforce our unity and coordination, to help the humanity stand against the neo-Fascist and neo-colonial trends. The Belgrade Forum stands ready to provide its full support to this endeavour.
    Thank you.

Sandra Davidović,

Member of the Steering Board of the Belgrade Forum for a World of Equals






Costituzione italiana versus Unione Europea

1) Sandro Pertini: L'Unione Europea non è espressione spontanea della volontà e delle esigenze dei popoli europei (1949)
2) Andrea Catone: Costituzione italiana versus architettura attuale della UE
3) Il fallimento europeo visto dagli altri. Recensione di "La quinta Germania" (A. Barile, 13.12.2017)
4) Francesco Delledonne: Il mito reazionario dei padri fondatori dell'UE 


Si vedano anche:

Convergenza, democrazia, sovranità. Europa e politica. Intervento di Vladimiro GIACCHÈ (Pandora Rivista, 5 mar 2017)
Al convegno della rivista Pandora e dell'Istituto della Enciclopedia Italiana tenuto a Roma giovedì 26 gennaio 2017
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=Mf5zE3GGqgg

Sergio CARARO: L’eterna lotta tra il dito, la Luna e l’idiota. A “sinistra” (29 maggio 2018)
... La prima – la Luna – è diventata luminosissima con quanto avvenuto non solo in queste ore, ma in ventisei anni di cosiddetto “vincolo esterno”. Quel “ce lo chiede l’Europa” che dal governo Amato del 1992 a oggi è stato invocato per far ingoiare politiche antipopolari a lavoratori, disoccupati, pensionati. Ma che ha prodotto anche scomposizione, morti e feriti in settori della borghesia italiana più legati al mercato interno e inadeguati a praticare l’applicazione del dogma mercantilista imposto dal capitale multinazionale europeo, soprattutto tedesco; un dogma fondato sulla supremazia delle esportazioni sul mercato mondiale e sui cambi fissi monetari (l’euro)...
http://contropiano.org/news/politica-news/2018/05/29/leterna-lotta-dito-luna-idiota-sinistra-0104435

Michele MERLO: Mattarella, l’ultimo atto della sinistra che fu (29/05/2018)
... Abituati a studiare il nazismo e il fascismo come fenomeni meramente storici, hanno perso la capacità di traslare l’essenza di quei regimi, adattandoli alle condizioni odierne. Non fa paura la dittatura della finanza, delle organizzazioni transnazionali, ma addirittura si auspica un loro intervento per porre fine al governo della plebe, degli ignoranti che non hanno conseguito i master ad Haward o non hanno studiato alla Bocconi...
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-mattarella_lultimo_atto_della_sinistra_che_fu/82_24168/

Jean-Luc MÉLENCHON: «Berlino fatica a formare il governo italiano» (29/05/2018)
«Il deplorevole presidente italiano compie il suo ruolo con la consapevolezza rude di tutti i curatori fallimentari»

Fosco GIANNINI: Contro il commissario Oettinger, per un popolo italiano indipendente e libero (31 maggio 2018)
... la prepotenza verbale di alcuni esponenti politici tedeschi non è che la punta più esposta di un iceberg, di un intero orientamento politico delle classi dominanti tedesche, quelle che traggano enormi vantaggi dal dominio economico-politico di Berlino sull’intera Ue...


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L'Europa e il Piano Marshall

