Informazione

(srpskohrvatski / italiano)

Altre iniziative segnalate

1) Cesena OGGI 17/4: La guerra sporca di Mussolini
2) Viterbo 19/4: Inaugurazione della sede ANPI e spettacolo teatrale DRUG GOJKO 
3) Fogliano (GO) 19/4–5/5: Quando morì mio padre. Disegni e testimonianze di bambini dai campi di concentramento italiani al confine orientale
4)  Zagreb 26.4.: Tko je Karl Marx?


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Cesena, martedì 17 Aprile 2018
alle pre 21.00 presso: Circolo Magazzino Parallelo, Via Genova 70 

Le atrocità del fascismo che la Repubblica “antifascista” non ama raccontare...

«So che a casa vostra siete dei buoni padri di famiglia, ma qui voi non sarete mai abbastanza ladri, assassini e stupratori» (Benito Mussolini ai soldati della Seconda Armata in Dalmazia, 1943).

Proiezione del documentario:

“La guerra sporca di Mussolini”

Titolo inglese: Mussolini's Dirty War 
Anno: 2008 
Durata: 52' 
Regista: Giovanni Donfrancesco http://www.italiandoc.it/area/public/wid/UCCU/scheda.htm
Producer: Gioia Avvantaggiato http://www.italiandoc.it/area/public/wid/UUUD/scheda.htm
Società di produzione: GA&A Productions srl http://www.italiandoc.it/area/public/wid/UUUU/scheda.htm

Sinossi:
16 febbraio 1943. L'esercito italiano massacra 150 contadini inermi a Domenikon, un villaggio alle pendici del monte Olimpo, in Grecia. Più di sessant'anni dopo, Stathis Psomiadis cerca di ricostruire la storia della strage in cui perse la vita suo nonno e ottenere giustizia. Le ricerche della professoressa Santarelli, della New York University, svelano come quello di Domenikon sia stato soltanto il primo di una lunga catena di massacri. Attraverso una vicenda apparentemente locale, il documentario apre uno squarcio su una inedita e ampia strategia di guerra ai civili, che il fascismo italiano ha condotto durante le sue guerre di espansione, non solo in Grecia ma anche in Jugoslavia e nelle colonie d'Africa. Dalla fine degli anni Venti alla caduta di Mussolini, l'esercito italiano deporta, tortura e assassina decine di migliaia di civili. Degli oltre 1500 Italiani denunciati alla Commissione delle Nazioni Unite per i Crimini di Guerra, nessuno verrà mai estradato e condannato. Stati Uniti e Gran Bretagna, muovendosi ormai nella prospettiva della Guerra Fredda, caldeggiano l'insabbiamento dei processi.

Perchè la Repubblica “antifascista” continua ad occultare le atrocità del fascismo italiano sui popolo aggrediti?

L'impressione è che non si voglia procedere ad un superamento definitivo del mito degli "italiani brava gente" per finalità diverse dal passato, ma sempre connesse al ruolo internazionale dell'Italia. Dal 1991 (prima guerra all'Iraq) ad oggi, si sono moltiplicate le imprese militari in cui è coinvolto il nostro paese, uno dei più presenti, con i suoi soldati, nei cosiddetti "scenari di crisi". 
Questa politica estera, sostanzialmente aggressiva, ha trovato il consenso di larga parte del quadro politico, dalla destra alla sinistra ufficiale. A determinarla, è senz'altro il vincolo che lega l'Italia all'Alleanza Atlantica ed al blocco dei paesi occidentali in generale. Ma non solo. Sarebbe errato trascurare la spinta che, in questa direzione, viene data da rilevanti settori del capitalismo italiano, interessati a partecipare alla spartizione delle risorse dei paesi occupati militarmente. 
Ora, su queste vicende in Italia non vi è né un'adeguata informazione né un serio dibattito pubblico. Questi elementi vengono deliberatamente ignorati dai principali media, interessati a dipingere le missioni militari all'estero come operazioni umanitarie, sostanzialmente inoffensive e dedite ad assistere le popolazioni locali. 
E’ evidente: se in questo paese vi fosse stato un dibattito reale sulle guerre del passato, se i crimini commessi in altre fasi storiche avessero un maggiore posto nella coscienza collettiva, un'opera di mistificazione come l'attuale sarebbe senz'altro più difficile. 
E' per questo che l'ormai imponente documentazione prodotta in questi anni su pagine storiche ingloriose continua ad avere poco spazio sui media. Il nostro compito, dunque, è quello di creare sempre maggiori occasioni di discussione attorno a documentari come quello realizzato da Donfrancesco. Nella consapevolezza che non si tratta solo di un atto dovuto nei confronti delle popolazioni aggredite in passato, ma anche di un contributo alla discussione sulla politica estera portata avanti in questa fase storica. Perché giorno dopo giorno ci appaiono sempre più evidenti le consonanze fra la retorica odierna sui soldati italiani "difensori della libertà" e quella passata che li dipingeva come "portatori di civiltà" . Il fine ultimo è quello di rilegittimare la guerra interna ed esterna, sopratutto fra le giovani generazioni, perchè è ritornata ad essere una opzione , non più tanto remota, come strumento di risoluzione della crisi strutturale del capitalismo.

Assemblea antifascista Cesena


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Viterbo, giovedì 19 aprile 2018
alle ore 17 in Via Sacchi 5

INAUGURAZIONE DELLA SEDE ANPI Comitato provinciale di Viterbo

a seguire 
DRUG GOJKO 
spettacolo teatrale di e con Pietro Benedetti
sulla figura di Nello Marignoli, partigiano italiano in Jugoslavia cui è intitolata la sede ANPI provinciale di Viterbo
(scheda dello spettacolo: https://www.cnj.it/CULTURA/druggojko.htm )


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Fogliano (GO),  giovedì 19 aprile 

alle 17.30 presso la sala conferenze della Biblioteca Comunale, Via Madonnina 4


Centro Isontino di Ricerca “Leopoldo Gasparini”
Comune di Fogliano Redipuglia
ANPI/VZPI Sezione di Fogliano Redipuglia

In occasione dei festeggiamenti del 25 aprile – Giorno della Liberazione

Inaugurazione della mostra

“Quando morì mio padre. Disegni e testimonianze di bambini dai campi di concentramento italiani al confine orientale”

di Metka Gombač, Boris M. Gombač, Dario Mattiussi
Letture di Lucia German

*** LA MOSTRA RIMARRÀ APERTA DAL 22 APRILE AL 5 MAGGIO 2018 ***
Lunedì e Mercoledì dalle 16.00 alle 19.00, Giovedì e Venerdì dalle 9.30 alle 12.30
INGRESSO LIBERO


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[Chi è Karl Marx? Iniziativa a Zagabria]


Zagreb, 26. travnja 2018. 
u 17 sati u prostoru Tribine grada 

Socijalistička radnička partija Hrvatske 
i ZUABA Zagreba i Zagrebačke županije
pozivaju na tribinu

Tko je Karl Marx?

Govore Anja Grgurinović
Karlo Jurak
Nikola Tomašegović
Moderira Vesna Konigsknecht





Torino sabato 21 aprile 2018

alle ore 10:30 presso il POLO DEL ‘900 – Sala didattica di Palazzo San Daniele, Via del Carmine 14

A.N.P.P.I.A..
In collaborazione con il Comitato di Coordinamento Regionale ANPI Piemonte – ANED – Ass. Naz. del Libero Pensiero G. Bruno,

Presenta,
nell’ambito delle celebrazioni del 25 aprile,
il libro di Davide Conti

“Gli uomini di Mussolini”

in cui l'Autore sulla base di documenti dell'Archivio di Stato descrive la carriera, nella Repubblica italiana fondata sulla Resistenza, di alcuni uomini di Mussolini coinvolti nelle cosiddette stragi di Stato.

Ne discutono con l’autore 

Chiara Acciarini (ANED nazionale)

Fulvio Grandinetti (ANPI Grugliasco)

Presiede e modera Bruno Segre ANPPIA



Ancora la continuità dello Stato italiano tra fascismo e repubblica: un libro di Davide Conti



Davide Conti: Gli uomini di Mussolini. Prefetti, questori e criminali di guerra dal fascismo alla Repubblica italiana, Einaudi

Risvolto
Alla fine della Seconda guerra mondiale molti tra i piú alti vertici militari delle Forze armate italiane avrebbero dovuto rispondere di crimini di guerra. Nessuno venne mai processato in Italia e all'estero. A salvarli furono gli equilibri della Guerra fredda e il decisivo appoggio degli alleati occidentali grazie a cui l'Italia eluse ogni forma di sanzione per i suoi militari. Diversi di loro furono reintegrati negli apparati dello Stato come questori, prefetti, responsabili dei servizi segreti e ministri della Repubblica e coinvolti nei principali eventi del dopoguerra: il referendum del 2 giugno; la strage di Portella della Ginestra; la riorganizzazione degli apparati di forza anticomunisti e la nascita dei gruppi coinvolti nel «golpe Borghese» e nel «golpe Sogno» del 1970 e 1974. Il loro reinserimento diede corpo a quella «continuità dello Stato» che rappresentò una pesante ipoteca sulla storia repubblicana. Attraverso documenti inediti, Conti ricostruisce vicende personali, profili militari, provvedimenti di grazia e nuove carriere nell'Italia democratica di alcuni dei principali funzionari del regime di Mussolini.

Nel corso degli ultimi anni la storiografia si è occupata approfonditamente dei crimini di guerra italiani all'estero durante il secondo conflitto mondiale e delle ragioni storiche e politiche che resero possibile una sostanziale impunità per i responsabili. Meno indagati sono stati i destini, le carriere e le funzioni svolte dai «presunti» (in quanto mai processati e perciò giuridicamente non ascrivibili nella categoria dei «colpevoli») criminali di guerra nella Repubblica democratica e antifascista. Le biografie pubbliche dei militari italiani qui rappresentate sono connesse da una comune provenienza: tutti operarono, con funzioni di alto profilo, in seno all'esercito o agli apparati di forza del fascismo nel quadro della disposizione della politica imperiale del regime, prima e durante la Seconda guerra mondiale. La gran parte di loro venne accusata, al termine del conflitto, da Jugoslavia, Grecia, Albania, Francia e dagli angloamericani, di crimini di guerra. Nessuno venne mai processato in Italia o epurato, nessuno fu mai estradato all'estero o giudicato da tribunali internazionali, tutti furono reinseriti negli apparati dello Stato postfascista con ruoli di primo piano. Le loro biografie dunque rappresentano esempi significativi del complessivo processo di continuità dello Stato caratterizzato dalla reimmissione nei gangli istituzionali di un personale politico e militare non solo organico al Ventennio ma il cui nome, nella maggior parte dei casi, figurava nelle liste dei criminali di guerra delle Nazioni Unite.

Leggi anche qui


Una nuova Repubblica inquinata da presenze fasciste 
Storia del Novecento. Il volume di Davide Conti «Gli uomini di Mussolini. Prefetti, questori e criminali di guerra dal fascismo alla Repubblica italiana», attraverso una ricca ricerca di archivio ricostruisce le carriere di personaggi «rimossi» e mai epurati, che si sono reinventati identità pubbliche in democrazia 

Chiara Giorgi Manifesto 11.4.2017

Il volume di Davide Conti (Gli uomini di Mussolini. Prefetti, questori e criminali di guerra dal fascismo alla Repubblica italiana, Einaudi, pp.271, euro 30) torna a interrogare uno dei passaggi storici più appassionanti e controversi della storia italiana, così come a riattualizzare uno dei motivi «classici» della storiografia della seconda metà del secolo scorso. 
Attraverso una ricca ricerca archivistica, il libro ricostruisce le meno note carriere e funzioni svolte dai «presunti» (in quanto mai processati) «criminali di guerra» nel neonato contesto democratico. Si tratta di uomini che, organici al fascismo e operanti in seno alle sue strutture più repressive, non solo non vennero sottoposti a processo o epurati o estradati, ma soprattutto vennero reinseriti negli apparati dello Stato postfascista, diventando questori, prefetti, capi dei servizi segreti, ministri della nuova Repubblica. 
Le biografie prese in esame consentono di illuminare alcuni dei nodi più significativi della storia dell’immediato secondo dopoguerra e al contempo gettano una luce tanto inquietante, quanto significativa sulle vicende coeve e seguenti (dalla strage di Portella della Ginestra, alla riorganizzazione in senso anticomunista dei corpi di pubblica sicurezza tra la fine degli anni Quaranta e il decennio successivo, alle varie misure di sorveglianza e ordine pubblico adottate contro il movimento operaio e sfociate «nella repressione brutale e luttuosa dei conflitti sociali», ai golpe dei primi anni Settanta).
Sono dunque le vicissitudini di questo personale politico e militare a essere esemplificative, per quanto di certo non in modo assoluto e univoco, degli esiti «della transizione italiana sul piano della continuità degli apparati di forza dello Stato». 
La chiave di lettura utilizzata e suffragata da un prezioso materiale documentario è infatti quella ruotante attorno al paradigma della continuità dello Stato. E, non a caso, è uno dei memorabili lasciti di Claudio Pavone a essere posto in esergo del volume. Scriveva questi nel 1974: «La fascistizzazione dell’apparato burocratico non fu dunque» di parata, dal momento che «il fascismo, come forma storicamente sperimentata di potere borghese, non si esaurisce nei quadri del partito fascista, ma è un sistema di dominio di classe in cui proprio gli apparati amministrativi tradizionalmente autoritari hanno parte rilevante. Di parata va piuttosto definita, dato il fallimento dell’epurazione, la democratizzazione post-resistenziale». 
Da qui prende le mosse la ricostruzione di Conti, non trascurando l’importante contributo degli studi che da anni si concentrano sul fallimento del processo epurativo italiano, sul congelamento di alcuni istituti innovativi repubblicani, sul permanere di una certa cultura istituzionale (al pari della legislazione fascista) e contemporaneamente soffermandosi sui caratteri originali della «nazione repubblicana», sulle questioni di fondo relative al nesso nazionale-internazionale. 
Molto ampie sono le problematiche che riemergono. Innanzitutto, metodologicamente, torna a dimostrarsi produttivo lo studio di singoli percorsi biografici letti come manifestazione di quel più complessivo processo «caratterizzato dalla reimmissione e dal reimpiego nei gangli istituzionali di un personale» organico al Ventennio. A nulla valse infatti per questi uomini l’essere inseriti nelle liste «War Crimes» delle Nazioni Unite, dinnanzi alla scelta di far passare una linea basata sulla ragion di Stato, sul presunto supremo interesse nazionale o, come fu per i funzionari coloniali, sui valori della neutralità dell’amministrazione e sul principio della obbedienza gerarchica, invocati come giustificazione di comportamenti individuali specifici, peraltro a dispetto di quello che sarebbe stato il monito arendtiano sulla «banalità del male».
C’è di più, accanto alla ricostruzione di queste vicende personali e professionali (di cui quella del noto generale Roatta sembra essere l’epilogo più emblematico), Conti ripropone all’attenzione del pubblico una lettura ben consapevole e generale del contesto internazionale, politico e sociale dell’Italia di quel decisivo passaggio storico. Ne esce confermata la centralità degli equilibri internazionali, ovvero l’appartenenza all’area occidentale come legittimazione sia del permanere di determinati gruppi di comando (si pensi all’intreccio tra Democrazia cristiana e Stato), sia del rafforzamento delle classi dominanti, sia del mantenimento di rapporti sociali e di produzione dati. 
A lungo si è parlato per il caso italiano della prevalenza di un «modello militarizzato» volto a riprodurre le contrapposizioni internazionali, a depotenziare le istanze innovative provenienti a più livelli e presenti in molti principi della Costituzione, ad allontanare il pericolo di condizionamenti da parte di forze sociali organizzate. Modello peraltro capace di saldare determinate scelte fatte sul piano economico (l’opzione liberista nel permanere di una struttura di capitalismo di Stato) con la natura autoritaria dell’assetto politico (nella stessa forma assunta dalla «democrazia protetta»). Il contrasto che si diede tra amministrazione e politica democratica attesta quella che l’autore rievoca come la profonda rottura tra Stato e Resistenza. Piuttosto che con l’eredità del fascismo, cesura vi fu con le idee, l’orizzonte simbolico e l’ampio lascito resistenziale. 
Sempre più studi negli ultimi anni hanno approfondito il contesto della transizione tra fascismo e Repubblica, i soggetti coinvolti e le complesse dinamiche. Le categorie interpretative sono andate in tal senso arricchendosi, sotto il profilo economico, sociale, politico e giuridico. Punto fermo resta, tuttavia, la fecondità di ricerche come questa in grado di intrecciare la ricostruzione di singole vicende (biografiche e istituzionali) con l’analisi dei rapporti sociali (di classe).
Così come resta necessaria un’analisi storica volta a individuare i punti di tensione tra l’elemento formale (la stessa riorganizzazione dello Stato) e quello materiale (in relazione alle lotte dei soggetti in carne e ossa). Letture come queste mostrano come sia fondamentale, oggi più che mai, un progetto di reinvenzione della democrazia a partire dal potenziale trasformativo del conflitto/i e da pratiche politiche capaci di sfidare l’ordine costituito.



