Informazione
3 ottobre 1990 - 3 ottobre 2004
Quattrordici anni fa la annessione della DDR alla Rep. Fed. Tedesca
1. Quando cade il Muro... (Tonino Bucci, da Liberazione del 7/8/2004)
2. Germany: Ostalgia for the GDR. NO CHANCE TO MOURN ITS PASSING (P.
Linden, D. Vidal, B. Wuttke, Le Monde diplomatique, August 2004)
VEDI ANCHE:
ERICH HONECKER: AUTODIFESA DINANZI AL TRIBUNALE DI BERLINO
http://digilander.libero.it/lajugoslaviavivra/CRJ/DOCS/honeck.html
L'INNO NAZIONALE DELLA DDR:
http://www.olympic.it/anthems/gdr.mid
SEE ALSO, IN ENGLISH:
East Germans display deepening discontent (by Bertrand Benoit)
http://news.ft.com/cms/s/a49a9e54-f52b-11d8-85e9-00000e2511c8.html
dpa: East Germans say communism is a good idea
http://www.expatica.com/source/
site_article.asp?subchannel_id=52&story_id=10955
=== 1 ===
http://www.liberazione.it/giornale/040807/archdef.asp
Quando cade il Muro...
Quando cade il Muro, Jana Hensel ha soltanto tredici anni e vive a
Lipsia, una della maggiori città dell'allora Ddr, la Germania
orientale. Quasi non c'è il tempo per rendersi conto del precipitare
degli eventi. In men che non si dica un intero mondo crolla. Soltanto
dopo oltre un decennio - e metà della propria vita trascorsa nella
"nuova" Germania - Jana Hensel
realizza di non essere più in grado di ricordare il tempo prima della
Wende, della svolta.
La Germania di oggi si muove tra l'immagine pacificata di un paese
finalmente riunificato, senza più conti in sospeso col passato, e la
ricerca tormentata di un'identità collettiva dalla quale buona parte di
tedeschi sono tuttora esclusi, come stranieri in patria. Come una sorta
di fiume carsico improvvisamente tornato in superficie, è esploso negli
ultimi anni il problema della memoria, della raccolta di ricordi e
testimonianze sulla quotidianità della vita nella Ddr, persi via via
per strada. Ad incarnare questa tendenza non è soltanto quella moda
conosciuta con il neologismo di «ostalgia», che spinge molti tedeschi a
collezionare vecchi simboli e oggetti d'uso quotidiano della Germania
dell'Est. Si tratta, piuttosto, di un fermento più diffuso che ha nella
letteratura e nel cinema i suoi momenti di maggiore espansione e che
pure fatica a valicare i confini tedeschi - se si fa eccezione per il
film "Goodbye Lenin" del regista Wolfgang Becker che ha riscosso
successo anche in altri paesi europei.
Quegli «ultimi giorni della nostra infanzia dei quali, naturalmente,
non sapevo allora che fossero gli ultimi, sono per noi oggi una specie
di porta in un altro tempo che ha il sapore di una fiaba e per il quale
non ci è possibile trovare le parole giuste». Questa frase di Jana
Hensel, tratta dal romanzo Zonenkinder che le è valso, nonostante la
giovanissima età, una notevole popolarità in Germania, mette il dito
sulla piaga. Fare i conti con l'identità tedesca significa anzitutto
affrontare un problema letterario, «trovare le parole giuste» per
descrivere un passato e un'infanzia definitivamente perdute.
«Come tutto il nostro paese aveva desiderato non è rimasto nulla della
nostra infanzia e all'improvviso, quando siamo cresciuti e ci sembra
già troppo tardi, mi rendo conto di tutti i ricordi persi. Ho paura di
conoscere poco il terreno sul quale cammino, di aver guardato raramente
indietro e sempre davanti. Vorrei di nuovo sapere da dove veniamo, così
mi sono
messa alla ricerca dei ricordi smarriti e delle esperienze sconosciute,
anche se temo di non trovare più la strada all'indietro».
Da qui prende corpo un viaggio nella memoria, un sentiero narrativo che
attraversa diversi momenti della quotidianità della Ddr: la scuola, il
rapporto genitori-figli, l'architettura delle città, i trasporti,
l'educazione, l'amore, l'amicizia, lo sport. E tuttavia l'impresa non
ha una chiara marca politica, è piuttosto un flusso di ricordi che si
sottrae alla trappola della censura o del divieto di parlare dell'Est
se non in termini di demolizione. «Quelli dell'Ovest - spiega Hensel in
un'intervista - si fanno sempre forti della domanda "perché raccontate
la Ddr in maniera naif? Perché non prendete posizione?" Non ho più
voglia di difendermi dall'accusa di "ostalgia". La Ddr è stata già
indagata criticamente a tutto campo, messa in scena, persino
musealizzata. Si ha la sensazione che tutti quanti o lavoravano per la
Stasi o attaccavano manifesti. Che sia esistita una
quotidianità reale, concreta: questo dobbiamo raccontare».
E' una quotidianità raccontata senza pudori e celebrazioni, afferrata
in dettagli all'apparenza insignificanti, come quando «dopo il crollo
del Muro scomparirono per primi i quadri di Lenin e Honecker dall'aula
scolastica» e «gran parte dei compagni di classe» si misero in viaggio
con i genitori per «prendersi il soldo del benvenuto», seguiti ben
presto anche dagli insegnanti. Spariscono anche i «sabati», le giornate
di mobilitazione e di lavoro volontario, le raccolte di alimenti per la
rivoluzione sandinista, le manifestazioni di solidarietà per Nelson
Mandela.
Con Jana Hensel, un'intera generazione di autori nati nella Ddr intorno
al 1970 si è resa visibile con un'esplosione di testi di narrativa che
affrontano il rapporto tra est e ovest a partire dalle medesime
categorie esistenziali e biografiche. Julia Schoch, classe 1974,
descrive nei suoi racconti - pubblicati nella raccolta Il corpo della
salamandra - i conflitti interni a una
generazione in cerca di felicità e benessere, che si imbatte però, ogni
volta, nei ricordi dell'ex Ddr.
Jacob Hein, classe 1971, ritorna sulla propria gioventù nel volume di
racconti La mia prima T-Shirt, mentre il romanzo d'esordio di André
Kubiczek (classe 1969) Giovani talenti tratteggia l'orizzonte culturale
dell'ultima fase di vita della Ddr. In tutti domina però una percezione
comune, una crescente disillusione nei confronti delle aspettative che
in tanti, dopo il crollo del Muro, avevano nutrito verso le sirene del
capitalismo occidentale. L'amara scoperta che l'ideologia continua a
dominare incontrastata proprio laddove tutti ne decretano la scomparsa.
Tonino Bucci
=== 2 ===
http://mondediplo.com/2004/08/04ostalgia
Le Monde diplomatique, August 2004
NO CHANCE TO MOURN ITS PASSING
Germany: Ostalgia for the GDR
Germany is now in economic distress; the Socialist-Green coalition in
power is selling off public assets and dismantling the social welfare
system. Unemployment, especially in what was East Germany, is high. No
wonder the Easterners are nostalgic for their protected past.
by Peter Linden and Dominique Vidal and Benjamin Wuttke
GEORGE Tabori recently staged Gotthold Lessing’s The Jews for the
Berliner Ensemble and added a few lines of his own: "Ah, the good old
days - alas, long gone, by the grace of God." Was he thinking of
Ostalgia, the ambivalent nostalgia felt by many former citizens of East
Germany (1)?
Marianne Birthler presides over a mound of paper, old files belonging
to the Stasi, the state security arm of the former German Democratic
Republic (GDR). She says about the Ostalgic movie Good Bye, Lenin!: "I
have happy memories of particular tunes or objects. But I don’t feel
any nostalgia for the GDR." She thinks Ostalgia is a reaction by "those
who think any criticism of socialism undermines their own life
history". Sigmund Jähn, a former cosmonaut who was "president" of East
Germany in Good Bye, Lenin!, sees Ostalgia as "the expression of an
American-style lack of true culture. They [West Germans] focus on
making money . . . leaving East Germans to calm down, stewing in their
own juice."
Professor Jens Reich (2) does not dispute his fellow citizens’
attachment to their past but sees it as "a passing fad exaggerated by
the media". After the fall of the Berlin wall those in favour of
democratic transformation of the GDR, including the Greens, only picked
up 5% of votes. He adds: "The remaining 95%, who wanted an end to
communism, shouted us down." He thinks Ostalgia marks the "deliberate,
collective end of an epoch". The last chance to reform communism had
been wrecked in 1968 when Soviet forces crushed the Prague spring.
The writer Thomas Brussig says the GDR "disappeared without us having a
chance to mourn its passing. Ostalgia is a delayed reaction . . .
Nostalgia is part of human nature. Everyone likes to remember their
youth. The passing of time makes everything rosier." Particularly as
the official line is that there was nothing worth keeping in the GDR
besides the green arrow traffic signal (3). Brigitte Rauschenbach, a
lecturer at the Freie Universität Berlin, is convinced that mourning
will never be complete until "former East Germans acknowledge the
ambivalence of their feelings about the regime". In 1945 people felt a
subconscious mixture of love and hate for Hitler. "Ostalgia", she adds,
"is more like unfocused melancholy."
Jana Hensel had a major success with her book Zonenkinder (4), which
she believes helped "to bridge the gap between individual and
collective memories": her fellow citizens at last realised that "their
story was not of marginal interest but a key issue". Whether they
stayed in the East or moved West, each is trying to find traces of the
GDR in songs, food or broadcasts.
Surprisingly Egon Krenz, the last president of the GDR, now out of
prison (5), is dismissive. In his modest home on the Baltic coast he
starts by emphasising the negative side of Ostalgia. Rather than really
testing memories, it is a "caricature . . . making fun of life in the
GDR". Stefan Arndt, the producer of Good Bye, Lenin!, uses the same
term: "People caricature things, saying ’Their cola was awful,’ ’They
never had any bananas’ or ’That ghastly wallpaper’ but there’s no
mention of real life." Krenz acknowledges that there is a good side to
Ostalgia: "People who lived in the East have experienced two types of
society and can compare them." At least 17 million people know there
was more to the GDR than "Trabants or the Stasi . . . Despite all the
things that turned out badly everyone had work, with cheap housing and
a good health service free of charge . . . They miss all those
benefits."
Peter Ensikat, a cabaret artist, sees the trend as a "reaction to what
has happened since the wall came down". People in the East "threw
everything away without thinking . . . All they wanted was to join West
Germany, though they knew nothing about it beyond its ads on
television".
So perhaps the nostalgia is a combination of disappointment with the
present and longing for the past. Wolfgang Herr, a journalist, says:
"The more you get to know capitalism the less inclined you are to
wonder what was wrong with socialism." Cynics will comment that this is
because he used to work for the communist daily Neues Deutschland. But
many Ossis say it wasn’t all so bad then and it’s not that great now.
We spoke to two other journalists, Gerhard Leo, 81, and his grandson
Maxim, 34. Gerhard thinks Ostalgia reflects "the rejection of the new
society by a steadily increasing number of East Germans, who are so
desperate they forget the shortcomings of the GDR." Maxim justifies "a
legitimate desire to defend a lifestyle that has disappeared" but also
refers to "memories of a GDR that never existed". Gerhard thinks that
the socialist principle of secur ity for all should apply in western
society. Maxim disagrees, convinced it came at too high a price in
freedom and efficiency: "Security rhymes with mediocrity. If you deny
people success, you stifle the driving force behind society. If they
achieve prosperity it can be redistributed afterwards."
Christian Schletze, a young member of the IG Metall trade union, is
still looking for the rosy future promised by Chancellor Helmut Kohl.
He says: "The economy in my area was destroyed and with the shortage of
funds the schools, health service and arts centres no longer work
properly." What happened to the €1,250bn invested in the Länder of the
former GDR, where there are now only 6m jobs, compared with 9.7m in
1989? Journalist Renate Marschall remembers how people were convinced
hard work was all that was needed and how hurt they were to discover
the truth. They were told: "We don’t need your skills any more. We have
no use for you." Instead of the promised 30 years of prosperity and
growth they had 10 years of disaster.
Rita Kuczynski has published two collections of interviews with former
Ossis (6). She thinks reunification marked "the beginning of the end
for the welfare state" and sees a similarity between "the present
stagnation of the GDR and the Federal Republic of Germany in the
1980s". That is why there is no justification for Ostalgia: "Why did 4
million people move out? It went bankrupt."
Irene Dolling, a teacher at Potsdam University, says of women’s rights:
"In the East women went out to work; in the West they stay home and
mind the kids." In the GDR women had to do much of the housework too,
but rising unemployment and the disappearance of many kindergartens has
undermined the relative liberation of work: "In the GDR 86% of all
women worked. Now only 56% do." The birth rate has been halved in 15
years, plummeting to the 1929 level. Stefan Arndt says: "Single mothers
with kids managed quite well in the GDR. Now they are in danger of
falling into the poverty trap. Even if they manage to find a space in a
kindergarten, it opens at 9am and closes at 2pm. You can’t make a
living working only three or four hours a day."
Reich thinks Ossis miss "a peaceful, congenial lifestyle without
competition, hinging on the family" much more than the welfare system:
during morning and afternoon breaks at work everyone had a chance to
chat. Wolfgang Engler, lecturer in the sociology of culture at a drama
school, explains: "East Germans adjusted very well to a collective
lifestyle including their workplace and the kindergarten. Their ego
could flourish between individual and collective demands, with the
group having to strike a balance at all times." Too much pressure from
the authorities threatened the group. Too much pressure from below
threatened the state. He adds: "The awareness of togetherness nourished
a sense of solidarity."
And security, adds Pascal Thibault, a French journalist working in
Berlin. He believes that because of their history Germans have come to
fear the future. He explains: "For the French the worst is never
certain to happen, for the Germans it’s always a possibility." What
Ossis miss most is the tranquillity of the GDR, described by writer
Volker Braun as the most boring country in the world. But says Enkisat,
it’s a boredom that "the homeless, jobless and temporary workers really
miss". It was a niche society. Everyone, providing they stayed within
limits, could enjoy "a safe, mediocre existence without being bothered
by the system . . . It was easier then to escape the pressures of
bureaucracy than it is now to avoid the pressures of money." Ossis feel
just as powerless as before. Enkisat concludes: "Of course we can make
a fuss, but what’s the point?"
Almost no one referred to the wall and the Stasi. Those most hostile to
the communist regime talked of a second dictatorship, although the
comparison is absurd. (The first dictatorship of the Nazi regime, and
the second world war, killed 60 million people, including several
million genocide victims.) Birthler’s statistics are impressive,
though: drawing on an army of informers (perhaps 2% of the nation), the
Stasi compiled some 40m files whose contents covered half the
population. There were 250,000 political prisoners.
"If you weren’t politically active you never met the Stasi," says Marie
Borkowski, the widow of a dissident who spent many years in prison.
People were exclusively concerned with their own affairs and knew
nothing of what was going on. Kuczynski agrees that it was possible to
spend your whole life without problems, providing you played by the
rules. Brussig agrees: "All you had to do was not attract attention,
not tell jokes against the system." According to Herr: "Telling jokes
about Honecker [Communist party leader for many years] could lead to
serious trouble, but calling your foreman at work a fool was OK.
Nowadays anyone can call [Chancellor] Schröder names, but not their
supervisor, unless they want to get the sack."
Some are amazed anyone hankers after a grey communist past. Birthler
remarks: "Slaves can’t do anything wrong - and not everyone likes
freedom." Brussig theorises: "Many people are afraid of freedom. They
would rather be safe." He adds that the communist regime suited people
"you wouldn’t want to talk to for more than half an hour - emotional
and intellectual primitives". Iris Radisch, a literary critic, praises
Wolfgang Hilbig, the first writer to describe the GDR "as it really was
- dead, cold and grey" (7). The painter Jens Bisky uses the term
Duldungstarre to describe the Ossi mindset. It’s an almost
untranslatable word used by farmers to describe the look of sows who
are paralysed by the pheromones of the hog as they wait to mate (8).
Dazed and seduced, perhaps.
Intellectuals, Hensel says, "wanted to restore democracy in the GDR and
failed". They blame the people. "They have no idea what 35%
unemployment means, wrecked lives and a country gone bust." Engler
thinks the snobs’ scornful attitude to ordinary people is "unbearable.
As if they wanted to make Ossis pay for their own failure in 1990. They
hate the people who didn’t vote them into power, preferring
reunification and the Deutschmark" (9).
The other peoples of liberated eastern Europe were able to keep their
nation states, but not the East Germans. The GDR disappeared and
advocates of reunification did their best to remove all trace of its
existence. "Our country no longer existed and nor did we," says Maxim
Leo. His grandfather blames it on the western legal system: "A third of
Ossis had to leave their homes, re appropriated by someone from the
West. But not a single one of us benefited from this law - not even
Jews dispossessed by the Nazis."
This is grist to the Ostalgic mill. Anja Weinhold was hurt by the
closure of DT64, a popular radio station: "In our village it was the
only link with the outside world.When it stopped I felt like a
foreigner in my own country." Even the Ossis’ favourite chocolate bar,
Raider, was renamed Twix. Vincent Von Wroblewski, a philosopher, says:
"By denying our past, they stole our dignity."
For Michael Gauling, former contributor to the satirical weekly
Eulenspiegel, there is a different Ostalgia for each generation: "Young
people focus on the 1989-90 revolution which failed but left a deep
impression." Gerhard Leo remembers those feverish months, torn between
the advocates of democracy and their slogan, "We are the people" and
those in favour of reunification, who replied "We are one people". The
GDR was awash with democratic process, flyers, meetings and
demonstrations. Some people still say "if only it could have lasted".
But, Leo adds, the Deutschmark prevailed over "the revolution that so
many, including communists, had so long awaited". Kuczynski says many
in the West wanted it too: "The leftists involved in the student
uprisings of the late 1960s were counting on the GDR." When the wall
fell, they thought it marked the start of the revolution. "After
reunification they complained: ’But why did you sacrifice the
alternative society?’ "
Ostalgia does not only concern the past. We talked to students in a
cafe on Rosa Luxemburg Platz. Uwe Lorenz, computer scientist, said: "In
the East the future looks promising for organisations campaigning for
an alternative global market, especially Attac." The new Länder are
more active opponents of Schröder’s attempts to dismantle the welfare
state than their western counterparts. They are also the first to
suffer. In Berlin even Humboldt University, in the East, now has bigger
strikes than the Freie Universität. Luigi Wolf, a student of political
science, is adamant: the anti-war movement is more radical in the GDR.
"The Ossis", explains Lorenz, "can draw on a clearer identity than
people in the West, having experienced a form of socialism. If they
think up another form, everything will change." Schelze interrupts,
saying that they know what kind of socialism they want "having been
subjected to Stalinism . . . My grandfather used to say: ’The GDR isn’t
a socialist state.’ It’s yet to be achieved. We thought it could be
done in 1989 and we are still fighting for it." He is convinced that,
with their experience, Ossis have huge potential. Lorenz rejects any
comparison of Stalinism and capitalism, explaining: "The GDR was a
bureaucratic workers’ state, but it was also more egalitarian."
Weinhold is less optimistic. On the basis of past experience, only 2%
of Ossis think they can exert any influence on politicians. The
communist regime did not listen to them, and its capitalist successor
has turned them into second-class citizens. Ostalgia, she adds, "helps
them to regain confidence", rehabilitating the parts of their past that
deserve to be saved and defended by collective action: "I know what I
feel proud of and want to win back, but also what I don’t want any
more." Lorenz is not so sure: "Another world is possible, but how is it
to be achieved? There are only a few answers to such questions and any
reference to Eastern bloc countries is taboo."
Someone shouted: "We should reconcile the movement of emancipation and
our utopian ideals." Von Wroblewski has no intention of giving up his
socialist ideals "but you have to make it clear what can and can’t be
done". Commenting on the speed with which Ossis have matured, he says:
"History has cheated them so many times they have no illusions left."
Resignation, a complete lack of interest in politics, and xenophobia
are dominant attitudes. And what does he think of the 25% of the
electorate who vote for the Party of Democratic Socialism (PDS), the
rebranded Communist party? He believes that it reflects the social
malaise, rejection of change and longing for the past. Lacking a
plausible alternative, even intellectuals focus all their energy on
careers, trying to find a cosy niche and adapt to the system. If
anything, he suggests, Ostalgia is a "flight from reality for lack of
an alternative".
Engler thinks an alternative is taking shape: "My optimism has grown
out of the present crisis. More and more people are going to refuse to
accept the consequences." He is convinced of the need for radical
social reforms, unthinkable under the present system, and sees the
GDR’s good points as "a utopian possibility based on the satisfaction
of human needs" (10). That is why the memory of 1989-90 is important, a
time when everyone - workers, farmers and intellectual - discussed
everything. As the former cosmonaut Jähn says: "Doesn’t everybody want
a country providing work and justice for all?" He misses its humanism
and dreams "of a society based on social justice, devoted to education
and culture, without any exaltation of violence". He adds: "We are
further away from that goal now than we were." Dieter Borkowski, a
dissident, says, "No one likes to say goodbye to the dreams of their
youth."