I federalisti che nell'Unione Europea avevano visto la base dei futuri Stati Uniti d'Europa, prima ancora di quanto ci si aspettasse hanno dovuto riconoscere il fallimento del loro sogno.
È chiaro infatti che una Federazione Europea per poter essere politicamente realizzata debba innanzi tutto trovare la sua attenzione nel settore economico-finanziario. Ora, fuori di tutte le assemblee interparlamentari, vere accademie inutili fatte solo per soddisfare vani esibizionismi, si constata che mai come oggi nel campo economico-finanziario vi è stato così forte contrasto fra i paesi dell'Europa Occidentale.
Uno dei presupposti per dar vita ad una Federazione Europea è sempre stato quello d'una moneta comune o di monete nazionali però convertibili l'una nell'altra a prezzo stabile, invece questo appare più che mai un segno irrealizzabile oggi di fronte alla lotta senza quartiere tra dollaro e sterlina, lotta che ha appunto come terreno e preda questa povera Europa Occidentale.. L'Inghilterra e l'America sono sotto l'incubo d'una grave crisi economica e cercano una via di salvezza nello sfruttamento dell'Europa Occidentale, che finiranno per trascinare nella loro stessa rovina. I due Paesi e le nazioni europee ad essi legate economicamente attraverso il Piano Marshall si avviano verso l'abisso di una crisi simile a quella del 1929 con tutte le gravi conseguenze che ancora si ricordano. (Non abbiamo fatto che parafrasare quanto in proposito ha scritto l' "Evening Standard").
Ormai a tutti è noto che l'Unione Europea e gli organismi derivanti dal Piano Marshall non sono l'espressione spontanea della volontà e delle esigenze dei popoli europei, bensì sono stati artificiosamente creati con lo scopo politico di fare d'un gruppo di nazioni europee uno schieramento in funzione antisovietica, e con lo scopo economico di fare dell'Europa Occidentale un campo di sfruttamento della finanza americana. Ma anche l'Inghilterra, che naviga in così cattive anque, cerca di salvarsi a spese di questa Europa Occidentale esausta. Di qui il contrasto fra dollaro e sterlina.
E i popoli, in balia di questi egoismi, hanno dinanzi a sé due spettri, la fame e la guerra. Le classi dirigenti dell'Europa Occidentale, di oltre Manica e di oltre Oceano sono troppo prese dai loro particolari interessi, per poter risolvere i problemi che angustiano giorno per giorno le masse lavoratrici. In America si è giunti ormai a quasi 6 milioni di disoccupati, nell'Europa Occidentale questo male va assumendo proporzioni preoccupanti.
È un vecchio mondo destinato a perire per le contraddizioni che porta in se stesso. E non vi sono Patto Atlantico, Unione Europea, Piano Marshall e Vaticano che possano arrestare il cammino del mondo nuovo, i cui rappresentanti sindacali sono oggi riuniti a congresso a Milano. Mentre il vecchio mondo si logora nei suoi insanabili contrasti, in queste lotte di feroci egoismi, scavandosi con le sue stesse mani la fossa; il mondo nuovo paziente, tenace e vigile fa la sua strada e perfeziona la sua opera. E dove passa sono i privilegi e la miseria che scompaiono ed è il lavoro che trionfa.

Sandro Pertini
"Avanti!", 30 giugno 1949


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Costituzione italiana versus architettura attuale della UE

2 Novembre 2017

di Andrea Catone

Testo presentato al Forum «Cina e Ue. I nodi politici ed economici nell’orizzonte della “nuova via della seta” e di una “nuova mondializzazione”», Roma, 13 ottobre 2017.

Perché introdurre in questo IV forum europeo dedicato ai rapporti Cina-UE nel quadro della via della seta e della nuova globalizzazione il tema della Costituzione italiana? A prima vista può apparire fuori luogo rispetto al tema centrale. 

In questo forum, gli studiosi italiani intendono fornire agli studiosi cinesi, in una pluralità di valutazioni e analisi, elementi di conoscenza critica sulla Ue, sulla sua crisi attuale e sull’origine di tale crisi. Da parte mia proverò ad individuare una possibile linea che porti ad affrontare in senso progressivo questa crisi. E in questo la Costituzione italiana può fornire una bussola fondamentale.

Che la Ue sia in crisi, che vi siano diversi elementi di criticità nella sua costruzione, credo che sia incontestabile. E credo si possa anche affermare che tale crisi non è contingente o passeggera, ma radicale, insita in profondità nelle radici stesse della costruzione europea. Gli ultimi discorsi trionfalistici sul cammino della Ue con il suo grande allargamento ad est li abbiamo ascoltati nel 2007, quando entrano a far parte della Ue, dopo il folto ingresso del 2004 di Polonia, Ungheria, Repubblica ceca, Slovacchia, repubbliche baltiche, gli altri due paesi ex socialisti, Bulgaria e Romania.

La grande crisi economica, manifestatasi come crisi dei mutui subprime nel 2007-8 e scaricatasi poi su alcuni paesi europei come crisi del debito pubblico degli stati, ha scosso la Ue molto più che gli Usa, in cui la crisi aveva avuto inizio. Le scelte di politica economica e monetaria dei vertici Ue e della sua banca centrale, legata ai dogmi antinflazionistici funzionali alla politica mercantilistica della Germania, si rivelano disastrose per i paesi meridionali (anche nella Ue c’è una questione meridionale) dell’eurozona – designati sprezzantemente con l’acronimo PIGS (maiali) – su cui si aggira lo spettro del fallimento degli stati. L’attacco della speculazione internazionale al debito pubblico dei paesi meridionali non viene ostacolato dalla Bce, che addirittura innalza nel luglio 2008 il tasso di riferimento al 4,25%. Ai paesi considerati poco virtuosi si impongono le politiche di austerity: in sostanza, decurtazione del salario diretto, indiretto e differito e smantellamento del welfare costruito nei decenni precedenti grazie alle lotte del movimento operaio e anche in risposta a un campo socialista che garantiva i diritti sociali fondamentali ai lavoratori. L’austerity deprime le economie dei paesi meridionali e provoca la peggiore recessione economica del secondo dopoguerra. La scure della “troika” (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) si abbatte su greci, spagnoli, portoghesi, italiani. 