(italiano / english / srpskohrvatski)

Europske r&k partije o imperijalističkom napadu na Siriju

1) Sastanak europskih radničkih i komunističkih partija (SRP) / Statement of the Communist and Workers Parties of Europe condemning the escalation of the imperialist aggressiveness in Syria
2) I partiti comunisti europei condannano l’aggressione imperialista contro la Siria (Bruxelles, 11.4.2018)
3) Imperijalistički napad na Siriju (SRP)


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Sastanak europskih radničkih i komunističkih partija

U Bruxellesu je 11. 4. 2018. u zgradi Europskog parlamenta održan sastanak europskih radničkih i komunističkih partija u organizaciji delegacije Grčke komunističke partije u Europskom parlamentu. Tema sastanka bila je klasno orijentirana politička borba i suradnja sa sindikatima. Sudjelovala su 32 izlagača iz 27 zemalja: Austrija, Belgija, Bugarska, Velika Britanija, Hrvatska, Cipar, Finska, Francuska, Njemačka, Grčka, Mađarska, Irska, Italija, Latvija, Luksemburg, Norveška, Nizozemska, Poljska, Portugal, Rumunjska, Rusija, Srbija, Španjolska, Švedska, Švicarska, Turska i Ukrajina.

Socijalističku radničku partiju je predstavljala Vesna Konigsknecht. Naše izlaganje možete pročitati ovdje.

Suradnja Socijalističke radničke partije sa sindikatima u cilju jačanja klasne svijesti radnika, posebno mladih

 

Proces raspada SFRJ i osamostaljenja bivših republika u zasebne države obilježen je bujanjem nacionalizma i šovinizma. Proces osamostaljenja je završen, Hrvatska je međunarodno priznata država, članica UN-a i EU, nitko nas ne osporava niti ugrožava, ali dominacija nacionalnog i nacionalističkog ne prestaje, nego se namjerno održava. Time se pokušava spriječiti govor o klasnom karakteru našeg društva.. Zahvaljujući dominaciji nacionalnog nad klasnim, hrvatski radnici nisu svjesni da su klasa. Razvijanje klasne svijesti je prioritet kojem SRP posvećuje punu pažnju.

Počeli smo prije dvije godine projektom izrade Radničkog leksikona u kojem izraze s kojima se radnici susreću objašnjavamo iz perspektive interesa radničke klase. Cilj nije naš doprinos leksikografiji nego poticanje radnika da uvijek i o svemu razmišljaju iz perspektive vlastitog interesa, da osvijeste svoj klasni položaj. U tom procesu, suradnja sa sindikatima je od posebne važnosti.

Nažalost, odnos sa sindikatima je narušen. Paralelno s procesom osamostaljenja Hrvatske, tekao je proces reformiranja Saveza komunista u Socijaldemokratsku partiju. Po pitanju odnosa prema radništvu, SDP definitivno nije ljevica (dva puta su bili na vlasti, oba puta su mijenjali zakon o radu, oba puta na štetu radnika), ali je zadržao neke elemente lijevog svjetonazora (antifašizam, prava žena, itd.) pa ga šira javnost, uključujući sindikate, percipira kao lijevu stranku. Zato sindikati ne govore da je SDP izdao radništvo, nego kažu da je ljevica izdala radnike.

Suradnju sa sindikatima otežava i činjenica da druge lijeve stranke, pa tako i SRP, ne participiraju u vlasti pa ne mogu proizvesti učinak. Mi ne možemo ni jednim jedinim glasom utjecati na donošenje zakona i mjera kojima bi se štitili interesi radnika pa sindikati ne vide korist od suradnje s nama. U takvim okolnostima, obnavljanje i njegovanje odnosa sa sindikatima je dugotrajan i osjetljiv proces.

Prije nekoliko mjeseci smo organizirali tribinu „Problem revolucionarnog subjekta“ u cilju revitalizacije činjenice da je radnička klasa revolucionarni subjekt univerzalnog karaktera. Na tribinu smo pozvali predstavnika sindikata da čujemo njegovo mišljenje. Nismo čuli ono što smo željeli čuti. Radnicima je svejedno tko je ljevica, a tko desnica, važno im je tko bolje štiti njihove interese. Da bismo ih vratili lijevim idejama, moramo dokazati da je ljevica u zaštiti radničkih prava bolja od desnice.

Nedavno smo organizirali okrugli stol o dijalogu ljevice i sindikata. Predstavnici sindikata su ogorčeno govorili o reformiranju ljevice u Hrvatskoj, Europi i svijetu pri kojem se „usput zaboravilo na radnike“. Vraćanje povjerenja u ljevicu je od presudne važnosti, zato ćemo redovito pratiti sindikalne akcije, davati im podršku, promovirati ih i u njima sudjelovati, dolaziti na prosvjede i štrajkove koje organiziraju. Kao primjer navodim podršku koju smo nedavno dali radnicima jednog brodogradilišta koji se bore za očuvanje proizvodnje i radnih mjesta. Unatoč mjerama koje poduzimaju i njihovi sindikati i lokalna zajednica, sve ide u pravcu gašenja brodogradilišta, čime se nastavlja pogubni trend gašenja industrijske proizvodnje i pretvaranja Hrvatske u turističku destinaciju gdje vlasnici kapitala multipliciraju svoje profite, radnici pokrivaju uslužne djelatnosti, a građani gledaju preko ograde..

Poseban su problem mladi radnici. SRP snažno podržava ideju sindikata zaposlenika u hrvatskom školstvu koji radi na programu sindikalnog obrazovanja u srednjim školama, kako bi se učenici završnih razreda kroz nastavu upoznali s važnošću sindikalnog organiziranja. Sindikalno organiziranje je važan korak u razvoju klasne svijesti pa ćemo tu ideju promovirati i na tribini koju organiziramo povodom 200. obljetnice rođenja Karla Marxa. Tribina će se baviti pitanjem aktualnosti i relevantnosti marksizma danas i činjenicom da se kroz proces obrazovanja ne stječu nikakva znanja o eksploatatorskoj naravi kapitalizma, o suprotstavljenim interesima rada i kapitala, o potrebi i mogućnostima otpora, sve do promjene društvenog sustava. Na tribini će govoriti isključivo mladi ljudi, oni koji su vaninstitucionalnim kanalima saznali tko je Karl Marx, jer se kroz institucije i mainstream medije u Hrvatskoj to ne može saznati.

Suradnja sa sindikatima, klasno osvještavanje radnika i rad s mladima, to su osnovni pravci djelovanja SRP-a u narednom razdoblju.

Sljedećeg dana, 12. 4. 2018., održana je plenarna sjednica Europske komunističke inicijative na kojoj je usvojena izjava europskih komunističkih i radničkih partija kojom osuđujemo eskalaciju imperijalističke agresije na Siriju. Izjavu na engleskom jeziku i popis potpisnica možete pročitati ovdje.

Statement of the Communist and Workers Parties of Europe condemning the escalation of the imperialist aggressiveness in Syria

 

The communist and workers’ parties of Europe condemn the escalation of the imperialist aggressiveness and the sharpening of the situation in Syria and the broader region after the statement of D. Trump, President of the USA, on April 11th about bombarding Syria under the pretext of the use of chemical weapons, something that the USA have repeatedly done in the past. The danger of a generalized war increases.

The communist and workers’ parties express their internationalist solidarity to the people of Syria and the other peoples of the region, they call upon the working class, the people’s forces to reinforce the struggle against the imperialist interventions and wars, of the NATO, the USA and the EU.

Peoples must not shed their blood for the interests of the monopoly groups, the competition for the control of energy resources, the routes of transportation, the control of the markets and the distributions of spheres of influence.

Peoples have the right to live peacefully and have the power to claim a society free from wars, crises, poverty and exploitation.

 

Signing Parties

Communist Party of Albania

Party of Labour of Austria

Communist Party of Belgium

New Communist Party of Britain

Communist Party of Britain

Communist Party of Bulgaria

Socialist Workers Party of Croatia

AKEL (Cyprus)

Communist Party of Bohemia & Moravia

Communist Party in Denmark

Communist Party of the Workers of Finland

Revolutionary Communist Party of France

Revolutionary Party Communistes (France)

Communist Party of Greece

Hungarian Workers Party

Workers Party of Ireland

Communist Party (Italy)

Socialist Party of Latvia

Communist Party of Luxembourg

Communist Party of Malta

New Communist Party of the Netherlands

Communist Party of Norway

Communist Party of Poland

Romanian Socialist Party

Communist Party of the Russian Federation

Russian Communist Workers Party

Communist Party of the Soviet Union

New Communist Party of Yugoslavia

Communists of Serbia

Communist Party of the Peoples of Spain

Communist Party of Sweden

Swiss Labour Party

Communist Party of Turkey

Communist Party of Ukraine

Union of Communists of Ukraine

Nažalost, dva dana kasnije došlo je do besramne izravne agresije na Siriju, što smo najoštrije osudili.

Na marginama ovih sastanaka, naša je predstavnica imala i dva bilateralna susreta.

Susrela se s predstavnikom Švedske komunističke partije u cilju nastavka suradnje naših partija koja je započela susretom u Splitu i razmjenom pisama. Razgovaralo se o rastućem nacionalizmu, posebno među mladima (u obje zemlje) i o potrebi našeg snažnijeg angažmana u jačanju klasne svijesti radnika.

Drugi susret bio je s Kostasom Papadakisom, članom CK KKE i članom Europskog parlamenta. Razgovaralo se o stanju na Balkanu i o napetostima koje opterećuju neke zemlje u regiji. Zaključili smo da je posebno važno da radničke, socijalističke i komunističke partije regije usuglašavaju stavove i da na probleme reagiramo zajedničkim izjavama.

Vođeni su i vrlo zanimljivi neformalni razgovori s predstavnicima Srbije, Bugarske, Francuske, Rumunjske, Britanije… Sve sastanke i susrete u Bruxellesu ocjenjujemo kao izrazito dobre i poticajne.


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I partiti comunisti europei condannano l’aggressione imperialista contro la Siria

12 aprile 2018

La seguente dichiarazione comune è stata sottoscritta da 28 partiti comunisti d’Europa, riuniti in questi giorni all’European Communist Meeting di Bruxelles, contro la prospettiva di una nuova aggressione imperialista ai danni del popolo siriano.
“I Partiti Comunisti che si sono riuniti l’11 Aprile a Bruxelles condannano l’escalation dell’aggressività imperialista e lo sviluppo della situazione in Siria e nella regione, dopo l’annuncio del Presidente degli USA Donald Trump di nuovi bombardamenti in Siria con il pretesto dell’utilizzo di armi chimiche, che gli USA hanno già compiuto più volte in passato. Il pericolo di una guerra generalizzata è sempre più in crescita.
I Partiti Comunisti esprimono la loro solidarietà internazionalista al popolo siriano e agli altri popoli della regione e si rivolgono alla classe lavoratrice e alle forze popolari per rinforzare la lotta contro gli interventi imperialisti e le guerre. Contro la Nato, gli Usa e l’Unione Europea.
I popoli non devono versare nemmeno una goccia di sangue per gli interessi dei gruppi monopolistici, nel conflitto per il controllo delle risorse energetiche, per le vie di trasporto e per il controllo dei mercati e per la distribuzione delle sfere di influenza.
I popoli devono avere il diritto di vivere in pace e di pretendere una società libera dalle guerre, dalle crisi, dalla povertà e lo sfruttamento.”