Bertolt Brecht wrote in a 1953 poem, Der Radwechsel: "I am sitting
beside the road/ The driver is changing a wheel/ I don’t like where I
am/ I don’t like where I am going/ Why do I watch the changing of the
wheel/ With impatience?"
See also :
Retro fittings, by Benjamin Wuttke,
The museum of GDR daily life, by Peter Linden.
* Peter Linden and Benjamin Wuttke are journalists based in Munich and
Berlin
(1) As in Ost Deutschland. Its citizens are still called Ossis.
(2) Co-founder of New Forum Political Movement in 1989 and member of
parliament until German unification in 1990.
(3) For vehicles filtering right at traffic lights.
(4) Zone kids, a reference to the Soviet zone, as the GDR was often
called.
(5) He was found guilty, without proof, of giving the order to fire on
people trying to escape from the GDR and was sentenced to six and a
half years in prison. He served four, the last two in a day-release
centre. He owes the state€500,000.
(6) Die Rache der Ostdeutschen (The vengeance of East Germans) and Im
Westen was neues? (What’s new in the West?), Parthas, Berlin, 2002 and
2003.
(7) Literaturkritik.de, n° 3, March 2002
(8) Berliner Zeitung, Berlin, 11 March 2004.
(9) The Berlin wall fell in November 1989. In the elections in March
1990 the eastern branch of Kohl’s Christian Democrat party, in favour
of reunification, won an easy majority, defeating the civil rights
activists who advocated a separate, but democratic state. The first
pan-German elections were held in December.
(10) In the East the most highly rated values are order, security,
justice, freedom, solidarity and equality. See Wolfgang Engler, Die
Ostdeutschen als Avantgarde, Aufbau-Verlag, Berlin, 2002.
Translated by Harry Forster
ALL RIGHTS RESERVED © 1997-2004 Le Monde diplomatique
Data: Sab 2 Ott 2004 18:27:51 Europe/Rome
A: icdsm-italia@ yahoogroups.com
Oggetto: [icdsm-italia] Parodie de justice à La Haye
Parodie de justice à La Haye
1. Lettre ouverte de Christopher Black, président du Comité légal de
l’ICDSM
2. Lettre d'un groupe de témoins des Etats-Unis au président Slobodan
Milosevic
3. Refus de participer au 'procès' en tant que témoin de Léonide G.
Ivachov
4. Déclaration du Comité grec pour la Détente internationale et pour la
Paix (EEDYE)
5. TPI : Washington lance une mise en garde à Belgrade (AFP - 30
septembre)
---( 1 )---
Une lettre ouverte de Christopher Black, président du Comité légal de
l’ICDSM
Christopher Black 14/09/2004
URL :
http://www.anti-imperialism.net/lai/texte.phtml?section=&object_id=23028
Le tribunal criminel international pour la Yougoslavie, une association
de criminels qui n’est ni un corps international ni un corps
judiciaire, a été instauré en violation de la législation
internationale et des principes fondateurs de la Charte des Nations
unies. Il produit de fausses accusations, organise des arrestations et
des incarcérations sans la moindre autorité légale et dirige ce qu’il
appelle des « procès » en violation de la législation internationale et
de toutes les lois nationales et normes de la justice. Il constitue une
arme avec laquelle les Etats-Unis et leurs alliés tentent de détruire
le principe fondamental de la souveraineté des nations, qui constitue
la base essentielle de l’autodétermination des peuples, et la
démocratie, pour laquelle les Alliés de la Seconde Guerre mondiale ont
ostensiblement combattu les fascistes d’Allemagne, d’Italie et du Japon.
Aujourd’hui, les fascistes ont fait leur réapparition et,
s’étant emparés du pouvoir aux Etats-Unis et chez leurs alliés des
autres pays de l’Otan, ils prétendent créer un Nouvel Ordre mondial au
sein duquel eux seuls décideront qui doit vivre et mourir, qui doit
être libre et emprisonné, de même que les conditions économiques et
sociales dans lesquelles nous tous devons vivre.
Au nom de la liberté, ils créent l’esclavage. Au nom de la
justice et des droits de l’homme, ils mutilent et massacrent. Au nom
des lois internationales, ils ont instauré le règle du pouvoir
impitoyable. Au nom de la démocratie, ils détruisent la démocratie. Au
nom du peuple, ils créent une dictature mondiale.
Une composante essentielle de la dictature réside dans le
système des non-lois et des non-tribunaux qu’ils ont créées et que l’on
connaît sous la forme de ces tribunaux criminels sur mesure, dont
l’unique but est de soutenir le Nouvel Ordre mondial et de détruire
toute nation ou direction nationale qui s’y opposeraient.
Les non-tribunaux connus en tant qu’ICTY ou son homologue,
l’ICTR pour le Rwanda, et ses semi-homologues pour la Sierra Leone, le
Cambodge et le Timor-Oriental, ont été institués, sont maintenus en
place et contrôles principalement par les Etats-Unis, afin de
diaboliser ceux qui résistant à leurs dictats, et ce, en vue de
détruire la souveraineté de ces pays et, par implication, d’affecter la
souveraineté de toutes les nations, hormis les Etats-Unis, et d’agir en
tant que machines de propagande présentant des versions haussées des
événements qui se sont déroulés dans ces pays, transformant sans
exception les victimes de l’agression américaine en boucs émissaires et
« criminels », et de masquer le rôle réel des Etats-Unis et de leurs
alliés dans ces événements.
L’ICTY a été instauré dans ces buts, afin de détruire la Yougoslavie
et toutes ses forces progressistes, de contrôler les Balkans et de
menacer la Russie. L’ICTR a été instauré afin de détruire le Rwanda en
tant qu’Etat africain progressiste et de contrôler les immenses
ressources de l’Afrique centrale. Les tribunaux hybrides, mi-ONU,
mi-nationaux, pour la Sierra Leone, le Cambodge et le Timor-Oriental
ont été créés de la même manière pour écraser l’opposition aux intérêts
des États-Unis et de leurs alliés dans ces régions.
Dans chaque cas, les Etats-Unis, en utilisant leur influence au
Conseil de sécurité, ont créé des corps criminels se prétendant des
tribunaux, avec des fonctionnaires paradant en public dans des tenues
extravagantes, tous affublés de titres ronflants et d’un sens moral
professionnellement bas et qui ont rédigé des « statuts », des bouts de
papier creux, ne signifiant rien, hormis qu’ils ont pour but de se
conférer un vernis légal immédiatement réfuté par leurs règles de
procédure et de preuves destinées à empêcher la mise sur pied de procès
vraiment légaux et d’empêcher également la vérité d’être jamais
divulguée.
Les partisans de ces corps prétendent qu’ils agissent en accord avec
justice, légalité et humanité. Le fait d’imposer un conseiller au
président Milosevic, action qui ne pourrait avoir lieu qu’en raison de
l’absence complète de morale dans la famille des juristes répondant au
nom de Kay et choisis par le tribunal pour réduire le président
Milosevic au silence et saboter sa défense, est une action parmi les
plus haineuses de toutes de la part du triumvirat des marionnettes de
l’Otan qui portent les toges rouges de l’inquisition et qui ne sont que
des auto-parodies de juges.
La nature fasciste de ces tribunaux s’est révélée ouvertement. La
justesse de la cause du président Milosevic saute aux yeux.
Les peuples du monde doivent reconnaître que le président Milosevic et
tous les autres prisonniers du Nouvel Ordre mondial sont des otages de
cet ordre, gardés en exemples pour nous tous. Les peuples de ce monde
doivent agir pour mettre un terme à ces injustices et éviter qu’elles
se poursuivent avant que nous n’en soyons tous les victimes. Les
prisonniers de tous ces tribunaux sur mesure doivent être relâchés. Les
tribunaux doivent être fermés. Ceux qui les ont instaurés doivent
affronter la justice des tribunaux de leurs propres pays pour les
crimes de guerre qu’ils ont commis. La souveraineté des nations et la
législation internationale doivent être instaurées. Les lois
internationales seront restaurées. Tous ensemble, le pouvoir est entre
nos mains pour ce faire.
Christopher Black,
vice-président et président du Comité légal de l’ICDSM,
Arusha, Tanzanie.
---( 2 )---
Lettre d'un groupe de témoins des Etats-Unis au président Slobodan
Milosevic
12/09/2004
URL :
http://www.anti-imperialism.net/lai/texte.phtml?section=&object_id=23055
Cher Président Milosevic,
Nous, soussignés, sommes outrés par la décision du tribunal de La Haye
(ICTY) de vous imposer un conseil contre votre volonté et de vous
priver de votre droit fondamental à vous défendre vous-même. Bien que
nous ayons d’abord été d’accord de témoigner pour votre défense, dans
ces conditions, nous ne pouvons ni ne voulons participer comme témoins
dans de telles procédures.
Non seulement la décision du tribunal viole les normes légales et
éthiques fondamentales, mais elle méprise ouvertement ses propres
réglementations et status. Dans l’article 21, paragraphe 4 des statuts
de l’ICTY, un accusé est habilité à avoir certaines « garanties
minimales », y compris le droit « assurer lui-même sa propre défense ou
via l’assistance légale d’une personne de son choix ». En outre, les
statuts stipulent qu’un procès doit être conduit « avec l’entier
respect des droits de l’accusé ». Notre seul commentaire, ici, c’est
que, de toute évidence, le sens du mot « garantie » diffère très fort,
évidemmente, de l’acception qu’en a le tribunal.
Nous pouvons vous assurer que nous restons prêts et d’accord de
comparaître comme témoins au cas où votre droit à assurer vous-même
votre défense vous serait rendu et que vous souhaiteriez nous y
inviter. Nous demeurons unis dans notre croyance que les charges contre
vous sont fausses et qu’elles représentent une continuation de la
guerre contre la Yougoslavie et contre le peuple sebe par les
Etats-Unis et leurs alliés de l’Otan. Nous adressons une copie de cette
lettre au tribunal afin de l’informer de notre décision.
Signé,
Gregory Elich
Sara Flounders
Barry Lituchy
Michael Parenti
cc.: Registre de l’ICTY, La Haye
---( 3 )---
Refus de participer au 'procès' en tant que témoin de Léonide G. Ivachov
09/09/2004
URL :
http://www.anti-imperialism.net/lai/texte.phtml?section=&object_id=23027
Déclaration
En réponse à l’invitation du président de l’ancienne République
fédérale de Yougoslavie (RFY), Monsieur Slobodan Milosevic, moi,
Léonide Grigorievitch Ivachov, citoyen de la Fédération russe, ai
manifesté mon accord en vue de témoigner en faveur de sa défense au
cours du procès qui se déroule devant le Tribunal pénal international
pour l’ancienne Yougoslavie (ICTY). J’ai agi de la sorte en pleine
conscience, cherchant à contribuer à l’obtention de l’objectivité et de
la vérité dans les questions de l’Europe et de la RFY au cours de la
période 1997-2000.
A mes yeux, la participation au procès de La Haye était importante au
vu des circonstances suivantes :
Primo, j’ai participé directement aux événements en question.
Secundo, je ne puis ignorer le fait que l’accusation présentait comme
témoins plusieurs personnes qui ont préparé directement et perpétré
l’agression armée contre un Etat souverain, à savoir la RFY, et qui se
sont rendues responsables de la mort de centaines de personnes et de la
violation des normes des lois internationales.
Toutefois, les décisions récentes du tribunal m’ont forcé à revoir ma
première décision. L’ICTY, en violation de ses propres statuts (article
21, point 4), impose un conseiller à Slobodan Milosevic qui,
jusqu’alors, a utilisé son droit à assurer lui-même sa propre défense.
Parmi les devoirs du conseiller imposé, figurent ceux constituant à
déterminer quelles sont les personnes qui vont comparaître en tant que
témoins de la défense et quel sera le caractère des témoignages et leur
interprétation.
On ne peut considérer qu’il est normal que le conseiller imposé contre
la volonté de Slobodan Milosevic soit un citoyen du pays qui a foulé
aux pieds les normes de la législation internationale, la lettre et
l’esprit de la Charte des Nations unies et qui, de façon répétée, à
commis des agressions contre des Etats souverains, y compris contre la
RFY.
Dans le telles conditions, si mon témoignage en tant que témoins de la
défense peut être utilisé contre Slobodan Milosevic et s’il ne sert ni
l’objectivité ni l’adoption d’une réglementation juste, je refuse de
prendre part au procès.
Dans un même temps, je confirme mon intention de comparaître au procès
dès que l’ICTY créera des conditions légalement correctes et justes et
respectera les normes de la législation internationale.
Léonide G. Ivachov
Chef du Directorat principal de la Coopération militaire internationale
du Ministère de la Défense de la Fédération russe, 1996-2001,
vice-président de l’Académie des Questions géopolitiques, docteur en
Sciences historiques, général-colonel (de réserve).
Moscou, le 9 septembre 2004.
Traduction : J-M. Flémal
---( 4 )---
Parodie de procès Milosevic : Déclaration du Comité grec pour la
Détente internationale et pour la Paix (EEDYE)
15/09/2004
URL :
http://www.anti-imperialism.net/lai/texte.phtml?section=&object_id=23035
Athènes, 15 septembre 2004
Au Comité international pour la Défense de Slobodan Milosevic
A l’Organisation SLOBODA de Serbie et Monténégro
A l’Association internationale des Avocats démocrates
Chers amis,
C’est avec beaucoup d’inquiétude et de colère que nous suivons les
événements qui entourent le « procès » de l’ancien président de la RF
de Yougoslavie, Slobodan Milosevic, « procès » qui se déroule au
célèbre « Tribunal pénal international pour la Yougoslavie » (ICTY) et
où les droits fondamentaux de l’accusé sont violés jour après jour, en
même temps que tout sens des droits démocratiques et humains.
Depuis deux ans et environ 300 jours de procès, les accusations
présentées visent à légitimer les crimes de l’Otan au cours des
bombardements barbares et inhumains contre la Yougoslavie, en 1999.
Durant cette période, se sont multipliées les violations des droits
fondamentaux qui sont ceux de tout accusé. Slobodan Milosevic a subi
systématiquement des entraves l’empêchant de communiquer avec sa
famille et ses conseillers, lesquelles, entre autres, ont débouché sur
des obstacles dans la collecte de nouveaux éléments de preuves et de
moyens destinés à affirmer son innocence. En outre, le temps nécessaire
à ces préparatifs et à sa défense a été supprimé de façon draconienne,
en même temps que le fait que le nombre de témoins de la défense a été
milité et que la liste des accusations, par contre, a été
considérablement allongée alors que le procès avait déjà débuté.
Le point culminant de ces violations réside dans le fait qu’en dépit
des références manifestes aux statuts de l’ICTY (Art. 21, paragraphe
4), lesquels stipulent que l’accusé à le droit « d’être jugé en sa
propre présence, et d’assurer lui-même sa propre défense ou via une
assistance juridique de son propre choix », nous assistons ici à une
violation flagrante de ce droit par le fait que le tribunal lui impose
un conseiller en défense, et ce, malgré les objections véhémentes et
catégoriques de Slobodan Milosevic et son insistance à vouloir se
défendre lui-même.
Nous croyons que cette évolution confirme le caractère politique du
tribunal et du procès proprement dit, qu’il s’agit d’une procédure
constituant une provocation pour tout avocat et juriste ainsi que pour
tout système juridique que l’humanité ait connu. Le droit dont on prive
aujourd’hui Slobodan Milosevic n’avait même pas été refusé par le
régime de l’apartheid à Nelson Mandela, ni même pas les nazis à Georgi
Dimitrov.
Au nom du Comité grec pour la Détente internationale et la Paix, au
nom de toutes les personnes qui chréissent la paix en Grèce, nous
adressons nos protestations les plus véhémentes à l’Organisation des
Nations unies pour cette parodie de procès qui ne constitue par la
moindre garantie d’un procès libre et loyal.
Du plus profond de notre cœur, nous exprimons notre solidarité à
l’égards des peuples de la Yougoslavie dans leur lutte pour la paix et
le progrès, contre les plans impérialistes concernant les Balkans.
Pour le Comité grec pour la Détente internationale et la Paix (EEDYE)
Evangelos Mahairas
Président de l’EEDYE
Président d’honneur du Conseil mondial pour la Paix (WPC)
Ancien président de l’Association des Avocats et Juristes d’Athènes
Traduction : Jean-Marie Flémal
---( 5 )---
SOURCE: alerte-otan @...
De : "Roland Marounek"
Objet : TPI : Washington lance une mise en garde à Belgrade
AFP - 30 septembre
Washington lance une mise en garde à Belgrade
Les États-Unis ont mis Belgrade en garde jeudi contre un manque
persistant de coopération avec le Tribunal pénal international (TPI)
soulignant que cette apparente mauvaise volonté empêche son intégration
à la communauté internationale.
«Malheureusement, les obligations de Belgrade envers le TPI ne sont pas
remplies», a déclaré lors d'une conférence de presse le secrétaire
d'État adjoint américain pour les Affaires politiques, Marc Grossman.
Sa visite, en compagnie de l'ambassadeur itinérant américain pour les
crimes de guerre Pierre-Richard Prosper, a lieu alors que Belgrade est
soumis à de fortes pressions de la communauté internationale pour
arrêter l'ancien chef de l'armée serbe bosniaque Ratko Mladic.
«Mladic se trouve toujours en liberté», a souligné M. Grossman. «La
date limite (pour son arrestation) était hier», a-t-il insisté.
Considéré comme un héros par de nombreux Serbes, le général Mladic, en
fuite depuis 1996, est inculpé par le TPI de génocide, crimes contre
l'humanité et crimes de guerre lors de la guerre en Bosnie (1992-95).
À la veille de l'arrivée de MM. Grossman et Prosper à Belgrade, des
rumeurs ont circulé sur une vaste opération à Valjevo (Sud-Ouest) pour
l'arrêter mais des journalistes sur place n'ont constaté aucun
dispositif particulier.
Selon M. Grossman, Belgrade «souffre» déjà de son manque de coopération
avec le TPI. «Vous êtes tenus à l'écart de l'Union européenne, du
programme de Partenariat pour la paix de l'OTAN», a martelé le
responsable américain après une rencontre avec le ministre des Affaires
étrangères, Vuk Draskovic.
Avec le président Boris Tadic, M. Draskovic est l'un des rares
responsables serbes à souhaiter que son pays coopère avec le TPI. «Vous
ne voulez pas (...) que la Serbie-Monténégro soit une île isolée et
c'est ce qui se passe maintenant», a dit M. Grossman.
Le président Tadic, un réformateur, qui depuis son élection en juillet
dernier «cohabite» avec le premier ministre Vojislav Kostunica,
considéré comme un nationaliste modéré, a souligné de son côté qu'il
prenait «très sérieusement» en compte les avertissements américains.
«Nous allons chercher une solution qui sera acceptable pour notre
nation et notre État», a-t-il dit après avoir reçu M. Grossman.
La position de M. Tadic semble renforcée après que sa formation, le
Parti démocratique (DS), eut réalisé le meilleur score au premier tour
d'élections municipales il y a dix jours. Le second tour doit avoir
lieu dimanche prochain.
M. Grossman a toutefois salué la décision de la justice serbe de
délivrer des mandats d'arrêt contre quatre généraux de l'armée et de la
police, inculpés de crimes de guerre par le TPI. Belgrade insiste pour
qu'ils soient jugés en Serbie, ce que Washington semblait prêt à
accepter si Mladic était arrêté. Mais dans la mesure où aucune
arrestation n'a eu lieu «ceci paraît plus difficile», a averti M.
Grossman.
La pression sur Belgrade est actuellement d'autant plus forte que le
procureur du TPI Carla Del Ponte doit rencontrer lundi prochain les
responsables serbes après avoir participé vendredi à une conférence sur
les crimes de guerre.
==========================
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Quelli che vogliono squartare la Russia (8)
1. Analyse / Beslan: les vraies connexions internationales
2. Les amis américains des Tchétchènes
(John Laughland, The Guardian)
VOIR AUSSI:
UN AGENT DE LA CIA REVENDIQUE LA PRISE D'OTAGES DE BESLAN (Reseau
Voltaire - 17 septembre 2004)
La prise d'otages de Beslan, qui s'est soldée par la mort de 320
personnes dont la moitié étaient des enfants, ainsi que les attentats
contre deux avions russes perpétrés une semaine plus tôt, ont été
revendiqués sur un site de rebelles tchétchènes par le commandant
Chamil Bassaiev. Le secrétaire d'État adjoint des États-Unis, Richard
Armitage, a commenté cette revendication en déclarant que Bassaiev
n'était « pas digne de vivre », cependant le site sur lequel il
s'exprime librement n'a pas été inquiété. Surtout Bassaiev était
présenté comme un agent de la CIA, en 1991, lorsqu'il avait rejoint
Boris Eltsine sur les barricades pendant le putsch des généraux de
Moscou. En 1995, il avait commandé une prise d'otages très similaire à
celle de Beslan, cette fois dans l'hôpital de Budennovsk (sud de la
Russie), faisant 150 victimes dont la plupart étaient des patients ou
du personnel médical. Il revenait alors d'un stage intensif en
Afghanistan, supervisé par les services secrets pakistanais (ISI, liés
à la CIA) qui l'avaient entraîné à ce genre d'opération destinée à
provoquer l'émotion de la communauté internationale et à discréditer
les autorités russes.
http://www.reseauvoltaire.net/article14948.html
=== 1 ===
-------- Original Message --------
Subject: [TV-STOP] Analyse / Beslan: les vraies connexions
internationales
Date: Thu, 16 Sep 2004 23:35:05 +0200
From: TV-STOP <tv-stop@ bluewin.ch>
A LIRE ABSOLUMENT! (Essai en anglais, lien en fond de page)
Le massacre de Beslan, les Russes l'ont souligné, a été perpétré par
une trentaine de terroristes de diverses origines, dont aucun ne semble
avoir été tchétchène. De fait, explique Brendan O'Neill, tant la
composition de ce commando, que sa cruauté immédiate et illimitée,
rendant toute revendication politique inopérante, font penser à autre
chose qu'aux procédés d'un mouvement séparatiste. Non: cette débauche
de violence nihiliste, cette détermination à répandre la plus grande
terreur possible, le caractère "supranational" de l'opération, classent
celle-ci du côté des attentats de l'islamisme planétaire, tels ceux du
11 septembre ou celui de Bali.