L’implementazione delle politiche antipopolari e impopolari di austerità richiede un profondo rimaneggiamento, sostanziale e formale, in senso oligarchico e antidemocratico delle istituzioni politiche e degli assetti democratici dei paesi in questione, dell’Italia in particolare, la cui Costituzione, entrata in vigore nel 1948, era stata scritta con l’apporto determinante delle forze di sinistra ed era figlia della resistenza antifascista e della lotta di liberazione. Lo scrive a chiare lettere nel 2013 un report della banca d'affari JP Morgan, che, dopo aver rilevato – come se fosse una colpa! – che “i sistemi politici della periferia europea sono stati creati in seguito alle dittature, e sono stati definiti da queste esperienze”, per cui “le Costituzioni tendono a mostrare una forte influenza socialista, che riflette la forza politica guadagnata dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo”, indica come un limite da superare la “tutela costituzionale dei diritti dei lavoratori”.

In breve, si tende ad imporre modifiche costituzionali che limitino l’esercizio della sovranità popolare. I governi dei paesi meridionali dell’eurozona, sotto il ricatto del minacciato default, devono trasformarsi da esecutivi delegati a tradurre in azione politica e amministrativa la volontà del popolo sovrano, da custodi della sovranità nazionale-popolare, in portavoce ed esecutori delle direttive del grande capitale tedesco e della Bundesbank, che ha la maggiore voce in capitolo nelle istituzioni della Ue, in quisling al servizio di potentati stranieri. Di qui i tentativi di ricorrere a modifiche costituzionali che limitano l’espressione popolare, con leggi elettorali maggioritarie che negano de jure e de facto il principio della sovranità popolare affermatosi con la rivoluzione francese del 1789. Per imporre le misure antipopolari si attaccano le costituzioni antifasciste.

Negli ultimi 10 anni il consenso e il gradimento dei cittadini dei diversi paesi verso la Ue è notevolmente diminuito, anche tra i paesi est europei che erano stati fortemente affascinati e irretiti dal sogno europeo, trasformatosi in incubo con la spada di Damocle del debito pubblico e del rischio di insolvenza degli stati, e politiche di attacco ai salari diretti, indiretti e differiti.

La causa principale di questo disamoramento per la Ue risiede fondamentalmente nel massacro sociale imposto ai popoli dai vertici Ue, dalla moneta unica. Ma non solo. La crisi è economico-sociale, ma anche crisi ideale. La Ue non è la frontiera della libertà e dei diritti civili e umani. La polarizzazione sociale si è acuita e il futuro non è affatto roseo. Inoltre, in politica estera la Ue si presenta come un’appendice degli USA, che la controllano attraverso la NATO, mentre ha approfondito, in particolare dopo il colpo di stato parafascista di Kiev del febbraio 2014 e la conseguente risposta russa, il solco con Mosca. 

Questa crisi europea è anche crisi del modello politico europeo, dello stato di diritto, della democrazia rappresentativa. È crisi del rapporto governanti-governati. 

L’affermarsi a livello di massa e nell’elettorato tradizionalmente di sinistra dei cosiddetti “populismi” critici della UE o antiUE è stato favorito dalle socialdemocrazie europee che, invece di porsi sul terreno della difesa degli interessi popolari colpiti dalle politiche europeiste, sono stati tra i principali portatori del progetto europeista, contribuendo ad implementare le politiche della Ue di massacro sociale.

L’attuale architettura della UE è stata sostanzialmente ridefiniti a Maastricht nel 1992. La Ue attuale è di fatto figlia del nuovo ordine mondiale seguito alla dissoluzione dell’Urss, e del nuovo assetto europeo che ne consegue. La nascita della Ue è segnata dall’Anschluss della DDR da parte della Germania di Bonn e dal nuovo ruolo europeo e mondiale che la Germania assume con tale annessione: è la fine dello status di minorità politica (pur giganteggiando in economia) impostole dalla rovinosa sconfitta nella II guerra mondiale. La Ue è figlia del pensiero unico, della vittoria USA nella guerra fredda, del trionfo del neoliberismo non solo contro il socialismo sovietico, ma anche contro ogni politica di intervento statale nell’economia che aveva caratterizzato la politica economica dei governi europei nel trentennio postbellico (1945-75). La costituzione formale e materiale della UE è scritta dai vincitori del 1989-91, che cancellano qualsiasi riferimento alla lotta antifascista e all’intervento statale in economia, e limitano la sovranità popolare, la rinchiudono in un recinto stretto. È la Ue dei nuovi poteri oligarchici del capitale finanziario.

Già nel suo atto di origine questa Ue è contro la Costituzione italiana nata dalla resistenza antifascista. Che era non solo di democrazia economico-sociale e non liberal-democratica, ma sottintendeva un percorso di ampliamento della partecipazione democratica, dove i partiti erano organizzatori di una volontà collettiva, e concorrevano con altri organismi di massa alla costruzione di una democrazia che si sviluppava progressivamente e si ampliava (negli anni 1970 con i consigli di fabbrica e di zona). La Ue di Maastricht è invece oligarchica, restringe la partecipazione, riduce i poteri popolari, compie le scelte di fondo in circoli chiusi. L’impianto liberista antistatalista fa il paio con l’antidemocraticità o l’ademocraticità delle sue commissioni e delle sue strutture portanti. 