 

Elenco dei partiti che hanno sottoscritto l’appello (in ordine alfabetico secondo la denominazione inglese del paese d’origine):
Partito del Lavoro d’Austria (PdA)
Partito Comunista di Bulgaria (KPB)
Partito Socialista dei Lavoratori di Croazia (SRP)
Partito Progressista dei Lavoratori di Cipro (AKEL)
Partito Comunista dei Lavoratori di Finlandia (KT)
Partito Comunista Rivoluzionario di Francia (PCRF)
Partito Rivoluzionario dei Comunisti (Francia)
Partito Comunista di Grecia (KKE)
Partito dei Lavoratori Ungherese (Munkaspart)
Partito dei Lavoratori (Irlanda)
Partito Comunista (PC- Italia)
Partito Socialista di Lettonia (LSP)
Partito Comunista di Lussemburgo (KPL-PCL)
Partito Comunista di Norvegia (NKP)
Nuovo Partito Comunista dei Paesi Bassi (NPCN)
Partito Comunista di Polonia (KPP)
Partito Socialista Romeno (PSR)
Partito Comunista della Federazione Russa (KPRF)
Partito Comunista Operaio Russo (RKRP)
Partito Comunista dell’Unione Sovietica (KPSS)
Partito Comunista dei Popoli di Spagna (PCPE)
Partito Comunista di Svezia (SKP)
Partito Svizzero del Lavoro (PdAS-PST)
Partito Comunista di Turchia (TKP)
Partito Comunista di Ucraina (KPU)
Unione dei Comunisti di Ucraina
Nuovo Partito Comunista Britannico (NCPB)
Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia (NKPJ)


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Imperijalistički napad na Siriju


Socijalistička radnička partija Hrvatske najoštrije osuđuje napade na položaje Sirijske vojske predvođene od strane SAD-a, Velike Britanije i Francuske. Nakon optužbe za navodno korištenje kemijskog oružja od strane Sirijske vojske u borbama za  oslobođenje od islamističkih bandi, jurišnici krupnog kapitala predvođeni Donaldom Trumpom izvršili su  raketiranje na suverenu i međunarodno priznatu zemlju Siriju. Očaj zbog činjenice da godine pokušaja rušenja predsjednika Bašara al Asada nisu urodile plodom i da je hrabra sirijska vojska, uz veliku pomoć Rusije, uspjela obraniti zemlju i osloboditi istu od krvoločnih bandi pod raznim imenima (kao „Umjerena opozicija, ISIL, Al-Nusra itd.) jedini je razlog napada na Siriju.

SRP Hrvatske također najoštrije osuđuje i slugansku „Hrvatsku vladu“ zbog podrške zločincima u ratu protiv Sirije. Podrška zločincima ih svrstava na stranu zločinaca i zato pozivamo sve miroljubive i progresivne snage da izraze osudu agresije i da pokažu hrvatskoj javnosti da ne podržavamo beskičmenjaštvo i sluganstvo ove Vlade.

Zaustavite agresiju na Siriju!

Živjela borba Sirijskog naroda protiv imperijalizma!

Smrt imperijalizmu – sloboda narodu!



[Nebojsa Malic ripercorre un quarto di secolo di forzature del diritto internazionale da parte degli Stati Uniti e dei loro complici. Il passaggio jugoslavo, e bosniaco in particolare, è stato cruciale in questo percorso che ha infine portato alla cancellazione tout court dello stesso diritto internazionale, sostituito dall'esercizio arbitrario della violenza quando come e dove garba.]


From Srebrenica to Syria: How the US replaced the UN as ‘world police’


Published time: 14 Apr, 2018

After President Donald Trump tweeted “missiles are coming,” the US, UK and France launched airstrikes on Syria. There was no international investigation of the alleged chemical attack, or UN authorization. How did it come to this?
The US likes to present itself as the foremost guardian of the “rules-based international order,” blaming Russia and China for flouting these rules or seeking to change them. Yet in practice it is Washington and its allies that trample on the rules at nearly every occasion. Friday’s strikes are but one example.
Earlier this week, US envoy Nikki Haley told the UN Security Council that Washington intended to act in Syria “with or without” the UN. Russia’s Vassily Nebenzia responded with a reminder that the UN has all too often been used as a fig leaf for Western military adventurism. He specifically cited the example of Libya in 2011, when UNSC Resolution 1973 that authorized a “no-fly zone” was used by NATO as a license for regime change.
George W. Bush flouted the UN entirely in 2003, when he invaded Iraq after basically telling the Security Council he intended to do so no matter what. Before that, Bill Clinton launched NATO’s 78-day war against Yugoslavia in 1999, also without bothering with the UN.
Such behavior would’ve seemed unimaginable in 1991, when the US made sure to have full Chapter VII UN authority to drive Iraqi forces out of Kuwait. So what happened in those eight intervening years? For the answer to that, we must revisit the Bosnian War.
In early 1992, a political arrangement between Bosnia’s ethnic Serb, Croat and Muslim communities fell apart as Germany and the US backed the factions seeking independence. Open warfare broke out in March or April (depending on whom you ask) along ethnic and religious fault lines. Public relations firms in the West busily churned out accusations of “genocide” and “ethnic cleansing” to push narratives about the war. Newly inaugurated US President Bill Clinton believed a combination of airstrikes and weapons shipments to the Bosnian Muslims (“lift and strike”) to be the solution.
Over the next three years, NATO gradually took over the leading role in the former Yugoslavia from the UN through a series of steps, the justification for each being ostensibly humanitarian grounds. Many of the details of this creeping usurpation were described by Phillip Corwin, the American who served as the UN political officer in Bosnia in 1995, in his memoir ‘Dubious Mandate.’
The process began earlier, however. On April 16, 1993, the UN Security Council passed Resolution 819, establishing the town of Srebrenica in eastern Bosnia as a “safe area, free from any armed attack or any other hostile act.” The concept of “safe areas” was expanded on May 6, 1993, with Resolution 824 adding the cities of Sarajevo, Tuzla, Goražde and Bihać and the village of Žepa to the list. All were held by the Bosnian Muslims.
Aside from the thorny issue of openly siding with one of the factions in the war, the UN had a more practical problem: its mission in Bosnia (UNPROFOR) was in no way equipped to actually patrol or secure these areas, having been originally deployed to police the January 1992 armistice in the neighboring Croatia.
So the UN turned to NATO for enforcement. On April 12, 1993, NATO was asked to patrol the skies over Bosnia, enforcing the October 1992 resolution banning all military flights - ostensibly for humanitarian purposes. Operation Deny Flight served as NATO’s back door into the Bosnian War: the alliance’s first air engagement ever was in February 1994; the first-ever bombing mission followed in April.
Under US pressure, the Security Council passed Resolution 836 in June 1993, authorizing NATO to provide close air support for UNPROFOR upon request. Under the so-called “dual key” arrangement, any NATO strikes had to be authorized by civilian UN officials.
That requirement was removed in July 1995, after Bosnian Serb forces took Srebrenica and Žepa. Srebrenica would become identified with claims of “genocide,” but those would come later. At a conference in London on July 21, UN Secretary-General Boutros Boutros-Ghali gave the UN military commander, General Bernard Janvier, the direct authority to request NATO airstrikes.
On August 4, 1995, Croatia launched an all-out attack on Serb-inhabited regions protected under the 1992 peace deal. UN peacekeepers did nothing to stop the attack. No airstrikes were called in. Quite the contrary, on August 30, NATO launched Operation Deliberate Force against the Bosnian Serbs. Croatian and Bosnian Muslim forces launched their own offensive on the ground. In the course of the three-week operation, some 400 aircraft dropped over 1,000 bombs.
At that point it seemed perfectly normal that the US, not the UN, would oversee the peace talks in Dayton, Ohio that ultimately produced a peace agreement that somehow still survives to this day.
Even those who chafed at the reassertion of American power conceded, at least implicitly, its necessity,” wrote Richard Holbrooke, the US diplomat tasked with organizing the talks, in his 1998 memoir ‘To End A War.’ He also described US foreign policy after Dayton as “more assertive, more muscular.
The enforcer had thus usurped the roles of judge, jury, prosecutor and executioner. The UN did nothing in March 1999, when the US led NATO in attacking what was left of Yugoslavia and occupying Serbia’s province of Kosovo, in open violation of the US Constitution, NATO’s own charter, and that of the UN.
Only afterward was the world body brought in, to legitimize the occupation through UNSC Resolution 1244. Yet NATO did not care a whit that the resolution guaranteed Serbia’s sovereignty over the province and provided for the eventual return of Serbian security forces. Instead, Washington backed the 2008 declaration of independence by the ethnic Albanian provisional government and has pressured more countries to follow along ever since.
It is hardly surprising that almost all proposals for US intervention in Syria during the Obama administration focused on establishing “safe areas” and conducting airstrikes. Why change the script if it worked in Bosnia so well?
After Iraq, however, the rest of the world is not as willing to take anything at just the word of US media or Washington officials. Russia in particular insists on evidence over assertions, and points out its troops are fighting against terrorists in Syria at the request of the country’s legitimate government - unlike the US troops currently operating there.

Nebojsa Malic for RT




Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia Onlus aderisce ed invita ad aderire e partecipare al presidio che si terrà stasera a Milano, contro le politiche guerrafondaie e imperialiste basate su sfacciate menzogne che dal 1990 continuano ad essere promosse da NATO e Unione Europea.


Altre manifestazioni segnalate OGGI:

ROMA, dalle ore 11 davanti all'ambasciata statunitense, Via Veneto
Presidio di protesta 
Organizzato da Rete NO WAR

BOLOGNA, dalle ore 16 in Piazza del Nettuno
Stop bombardamenti sul Donbass
Organizzato da Comitato Ucraina Antifascista Bologna

GHEDI (BS), dalle ore 14.30 davanti alla base militare
Presidio di protesta

Segnaliamo anche per LUNEDI 16/4:

AREZZO, dalle ore 18 in Piazza Sant'Agostino
Presidio organizzato da Potere al Popolo



GIÙ LE MANI DALLA SIRIA!
SABATO 14 APRILE 2018 -  ORE 18.00
PRESIDIO-MANIFESTAZIONE
MILANO - PIAZZA SAN BABILA
 
“L’Italia ripudia la guerra come strumento d’offesa alla libertà degli altri popoli
e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.”
Costituzione della Repubblica Italiana - Art.11
 
Questo appello nasce dalla volontà dei soggetti promotori di mobilitarsi contro la politica di aggressione, condotta dalla NATO – USA in testa, che ha già provocato una violenta rottura degli equilibri in tutto il Medio Oriente, in parte del continente africano, in Europa.
 
Stiamo assistendo alla solita commedia, il cui copione è ben noto: ancora una volta con finanziamenti degli USA e, allo stesso tempo, mercenari, filonazisti, jihadisti, golpisti, consiglieri militari della NATO. Migliaia di morti civili sono il tragico risultato.
 
Come in Iraq, dove risultarono inesistenti le tanto declamate armi di distruzione di massa, anche in questa occasione si crea un pretesto per muovere guerra alla Siria. A Douma, liberata in queste ore dall’esercito arabo siriano, si sarebbero usate armi chimiche, causando perdite di vite umane tra i civili. Prima ancora di accertare se sia accaduto realmente, si vorrebbe lanciare un attacco missilistico sulla Siria. Un silenzio totale invece avvolge la tragedia dello Yemen, da più di due anni attaccato dall’Arabia Saudita con armi fornite dagli USA e, tra gli altri, anche dall’Italia. Come sempre due pesi e due misure.. 
 
Non è mai stato così alto il rischio di una guerra devastante tra la NATO, che potrebbe avere l’appoggio delle petromonarchie così come di Israele, e la Federazione Russa. La Siria infatti ha una storica amicizia con l’Unione Sovietica prima, con la Russia oggi; per questo ha chiesto il suo aiuto nella lotta contro i terroristi armati, addestrati e finanziati dagli USA, è evidente che in queste circostanze un attacco alla Siria equivale ad una dichiarazione di guerra alla Russia
  
Chiediamo l’impegno di quanti aderiranno a scendere in piazza prima che sia troppo tardi.
La prima vittima della guerra è la verità. 
La guerra è contro i lavoratori. Non un soldo per la guerra

Comitato contro la guerra – Milano  

PER INFO:
 
È IN CORSO LA RACCOLTA ADESIONIad ora sono pervenute: 
Centro di Iniziativa Proletaria Tagarelli
 – S.S. Giovanni (Milano), 
Marx21.it
,  
Sez. ANPI "Bassi - Viganò"
 - Milano, 
La Casa Rossa” - Milano, 
Comitato Lavoratori Precoci – Lavoro Giovani

Partito Comunista – Milano, 
Comitato Lavoro Milano, 
Ass.ne Italia-Cuba Circolo Celia SanchezMarilisa Vertì
- Parma, 
Ass.ne Italia-Cuba Circolo Arnaldo Cambiaghi - Milano, 
GiovaniComunisti 
Milano, 
Sez. ANPI Abbiategrasso "Giovanni Pesce"

L'Antidiplomatico
PCI
 federazione Milano, 

Scintilla
Ass.ne Italia-Cuba Circolo Camilo Cienfuegos
 (Abbiategrasso- Magenta MI), 
Circolo Vegetariano V.T.,
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia Onlus






Chi e come fa scoppiare la Terza Guerra Mondiale 

1) Bombe sulla Siria. Israele, stato terrorista che con gli Usa avvicina la guerra mondiale (G. Cremaschi)
2) Attacco chimico a Douma: l’OMS di Ginevra contraddetta dall’ufficio locale dell’ONU in Siria (e dalla Mezzaluna)! (M. Correggia)


=== 1 ===


Bombe sulla Siria. Israele, stato terrorista che con gli Usa avvicina la guerra mondiale

di Giorgio Cremaschi (Potere Al Popolo), 9 aprile 2018

Solo Israele può bombardare una base militare di uno stato sovrano confinante e farla franca. E, prima delle bombe contro la Siria, ci sono state le stragi di manifestanti palestinesi, anche queste totalmente impunite. Israele è esente da qualsiasi legge e principio sui diritti umani. 

L’Israele di Netanyahu è il primo stato terrorista, il più pericoloso stato canaglia mondiale. Perché con le sue armi atomiche e con il suo porsi al di sopra di qualsiasi regola si è impadronito del bottone con il quale si può scatenare la terza guerra mondiale. 

Quel pulsante lo ha in condominio con il suo primo protettore, gli USA di Trump. Che ora puntualmente si inventano un attacco chimico del governo siriano contro i ribelli un fuga. Una montatura ridicola, se non altro perché non si capisce in base a quale scelta autolesionista il governo siriano dovrebbe usare i gas DOPO aver vinto la guerra. 

Chi ha prodotto questa fakenews deve essere il fratello scemo degli imbroglioni londinesi del gas nervino. Ma nonostante questo, ora Trump minaccia rappresaglie ed soliti servi europei, guidati da Macron, gli vanno dietro. 

Attenzione, perché quando uno Stato si considera al di sopra di qualsiasi legge e un altro usa qualsiasi balla pur di mostrare i muscoli, prima o poi il patatrac può succedere. Bisogna svegliare la nostra opinione pubblica addormentata e rincitrullita dallo scontro sul nulla dei principali leader politici. Che su questo precipitare della crisi internazionale tacciono tutti. 

Ehi avete capito che ci avviciniamo sempre più alla guerra? 

I governi terroristi di Israele e degli USA sono un pericolo terribile per tutti noi e vanno fermati nel nome del futuro dell’umanità.



