Informazione
Non vi ricorderemo qui le iniziative, pur inadeguate, che abbiamo cercato di portare avanti nel corso degli ultimi anni e, in particolare, da quando avete intrapreso quella incredibile rivoluzione della dignità, passata alla storia come EuroMaidan.
Ci rivolgiamo oggi a voi perché abbiamo bisogno di voi, del vostro aiuto, per vincere la scommessa politico-elettorale incarnata dalla lista “+Europa con Emma Bonino” che, insieme agli amici di Forza Europa e di Centro Democratico, abbiamo lanciato alcune settimane fa.
In un panorama politico italiano nel quale tre importanti forze politiche – Forza Italia, Lega Nord e Cinque Stelle – fanno l’apologia aperta del Presidente russo Vladimir Putin e del suo regime mentre altre forze si contrappongono con troppa timidezza alle sue mire imperialiste, noi radicali, impegnati nel progetto di +Europa, crediamo che sia fondamentale che possa entrare nel Parlamento italiano una forza federalista europea determinata nel rilanciare il processo di integrazione europea, anche come mezzo per arginare la politica imperialista russa.
Siamo convinti che questo appuntamento elettorale potrebbe anche costituire una formidabile occasione per accrescere la conoscenza tra Ucraini residenti in Italia e i radicali italiani ed essere quindi tutti più attrezzati per poter in seguito portare avanti la battaglia per un’Ucraina pienamente integrata nella casa comune europea.
Le possibilità di contribuire a questa campagna sono molte. Dal fare conoscere la lista +Europa tra amici e conoscenti, partecipare alle iniziative elettorali locali, iscriversi a Radicali Italiani (l’iscrizione è aperta a tutti i cittadini del mondo), dare un contributo finanziario, piccolo o grande, partecipare alle nostre riunioni, votare la lista per chi ha la doppia cittadinanza… Potete lasciare la vostra disponibilità a darci una mano sul sito dove trovate il nostro programma elettorale.
Nella speranza di poterti incontrare durante queste sei settimane intense che abbiamo davanti, cogliamo l’occasione per mandare a te e a tutte le persone che ti sono care, i nostri migliori auguri per il 2018!
Tre video: – Emma Bonino riceve i finanziamenti da Soros [ https://www.youtube.com/watch?v=qoc4PMFQsR4 ]
– Emma Bonino pratica la linea politica di Soros [ https://www.facebook.com/forzaM5sForever/videos/1685612574794178/ ]
– Le \"imprese\" di cui è stato capace il \"filantropo\" ungherese, naturalizzato americano George Soros [ https://www.youtube.com/watch?v=Joj4syv6R5s ]
https://comitatocontrolaguerramilano.wordpress.com/2018/02/16/emma-bonino-riceve-finanziamenti-da-g-soros/
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da avante.pt
Traduzione di Marx21.it
Il Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia (TPIJ) ha chiuso i battenti negli ultimi giorni del 2017, ponendo fine a uno dei più vergognosi processi di manipolazione del diritto internazionale di cui si abbia memoria. Esattamente come fece il nazifascismo a Lipsia, il nuovo ordine mondiale ha avuto all\'Aia il suo simulacro di giustizia.
Nel febbraio del 1933, pochi giorni dopo aver assunto la guida del governo tedesco, i nazifascisti incendiarono l\'edificio del parlamento tedesco, il Reichstag, e incolparono i comunisti del crimine.
Sessant\'anni dopo, il Tribunale Penale Internazionale per l\'ex Jugoslavia si è posto obiettivi simili, pretendendo di dare una giustificazione giuridica al criminale processo di smantellamento della Jugoslavia e all\'allargamento ad Est della NATO e dell\'Unione Europea, promosso soprattutto dagli Stati Uniti e dalla Germania. Nello stesso tempo, ha cercato di legittimare l\'aggressione sterna al paese balcanico, sebbene abbia raggiunto con i bombardamenti della NATO nel 1999 il suo punto più alto, aveva già subito un\'accelerazione: lo Stato federale multinazionale e i suoi principali difensori, i serbi, erano i principali obiettivi; le vittime furono migliaia, di praticamente tutte le nazionalità e i gruppi etnici.
Nel 1993, quando il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite creò il TPIJ, attraverso la risoluzione 827 (con interpretazioni perlomeno “creative” del diritto internazionale), il mondo ormai aveva poco a che fare con quello che era esistito nei decenni precedenti. La scomparsa dell\'Unione Sovietica e del campo socialista ha avuto drammatiche conseguenze politiche, economiche, sociali e ideologiche e ha lasciato il campo aperto alla brutale offensiva imperialista.
Creatura del nuovo ordine mondiale unipolare dominato dagli USA, il Tribunale Penale Internazionale per l\'ex Jugoslavia è stato, secondo le parole della giornalista statunitense Diana Johnstone (Cruzada de Cegos: Jugoslávia, a primeira guerra da globalização, Caminho, 2002), “un\'istituzione creata da quelli che stanno in alto per giudicare quelli che stanno in basso. (…) fin dal principio,l\'obiettivo proclamato dai suoi principali promotori non era creare uno strumento di giustizia neutrale e universale ma punire un gruppo nazionale: i serbi”.
Una questione di “DNA”
In uno dei capitoli del libro sopra citato, Diana Johnstone ricorre a citazioni degli stessi responsabili del tribunale che ne rivelano la natura. Antonio Cassese, il primo presidente del TPIJ, lo ha definito “figlio spirituale di Kinkel”, ministro tedesco degli Affari Esteri che stava conducendo la campagna per lo smantellamento della Jugoslavia. Da parte sua, la statunitense Gabrielle Kirk McDonald, che era succeduta a Cassese, ha definito la segretaria di Stato degli USA Madeleine Albright come “la madre” del TPIJ. La Albright ha assunto un ruolo di primo piano nell\'aggressione aperta della NATO contro la Jugoslavia.
Il legame del TPIJ con la NATO è stato formalmente sancito nel 1996, attraverso un accordo su aspetti relativi all\'assistenza e alla consegna degli accusati: “Se il tribunale aveva bisogno della NATO, questa a sua volta necessitava del tribunale per concludere la sua metamorfosi da alleanza militare internazionale in polizia mondiale “umanitaria”, sottolinea ancora Johnstone. Tutto l\'edificio istituzionale del presunto tribunale è stato costruito per servire l\'accanimento anti-jugoslavo e anti-serbo delle potenze occidentali, con la Germania e gli USA alla guida.
La possibilità che il Consiglio di Sicurezza aveva di impedire o sospendere le iniziative del procuratore del TPIJ e il suo finanziamento da parte di governi, organizzazioni internazionali e grandi imprese è elemento rivelatore della sua natura.
Come Diana Johnstone, anche il giurista britannico Jan Johnson vede nell\'origine dei fondi del tribunale la prova del suo “carattere politico”. Parte considerevole del finanziamento proviene dal governo degli Stati Uniti, con altri importanti “contribuenti rilevanti” come la famiglia Rockefeller, il gruppo mediatico Time-Warner, padrone della CNN, e il miliardario George Soros, il cui ampio curriculum di partecipazione a colpi di Stato e “rivoluzioni colorate” parla da solo. Se la CNN aveva i diritti esclusivi per trasmettere i processi, le organizzazioni e fondazioni di Soros fornivano funzionari e ottenevano “prove” per il tribunale. Una di queste organizzazioni finanziava il giornale del cosiddetto Esercito di Liberazione del Kosovo”. C\'è poco da aggiungere in merito all\'indipendenza del tribunale...
Nel corso degli anni, diversi giuristi hanno avviato cause presso il Tribunale Penale Internazionale per l\'ex Jugoslavia, accusando la NATO di crimini di guerra, per i bombardamenti – completamente illegali alla luce del diritto internazionale – del 1995 e soprattutto del 1999 su città villaggi, abitazioni e diverse infrastrutture, come ponti, scuole, mercati, fabbriche, la televisione statale serba e l\'ambasciata cinese a Belgrado. Nulla è stato fatto a riguardo di ciò dai giudici e procuratori del TPIJ. In seguito, la giudice costaricana del TPIJ Elizabeth Odio Benito ha riconosciuto all\'agenzia EFE che la decisione di procedere con tali indagini era dipesa da “circostanze politiche che i giudici non controllano”.