Diversi studi – e di parti politiche diverse – hanno messo in luce in modo analitico l’incompatibilità di Costituzione italiana e trattati europei [1] e le profonde ferite apportate negli ultimi anni a quest’ultima (si veda in particolare l’inserimento del pareggio di bilancio). 

Nel contesto attuale la Costituzione repubblicana del 1948 può essere una bussola per un’uscita in senso progressivo e non regressivo dalla crisi europea. In primo luogo perché la sua difesa e la sua attuazione richiedono la riconquista della sovranità nazionale-popolare, tanto in campo economico-monetario, rispetto alla BCE, che politico-militare, liberandosi dalla tutela USA-NATO.

Il destino della Ue oggi è di fronte a un bivio. O continuare in questo precario equilibrio, con una duplice regressione: verso un sempre maggiore deficit di democrazia, da un lato, e derive di destra di un risorgente fascismo che si alimenta della crisi europea e della crisi delle socialdemocrazie schieratesi con le oligarchie europee. Oppure riconquistare la sovranità nazionale perduta. Ma essa deve essere nazionale popolare e non nazionale nazionalistica, la nostra idea di nazione è quella di popolo-nazione, non la nazione delle élite e delle oligarchie.

Il bivio che caratterizza la situazione mondiale oggi, tra guerra per mantenere il dominio unipolare USA e una nuova globalizzazione non imperialista di cui la proposta strategica della nuova via della seta è un’articolazione importante, può segnare anche il futuro della Ue. Si tratta di scegliere tra una politica ordoliberista senza sbocco per la Ue e al solo servizio del mercantilismo tedesco e una politica di sviluppo lungo la via della seta e le rotte dell’Eurasia, in un dialogo costruttivo e di reciproco vantaggio con la Russia, rispetto alla quale la continua espansione ad est della NATO tende ad alimentare invece tensioni e contrapposizioni.

Il modello della Costituzione italiana del 1948 di democrazia economico-sociale, in cui lo stato interviene nell’economia e in cui è indicato e prescritto il fine sociale dell’impresa, può essere una bussola per il superamento in senso progressivo della crisi europea.

E vi sono oggi condizioni che possono consentire una svolta. Se la Ue di Maastricht è figlia della sconfitta dell’Urss e del socialismo europeo e ha potuto affermare il suo indirizzo ordoliberista grazie all’eliminazione del nemico strategico, oggi quel nuovo ordine mondiale emerso a seguito del crollo del socialismo sovietico e incentrato sull’unipolarismo USA è decisamente messo in discussione dall’emergere di nuovi soggetti di portata mondiale, dalla riconquistata autonomia politica e militare della Russia – un  paese ineludibile per gli equilibri mondiali – e dall’affermarsi sulla scena mondiale della Cina, che, consapevole del suo peso nell’economia mondiale, si presenta con un progetto strategico di lunga portata per sé e per il mondo. La Cina è l’unico paese che prospetti oggi una “nuova frontiera” per i popoli del mondo. 

La Ue attuale, disegnata a Maastricht sulle ceneri dell’URSS e sull’Anschluss tedesco, ha fatto il suo tempo. Siamo ad un nuovo tornante della storia, verso un mondo multipolare. L’architettura europea non regge e va ridisegnata alla radice, non solo per le insostenibili contraddizioni interne che il progetto Ue sottende e che si sono manifestate apertamente nell’ultimo decennio, ma anche per i mutamenti sostanziali intervenuti nel mondo. Il progetto strategico di nuova via della seta e nuova mondializzazione offre una sponda e un’opportunità storica al mutamento della vecchia architettura europea figlia del collasso dell’Urss e dell’affermarsi dell’unipolarismo. Le ragioni per ridisegnare radicalmente l’architettura europea trovano una sponda e una base essenziale nel mutamento dei rapporti internazionali. Insostenibilità interna e quadro esterno concorrono alla esigenza di disegnare un’altra architettura per i paesi europei, di rompere con la subalternità agli USA che controllano e dirigono la politica militare della Ue attraverso la NATO, di rovesciare il mercantilismo tedesco, che – dopo una fase in cui la Germania è riuscita a schivare per i propri lavoratori i peggiori danni della crisi – è alla lunga dannoso per la condizione sociale dei lavoratori tedeschi (e l’affermarsi di formazioni neonaziste ne è un sintomo). 

La Costituzione italiana si presenta come un’alternativa praticabile non utopica all’ordoliberismo e può essere un modello e una bussola per i paesi europei.. La via della seta può rappresentare per i popoli d’Europa un nuovo percorso e una prospettiva, una via lungo la quale possiamo incamminarci verso una nuova era.