Ce terrorisme hors frontières, non relié à une cause concrète et
locale, est une nouveauté. D'où vient-il? Selon l'analyste de "Spiked",
il est la conséquence, et le miroir, de la politique supranationale de
l'Occident depuis la fin de la guerre froide. Ayant proclamé, sous
Clinton, l'abolition des cloisonnements nationaux, la marche vers la
"citoyenneté mondiale" — et, surtout, déverrouillé tous les obstacles à
la libre circulation de ses capitaux et de ses armées, l'Occident a
suscité, en contrepartie, une résistance elle aussi déracinée,
attaquant "l'ennemi" où qu'il se trouve.
A l'appui de sa thèse, O'Neill détaille la complaisance des
gouvernements occidentaux à l'égard de l'islamisme bosniaque, dont ils
avaient autorisé et favorisé l'armement, le financement et l'assistance
militaire par les pays musulmans et par Al Qaida. La même politique a
été poursuivie, sur sol européen, à l'égard de l'UÇK en 1999, autre
organisation liée à celle de Ben Laden.
Conclusion: ceux qui, dans les années 1990, ont favorisé l'abolition
des frontières établies et prôné l'ingérence occidentale sur toute la
planète, sont ceux-là mêmes qui ont créé et financé les réseaux
islamistes apatrides qui se retournent aujourd'hui contre leur "Dr
Frankenstein", tout en continuant de mordre ceux contre qui ils furent
dressés à l'origine.
*
L'article de Brendan O'Neill, hormis sa brillante intelligence,
fourmille de références fiables sur la politique américaine et
occidentale d'aide à l'islamisme.
--
Source:
http://www.spiked-online.com/Printable/0000000CA6CA.htm
-- TV-STOP
Surveillance des aberrations médiatiques.
Abonnement, désabonnement : écrire à tv-stop@ bluewin.ch
=== 2 ===
Les amis américains des Tchétchènes
John Laughland 08/09/2004
source : The Guardian
URL :
http://www.anti-imperialism.net/lai/texte.phtml?section=&object_id=23045
Traduction par J-M. Flémal
Une énorme charge de vapeur s’est massée derrière l’opinion prétendant
que le président Poutine est en quelque sorte le principal coupable
dans les macabres événements qui se sont déroulés en Ossétie du Nord.
De petites phrases et des gros titres du style « Le chagrin se mue en
colère », « Des mots très durs à l’encontre du gouvernement » et « Les
critiques sont de plus en plus dures à l’égard de Poutine » se sont
multipliées, alors que les correspondants de la TV et de la radio à
Beslan ont été mis sous pression pour dire sur les ondes que les gens,
là-bas, rejetaient le blâme sur Moscou autant que sur les terroristes.
Il y a eu de nombreux éditoriaux pour nous encourager à comprendre –
ici, je cite le Sunday Times – les « causes sous-jacentes » du
terrorisme tchétchène (habituellement, on cite l’autoritarisme russe),
alors que l’usage très répandu du terme « rebelles » pour désigner des
gens qui abattent des enfants témoigne d’une suprême indulgence face à
une brutalité aussi extrême.
En y regardant de plus près, il s’avère que ces prétendues « critiques
de plus en plus dures » sont en fait exprimées par un groupe bien
spécifique du spectre politique russe – et par ses supporters
américains. Les principaux critiques russes hostiles à la façon dont
Poutine s’est occupé de la crise de Beslan sont les politiciens
pro-américains Boris Nemtsov et Vladimir Rychkov – des hommes associés
aux réformes de marché néo-libérales très poussées qui ont tellement
dévasté l’économie russe sous le chouchou de l’Occident, Boris Eltsine
– ainsi que le Centre de Dotation (= Fondation) Carnegie de Moscou.
Financé par son siège principal à New York, ce très influent réservoir
de cerveaux – qui opère en association avec la militaro-politique Rand
Corporation, par exemple, en produisant des articles politiques sur le
rôle de la Russie dans l’aide aux Etats-Unis en vue de restructurer un
« Moyen-Orient élargi » – a été cité à maintes reprises, ces derniers
temps, pour avoir reproché à Poutine la vague d’atrocités tchétchènes.
Le centre s’est également opposé avec insistance, tout au long de ces
derniers mois, aux affirmations russes prétendant qu’il existait un
lien entre les Tchétchènes et al-Qaeda.
Ces personnes se font essentiellement l’écho de la même ligne que
celle exprimée par les dirigeants tchétchènes en personne, comme Ahmed
Zakaïev, par exemple, exilé à Londres et qui, hier, a publié un texte
dans ce même journal (The Guardian). D’autres personnages de premier
plan qui utilisent la rébellion tchétchène comme d’un bâton pour
fustiger Poutine comprennent, entre autres, Boris Berezovsky,
l’oligarque russe qui, à l’instar de Zakaïev, s’est vu octroyer l’asile
politique en ce pays, bien que les autorités russes le recherchent
suite à de nombreuses accusations. Moscou a souvent accusé Berezovsky
d’avoir financé les rebelles tchétchènes dans le passé.
Pareillement, la BBC et d’autres sources médiatiques font circuler le
bruit que la télévision russe a minimisé la crise de Beslan, alors que
seules les chaînes occidentales ont fait des reportages en direct,
insinuant par-là que la Russie de Poutine est restée un Etat policier
sous contrôle sévère. Mais ce point de vue concernant les médias russes
est précisément à l’opposé de l’impression que j’ai eue en regardant et
CNN et la télévision russe tout au long de la semaine dernière : les
chaînes russes proposaient de bien meilleures informations et images de
Beslan que leurs concurrentes occidentales. Cette hargne envers Poutine
s’explique peut-être par le fait qu’aux Etats-Unis, le principal groupe
à plaider en faveur de la cause tchétchène est justement le Comité
américain pour la paix en Tchétchénie (ACPC). La liste des prétendus «
Américains distingués » qui y sont affiliés permet de passer en revue
les néo-conservateurs les plus éminents qui soutiennent avec tant
d’enthousiasme la « guerre contre le terrorisme ».
Dans leurs rangs, Richard Perle, le conseiller notoire du Pentagone,
Elliott Abrams, bien connu depuis l’affaire des contras iraniens,
Kenneth Adelman, l’ancien ambassadeur des Etats-Unis aux Nations
unies,,qui a encouragé l’invasion de l’Irak en prédisant que ce serait
du « gâteau », Midge Decter, biographe de Donald Rumsfeld et directeur
de la Heritage Foundation, d’extrême droite, Frank Gaffney, du très
militariste Centre pour une politique sécuritaire, Bruce Jackson,
ancien officiers de renseignement de l’armée américaine et en son temps
vice-président de Lockheed Martin, actuellement président de la
Commission américaine sur l’Otan, Michael Ledeen de l’American
Enterprise Institute, un ancien admirateur du fascisme italien et,
aujourd’hui, partisan bien connu d’un changement de régime en Iran, et
R. James Woolsey, l’ancien directeur de la CIA qui est en même temps
l’un des principaux meneurs de ban derrière les plans de George Bush
visant à remodeler le monde musulman selon des lignes pro-américaines.
L’ACPC encourage à fond l’idée selon laquelle la rébellion tchétchène
est une preuve de la nature antidémocratique de la Russie de Poutine et
il cultive le soutien à la cause tchétchène en insistant sur la gravité
des violations des droits de l’homme dans la petite république
caucasienne. Il compare la crise tchétchène à ces autres causes «
musulmanes » plus à la mode, celles de la Bosnie et du Kosovo –
impliquant que seule une intervention internationale dans le Caucase
pourrait y stabiliser la situation. En août, l’ACPC a accueilli
favorablement l’octroi du droit d’asile aux Etats-Unis et une donation
accordée par le gouvernement américain à Ilyas Akhmadov, ancien
ministre du gouvernement tchétchène de l’opposition, un homme que
Moscou décrit comme un terroriste. Composé de membres des deux partis
politiques, l’ACPC constitue l’épine dorsale de l’establishment
américaine n matière de politique étrangère et ses conceptions sont
naturelles les mêmes que celles de l’administration américaine.
Bien que la Maison-Blanche ait publié une condamnation des preneurs
d’otages de Beslan, sa position officielle demeure celle-ci : le
conflit tchétchène doit être résolu politiquement. Selon un membre de
l’ACPC, Charles Fairbanks, de la Johns Hopkins University, les
pressions américaines sur Moscou vont désormais s’accroître afin qu’on
en arrive à une solution politique plutôt que militaire – en d’autres
termes, afin que l’on négocie avec des terroristes, une politique que
les Etats-Unis rejettent résolument partout ailleurs.
On prétend même en Russie que l’Occident lui-même soutient d’une façon
ou d’une autre la rébellion tchétchène et que le but d’un tel soutien
est d’affaiblir la Russie et de la chasser du Caucase. Le fait qu’on
pense que les Tchétchènes utilisent comme base la gorge de Pankisi, en
Géorgie voisine – un pays qui souhaite rejoindre l’Otan, avec un
gouvernement extrêmement pro-américain et où les Etats-Unis ont déjà
une importante présence militaire – ne fait qu’encourager de telles
spéculations. Poutine lui-même a sembler accorder du crédit à cette
idée dans une interview avec des journalistes étrangers, lundi dernier.
La preuve d’une implication occidentale serait difficile à établir,
mais est-ce étonnant si les Russes se posent de telles questions quand
les mêmes personnes de Washington, qui réclament le déploiement de
forces militaires colossales contre les prétendus ennemis terroristes
des Etats-Unis, insistent également pour que la Russie capitule face à
ses propres terroristes?
• John Laughland est un mandataire du British Helsinki Human Rights
Group www.oscewatch.org
2.10.2000 - Milosevic si rivolge alla nazione
Nel quarto anniversario del golpe che abbatte' il governo delle
sinistre nella RF di Jugoslavia, riportiamo la versione integrale del
discorso tenuto dall'allora presidente Slobodan Milosevic in vista del
turno di ballottaggio alle elezioni presidenziali.
Ricordiamo che, a causa del colpo di Stato, il ballottaggio non si
pote' tenere, mentre le schede elettorali del primo turno vennero
"opportunamente" distrutte nell'assalto e nell'incendio dei locali del
Parlamento. Nei giorni successivi furono attaccate le sedi dei partiti
della sinistra e dei sindacati, e molti militanti verranno fatti
oggetto di vigliacche aggressioni. Tutte le forze politiche italiane
festeggiarono quegli avvenimenti, il cui significato fu completamente
stravolto dai media: negli anni successivi gli eventi politici di
Serbia e Montenegro sono stati messi in sordina da giornali e TV
occidentali, allo scopo di impedire la conoscenza della situazione
reale, soprattutto nei suoi risvolti sociali, da parte della nostra
opinione pubblica.
In questo discorso Milosevic pronosticava, nel caso di un passaggio dei
poteri alla coalizione liberista filo-occidentale DOS, gravi
conseguenze per il paese sia dal punto di vista politico-istituzionale,
sia da quello economico sociale. A quattro anni di distanza, tutte le
previsioni di Milosevic si sono verificate: lo Stato non esiste piu',
essendo stato trasformato in una precaria "Unione" destinata ad
ulteriormente disgregarsi, e l'economia e' completamente bloccata,
poiche' l'apertura al capitale straniero non ha portato alcun beneficio
alla produzione, mentre viceversa la disoccupazione e la poverta' in
Serbia e Montenegro sono oggi generalizzate.
(a cura di AM)
--- SRPSKOHRVATSKI ---
Slobodan Milosevic
NE NAPADAJU SRBIJU ZBOG MILOSEVICA,
NEGO MILOSEVICA ZBOG SRBIJE
Obracanje Slobodana Milosevica gradanima SRJ 2. oktobra 2000. godine
povodom rezultata izbora za Predsednika Jugoslavije
Postovani gradani,
Pred drugi krug izbora zelim da vas na ovaj nacin upoznam sa svojim
videnjem izbornih politickih prilika u nasoj zemlji, posebno u Srbiji.
Kao sto i sami znate punu deceniju traju napori da se celo Balkansko
poluostrvo stavi pod kontrolu nekih zapadnih sila.Veliki deo tog posla
je obavljen uspostavljanjem marionetskih vlda u nekim zemljama,
pretvaranjem tih zemalja u zemlje ogranicenog suvereniteta ili lisene
svakog suvereniteta. Zbog naseg otpora takvoj sudbini za nasu zemlju,mi
smo bili izlozeni svim pritiscima kojima u savremenom svetu ljudi mogu
biti izlazeni. Broj i intezitet tih pritisaka umnozavao se kako je
vreme prolazilo. Svoje iskustvo u drugoj polovini dvadesetoga veka koje
velike sile imaju u rusenju vlada, izazivnjem nemira, podsticanjem
gradanskih ratova, kompromitovanju i likvidiranju boraca za nacionalnu
slobodu, dovodenja drzava i naroda na rub siromastva - sve je to
primenjeno na nasu zemlju i nas narod. Dogadaji koji su organizovani za
nase izbore su, takode, deo te organizovane hajke na zemlju i narod,
zato sto su nasa zenjlja i narod barijera uspostavljanju potpune
dominacije na Balkanskom poluostrvu. U nasoj javnosti je vec dugo
prisutna grupacija koja, pod imenom opozicione politicke partije
demokratske orijentacije, zastupa interese vlada koje su nosioci
pritiska na Jugoslaviju, a posebno na Srbiju. Ta grupacija se na ovim
izborima pojavila kao Demokratska opozicija Srbije. Njen stvarni sef
nije njihov kandidat za predsenika drzave. Njen dugogodisnji sef je
predsednik Demokratske stranke i saradnik vojne alijanse koja je
ratovala protiv nase zemlje. On svoju saradnju sa tom alijansom nije
moga ni da sakrije. Uostalom, citavoj nasoj javnosti je poznat njegov
apel NATO-u da se Srbija bombarduje onoliko nedelja koliko je potebno
da bi se njen otpor slomio. Na celu tako organizovane grupacije nalazi
se, dakle, zastupnik vojske i vlada koje su nedavno ratovale protiv
Jugoslavije. Zastupa-juci interese, iz ove grupacije su nasoj javnosti
poslate poruke - da c sa njima na celu Jugoslavije biti izvan svake
opasnosti od rata i nasilja,da ce doci do ekonomskog prosperiteta,
vidno i brzo ostvarenog viseg standarda,takozvanog povratka
Jugoslavije u medunarodne institucije, i tako dalje
Postovani gradani,
Moja duznost je da vas javno i na vreme upozorim da su ta obecanja
lazna. I da stvari stoje obratno, jer upravo nasa politika garantuje
mir - a njihova samo trajne sukobe i nasilje. A evo zasto.
Uspostavljanjem vlasti koju podrzava, odnosno koju instalira zajednica
zemalja okupljenih u NATO alijansi, Jugoslavija bi neizbezno postala
zemlja cija bi se teritorija brzo rasparcala. To nisu samo namer NATO,
to su i predizborna obecanja Demokratske opozicije Srbije. Od njihovih
predstavnika smo culi da ce Sandzak dobiti autonomiju za koju se clan
njihove koalicije Sulejman Ugljanin, voda separatisticke muslimanske
organizacije, zalaze vec deset godina i koja fakticki definitivno
izdvaja Sandzak iz Srbije. Njihova su obecanja takode vezana za davanje
autonomije Vojvodini koja je takva da je ne samo izdvaja iz Srbije i
Jugoslvije, vec je, po svemu, cini sastavni deo susedne Madarske. Na
slican nacin bi se odvojila od Srbije i druga podrucja, narocito neka
njena rubna podrucja. Njihovo pripajanje susednim drzavama odavno je
vruca tema tih drzava, a koje stalno podsticu pripadnike manjina tih
drzava u Jugoslaviji da daju svoj doprinos prisajedinjenju delova nase
zemlje susednim drzavama. U sklopu te politike za rasparcavanje
Jugoslavije Kosovo bi bila prva zrtva. Njegov sadasnji status bi se
proglasio za legalan i definitivan.To je prvi deo Srbije sa kojim bi se
ona morala oprostiti, ne izrazavajuci, pri tom,cak ni nadu da ce joj
taj deo njene zemlje jednom moci da bude vracen. Teritorija koja bi
preostala da nosi ime Srbije bila bi okupirna od strane medunarodnih,
americkih ili nekih trecih vojnih snaga koje bi tu teritoriju tretirale
kao vojni poligon i kao vlasnistvo sa kojim se raspolaze u skladu sa
interesima sile cija se vojska na njoj nalazi. Sliku tog raspolaganja i
posledice toga raspolaganja, gledali smo vec decenijama, a narocito u
ovim ecenijama u mnogim zemljama sirom sveta, nazalost poslednjih
godina i u Evropi, na primer na Kosovu, Republici Srpskoj, Makedoniji,
u nasem neposrednom okruzenju. Srpski narod bi snasla sudbina Kurda, sa
persrektivom da budu istrebljeni brze jer ih je manje od Kurda i jer bi
im kretanje bilo ograniceno na manji prostor nego sto je onaj na kome
se Kurdi vec decenijom nalaze. Sto se Crne Gore tice, njena bi sudbina
bila prepustena mafiji cija bi pravila igre gradani trebali dobro da
znaju. Svaka nedisciplina, a pogotovu protivljenje interesima mafije
stavlja vas na listu za odstrel koja iskljucuje pravo na svako
pomilovanje. Dao sam ovaj prikaz o sudbini Jugoslavije u slucaju da se
prihvati izbor NATO-a na nasu zemlju, sa ciljem da upozorim i na to da
bi u tom slucaju osim gubitaka zemlje i ponizenja njenih gradana, svi
ziveli pod neprekidnim nasiljem. Novi vlasnici drzavne teritorije
nekadasnje Jugoslavije kao i okupatori preostale srpske teritorije
vrsili bi, po prirodi stvari, teror nad stanovnistvom, ciju su
teritoriju okupirali. Sam srpski narod bi istovremeno vodio neprekidnu
borbu za ponovo uspostavljanje srpske drzave i za svoje ponovno
okupljanje u njoj. Oni ne zele mir i blagostanje na Balkanu, oni zele
da ovo bude zona stalnih sukoba i ratova koji bi im pruzili alibi za
trajno prisustvo.
Marionetska vlast, dakle, garantuje nasilje, moguci dugogodisnji rat,
sve samo ne mir. A samo nasa sopstvena vlast garantuje mir. Zatim, sve
zemlje koje su se nasle u statusu ogranicenog suvereniteta, sa vladama
pod uticajem stranih sila, vrtoglavom su brzinom postajale siromasne. I
to na nacin koji iskljucuje nadu i pravednije i humanije socijalne
odnose. Velika podela na vecinu siromasnih i manjinu bogatih - to je
slika Istocne Evrope vec nekoliko godina i nju svi mozemo da vidimo. Ta
slika ne bi mimoisla ni nas. I mi bismo, pod komandom i kontrolom
vlasnika nase zemlje, brzo stekli ogromnu vecinu veoma siromasnih cija
je perspektiva da iz tog siromastva izadu veoma, veoma neizvesna i
daleka. Manjina bogatih bila bi sastavljena od svercerske elite, kojoj
bi bilo dopusteno da bude bogata samo pod uslovom da bude u svakom
pogledu lojalna komandi koja odlucuje o sudbini njihove zemlje. Javna i
drustvena svojina bi se brzo transformisale u privatnu, ali vlasnici te
svojine, iz dosadasnjeg iskustava nasih suseda, bi po pravilu bili
stranci.
Mali izuzeci bi bili iskljucivo oni koji bi pravo na vlasnistvo
kupovali lojalnoscu i pokornoscu koja ih izmesta iz sfere elementarnog
i nacionalnog i ljudskog, dostojanstva. Najveca nacionalna dobra u tim
prilikama postaju vlasnistvo stranaca, a oni koji su njima do sada
upravljali, cinili bi to, u ovim izmenjenim prilikama, kao sluzbenici
stranih firmi u sopstvenoj drzavi.