=== 2 ===


ATTACCO CHIMICO A DOUMA: L’OMS DI GINEVRA CONTRADDETTA DALL’UFFICIO LOCALE DELL’ONU IN SIRIA (E DALLA MEZZALUNA) !

Marinella Correggia, 11 aprile 2018

Non è la prima volta che all’ONU la mano destra non sa cosa fa la sinistra, ma alle soglie di una possibile guerra devastante, le agenzie onusiane dovrebbero fare più attenzione alle loro dichiarazioni, che rischiano di legittimare le follie di Trump, Macron, Erdogan e Asse delle guerre assortito. Ecco cos’ha fatto l’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) 

Atto primo. 

Ad alcuni giorni dal presunto attacco con armi chimiche a Douma, denunciato con vari video da ONG mediche pro-opposizione armata (fra cui la Syrian-American Medical Society, l’UOSSM e i White Helmets), l’11 aprile 2018 il vice-direttore generale per le emergenze dell’OMS, Peter Salama (australiano), ha pensato bene di dare credibilità a queste fonti davvero dubbie. E in un comunicato [ http://www.who.int/mediacentre/news/statements/2018/chemical-attacks-syria/en/ ] che non appare (più?) sulla prima pagina del sito  ma che è stato rilanciato da tutti i media a livello planetario, Salama ha dichiarato: “Secondo i partner dell’Health Cluster, a Douma 500 persone sono state accolte da centri medici durante i bombardamenti, con sintomi di esposizione ad agenti chimici altamente tossici, fra cui irritazione delle mucose , problemi respiratori, disturbi del sistema nervoso centrale. (…) Oltre 70 persone che si trovavano in un sotterraneo sarebbero decedute, 43 di loro con sintomi da esposizione ad agenti chimici tossici. Sarebbero state colpite anche due strutture mediche. (…) L’OMS, indignata per queste immagini orrende e le notizie che arrivano da Douma, chiede un accesso senza restrizioni all’area per recare aiuto ai colpiti e valutare l’impatto sanitario (…)”. 

Dunque, l’OMS non ha personale sul posto. La sua fonte è questo Health Cluster, nel gergo onusiano un insieme di attori medici o per i diritti umani, sia ONU che ONG. In occasione di altre denunce (per la serie: 100 ospedali bombardati), l’ufficio stampa dell’OMS ci aveva risposto vagamente che le sue fonti nelle aree controllate dall’opposizione erano “partner locali”… Ovviamente, organizzazioni accreditate dai gruppi armati. Rimane la domanda: qual è la fonte dell’OMS in questa occasione?

Atto secondo. 

Poche ore dopo, il luogotenente generale della Federazione russa Victor Poznikhir ha tenuto un briefing [ http://pda.mil.ru/pda/news_main.htm?id=12170864@egNews ] nel quale, oltre a spiegare che i militari russi continuano a lavorare per il rilascio di ostaggi detenuti dal gruppo Jaysh al Islam (Esercito dell’islam) a Ghouta,  e che già 60.000 residenti sono tornati a casa, ha spiegato quanto segue (nostra traduzione dal russo con google): “Attualmente, i residenti della Ghouta orientale ricevono la necessaria assistenza umanitaria, sia attraverso l'ONU che attraverso il Centro russo per la riconciliazione delle parti in guerra. (…)  Gruppi armati illegali che operano nell'est Ghouta hanno ripetutamente tentato di organizzare provocazioni con il presunto uso di sostanze chimiche tossiche  per accusare le truppe del governo siriano di usare armi chimiche. (…) Un esempio è la scoperta del 3 marzo in uno dei tunnel sotterranei della città di Khazram, un laboratorio di militanti per la fornitura di munizioni per la produzione artigianale con sostanze velenose. Dall'inizio dell'operazione umanitaria nell'Est Ghouta, i terroristi non sono stati in grado di organizzare alcun cosiddetto "attacco chimico" contro i civili. Ma il 7 aprile, è stato fatto l'ultimo tentativo di fabbricare false prove del presunto uso da parte delle autorità siriane di sostanze velenose nell'est Ghouta.  (…) Il 9 aprile, specialisti militari russi nel campo delle radiazioni, difesa chimica e biologica, così come medici militari sono arrivati ​​direttamente sul sito del presunto incidente filmato dagli Elmetti bianchi. (…) Esaminando i pazienti e intervistando il personale medico hanno scoperto che nessuna delle vittime con sintomi di sostanze avvelenanti come il sarin e il cloro è stata ammessa all'istituto medico. (…) Lo staff medico e gli abitanti locali non hanno informazioni sui possibili luoghi della loro sepoltura. A questo proposito, le dichiarazioni rese oggi a Ginevra dal rappresentante dell'Organizzazione mondiale della sanità, l'australiano Peter Salama, sulle presunte 500 vittime di sostanze tossiche nella Duma, sono di estrema preoccupazione. Nelle ultime ore abbiamo contattato i rappresentanti della Mezzaluna Rossa siriana e l'ufficio locale del coordinatore delle Nazioni Unite in Siria, che partecipano attivamente alle operazioni umanitarie nell'Est Ghouta per localizzare queste vittime. Nessuno di loro ha riscontri circa le denunce espresse dal rappresentante dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Se i rappresentanti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità vogliono davvero capire questa situazione, li invitiamo nella Ghouta Orientale e siamo pronti a fornire sicurezza e tutte le condizioni per il lavoro. Nonostante i numerosi appelli dalla Russia, la dirigenza dell’OMS non ha fornito alcuna informazione o spiegazione su questo problema. Pertanto, tali dichiarazioni irresponsabili da parte di un alto rappresentante dell'Organizzazione Mondiale della Sanità non solo screditano l'organizzazione, ma contribuiscono anche a un nuovo ciclo di escalation della situazione con conseguenze difficili da prevedere, per la popolazione siriana in primo luogo. A differenza dell'OMS, il 10 aprile l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW) ha preso la decisione formale di inviare una missione speciale alla città di Douma per condurre un'indagine obiettiva. Da parte nostra, riaffermiamo la nostra disponibilità a garantire la piena sicurezza degli specialisti OPCW nella città della Duma e di creare tutte le condizioni per la loro attività di ispezione”. Il militare russo ha ricordato che diversi gruppi hanno deposto le armi nel quadro del lavoro del Centro russo per la riconciliazione, precisando poi: “La situazione nella città di Raqqa rimane preoccupante. Invece di dichiarare di voler lanciare attacchi missilistici contro la Siria, gli Stati Uniti avrebbero dovuto impegnarsi nella ricostruzione della città in rovina e fornire assistenza alla popolazione”. 




Con questa "amarena" (višnjica) numero 1000 concludiamo la fortunata serie dolceamara, che negli anni ha vantato innumerevoli pallide imitazioni. Diciamo la parola "fine" innanzitutto perché abbiamo fatto cifra tonda: sono 1000 "amarene", che a loro volta hanno fatto seguito a 206 "ciliegine" andate tutte di traverso quel tetro 3 ottobre dell'anno 2000. Terminiamo qui però anche perché, alla vigilia della Terza Guerra Mondiale, da tempo le vergogne altrui hanno smesso di farci ridere. (a cura di Italo Slavo)


GLI ERRORI DEL PASSATO


Massimo D'Alema contesta errori passati della "sinistra", chiamando in causa anche Blair e Schroeder. Omette però di spiegare quale sia stato l'errore più grande e più grave: quello cioè che fu commesso proprio con i suoi due sodali...


Si vedano:

Il voto italiano è il punto di rottura della crisi europea (di Massimo D'Alema, su Il Manifesto del 10.04.2018 – editoriale del prossimo numero della rivista Italianieuropei)
https://ilmanifesto.it/il-voto-italiano-e-il-punto-di-rottura-della-crisi-europea/

La scoperta dell’acqua calda (di Franco Astengo, 10 aprile 2018)
http://contropiano.org/news/politica-news/2018/04/10/la-scoperta-dellacqua-calda-0102729

AMARCORD:

[JUGOINFO] Visnjica broj 1 (Coordinamento "La Jugoslavia Vivrà", 5 ottobre 2000)

Ciliegina numero 206 TRIS (Coordinamento Romano per la Jugoslavia, 1 ottobre 2000)




In questa puntata si parla di: Convenzione di Istanbul, Cantieri navali di Pola, Todorić, Paraga, dichiarazioni controverse di Priština...


Il Direttivo del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia Onlus comunica la adesione alla iniziativa promossa dal Comitato "Fermiamo le ruote dell’occupazione!", di cui si riporta di seguito l'Appello di convocazione:


FERMIAMO LE RUOTE DELL’OCCUPAZIONE SIONISTA.
ISRAELE MAGLIA NERA!

No allo sport-washing delle barbarie sioniste contro il Popolo Palestinese!
No alla partenza del Giro d’Italia 2018 in Israele!
Il Giro d'Italia del 2018 inizierà con le prime tre tappe da Israele: partenza da Gerusalemme il 4 maggio, seconda tappa Haifa /Tel Aviv, la terza tappa attraverserà il Naqab (Negev).

Come spiegare la partenza del Giro d’Italia da Gerusalemme?
La ragione ufficiale riguarda la volontà di dedicare questa edizione del Giro alla memoria di Gino Bartali, il cui nome è stato impresso sul muro dei “Giusti tra le Nazioni” per aver salvato diverse centinaia di ebrei italiani dalle persecuzioni nazifasciste. Vista, però, la mancanza di tappe che in qualche modo potessero ricondursi alla vita del ciclista e l’assenza di questo argomento nella pubblicistica del Giro, appare da subito evidente che questa motivazione è un pretesto. Il vero motivo è un altro: la volontà da parte del governo italiano di omaggiare le politiche di Israele e indirettamente quelle degli USA, al fine di cementare l’intesa tra questi paesi imperialisti nello scacchiere della guerra mediorientale. Trump, infatti, due mesi fa ha riconosciuto Gerusalemme quale capitale di Israele, prevedendo lo spostamento dell’ambasciata americana proprio il prossimo mese di maggio: con questa decisione si calpesta la Risoluzione ONU n. 181 che dichiara la città di Gerusalemme “corpus separatum” sotto amministrazione delle Nazioni Unite.
La scelta vergognosa di far partire il Giro d’Italia da Gerusalemme legittima di fatto il progetto israeliano di colonizzazione/insediamento della Palestina e occulta i crimini che Israele quotidianamente commette contro la popolazione Palestinese. Nel silenzio dell’informazione internazionale, Israele attua politiche di ampliamento di colonie, espropria acqua e terra, impedisce la produzione di beni, il libero movimento delle persone e delle cose con blocchi e muri, arresta e trattiene in carcere, senza motivo, bambini e adulti, demolisce case e assassina chi si vuole opporre alle violenze dell’occupazione. Più di due milioni di palestinesi della striscia di Gaza vivono da 11 anni sotto assedio senza acqua, elettricità, servizi sanitari, sotto attacchi armati israeliani che hanno fatto migliaia di vittime tra donne uomini e bambini: crimini contro i diritti universali che si affermano nel silenzio totale della comunità internazionale. Crimini che i colonizzatori chiamano “diritto a difendersi” mentre nella pratica si traducono nel “diritto ad occupare” e nel “diritto di sterminio”. Violenze che, è facile prevedere, il Giro d'Italia non solo non mostrerà, ma si propone di celare per ricostruire una facciata democratica a Israele. 
Da diversi anni è consolidata la pratica di far partire grandi tappe sportive dall’estero per ragioni principalmente economiche: uno Stato o una città pagano gli organizzatori del Giro per ospitare l’evento. L’aspetto che contraddistingue la decisione di quest’anno, però, è che la scelta è soprattutto dettata da una volontà politica e solo successivamente economica. Quest’operazione di pulizia d’ immagine, che ha già coinvolto altre manifestazioni culturali e sportive, fa parte di una strategia, Brand Israel, per la quale il governo israeliano ha stanziato sostanziose risorse finanziarie. Israele infatti ha pagato, o meglio investito, 4 milioni alla Rizzoli-Corriere della Sera (gli organizzatori della corsa) per ospitare la partenza del Giro d’Italia. Non un impegno economico per una manifestazione sportiva, quale è il Giro d’Italia, ma un’occasione per sostenere e occultare le politiche criminali che lo Stato sionista sta attuando. Al Giro d’Italia parteciperà una squadra israeliana invitata dagli organizzatori della gara; ciclisti pagati profumatamente, basti pensare ai 2,4 milioni di dollari investiti da Israele per accaparrarsi il campione del Tour de France Chris Froome.
La stessa immagine di Bartali viene strumentalizzata e piegata ai fini propagandistici israeliani, perché ancora una volta si strumentalizza il crimine della Shoah per legittimare l'occupazione della Palestina e si affibbia l'infamante etichetta di antisemiti ai solidali con la Resistenza Palestinese. Un lavaggio dei cervelli che parte dalle parole stesse, visto che “semita” indica infatti l'appartenenza ad un gruppo linguistico del Medio Oriente (che comprende tanto l'arabo quanto l'ebraico), mentre il “sionismo” è l'ideologia politica fondante dello stato colonialista d'Israele, basata su una dottrina razzista, di separazione e supremazia degli ebrei. Noi rigettiamo questa strumentalizzazione!
Gli organizzatori e la politica italiana hanno trasformato una manifestazione sportiva, che dovrebbe essere simbolo di pace e fratellanza, in una vetrina di propaganda per lo Stato sionista che ha preteso anche la ristampa sia della pubblicistica che della planimetria ufficiale, visto che veniva riportata “Gerusalemme Ovest” come località di partenza del Giro, contrariamente a quanto propagandato su Gerusalemme capitale dello “Stato ebraico”. Israele ha preteso il cambiamento a seguito di una spiegazione assolutamente politica da parte dei ministri dello Sport, del Turismo e delle Questioni Strategiche: "Gerusalemme è la capitale di Israele: non vi sono Est e Ovest […] nella misura in cui nel sito del Giro non sarà cambiata la definizione che qualifica come punto di partenza 'West Jerusalem', il governo israeliano non parteciperà all'iniziativa". Prontamente gli organizzatori si sono scusati ribadendo che non era nelle loro volontà contrariare il partner sionista ed hanno rimosso questa dicitura da ogni materiale legato al Giro d'Italia. Complimenti! Ancora una volta l’Italia si conforma alla propaganda sionista: persino i libri di testo scolastici riportano la falsa informazione secondo cui Gerusalemme è la capitale di Israele.
La data stabilita per l’inizio della corsa ciclistica, inoltre, non sembra proprio casuale: essa cade a 70 anni dalla Nakba (“catastrofe” per il Popolo Palestinese), cioè l’inizio dell’occupazione della Palestina; un’ occasione per Israele e i suoi alleati di festeggiare la nascita dello stato sionista e la conseguente espulsione dei palestinesi dalla loro terra. 
Costruire la solidarietà con il popolo palestinese passa necessariamente in Italia con la denuncia e la contestazione dei legami tra l’Italia e Israele: fatti di interessi economici, scambi culturali, gemellaggi accademici e collaborazioni militari. Israele è l'avamposto colonialista delle potenze della Nato in Medio Oriente ed è parte del sistema capitalista e imperialista mondiale che immiserisce e sfrutta i popoli. Con la sua sperimentata e sistematica oppressione verso il Popolo Palestinese, è un modello repressivo e reazionario per le classi dominanti di tutto il mondo: anche qui in Italia , dove le conquiste dei lavoratori vengono cancellate, le masse popolari sono sempre più immiserite e si fomenta la guerra razziale e religiosa tra poveri per farci credere che i nemici siano gli immigrati e non gli sfruttatori e i capitalisti. Un modello anche per la politica estera, visto le oltre trenta missioni militari all'estero, dal Niger all'Afghanistan, che rivelano come la vocazione colonialista sia all'ordine del giorno per lo stato italiano, nella corsa mondiale alla predazione e spartizione delle risorse e dei mercati. 
Noi non ci stiamo, non vogliamo chiudere gli occhi e lasciare che una manifestazione sportiva/culturale diventi occasione per Israele di presentarsi come paese democratico e ripulisca la sua immagine di paese criminale. Le violenze sioniste israeliane non si giustificano con “diritto a difendersi”; Israele occupa una terra che è di diritto dei Palestinesi. 
Per questo invitiamo tutte le associazioni, i movimenti, i singoli e le realtà territoriali a costruire insieme una mobilitazione che porti, in occasione delle tappe del Giro d’Italia previste in Veneto e in Friuli Venezia Giulia, i contenuti della solidarietà con il Popolo Palestinese e la contrarietà alle logiche di guerra che uniscono il governo italiano a quello israeliano. Inoltre la tappa del 18 maggio in Veneto sarà dedicata anche alla Prima Guerra Mondiale, una guerra che, come avvenuto negli ultimi anni, non sarà ricordata dalle istituzioni per quello che è stata, il sanguinoso massacro dei popoli per gli interessi delle potenze imperialiste, ma sarà occasione di glorificazione del passato bellico per valorizzare l’interventismo di oggi sui vari fronti di guerra aperti nel mondo. 
 