NOTE

1 Cfr. tra gli altri, nella ormai notevole letteratura sull’argomento: G. Bucci, “BCE versus Costituzione italiana”, in MarxVentuno n.2/2012, ora anche in rete; Luciano Barra Caracciolo (2014), L’Unione monetaria europea e la Costituzione italiana, in http://formiche.net/2014/11/20/lunione-monetaria-europea-la-costituzione-italiana/; V. Giacché, Costituzione italiana contro trattati europei. Il conflitto inevitabile, Imprimatur, 2015; Giuseppe Palma (2015), L’incompatibilità tra costituzione italiana e trattati dell’unione europea - I principali aspetti di criticità, in https://www.diritto.it/l-incompatibilita-tra-costituzione-italiana-e-trattati-dell-unione-europea/


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Il fallimento europeo visto dagli altri

Pubblicato il 13 dicembre 2017 · in Recensioni

di Alessandro Barile

Rafael Poch-de-Feliu, Angel Ferrero, Carmela Negrete, La quinta Germania, Leg edizioni, Gorizia 2017, pp. 244, € 22,00.

A una lettura disattenta dei particolari, questo libro edito nel 2013 in Spagna e nel 2017 in Italia – in una versione aggiornata – potrebbe apparire poca cosa. Interessante quanto retorico, andrebbe a sommarsi alla ormai vasta letteratura sulla crisi dell’europeismo. Il diavolo, notoriamente, risiede però nei dettagli. Alcune specifiche rendono questo libro prezioso: in primo luogo, gli autori sono spagnoli e scrivono per il pubblico spagnolo; in secondo luogo, il loro punto di vista non è il solito “sovranismo” – di destra o di sinistra – entro cui vengono ricondotte le posizioni critiche rispetto al processo europeista e al capitalismo tedesco, quanto un eclettico “sinistrismo” liberale. Due caratteristiche notevoli, che gettano uno sguardo obliquo sulle sorti continentali e che contribuiscono ad affinare gli strumenti della critica all’attuale modello di sviluppo euro-liberista.

La «quinta Germania» nasce dalla riunificazione nazionale del 1990, con l’annessione della DDR da parte della Germania ovest. Sul tema, rimandiamo al fondamentale Anschluss di Vladimiro Giacchè. Il recupero di sovranità territoriale e potenza economica ha trasformato l’intero processo di unificazione economica europeista. Come spiega Poch-de-Feliu nell’introduzione, «la principale novità che questa quinta Germania esibisce rispetto a quella precedente si compone di due elementi. Il primo è costituito dal suo ritorno, graduale ma deciso, a un interventismo militare»: Balcani, Afghanistan, Africa, Ucraina, Lituania, sono solo alcuni dei fronti che vedono una notevole presenza dell’esercito tedesco; «l’altro elemento è costituito da una leadership europea, dogmatica e arrogante, utilizzata come uno strumento per imporre il programma di involuzione neoliberale promosso dagli anni Settanta da parte del mondo anglosassone». La riunificazione tedesca ha prodotto un terremoto economico che ha avuto inevitabili riflessi politici: da una parte, l’economia tedesca è troppo grande rispetto ai suoi partner comunitari (25% più grande della seconda economia, quella francese); dall’altra, è troppo piccola per dominare in via esclusiva il contesto europeo (il Pil tedesco è tra il 20 e il 25% del Pil della Ue). Il risultato è «un paese troppo potente per essere un paese europeo come gli altri, ma troppo debole per pretendere di ripetere un nuovo tentativo di dominio continentale». Di qui, l’esigenza di sfruttare l’Unione europea come moltiplicatore di scala, a scapito però dei suoi partner nazionali e dei lavoratori europei (compresi, come vedremo, i suoi stessi cittadini).

La percezione comune del paesaggio economico europeo è quella di uno Stato ricco con cittadini benestanti (la Germania), che ha saputo resistere meglio di altri alla crisi economica, integrato in una pletora di altri Stati poveri o impoveriti dalla crisi. La realtà è però decisamente diversa, come spiega egregiamente questo libro, in tal senso solo l’ultimo di una serie di lavori che svelano le tare del mercato del lavoro tedesco (rimandiamo al recente Ricca Germania poveri tedeschi. Il lato oscuro del benessere, di Patricia Szarvas).