Uz nacionalno ponizenje, rasturanje drzave i socijalnu bedu nuzno bi
moralo da dode do mnogih oblika socijalne patologije, medu kojima bi
kriminal bio prvi.To nije puka pretpostavka vec iskustvo svih zemalja
koje su prosle taj put koji mi izbegavamo po svaku cenu. Prestonice
evropskog kriminala vec skoro decenijama nisu na Zapadu, kao sto je
nekada bilo, vec na istoku Evrope. Nasem narodu i ovaj sadasnji
kriminal tesko pada jer smo dugo, od Drugog svetskog rata do 90-tih
godina, ziveli u drustvu koje za kriminal tako reci nije znalo. A neki
veci kriminal koji se ne moze izbeci u drustvu koje bismo postali,
gubljenjem suvereniteta i velikog dela teritorije, taj veci kriminal
bio bi za nas mali i na kriminal nenaviknut narod,opasan kao sto je za
drustvo i njegove gradane opasan rat. Jedan od bitnih zadataka
marionetske vlasti u svakoj zemlji, pa i u nasoj, ako bismo je imali,
jeste gubljenje identiteta. Zemlje kojima se komanduje spolja,
relativno se brzo rastaju sa svojom istorijom,sa svojom prpsloscu, sa
svojom tradicijom, sa svojim nacionalnim simbolima, sa svojim navikama,
cesto i sa sopstvenim knjizevnim jezikom. Nevidljiva na prvi pogled,
ali veoma efikasna i nemilosrdna, selekcija nacionalnog identiteta,
svela bi ga na nesto nacionalnih jela, poneku pesmu i kolo, imena
nacionalnih heroja nadenuta prehrambenim proizvodima i kozmetickim
sredstvima. Jedna od zaista nesumnjivih posledica zaposedanja
teritorije neke zemlje od strane velikih sila u dvadesetom veku je
ponistavanje identiteta naroda koji u toj zemlji zivi. Iz iskustva
drugih zemalja vidi se da narod jedva da je u stanju da prati brzinu
kojom pocinje da upotrebljava tudi jezik kao svoj, da se identifikuje
sa tudim istorijskim licnostima zaboravljajuci svoje, da poznaje bolje
knjizevnost svog okupatora od svoje knjizevnosti, da glorifikuje tudu
istoriju cesto se rugajuci svojoj, da lici na druge umesto na sebe...
Gubljenje nacionalnog identiteta je najveci poraz jedne nacije, a to se
ne moze izbeci u savremenom obliku kolonizacije. Osim toga,taj novi
oblik kolonizacije iskljucuje, vec po svojoj prirodi, svaki uslov za
izrazavanje misljenja, ispo-ljavanje volje, a pogotovo iskljucuje
mogucnost za stvaralastvo bilo koje vrste. Neslobodne zemlje ukidaju
pravo gradana koji u njima zive da slobodno izraze svoje misljenje, jer
bi se to misljenje, pre svega, sukobilo sa neslobodom. Otuda je tortura
nad misljenjem najdosledniji i najneophodniji oblik torture u zemlji
koja je izgubila slobodu. A o ispoljavanju volje, razume se, tek o tome
nema ni govora. Manifestovanje volje je dopusteno samo u vidu
farse,ispoljavaju ga samo skutonose stranih gazda. A njihova simulacija
slobodne volje sluzi kao pokrice okupatoru da je uspostavio demokratiju
u cije ime je i zaposeo teritoriju tude zemlje. Narocito zelim da
naglasim, zbog mladih ljudi, intelektualaca, naucnih radnika, da su
zemlje lisene suvereniteta po pravilu lisene i prava na stvaralastvo,
a narocito na stvaralastvo u oblasti nauke. Veliki centri, velike moci,
finansiraju naucno stvaralastvo, kontrolisu domasaje i odlucuju o
primeni njegovih rezultata. Zavisne drzave ukoliko imaju naucne
laboratorije i naucne institute nemaju ih kao samostalne subjekte, vec
kao ispostave centrale koja im kontrolise sve,a narocito domasaje u
stvaralackom misljenju i radu.Ti domasaji se moraju kretati u granicama
koje okupiraju zemlju i okupirani narod nece uneti seme pobune ili
emancipacije. U ovom trenutku, pred drugi krug izbora, zbog sumnje
Demokratske opozicije Srbije da moze da ostvari rezultat koji im je
potreban, pripadnici vrha DOS-a, novcem unesenim u zemlju potkupljuju,
ucenjuju i zastrasuju gradane i organizuju strajkove,nemire i nasilje,
ne bi li zaustavili proizvodnju, svaki rad i svaku aktivnost. Sve,
razume se, sa ciljem da u Srbiji stane zivot i sa obrazlozenjem da taj
zivot moze ponovo da pocne i da se odvija uspesno i dobro, kada pocnu
da ga organizuju oni koji ovde zastupaju okupatorske namere, planove i
interese. Nasa je zemlja suverena drzava, ima svoje zakone, svoj Ustav,
svoje institucije. Srbija je duzna a i zasluzila je da se odbrani od
invazije koja joj je pripremljena kroz razne oblike subverzije. A
gradani su duzni da znaju da ucescem u subverziji kojoj je cilj spoljna
dominacija nad njihovom zemljom, odnosno okupacija njihove zemlje,
snose istorijsku odgovornost za ukidanje prava svojoj zemlji da
postoji, ali snose odgovornost i za gubljenje kontrole nad sopstvenim
zivotom. Prepustajuci svoju zemlju drugima, tudoj volji, prepustaju
isto tako tudoj volji i sopstveni zivot i zivot svoje dece i mnoge
druge ljude.Smatrao sam kao svoju duznost da upozorim gradane nase
zemlje na posledice aktivnosti koje finansiraju i podrzvaju vlade
zemalja NATO alijanse. Gradani mogu da mi veruju i ne moraju da mi
veruju. Moja je zelja da se u moja upozorenja ne uvere kasno, da se ne
uvere tek onda kada bude tesko da se isprave greske koje su gradani u
svojoj naivnosti, povrsnosti ili zabludi sami ucinili. Pa ce se te
greske tesko otklanjati, a neke mozda nece moci nikada da se otklone.
Moj motiv da izrazim svoje misljenje na ovaj nacin nije uopste licne
prirode. Dva puta sam biran za predsednika Srbije i jednom za
predsednika Jugoslavije. Valjda bi svakome posle ovih deset godina
trebalo da bude jasno da oni ne napadaju Srbiju zbog Milosevica, nego
napadaju Milosevica zbog Srbije. Moja savest je u tom pogledu savrseno
mirna. Moja savest, medutim, ne bi bila ni najmanje mirna ako svom
narodu ne bih posle svih ovih godina na njegovom celu, rekao sta mislim
o njegovoj sudbini ako bi mu tu sudbinu nametnuo neko drugi, makar i
tako sto bi narodu objasnjavao kako je takvu sudbinu izabrao sam. Ta
zabluda da bira sam ono sto za njega bira neko drugi, najopasnija je
zabluda i glavni je razlog moje odluke da se javno obratim gradanima
Jugoslavije.
Hvala.
--- ITALIANO ---
Il Presidente Milosevic si rivolge alla Nazione
Belgrado, 2 ottobre 2000 - (Tanjug) -
Il Presidente della R.F.J. Slobodan Milosevic lunedì 2 ottobre
2000 si è rivolto alla nazione attraverso la radiotelevisione
serba.
Cari concittadini,
nell'attesa del secondo turno delle elezioni colgo l'occasione
per esporvi la mia opinione sulla situazione politica ed
elettorale nel nostro Paese, e in special modo in Serbia.
Come voi sapete, da dieci anni sono in corso manovre per porre
tutta la penisola balcanica sotto il controllo di alcune potenze
occidentali. Buona parte di questo lavoro è stato compiuto
mediante l’insediamento di governi fantoccio in alcuni paesi,
trasformati in paesi a sovranità limitata, cioè privati a tutti
gli effetti di sovranità.
A causa della resistenza opposta dal nostro Paese a una tale
sorte, siamo stati sottoposti a tutte le forme di pressione alle
quali un popolo può essere sottoposto nel mondo contemporaneo.
Queste pressioni sono andate via via crescendo in quantità ed
intensità. Tutta l'esperienza accumulata dalle grandi potenze nel
corso della seconda metà del XX secolo nell'arte di rovesciare
governi, provocare disordini, fomentare guerre civili, screditare
o liquidare coloro che lottano per la libertà nazionale, ridurre
le nazioni e gli stati sull'orlo della miseria - tutto ciò è
stato applicato contro il nostro Paese e il nostro popolo.
Tutto quello che è stato organizzato attorno a queste elezioni fa
parte quindi della persecuzione organizzata contro il nostro
Paese e il nostro popolo, perchè il nostro Paese e il nostro
popolo costituiscono una barriera contro lo stabilirsi di un
dominio totale nella penisola balcanica.
Da molto tempo è presente in mezzo a noi un raggruppamento che,
con il pretesto di orientare i partiti politici di opposizione,
rappresenta gli interessi di quei governi che sono stati
protagonisti delle pressioni contro la Jugoslavia e specialmente
contro la Serbia. Questa lobby si è presentata a queste elezioni
sotto il nome di Opposizione Democratica Serba (D.O.S.). Il suo
vero capo non è il suo candidato alla presidenza. Da molti anni
il suo capo è il presidente del Partito Democratico,
collaboratore dell'allenza militare che ha scatenato la guerra
contro il nostro Paese. Egli non ha neanche potuto nascondere la
sua collaborazione con quelsta alleanza. Nei fatti, tutto il
nostro popolo è al corrente del suo appello alla NATO perchè
continuasse a bombardare la Serbia per tutto il tempo necessario
a spezzarne la resistenza. Il cartello che si è così organizzato
per le elezioni rappresenta gli eserciti e i governi che hanno
appena condotto la guerra contro la Jugoslavia. Rappresentando
quegli interessi, ha lanciato alla opinione pubblica il messaggio
che, con loro al potere, la Jugoslavia sarebbe uscita da ogni
pericolo di guerra e di violenza, sarebbe riavviata la prosperità
economica, il tenore di vita sarebbe migliorato visibilmente e
rapidamente, la Jugoslavia sarebbe reintegrata nelle istituzioni
internazionali, e via dicendo.
Cari concittadini, è mio dovere mettervi pubblicamente in guardia
e per tempo sulla falsità di queste promesse e sul fatto che la
situazione è ben diversa. E’ proprio la nostra politica che
garantisce la pace, mentre la loro provoca conflitti incessanti e
violenza e vi dirò perchè.
Con l’instaurazione di un governo appoggiato o direttamente
insediato dalla comunità dei paesi riuniti nella NATO, la
Jugoslavia diventerebbe inevitabilmente un Paese il cui
territorio verrebbe rapidamente smembrato.
Queste non sono soltanto le intenzioni della NATO. Queste sono le
promesse pre-elettorali della Opposizione Democratica Serba. Noi
l'abbiamo ascoltato dalla bocca dei suoi stessi rappresentanti:
- il Sangiaccato otterrebbe l'autonomia che un membro della
coalizione, leader di un'organizzazione separatista musulmana,
Suleiman Ugljanin, reclama da dieci anni- e che significherebbe,
nei fatti, la separazione definitiva del Sangiaccato dalla
Serbia.
- Le loro promesse comprendono anche l'ottenimento da parte della
Vojvodina di un'autonomia che non soltanto la separerebbe dalla
Serbia e dalla Jugoslavia, ma la trasformerebbe nei fatti in
parte integrante della vicina Ungheria.
- Nello stesso modo, altre regioni sarebbero separate dalla
Serbia, e anche alcune zone di frontiera. La loro annessione da
parte degli Stati confinanti costituisce da lungo tempo un
imperativo per questi paesi, che continuano ad incitare le loro
minoranze presenti in Jugoslavia a contribuire all'integrazione
di queste parti del nostro Paese negli Stati vicini.
- Nel quadro di questa politica di smembramento della Jugoslavia,
il Kosovo sarebbe la prima vittima. Il suo status attuale sarebbe
dichiarato legale e definitivo. Questa sarebbe la prima parte del
suo territorio cui la Serbia dovrebbe dire addio, senza poter
neanche sperare che questa parte della sua terra le possa mai
essere restituita.
- Il resto del territorio che continuerà a chiamarsi Serbia
verrebbe occupato da forze militari internazionali, USA o
comunque straniere, che tratteranno il nostro territorio come
loro zona di esercitazioni militari e loro proprietà, da
controllare secondo gli interessi della potenza che disloca il
proprio esercito di occupazione. Abbiamo visto casi di controllo
simili, e le loro conseguenze, negli scorsi decenni, e
specialmente negli ultimi dieci anni in molti paesi nel mondo e
ultimamente purtroppo anche in Europa, per esempio nel Kosovo,
nella Repubblica Serba di Bosnia, in Macedonia, per restare
intorno a noi. Il popolo della Serbia subirebbe la stessa sorte
dei Kurdi, con la prospettiva di essere sterminato ben più
rapidamente dei Kurdi, essendo meno numeroso e muovendosi su un
territorio assai più ristretto del loro.
- Quanto al Montenegro, il suo destino sarebbe lasciato nelle
mani della mafia le cui regole del gioco i cittadini dovrebbero
conoscere: ogni infrazione alla disciplina e soprattutto ogni
opposizione agli interessi mafiosi è punita con la morte, senza
alcun diritto di appello.
Vi ho descritto il destino della Jugoslavia in caso di
accettazione dell’opzione NATO per il nostro paese, con l'intento
di mettervi in guardia che oltre e più della perdita territoriale
e all’umiliazione del popolo, noi ci troveremo tutti a vivere in
un clima di continue violenze. I nuovi proprietari degli antichi
territori dello Stato di Jugoslavia e gli occupanti del restante
territorio serbo terrorizzerebbero, come è nella natura delle
cose, le popolazioni dei territori che andrebbero ad occupare.
Nello stesso tempo, il popolo serbo stesso si batterebbe
continuamente per ristabilire uno Stato serbo nel quale potersi
riunire.
Queste potenze non vogliono la pace e la prosperità nei Balcani.
Esse vogliono che questa sia una zona di conflitti permanenti e
di guerre che servano da alibi a far perdurare la loro presenza.
Un governo fantoccio è una garanzia certa di violenze, forse
anche di molti anni di guerra. Di tutto salvo che di pace. Solo
il nostro governo indipendente può garantire la pace.
Non solo questo. Tutti i paesi che si sono trovati in condizioni
di sovranità limitata e con governi sotto l'influenza di potenze
straniere si sono rapidamente impoveriti in misura tale da
distruggere ogni speranza di relazioni sociali più giuste e
umane. La divisione radicale tra una maggioranza povera e una
minoranza ricca: questo è il quadro che l’Europa orientale ci
presenta da diversi anni ormai, come tutti possono constatare. La
stessa cosa accadrebbe anche a noi. Anche noi, una volta
sottoposti al comando e al controllo di quelli che dominerebbero
il paese, avremo in breve un'immensa maggioranza di gente nella
più estrema povertà, con una prospettiva di uscirne molto, molto
incerta e lontana. La minoranza ricca sarebbe composta da
un’elite di profittatori del mercato nero, cui sarà concesso di
arricchirsi solo a patto di sottostare ciecamente al potere di
chi deciderebbe del destino del nostro Paese.
La proprietà sociale e pubblica sarebbe rapidamente privatizzata,
ma i nuovi padroni, come l’esperienza dei paesi vicini dimostra,
sarebbero di regola stranieri. Tra le rare eccezioni figureranno
coloro che avranno acquistato il loro diritto di proprietà con la
loro obbedienza e sottomissione, cosa che porterà alla scomparsa
di ogni più elementare dignità, nazionale e umana.
In queste circostanze, le principali ricchezze della nazione
diverrebbero proprietà straniera, e coloro che le già
amministravano normalmente continuerebbero a farlo nella nuova
situazione ma come impiegati di società straniere nel loro paese.
L'umiliazione nazionale, la frammentazione dello Stato e la
povertà sociale condurrebbero necessariamente a ogni tipo di
patologia sociale, di cui il crimine sarà il primo. Questa non è
una supposizione: è l'esperienza vissuta da tutti i Paesi che
hanno preso il cammino che noi cerchiamo di evitare a tutti i
costi. I centri del crimine non sono più nell'Europa occidentale,
si sono spostati verso l'Europa dell'Est da una decina d'anni. Il
nostro popolo ha già dovuto mal sopportare l'incidenza criminale
attuale, perchè noi abbiamo vissuto a lungo, dalla Seconda guerra
mondiale agli anno '90, in una società che non conosceva quasi
per niente il crimine. La criminalità a grande scala, che non
potrebbe essere evitata nel tipo di società che diverrebbe la
nostra in caso di perdita della nostra sovranità e di una parte
del nostro territorio, sarebbe tanto pericolosa per la società e
i cittadini e per il nostro piccolo popolo, che non vi è
abituato, quanto può esserlo la guerra.
Uno degli obiettivi e compiti essenziali di un governo fantoccio,
non importa in quale Paese, compreso il nostro se noi dovessimo
avere un tale governo, è la perdita di identità nazionale. I
Paesi sotto potere straniero si separano velocemente dalla loro
storia, dal loro passato, dalle loro tradizioni, dal loro stile
di vita, e spesso anche dal loro idioma letterario. Ciò sarà
invisibile all'inizio, ma una selezione molto efficacie e senza
pietà dell'identità nazionale la ridurrà a qualche pietanza
locale, qualche canzone e danza folcloristica, ed al nome di
qualche eroe nazionale utilizzato come marca di cosmetici o di
prodotti alimentari. Nel XX secolo, una delle più evidenti
conseguenze dell'usurpazione dei territori nazionali da parte
delle grandi potenze è l'annichilimento dell'identità di popolo
di questi paesi.
L'esperienza delle altre nazioni mostra che le persone possono
difficilmente sopportare la velocità alla quale esse devono
cominciare a servirsi di una lingua straniera come fosse la loro,
ad identificarsi in figure storiche straniere dimenticando le
loro, ad avere più familiarità con la letteratura dei loro
occupanti che con la loro, a glorificare la Storia degli altri
sminuendo la loro, ad assomigliare agli altri e non a sè stessi.
La perdita dell'identità nazionale è la più grande sconfitta che
una nazione possa conoscere, ed essa è inevitabile nella forma
moderna di colonialismo. Inoltre, questa nuova forma di
colonozzazione mette fuori norma, per sua stessa natura, ogni
possibilità di libertà di parola e di decisione, e soprattutto
ogni forma di creatività. Quando un Paese non è libero, esso
rifiuta ai popoli che vivono nel suo seno il diritto di esprimere
liberamente le proprie opinioni, perchè queste opinioni rischiano
di trovarsi in conflitto con l'assenza di libertà. E' per questo
che la tortura del pensiero è la forma più essenziale ed
efficacie in un paese che ha perduto la libertà. Quanto ad
esercitare il proprio libero arbitrio, è naturalmente fuori di
discussione. La libertà di decisione non è permessa che
illusoriamente. Essa è accordata solo ai lacchè dei dominatori
stranieri, perchè la loro sedicente lobertà serve agli occupanti
per proclamare di avere instaurato la Democrazia, nel nome della
quale avevano preso possesso del Paese di un altro popolo.
Io vorrei sottolinearlo particolarmente all'attenzione dei
giovani, intellettuali o sapienti: è di regola che i Paesi
privati di sovrantà nazionale siano privati del diritto al lavoro
creativo, e specialmene al lavoro creativo in campo scientifico.
Sono i centri di potere e le grandi potenze che finanziano il
lavoro scientifico, controllano i suoi risultati e decidono della
loro applicazione. Negli Stati dipendenti, i laboratori di
ricerca e gli istituti scientifici non sono indipendenti ma
operano in qualità di branche controllate da un centro. Le loro
realizzazioni devono restare entro dei limiti che non rischino di
introdurre nei Paesi e nei popoli occupati un seme di ribellione
o di emancipazione.
Al momento in cui vi parlo, siccome l'Opposizione Democratica
Serba non è sicura di raggiungere i risultati che le sono
necessari, i leader del DOS stanno accettando, con il denaro
introdotto nel paese, di far ricattare e logorare i cittadini, di
organizzare degli scioperi, di creare un clima di insicurezza e
di violenza, con l'intento di arrestare la produzione, ogni
lavoro e ogni attività. Tutto ciò ha lo scopo evidente di
arrestare la vita in Serbia, e di affermare che essa riprenderà
con successo e benessere solo quando sarà organizzata da coloro
che tra noi rappresentano le intenzioni, i piani e gli interessi
degli occupanti.
Il nostro Paese è uno Stato sovrano. Ha le sue leggi, la sua
Costituzione e le sue istituzioni. La Serbia ha il dovere e il
diritto all'autodifesa dall'invasione che è stata preparata
contro di essa attraverso diverse forme di sovversione. E i
cittadini devono sapere che partecipando ad una sovversione il
cui obiettivo è la dominazione straniera o l'occupazione del loro
Paese, essi portano la responsabilità storica di privare il loro
Paese del diritto all'esistenza, così come la responsabilità di
perdere il controllo sulla propria esistenza. Abandonando il loro
Paese in mano ad altri, a degli stranieri, essi stanno per mettere
nelle mani dello straniero la loro vita, la
vita dei loro figli e di molte altre persone.