Il giurista italiano Aldo Bernardini aggiunge elementi che dimostrano l\'illegalità dell\'istituzione stessa del TPIJ e di gran parte del suo funzionamento. Dal punto di vista puramente giuridico, sottolinea, la creazione del TPIJ da parte del Consiglio di Sicurezza è “totalmente inammissibile”, poiché la Carta delle Nazioni Unite non garantisce a questo organo alcun potere in tal senso. Così, il TPIJ non era un\'istituzione giudiziaria, ma un mero “strumento di violenza politica”.
Tutto meno che Giustizia
Ma sono forse l\'istruzione e il decorso dei processi che più avvicinano il TPIJ a un tribunale sul modello Lipsia. Nel riportare l\'esperienza di vari avvocati che in quella sede cercavano di garantire un minimo di giustizia agli accusati, il canadese Christopher Black parla di sentimenti di “shock, depressione, rabbia e talvolta pazzia, perché questi giudizi sono procedure inquisitorie in cui c\'è solo un obiettivo che è quello di gettare gli accusati in carcere e usarli come esempi per i loro popoli di origine”.
Al contrario della pratica corrente nei tribunali penali, il TPIJ è direttamente coinvolto nell\'imposizione delle accuse. Secondo Jan Johnson, questo non solo costituisce una relazione promiscua tra accusa e tribunale, ma pone seriamente in causa la presunzione di innocenza degli accusati – principio fondamentale del diritto. Anche Diana Johnstone sottolinea questo fatto, segnalando che i procuratori hanno la possibilità di fare le proprie regole e di essere loro, e non i giudici, a rappresentare il tribunale di fronte alla stampa.
Nel processo contro l\'ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic, come in altri, l\'accusa ha avuto un tempo illimitato per i suoi testimoni, mentre la difesa ha dovuto affrontare numerose restrizioni. Molte accuse si basavano solo su “testimoni oculari”, molti dei quali erano anonimi. In queste condizioni, gli accusati erano condannati fin dall\'inizio, poiché già da molto tempo lo erano stati dai mezzi di comunicazione a livello internazionale.
L\'iniquità di questo “tribunale” è ancora più evidente, secondo Diana Johnstone, nel numero degli imputati che si trovavano sotto la sua custodia. Alcuni sono stati assassinati quando si presumeva che volessero sfuggire alle autorità o al momento della loro cattura (si pensi solo al barbaro linciaggio di Gheddafi, NdT); altri, semplicemente, sono morti in cella, per “cause naturali” o “suicidio”.
(...)
ХАГ: ПРОКЛЕТО ЛИЈЕВНО
Од 2002. до 2006, из хашке суднице, произашле су три пресуде...Пред поротом, читавим светом, на свим континентима ове планете и свим језицима света, та пресуда је једногласно саопштена...
БРАВО СЛОБОДАНЕ, знали смо да СРБИЈА није крива низашта.
Када су моћници, оснивачи суда, видели да им је остало још 37 сати до краја суђења, знали су да жив Слободан, без доказане кривице, руши пројекат, звани Хаг, пресудили су.
Пресуда је извршена 11. марта 2006.
Остаје да се сачека пресуда, пред неподмитљивим професором, историјом нашег доба.
Каква год била, прихватићемо је.
Осим, осим ако је не буду писали Вук, Олбрајтова, Кларк... Ако ти и такви, буду писали историју Балкана, биће то задња страница историје....
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Allora l\'articolo, pur moralista e ipocrita (perché non spiega le ragioni prime dell\'immigrazione, cioè le guerre che lui e i suoi colleghi fomentano con i loro scritti), sarebbe stato quasi sottoscrivibile.
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Le 23 mars 1999, l’OTAN décide de bombarder le territoire yougoslave et sa région du Kosovo. 13 000 morts pour la bonne cause ! Celle-ci était déstabilisée par une vague de violences entre Albanais et Serbes depuis 1996 en raison de l’action déstabilisatrice d’une organisation « nationaliste » kosovare, l’UCK et de la répression du gouvernement serbe qui s’en est suivie. Les États-Unis se sont alors érigés en défenseurs des minorités et du Bien pour justifier leur intervention militaire comme ils le feront plus tard dans le cas de l’Irak. Et comme ils le font partout. Comme ils le font pour prendre la main sur une zone. Ici il s’agissait de rayer de la carte l’influence politique de la Serbie. Bien sûr, il s’agissait essentiellement de propagande guerrière. Pour s’en convaincre, il suffit de regarder les conséquences de leurs bombardements. D’après l’association humanitaire Human Rights Watch, ils ont entrainé la mort de 528 civils, dont deux tiers de réfugiés kosovars, censés être protégés par l’intervention américaine. Les manipulations médiatiques pour camoufler des bombardements en « opération humanitaire » ont été largement analysées dans le livre de Serge Halimi et Dominique Vidal « L’opinion, ça se travaille ».
La guerre du Kosovo est un cas d’école de l’alignement médiatique sur les éléments de langage fournis par l’armée américaine. Les journaux atlantistes français se sont encore couverts de honte. Mais leurs méthodes de bourrage de crâne et de saturation de l’opinion par des manipulations est cependant efficace, il faut bien en convenir. Dix ans, après le lavage de cerveau tient ses effets : personne ne se rappelle de rien, le mot Kosovo a disparu du vocabulaire mémorisé. Les trafics d’organes prélevés sur les prisonniers par les héros libérateurs du Kosovo sont passé inaperçus, l’installation d’une base géante des USA dans l’État croupion n’a pas été commentée. La responsabilité des mafias albanaises protégées par le pouvoir dans ces trafics et quelques autres ne se discute pas. Et pas davantage n’ont été à la une les révélations de la présidente du Tribunal Pénal International révélant qu’elle avait été menacée par les voyous kosovars. Le Kosovo est presque une réussite parfaite des capacités de manipulation du soft power médiatique contemporain.
À l’époque, étant donnée l’asymétrie des forces, l’offensive de l’OTAN a rapidement mené au retrait de l’armée yougoslave. Le 10 juin 1999, le conseil de sécurité de l’ONU adopte à l’unanimité une résolution de compromis qui admet la présence de forces de l’OTAN au Kosovo avec des pouvoirs de police très importants mais dans le même temps réaffirme la souveraineté de la République yougoslave (qui deviendra la Serbie) sur sa province sud, le Kosovo. La présence militaire de l’OTAN est conçue dans la cadre d’un statut inédit de protectorat international provisoire. L’indépendance du Kosovo n’est pas envisagée. Elle ne pourrait pas être acceptée, en particulier par la Russie dont l’allié historique dans les Balkans est la Serbie. Blablabla. Tout cela sera foulé aux pieds et les habituels thuriféraires de « la communauté internationale » ont fermé leurs grandes bouches.
La situation a vite évolué. L’ONU rouvre ensuite les négociations sur le statut du Kosovo en 2006. Des vagues de violence télécommandées gâchaient opportunément le paysage. Les organisations « nationalistes » kosovares s’en donnaient à cœur joie. Le résultat de ces négociations est inacceptable pour la Serbie : c’est le plan Ahtisaari. Il propose de fait l’indépendance du Kosovo. Plus précisément, il propose tous les attributs de l’indépendance. L’ONU ne peut pas déclarer l’indépendance d’un État qui procède uniquement de deux actes : une déclaration et la reconnaissance par la communauté internationale. Comme prévu, la résolution présentée devant le conseil de sécurité est cette fois refusée, du fait de l’opposition évidente de nombreux pays et notamment de la Chine et de la Russie. Qu’importe, les États-Unis ont décidé que leur protectorat devait se séparer de la Serbie. Ainsi, le 17 février 2008, le Parlement kosovar déclare unilatéralement son indépendance et sa sécession de la Serbie.
Cette indépendance est immédiatement reconnue par les États-Unis et leurs alliés. Ils trahissent donc la parole qu’ils avaient donné 9 ans plus tôt en votant la résolution reconnaissant la souveraineté de la Serbie sur le Kosovo. Bien sûr, la souveraineté du Kosovo est essentiellement imaginaire. 19 ans après 1999, les troupes de l’OTAN sont toujours présentes massivement au Kosovo qui dépend entièrement de cette présence pour son existence. L’enclave, privée de toutes ressources, n’en finit pas de plonger dans la misère : le taux de chômage chez les jeunes y atteint 60%. Le Kosovo n’existe pas. Cette enclave est ingouvernable et non viable.