«L’economia tedesca, “il motore d’Europa”, è un motore che ha bisogno di venire alimentato costantemente con una manodopera a basso costo, che subisce condizioni lavorative sempre peggiori. Nel 2012, in Germania abbiamo assistito alla massima percentuale storica di occupazione dai tempi della riunificazione». Nel vortice della più deflagrante crisi economica dell’Occidente, in Germania si raggiungeva sostanzialmente la “piena occupazione”. Le narrazioni statistiche velano una realtà materiale alquanto differente: dal 2000 ad oggi il monte ore complessivo lavorato in Germania è rimasto identico: 58 miliardi di ore (Mauro Meggiolaro, «Il fatto quotidiano», 3 dicembre 2014). I due milioni di lavoratori in più creati nel frattempo sono il risultato di un impoverimento complessivo del mercato del lavoro: «in molti casi un posto di lavoro a tempo pieno del 2000 si è trasformato in tre mini-job o in due part-time. Ci sono più occupati ma sono occupati per meno ore, meno soldi e con minori garanzie» (Cit. Meggiolaro). In Germania circa il 25% dell’intera manodopera lavorativa, circa 9 milioni di persone, è “contrattualizzata” (le virgolette sono d’obbligo) attraverso i mini-jobs, i tirocini (praktikum), e finte partite iva, cioè lavoro autonomo alle dipendenze materiali di un solo cliente (fatto questo illegale, in Germania come in Italia). Senza contare il lavoro nero, visto che per migranti e cittadini stranieri anche europei, le garanzie dello Stato sociale, necessarie ad accedere a disoccupazione e mini-jobs, non sono (più) previste. Il risultato è quello per cui «la Germania ha smesso d’essere uno dei paesi con i salari più elevati del mondo, per diventare il campione europeo dei salari bassi». I salari reali tedeschi sono infatti costantemente diminuiti in questo decennio, a fronte di un aumento dei profitti dell’11,8%: «un tedesco su quattro guadagna meno di cinque euro all’ora. Secondo l’Ocse, in Germania un bambino ogni sei vive in relativa povertà (mentre in Olanda si tratta invece di un bambino ogni 37)». La decennale stagnazione salariale ha determinato la nota crisi della domanda interna, che non ha solo impoverito i lavoratori tedeschi, ma aumentato a dismisura le disuguaglianze di reddito avvicinando la sperequazione tedesca a quella degli Usa, una delle più elevate al mondo.

La traiettoria sociale così delineata ha portato alla formazione di un mercato del lavoro duale, che prevede una quota – sempre più esigua – di lavoratori super-garantiti, sindacalizzati e dagli alti salari, alle dirette dipendenze delle aziende madri, a fronte di una percentuale sempre crescente di lavoratori senza alcuna garanzia né salariale, né contrattuale, né sociale, alle dipendenze di aziende in subappalto che però lavorano in esclusiva per le suddette grandi aziende (processo di esternalizzazione che ha creato un’aristocrazia sempre meno operaia e una massa proletarizzata). Il problema è che la valorizzazione del capitale privato tedesco avviene esattamente grazie a questo 25% di lavoratori precarizzati su cui viene caricato il costo della competitività delle aziende tedesche. E’ infatti nei settori decisivi per il surplus tedesco che avviene l’uso smodato della “de-contrattualizzazione” e della moderazione salariale: auto e grande industria.

Perché allora la Germania sarebbe “uscita meglio” dalla crisi economica? «A partire dall’introduzione della moneta europea, l’industria tedesca più che raddoppiò le sue esportazioni (che a inizio degli anni Novanta rappresentavano il 20% del suo Prodotto Nazionale Lordo e nel 2010 il 46%)». E’ l’export che ha retto le sorti produttive della Germania, un export fondato sugli elevati livelli di competitività dati dalle riforme Hartz dei primi anni Duemila e che hanno “cinesizzato” il mercato del lavoro tedesco, desertificando la produzione industriale degli altri partner europei con cui condivide una moneta unica che mantiene ultra-competitivo il tenore degli scambi commerciali con l’estero.

I contributi presenti nel libro entrano nel cuore di questa contraddizione originaria, ma il quadro è ormai chiaro: per come sono impostate le relazioni politico-economiche europee a egemonia tedesca, «ci troviamo di fronte a una situazione senza via d’uscita, nella quale ogni serio tentativo di eliminare ciò che sta distruggendo l’Unione europea passerebbe per la negazione dell’intero sistema attuale». La soluzione proposta è «un processo ordinato di decostruzione dell’Unione europea, una soluzione più efficace per uscire dal pantano rispetto al motto “più Europa” e al federalismo autoritario. […] Il primo passo è desacralizzare l’Unione europea, farla scendere dall’altare e collocarla alla portata di una critica realista».

Perché queste conclusioni, ormai accettate e condivise da una parte del dibattito politico italiano, costituiscono uno scarto interessante rispetto a questo stesso dibattito? Come detto in apertura, le posizioni di partenza dei tre autori del presente libro non sono ovviamente di destra, ma neanche “comuniste”: tutta la prima parte del libro racchiude un duro attacco al sistema autoritario sovietico e tedesco orientale. Sono al contrario espressioni di una sinistra liberale, una sinistra che però in Italia (e sempre più “solo” in Italia) è ancora protagonista della difesa a spada tratta dell’europeismo, dell’Unione europea come unico modello di relazioni politico-economiche. Altrove, segnatamente in Spagna, l’insofferenza per l’euro-liberismo a trazione tedesca sembrerebbe essersi introdotta nelle pieghe dei ragionamenti meno “compromessi” con le posizioni ideologiche più radicali. Un libro del genere difficilmente troverebbe pubblicazione in Italia, perché ne mancherebbero gli autori. Questo libro dimostra che la critica al liberismo europeista, una critica che assuma il dato di realtà dell’irriformabilità della Ue, può tracimare dai confini del radicalismo entro cui viene forzatamente ricondotta, per farsi discorso scientifico. In Italia, evidentemente, siamo ancora lontani da un risultato simile.