Io ho ritenuto mio dovere mettere in guardia i cittadini della nostra
patria sulle conseguenze di queste attività, finanziate e sostenute
dai governi dei paesi NATO. I cittadini possono credermi, ma non
ne sono obbligati. Mi auguro soltanto che non si ricredano
quando sarà troppo tardi, che non si avvedano di
questa realtà quando sarà difficile correggere gli errori fatti
per ingenuità, o per errore o indifferenza, perchè quegli errori
avranno prodotto situazioni difficili e forse impossibili da
raddrizzare, e certamente non avranno mai una riparazione.
Nel dire queste cose non ho motivazioni di carattere personale.
Sono stato eletto due volte presidente della Serbia e una volta
presidente della Jugoslavia. Dovrebbe essere chiaro a tutti, dopo
questi dieci anni, che non attaccano la Serbia perchè c’è
Milosevic, ma attaccano Milosevic per attaccare la Serbia. La mia
coscienza al riguardo è assolutamente tranquilla. Ma non lo
sarebbe del tutto se io non dicessi al mio popolo, dopo tutti
questi anni trascorsi alla sua guida, quella che io penso sarà la
sua sorte, sia che il suo destino gli sia imposto da altri, sia
che ciò significhi dire al popolo che questo destino se lo sta
scegliendo con le sue stesse mani. L'errore di giudizio che
consiste nello scegliere ciò che è stato scelto da altri è il più
pericoloso degli errori di giudizio, e questa è essenzialmente la
ragione della mia decisione di rivolgermi pubblicamente ai
cittadini della Jugoslavia.
Vi ringrazio.
Presidente Slobodan Milosevic
--- ENGLISH ---
http://www.egroups.com/message/crj-mailinglist/494
http://www.icdsm.org/milosevic/nation.htm
Milosevic's Speech to the Nation
Delivered Monday, October 2, 2000
"Honored citizens,
In the expectation of a second round of election, I'd like to take the
opportunity to explain my views on the political situation in our
country, especially in Serbia. As you know, efforts have been underway
for a whole decade to put the whole Balkan Peninsula under the control
of certain Western powers. A big part of that job was accomplished by
establishing puppet governments in some countries, by transforming them
into countries with limited sovereignty or no sovereignty at all.
Because we resisted, we have been subjected to all the pressures that
can be applied to people in today's world. The number and intensity of
these pressures multiplied as time went by.
All the experience that the big powers gained in the second half of the
20th century in overthrowing governments, causing unrest, instigating
civil wars, disparaging or liquidating national freedom fighters,
bringing states and nations to the brink of poverty - all this was
applied to our country and our people.
The events unfolding around our elections are part of the organized
persecution of our country and our people because we constitute a
barrier to the full domination of the Balkan Peninsula.
For a long time there has been a grouping among us which, under the
guise of being pro-democratic, have in fact represented the interests
of the governments attacking Yugoslavia, especially Serbia.
During the elections that group called itself the 'Democratic'
Opposition of Serbia.
Its boss is not its presidential candidate.
Its boss is the president of the Democratic Party. For years he has
collaborated with the military alliance that attacked our country. He
could not even hide his collaboration. In fact, our entire public knows
that he appealed to NATO to bomb Serbia for as many weeks as necessary
to break its resistance.
So the 'democratic' grouping organized for these elections represents
the armies and governments which recently waged war against Yugoslavia.
At the behest of these foreing powers our 'democrats' told the people
that they would make Yugoslavia be free of war and violence, that
Yugoslavia would prosper, the living standard would improve visibly and
fast, that Yugoslavia would rejoin international institutions, and on
and on.
Honored citizens,
It is my duty to warn you publicly, while there is time, that these
promises are false. The situation is quite different.
It is precisely our policy which allows peace and theirs which
guarantees lasting conflict and violence, and I shall tell you why.
With the establishment of an administration supported or installed by
NATO, Yugoslavia would quickly be dismembered.
These are not NATO's intentions alone. These are the pre-election
promises of the Democratic Opposition of Serbia. We have heard from its
representatives that [the section of Serbia known as the] Sandzak would
get the autonomy advocated by one of its coalition members, Sulejman
Ugljanin, leader of a separatist Muslim organization. This autonomy,
which Sulejman Ugljanin has been advocating for ten years, would in
fact mean a definite separation of Sandzak from Serbia.
Their promises also include giving [the Serbian Province of ] Vojvodina
an autonomy that would not only separate it from Serbia and Yugoslavia
but would in fact make it an integral part of neighboring Hungary.
In a similar manner other areas would be separated from Serbia,
especially its border areas.
The annexation of these areas by neighboring states has for a long time
been a hot issue in those states which have continuously incited their
minorities in Yugoslavia to help integrate parts of our country into
neighboring states.
Within this policy of dismembering Yugoslavia, Kosovo would be the
first victim. Its present status would be proclaimed legal and final.
It is the first part of Serbian territory to which Serbia would have to
bid farewell, without even a hope that we could reclaim this part of
our country.
The territory that would be left to bear the name Serbia would be
occupied by international forces, US or some other. They would treat
our land as their military training ground, as their private preserve,
to be controlled in accord with the interests of the occupying power.
We have been looking at cases of such control and its consequences for
decades, and especially in this past decade, in many countries around
the world, unfortunately lately even in Europe, for instance in Kosovo,
Republic of Srpska and Macedonia, in our immediate neighborhood.
The people of Serbia would know the fate of the Kurds, with a prospect
of being exterminated more speedily than the Kurds since they are less
numerous, and since their movements would be limited to a much smaller
area than the one in which Kurds have been present for decades.
As for Montenegro, its fate would be left in the hands of the Mafia,
whose rules of the game should be made well known to the citizens: any
breach of discipline and especially any opposition to Mafia interests
is punishable by death without any right to appeal.
I have presented you the fate of Yugoslavia in the event that the NATO
option were accepted n order to warn you that, in addition to loss of
land and the humiliation of the people, all would live under a regime
of ceaseless violence.
The new owners of what had been Yugoslavia's state territory and the
occupiers of what was left of Serbian territory would, predictably,
terrorize the population whose territory they had seized.
The Serbian people would be forced to fight continuously for the
re-establishment of a Serb state in which the people could reassemble.
These Imperial powers do not want peace or prosperity in the Balkans.
They want this to be a zone of permanent conflicts and wars which would
provide them with an alibi for maintaining a lasting presence.
A puppet administration therefore guarantees violence, possibly many
years of war, anything but peace. Only self-administration makes peace
possible.
And there is more. All countries finding themselves with limited
sovereignty and with governments controlled by foreign powers, speedily
become impoverished in a way that destroys all hope for more just and
humane social relations.
A great division into a poor majority and a rich minority, this has
been the picture in Eastern Europe for some years now that we can all
see.
That picture would also include us. Under the control of the new owners
of our country we too would quickly have a tremendous majority of the
very poor, whose prospects of coming out of their poverty would be very
uncertain, very distant.
The rich minority would be made up of the black marketeering elite,
which would be allowed to stay rich only on condition that it was fully
loyal to the outside, controlling powers.
Public and social property would quickly be transformed into private
property, but its owners, as demonstrated by the experience of our
neighbors, would be foreigners. Among the few exceptions would be those
who would buy their right to own property by their loyalty and
submission, which would lead to the elimination of elementary national
and human dignity.
The greatest national assets in such circumstances become the property
of foreigners, and the people who used to manage them continue to do
so, but as employees of foreign companies in their own country.
National humiliation, state fragmentation and social misery would
necessarily lead to many forms of social pathology, of which crime
would be the first. This is not just a supposition, this is the
experience of all countries which have taken the path that we are
trying to avoid at any cost.
The capitals of European crime are no longer in the west, they were
moved to Eastern Europe a decade ago.
Our people find it hard to bear even the present crime incidence,
because for a long time, from World War II to the nineties we lived in
a society which knew hardly any crime. This tremendous increase in
crime, such as cannot be avoided in a society such as we would become
with the loss of our sovereignty and a large part of our territory,
such wider crime would be as dangerous for our people, few in numbers
and unused to crime, just as war is dangerous for society and its
citizens.
One of the essential tasks of a puppet government in any country,
including ours, were we to have such a government, is loss of identity.
Countries under foreign command quickly forget their history, their
past, their tradition, their national symbols, their way of living,
often their own literary language.
Our national identity would be scrutinized, invisibly at first, but
very efficiently and mercilessly, and certain aspects of national
identity would be selected, reducing it to a few local dishes, a few
songs and folk dances, with the names of national heroes used as brand
names for food products or cosmetics.
One of the really obvious consequences of the takeover of countries by
the big powers in the 20th century is the annihilation of the people's
national identity.
The experience of other countries shows that people can hardly come to
terms with the speed with which they must start using a foreign
language as their own, identifying with foreign historic figures while
forgetting their own, becoming better acquainted with the literature of
their occupiers than with their own, glorifying the history of others
while mocking their own, so that they come resemble others instead of
themselves.
The loss of national identity is the greatest defeat a nation can know,
and it is inevitable under the contemporary form of colonization.
Besides, by its very nature, this new form of colonization rules out
any possibility of free speech or free will, and especially rules out
creativity of any kind.
Countries that are not free deny to the people who live in them the
right to free speech; free speech would cause problems in the absence
of freedom.
This is why torture over wrong thoughts is the most consistent and
essential form of torture in a country that has lost its freedom. As
for exercising free will, it is, naturally, out of the question. Free
will is allowed only as a farce. It is allowed only to the lackeys of
foreign masters, whose simulated free will is used by the occupiers as
a justification for establishing a 'democracy' in whose name they take
and hold another people's country.
I would like to stress particularly to young people, intellectuals,
scientists, that countries deprived of sovereignty are as a rule
deprived of the right to creative work, and especially creative work in
the field of science.
Large centers and large powers finance scientific work, control its
attainments and decide about the application of its results. Even if
dependent states do have scientific laboratories and scientific
institutes, these are not independent ones; rather they operate as
branches controlled by one center. Their attainments must remain within
definite limits so as not to introduce in occupied countries and
occupied peoples the seed of rebellion and emancipation.
Now we are in the period before the run-off elections. The 'Democratic'
Opposition of Serbia doubts it can achieve the result it needs.
Therefore leaders of this Opposition are trying to stop production, all
work, all activity. Using money that's being shipped into the country,
they are bribing some, blackmailing or harassing others, organizing
strikes, unrest and violence.
The idea is to stop life in Serbia while offering the bait that life
can start again and prosper if only it is organized by those who
represent, within Serbia - what do they represent? The plans and
interests of the would-be occupiers.
Our country is a sovereign state. It has its laws. It's own
Constitution and institutions. Serbia deserves and is duty bound to
defend itself from this invasion which has begun with these staged
disruptions and false promises of quick improvement.
And citizens should know, that if some do participate in this
subversion whose objective is foreign domination over and occupation of
their country then they will shoulder the historical responsibility not
only of denying to their country the right to exist but also of losing
control over their own lives.
By giving up their country to others, to a foreign will, they will also
surrender to a foreign will their own lives and the lives of their
children and many other people.
I considered it my duty to warn the citizens of our country about the
consequences of the activities financed and supported by the NATO
governments.
Citizens, you must make up your own minds whether to believe me or not.
My only wish is that they do not realize I am telling the truth when it
is too late, that they do not realize after it has become so much more
difficult to correct mistakes that some people have made, naively,
superficially or erroneously. Some of those mistakes would be difficult
to rectify and some would never be rectified.
My motive in expressing my opinion in this way is not personal; not at
all. I was twice elected president of Serbia and once president of
Yugoslavia. It should be clear to all, after the past ten years, that
NATO isn't attacking Serbia because of Miloshevich; it is attacking
Miloshevich because of Serbia.
My conscience in that respect is clear. But my conscience would not be
clear if I did not tell my people, after all these years as their
leader, what I think will happen if they let their fate be imposed by a
hostile, outside force, even if it appears that they have chosen that
fate for themselves.
The misjudgment they would make by 'choosing' what has been chosen for
them, is the most dangerous misjudgment possible. That is why I am
publicly addressing the citizens of Yugoslavia today.
Thank you."
(Translated by Emperor's Clothes)
Arhiva : : Oktobar 2004.
Očevi i djeca
U Ujedinjenoj Evropi potiče se stalno interes za tri novopečene članice
- kepece: za Estoniju, Letoniju i Litvu. Hladne sjeverne zemlje, čiji
su građani nekad imali vruća boljševička srca, pa su kao takvi ostali
zapisani i u literaturi. Spominju se kao strogi komandanti Crvene
konjice u djelima kao što su "Kako se kalio čelik", dobro poznatim
generacijama očeva, ali vrlo dalekim generaciji "Sinova i prosjaka".
Jer šta je ta generacija sinova i unuka, ako ne prosjaci i torbari u
modernom ruhu na ogromnom tržištu globusa?
Estonci ističu svoje drevno genetsko porijeko - potiču vele od Balta,
Fina i Vikinga.Oni nisu prljavi Slaveni, koji su ih kao "psi oktobra"
dva puta okupirali u jednom stoljeću, što Estonci nikako ne mogu
zaboraviti. Zato danas u Tallinu postoji Muzej triju okupacija, od
kojih dvije sovjetske. Muzej ima i svoju web stranicu. Može se
zamislitii šta im sve na njoj pišu Rusi, tretirani kao okupatori… I
poslednje ali ne i najmanje važno: u Estoniji su na vlasti
socijaldemokrati.
Riga je evropska prestolnica sa najmanje sunca. Već sama ta činjenica
govori o iluminiranosti njenih stanovnika, koji su na prošlim izborima
glasali za jednu koaliciju partija desnice. Bila je to nekad čuvena
baltička luka. Danas ona ima i potpuno obnovljenu staru trgovačku
četvrt sa sinagogama, koje su se odjednom našle pune jevrejskih
vjernika - naročito otkad su američki novci pomogli dotad nepostojeće
pobožne ljude jevrejske vjeroipovjesti. No djeca vjerujućih Jevreja
doselila su u Rigu iz drugih krajeva Rusije, jer su u baltičkim
zemljama za vrijeme njemačke okupacije Jevreje tako temeljito
potamanili kao nigdje u Evropi. No to ne bi nimalo trebalo smetati, da
kupite traperice u dućanu Mihaila Eisensteina, oca filmadžije Sergeja
Eisensteina.
Šta da se radi, kad se i ulice u toj zemlji zovu "iela" što na
talijanskom znači baksuz… Jer kako se drugačije nego baksuzno može
smatrati napredovanje generacija, u kojem se od dede trgovca dođe do
slavnog režisera čuveneg filma "Krstarica Potemkin", kojega su vidjeli
svi očevi generacije rodjene u XX stoljeću, da bi unuci, što su
ugledali svijet osamdesetih godina proteklog vijeka, bili ponovo
pretvoreni u kramare? Vraćeni su natrag nekom ludom sudbinskom kockom,
kao u igri "Čovječe, ne ljuti se!" Tako je danas kramarenje postalo ne
samo vrhunaravna ideologija, već i jedini mogući način da se preživi.
Taj napredak rakovim korakom (opjevan već kod Zmaja Jove: "Oh, babo,
babo! Kupi mi babo - pečenja kupi janječeg!") ne zna se da li je
rezultat udara poznatog čarobnog štapića demokracije bombi ili molbe
izrečene onoj čuvenoj zlatnoj ribici iz ruske bajke? Ribica kao što je
znano ispunjava tri želje. A te su tri u baltičkim zemljama sigurno
bile: oslobodi nas Rusa, oslobodi Sovjeta, daj da imamo novaca... Zato
danas kad kao stranac uđete u taxi na primjer u Tallinu dogodi se da
taksist zapita sa koliko žena gospodin želi susret: jednom, dvije ili
možda tri?
U tom smislu Estonija se ističe kao zemlja vrlo uspješne tranzicije -
valjda zato što su njeni stanovnici shvatili, da je duša zapadne
civilizacije trgovina, ako nema druge robe, i vlastitim tijelom. Jer,
kako reče Danton u replici Mercieru u Büchnerovom komadu Dantonova smrt
- "danas se sve izrađuje od ljudskog mesa, imaš pravo!"
A ta je replica bila izrečena na optužbe francuskim revolucionarima, da
su bijednici, da je giljotina proizvod njihovih govora i da su gradili
piramide, kao Bajazit, od ljudskih glava…
Ako su sve revolucije slične, slične su bogami i sve replike, koje im
se stavljaju, kao što su slične i sve kontrarevolucije i njihovi
rezultati. A mogu se sve u svemu svesti na trgovinu ljudskim mesom.
Svaki se dan na veliku tržnicu ljudskog rada i ljudskog mesa navaljuju
novi tereti mladih snaga po sve povoljnijoj cileni. Cijena je ljudskog
rada kao i ljudskog mesa to niža što je ponuda veća odnosno što je
zemlja siromašnija i manja, bila ona članicom Ujedinjene Evrope ili ne.
No u buržoaskom društvu, sve mora imati lijepu formu, pa zato slave
cvijećem i šampanjcem školarce koji su završili nastavu ili diplomande,
koji su završili sveučilišta. Znate li kako promocija novih diplomanada
izgleda u Zagrebu?
U tipičnoj tuđmanovskoj koreografiji zastave i stijegovi sa šahovnicom
pobodeni su u radijatore, svira se himna "Lijepa naša" (ali, kako je
rekao Allende ne može biti lijepa zemlja, koja ovo radi svojim
građanima, čak i kad obiluje prirodnim ljepotama), dok preuzvišeni
rektor drži ruku na srcu ogrnut crnim plaštem, a uplašćeni su i
laureandi, sa kapicama s kićenkom u stilu koji bi treba oponašati
slične ceremonije iz američkih filmova . Iako izigravaju Amerikance oni
ustvari igraju novu postavu Krležinog "Kraljeva". A obješeni, onaj sa
štrikom o vratu i davljenik s ribicom u džepu, su ustvari baš oni,
sinovi, novo pokoljenje - budući diplomci bez posla, bačeni na tržište
rada. Ponude su tog tržišta tričave i jadne za sve one, koji nisu
sinovi "uticajnih roditelja" te su ih isti već rodili sa cijelim
poduzećima, restoranima, ljetnjikovcima i jahtama u vlasništvu… A da
maskarada, kao u "Kraljevu", bude što potpunija to se "topovsko meso"
tržišta rada ovako umaškarano na američki način, po onoj poslovici o
žabi koja je vidjela konja da se potkiva pa i ona digla nogu, glasno
zaklinje, pardon "izriče prisegu" majčici domovini, da će je vjerno
služiti, a ne navodi se gdje ni kako. I sve je to cirkusa radi, jer će
velika većina tih diplomaca tranzicijskih zemalja raditi u tuđem
velikom svijetu poslove za koje uopće nije potrebna univerzitetska
naobrazba.
Zato Ujedinjena Evropa po Bolonjskom dogovoru reformira i kljaštri
univerzitetske studije svodeći ih na tri godine u prvom stupnju. A na
drugi stupanj ići će samo oni koji budu sposobni, odnosno oni, koji
budu imali dosta novaca i vremena, da ga troše na nauku! Mladi
obrazovani ljudi nisu danas neka sreća za svjetski poredak. Obrazovano
stanovništvo moglo bi se dosjetiti da ga varaju i vuku za nos, dok mu
istovremeno, zaokupljenom lokalnim fašizmima i bandjerizmima, crnim
zastavama i crvenim ordenjem, što se prodaje na vašarima i po
staretinarnama, vuku iz džepa njegove lijepe bijele pare. Jer cijela
gore opisana prestava uz sviranje himne, za vrijeme koje svi stoje
ukipljeni kao marionete, sve do bećarskog "Gaudeamus igitur", plaćena
je isključivo iz roditeljskog džepa i to ništa manje nego 50 Eura!
Slično spektaklima Inkvizicije, gdje je osuđeni morao sam da financira
vlastita vješala ili lomaču.Sve je na prodaju u vrlom novom svijetu, pa
i priredbe nedostojne sveučilišno obrazovanih ljudi u tranzicijskim
zemljama, koje su, kako je ponzato - kripli.
Jasna Tkalec
annuncio di una iniziativa di solidarieta' con Cuba in programma in
questi giorni a Roma]
http://komunist.free.fr/arhiva/sep2004/roque.html
Arhiva : : Septembar 2004.
GOVOR UVAŽENOG G. FELIPEA PERESA ROKE, MINISTRA SPOLJNIH POSLOVA
REPUBLIKE KUBE NA 59 REDOVNOM ZASEDANJU GENERALNE SKUPŠTINE UJEDINJENIH
NACIJA, NJUJORK, 24. SEPTEMBAR 2004.
Gospodine Predsedniče,
Svake godine u Ujedinjenim nacijama obavljamo isti ritual.
Prisustvujemo generalnoj debati unapred znajući da će prizivanje pravde
i mira naših nerazvijenih zemalja biti još jednom ignorisano. Ipak,
uporni smo. Znamo da imamo pravo. Znamo da ćemo jednog dana osvojiti
socijalnu pravdu i razvoj. Takođe znamo da nam neće biti poklonjeni.