Au plan des relations internationales, le résultat de cet épisode de l’Histoire est la rupture des règles sur lesquelles repose la confiance entre les puissances. La Chine et la Russie ne croient plus la parole américaine. C’est la raison pour laquelle, aujourd’hui, elles ne peuvent plus compter sur la simple bonne foi des États-Unis pour accepter des résolutions au Conseil de sécurité dès que le contenu permet une interprétation guerrière par les USA et leurs supplétifs. Le précédent du Kosovo a porté un coup au principe d’intangibilité des frontières en Europe, un pilier de la stabilité géopolitique sur notre continent. Dès lors, on comprend par exemple que le ministre des affaires étrangères russe y fasse référence pour justifier le rattachement de la Crimée à la Russie en 2014. Même si, à la différence des Américains et de leurs alliés, les russes n’ont bombardé personne en Crimée.
L’affaire du Kosovo est un exemple parmi d’autres de la façon dont les États-Unis, par leurs actions agressives, déstabilisent l’ordre international. Quant à notre pays, il ne peut pas, en étant dans l’OTAN, promouvoir le respect du droit international et de l’ONU comme cadre de dialogue entre les États. En redevenant indépendants, le moment venu, la France pourra au contraire contribuer à faire émerger le nouveau monde qu’il est urgent de faire naitre pour que la paix soit préservée. Un monde où les États-Unis auront été ramené à la raison.
u 11 sati u Svecanoj sali Doma Vojske Srbije, Brace Jugovica br.11
Округли сто о Косову и Метохији
Govore: Z. Jovanovic, M. Miladinovic, R. Radinovic, L. Kastratovic, S. Stojanovic, T. Petkovic
Organizuju: Beogradski Forum, Klub Generala i Admirala
VIDEO: https://www.youtube.com/playlist?list=PLNUCvycbSX3wflGJUtchdb5ZS0GiOiIS8
Živadin Jovanović, President of the Belgrade Forum for a World of Equals
The single most important parameter is the Constitution of the Republic of Serbia. It is expected to be observed by all, and the relevant responsibility grows with the rising position of each of us in the society. Respect towards the country’s Constitution is the measure of the seriousness of the state, statesmen and citizens.
Trading’ Kosovo and Metohija for gaining EU membership is unacceptable, because the values concerned are not comparable. Membership is welcome, provided it is offered devoid of blackmails and ‘an exclusive membership fee’.
Having regard to all the experiences so far it is clear that any guarantees of the EU for any future agreements or solutions concerning Serbia could not be trustworthy. EU has been initiating agreements in which the rights of Serbia are but a bait, luring Serbia to consent and sign, whereas the true goal is to establish Serbia’s obligationsin favour of the other side and, thus, gain foothold for endless blackmails using unique “argument”: ‘If you want EU membership!’ The only implemented provisions of the UNSC Resolution 1244 are those in the interest of the Albanians, and none of those which guarantee the rights of the Serbs and of Serbia. Serbia has fulfilled all of her obligations stemming from the EU sponsored Brussels Agreement of 2013, whereas the Albanians failed to observe the only one they pledged to – the establishment of the Community of the Serbian Municipalities. The EULEX was accepted as being ‘status-neutral’, but in reality this Mission was and remains the key instrument for the establishment of an illegitimate quasi-state on a part of the territory of Serbia. It is shadowed by unsolved serious suspicions of corruptive behaviour of its staff. The resulting mistrust may only be neutralized through the implementation of unfulfilled obligations towards Serbia and the Serbs, together with genuine impartiality, identifying and prosecuting those responsible for perpetrated crimes against the Serbs.
Under the negotiations thus far, Serbia has gone above and beyond in granting concessions to Prishtina and the West and, in return, was not given as little as a minimal protection of her rights and interests. Belgrade should be wise enough to infer proper conclusions from this practice.. It should not involve in any new arrangement or obligation, least of all enter any new ‘legally binding agreement’ for so long until the implementation of all obligations towards Serbia and the Serbian people, including free and safe return of almost 250,000 persons expelled in an ethnic cleansing episode. What kind of normalization would it be without having it conditioned with the safe return of a quarter million of expelled persons?
A legally binding agreement would be used for the accelerated creation of Greater Albania. While remaining outside the UN, Kosovo could hardly unite with Albania, as it is not a subject of international law. Another obstacle is its formally being under the mandate of the UN under UNSCR 1244.
For Serbia, the status of the Province of Kosovo and Metohijais a vital issue which will be open for so long as the negotiations produce a just and selfsustainable solution, as set forth under UNSCResolution 1244. None has the right to blackmail Serbia by means of setting any deadline, or to impose solutions tailor-made to meet their owngeopolitical interests..
Serbia’s obligation and invested efforts to ensure the basic human rights of the Serbian people in Kosovo and Metohija, such as personal security, freedom of movement, and inviolability of property rights - enjoy full support of citizens. This obligation, together with duty to ensure observance of the status and inalienable rights of the Serbian Orthodox Church,neitherlessennor eliminate the essential interest, which is - the status of the Province in line with UNSC Resolution 1244 and the Serbian Constitution.
We find unacceptable both indifference, and indulging the malicious propaganda which touts that Kosovo and Metohija is but a burden Serbia should get rid of, and soon, so to enable her economy and the citizens embark onto the future, investments, development, better standard of living, higher population growth, almost a paradise on Earth. This all is yet another great deception. In any given country, standard of living and economy depend on the economic policy and systems, on the diversification of economic cooperation and the sources of investment, rather than on renouncing any vital national or state interest.
Germany exploits the present Brussels’ format of negotiations to promote its own and, to a certain degree, the general Western, geopolitical interests. This dovetails with the way of resolving the Albanian national question, the weakening of the Serbian people and Serbia as a political factor in the Balkans, and with the further deterioration of the unresolved Serbian national question. An important argument supporting this assessment is the actual prevention of 250,000 Serbs and other non-Albanians to exercise the universal right to free, safe and dignified return to their homes and properties.
A just compromise is only possible within the framework of UNSCResolution 1244 and the Constitution of Serbia. It is neither a compromise nor a durable solution to let Pristina acquire independence, economic and natural wealth, membership to the UN, UNESCO, the OSCE, whereas all the Serbs get new divisions, new international borders instead of the administrative line, status of national minority, and a Community of Serbian Municipalities reduced to an NGO.
Having in mind all of the above, and in particular the altered circumstances, inadequate format of Brussels’ negotiations, the blackmailing dimension of tying the status of Kosovo and Metohija to Serbia’s EU membership negotiations, one can surmise that presently do not exist prerequisitesfor the reaching of a balanced, just, and durable solution. Such prerequisites may be created by involving Russia and China in the negotiations process and guaranties, that is, by reverting the process back to the United Nations, where it has originally begun.
Serbia has been and remains willing to search for a compromise, toharmonize interests, not in an uncharted space, but within the domain of principles and law. Serbia should not opt for exiting this domain of principles and law, and strive into the future better life by giving priority to injustice over the justice. The justice is a part of reality, too.
Proposing the so-called “two Germanies models” is an obvious attempt to justify and deceive, and an offer for “face saving”. However, the two situations, relevant international circumstances, their origins and root causes are incomparable. Serbia is not the former Federal Republic of Germany, nor is Kosovo and Metohija ir the former German Democratic Republic. Serbia has already expressed her opinion of Zeigmar Gabriel’s ultimatum. It would be better that both Europe and the EU state their position, and thus preclude Gabriel from his habit of proclaiming which parts of territories do or do not constitute the part of other states. Let us recall this year is 80th year of the Munich Agreement?
- Резолуција СБ УН 1244 је најважнији опште-обавезујући правни докуменат који обавезује све чланице светске организације укључујућу чланице ЕУ, НАТО, ОЕБС-а, ОИК, АУ, ЕАУ. Резолуција СБ 1244 је једина поуздана основа и оквир свих преговора о статусу. Услед озбиљних грешака ранијих српских власти, из система УН проистекли су и неки неповољни докуменати саветодавног, необавезујућег карактера. Изузетно је битно да се данас и убудуће не чине сличне или веће грешке које би отежале положај и перспективе Србије у будућности.
- Најважнији параметар је Устав Републике Србије. Очекује се да га сви поштују а одговорност за то расте са положајем свакога од нас у друштву. Однос према Уставу је мера озбиљности државе, државника и грађана.
- «Погодба» - Косово и Метохија за чланство у ЕУ није прихватљива јер се ради о вредностима које нису упоредиве. Чланство – да, али без уцена и «уникатне чланарине».
- Србија је у досадашњим преговорима отишла предалеко у давању уступака Приштини и Западу а за узврат није добила ни приближну заштиту својих права и интереса. Београд из тога треба да извуче одговарајуће закључке. Не треба да иде у нове договоре и обавезе нити у нови «правно обавезујући споразум» све док се претходно не изврше све обавезе према Србији и српском народу укључујући слободан и безбедан повратак 250.000 протераних у етничком чишћењу. Каква би то била нормализација без услова за безбедан повратак четврт милиона протераних људи?