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Il mito reazionario dei padri fondatori dell'UE 

Al di là della odierna retorica smaccatamente filoeuropeista, quali sono i reali valori che si celano dietro all’origine dell’Unione Europea?

 di Francesco Delledonne
 
 08/04/2017


Si fa un gran parlare in questi mesi (in particolare dopo lo smacco della Brexit) del necessario ritorno agli ideali delle origini, ai padri fondatori dell'Unione Europea, al mitico Manifesto di Ventotene, per uscire dal pantano, superare gli errori (fatti tutti in buona fede, s'intende) e ripartire verso la panacea dell'unificazione continentale, superando le anacronistiche resistenze di pensionati razzisti e giovani provinciali (a seconda dei casi).

Vale quindi la pena dare un'occhiata un po' meno superficiale alle origini del progetto comunitario e indagare, al di là della retorica, quali sarebbero questi alti ideali da riscoprire.

Partiamo dal mitico Manifesto di Ventotene, scritto tra il 1941 e il 1944 nell'isola-confino da Altiero SpinelliErnesto Rossi e Eugenio Colorni.

Non è un'esagerazione affermare che questo documento rappresenta un diretto attacco polemico – scritto nel pieno della 2° guerra mondiale e pubblicato nel '44 – contro i comunisti e l'ideologia marxista. 

Il principale demerito degli stati nazionali, di cui auspica un superamento coattivo, è infatti per Spinelli il fatto che “hanno infatti già così profondamente pianificato le proprie rispettive economie che la questione centrale diverrebbe ben presto quella di sapere quale gruppo di interessi economici, cioè quale classe, dovrebbe detenere le leve di comando del piano. Il fronte delle forze progressiste sarebbe facilmente frantumato nella rissa tra classi e categorie economiche. Con le maggiori probabilità i reazionari sarebbero coloro che ne trarrebbero profitto. Ma anche i comunisti, nonostante le loro deficienze, potrebbero avere il loro quarto d’ora, convogliare le masse stanche, deluse, assumere il potere ed adoperarlo per realizzare, come in Russia, il dispotismo burocratico su tutta la vita economica, politica e spirituale del paese.” [1]

Per Spinelli quindi il problema degli stati nazionali è che, ponendo immediatamente il popolo di fronte al tema del potere, favoriscono la presa di coscienza di classe e la tendenziale polarizzazione della società tra reazionari e rivoluzionari! 

Ancora: “Una situazione dove i comunisti contassero come forza politica dominante significherebbe non uno sviluppo in senso rivoluzionario, ma già il fallimento del rinnovamento europeo.“ [1]
Vale la pena sottolineare di nuovo che queste parole vengono scritte nel pieno dello scontro europeo e mondiale con il nazi-fascismo, in cui i comunisti già in molti paesi stanno guidando i movimenti partigiani di resistenza.

Nella prospettiva di superamento coattivo degli stati nazionali indicata da Spinelli “possono trovare la loro liberazione tanto i lavoratori dei paesi capitalistici oppressi dal dominio dei ceti padronali, quanto i lavoratori dei paesi comunisti oppressi dalla tirannide burocratica.” [1]

Qui anticipa quello che sarà un tema fondamentale della lotta ideologica nella Guerra Fredda: l'unità europea come grimaldello per scardinare l'unità del campo socialista. 

La tesi fondamentale è infatti che “la linea di divisione fra i partiti progressisti e partiti reazionari cade perciò ormai, non lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore socialismo da istituire” ma lungo quella nuova della maggiore o minore disponibilità alla distruzione degli stati nazionali. 

Non a caso dichiara che i gruppi sociali a cui si rivolge direttamente il Manifesto sono “la classe operaia e i ceti intellettuali”, quelli “più sensibili nella situazione odierna, e decisivi in quella di domani”. [1] All'interno di questo quadro vanno quindi intese le proposte sociali e gli elementi di critica al capitalismo presenti nel testo..

Per quanto riguarda il tema dell'Unione Europea come garanzia di pace, è sempre il padre fondatore Spinelli a smentire la vuota retorica di oggi e a mostrare i veri obiettivi politici e militari dell'unificazione europea, tali sin dalle origini. 