Comitato del Nord-Est Freniamo le ruote dell’occupazione!
 
Per info e adesioni: freniamoisraele.nordest@...
 
Aderiscono:
Comitato BDS Trieste, Fronte Palestina-Padova, Assemblea Antifascista Bassanese, Tuttinpiedi Mestre, alcuni Palestinesi del Nord-Est, Comunità Palestinese del Veneto, C.C.B. Collettivo Comunista Broz, Oltre il Mare, L' Altra Europa Laboratorio Venezia, Ass. Restiamo umani con Vik - Venezia, Centro Sociale La Resistenza Ferrara, Associazione Immigrati di Pordenone, Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia Onlus


--- Sulla strumentalizzazione sionista del Giro d'Italia si vedano anche:

Fermare la vergogna del Giro d’Italia che parte da Israele (Sergio Cararo)

Non macchiate di sangue palestinese la maglia rosa! (Giorgio Cremaschi)


--- Tra le altre iniziative segnalate:

Roma 14 aprile 2018: Convegno sui prigionieri palestinesi


--- Sulla attuale situazione in Palestina si vedano:

7 Aprile 2018, Manifestazioni nella Striscia di Gaza, Israele uccide 10 palestinesi e ne ferisce 1354

Su "Il Foglio" Camillo Langone incita i cecchini a sparare e fare strage



In questa puntata si parla di: Kosovo, rapporti con la Federazione Russa, un articolo di "Internazionale" sul "Tribunale ad hoc dell'Aia"... A questa pagina potete ascoltare anche la trasmissione SRBIJA MIC PO MIC del 29.3.2018.

[Iniziative e testi del SPR – Partito Socialista dei Lavoratori della Croazia – sulla dialettica tra sinistra e sindacato]

SRP o dijalektici izmedju ljevici i sindikatu

1) Okrugli stol o dijalogu ljevice i sindikata
2) Sindikati kao akteri postizbornih promjena u RH (Pavle Vukčević)
3) Hrvatskom je lako vladati kad „boluju” sindikati (Pavle Vukčević)


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DIJALOG LJEVICE I SINDIKATA (SRP, 2 mar 2018)
Okrugli stol o dijalogu ljevice i sindikata održan je 28. 2. 2018. u prostoru Tribine grada Zagreba. Govorili su (abecednim redom): Tomislav Kiš iz Novog sindikata, Ana Milićević Pezelj iz SSSH, Željko Stipić iz sindikata Preporod i Jagoda Milidrag Šmid iz Nove ljevice. Predstavnica SRP-a Vesna Konigsknecht je obavljala i funkciju moderatorice...

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DIJALOG LJEVICE I SINDIKATA


Okrugli stol o dijalogu ljevice i sindikata održan je 28. 2. 2018. u prostoru Tribine grada Zagreba. Govorili su (abecednim redom): Tomislav Kiš iz Novog sindikata, Ana Milićević Pezelj iz SSSH, Željko Stipić iz sindikata Preporod i Jagoda Milidrag Šmid iz Nove ljevice. Predstavnica SRP-a Vesna Konigsknecht je obavljala i funkciju moderatorice. Bila je najavljena i Karolina Leaković iz SDP-a, ali se, nažalost, nije na vrijeme vratila s puta.

Okrugli stol je započeo s definicijama: što je sindikat, što je ljevica (za razliku od desnice), u kojoj mjeri opće definicije odgovaraju stanju u Hrvatskoj i gdje se otvara prostor za dijalog i suradnju.

Sindikati su organizacije kroz koje se radnici bore da očuvaju ili povećaju plaće, naknade ili uvjete rada, itd., ali se mogu uključivati i u šire političke i društvene procese. U nekim su zemljama tijesno povezani s političkim strankama i u suradnji s njima, koristeći svoj organizacijski potencijal, promiču one mjere i zakone koji koriste njihovim članovima ili radnicima općenito.

S druge strane, zaštita radnika i njihovih prava bi trebala biti jedno od temeljnih opredjeljenja socijalističkih i socijaldemokratskih stranaka. Tako je to po definiciji, a kakvo je stanje u Hrvatskoj? Zakon o radu se dva puta mijenjao, oba puta na štetu radnika i oba puta kad je na vlasti bila socijaldemokratska stranka.

Naši sindikati zato zaziru od političkih stranaka, naglašavajući da njihovi članovi mogu biti i desničari i ljevičari. Ako hrvatska ljevica želi bolju suradnju sa sindikatima, prvo treba dokazati da je u zaštiti radničkih prava bolja od desnice. Po definiciji bi to trebala biti. Jedan od osnovnih kriterija razlikovanja ljevice i desnice je odnos prema idealu jednakosti. Desnica uvijek teži hijerarhiji (netko zaslužuje više prava zato što je pripadnik određene nacije ili vjere ili zato što je pametniji ili sposobniji). Ljevica pak teži ujednačavanju (uzimati onima koji su iznad prosjeka, da bi se dalo onima ispod prosjeka, u ekonomskom ili bilo kojem drugom smislu).

Upravo zato što se ljevica zalaže za ekonomsku i socijalnu solidarnost i pravednost, suradnja između ljevice i sindikata bi trebala biti prirodna i logična. Nažalost, socijaldemokratska stranka koja je bila na vlasti nije poštivala ni svoje proklamirane vrijednosti ni ugovor koji je potpisala sa sindikatom, nego je donosila zakone na štetu radnika. One stranke ljevice koje ne participiraju u vlasti imaju ograničen prostor djelovanja. Podrška neparlamentarnih lijevih stranaka sindikalnim aktivnostima nije upitna, ali nema težinu, ne može proizvesti učinak.

Spomenuti su neki projekti kojima „ljevica koja to jeste“ daje punu podršku. SSSH je svojevremeno krenuo s inicijativom da prilikom zapošljavanja, pored kadrovika, razgovor s radnikom obavi i sindikalni povjerenik kako bi novoprimljeni radnik odmah dobio informaciju ne samo o svojim radnim obavezama i plaći, nego i o svojim pravima, odnosno o zaštiti koja mu može biti pružena.  Sindikat Preporod radi na programu sindikalnog obrazovanja u srednjim školama kako bi se učenici završnih razreda kroz nastavu upoznali s važnošću sindikalnog organiziranja. Politička akademija „Novo društvo“ je ciklus predavanja i radionica 2015.. godine posvetila suradnji sa sindikatima. Sve dok ne sudjeluje u vlasti, ljevica ne može utjecati na donošenje zakona i mjera kojima bi se štitili interesi radnika, može samo podržavati ovakve projekte, promovirati ih i u njima sudjelovati.

Da bi mogla provoditi svoje politike, politička stranka mora doći na vlast, građani na izborima moraju glasati za tu stranku i te politike. Zašto bi ljudi koji žive od svog rada glasali za ljevicu? Glasat će samo ako ih ljevica uvjeri da će štititi njihove interese. S obzirom na loša iskustva sa SDP-om, to neće biti lako. Zato „ljevica koja to jeste“ treba obnoviti dijalog sa sindikatima i njegovati ga, uključivati se u one projekte u kojima može pokazati svoju spremnost da u suradnji sa sindikatima štiti interese ljudi koji žive od svog rada.


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SINDIKATI KAO AKTERI POSTIZBORNIH PROMJENA U RH


 

Moć i nemoć sindikata u RH

 

Socijalni rebus u RH praktički se pretvara u pitanje: je li moguće stvaranje socijalne i političke koalicije koja bi bila i većinska i reformska?

Najkraći mogući odgovor je da se, bar na kraći rok, ne može očekivati stvaranje takve koalicije.Ono što je, u najboljem slučaju moguće i vjerojatno, jest sporo, mukotrpno i u velikoj mjeri nesigurno i iznuđeno, polureformsko kretanje.

Sfera politike očito ima svoju autonomnu logiku čiji će se smisao u velikoj mjeri iscrpljivati u interesnim igrama i računicama oko vlasti.

U njezinom žarištu nisu ključna socijalno-ekonomska pitanja i to ne zato što ih stranke ne žele kapitalizirati, nego što postoji čitav niz pitanja koja je prethodno potrebno raščistiti.

Logično bi bilo da sindikati, zato što predstavljaju jednu, istina ne odveć homogenu stranu socijalnog polja -interesne sfere rada, prvi naprave iskorak ka uspostavljanju tolerantnog dijaloga, suradnje i umijeća postizanja konsenzusa.

Zajednički nastup sindikata prijeko je potreban, prije svega u zaštiti materijalnog položaja, radnih uvjeta i osnovnih sindikalnih sloboda.

Demokratizacija radnog zakonodavstva i zahtjev za djelotvornom socijalnom politikom ciljevi su oko kojih je moguća suradnja i programski udaljenih sindikata.

Solidarnost i suradnja u obrani osnovnih interesa jačaju pregovaračku poziciju sindikata, a da pritom ne dovode u pitanje samostalnost svakog od sindikata i pozitivne stimulativne učinke konkurencije za podršku zaposlenih. Time se stvaraju uvjeti da nakon razdoblja polarizacije – praćenog rastućim sukobima i nastojanjem da se kritikom suparničke središnjice dodatno identificira i ojača vlastita pozicija i pridobije članstvo – u odnosima među sindikatima prevladaju metode konzultacije, usaglašavanja i koordinacije djelovanja.

Usvajanje principa reprezentativnosti sindikata i zajedničkog sudjelovanja u kolektivnom pregovaranju i radu tripartitnih organa, ili bar većinskog sindikata da tijekom pregovora konzultira predstavnike drugih sindikata, pridonijelo bi prevladavanju uzajamnih konzultacija.

Poduzimanjem koraka prema stvaranju unije autonomnih i demokratskih sindikata stvorili bi se preduvjeti za postupnu izmjenu stanja u kojemu sindikati, razjedinjeni i nedovoljno programski profilirani, nisu bili zanemariva, ali ni objektivno pretjerana relevantna snaga.

Uzajamno približavanje i trajnija suradnja mogući su samo u mjeri u kojoj će doći do otklanjanja raznih oblika „nelojalne konkurencije“ između sindikata i izjednačavanja uvjeta za slobodno i ravnopravno sindikalno organiziranje i djelovanje.

U otvorenom unutarsindikalnom i ukupnom društvenom dijalogu, najprije je potrebno odgovoriti na pitanje: može li se (pre)živjeti po starome ili su privatizacija i prateći procesi makroekonomske stabilizacije neka vrsta bolnog, ali i neizbježnog kritičnog reza u oboljelo privredno i društveno tkivo?

Sindikati bi trebali pronaći odgovor na dvojbu kako da u složenoj i interesno uvjetovanoj igri troškova, rizika i (eventualnih) dobiti od privatizacije zaposleni ne plate čitavi ceh – mada nisu daleko od toga.

Mogu li se sindikati (kao socijalni partneri) i kojim sve sredstvima izboriti za djelotvorno jamčenje osnovnih radnih i sindikalnih prava, stvaranje sigurnosne socijalne mreže i politike (re)upošljavanja kao pretpostavke prihvatljive privatizacije?

Istodobno treba raščistiti i s dvojbom-jesu li sindikati dovoljno učinili na širenju znanja i svijesti o nužnosti i izazovima promjena i imaju li oni dovoljno volje, snage i potencijala.

Proces privatizacije, praćen prekomjernim protekcionizmom, otežao je uvjete djelovanja sindikata, lišio ih dijela članstva i ostavio ih bez dobrog dijela organizacijske strukture i veza.

Jedno od pitanja na koje sindikati trebaju imati odgovor: kako u uvjetima egzistencijalne nesigurnosti prevladati raširenu maniru zadovoljavanja mrvicama s kapital-stola i sudioništva u preljevenju kapitala u tekuću potrošnju?

Može li se učiniti djelatnom svijest da se odgađanjem promjena samo uvećava njihova cijena? Kako privoljeti vlastito članstvo da u logičnu međusobnu vezu dovede činjenicu da je preraspodjela već izvršena, da je „njihova“ imovina već tuđe vlasništvo, da je obezvrijeđena i da nije ostalo „bog zna što“ za privatizaciju, uz svijest da su krivci za takvo stanje upravo oni koji pričaju priču o zaštiti nacionalnih interesa?

Ako, dakle, svaka „privatizacija“ nije nužna ni pravedna, ni ekonomski djelotvorna, odnosno sama po sebi nipošto nije svemoćni čarobni štapić – neka vrsta moderne panaceje – postavlja se pitanje mogu li sindikati ostvariti jedinstvo i izvršiti značajan pritisak usmjeren k prihvaćanju javne transparentne normativno uređene obavezne i oročene privatizacije?