- Статус Косова и Метохије за Србију је кључно питање које је отворено дотле док се преговорима не дође до праведног и одрживог решења како је предвиђено резолуцијом СБ УН 1244. Нико нема права да Србију уцењује постављањем било каквих рокова, или да намеће решења по мери својих геополитичких интереса.
- Обавеза и напори Србије да се обезбеде основна људска права припадника српског народа на Косову и Метохији као што су лична безбедност, слобода кретања, неприкосновеност права својине - уживају пуну подршку грађана. То и старање да се обезбеди поштовање статуса и неотуђивих права Српске православне цркве не умањују нити отклањају суштински интерес а то је - статус Покрајине у складу са резолуцијом СБ 1244 и уставом Србије.
- Нису прихватљиви индиферентност или чак и повлађивање злонамерној пропаганди да је Косово и Метохија тег о врату Србије којег треба што пре да се ослободи да би њена економија и грађани кренули у будућност, инвестиције, развој, виши животни стандард, већи природни прираштај, готово, у земаљски рај. То је још једна велика обмана. Животни стандард и економија у свакој земљи зависе од економске политике и система, од диверсификације економске сарадње и извора инвестиција а не од одустајања од било којег виталног националног или државног интереса.
- Праведни компромис је могућ само у оквиру резолуције СБ 1244 и Устава Србије. Није компромис нити одрживо решење да Приштина добије независност, економска и природна богатства, чланство у УН, УНЕСКО, ОЕБС, а Срби међународну на место административне границе, статус припадника националне мањине и НВО ЗСО.
- Имајући у виду изнето а посебно измењене услове, неадекватност формата преговора, уцењивачку димензију везивања статуса Косова и Метохије са преговорима о чланству Србије у ЕУ данас не постоје услови за постизање уравнотеженог, праведног и одрживог решења. Ти услови се могу створити укључивањем Русије и Кине, односно, враћањем процеса у Уједињене нације у коме је и започет.
- Србија је била и остаје спремна да тражи компромис, усклађује интересе, али не на брисаном, неозначеном простору, већ на терену принципа и права. Не би смела да напушта терен права и принципа и да, хита у будућност бољег живота дајући предност неправу у односу на право. И право је део стварности.
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VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=dMoA2lMJjaQ
Battle for East Ghouta
The German government is again attempting to have a greater impact on the power struggle over Syria, in view of the battles to take control of the region of East Ghouta, east and northeast of Damascus - with a current population of 400,000 according to UN estimates. The region is one of the so-called de-escalation zones agreed to by Russia, Iran and Turkey in the Astana talks last year. Attempts to salvage the de-escalation and prevent a new flare-up of the war in East Ghouta had been thwarted by Salafist jihadi militia on November, 14, 2017. Following a series of minor skirmishes, they launched attacks on government troop positions in Harasta, a town near the border of the Salafist-controlled region. The battles have not calmed since. The East Ghouta Salafist jihadi militias have begun to arbitrarily launch rockets into residential areas of Damascus, killing dozens of civilians. These attacks target particularly residential districts with Christian populations, apparently to spread fear and panic among non-Muslims.[1]
A Repressive Regime
In view of the ongoing shelling of residential areas of Damascus, the Syrian government has recently launched a military offensive to retake East Ghouta, once and for all. The four militias in control of the area include Hayat Tahrir al Sham directly allied with al Qaida and Ahrar al Sham, which has been cooperating with al Qaida for several years and has been explicitly classified by the German judiciary as a terrorist organization.[2] A third militia, Failaq al Rahman, has officially disassociated itself from al Qaida but, according to reports, has concluded a de-facto military alliance with al Qaida\'s offshoots, to have a better standing within the power struggles among East Ghouta\'s various Salafist jihadi militias. Even experts, who adamantly oppose the government of Bashar al Assad, admit that the militias in East Ghouta have established a repressive regime, enforcing \"conservative religious laws\" and brutally suppressing any opposition. It has been confirmed repeatedly -also by Amnesty International - that the militias are preventing civilians from fleeing, even arresting people for simply asking permission to leave the war zone.[3]
East Aleppo, Mosul, Raqqa, East Ghouta
From the military point of view, the situation in East Ghouta strongly resembles those in the re-capturing of East Aleppo, (June - December 2016), Mosul (October 2016 - July 2017) and Raqqa (June - October 2017). The combat, including the air raids, are carried out in a densely urbanized area. This is a horrible situation for the civilian population. According to the Atlantic Council - an organization above suspicion of harboring prejudices toward the Assad government or of being pro-Russian - nearly 3,500 civilians were killed during Aleppo\'s recapture.[4] The battle for Mosul, according to comprehensive research by the Associated Press (AP) news agency - also not under suspicion of being anti-western - at least between 9,000 and 11,000 civilians were killed. AP has proof that at least 3,200 had been killed directly by the US-led anti-IS coalition attacks; another two-thirds were killed by the IS, and one-third had been caught in crossfire, so it is unclear, who had actually fired the fatal shots.[5] It can be assumed that not all of these victims had been killed by IS. Iraqi Prime Minister Haidar al Abadi has admitted to only 1,260 civilians killed, whereas the anti-IS coalition admits to a mere 326 victims of their attacks.[6] In the battle over Raqqa, according to the organization Airwars - which relies on multiple documented cases and whose claims are occasionally criticized for being too low - at least 1,400 civilians had been killed by anti-IS coalition bombing, in the period only between June and October 2017.. Of the estimated 2,878 civilians killed throughout that year by anti-IS coalition\'s air raids, more than 80 percent had been killed in Raqqa.[7]
\"Worse than Auschwitz\"
Berlin had strongly criticized the battle for East Aleppo and is now condemning the battle for East Ghouta.. German Chancellor Angela Merkel, for example, has accused the governments of Russia, Iran and Syria of responsibility for \"targeted [!] attacks on civilians and hospitals.\" \"Those crimes must be punished.\"[8] German media, at the time, were referring to \"genocide,\" a \"war of annihilation\" - and even trivializing the Shoah - claiming \"Aleppo is worse than Auschwitz.\"[9] Accusations concerning the civilian victims of air raids on Mosul and Raqqa were completely absent in western politics and in a large segment of western media. If punishment would be demanded for these war crimes, the commanders of the Bundeswehr and the German government, itself, would also be charged - after all, the German Air Force\'s reconnaissance flights were playing a central role in the bombings carried out by the anti-IS coalition. Only now, in reference to the battles for control of East Ghouta, the accusation of a \"war of annihilation\" is again in use.[10] In the Bundestag last week, Chancellor Merkel literally alleged that in Syria, \"it is not a case of a regime combating terrorists, but its own people.\"[11] Merkel and France\'s President Emmanuel Macron wrote a letter to Russia\'s President Vladimir Putin - which included the allegation that in East Ghouta, the civilian population is being submitted \"to an unprecedented level of violence.\" Moscow should therefore \"talk sense to the Syrian government.\"[12]
Facing Defeat
Double standards are typical for politicians and the media in countries involved in wars, particularly when they face, like Germany, political defeat. Since the summer of 2011, Berlin has been banking on the Assad government\'s overthrow. In 2012, in cooperation with representatives of the Syrian opposition in exile, it established a road map for Syria\'s post-war reorganization, entitled \"The Day After.\"[13] Within the framework of the international \"Friends of Syria\" alliance, Germany has been participating in preparations for the aftermath of Assad\'s overthrow.[14] In August 2012, the German Federal Intelligence Service (BND) bragged of having made an \"important contribution ... to the overthrow of the Assad regime.\"[15] The anticipated overthrow, however, did not materialize. German hopes received their first heavy blow with Russia\'s intervention in the early fall 2015.[16] The run-up to the ultimate defeat came with the battle for Aleppo, when Russia assumed the leadership in ceasefire negotiations and a solution to the war.[17] If the Syrian government can recapture East Ghouta, it would further consolidate its position, whereas the Berlin-supported segment of the (exiled) opposition would possibly face ultimate defeat. Berlin\'s current political offensive against Syria is an attempt to turn the tide at the last moment.
[1] Gudrun Harrer: Assads Topgeneral vor den Toren der Ost-Ghouta. derstandard.at 21.02.2018. Aron Lund: Understanding Eastern Ghouta in Syria. irinnews.org 23.02.2018.
[2] See also Steinmeier und das Oberlandesgericht and Terrorunterstützer.