Scrive infatti nel suo Diario il 12 aprile 1953: “Per quanto non si possa dire pubblicamente, il fatto è che l’Europa per nascere ha bisogno di una forte tensione russo-americana, e non della distensione, così come per consolidarsi essa avrà bisogno di una guerra contro l’Unione Sovietica, da saper fare al momento buono in cui il regime poliziesco sarà marcio[...].” [2]

L'unità europea non è quindi un qualcosa di a sé stante fatta sulla Luna, ma che va inquadrata nella realtà concreta in cui viene concepita e sorge; sin dall'inizio, in particolare, non è disgiungibile dalla strategia e dagli interessi dell'imperialismo statunitense.

Negli ultimi anni di vita, è ancora Spinelli a riconoscerlo e anzi a rivendicarlo apertamente, intervenendo al congresso del Partito Radicale nel 1985: “Ci sono essenzialmente due metodi che sono contemporaneamente in opera; c'è il tentativo […] di un'Europa che sia fatta dagli europei. E c'è contemporaneamente il tentativo di un'Europa che sia fatta dagli americani. E vorrei che non ci sdegnassimo inutilmente, e in fondo non seriamente, di questa seconda alternativa. L'unità imperiale sotto l'egida americana è certo anche assai umiliante per i nostri popoli ma è superiore al nazionalismo perché contiene una risposta ai problemi delle democrazie europee, mentre il ritorno al culto delle sovranità nazionali non è una risposta. [...]

Le due forme stanno procedendo insieme e noi le vediamo sotto i nostri occhi; e guardate, non si può abolire l'una nella misura in cui si sviluppa l'altra. [...] È attraverso queste due che l'Europa va muovendosi. 

[…] Ebbene, noi abbiamo una serie di eserciti apparentemente nazionali inquadrati sotto il comando americano e nel sistema imperiale americano. E la responsabilità fondamentale della difesa dell'Europa ce l'hanno oggi gli americani. Noi formiamo truppe di ausiliari. [3]

Più chiaro di così

Non può quindi sorprendere quanto appare nero su bianco nei documenti dell'intelligence Usa venuti alla luce grazie al ricercatore della Georgetown University Joshua Paul e ripresi dal Telegraph in un articolo del 2000: nel 1948 venne creato il Comitato Americano per l'Europa Unita (ACUE), guidato dall'ex capo dell'OSS (poi CIA) William J. Donovan e da Allen Dulles, poi capo della Cia. [4]

Il Comitato, attraverso finanziamenti delle fondazioni Rockefeller e Ford, aveva il compito di sostenere e indirizzare la campagna per l'integrazione politica europea in chiave anti-comunista, in particolare finanziando il Movimento Europeo e la Campagna Giovanile Europea. [4]

Secondo questi documenti desecretati, il Comitato disponeva a metà degli anni '50 di circa 1 milione di dollari all'anno; nel 1958, per esempio, fornì il 53.5 per cento dei fondi del Movimento.

Fu ad esempio un memorandum del 26 luglio 1950 firmato dal generale Donovan a dare istruzioni per mettere in atto una campagna per promuovere la creazione del Parlamento europeo. [5]

Non si tratta quindi di complottismo, ma semplicemente della dimostrazione di una lucida e dichiarata strategia politica dell'imperialismo statunitense, accettata da gran parte delle classi dirigenti europee, che ha accompagnato sin dalle origini il mitico progetto comunitario.

Come scrive Brzezinski, “L’ Europa unita doveva fungere da strumento di colonizzazione Usa e testa di ponte verso il continente asiatico. [6] Per caso vi suona familiare?

È del resto ancora Spinelli, con encomiabile schiettezza, a darne conferma nel suo Diario descrivendo il suo viaggio negli Usa del 1955: “Assai più interessante è stato l’incontro con Richard Bissell – Central Intelligence Agency. Ha mostrato subito un assai vivo interesse per i miei piani, ed ha promesso di intervenire presso Donovan e presso la Ford Foundation. [...] Ho visitato Donovan. Era presente anche Hovey, Executive Director dell’American Committee on United Europe [...] entrambi entusiasti del mio piano. Donovan si è impegnato formalmente a cercar fondi. Ha approvato la mia decisione di far in modo che sia io a dirigere l’operazione. […] Praticamente ho ottenuto la garanzia dell’appoggio dell’USIA, della Ford Foundation e dell’ACUE. Più di questo non potevo sperare.” [2]

È cambiato molto dai nobili ideali delle origini a cui molta sinistra europea continua a richiamarsi?

Il fatto che negli anni '70 e '80 un simile personaggio sia poi stato candidato come indipendente dal Pci al Parlamento italiano ed europeo dice molto del grado di degenerazione a cui purtroppo si era già giunti.

Se si sposta l'analisi al versante economico-sociale, la questione non cambia. 

Tra i padri nobili dell'UE figura anche Von Hayek, fautore del liberismo senza freni, a suo tempo teorico di riferimento di Reagan, Thatcher e del dittatore cileno Pinochet. 

Nel 1939 von Hayek delinea profeticamente come obiettivo quello di una “una federazione interstatale che faccia cessare tutti gli impedimenti come quelli al