Vjeruje li, recimo, itko u sindikatima i izvan njih iskreno u ekonomsku racionalnost radničkog akcionarstva, odnosno u sposobnost radnika da osiguraju tržišni kapital koji nedostaje, modernu tehnologiju i znanja o ekonomskom poslovanju? Trebalo bi razbiti iluziju da oni, poglavito u uvjetima kakvi jesu, a još će dugo potrajati, mogu razvojno produktivno uravnotežiti svoje interese kao zaposleni i kao (većinski) akcionari i upravljači. Čak i u slučaju postizanja unutarsindikalne suglasnosti oko ciljeva i metoda, postavlja se pitanje mogu li sindikati prinuditi svoje socijalne partnere na postizanje pakta o promjenama socijalnog pakta koji ne bi bio kao do sada jednostrani akt kapitulacije i odricanja, moratorij na upotrebu štrajkova i prosvjeda, nego zaista sporazum o uzajamnim jamstvima i podjeli odgovornosti? Imaju li sindikati u tom poslu socijalne i političke saveznike i izvan ograničenog kruga stručne i naučne javnosti, profesionalnih udruženja i civilnih inicijativa?

Mogu li oni prosvjedima i štrajkovima prinuditi državu i poslodavce na odgovorno ponašanje i poštivanje dogovorenoga?

Naravno, moguća su i mnoga druga pitanja.Privatizacija je tako, među ostalim, i značajno moralno pitanje. Opravdan je zahtjev za oduzimanje nezakonito stečene imovine. Time se otvaraju i pitanja izvodljivosti i mjere ekonomske (ne)opravdanosti takvih poteza. U tom kontekstu, neizvjesna je i sudbina zahtjeva da se neisplaćene zakonite zarade zaposlenih pretvore u njihov poduzetnički ulog. Još brojniji i raznovrsniji su odgovori na te dileme i izazove.

Sindikati i drugi politički akteri mogu birati različite strategije i ulazak u različite međusobne aranžmane. Nijedan od njih nije socijalno – razvojno neutralan i svaki od njih ima svoju cijenu. Sindikati mogu, a to i rade, odabrati i zadržati „strategiju noja“, zabadanje glave u pijesak, tj. nečinjenja i iščekivanja da netko „dovede stvari na svoje mjesto“. Unutar sindikata dosta je jaka ona struja koja smatra da prethodna pitanja i nisu pitanja za sindikat, tj. da sindikat samo mora inzistirati na poštivanju radnih i sindikalnih prava u korištenju legalnih sredstava za njihovu obranu. Ne vidi se ili se, iz najčešće prozaičnih razloga, ne želi vidjeti da ograničavanje na promjenu legalističke „mirnodopske“ revindikativne strategije, u uvjetima akutne krize i neravnoteže moći, samo vodi u daljnju marginalizaciju. Višestruko potvrđeno pravilo moći uči da oni koji se ne izbore za (ravnopravno) sudjelovanje u igri neće biti ni pitani, odnosno snosit će posljedice njezina neželjenog ishoda.

Sindikati su pred velikim izazovom iz jednostavnog raloga što su stvorene objektivne pretpostavke za demokratsku transformaciju koja je, istini za volju, praćena sporim i mukotrpnim promjenama u sadržaju svijesti i ponašanja većine zaposlenih i stanovništva. Kao rezultat golemog nezadovoljstva postojećim stanjem, većina zaposlenih (konačno) pokazuje spremnost da neposredno učestvuje u širim socijalnim prosvjedima koji nadilaze štrajkove s klasičnim revindikativnim zahtjevima.

Povijest radničkih štrajkova u Hrvatskoj 1991. – 2011. godine pokazuje da uporni, na kratak rok djelotvorni, prosvjedi završe fijaskom ako ne predstavljaju dio artikuliranog širokog i trajnog pokreta za temeljne društvene promjene.

Opredjeljenje za promjene u svijesti većine praćeno je strahom od:

  1. rastuće bijede i nezaposlenosti, siromaštva , otuđenosti, eksploatacije i dramatičnog zaostajanja u procesu tranzicije, obračuna lobija i klanova bliskih vlasti oko raspodjela monopola – rente, konvertiranja političke u ekonomsku moć, politički korumpiranog kriminaliziranoga djelovanja (novih) ekonomskih moćnika, itd.
  2. nepostojanje elementarne suglasnosti interesa i volje -odsutnost temeljnoga, socijalnog i političkog konsenzusa oko osnovnih sadržaja neophodnih promjena kao i redoslijed i tempo njihova ostvarivanja
  3. činjenica da sindikati nisu igrali aktivniju i samostalniju ulogu, odnosno predstavljali su nemoćnoga, razjedinjenoga i dezorijentiranoga statistu na društvenoj pozornici.

Krajnji cilj promjena, za većinu zaposlenih, jest društvo socijalne sigurnosti, solidarnosti i umjerene (ne)jednakosti, odnosno socijalno-tržišna privreda koja kombinira visoku efikasnost, sigurnost i zaposlenost.

Pitanje je kako će sindikati razriješiti nejedinstvenost zaposlenih koja se kreće od opredjeljenja za suodlučivanje i suupravljanje zaposlenih, vlasnika i menadžera, onih koji prihvaćaju samoupravljanje, odnosno stav da bi bilo bolje da zaposleni biraju direktore, i onih zaposlenih koji su za punu sindikalizaciju moći zaposlenih, odnosno onih koji prihvaćaju stav da upravljanje treba prepustiti vlasnicima i menadžerima, a zastupanje prava i interesa zaposlenih povjeriti sindikatima u procesu kolektivnog pregovaranja. Različita, nedovoljno kristalizirana i nedovoljno stabilizirana, uvjerenja i stavovi o poželjnosti i efikasnosti participacije zaposlenih u upravljanju, ponajprije su plod međudjelovanja realnog položaja i interesa pojedinaca i skupina i njhove šire demokratske i političke orijentacije.

Sindikati su pred velikim ispitom i izazovom. Oni trebaju prijeći Rubikon promjena – pokazati veliku zrelost i umijeće (re)kombiniranja naizgled kontradiktornih neposrednih parcijalnih interesa i dugoročnog općeg interesa..

Po cijeni žestokih unutarnjih rasprava, rascijepa i bolne (samo)evolucije, oni moraju proći kroz svojevrsnu katarzu. U suprotnom, sindikati će izgubiti još jednu, ovaj put, čini se, i konačnu, bitku i (p)ostati samo puki demokratski ornament i dekor.

 

doc. dr. sc. Pavle Vukčević


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HRVATSKOM JE LAKO VLADATI KAD „BOLUJU” SINDIKATI


Socijalistička radnička partija Hrvatske – Gradska organizacija Split, polazeći od ovog programskog opredjeljenja „socijalizam 21 stoljeća“.izvornih teorijskih spoznaja Marxa, socijalizma i samoupravljanja, kao procesa oslobađanja čovjeka od najamnih odnosa, polazi od pretpostavki da u R. Hrvatskoj nije moguće stvaranje socijalne i političke koalicije koja bi bila i većinska i reformska. Sfera politike u R. Hrvatskoj ima svoju totalitarističku i autokratsku logiku obrane „robovlasničkog“ kapitalizma – Imperiju Srama.

Sindikati ne igraju aktivnu ulogu (ne djeluju); statisti su na (ne)društvenoj pozornici. Uključuju se sporo (ili nikako), kalkulantski, kukavički, opsjednuti nacionalističkom frazeologijom i sebičnim interesima sindikalne birokracije; ne žele, a tko zna da li i znaju – da je zajednički nastup sindikata prijeko potreban, prije i iznad svega, u zaštiti materijalnog položaja radnih uvjeta i osnovnih sindikalnih sloboda stvaralaca materijalnih, znanstvenih i duhovnih vrednota..

Polazeći od navedenoga, postavlja se pitanje: “vjeruje li itko u sindikate (u ćlanstvu) i izvan njih u Hrvatskoj; u vladi, političkim partijama, robovlasničkom kapitalizmu, korumpiranim institucijama?”

Iskreno, vjeruje li itko od radnika da u uvjetima kakvi jesu (a to će potrajati u nedogled i biti sve gore i gore), očekuje li da će putem sindikalne borbe moći bitno utjecati na promjene položaja u kojem se sada nalaze i u kojem će se i ubuduće nalaziti?

Čak i u slučaju postizanja unutarsindikalne suglasnosti oko ciljeva i metoda djelovanja, postavlja se pitanje mogu li sindikati prinuditi svoje socijalne partnere na postizanje konzensusa o promjenama socijalnog pakta koji ne bi bio, kao do sada, jednostrani akt kapitulacije i odricanja, moratorij na uporabu štrajkova i prosvjeda, nego zaista sporazum o uzajamnim jamstvima i podjeli odgovornosti.

Unutar sindikata (rukovodstava) izuzetno je jaka ona struja koja je oboljela od nacionalizma i koja smatra da se treba ponašati po “strategiji noja”, odnosno očekivanja i nečinjenja; “drugi će stvari dovesti na svoje mjesto”. Rezultat krajnje nepovoljne društvene klime, kulminiranje krize (ekonomske, socijalne, duhovne, moralne, etičke, zakonodavne), razvlašćivanje zaposlenih i delegitimiranje ideje samoupravljanja i socijalizma, polazne su osnove za djelovanje sindikata. Kao rezultat ogromnog nezadovoljstva postojećim stanjem, većina zaposlenih (konačno) pokazuju spremnost da neposredno sudjeluju u širim socijalnim prosvjedima koji nadilaze štrajkove s klasičnim revindikativnim zahtjevima (napušta se obrana nacionalističkog ponosa), dočim ne treba izgubiti iz vida i činjenicu (koja odgovara vladi) da prilićan broj zaposlenih (naroćito u državnim institucijama) čine oslonac totalitarnoj i autoritarnoj vlasti i njenim rješenjima.

Sindikati su pred velikim povijesnim ispitom i izazovom. Trebaju prijeći “Rubicon promjena” – pokazati veliku zrelost i umjeće – (re)kombiniranje naizgled kontradiktornih, neposrednih parcijalnih interesa i dugoročnog općeg interesa, a po cijeni žestokih unutarnjih raspri, rascjepa i bolne (samo)revolucije. Moraju proći kroz svojevrsnu katarzu. U suprotnom, sindikati će izgubiti još jednu, ovaj put, čini se, konačnu bitku i (p)ostati samo puki demokratski ornament i dekor.

Socijalistička radnička partija Hrvatske smatra da je ponašanje rukovodstva sindikata u R. Hrvatskoj neprimjereno i neprihvatljivo kada je riječ o obrani prava koja proizilaze iz sfere rada i u suprotnosti su sa programskim načelima suvremenog sindikalnog organiziranja.

 

Dr. Sc. Pavle Vukčević





(srpskohrvatski / français / english / italiano)

Normalizzazione delle relazioni in Kosmet ?!

0) LINKS
1) 27 MARZO 2018 (Enrico Vigna, 28.3.2018)
2) ИНИЦИЈАТИВЕ: за поништење одлуке владе Црне Горе о признању независне државе Косово / из Чешке за укидање признања Косова / Округли Сто о Косову и Метохији
3) ŠTA SLAVI KOSOVO? MARIJA ZAHAROVA (PORTPAROL RUSIJE) o 10 godina samoproglašenja nezavisnosti (16.2.2018.)
4) ASSAD SI SCHIERA CON LA SERBIA SUL KOSOVO: “aggressione occidentale come da noi in Siria” (3.11.2016)


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--- Sui fatti del 27 marzo 2018:

УПАД РОСУ НА СЕВЕР КОСОВА (Б. Радомировић / Д. Спаловићпонедељак, 26.03.2018)
Марко Ђурић ухапшен, шок-бомбе и сузавац на Србе, сирене у Митровици. Припадници РОСУ у Митровичком двору уз употребу силе привели Ђурића. – Директор Канцеларије за КиМ после давања изјаве протеран са Косова. – Александар Вучић телефоном разговарао са Владимиром Путином...
http://www.politika.rs/scc/clanak/400805/Upad-ROSU-na-sever-Kosova

NORMALIZACIJA ODNOSA (N. Vrzić, Pečat 513/2018)
DVE ANKETE (Pečat 513/2018)

[Brutalità della polizia kosovaro-albanese nell'arresto a Kosovska Mitrovica di Marko Djurić, rappresentante governativo per le relazioni con i serbi del Kosovo]


--- Aggiornamenti 2016-2018 sullo status e il "riconoscimento" internazionale del Kosovo-Metohija:

KOSOVO : UNE NOUVELLE BATAILLE DU DRAPEAU POUR LES DIX ANS DE L’INDÉPENDANCE (par H. Bajraktari, 15 février 2018)
Une nouvelle querelle du drapeau enflamme Pristina. À quelques jours des célébrations du dixième anniversaire de la proclamation d’indépendance, le grand drapeau albanais qui flottait sur le rond-point d’entrée dans la capitale a été remplacé par le drapeau du Kosovo...

KOSOVO : LE MONTÉNÉGRO VA DÉPLOYER DES HOMMES DANS LA KFOR (Courrier des Balkans | mardi 6 février 2018)
Le Conseil national de sécurité monténégrin a décidé de déployer deux de ses hommes au Kosovo. C’est une décision très symbolique, moins de vingt ans après les bombardements de l’Otan contre la Yougoslavie...
https://www.courrierdesbalkans..fr/Kosovo-le-Montenegro-va-deployer-des-hommes-dans-la-KFOR

KOSOVO : UNE DÉLÉGATION FRANCO-ALLEMANDE À PRISTINA POUR RECADRER LE GOUVERNEMENT SUR LE TRIBUNAL SPÉCIAL (Courrier des Balkans | jeudi 11 janvier 2018)
Les chancelleries occidentales intensifient leurs pressions sur le gouvernement du Kosovo. Une délégation franco-allemande est en effet en mission pour deux jours à Pristina pour répéter la nécessité de mettre en place un Tribunal spécial pour juger les crimes de l’UÇK...

KOSOVO : GRAND SHOW MÉDIATIQUE AVANT L’ENTRÉE EN FONCTION DU TRIBUNAL SPÉCIAL (par H. Bajraktari, 15 janvier 2018)
Un criminel purgeant une peine de trente ans de prison pour l’assassinat de deux policiers a accusé le Premier ministre Ramush Hardinaj de meurtre, lors d’une émission télévisée. Ces programmes se multiplient, en attentant les premiers actes d’accusations du Tribunal spécial...