[3] Aron Lund: Understanding Eastern Ghouta in Syria. irinnews.org 23.02.2018.
[4] Atlantic Council: Breaking Aleppo. Washington, February 2017.
[5] Susannah George: Mosul is a graveyard: Final IS battle kills 9,000 civilians. apnews.com 21.12.2017.
[6] AP: Death toll in Mosul 10 times higher than acknowledged. cbsnews.com 20.12.2017.
[7] Julian Borger: US air wars under Trump: increasingly indiscriminate, increasingly opaque. theguardian.com 23.01.2018.
[8] Dirk Hoeren: Merkel verurteilt Russland und Iran.. bild.de 16.12.2016.
[9] See also Die Schlacht um Mossul (IV).
[10] Vernichtungskrieg. Frankfurter Allgemeine Zeitung 21.02.2018.
[11] Massaker unverzüglich beenden. bundesregierung.de 23.02.2018.
[12] Merkel und Macron schreiben an Putin. bundesregierung.de 25.02.2018.
[13] See also The Day After and The Day After (IV).
[14] See also Im Rebellengebiet.
[15] Christoph Reuter, Raniah Salloum: Das Rätsel des deutschen Spionage-Schiffs. spiegel.de 20.08.2012.
[16] See also Consistencies in Western Hegemonic Policy.
[17] See also Aleppo, Mossul und die Hegemonie and Vom Krisenstaat zum Gestalter.
https://www.jungewelt.de/artikel/327809.wir-sind-eins.html?sstr=Acilciler
Erdogan si mostra indifferente rispetto all’arrivo di truppe governative siriane e continua gli attacchi contro Afrin.
Dopo un attacco dell’esercito turco contro un convoglio con combattenti di una milizia leale al regime di Damasco, nel nord della Siria si delinea un nuovo inasprimento della guerra su più fronti. Il convoglio era in viaggio verso il cantone autogovernato di Afrin, sotto attacco da parte dell’esercito turco da oltre un mese, quando è stato colpito dal fuoco di un drone e dell’artiglieria della Turchia. Due miliziani sono rimasti uccisi e altri tre feriti.
Dopo giorni di trattative, le Unità di Difesa del Popolo curde YPG e il governo di Damasco martedì hanno raggiunto un patto militare. «Le nostre forze hanno chiesto al governo e all’esercito della Siria di assolvere i loro compiti nella difesa di Afrin e dei confini», ha dichiarato il portavoce delle YPG Nuri Mahmud. «Su questa base il governo siriano ha inviato unità militari nella regione. Queste unità verranno posizione sulla linea di confine e difenderanno i confini e l’integrità territoriale della Siria». Da parte del governo siriano finora non ci sono dichiarazioni ufficiali sull’accordo.
Le truppe siriane inviate a Afrin sono unità delle Forze di Difesa Nazionali (NDF). Queste unità di volontari sono state formate nel 2012 da Damasco per il sostegno dell’esercito arabo-siriano. Le unità NDF ora arrivate a Afrin, provengono dalle città di Nubl e Zahra. Durante un assedio da parte del Fronte Al-Nusra, propaggine siriana di Al-Qaeda, durato quasi quattro anni, queste enclave sciite erano state rifornite da Afrin attraverso un corridoio tenuto aperto dalle YPG. Filmati diffusi attraverso i social network mostrano i miliziani dopo il loro arrivo a Afrin città. Insieme a sostenitori delle YPG sventolano bandiere dello Stato siriano e i gagliardetti triangolari delle YPG. Contemporaneamente risuonano grida di «Siamo una cosa sola».
Il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan si è mostrato indifferente rispetto a immagini del genere. Le milizie dopo «spari di avvertimento» sarebbero tornate indietro, ha sostenuto martedì a Ankara in spregio della verità. L’argomento con questo sarebbe «per ora chiuso», ha dichiarato Erdogan secondo il quotidiano Zeitung Hürriyet D\aily News. Nel corso di telefonate all’inizio della settimana con il Presidente russo Vladimir Putin e il Presidente iraniano Hassan Rohani a questo proposito ci sarebbe stato accordo. «Purtroppo alcuni gruppi terroristici in solitaria a volte prendono decisioni sbagliate. Questo è inaccettabile. Dovranno pagare per questo.» Con questo Erdogan assume la posizione che le NDF sarebbero forze irregolari che agiscono senza essersi accordate con il governo siriano, ovverosia i suoi alleati russi e iraniani.
Il Presidente turco non sbaglia del tutto. Perché come all’inizio della settimana ha riferito il portale di notizie The Region facendo riferimento a rappresentanti curdi di Afrin, il governo russo avrebbe cercato di impedire il patto militare tra Damasco e Afrin per non mettere in pericolo l’accordo di Astana. Lì la Turchia è coinvolta come forza di garanzia per una soluzione pacifica in Siria. Per riguardo a Mosca quindi evidentemente il punto decisivo della difesa antiaerea è stato tenuto fuori dall’accordo tra Damasco e Afrin. Perché un controllo dello spazio aereo tecnicamente sarebbe possibile solo attraverso l’esercito ufficiale siriano (SAA) e in accordo con l’esercito russo. Dopo che l’artiglieria turca nella notte ha sparato contro il territorio della città di Afrin, l’aviazione mercoledì ha di nuovo effettuato attacchi aerei contro la città capoluogo di Jindires.
Intanto il capo della milizia «Resistenza Siriana – Fronte Popolare della Provincia di Iskenderun», Mihrac Ural, ha dichiarato di andare con un «secondo contingente» di truppe governative a Afrin. Come misura di creazione di fiducia nei confronti delle YPG, Ural ha pubblicato vecchie foto che lo ritraggono in Siria insieme al fondatore del PKK Abdullah Öcalan. Solo la scorsa settimana Ankara aveva messo Ural, il segretario dell’organizzazione turca marxista-leninista «Acilciler», che dal golpe militare del 1980 vive in Siria, sulla lista dei «terroristi» più ricercati e aveva messo sulla sua testa una taglia di quattro milioni di Lire turche (ca. 850.000 Euro) per la sua cattura. Obiettivo dichiarato di Ural, alevita arabo di Hatay, è la liberazione di quella provincia siriana annessa dalla Turchia alla fine degli anni ‘30.
Traduzione di Rete Kurdistan
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[Aggiornamento 11/3/2018 con VIDEO] Riprese del Convegno nazionale GIORNO DEL RICORDO, UN BILANCIO tenuto a Torino sabato 10 febbraio 2018 presso il caffé Basaglia
Si è tenuto il giorno sabato 10 febbraio 2018 a Torino, presso il caffé Basaglia, in via Mantova 34 dalle ore 10 alle 17.30, il convegno nazionale: GIORNO DEL RICORDO, UN BILANCIO
Grande il successo del nostro Convegno, che ha visto un centinaio di partecipanti, con relazioni di alto livello ed i saluti, tra gli altri, del vicesindaco Montanari, presente in sala con un assessore, e della presidente nazionale dell\'ANPI Carla Nespolo. Tutte le informazioni e materiali disponibili alla pagina:
- Annuncio, promotori e adesioni, locandina
- Programma definitivo
- Comunicato in merito alle dichiarazioni del presidente della Repubblica
- Fotografie
- Saluto di Carla Nespolo
- Atti del Convegno
- Disinformazione preventiva sul Convegno e indisponibilità della sala inizialmente prenotata
- Rassegna stampa
- Evento facebook
- Trasmissione Voce Jugoslava di presentazione del Convegno
- Foibe, la lunga marcia del revisionismo storico (A. d\'Orsi su Il Manifesto del 10.2.2018)
Replica al presidente della Repubblica Mattarella da relatori e organizzatori del Convegno Giorno del Ricordo. Un bilancio tenuto a Torino il 10 febbraio 2018
Comunicato di replica al presidente della Repubblica Mattarella
I partecipanti e gli organizzatori del convegno “Giorno del ricordo. Un bilancio”, tenutosi a Torino, in data odierna, hanno preso atto del comunicato del Presidente della Repubblica, sulla ricorrenza del 10 febbraio, inserita, con legge del Parlamento del marzo 2004, nel calendario delle feste civili della Repubblica. Le parole del massimo rappresentante dello Stato lasciano sgomenti, in quanto non sono altro che una riproposizione degli elementi portanti della propaganda revanscista e persino neofascista. Accanto al vago riconoscimento “della durissima occupazione nazi-fascista di queste terre”, il presidente Mattarella addita ancora una volta alla pubblica ignominia il “comunismo titino”, mostrando una inaccettabile ignoranza dei fatti storici (ci limitiamo per esempio a far notare che a fianco delle formazioni partigiane jugoslave erano combattenti di ogni nazionalità e i loro nemici, prima ancora che gli italiani o i nazisti tedeschi, furono soprattutto croati “ustascia”, sloveni “domobrani”, serbi “cetnizi”, albanesi “balisti”) e accodandosi a uno sciagurato uso politico della storia: una storia manipolata, riscritta, e “adattata” ad usum.