Znamo da ćemo mi narodi morati da ih iščupamo od onih koji nam danas
odbijaju pravdu, jer podupiru svoje obilje i aroganciju preziranjem
našeg bola. Ali neće uvek biti tako. Danas to kažemo ubeđeniji nego
ikad.
Govoreći to i znajući, kao što znamo, da će smetati nekim – malobrojnim
– ovde prisutnima moćnima, a isto tako znajući da ih mnogi dele, Kuba
će reći neke istine:
Prvu: Posle agresije na Irak, ne postoji Organizacija Ujedinjenih
nacija, u smislu korisnog i raznolikog foruma, zasnovanog na poštovanju
prava svih i sa garancijama i za male države.
Preživljava najgori trenutak svojih već skoro 60 godina. Malaksava.
Dahće, pričinjava se, ali ne funkcioniše.
Ko je vezao ruke Ujedinjenim nacijama kojima je Predsednik Ruzvelt dao
ime? Predsednik Buš.
Drugu: Američke trupe će morati da se povuku iz Iraka.
Posle beskorisnog žrtvovanja života više od 1.000 mladih Amerikanaca
radi služenja nelegitimnim interesima jedne kamarile velikih prijatelja
i drugara, i posle pogibije više od 12 hiljada Iračana, jasno je da je,
pred pobunjenim narodom, jedini izlaz za okupatora, da prizna
nemogućnost da njime vlada i da se povuče. Uprkos imperijalnog monopola
nad informisanjem, narodi uvek stignu do istine. Jednog će se dana,
odgovorni i njihovi saučesnici pred Istorijom i svojim narodima suočiti
sa posledicama svojih dela.
Treću: Za sada neće biti validne, istinske i korisne reforme
Ujedinjenih nacija.
To bi zahtevalo da se supersila koja je nasledila neizmerne prerogative
da sama uživa u poretku ustanovljenim za bipolarni svet, odrekne svojih
privilegija. A to neće učiniti.
Već sada znamo da će anahrona privilegija veta ostati, da Savet
bezbednosti neće moći da bude demokratizovan kao što bi trebalo, niti
proširen zemljama Trećeg sveta, da će Generalna skupština i dalje biti
ignorisana, i da će Ujedinjene nacije i dalje delovati prema interesima
koje nameće supersila i njeni saveznici.
Imamo Nesvrstane zemlje koje su se ušančile u odbrani Povelje
Ujedinjenih nacija, jer bi u protivnom i ona bila ponovno napisana i iz
nje bi se izbacio svaki trag principa kao što su suverena ravnopravnost
država, neintervenisanje i neupotreba pretnji upotrebom sile.
Četvrtu: Moćni kuju zaveru da nas podele.
Nas više od 130 nerazvijenih zemalja treba da uspostavimo jedan
zajednički front za odbranu svetih interesa naših naroda, našeg prava
na razvoj i na mir. Oživimo Pokret nesvrstanih zemalja. Ojačajmo Grupu
77.
Petu: Skromni ciljevi Milenijumske deklaracije neće biti ispunjeni.
Stići ćemo do pete godišnjice Samita u goroj situaciji.
- Naumili smo da se do 2015. g. smanji za polovinu broj od 1 milijarde
276 miliona ljudskih bića koja žive u krajnjoj bedi, koliko ih je bilo
1990. g. To bi zahtevalo smanjenje od 46 miliona siromašnih svake
godine. Ipak, isključujući Kinu, od 1990 g. do 2000. g. krajnje
siromaštvo je povećano za 28 miliona ljudi. Siromaštvo se ne smanjuje,
raste.
- Hteli smo da do 2015. g. na polovinu smanjimo 842 miliona gladnih
registrovanih u svetu. To bi zahtevalo smanjenje od 28 miliona
godišnje. Međutim, jedva da je smanjen 2,1 milion gladnih godišnje. Tim
temom bi se cilj dostigao 2215. g; dvesta godina posle onoga što je
predviđeno, i to jedino ako naša vrsta preživi uništavanje svoje
životne sredine.
- Proklamovali smo težnju da se do 2015. g. postigne univerzalno
osnovno školovanje. Ipak, više od 120 miliona dece, 1 na svakih 5
školskog uzrasta, ne ide u osnovnu školu. Prema UNICEF-u, sadašnjim
tempom cilj će se dostići posle 2100. g.
- Naumili smo da za dve trećine smanjimo smrtnost mlađih od pet godina.
Smanjenje je simbolično: od 86 dece koja su umirala na 1000 novorođenih
1998. g., sada umire 82. I dalje svake godine umire 11 miliona dece
zbog bolesti koje mogu biti sprečene prevencijom ili izlečene, a čiji
se roditelji s pravom pitaju čemu služe naši sastanci.
- Rekli smo da ćemo obratiti pažnju na posebne potrebe Afrike. Ipak,
vrlo malo je učinjeno. Afričkim narodima nisu potrebni ni saveti ni
tuđi modeli, već finansijska sredstva i pristup tržištima i
tehnologijama. Pomoć Africi ne bi bilo delo milosrđa, već pravde; bilo
bi to izmirenje istorijskog duga za vekove eksploatacije i pljačke.
- Obavezali smo se da zaustavimo i da do 2015. g. počnemo da suzbijamo
epidemiju SIDE. Ipak, 2003. g. ona je prouzrokovala skoro 3 miliona
smrti. Tim tempom, 2015. g. bi samo od tog uzroka umiralo 36 miliona
ljudi.
Šestu: Zemlje poverioci i međunarodne finansijske organizacije neće
tražiti pravedno i trajno rešenje za spoljne dugove.
Više nas vole zadužene, to jest, ranjive. Zbog toga, iako smo platili
4,1 milijardu dolara za servisiranje duga za poslednjih 13 godina, naš
dug je porastao sa 1,4 milijarde na 2,6 milijardi. To znači, platili
smo tri puta ono što smo trebali, a naš dug je sada udvostručen.
Sedmu: Mi nerazvijene zemlje smo te koje finansiraju rasipništvo i
obilje razvijenih zemalja.
Dok su 2003. g. one nama dale kao zvaničnu pomoć razvoju 68 milijardi i
400 miliona dolara, mi smo im za plaćanje duga predali 436 milijardi.
Ko kome pomaže?
Osmu: Borba protiv terorizma se može dobiti samo kroz saradnju između
svih država i uz poštovanje Međunarodnog prava, a ne pomoću masovnog
bombardovanja i preventivnih ratova protiv "mračnih delova sveta".
Hipokrizija i dvostruki aršini treba da prestanu. Pružanje utočišta u
Sjedinjenim Državama trojici kubanskih terorista je čin saučesništva sa
terorizmom. Kažnjavanje petorice mladih kubanskih boraca protiv
terorizma i njihovih porodica je zločin.
Devetu: Opše i kompletno razoružanje, uključujući i nuklearno
razoružanje, danas je nemoguće.
To je odgovornost jedne grupe razvijenih zemalja koje su te koje
najviše prodaju i kupuju oružje. Ipak, treba da nastavimo da se borimo
za to. Treba da zahtevamo da više od 900 milijardi koje se svake godine
odvajaju za vojne troškove budu upotrebljene za razvoj.
Desetu: Postoje finansijska sredstva za garantovanje održivog razvoja
za sve narode planete, ali nedostaje politička volja onih koji vladaju
svetom.
Porez za razvoj od jedva 0,1 posto na međunarodne finansijske
transakcije bi stvorio sredstva od skoro 400 milijardi dolara godišnje.
Opraštanje spoljnog duga nerazvijenim zemljama bi im omogućilo da
raspolažu za svoj razvoj, sa ne manje od 436 milijardi dolara godišnje,
koje danas odvajaju za plaćanje duga.
Ako bi razvijene zemlje ispunile svoju obavezu da odvoje 0,7 posto svog
Nacionalnog bruto proizvoda kao zvaničnu pomoć razvoju, njihov doprinos
bi se sa trenutnih 68 milijardi i 400 miliona popeo na 160 milijardi
dolara godišnje.
Najzad, Ekselencije, želim da jasno izrazim duboko ubeđenje Kube da 6
milijardi i 400 miliona ljudskih bića koja žive na ovoj planeti i koja,
prema Povelji Ujedinjenih nacija, imaju ista prava, neodložno zahtevaju
jedan novi poredak, u kome svet ne bi bio u napetosti, kao sada,
očekujući rezultat izbora u jednom novom Rimu, na kojima će učestvovati
samo polovina glasača, a potrošiće se skoro 1 milijarda i 500 miliona
dolara.
Nema obeshrabrenosti u našim rečima, treba da bude jasno. Mi smo
optimisti, jer smo revolucionari. Imamo veru u borbu naroda i sigurni
smo da ćemo osvojiti jedan novi svetski poredak zasnovan na poštovanju
prava svih; poredak zasnovan na solidarnosti, pravdi i miru, plod onog
najboljeg iz univerzalne kulture, a ne mediokriteta i brutalne sile.
O Kubi, koju ni blokade, ni pretnje, ni uragani, ni suše, ni ljudska
ili prirodna sila ne mogu da odvoje sa njenog puta, ništa ne govorim.
8. oktobra tekuće godine ova Generalna skupština će diskutovati i
glasati po trinaesti put o rezoluciji o blokadi kubanskog naroda. Još
jednom će moral i principi poraziti aroganciju i silu.
Završavam sećajući se reči koje je pre 25 godina na ovom istom mestu
izgovorio Predsednik Fidel Kastro:
"Buka oružja, pretećeg jezika, prepotencije na međunarodnoj sceni treba
da prestane. Dosta više sa iluzijom da se problemi sveta mogu rešavati
nuklearnim oružjem. Bombe mogu da ubiju gladne, bolesne, neuke, ali ne
mogu da ubiju glad, bolesti, neukost. Ne mogu da ubiju ni pravednu
pobunu naroda..."
Hvala lepo.
Izvor: http://www.kubabeograd.org.yu/ambasadavesti/srpski/280904.htm
--- IN ITALIANO ---
Discorso pronunciato dal Ministro degli Esteri della Repubblica di Cuba
Felipe Perez Roque, alla 59a sessione dell'Assemblea generale delle
Nazioni Unite.
New York, 24 settembre 2004.
Signore Presidente,
Ogni anno facciamo nelle Nazioni Unite lo stesso rituale. Partecipiamo
al dibattito generale sapendo in anticipo che il clamore di giustizia e
pace dei nostri Paesi sottosviluppati sarà un'altra volta ignorato.
Nonostante, insistiamo. Sappiamo che abbiamo ragione. Sappiamo che
qualche giorno conquisteremo la giustizia sociale e lo sviluppo.
Sappiamo anche che non ci saranno regalati. Sappiamo che i popoli
dovranno strapparli a coloro che ci negano la giustizia, perché
sostengono la loro opulenza e arroganza sul disprezzo al nostro dolore.
Ma non sarà sempre così. Lo diciamo oggi con maggiore convinzione che
mai.
Detto questo, e sapendo -come sappiamo- che disturberà ad alcuni
potenti -pochi- qui presenti, e conoscendo anche che sono condivise da
tanti, Cuba dirà adesso alcune verità:
Primo: non esiste, dopo l'aggressione all'Iraq, l'Organizzazione delle
Nazioni Unite, intesa come un foro utile e diverso, basata sul rispetto
ai diritti di tutti e con le garanzie anche per i piccoli Stati.
Vive il peggiore momento dei suoi ormai prossimi sessant'anni.
Languisce. Ansima, sembra che funzioni ma non lo fa.
Chi ha messo le manette alle Nazione Unite, la stessa a cui diede nome
il Presidente Roosevelt? Il Presidente Bush.
Secondo: Le truppe nordamericane dovranno essere ritirate dall'Iraq.
Dopo che la vita di più di 1000 giovani nordamericani è stata
sacrificata inutilmente per servire gli interessi spuri di un
conciliabolo di amiconi e soci, e dopo la morte di più di 12 mila
iracheni, è chiaro che l'unica soluzione per l'occupatore davanti ad un
popolo ribelle è riconoscere l'impossibilità di dominarlo e ritirarsi.
Nonostante il monopolio imperiale dell'informazione, i popoli sempre
arrivano alla verità. Un giorno i responsabili e i loro complici di
fronte alla Storia dei loro popoli dovranno rispondere delle
conseguenze delle loro azioni.
Terzo: Non ci sarà per il momento riforma valida, reale e utile delle
Nazioni Unite.
Cio richiederebbe che la superpotenza, che ha ereditato la prerogativa
immensa di usufruire da sola di un ordine concepito per un mondo
bipolare, rinunciasse ai suoi privilegi. E non lo farà.
Fin d'ora sappiamo che l'anacronistico privilegio del veto ci rimarrà,
che il Consiglio di Sicurezza non potrà essere democratizzato come
dovrebbe né ampliato ad altri Paesi del Terzo Mondo, che l'Assemblea
Generale continuerà ad essere ignorata, e che nelle Nazioni Unite si
continuerà ad agire conforme agli interessi imposti dalla superpotenza
e dai suoi alleati. Dovremo noi, Paesi Non Allineati, trincerarci nella
difesa della Carta delle Nazioni Unite, perché in modo contrario sarà
anche riscritta e cancellato da essa ogni vestigio di principi tali
come l'uguaglianza sovrana degli Stati, il non intervento, e il non uso
neanche della minaccia dell'uso della forza.
Quarto: I potenti cospirano per dividerci.
Gli oltre 130 paesi sottosviluppati devono costruire un fronte comune
per la difesa degli interessi sacri dei nostri popoli, del nostro
diritto allo sviluppo e alla pace. Rivitalizziamo il Movimento dei
Paesi Non Allineati. Rafforziamo il Gruppo dei 77.
Quinto: I modesti obiettivi della Dichiarazione del Millennio non
saranno compiuti. Arriveremo al quinto anniversario del Vertice con una
situazione peggiore.
- Nel 1990 ci si è proposto di ridurre dalla metà il numero di 1
miliardo e 276mila di esseri umani in povertà estrema entro il 2015.
Sarebbe necessario la vita di oltre 46 milioni di poveri ogni anno.
Tuttavia, escludendo la Cina, tra il 1990 e il 2000 la povertà estrema
è aumentata di 28 milioni di persone. La povertà non diminuisce,
aumenta.
- Abbiamo voluto diminuire della metà entro il 2015 la cifra di 842
milioni di affamati registrati nel mondo. Sarebbe necessario diminuire
tale cifra a 28 milioni annui. Ma, la riduzione è di appena 2,1 milioni
di affamati all'anno. A questo ritmo la meta si raggiungerebbe
nell'anno 2215, cioè tra duecento anni, qualora la nostra specie umana
riuscisse a sopravvivere alla distruzione dell'ambiente.
- Proclamiamo l'aspirazione di raggiungere entro il 2015 il livello
d'istruzione elementare universale. Tuttavia, più di 120 milioni di
bambini, uno su 5 in età scolastica, non frequentano la scuola
elementare. Secondo dati dell'Unicef al ritmo attuale l'obiettivo sarà
raggiunto dopo il 2100.
- Ci siamo proposti la riduzione in due terzi della mortalità tra i
minori di cinque anni. La riduzione è simbolica: 86 bambini morivano
per 1000 nati vivi nel 1998, adesso ne muoiono 82. Muoiono ogni anno 11
milioni di bambini per malattie che possono essere previste o guarite,
i cui genitori si domanderanno, a ragione, a che cosa servono le nostre
riunioni.
- Abbiamo detto che saremmo stati disponibili ad attendere le necessità
speciali d'Africa. Tuttavia, troppo poco è stato fatto. Le nazioni
africane non hanno bisogno di consigli né di modelli foranei, ma sì
delle risorse finanziarie e degli accessi ai mercati e alle tecnologie.
Aiutare l'Africa non sarebbe un atto di carità ma di giustizia; sarebbe
saldare il debito storico di secoli di sfruttamento e di saccheggio.
- Ci siamo impegnati a frenare e volgere in dietro l'epidemia dell'Aids
entro il 2015. Tuttavia, essa ha provocato 3 milioni di morti nel 2003.
A questo ritmo moriranno 36 milioni di persone entro il 2015.
Sesto: I paesi creditori e gli organismi finanziari internazionali non
cercheranno una soluzione giusta e duratura al debito estero. Ci
preferiscono debitori, vuol dire, vulnerabili. Perciò, nonostante aver
pagato 4,1 trilioni di dollari per il servizio al debito negli ultimi
13 anni, il nostro debito è cresciuto da 1,4 miliardi a 2,6 miliardi.
Cioè, abbiamo pagato tre volte il debito e comunque adesso il nostro
debito si è raddoppiato.
Settimo: Siamo noi, i paesi sottosviluppati, a finanziare lo spreco e
l'opulenza dei paesi sviluppati. Nel 2003 ci hanno conferito 68 400
milioni di dollari come Aiuto Ufficiale allo Sviluppo, noi abbiamo
consegnato loro come pagamento del debito 436 miliardi. Chi aiuta a chi?
Ottavo: La lotta contro il terrorismo avrà successo soltanto attraverso
la collaborazione tra tutte le nazioni e nel rispetto del Diritto
Internazionale e, non tramite bombardamenti massivi né guerre
preventive contro "oscuri angoli al mondo". L'ipocrisia e la doppia
stregua devono cessare. Dare rifugio a tre terroristi cubani negli
Stati Uniti è un atto di complicità con il terrorismo. Punire cinque
giovani lottatori antiterroristi cubani, oltre le loro famiglie, è un
crimine.
Nono: Il disarmo generale e totale, compreso il disarmo nucleare, oggi
è impossibile. È responsabilità di un gruppo di paesi che sono quelli
che vendono e acquistano armi. Tuttavia, dobbiamo continuare a lottare
per raggiungere tale scopo. Dobbiamo esigere che gli oltre 900 miliardi
circa che ogni anno vengono dedicati, attualmente, alle spese militari,
vengano utilizzati per lo sviluppo.
Decimo: Esistono delle risorse finanziarie per assicurare lo sviluppo
sostenibile a tutti i popoli nel pianeta, manca invece la volontà
politica di coloro che dominano il mondo.
Un'imposta per lo sviluppo di appena lo 0,1% sulle transazioni
finanziarie internazionali genererebbe circa 400 miliardi di dollari
annui.
La condonazione ai paesi sottosviluppati del debito estero
consentirebbe di destinare allo sviluppo non meno di 436 miliardi
dollari annui, che oggi vengono utilizzati per il pagamento del debito.
Se i paesi sviluppati adempissero il loro impegno di destinare lo 0,7%
del PIL come aiuto ufficiale allo sviluppo, il loro contributo
ascenderebbe dai 68 400 milioni attuali ai 160 miliardi di dollari
all'anno.
Eccellenze, per concludere vorrei esprimere chiaramente la profonda
convinzione di Cuba rispetto a che i 6 miliardi e 400 milioni d'esseri
umani che abitano questo pianeta, e che in virtù della Carta delle
Nazioni Unite hanno uguali diritti e doveri, hanno urgentissimo bisogno
di un nuovo ordine, affinché il mondo non sia, come ora, sull'orlo
dell'abisso in attesa del risultato delle elezioni in una nuova Roma, a
cui parteciperà soltanto la metà degli elettori e dove si spenderanno 1
500 milioni circa di dollari.
Non c'è pessimismo nelle nostre parole, e voglio che sia chiaro. Siamo
ottimisti perché siamo rivoluzionari. Abbiamo fede nella lotta dei
popoli e siamo sicuri che conquisteremo un nuovo ordine mondiale sulla
base del rispetto al diritto di tutti; un ordine basato sulla
solidarietà, la giustizia e la pace, figlio del meglio della cultura
universale e non della mediocrità e della forza selvaggia.
Su Cuba, a cui i blocchi, le minacce, gli uragani, la siccità, e
nemmeno la forza umana o naturale non potranno mai allontanare dalla
sua rotta, non dico nulla.
Il 28 ottobre prossimo questa Assemblea Generale discuterà e voterà per
la tredicesima volta una risoluzione sul blocco contro il popolo
cubano. Ancora una volta la morale e i principi sconfiggeranno
l'arroganza e la forza.
Per concludere vorrei ricordare le parole che 25 anni fa sono state
pronunciate in questo stesso luogo dal Presidente Fidel Castro:
"Il rumore delle armi, del linguaggio minaccioso, della prepotenza
nello scenario internazionale devono cessare. Già basta dell'illusione
secondo cui i problemi del mondo si potranno risolvere con armi
nucleari. Le bombe potranno uccidere gli affamati, i malati, gli
ignoranti ma non possono uccidere la fame, le malattie, l'ignoranza.
Non possono nemmeno uccidere la giusta ribellione dei popoli...."