ПРЕДСТАВЉАЊЕ КЊИГЕ ,,ПРИВАТИЗАЦИЈА ДРУШТВЕНИХ ПРЕДУЗЕЋА НА КОСОВУ И МЕТОХИЈИ ПОД ОКРИЉЕМ УНМИК АДМИНИСТРАЦИЈЕ'

LA SERBIE ET RAMUSH HARADINAJ : LE DIALOGUE OU LE MANDAT D’ARRÊT ? (Radio Slobodna Evropa, vendredi 8 décembre 2017)
Interpol vient d’annuler l’avis de recherche lancé par Belgrade contre Ramush Haradinaj, et la classe politique serbe est dans l’embarras : faut-il discuter avec le Premier ministre du Kosovo dans le cadre du dialogue mené à Bruxelles et du processus de « normalisation » exigé par l’Union européenne, ou bien faut-il toujours tenter d’exiger son arrestation ?

LA SERBIE INTENSIFIE SON LOBBYING CONTRE L’INDÉPENDANCE DU KOSOVO, PRISTINA RIPOSTE (Radio Slobodna Evropa | Traduit par Chloé Billon | jeudi 30 novembre 2017)
Mardi 31 octobre, le Suriname annulait sa reconnaissance de l’indépendance du Kosovo. Puis la Guinée-Bissau a fait de même le 22 novembre. Le 26, Pristina a annoncé en revanche la reconnaissance de Madagascar.. Alors que le Kosovo s’apprête à fêter le 10ème anniversaire de sa déclaration unilatérale et que le « dialogue » reprend à Bruxelles, Belgrade et Pristina tentent de marquer des points, au risque de se tirer une balle dans le pied...
https://www.courrierdesbalkans.fr/Guerre-des-nerfs-entre-Pristina-et-Belgrade-reconnaitra-le-Kosovo-reconnaitra

28 NOVEMBRE : LE JOUR DU DRAPEAU ALBANAIS EST DÉSORMAIS FÉRIÉ AU KOSOVO (par Nerimane Kamberi, CdB mardi 28 novembre 2017) 
Le 28 novembre, tous les Albanais fêtent le Jour du Drapeau, en souvenir de la proclamation de la première République albanaise, à Vlorë, le 28 novembre 2012. Également célébrée par les Albanais de Macédoine ou de la Vallée de Preševo, cette journée sera officiellement fériée au Kosovo...

[Secondo l'Ambasciatore tedesco in Serbia, Axel Dietmann, la Serbia alla fine dovrà riconoscere l'indipendenza del Kosovo se vuole diventare un membro a pieno titolo dell'Unione europea]
БЕРЛИН КОНАЧНО ОТВОРИО КАРТЕ: САМО РАСПАРЧАНА СРБИЈА МОЖЕ У ЕУ (Мира Канкараш Тркља,10.11.2017)
Ко се уопште заклео да Србија мора у ЕУ! У крајњој линији, ваљда и о томе треба да се води неки дијалог, то није безначајно питање.....
https://rs.sputniknews.com/analize/201711101113400004-srbija-eu-ditman-kosmet/

LE SURINAME ANNULE SA RECONNAISSANCE DE L’INDÉPENDANCE DU KOSOVO (Courrier des Balkans | Par la rédaction | jeudi 2 novembre 2017)
La nouvelle est tombée mardi : le Suriname, ce petit État d’Amérique du Sud, a annulé sa reconnaissance de l’indépendance du Kosovo. C’est du moins ce qu’a affirmé le ministre serbe des Affaires étrangères, Ivica Dačić, lors d’une conférence de presse à Belgrade. Mais Pristina assure ne rien savoir et se contente de se référer au droit international...
https://www.courrierdesbalkans.fr/Le-Suriname-annule-sa-reconnaissance-de-l-independance-du-Kosovo

"НЕ ДЕЛИТЕ СРПСКИ НАРОД - КОСОВО ЋЕ БИТИ ПРЕСЕДАН" (Жвадин Јовановић, 6 октобар 2017)
Бивши шеф Мисије ЕУ (ЕЗ) на Косову и Метохији Дитмар Хартвиг упозоравао Канцеларку Ангелу Меркел...
http://www.beoforum.rs/komentari-beogradskog-foruma-za-svet-ravnopravnih/868-ne-delite-srpski-narod-kosovo-ce-biti-presedan.html

KOSOVO: CHI FINANZIA LA RADICALIZZAZIONE? (PresaDiretta, trasmissione di RAI3, 11 settembre 2017)

CRIMES DE L’UÇK AU KOSOVO : PAS DE GOUVERNEMENT, PAS DE TRIBUNAL SPÉCIAL ? (Radio Slobodna Evropa | Traduit par Persa Aligrudić | mercredi 16 août 2017)
Cela fait des mois que l’on annonce l’ouverture imminente du Tribunal spécial chargé de juger les crimes de l’UÇK. La crise politique dans laquelle s’enfonce le Kosovo, incapable de former une majorité pour gouverner, complique encore la donne...
https://www.courrierdesbalkans.fr/CRISE-INSTITUTIONNELLE-AU-kOSOVO

HARADINAJ THREATENS TO ADD "ONE THIRD OF SERBIA TO KOSOVO" (B92, 12.5.2017.)
Ramush Haradinaj says Serbia should "delete Kosovo from the Constitution... I am grateful to Berlin, which took a clear position regarding my case..."
http://www.b92.net/eng/news/politics.php?yyyy=2017&mm=05&dd=12&nav_id=101263

ENTRE KOSOVO ET SERBIE, LA NOUVELLE GUERRE DES PASSEPORTS (CdB, 4 mai 2017)
Depuis quelques jours, des Serbes du Kosovo sont bloqués aux frontières par la police du Kosovo. Les autorités de Pristina n’accepteraient plus les documents d’identité délivrés par Belgrade aux personnes ayant leur résidence légale au Kosovo....
https://www.courrierdesbalkans.fr/Kosovo-passeports-i-legaux-serbes

L'ASSASSINO HARADINAJ SOTTO PROTEZIONE FRANCESE (PandoraTV, 28.4.2017)

SERBIE : LE PRÉSIDENT DU CONSEIL NATIONAL ALBANAIS VEUT LA « GRANDE ALBANIE », BELGRADE VOIT ROUGE (H. Bajraktari / CdB, 28 avril 2017)
« Mes dirigeants sont Edi Rama et Hashim Thaçi. » Une fois de plus, Jonuz Musliu a expliqué que le destin de la Vallée de Preševo était son rattachement au Kosovo et à l’Albanie. Des propos qui font grincer les dents à Belgrade alors que les tensions sont au plus haut avec Pristina. La presse serbe s’enflamme...

[Recensione del libro di Elena Ponomareva "Lo Stato criminale. Il Kosovo nella politica mondiale", uscito in lingua russa]
O КЊИЗИ ЈЕЛЕНЕ ПОНОМАРЈОВЕ „РАЗБОЈНИЧКА ДРЖАВА: КОСОВО У СВЕТСКОЈ ПОЛИТИЦИ“ (20 април 2017)
У јануару текуће године у издању Evrobook-a објављена је на српском књига професорке Московског института за међународне односе при Министарству спољних послова Руске Федерације...
http://www.beoforum.rs/forum-prenosi-beogradski-forum-za-svet-ravnopravnih/853-o-knjizi-jelene-ponomarjarjove.html

KOSOVO : HASHIM THAÇI FAIT MARCHE ARRIÈRE SUR SON PROJET D’ARMÉE (CdB | De notre correspondant à Pristina | mardi 11 avril 2017)
Sous la pression des Occidentaux, Hashim Thaçi est donc rentré dans le rang. Début mars, le Président du Kosovo avait déposé un projet de loi pour transformer les Forces de sécurité (FSK) en véritable armée, provoquant une levée de bouclier au sein de la communauté internationale. Désormais, il s’en remet à un hypothétique changement constitutionnel, impossible sans le soutien des députés serbes...
https://www.courrierdesbalkans.fr/Kosovo-Thaci-retrait-armee

IL KOSOVO PRONTO ALLA CREAZIONE DI UN ESERCITO (PTV news 15 Febbraio 2017)
VIDEO: https://youtu.be/J9z5cokk6_o?t=7m21s

RAMA U BEOGRADU: PODRŽAVAM DIJALOG BEOGRADA I PRIŠTINE (Beta, Tanjug četvrtak, 13.10.2016.)
Albanski premijer Edi Rama je pozvao Srbiju da što pre prizna Kosovo, ali i naglasio da snažno podržava dijalog Beograda i Prištine...
https://www.b92.net/info/vesti/index.php?yyyy=2016&mm=10&dd=13&nav_category=11&nav_id=1187389

FOOTBALL : L’UKRAINE N’ACCUEILLERA PAS LE KOSOVO POUR LES QUALIFICATIONS AU MONDIAL 2018 (CdB / B92, 9 septembre 2016)
Les équipes nationales de basket et de football du Kosovo doivent bientôt affronter l’Ukraine pour des matchs de qualifications à l’Euro et au Mondial 2018. Kiev prévient que ces matchs devront avoir lieu sur terrain neutre, hors du territoire ukrainien... 


--- Flashback 2016: Thaci detto "il serpente" è "Presidente" della "Repubblica del Kosovo"

[Per assicurarsi benevolenze e immunità per crimini commessi, Hasim Thaci intitola l'autostrada "magistrale" al figlio dell'amico Josef Biden, vicepresidente americano, fermo sostenitore dell' "indipendenza del Kosmet... e annuncia che in occasione della prossima visita di Biden, il 17 agosto, Pristina formalmente accuserà la Serbia di fronte del Tribunale dell' Aia per "genocidio"...]
ПРИШТИНА НАЗВАЛА МАГИСТРАЛУ ИМЕНОМ БАЈДЕНОВОГ СИНА БОА (Дејан Спаловић – недеља, 31.07.2016.)
Најава Хашима Тачија да ће покренути тужбу против Србије за „Милошевићев геноцид” тумачи се као покушај скретања пажње с почетка рада Специјалног суда за ратне злочине ОВК и политички маневар пред долазак потпредседника САД 17. августа...
http://www.politika.rs/scc/clanak/360358/Pristina-nazvala-magistralu-imenom-Bajdenovog-sina-Boa

PRISTINA - ROVINATA LA CERIMONIA DEL "PRESIDENTE DEL KOSOVO" TACI (PTV No Comment - 10 aprile 2016)
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=56JRQ4rwj34&t=3m53s

PER I SERVIZI SEGRETI TEDESCHI IL PRESIDENTE DEL KOSOVO È UN CRIMINALE (RIVELAZIONI WIKILEAKS 2005 – da Pandora TV news 4 aprile 2016)
VIDEO: https://youtu.be/hPewuaNsZeY?t=7m20s

KOSOVO, L'ELEZIONE DI THAÇI NON È VALIDA (di Andrea Lorenzo Capussela, 1 marzo 2016)
La recente elezione di Hashim Thaçi alla presidenza del Kosovo non è valida per almeno due motivi, che rimandano entrambi alla violazione delle regole stabilite dalla Corte Costituzionale...
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Kosovo/Kosovo-l-elezione-di-Thaci-non-e-valida-168460

KOSOVO: THACI NEOPRESIDENTE, IMPEGNO PER INTEGRAZIONE IN UE (Radio Vaticana 27/02/2016)
http://it.radiovaticana.va/news/2016/02/27/kosovo_thaci_neopresidente,_impegno_per_integrazione_in_ue/1211612


--- Flashback 2016: La UE ammette il "Kosovo" tra i "soci" mentre la EU-LEX pretestuosamente condanna il leader politico dei serbo-kosovari Ivanović, che sarà poi assassinato due anni dopo per ulteriormente indebolire la parte serba nella "trattativa":

IL PARLAMENTO EUROPEO APPROVA RISOLUZIONE SU SERBIA E KOSOVO (05/02/2016 – Milica Minovic / Serbianmonitor)
Bacchettate solo alla Serbia per "la libertà dei media" e "i rapporti con Pristina", mentre ci si compiace della firma dell’Associazione del Kosovo con l’Unione europea...

БРИСЕЛСКА ТРАНСФОРМАЦИЈА И НЕДЕФИНИСАН ЕВРОПСКИ ПУТ (Бранка Митровић / Београдски форум за свет равноправних, 28 јануар 2016)
Јучерашњи (Савиндан 2016. године) састанак у Бриселу на највишем нивоу представника администрације из сва три града, тихо и неупадљиво отворио је нову страницу наше историје. Почео је као најновија рунда разговора Београда и Приштине уз посредовање ЕУ, али је завршен изјавом шефице дипломатије ЕУ у којој је представила резултате састанка за грађане Србије и Косова, укључујући договор о директним авио и железничким везама „између Косова и Србије“...
STATEMENT by High Representative/Vice-President Federica Mogherini following the meeting of the EU-facilitated dialogue (Brussels, 27/01/2016)
Today, Prime Ministers Aleksandar Vučić and Isa Mustafa and their delegations joined me for another round of talks in the framework of the High Level Dialogue for normalisation of relations between Belgrade and Pristina...

ACCORDI CON UE A RISCHIO DOPO LA CONDANNA IN KOSOVO DI OLIVER IVANOVIC (22/01/2016 – Milica Minovic)
Il direttore dell’Ufficio per il Kosovo e Metohija Marko Djuric ha detto oggi che la Serbia è disgustata dal verdetto in Kosovo contro il leader della iniziativa civica del SDP Oliver Ivanovic...

KOSOVO, IL PARLAMENTO EUROPEO APPROVA L'ACCORDO D'ASSOCIAZIONE (Davide Denti, 22 gennaio 2016)
Il Parlamento europeo ha dato ieri il suo consenso all'Accordo di Stabilizzazione e Associazione tra Unione Europea e Kosovo, firmato in ottobre dopo due anni di negoziati. Per la relatrice del provvedimento, la verde austriaca, Ulrike Lunacek, "Si tratta di una gran bella notizia e di un altro importante passo nel percorso di integrazione del Kosovo in Europa"...

[GLI AVVOCATI DI OLIVER IVANOVIC: CONDANNA  SCANDALOSA – la testimonianza del solo Isa Mustafa, albanese di Kosovska Mitrovica sud, è stata sufficiente per Oksana Komsa, la presidente Consiglio EULEX per dichiararlo responsabile dei crimini di guerra ...]
IVANOVICEVI ADVOKATI: PRESUDA NA GRANICI SKANDALA (Tanjug.rs, 21.1.2016.)
Advokati Olivera Ivanovića - Ljubomir Pantović i Nebojša Vlajić izjavili su da je presuda kojom je on osuđen na devet godina zatvora na granici skandala, kao i da je time tužilačka farsa koja je trajala skoro dve godine postala sudska farsa...