I risultati del nostro convegno, al contrario, confermano, una volta di più, che quella delle “foibe” è una vera e propria operazione politico-culturale, sancita dalla istituzione della legge n. 92/2004, che ha contribuito a creare o consolidare un senso comune anticomunista, e anti-antifascista, volto a favorire una memoria contraffatta. In essa, invece di una necessaria, indispensabile, sebbene tardiva assunzione di responsabilità del Paese, si è propalata ancora una volta l’autoassolutoria idea della innocenza degli “italiani brava gente”. Dal capo dello Stato ci saremmo aspettati ben altra cautela, tanto più in una fase storico-politica che vede un sempre più invadente e pericoloso ritorno del fascismo (più che del “nazionalismo”, come prudentemente scrive Mattarella).
Sebbene emarginati, e spesso impediti di parlare, ostacolati nella stessa attività di ricerca, gli studiosi e le studiose, oggi presenti a Torino, assieme agli organizzatori e a coloro che ci hanno testimoniato la loro vicinanza e solidarietà si impegnano a continuare il proprio lavoro, con lo studio, la testimonianza, la divulgazione. E la lotta.
Torino, 10 febbraio 2018
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Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rilasciato la seguente dichiarazione (fonte):
«Il Giorno del Ricordo è stato istituito dal Parlamento per ricordare una pagina angosciosa che ha vissuto il nostro Paese nel Novecento. Una tragedia provocata da una pianificata volontà di epurazione su base etnica e nazionalistica.
Le foibe, con il loro carico di morte, di crudeltà inaudite, di violenza ingiustificata e ingiustificabile, sono il simbolo tragico di un capitolo di storia, ancora poco conosciuto e talvolta addirittura incompreso, che racconta la grande sofferenza delle popolazioni istriane, fiumane, dalmate e giuliane.
Alla durissima occupazione nazi-fascista di queste terre, nelle quali un tempo convivevano popoli, culture, religioni diverse, seguì la violenza del comunismo titino, che scatenò su italiani inermi la rappresaglia, per un tempo molto lungo: dal 1943 al 1945.
Anche le foibe e l\'esodo forzato furono il frutto avvelenato del nazionalismo esasperato e della ideologia totalitaria che hanno caratterizzato molti decenni nel secolo scorso.
I danni del nazionalismo estremista, dell\'odio etnico, razziale e religioso si sono perpetuati, anche in anni a noi molto più vicini, nei Balcani, generando guerre fratricide, stragi e violenze disumane.
L\'Unione Europea è nata per contrapporre ai totalitarismi e ai nazionalismi del Novecento una prospettiva di pace, di crescita comune, nella democrazia e nella libertà.
Oggi, grazie anche all\'Unione Europea, in quelle zone martoriate, si sviluppano dialogo, collaborazione, amicizia tra popoli e stati.
Le stragi, le violenze, le sofferenze patite dagli esuli giuliani, istriani, fiumani e dalmati non possono essere dimenticate, sminuite o rimosse. Esse fanno parte, a pieno titolo, della storia nazionale e ne rappresentano un capitolo incancellabile, che ci ammonisce sui gravissimi rischi del nazionalismo estremo, dell\'odio etnico, della violenza ideologica eretta a sistema ».
Roma, 9 febbraio 2018
U ovogodišnjoj izjavi talijanski predsjednik Sergio Mattarella, odaslao je poruke u kojima je neizazvano, nepoticano, često i opstruirano iseljavanje iz tog razdoblja, okarakterizirao kao planirano etničko i nacionalno čišćenje.
Razdoblje od 1943. do 1945. na ovim prostorima Mattarella vidi kao nasilje nad nemoćnim talijanima od strane „titinovog komunizma“.
http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Comunicato&key=3539
Tim povodom, nevladina neprofitna organizacija Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia (CNJ) organizirala je 10. februara u Torinu konferenciju na kojoj je nastupilo veći broj povjesničara i politologa.
https://www.cnj.it/home/it/iniziative/8732-torino-10-2-2018-giorno-del-ricordo,-un-bilancio.html
Učesnici tribine ocijenili su riječi šefa države kao izvlačenje argumenata revanšističke pa čak i neofašističke propagande. Osim nejasnog priznanja „oštre okupacije tih krajeva“, učesnici tribine zamjeraju Mattarelli izraz „titinov komunizam“ kao neprihvatljivo ignoriranje povijesnih činjenica u funkciji dnevno-političke upotrebe.
Rezultati tribine, ističu učesnici, da je slučaj „fojbi“ sadržan u zakonu no. 92/2004 doprinesao stvaranju i konsolidaciji općeg dojma usmjerenog ka antikomunizmu i anti-antifašizmu čiji je cilj favoriziranje krivotvorene memorije umjesto neophodne, iako zakašnjele, preuzete odgovornosti.
Od čelnika države očekujemo mnogo više opreza, osobito u povijesno-političkoj fazi u kojoj je povratak fašizma sve izvjesniji i opasniji od „nacionalizma“, kako Mattarella oprezno piše, stoji u izjavi.
Suočeni s problemom otežanih mogućnosti istraživanja i nastupanja, znanstvenici prisutni na tribini u Torinu, zajedno s organizatorima i onima koji ih podržavaju, obavezali su se nastaviti sa započetim radom, istraživanjem, svjedočenjem, otkrićima i borbom.
11. II. 2018.
Vladimir Kapuralin
12 febbraio 2018
- L’aggressione contro Jugoslavia, Grecia e Albania scatenata dal regime fascista, che vide atrocità e stragi contro la popolazione civile;
- La complicità dei collaborazionisti italiani di Istria e Dalmazia nella repressione della Resistenza jugoslava;
- La vittoriosa controffensiva finale del 1945 dei partigiani jugoslavi (nei cui ranghi erano confluiti dopo l’8 settembre 1943, 40.000 soldati italiani) contro i fascisti croati, serbi e albanesi che coinvolse direttamente nella “resa dei conti” l’Istria e i tanti collaborazionisti italiani (e quanti rimasero indifferenti alla repressione contro i patrioti jugoslavi) i quali furono colpiti duramente e cacciati (un esodo che andrebbe spiegato all’interno della logica dei Trattati di pace, imposti a una nazione sconfitta).
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http://www.beoforum.rs/saopstenja-beogradskog-foruma-za-svet-ravnopravnih/893-okrugli-sto-o-kosovu-i-metohiji.html
Округли сто о Косову и Метохији
Sve članove i simpatizere pozivamo na prosvjed
22. 2. 2018. u 17 sati
Trg Republike Hrvatske / Trg maršala Tita
Organizatorima prosvjeda dajemo punu podršku u nastojanju da demokratiziraju upravljanje institucijom na kojoj se obrazuju.
Sveučilištem u Zagrebu se posljednjih godina upravlja netransparentno, procesi upravljanja su obilježeni korupcijom i nepotizmom. Ne poštuje se ni statut ni autonomija sveučilišnih sastavnica, krše se radna prava i pravo na profesionalno napredovanje u skladu s postignutim rezultatima. Sveučilište vodstvu, pojedincima i interesno umreženim grupama, služi za ostvarenje privatne koristi. Zagrebačko je sveučilište, zbog načina na koji se njime upravlja, izgubilo na kvaliteti, ali je izgubilo i bilo kakav javni legitimitet.
Studenti i profesori Filozofskog fakulteta pokazali su da se organiziranom akcijom korištenje pozicije moći može spriječiti. Njihovo zajedništvo i solidarnost mogu poslužiti kao uzor djelovanja na sveučilišnoj razini.
Upravljanje Sveučilištem mora se demokratizirati, studenti i profesori moraju sudjelovati u donošenju odluka, od izbora novog čelnika do svih onih odluka koje se tiču studentskih prava, uvjeta studiranja ili znanstvenog rada.
Svojim prosvjedom „Sveučilišna platforma“ upozorava na štetnost netransparentnog i nedemokratskog upravljanja Sveučilištem. Podržavamo ovaj prosvjed, kao i sve akcije kojima se traži demokratizacija upravljanja svim javnim institucijama. Uz to, dajemo punu podršku i svim drugim zahtjevima za očuvanje visokog obrazovanja kao javnog dobra dostupnog svima.