Grazie
(FONTE: Lista aa-info@ yahoogroups.com )
---
COMUNICATO STAMPA
ROMA. 1-2-3 OTTOBRE: TRE GIORNI DI NO STOP
IN SOLIDARIETA’ CON CUBA
I prossimi 1-2-3 ottobre, a Roma, presso la Villetta (via degli
Armatori 3., metro B/Garbatella) si terrà una NO STOP di tre giorni in
solidarietà con Cuba,
L’incrudimento del blocco statunitense e la complicità in questo anche
dell’Unione Europea, le minacce di aggressione vera e propria contro
Cuba da parte di una amministrazione Bush che di ciò ha fatto uno dei
suoi impegni elettorali” affermano gli organizzatori “rendono urgente
la ripresa e il rafforzamento delle iniziative e del movimento di
solidarietà internazionale verso Cuba e la sua esperienza
rivoluzionaria” La NO STOP è organizzata dall’Associazione di
solidarietà con Cuba “La Villetta” e prevede diversi momenti di
discussione in collaborazione con il Comitato 28 giugno “Difendiamo
Cuba” un coordinamento unitario di associazioni di solidarietà sorto lo
scorso anno proprio con la manifestazione del 28 giugno in piazza
Farnese.
*** Venerdi 1 ottobre dalle 17.30 ci sarà una tavola rotonda con i
rappresentanti delle forze politiche della sinistra e del
centro-sinistra sul tema: “No al bloqueo contro Cuba. Le sanzioni e la
doppia morale di Stati Uniti ed Unione Europea”. Partecipano Claudio
Grassi (PRC); Paolo Cento (Verdi); Luciano Pettinari (DS); Jacopo
Venier (PdCI); Mauro Casadio (RdC) ma anche due sacerdoti “in prima
linea” come Don Vitaliano Della Sala e Padre Massimo Nevola e il
presidente di Italia-Cuba Roberto Foresti. Ci sarà inoltre
l’Ambasciatrice di Cuba in Italia.
*** Sabato 2 ottobre dalle 10.30 in poi, il Comitato 28 giugno
organizza un incontro a livello nazionale con tutte le associazioni, i
collettivi e le personalità impegnate o disponibili nel movimento di
solidarietà con Cuba sul tema: “Un altro mondo possibile ha bisogno
anche di Cuba. Rilanciamo i movimenti di solidarietà con Cuba in
Europa”. A questo incontro parteciperanno esponenti politici come Mauro
Bulgarelli, Roberto Musacchio, Marco Rizzo insieme a rappresentanti del
movimento no global come Nunzio D’Erme.
*** Domenica sono previste attività ricreative (pranzo sociale,
presentazione del libro “La regola del disordine. Renato Caccioppoli,
una matematico ribelle”, video su 15 anni di attività della Villetta,
il film di Gianni Minà sul film “I diari della motocicletta” ed altro).
Informazioni:
Associazione “La Villetta”
Comitato 28 giugno “Difendiamo Cuba”
Info: 338-6984415 oppure 06-5110757
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GRAZIE / HVALA / THANKS
[ Sullo stesso argomento - KOSOVO: LA NATO E L'ONU RESPONSABILI DEL
BOOM DELLA PROSTITUZIONE
(la Forza Internazionale favorisce la prostituzione / Amnesty accusa la
Nato e l’Onu di alimentare la prostituzione in Kosovo / L’incredibile
apatia dell’Europa rispetto alla prostituzione in Kosovo / Le basi Nato
e la schiavitù sessuale / DISPACCI ANSA sullo stesso tema)
vedi, in lingua italiana:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3525
ed anche, in generale su LA TRATTA DELLE BIANCHE NEI BALCANI, i link
indicati alla URL:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2384 ]
*** Kosovo: Deutsche Soldaten bei Zwangsprostituierten ***
D.1 - ARD-Sendung HEUTE
D.2 - Soldatenleben - Schwere Vorwürfe gegen Soldaten der Bundeswehr
erhebt amnesty international (www.german-foreign-policy.com)
E.1 - LINKS
E.2 - GERMAN SOLDIERS - FORCED PROSTITUTION IN KOSOVO - AMNESTY
INTERNATIONAL REPORT
E.3 - NATO tied to Kosovo sex trade
(www.chinaview.cn -- 2004-05-11)
E.4 - Nato force 'feeds Kosovo sex trade'
(Ian Traynor, The Guardian - UK - May 7, 2004)
E.5 - Kosovo UN troops 'fuel sex trade'
(news.bbc.co.uk, May 6, 2004)
E.6 - NATO tied to Kosovo sex trade
(Toronto Star, May 7, '04)
E.7 - Albanian gangs control violent vice networks
(The Times, July 17, 2004)
=== DEUTSCH.1 ===
-----Ursprüngliche Nachricht-----
Von: monitor@ wdr.de
Gesendet: Dienstag, 28. September 2004 14:30
Betreff: [monitorliste] MONITOR am 30.09.2004, Sendezeit: 21.45 - 22.30
h, ARD
Für die MONITOR-Sendung am Donnerstag,
den 30. September 2004, die von 21.45 h - 22.30 h
im Ersten ausgestrahlt wird, planen wir folgende Themen:
Schein und Wirklichkeit der Nationalen: Die netten NPDler von nebenan
Billigflieger: Gefahr in der Luft?
Die 150.000-Job-Mär
LKW-Maut und kein Ende
Kosovo: Deutsche Soldaten bei Zwangsprostituierten
Die vollständigen Beiträge finden Sie ab Freitagnachmittag
(ca. 16.00 Uhr) im Video- und Textformat unter:
http://www.monitor.de
Besuchen Sie auch unser Forum:
http://www.wdr.de/tv/monitor/forum/
Wir wünschen Ihnen interessante Diskussionen!
Ihre MONITOR-Redaktion
=== D.2 ===
http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1085008606.php
20.05.2004
Soldatenleben
PRISTINA (Eigener Bericht) - Schwere Vorwürfe gegen Soldaten der
Bundeswehr erhebt amnesty international. Wie aus einem jüngst von
amnesty veröffentlichten Bericht hervorgeht, nehmen deutsche Soldaten
im Kosovo und in Mazedonien sexuelle Zwangsdienste von verschleppten
Frauen in Anspruch, die zu Prostitution gezwungen werden, darunter auch
Minderjährige. Frauenhilfsorganisationen kritisieren, dass sie mit
ihrer Forderung nach konsequenter Verfolgung und Sanktionierung der
deutschen Nutznießer der Zwangsprostitution vom Berliner
Verteidigungsministerium ,,immer wieder abgespeist" werden. Auch der
ehemalige deutsche UN-Verwalter im Kosovo, Michael Steiner, habe
während seiner Amtszeit keine Verbesserung der Lage der Frauen im
Kosovo durchgesetzt.
Wie amnesty in einem jüngst erschienenen Bericht schreibt, hat sich der
Kosovo seit dem Einmarsch der KFOR und der Installierung der
UN-Verwaltung in einen bedeutenden Umschlagplatz für den Menschenhandel
verwandelt.1) Während es in der südserbischen Provinz vor dem
NATO-Angriff auf Jugoslawien keine nennenswerte Prostitution gegeben
habe, seien schon bald nach dem Beginn der Besatzung die ersten
Bordelle mit Zwangsprostituierten in der Nähe von KFOR-Stützpunkten
errichtet worden, bestätigt Jan Digol, ein amnesty-Experte. In Prizren
sollen, so der amnesty-Bericht, deutsche Soldaten im Jahr 1999 zu den
ersten Kunden der verschleppten Frauen gehört haben. Einem
Fernsehbericht zufolge haben deutsche Soldaten regelmäßig
Kinderbordelle aufgesucht.2)
Keine Verbesserungen
Während der Amtszeit des deutschen UN-Verwalters Michael Steiner
(Februar 2002 bis Juli 2003) hat sich die Lage der gewaltsam
verschleppten Frauen im Kosovo nicht verbessert. Während die
UN-Verwaltung für Januar 2001 insgesamt 75 Gebäude nennt, in denen
Frauen zu Prostitution gezwungen wurden, werden für Ende 2003 schon 200
derartige Einrichtungen angegeben. Die Dunkelziffer ist, so Digol, um
ein Vielfaches höher. Während Steiner die Justizverwaltung des Kosovo
von Jugoslawien abgetrennt und damit massiv in das Justizsystem
eingegriffen hat3), hat er offenbar versäumt, einen wirksamen Opfer-
und Zeuginnenschutz für die Zwangsprostituierten durchzusetzen. Eine
effiziente Bekämpfung des Frauenhandels sei so kaum möglich, kritisiert
Isabella Stock von der Frauenhilfsorganisation medica mondiale im
Gespräch mit dieser Redaktion: Während Steiners Amtszeit gab es ,,keine
Veränderungen, die zur Verbesserung der Situation beigetragen hätten".
Keine Konsequenzen
Während die Berliner Regierung Kriege gegen islamisch geprägte Staaten
mit einem angeblichen Kampf für Frauenrechte legitimiert, nutzen
Bundeswehrsoldaten sexuelle Zwangsdienste von verschleppten Frauen,
ohne dass dies wirksam unterbunden würde. medica mondiale fordert das
Verteidigungsministerium seit Jahren auf, die deutschen Soldaten über
Frauenhandel umfassend zu informieren und Menschenrechtsverletzungen
konsequent zu verfolgen und zu ahnden. Vergeblich, wie Stock
kritisiert: ,,Wir werden immer wieder abgespeist."
,,Hervorragender Dienst"
Das Bundeskabinett hat unterdessen am gestrigen Mittwoch beschlossen,
das Mandat für den Kosovo-Einsatz der Bundeswehr zu verlängern. ,,Die
Soldaten leisten im Kosovo einen hervorragenden Dienst", erklärt der
deutsche Verteidigungsminister, ,,und es ist ihrer Professionalität und
Besonnenheit zu verdanken, dass die fragile Stabilität dort überhaupt
Bestand hat".4)
1) ,,So does it mean that we have the rights?" Protecting the human
rights of women and girls trafficked for forced prostitution in Kosovo;
amnesty international 06.05.2004
2) ARD-Weltspiegel 17.12.2000
3) s. dazu Berliner Beute
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1058051536.php%5d
4) s. auch Konsequenz des Krieges
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1080255602.php%5d
und Leitbild
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1080255601.php%5d
Informationen zur Deutschen Außenpolitik
© www.german-foreign-policy.com
=== ENGLISH.1 * LINKS===
*** AI INDEX: EUR 70/010/2004 6 May 2004
"So does it mean that we have the rights?" Protecting the human rights
of women and girls trafficked for forced prostitution in Kosovo
http://web.amnesty.org/library/print/ENGEUR700102004
*** AI INDEX: EUR 70/012/2004 6 May 2004
AMNESTY INTERNATIONAL PRESS RELEASE
Kosovo: Trafficked women and girls have human rights
http://web.amnesty.org/library/print/ENGEUR700122004
*** MORE:
A Canadian solution to a peacekeeping sex scandal
http://www.theglobeandmail.com/servlet/ArticleNews/TPStory/LAC/
20040527/COPEACE27/TPComment/TopStories
Sex Slave Recounts Her Ordeal (by Nidzara Ahmetasevic)
http://www.iwpr.net/index.pl?archive/bcr3/bcr3_200303_415_3_eng.txt
Europe's cash and carry sex slaves (by Gaby Rado)
http://www.observer.co.uk/Print/0,3858,4641858,00.html
*** OLDER ARTICLES:
Sex slavery in the Balkans (english / italiano)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2783
Albanian connection to the teenage sex slaves in London
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2584
MORE LINKS on Sex Slavery
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2384
=== E.2 ===
http://www.freenations.freeuk.com/news-2004-05-28.html
GERMAN SOLDIERS - FORCED PROSTITUTION IN KOSOVO
AMNESTY INTERNATIONAL REPORT
Dateline 28th May 2004
INTRODUCTION: In this report from our German colleagues we
see a situation of gross sexual exploitation of innocent women in
Kosovo by German troops stationed there. The soldiers are
part of the disastrous UN "peace keeping" force which has
overseen some of the worst ethnic cleansing, murder and
religious bigotry of the Yugoslav war (as in Bosnia and
Croatia the main victims being Serbs). German troops were
severely criticised recently for standing aside and watching as
Albanian thugs torched Orthodox Churches and ethnically
cleansed and murdered Serbs in Kosovo. What we report here
is even worse than the (rightly criticised) activities of
American soldiers in Iraq. For here we have the blatant
sexual exploitation of innocent women, not the degradation
of criminal suspects. And yet do we hear of this from the BBC? Their
reporters do not even need to go to Kosovo - just down the road
to Amnesty headquarters in London. And yet the Amnesty
report the BBC chose to publicise is the one attacking the
United States troops in Iraq not the one exposing German
troops in Kosovo!
PRISTINA: Amnesty International has published a report strongly
condemning soldiers of the German Army in Kosovo. The report
states that German soldiers in Kosovo and Macedonia have
abducted women and under-age girls for sexual exploitation
and to force into prostitution. Women's support
organisations claim that despite their demands for the pursuit and
punishment of the German soldiers the Berlin Ministry of
Defence "always fobs them off". Even the former German UN
Head in Kosovo Michael Steiner was unable to improve the lot
of Kosovo's women during his period in office.
Amnesty claims that since the entry of KFOR troops and the installation
of the UN Administration Kosovo has been turned into a major
market place for the trade in human beings. (1) Before the
NATO attack on Yugoslavia there was no large scale
prostitution in Kosovo, immediately after the UN occupation
began there were established the first brothels using forced
prostitution near the KFOR camps, the Amnesty expert Jan Digol
confirmed. In Prizren, claims the Amnesty report, among the first
clients for the abducted women were German soldiers in 1999.
According to one television report German soldiers were
regular visitors at child brothels. (2)
During the term of office of the German UN Administrator Michael
Steiner (February 2002 to July 2003) the position of the
forcibly abducted Kosovo women did not improve. While the UN
Administraion for January 2001 identified a total of 75
buildings in which women were forced into prostitution by
the end of 2003 there were 200 such establishments. While Steiner
divorced the Administration of Justice in Kosovo from Yugoslavia
and therefore interfered greatly in the justice system he
omitted apparently to implement a system of protection for
victims and witnesses of forced prostitution. An effective
attack on the trade in women is therefore hardly possible
says Isabella Stock of the Women's Help Organisation Medica
Mondiale During Steiner's period in office there were "no
changes which would have contributed to an improvement in the
situation"
While the German Government justifies wars against Islamic States
partly on the grounds of fighting for the rights of women,
German soldiers are engaged in the sexual exploitation of
abducted women without any effective attempts to counteract
the scandal. Medica Mondiale has been demanding for years of
the German Defence Ministry that they educate their troops
and consistently follow up breaches of human rights. Stock
claims this was all in vain "We were always fobbed off"
The German Cabinet has just decided to extend the mandate for the
German Armed Services in Kosovo. "The soldiers are
performing an exceptional service" was the opinion of the
German Minister for Defence. "and it is thanks to their
professionalism and discretion that the fragile stability
has survived at all" (4)
1) ,,So does it mean that we have the rights?" Protecting the human
rights of women and girls trafficked for forced prostitution in
Kosovo; amnesty international 06.05.2004
2) ARD-Weltspiegel 17.12.2000
3) s. dazu Berliner Beute
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1058051536.php%5d
4) s. auch Konsequenz des Krieges
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1080255602.php%5d
und Leitbild
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1080255601.php%5d
=== E.3 ===
NATO tied to Kosovo sex trade.
www.chinaview.cn
2004-05-11 13:39:56
BEIJING, May 11, (Xinhuanet) -- A leading human
rights group says international workers and
peacekeepers in Kosovo are responsible for agrowing
trade in sex slaves that exploits girls as young as 11.
In a report released Monday, Amnesty International
accuses United Nations personnel and NATO-led
soldiers in the Serbian province of using the trafficked
women and girls for sex.
The report estimates that international military and civilian
peacekeepers, 2 per cent of Kosovo's population, make
up 20 per cent of the clients of women and girls trafficked
to the province.
The number of places in Kosovo where trafficked women
are believed to be working as sex slaves, such as nightclubs,
rose from 18 in 1999 to more than 200 in 2003.
The report says most of the women smuggled to Kosovo
are from Moldova, Bulgaria and Ukraine.
=== E.4 ===
Nato force 'feeds Kosovo sex trade'
Ian Traynor in Zagreb
Friday May 7, 2004
The Guardian, UK
Western troops, policemen, and civilians are largely to blame for the
rapid growth of the sex slavery industry in Kosovo over the past five
years, a mushrooming trade in which hundreds of women, many of them
under-age girls, are tortured, raped, abused and then criminalised,
Amnesty International said yesterday.
In a report on the rapid growth of sex-trafficking and forced
prostitution rackets since Nato troops and UN administrators took over
the Balkan province in 1999, Amnesty said Nato soldiers, UN police, and
western aid workers operated with near impunity in exploiting the
victims of the sex traffickers.
As a result of the influx of thousands of Nato-led peacekeepers,
"Kosovo soon became a major destination country for women trafficked
into forced prostitution. A small-scale local market for prostitution
was transformed into a large-scale industry based on trafficking,
predominantly run by criminal networks."
The international presence in Kosovo continues to generate 80% of the
income for the pimps, brothel-owners, and mafiosi who abduct local
girls or traffic women mainly from Moldova, Romania, Ukraine, and
Russia to Kosovo via Serbia, the report said, although the
international "client base" for the sex trade has fallen to 20% last
year from 80% four years ago.
Up to 2,000 women are estimated to have been coerced into sex slavery
in Kosovo, which had seen "an unprecedented escalation in trafficking"
in recent years. The number of premises in Kosovo listed by a special
UN police unit as being involved in the rackets has swollen from 18 in
1999 to 200 this year.
A few weeks ago the UN's department of peacekeeping in New York
acknowledged that "peacekeepers have come to be seen as part of the
problem in trafficking rather than the solution".
The sex slavery in Kosovo parallels similar phenomena next door in
Bosnia, where the arrival of thousands of Nato peacekeepers in 1995
fuelled a thriving forced prostitution industry.
International personnel in Kosovo enjoy immunity from prosecution
unless this is waived by the UN in New York for UN employees or by
national military chiefs for Nato-led troops.
One police officer last year and another the year before had their
immunity waived, enabling criminal prosecutions.
"Amnesty International has been unable to find any evidence of any
criminal proceedings related to trafficking against any military
personnel in their home countries," the 80-page report said.
The report said that US, French, German and Italian soldiers were known
to have been involved in the rackets.
Criticism of the international troops in Kosovo follows a recent
broader indictment of the Kosovo mission by the International Crisis
Group thinktank, which called for the mission to be overhauled.
Women were bought and sold for up to £2,000 and then kept in appalling
conditions as slaves by their "owners", Amnesty said. They were
routinely raped "as a means of control and coercion", beaten, held at
gunpoint, robbed, and kept in darkened rooms unable to go out.
Apart from women trafficked into Kosovo, there is a worsening problem
with girls abducted locally. A Kosovo support group working with
victims reported that a third of these locals were under 14, and 80%
were under 18.
The UN admission in March that its peacekeepers were part of the
problem was welcome, said Amnesty
=== E.5 ===
(see comments at:
http://disc.server.com/
discussion.cgi?disc=217548;article=3707;title=Slobodan%20Milosevic%20Tri
al
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/3686173.stm
Thu May 6, 2004
Kosovo UN troops 'fuel sex trade'
The presence of peacekeepers in Kosovo is fuelling the sexual
exploitation of women and encouraging trafficking, according to Amnesty
International.
It claims UN and Nato troops in the region are using the trafficked
women and girls for sex and may be involved in the trafficking itself.
Amnesty says girls as young as 11 from eastern European countries are
being sold into the sex slavery.
The UN and Nato forces said they had not yet seen the report to comment.
Trading houses
Amnesty's report, entitled "So does that mean I have rights? Protecting
the human rights of women and girls trafficked for forced prostitution
in Kosovo" was published on Thursday.
It is based on interviews with women and girls who have been trafficked
from countries such as Moldova, Bulgaria and the Ukraine to service
Kosovo's sex industry.
They are said to have been moved illegally across borders and sold in
"trading houses" where they are sometimes drugged and "broken in"
before being sold from one trafficker to another for prices ranging
from 50 to 3,500 euros ($60 - 4,200).
The report includes harrowing testimonies of abduction, deprivation of
liberty and denial of freedom of movement, torture and ill-treatment,
including psychological threats, beatings and rape.
Instead of getting a proper job the women and girls find themselves
trapped, enslaved, forced into prostitution.
The report condemns the role of the international peacekeepers.
Slavery
It says that after 40,000 Kfor troops and hundreds of Unmik personnel
were sent to Kosovo in 1999, a "small-scale local market for
prostitution was transformed into a large-scale industry based on
trafficking run by organised criminal networks".
The number of places in Kosovo where trafficked women and girls may be
exploited, such as nightclubs, bars, restaurants, hotels and cafes, has
increased from 18 in 1999 to more than 200 in 2003.
The report claims international personnel make up about 20% of the
people using trafficked women and girls even though its members
comprise only 2% of Kosovo's population.
Amnesty International UK Director Kate Allen said:
"Women and girls as young as 11 are being sold into sexual slavery in
Kosovo and international peacekeepers are not only failing to stop it
they are actively fuelling this despicable trade by themselves paying
for sex from trafficked women.
"It is time for countries to stop treating trafficking as a form of
'illegal migration' and see it as a particularly vicious form of human
rights abuse."