KOSOVO : OLIVER IVANOVIĆ CONDAMNÉ À NEUF ANS DE PRISON (CdB, jeudi 21 janvier 2016)
Le chef historique des Serbes du Kosovo, Oliver Ivanović, a été condamné à neuf ans de prison pour avoir ordonné le meurtre de neuf Albanais en 1999. La culpabilité de cet opposant résolu au régime d’Aleksandar Vučić, partisan de longue date du dialogue avec les Albanais, demeure pourtant problématique...
http://www.courrierdesbalkans.fr/le-fil-de-l-info/kosovo-oliver-ivanovic-condamne-a-neuf-ans-de-prison.html


--- Flashback 2015: Tra le condizioni-capestro che la Germania ha cercato di imporre alla Grecia...

LA GRÈCE DEVRA-T-ELLE RECONNAÎTRE L’INDÉPENDANCE DU KOSOVO ? (B 92 | mardi 18 août 2015)
La Grèce pourrait devoir reconnaître l’indépendance du Kosovo afin de recevoir l’aide financière internationale qu’elle attend. Le déplacement officiel d’Alexis Tsipras à Belgrade, prévu cet automne, serait compromis, selon des médias serbes...
http://www.courrierdesbalkans.fr/le-fil-de-l-info/la-grece-devra-t-elle-reconnaitre-l-independance-du-kosovo.html

NOVA LJUBAV GRČKE I KOSOVA Cipras preko leđa Srbije vraća dugove Americi (Ivana Mastilović Jasnić | 18. 07. 2015. - 12:24h | Foto: Tanjug | Komentara: 242)
Grčka preko Kosova vraća dug Americi zbog podrške koju je dobijala prethodnih nedelja tokom sukoba s Nemačkom.. Vlada u Beogradu još čeka objašnjenje Atine za izjave o Kosovu...
http://www.blic.rs/Vesti/Politika/575972/NOVA-LJUBAV-GRCKE-I-KOSOVA-Cipras-preko-ledja-Srbije-vraca-dugove-Americi

OTKRIVAMO Cipras na korak od priznavanja Kosova (Ivana Mastilović Jasnić | 13. 08. 2015. - 21:59h | Foto: Reuters, O. Bunić | Komentara: 214)
U paketu uslova koje Grčka mora da ispuni da bi dobila finansijsku pomoć Zapada stoji i priznanje Kosova, saznaje „Blic” iz više diplomatskih izvora...
http://www.blic.rs/Vesti/Politika/582462/OTKRIVAMO-Cipras-na-korak-od-priznavanja-Kosova

VULIN: GRČKA NE MENJA STAV O KOSOVU (Tanjug 14. 08. 2015. - 16:45h | Foto: Tanjug | Komentara: 6)
Ministar za rad zapošljavanje, boračka i socijalna pitanja Aleksandar Vulin, izjavio je danas u Bujanovcu da Grčka neće promeniti svoj stav o nepriznavanju Kosova...
http://www.blic.rs/Vesti/Politika/582921/Vulin-Grcka-ne-menja-stav-o-Kosovu


--- Documenti segnalati:



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Kosovo, Mitrovica nord: la tensione sale a limiti altissimi. Arresti, 32 feriti, di cui 5 gravi, incidenti e blocchi stradali come proteste. Il Presidente Vucic chiama Putin, convoca il Consiglio Sicurezza nazionale e abbandona ogni trattativa.

Membri delle Forze Speciali kosovare albanesi (ROSU), addestrati e armati dalla KFOR e dalla NATO nella base "Adem Jashari" in Kosovo e nelle basi USA dello Iowa, in un operazione militare che ha coinvolto circa 200 agenti, in assetto antisommossa e armati di tutto punto, hanno preso d'assalto, intorno alle 17..30 del 26 marzo, con granate assordanti e gas lacrimogeni, la sala a Kosovska Mitrovica, dove si teneva una tavola rotonda sul Kosovo e Metohija. 
Appena entrati nella sala anno obbligato i serbi a sedersi per terra col capo chino e le braccia alzate, minacciandoli e colpendoli con il calcio dei fucili automatici. I poliziotti, urlando frasi oltraggiose, hanno poi spaccato e rovesciato tutto ciò che incontravano, senza che alcuno facesse resistenza, distruggendo anche le attrezzature delle tv serbe presenti nel locale, terrorizzando i presenti. In precedenza la polizia aveva lanciato gas lacrimogeni e bombe assordanti fuori dall'edificio per disperdere la folla di dimostranti che cercava di impedire loro l'ingresso.
Sono rimaste ferite 32 persone, cinque delle quali in modo grave. Fra i feriti anche esponenti e personalità politiche serbe del Kosovo.

In questi video la documentazione di cosa è accaduto e la violenza brutale attuata:


Nel corso dell’operazione, totalmente inaspettata, è stato compiuto un vero e proprio rapimento e poi arresto del capo del Governatorato serbo per il KiM, Marko Djuric (poi nella notte espulso in Serbia), principale negoziatore del governo di Belgrado, delegato a trattare con l’ex provincia serba, che ha proclamato unilateralmente la sua indipendenza nel 2008. 
Il direttore del Policlinico di Mitrovica nord (settore serbo), Milan Ivanovic. ha parlato di un "azione brutale" della polizia kosovara, con gli agenti, a suo avviso "pronti anche a uccidere", dal momento che le armi avevano "i colpi in canna". 
In serata l'ambasciatore russo a Belgrado Aleksandr Cepurin ha parlato di "rozza provocazione" da parte di Pristina. 
Le autorità kosovare avevano annunciato  di aver vietato l’ingresso in Kosovo di diversi esponenti serbi, tra i quali Djuric, che tuttavia s’è comunque presentato a Mitrovica. 
Entrando nella sala hanno sparato, poi hanno buttato tutti in terra e hanno ordinato ai presenti di non muoversi, continuando a tenerli sotto tiro. Il coordinatore dei  sindaci del Kosovo del nord, Goran Rakic, è stato colpito con i mitra, così come Zeljko Jovic, vice direttore dell'Ufficio per il Kosovo e Metohija, Nenad Rikalo, esponente istituzionale serbo kosovaro, Zoran Todic sindaco di Leposavic, Ivan Milojevic, direttore dell'Ufficio per gli affari comunitari e Nebojsa Milanovic, direttore del l’Ufficio degli Lavori di Leposavic e anche alcuni giornalisti sono stati malmenati.  
Durante tutta l’operazione terroristica della ROSU, i funzionari della KFOR e dell'EULEX erano in piedi a seguire gli avvenimenti come documentato dalle fotografie, ma non hanno fatto un solo gesto o invito per fermare o per proteggere le persone inermi.
Le televisioni in Serbia hanno mostrato le immagini della violenza brutale messa in atto dalle forze speciali kosovare intervenute .
Dopo l'intervento della Rosu, il segretario generale del Presidente della Serbia, Nikola Selakovic  ha dichiarato che non se ne andava perché era venuto come un uomo libero. “…Resto qui con il mio popolo, amici, fratelli, colleghi. Io resto qui e aspetto Marko Djuric ", ha detto Selakovic. "Oggi è avvenuto un atto terroristico contro il nostro popolo e la gente. Questa è la loro risposta alla nostre proposte di pace… ", ha aggiunto Selakovic. Alla domanda del giornalista se è venuto con un permesso, ha detto: "Sono venuto nel territorio del mio paese.. Fino ad ora, forse non era chiaro a tutti che Pristina non intende trovare una soluzione negoziale, ore possono capire. Il presidente della Serbia, il governo della Serbia sanno cosa stanno facendo. L'ufficio per KiM sa cosa sta facendo, e penso che questa sia sufficiente come dichiarazione seria e risposta alla sua domanda… ". "…Senza i serbi in Kosovo e Metohija non esiste una soluzione per il futuro del Kosovo e Metohija, qualsiasi soluzione per il futuro del Kosovo deve prendere in considerazione e tenere conto anche degli interessi della nostra gente qui in Kosovo, che negli ultimi due decenni, hanno avuto molti morti. Voglio da qui,  da Kosovska Mitrovica mandare un messaggio chiaro che, per la Serbia, il Kosovo e Metohija, il Kosovo settentrionale non è e non sarà mai parte del cosiddetto Kosovo indipendente, né una parte della cosiddetta Grande Albania. Tali progetti sono supportati solo da coloro che desiderano conflitti in queste aree. Siamo venuti qui in primo luogo perché la Serbia vuole sentire cosa avete da dire voi, sul Kosovo e Metohija e per darvi un messaggio, e farvi sapere che tutta la Serbia è con voi… ". Subito dopo anche Selakovic veniva arrestato e portato via, senza comunicare dove era stato portato.

Il quotidiano belgradese Vecernje Novosti ha riportato che il presidente serbo Aleksandar Vucic ha parlato con il presidente russo Vladimir Putin al telefono, circa la situazione di alta tensione in Kosovo dopo quanto accaduto a Mitrovica, non sono stati forniti altri particolari sul contenuto della conversazione. Vucic discuterà con Putin di tutte le possibili conseguenze della violenza incontrollata nel Kosovo settentrionale in seguito ai gravissimi fatti accaduti.
I media di Belgrado hanno riferito che Vucic aveva già parlato con Putin, e poi con l'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la sicurezza Mogherini sulla situazione in Kosovo.

Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha dichiarato che ogni membro della polizia del Kosovo, o come li ha definiti "bande terroristiche", che hanno partecipato alle percosse di persone in una riunione pacifica e all'arresto di Marko Djuric e altri esponenti sebi, sarà arrestato e processato dalla magistratura serba. "Nessuno rimarrà impunito di fronte alle autorità serbe per il rapimento e arresto di Marko Djuric ", ha detto Vucic.
Frattanto è stata convocata d’urgenza nella notte a Belgrado, la sessione del Consiglio di sicurezza nazionale, con la presenza del presidente Vucic, del primo ministro serbo Brnabic, del ministro dell'interno Stefanovic, del ministro della giustizia Kuburovic, del ministro della difesa Vulin.     Alla sessione saranno presenti anche il ​​ministro degli Esteri Dacic, il capo della polizia Rebic, il capo di stato maggiore dell'esercito della Serbia, il generale Dikovic, il direttore dei Servizi di Sicurezza serbi BIA Gasic e il procuratore della Repubblica Dolovac. 
Fonti locali ci hanno confermato di spostamenti di mezzi militari, che hanno attraversato le città del sud della Serbia, compresi alcuni carri armati, verso il confine del Kosovo.
E in dichiarazioni ufficiali, le autorità in Serbia hanno già affermato pubblicamente che non tollereranno un simile comportamento, una vera e propria umiliazione e vessazione nei confronti di alcun membro del popolo serbo.
Nel frattempo cresce la tensione in Kosovo. Blocchi stradali e barricate effettuati dai serbi kosovari  a Kosovoska Mitrovica e nelle enclavi serbe della provincia.

Manifestanti serbi, per protestare contro le violenze a Kosovoska Mitrovica, hanno bloccato nel tardo pomeriggio l'importante via di comunicazione nel nord del Kosovo, che da Mitrovica porta a Zvecan. Nel settore nord di Mitrovica la tensione continua a crescere e sono segnalate barricate erette in vari punti della città. Le sirene di allarme continuano a suonare in tutta la città.
Il sindaco della parte settentrionale di Kosovska Mitrovica, Goran Rakic ​​dopo l’assalto della ROSU ha esortato il presidente serbo: “…Presidente Vucic, manda l’esercito!”, aggiungendo: "Aiutateci, aspettiamo il vostro sostegno e protezione. O ci aiutate o ci auto organizziamo da soli!", ha ancora dichiarato Rakic, che durante l’attacco è  stato buttato per terra e picchiato dagli agenti ROSU, ricevendo diversi colpi con il calcio dei fucili automatici e rimanendo ferito. 
La situazione nella giornata di oggi ha una calma apparente, ma il fuoco cova sotto la cenere.
Con queste nuove violenze e atti di terrore è evidente che ci sarà un crescendo di nuove tensioni, nuovi problemi e un ennesimo enorme passo indietro, nel tentativo di risolvere in modo negoziale questa delicata, dolorosa e complessa situazione. Una cosa è certa, questi fatti possono avvenire solo con una regia e strategia di oltre oceano, anche nei media serbi e russi si sottolinea che queste provocazioni hanno dei burattinai molto definiti e stanno a Washington e nell’Unione europea, non certo nella dirigenza fantoccio di Pristina. 
Non dimentichiamo che solo a gennaio di quest’anno era stato assassinato a colpi d'arma da fuoco, il politico serbo del Kosovo Oliver Ivanovic, , in un vero e proprio omicidio eseguito da killer professionisti, come hanno indicato esperti militari. Anche questo un vero e proprio atto di guerra contro soluzioni di pace.

Marko Djuric: Mi hanno trascinato come un cane, mi hanno picchiato, urlandomi  Allah Akbar.


“…Con minacce e insulti pesanti, seppure ero ferito, mi hanno portato in un autoblindo parcheggiato nei pressi della stazione degli autobus, dove vedevo le percosse  e  le violenze contro singoli cittadini che protestavano con gli occhi gonfi dai gas lacrimogeni. Alcuni serbi che cercavano di opporsi pacificamente e verbalmente ai membri armati della ROSU, hanno ricevuto colpi, insulti e minacce che gli avrebbero sparato…”. Ha dichiarato Djuric dopo il suo arrivo a Belgrado.
“…Se non me lo avessero ordinato da Belgrado, sarei rimasto in Kosovo a condividere il terrore contro i serbi ... Tutto è stato organizzato dai separatisti albanesi con il sostegno degli ambienti occidentali internazionali!...”, ha aggiunto Djuric.

A cura di Enrico Vigna, Forum Belgrado Italia, SOS Kosovo Metohija- SOS Yugoslavia


=== 2 ===

Per il ritiro del riconoscimento della "indipendenza" del Kosovo da parte del Montenegro:



На основу непобитно утврђених актуелних и политичких околности, Српски национални савјет Црне Горе покреће иницијативу да Влада Црне Горе поништи признање тзв. независне државе Косово. 
Српски национални савјет то чини подстакнут, прије свега, већинском вољом грађана Црне Горе, која је потврђена и недвосмисленом изјавом предсједника Владе Црне Горе (на Косову, о Сретењу, 2018.. године) да је Влада изнудила признање тзв. независне државе Косово противно вољи 85 посто становништва Црне Горе. Нема бољег доказа да је та одлука нелегитимна, без упоришта у вољи становништва, насилна и вођена сасвим појединачним и утолико не-државним интересима. 
Историјски основ за поништење ове одлуке лежи у најдубљим традицијама Црне Горе. Негирањем овог историјског основа, Влада Црне Горе је посредно поништила црногорску државност, па би се опозивом признања тзв. државе Косово Црна Гора вратила изворној и истинској државности, њеним насвјетлијим традицијама и вољи њеног становништва. 
Политички разлози за поништење признања тзв. н�

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