Sveučilište mora bolje!
Socijalistička radnička partija Hrvatske
Tribina grada Zagreba, Kaptol 27
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Minniti come Facta nel 1922
Macerata. Le istituzioni, oggi come ieri, non garantiscono il rispetto della legalità costituzionale e aprono i varchi al neofascismo, ritirandosi dalla piazza di Macerata. I fatti di Reggio Calabria del 1972 videro la risposta coraggiosa dei sindacati metalmeccanici di Trentin, Carniti e Benvenuto in piazza contro le bombe nere
su Il Manifesto del 13.02.2018
«Il fascismo è morto per sempre» sostiene il ministro degli interni. Mercoledì scorso, per Marco Minniti, ci avrebbe pensato il suo ministero dell’interno a impedire che la manifestazione antifascista di Macerata si facesse. Per fortuna alla fine il governo Gentiloni ha autorizzato tale manifestazione.
Minniti avrebbe dovuto ricordare che il 22 ottobre 1972, un suo predecessore, Mariano Rumor, l’allora ministro democristiano degli interni, consentì la più grande manifestazione antifascista nella nera Reggio Calabria: Minniti è nato proprio a Reggio Calabria, allora aveva 16 anni e si sarebbe iscritto alla Fgci.
Purtroppo oggi non si è ispirato a Rumor. E tantomeno si è ispirato al Pci del 1972. Minniti sembra incorrere nell’errore del presidente del consiglio Luigi Facta nell’ottobre 1922.
Il neofascismo oggi si ripropone per due ragioni.
In primo luogo lo Stato non garantisce il pieno rispetto della legalità costituzionale; il governo Monti e i successivi governi del Pd varano politiche di austerità alle quali si oppongono solo le destre razziste. E così l’operaio impoverito, l’esodato, lo sfrattato o il disoccupato votano a destra perché considerano il centrosinistra complice dell’austerità.
La memoria del 1900 dovrebbe aiutare su tre nodi.
1) DOPO IL 1945, la determinazione antifascista di Pci, Psi e Pri e il rispetto della Costituzione da parte della Dc hanno fermato il neofascismo. Non l’ignavia, bensì il coraggio ha fermato il neofascismo.
Ecco un celebre esempio. Dopo le prime elezioni regionali del 1970 il governo nazionale avrebbe voluto nominare Catanzaro capoluogo della regione Calabria.. Al contrario i reggini volevano la loro città capoluogo.
Dall’agosto 1972 il sindacalista della Cisnal, Ciccio Franco, guidò a Reggio Calabria la rivolta neofascista del “boia chi molla”, rivolta che ambiva a rappresentare gli emarginati da destra. Squadristi fascisti assaltarono sezioni del Pci, del Psi e la Camera del Lavoro. Nel contempo il Fronte Nazionale, Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale presero parte ai cosiddetti “moti di Reggio Calabria”: il 22 luglio 1970 a Gioia Tauro una bomba fece deragliare il treno “Freccia del Sud” e morirono 6 persone.
Il 4 febbraio 1971 venne lanciata una bomba contro un corteo antifascista a Catanzaro. Malgrado le bombe e il terrore fascista fossero ben più pericolosi del nazista Luca Traini oggi, Claudio Truffi, leader degli edili Cgil, Bruno Trentin, Pierre Carniti e Giorgio Benvenuto, alla guida dei metalmeccanici di Cgil, Cisl e Uil, organizzarono due cose a Reggio Calabria: una Conferenza sul Mezzogiorno e una grande manifestazione di solidarietà al fianco dei lavoratori calabresi il 22 ottobre del 1972.
I neofascisti provarono ad impedire ai manifestanti di arrivare a Reggio Calabria: nella sola notte tra il 21 e il 22 ottobre 1972 otto bombe furono poste sui treni che portavano i metalmeccanici da tutta Italia a Reggio Calabria.
Cgil, Cisl e Uil non ebbero paura. Oltre 40000 manifestarono a Reggio Calabria. Giovanna Marini immortalò il coraggio degli operai e degli edili nella sua celebre canzone “I treni per Reggio Calabria”. Oggi cosa rimane di quel coraggio?
2) NEL 1922 UN’IGNAVIA analoga a quella attuale e la complicità della monarchia portarono il fascismo al potere. Di fronte a Mussolini che organizzava la marcia su Roma, il presidente del consiglio Luigi Facta molto tardivamente nella notte del 27-28 ottobre 1922 stilò e proclamò lo Stato d’assedio.
Secondo lo storico Aldo Mola, autore del saggio Mussolini a pieni voti? Da Facta al Duce, la mattina del 28 ottobre, Facta, a colloquio con il re Vittorio Emanuele III, esordì con le seguenti parole: «Mi creda, maestà, basterebbero quattro cannonate a farli scappare come lepri».
Il re si rifiutò di firmare lo Stato d’assedio e chiese al Generale Diaz, Capo di Stato Maggiore, se l’esercito sarebbe rimasto fedele alla corona in caso di repressione delle camicie nere. Diaz rispose al re così: «L’esercito farà il suo dovere, come sempre, ma è meglio non metterlo alla prova».
Al contrario, qualora l’esercito avesse bloccato la Marcia su Roma ci saremmo risparmiati vent’anni di dittatura.
3) IL CONSENSO AL NEOFASCISMO e alle destre razziste ha origine nel neoliberismo.
Oggi l’austerità europea è l’ostetrica di nuovi fascismi come il Trattato di Versailles del 1919: esso, vessando economicamente la Germania dopo la prima guerra mondiale, favorì l’ascesa di Hitler durante la Repubblica di Weimar.
I nazisti prevalsero non tanto per l’esplosione dell’inflazione bensì per l’alta disoccupazione.
Oggi l’austerità dei vincoli Ue di bilancio in Italia produce esodati (riforma Fornero) disoccupati e precari dei voucher: costoro, i colpiti dalla crisi, ritenendo il centrosinistra corresponsabile dell’austerità, voteranno Salvini e Meloni.
L’austerità morde anche in Germania.
Analogamente, chi guadagna 450 euro al mese con i minijobs non vota più la Spd di Schultz perché ricorda che i minijobs sono stati ideati dall’ex manager Wolkswagen Peter Hartz e varati dall’ex cancelliere socialdemocratico Schroeder.
Nel 2018 la situazione si incrudelirà per poche semplici ragioni.
L’addendum della Bce di ottobre impone indirettamente alle banche italiane la svendita dei loro crediti deteriorati ai fondi avvoltoio; essi compreranno aziende in crisi e faranno licenziamenti; rileveranno mutui non pagati, acquisiranno le case su cui insistevano i mutui e sfratteranno i morosi. Quindi aumenteranno sfratti e licenziamenti.
Nel contempo il Presidente della Bundesbank Weidmann chiede alle banche italiane di svendere i loro Btp, i titoli di Stato italiani, e comprare Bund, i titoli di Stato tedeschi..
Tale operazione farà aumentare lo spread Btp-Bund e i tassi di interesse sul nostro debito e imporrà nuovi tagli alla spesa pubblica. Infine i tedeschi vogliono trasformare il Meccanismo Europeo di Stabilità, l’ultimo strumento Salva-Stati, in Fondo monetario europeo affidandolo ad un teutone.
Non si fidano della Commissione europea considerata troppo flessibile.
Il Fondo monetario europeo sarà il definitivo cavallo di Troia della Troika in Italia.
Le manovre di finanza pubblica saranno risibili e l’intervento dello Stato azzerato. Se le classi dirigenti di sinistra accettano tutto ciò e lasciano la lotta contro l’austerità alle destre si candidano alla scomparsa.
E spalancano le porte al neofascismo.
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– 2004-2016: Piero Fassino tra i principali ispiratori della Legge che consente di onorare la memoria dei nazifascisti uccisi sul confine orientale
Torino 10/2/2018: Giorno del Ricordo, un bilancio
Si terrà il giorno sabato 10 febbraio 2018 a Torino, presso il caffé Basaglia, in via Mantova 34 dalle ore 10 alle 17.30, il convegno nazionale: GIORNO DEL RICORDO, UN BILANCIO
*** Come già successo in molti altri casi, su questi temi le istituzioni, imponendo per legge (proprio in virtù della Legge n.92 del 2004) una certa scrittura della Storia, hanno cercato di negare la parola agli studiosi non allineati. Attraverso la stampa siamo stati infatti informati che il Comune di Torino ed il Direttore del Museo delle ex Carceri \"Le Nuove\" hanno ceduto alle pressioni di quel gigante della politica italiana che risponde al nome di Maurizio Gasparri negando la sala conferenze già prenotata. È precisamente questo il tema del Convegno, la cui attualità e pregnanza è dunque così dimostrata per l\'ennesima volta. Perciò esso si tiene ugualmente, ma in una sala diversa, non istituzionale. ***
Obiettivo dell\'iniziativa, promossa dalla associazione Jugocoord Onlus e dalla rivista di storia critica Historia Magistra, è una analisi delle conseguenze della istituzione del \"Giorno del Ricordo\" (Legge n.92 del 2004) e delle sue celebrazioni sino ad oggi. Attraverso qualificate relazioni scientifiche saranno investigate le ricadute dell\'inserimento del \"Giorno del Ricordo\" nel calendario civile della Repubblica, che appaiono molto pesanti a livello politico, culturale e di autopercezione identitaria della Nazione, nonché a livello didattico-scientifico e financo per le casse dello Stato. Per converso, ad oggi il numero totale delle persone alla cui memoria sono stati attribuiti i riconoscimenti previsti dalla Legge è di appena 341, di cui \"infoibati\" in senso stretto una minima frazione, mentre la gran parte di queste figure sono appartenenti alle forze armate o personale politico dell\'Italia fascista, senza contare gli episodi che non hanno niente a che fare con la narrazione ufficiale delle \"più complesse vicende del confine orientale\" cui si riferisce la Legge. Tutto ciò considerato, il 2 aprile 2015 la stessa Segreteria Nazionale dell\'ANPI chiese di interrompere quantomeno l\'attribuzione di onorificenze e medaglie della Repubblica, mentre nel 2017 numerose personalità antifasciste in una Lettera Aperta al MIUR hanno invocato un drastico cambiamento di rotta rispetto alla modalità revisionista e rovescista con cui l\'argomento è trattato nelle scuole.
Al convegno sono previsti gli interventi di Bruno Segre, Umberto \"Eros\" Lorenzoni, Angelo Del Boca, Angelo D\'Orsi, Alessandro \"Sandi\" Volk, Gabriella Manelli, Marco Barone, Nicola Lorenzin, Davide Conti, Claudia Cernigoi, Alessandra Kersevan. A seguire dibattito.
Promuovono:
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia Onlus
rivista Historia Magistra
Hanno aderito finora:
ANPPIA (Ass. Naz. Perseguitati Politici Italiani Antifascisti) nazionale e sezioni di Torino, Genova e Cuneo
comitati ANPI (Ass. Naz. Partigiani d\'Italia) Regione Piemonte e Province di Treviso e Brescia, sezioni ANPI di Grugliasco (TO), sez. Chivasso (TO), sez. Montebelluna A. Boschieri \"D\'Artagnan\"(TV), sez. Casale Monferrato (AL), sez. Avigliana (TO), sez. Bassi Viganò Milano, sez. Valle Elvo e Serra “Pietro Secchia” (BI)
AICVAS (Ass. Italiana Combattenti Volontari Antifascisti di Spagna)
CIVG (Centro Iniziative Verità e Giustizia)
Centro Studi Italia-Cuba
Comitato di lotta antifascista antimperialista e per la memoria storica (Parma)
Redazione di Marx21.it
Casa Rossa Milano
Comitato contro la guerra Milano
Evento facebook: https://www.facebook.com/events/2130527923900021/
La locandina in formato PDF: https://www.cnj.it/home/images/INIZIATIVE/torino100218/torino100218_loc.pdf
Rassegna Stampa: https://www.cnj.it/home/it/iniziative/8732-torino-10-2-2018-giorno-del-ricordo,-un-bilancio.html#rassegna
Il punto di vista moderato di Pupo, sostanzialmente equidistante tra la nostra impostazione critica e la impostazione entusiastica della \"lobby degli esuli\", non impedisce all\'autore di constatare le vere conseguenze della istituzione del \"Giorno del Ricordo\" ed anzi di rilevare come fosse << facile prevedere [che] qualcosa di grave sarebbe prima o poi accaduto >> ...
Pubblichiamo la lettera aperta del presidente dell’Istituto Provinciale di Storia del Movimento di Liberazione e dell’Età Contemporanea di Pordenone (12 febbraio 2017):
Gentili consoci e amici,
mi pare intollerabilmente penoso (oltre che un pessimo esempio per i più giovani) lo spettacolo offerto in questi giorni da una politica tutta intenta a coltivare, con cura degna di miglior causa, la mala pianta dell’abuso pubblico della storia; mala pianta cresciuta nel brodo di coltura dell’ignoranza e della smemoratezza collettive (cause prime di gran parte delle nostre disgrazie nazionali).
“Negazionismo”? L’unico noto è quello di chi, su posizioni politiche di estrema destra, nega la Shoah. Nessuno, che si sappia, nega le drammatiche vicende delle foibe e del successivo esodo degli italiani dall’Istria e dalla Dalmazia. Semmai, si mette in discussione l’entità delle vittime e delle persone coinvolte, il cui numero non è incontrovertibilmente accertato, ma che non può essere dilatato a dismisura, né ridotto oltre ogni evidenza, a seconda della convenienza “di bottega” politica.
Tali vicende sono state piuttosto troppo a lungo occultate dai governi del nostro Paese per convenienza di Stato e per evitare opportunisticamente di rispondere delle vessazioni e delle atrocità commesse dall’Italia fascista (e non solo) ai danni delle popolazioni slave di quest’area.
La lunga, complessa, misconosciuta, ma fin troppo dolorosa storia del confine orientale d’Italia dovrebbe suggerire a tutti, e ai politici in primis, di trattarla con la massima consapevolezza e prudenza, proprio per il doveroso rispetto delle vittime, che non sono soltanto quelle delle foibe e dell’esodo.
Cordialmente,
Angelo Masotti Cristofoli
Altre iniziative segnalate su questi stessi temi:
TRIESTE 8 febbraio 2018, dalle ore 17:00 presso il Bar Knulp, Via Madonna del Mare 7/a
QUANDO IL RICORDO DIVENTA APOLOGIA DEL FASCISMO
Le conseguenze politiche e di revisione storica dell\'istituzione del Giorno del Ricordo. Parliamone con i candidati di Potere al Popolo Marco Barone e Claudia Cernigoi
Organizza Potere Al Popolo Trieste – evento FB: https://www.facebook.com/events/338208096675876/
MILANO 9 febbraio 2018, alle ore 17:30 c/o SEDE ANPI CRESCENZAGO, PIAZZA COSTANTINO
INCONTRO SULLA L.92/2004 CHE ISTITUISCE IL “GIORNO DEL RICORDO”
https://www.facebook.com/anpi.crescenzago.milano/photos/a.1409283952711273.1073741859.1398096627163339/1774923016147363/?type=3&theater
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[Ricordiamo che a Torino si tiene anche, il giorno prima 10 febbraio 2018, l\'importante convegno sul \"Giorno del Ricordo\": https://www.cnj.it/home/it/iniziative/8732-torino-10-2-2018-giorno-del-ricordo,-un-bilancio.html ]
A Torino e Bologna due iniziative sullo scoppio della Prima Guerra Mondiale
L’attentato di Sarajevo (28 giugno 1914) ad opera del giovanissimo patriota jugoslavo Gavrilo Princip è usato dall’Austria-Ungheria come pretesto per la aggressione alla Serbia e lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Prima ancora che l’Italia entri in conflitto, nell’agosto dello stesso anno, sette italiani ispirati a ideali garibaldini e internazionalisti partono volontari per combattere al fianco dei Serbi: in cinque periranno al primo scontro...
\"1914. FRATELLANZA GARIBALDINA TRA ITALIA E SERBIA-JUGOSLAVIA\"
Ripercorriamo gli eventi attraverso le opere dei registi
Nikola Lorencin: I SETTE DELLA DRINA (Serbia 2016)
Eric Gobetti: SARAJEVO REWIND 1914-2014 (con Simone Malavolti, Italia 2014)
Presentazione da parte dei registi stessi, presenti in sala.
Introduzione di Andrea Martocchia (segretario, Jugocoord Onlus).
A TORINO, domenica 11 febbraio 2018
alle ore 21 presso la Associazione Piemonte-Grecia, Via Cibrario 30 bis
A BOLOGNA, martedì 13 febbraio 2018
alle ore 20:30 presso il centro culturale Costarena, Via Azzo Gardino 48
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