One woman told Amnesty International: "I was forced by the boss to
serve international soldiers and police officers... I never had a
chance of running away and leaving that miserable life, because I was
observed every moment by a woman."
Criminals
Another told how German soldiers were instructed by their superiors not
to go with prostitutes, but went anyway.
"They told the pimp, that if someone would be coming, he should alert
them," she said. "After a while the pimp employed a guardian."
Amnesty says that despite some positive measures by the authorities to
combat trafficking, the women and girls are often still treated as
criminals - prosecuted for being unlawfully in Kosovo, or charged with
prostitution.
Amnesty International is calling on the Kosovo authorities, including
Unmik, to:
- implement measures to end the trafficking of women and girls to, from
and within Kosovo for forced prostitution
- ensure that measures are taken to protect the victims of trafficking
- ensure that those trafficked have a right to redress and reparation
for the human rights abuses they have suffered
Amnesty says Unmik's own figures show that by the end of 2003, 10 of
their police officers had been dismissed or repatriated in connection
with allegations related to trafficking.
In the year and half to July 2003 some 22-27 K-For troops were
suspected of offences relating to trafficking, the report says.
However, Kfor troops and UN personnel are immune from prosecution in
Kosovo and those who have been dismissed relating to such offences have
escaped any criminal proceedings in their home countries.
Ms Allen added: "The international community in Kosovo is now adding
insult to injury by securing immunity from prosecution for its
personnel and apparently hushing up their shameful part in the abuse of
trafficked women and girls."
The organisation called on the UN and Nato to implement measures to
ensure that any personnel suspected of criminal offences associated
with trafficking are brought to justice.
=== E.6 ===
http://www.thestar.com/NASApp/cs/ContentServer?pagename=thestar/Layout/
Article_Type1&c=Article&cid=1083881410545&call_pageid=968332188492&col=9
68793972154
Toronto Star
May 7, 2004. 01:00 AM
NATO tied to Kosovo sex trade
Amnesty also points finger at U.N. peacekeepers
Exploit women and girls as young as 11, report says
SANDRO CONTENTA
EUROPEAN BUREAU
LONDON-International workers and peacekeepers in Kosovo are responsible
for a growing trade in sex slaves that exploits girls as young as 11, a
leading human rights group says.
In a report released yesterday, Amnesty International accuses United
Nations personnel and NATO-led soldiers in the Serbian province of
using the trafficked women and girls for sex.
The report estimates that international military and civilian
peacekeepers - 2 per cent of Kosovo's population - make up 20 per cent
of the clients of women and girls trafficked to the province.
"Women and girls as young as 11 are being sold into sexual slavery in
Kosovo and international peacekeepers are not only failing to stop it,
they are actively fuelling this despicable trade by themselves paying
for sex from trafficked women," said Kate Allen, Amnesty
International's director in Britain.
The number of places in Kosovo where trafficked women are believed to
be working as sex slaves, such as nightclubs, rose from 18 in 1999 to
more than 200 in 2003, the report says. U.N. police have made those
places "off limits" to personnel from KFOR, the NATO-led international
military force in Kosovo. The report, based partly on interviews with
trafficked women, quotes one woman saying: "I was forced by the boss to
serve international soldiers and police officers."
And it quotes another young woman describing what her "owner" did to
her when she tried to resist being a prostitute: "He was pointing the
gun to my head, and he was saying, `If you don't do this in the next
minute, you will be dead.'"
KFOR spokesman Lt.-Col. Jim Moran said that in the three months he's
been on the job, he's never heard of soldiers using prostitutes.
"I haven't seen any of it, I haven't heard any of it," Moran told the
BBC. "We have a no walk-out policy, which means no soldier will leave
the (military) installation in civilian clothes. They're not allowed to
go out at night at the bars, and such things."
U.N. police in Kosovo also have a unit dedicated to the crackdown on
traffickers, 58 of whom have been convicted between 2001 and 2003.
Most of the women smuggled to Kosovo are from Moldova, Bulgaria and
Ukraine, says the Amnesty report, titled, "So does that mean I have
rights? Protecting the human rights of women and girls trafficked for
forced prostitution in Kosovo."
Some are abducted and brought to Kosovo, but most leave
poverty-stricken homes after being tricked into believing they're going
to legitimate jobs in Western Europe.
They're often taken to "trading houses," where they're drugged and
"broken in" before being sold from one trafficker to another for prices
ranging from 50 to 3,500 euros ($84 to $5,860).
"When they reach Kosovo, they are beaten and they are raped," the
report says. "Many are virtually imprisoned, locked into an apartment
or room or a cellar. Some become slaves, working in bars and cafes
during the day and locked into a room servicing 10 to 15 clients a
night by the man they refer to as their `owner.'
"Some find their wages - the reason they were willing to leave their
homes - are never paid, but are withheld to pay off their `debt,' pay
off arbitrary fines, or to pay for their food and accommodation.
"If they are sick, they may be denied access to health care," the
report says.
The report doesn't estimate the size of the sex-slave industry in
Kosovo. It notes that in 2003, more than 400 trafficked women were
helped by the International Organization for Migration to return home
from Kosovo. Between 2000 and 2003, another international agency helped
more than 200 internally trafficked women and girls involved in the sex
trade - a third of them between the ages of 11 and 14, the report says.
The sex-trade in Kosovo rose sharply after 1999, when the U.N. took
over administrative control of the Serbian province and some 40,000
international KFOR soldiers arrived to keep the peace, Amnesty says.
Within a year, international employees made up 80 per cent of the
clients of trafficked women and girls.
From January 2002 to July the following year, between 22 and 27 KFOR
troops "were suspected of offences related to trafficking," according
to a special U.N. police unit set up to deal with the problem.
The report says the police couldn't say whether any of the individuals
were disciplined.
Amnesty officials say Russian, British and French soldiers were among
those involved in the use of trafficked women.
But the organization says it could find no evidence of a criminal
proceeding in any of the 37 KFOR-member countries for trafficking in
sex slaves or for using trafficked women in Kosovo.
=== E.7 ===
Albanian gangs control violent vice networks
The Times (London) - July 17, 2004
BY: Daniel McGrory
ALBANIAN gangsters have established a grip on Britain's sex trade by
using extreme violence.
Vice squad officers estimate that Albanians now control more than 75
per cent of the country's brothels and their operations in London's
Soho alone are worth more than £15 million a year.
They are present in every big city, with Albanian-run brothels recently
uncovered in Glasgow, Liverpool and Cardiff as well as in provincial
strongholds including Telford and Lancaster. Police say that armed
Albanian pimps have scared off underworld rivals. The women they
traffic from Eastern Europe are petrified of giving evidence against
them.
The few women who have dared to testify describe being raped, beaten
and starved.
They are warned that if they try to escape their families back home
will be harmed.
One senior Scotland Yard officer told The Times: "Pimps have always
used violence but these Albanian gangs are truly vicious."
They have fought off rival Turkish, Chinese and Jamaican gangs in
London as well as local pimps in turf wars that have sometimes ended in
gunbattles in the street.
Many of the Albanian mobsters came here as refugees fleeing Balkan
wars. They used established people-trafficking routes through the
former Yugoslavia to smuggle girls from several countries including
Moldova, Lithuania and Ukraine.
Once they are in Britain the women are kept as virtual sex slaves.
Although this is not an industry where statistics are reliable, vice
squad officers estimate that at least 12,000 Eastern European women are
now working in this country as prostitutes.
The figure could be much higher, as there is evidence that the trade in
trafficked women is growing.
The sex industry is an obvious attraction for organised crime because
the profits are enormous and the penalties hardly punitive.
Recent high-profile court cases graphically demonstrated the money to
be made and the lengths the Albanian pimps are willing to go to to
retain their control.
Luan Plakici, 26, a self-taught immigration expert who came to Britain
seven years ago claiming that he was escaping the Kosovo war, was
jailed for ten years last December for kidnapping and living off
prostitution.
His victims told how even the slightest dissent was met with beatings
and rape.
Plakici confessed to illegally smuggling 60 women here. He had amassed
a fortune of well over £1 million in cash, as well as a string of
properties across Europe.
He married one teenager, telling her on their wedding night that she
had to work as a prostitute. In less than two years his "wife" alone
earned him Pounds 144,000.
United Nations officials have given warning that expanding Europe's
borders will mean more prostitutes from Eastern Europe heading for
Britain. "Crime like this is made a lot easier by open borders that not
only allow an increase in legal trade but also an increase in illegal
trade," Burkhard Dammann, chief of the UN's anti-humantrafficking unit,
said.
The testimonies of the women are depressingly familar. They are offered
jobs in Italy, Germany and Britain as waitresses or chambermaids, and
raped by their "employers". They are then forced to pay off colossal
amounts of money for their so-called travel and accommodation.
Police are concerned that the victims are getting younger, with
14-year-old girls found locked up in brothels.
Copyright 2004 The London Times
Posted for Fair Use only.
http://komunist.free.fr/arhiva/sep2004/tkalec.html
Arhiva : : Septembar 2004.
Galama u kokošarniku
Riječki Novi list u broju od 22. septembra ove godine piše: "Promicanje
i veličanje totalitarnih ideologija i pokreta te poticanje mržnje i
diskriminacije ubuduće će se u Hrvatskoj kažnjavati zatvorom do tri
godine. Ministarstvo pravosuđa izradilo je prijedlog izmjena i dopuna
kaznenog zakona kojom se predviđa zatvorska ili novčana kazna za
veličanje totalitarnih režima, potvrdila je ministrica pravosuđa Vesna
Škare Ožbolt. Objasnila je da u obrazloženju odredaba stoji da su
totalitarne ideologije i režimi fašizam, nacional-socijalizam i
boljševizam. Ministrica je istaknula kako se nada da će zakon u Sabor
stići prije kraja godine. Vlada je najavila zakon nakon zatvorene i
tajne sjednice na kojoj je donesena odluka o rušenju spomenika Mili
Budaku i Juri Francetiću, da će se zabraniti veličanje fašizma i
komunizma. Takve najave izazvale su rasprave kako razlučiti komunizam
od antifašizma. Komunizam nije zabranjen ni u jednoj zapadnoevropskoj
zemlji, pa ni u SAD-u."
Sama tema i buka koju je izazvala nalikuje kokodakanju u dvorištu za
živad, a predložene dopune i izmjene "kaznenog zakona" vrsta su
majmunskog oponašanja pravnih propisa i mjera, koje u zapadnoevropskim
zemljama brane upotrebu fašističkog imena i znakovlja. To naročito
vrijedi za Njemačku, iako ne sprečava pojavu na političkoj sceni
stranaka, koje su nastavak ili bliska kopija nacističke ideologije s
izmjenjenim imenima. Poznato je, da je današnja Hrvatska nezakonito
čedo jednog morganatskog braka mračnih snaga Njemačke i Vatikana, ali
ona nipošto nije jedino kopile rođeno nakon definitivnog sloma ne samo
istočnoevropske ljevice već istinske ljevice u širem smislu.
Jasno, takve zakonske mjere savršeno se uklapaju u tok razmišljanja
kakav je inspiriralo donošenje "Patriotic acta" u SAD-u, to jest
specijalnih propisa, koji ukidaju demokratske slobode u tako zvanom
preventivnom ratu protiv terorizma. Naravno, sve je ovo u našim
krajevima začinjeno "lokalnom bojom" provincijalnog idiotizma.
Već je dalekih dvadesetih godina, uoči dolaska nacifašizma na vlast,
Erwin Piscator zajedno s Bertoltom Brechtom pisao o svijetu pretvorenom
u golemu ustanovu za idiote. Savršen primjer toga je današnja Hrvatska.
Buka u dvorištu za živad nalik je kokodakanju kokoši i uznemirenih
ćurana, koji se plaše, da ustaški ispadi po zabačenim selima ne padnu u
oči zaduženih "posmatrača" i ne naljute evropske gospodare. Bez straha:
musavi sluge ne pripuštaju se u gostinjske sobe.
Ustaštvo u Hrvatskoj je direktna posljedica zatucanosti njenog življa,
a šire ga sami "božji pastiri" predvođeni nekim opskurnim fratrom. Taj
fratar Jezerinac služi mise za Pavelića, a nalazi se na čelu vojnog
ordinarijata. U opustošenim krajevima sa opustošenim glavama uvijek će,
dok bude trajalo ovakvo stanje svijesti, neki bijednik podizati još
bjednije spomenike ustaškim krvnicima, poistovjećujući ustašvo i
hrvatstvo. Što je još gore - time će sticati pažnju medija i
popularnost.
Što se tiče komunizma i antifašizma njega u Hrvatskoj nema i, bolno ali
istinito, nije ga bilo ni prije famoznog pada Berlinskog zida, jer se u
protivnom ne bi dogodilo sve ono što se dogodilo. Šaka jadnika
okupljenih oko oronulih i izlapjelih Tuđmanovih čauša i pripuza, koja
sebe naziva antifašistima, zaista je beznačajna, a njeno povremeno
buncanje sasvim je nemušto. Ostao je još po koji usamljeni dešperater,
ali taj nema nikavog značaja.
Sama "gospođa ministarka" udžbenički je primjer teškog slučaja
provincijskog paludizma uz deficitarnost u funkciji spoznajnih i
osjetilnih impulsa cerebralne mase. Drugim riječima: ko je cijeli život
proveo u žabokrečini i ima horizonte kišne gliste djeluje na javnoj
sceni shodno svojim sposobnostima. U tome "gospođa ministarka" nije
nikakav izuzetak, već je naprotiv jednaka ostalim svojim kolegama. Kod
te uvažene gospode mentalna je insuficijencija upravno proporcijonalna
financijskoj hipertrofiji njihovih prihoda kompleksne i multipleksne
provenijencije. Cijela slika je prilično živa i može se usporediti s
obilnim vrvljenjem crva na okrvavljenim i odsječenim dijelovima
raskomadane lešine nekadašnje domovine. Prizor prilično gadljiv i teško
da može proizvesti drugi utisak osim mučnine. Kako je kazao Luciano
Canfora, profesor svučiliišta u Bariju i jedan od poznatih talijanskih
filozofa: "Slika pada i propasti ljevice danas jeste jedna ovakva
zemlja nastala u zavičaju Tita."
Jasna Tkalec
--- in italiano ---
Il baccano nel pollaio
Il quotidiano “Novi list” di Rijeka/Fiume, sul numero del 22 settembre
u.s. scrive: ”La promozione e la celebrazione di ideologie e movimenti
totalitari nonche' l’incitamento all’odio e alla discriminazione in
futuro in Croazia saranno puniti con la pena della detenzione
carceraria fino a 3 anni. Il Ministero della Giustizia ha elaborato una
proposta per modifiche ed aggiunte al Codice penale, nella quale si
prevede la reclusione in carcere o la multa per celebrazione e
promozione dei regimi totalitari - lo ha confermato la ministra Vesna
Skare Ozbolt. La quale ha chiarito che nella spiegazione della proposta
di legge sta scritto che le ideologie totalitarie sarebbero il
fascismo, il nazional-socialismo ed il bolscevismo. La ministra ha
sottolineato che spera che la legge sia sottoposta al Parlamento prima
della fine dell’anno corrente. Il governo ha annunciato la stesura di
questa legge dopo una seduta segreta e chiusa, nella quale è stato
deciso di abbattere i monumenti a Mile Budak e Jura Francetic, nonche'
di porre il divieto a celebrazioni di fascismo e comunismo. Questo
annuncio ha provocato discussioni su come distinguere il comunismo
dall’antifascismo. Il comunismo non è vietato in nessun paese europeo e
nemmeno negli USA."
La questione, nonche' il baccano che essa ha suscitato, li possiamo
paragonare al chiocciare nell'aia dei polli, e le modifiche proposte
del Codice penale sono solo un modo di scimmiottare le prescrizioni
legislative che nei paesi dell’Europa Occidentale vietano l’uso degli
emblemi e dei nomi fascisti. Questo vale soprattutto per la Germania,
il che naturalmente non impedisce l’entrata sulla scena politica di
partiti che rappresentano la continuazione o che sono parenti stretti
dell’ideologia nazista, con il nome mutato. E' noto che la Croazia
d’oggi e' figlia illegittima d’un matrimonio morganatico tra Germania e
Vaticano; tuttavia essa non è in nessun modo l’unico bastardo nato
dopo il fallimento non soltanto della sinistra occidentale, ma della
sinistra in genere.
Naturalmente, prescrizioni legislative di questo tipo si inseriscono
perfettamente nel modo di pensare che ha ispirato l’apparizione del
“Patriot Act” negli USA, cioè di leggi speciali, che hanno annientato
le libertà democratiche nella cosiddetta guerra contro il terrorismo.
Naturalmente dalle parti nostrane tutto ciò e condito dal “couleur"
locale dell’idiozia di provincia.
Già nei lontani anni Venti, proprio alla vigilia della salita al potere
del nazifascismo, Erwin Piscator e Bertolt Brecht avevano scritto del
mondo trasformato in un enorme istituto per cretini. Un esempio
perfetto di questo è la Croazia d’oggi. Il baccano nell'aia per i
volatili assomiglia al berciare di polli e di tacchini allarmati che le
sortite degli ustascia in villaggi remoti non caschino sotto la visuale
degli “osservatori” di turno, e non mettano la mosca nel naso dei
padroni europei. Nessun timore: i servi impiastricciati non si ricevono
nel salotto buono.
Le manifestazioni ustascia in Croazia sono la diretta conseguenza
dell’arretratezza degli abitanti del posto, e sono sostenute proprio
dai “pastori di Dio,” capeggiati da un frate oscuro. Questo frate
Jezerinac celebra le messe in suffragio di Pavelic e capeggia
l’Ordinariato militare. Nelle regioni devastate e nelle teste - sempre
devastate, finche' durera' questo stato di coscienza -, qualche
miserabile innalzerà ancora monumenti ai boia ustascia, identificando
ustascismo con croaticità. E il peggio è che con questi gesti si
guadagnerà la popolarità nonche' l'attenzione dei media.
Per quanto concerne comunismo ed antifascismo, questi in Croazia non
esistono e, doloroso ma vero, non sono esistiti nemmeno prima della
famosa caduta del muro di Berlino, visto che nel caso contrario non
sarebbe capitato quello che è capitato. Quel pugno di miserabili che
girano intorno ai decrepiti e rincitrulliti servi e leccapiedi di
Tudjman e che si attribuiscono l'appellativo di "antifascisti", sono
senza nessun peso, e i loro vaneggiamenti sono sconclusionati. E'
rimasto solo qualche disperato di nessun peso.
La “signora ministra” è esempio da manuale di caso grave di paludismo
provinciale, aggravato da deficienza degli impulsi cognitivi e
sensoriali della massa del cervello. In altre parole: colui il quale
tutta la vita l'ha trascorsa nella palude, costui ha gli orizzonti d’un
lombrico e sulla scena pubblica agisce in modo commisurato alle sue
potenzialità. In questo la “signora ministra” non è affatto una
eccezione, anzi: proprio al contrario, ella è uguale ai suoi colleghi.
Presso lorsignori l’insufficenza mentale è direttamente proporzionale
all’ipertrofia dei redditi personali - redditi di provenienza complessa
e multipla. Il quadro generale è paragonabile al brulicare dei vermi
nei pezzi insanguinati e tagliati del cadavere squartato della patria
d’un tempo. Uno spettacolo abbastanza schifoso, che non provoca
soltanto la nausea. Come disse Luciano Canfora, professore
universitario a Bari e tra i piu' noti filosofi italiani: “La misura
della caduta e della rovina della sinistra ce la da l’esistenza d’un
paese del genere in quella che fu la patria di Tito.”
Jasna Tkalec
( traduzione a cura dell'autrice; revisione del testo di AM.
Sul caso dei monumenti eretti in Croazia ai nazisti Budak e Francetic
vedi anche:
S. Schwartz: A New Balkan History
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3822
Croazia: che tempo fa a Sveti Rok?
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3808
In Croazia si erigono monumenti ai nazisti (1+2)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3739
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3758 )
Domenica 26 settembre, Alberto Masala ( poeta, scrittore, musicista,
traduttore della beat generation) ha lanciato un appello agli
intellettuali e agli artisti per far conoscere e sostenere la dura e
lunga lotta dei pescatori di Teulada e Sant'Anna Arresi per
riappropriarsi del loro mare interdetto dai giochi di guerra.
Comitato sardo Gettiamo le Basi
tel 070 823498 - 3386132753
APPELLO
Sent: Sunday, September 26, 2004 3:01 PM
Subject: sosteniamo la lotta dei pescatori
Cari amici,
lancio un appello in sostegno della lotta dei pescatori di Teulada che,
dal mese di NOVEMBRE 2003 stanno uscendo con le loro barche per
opporsi alle forze armate che si esercitano sul loro mare - Ogni volta
che il tempo lo permette, i pescatori si mettono coraggiosamente fra
chi spara e i bersagli. A volte sono anche stati oggetto di alcuni
colpi che gli eroici militari che giocano alla guerra hanno indirizzato
verso di loro.
Questa giusta lotta è colpevolmente trascurata dai media. Se ne sa
poco. E poco se ne vuol sapere.
Non esagero se affermo che la situazione in Sardegna è davvero
drammatica ed acquista risvolti ancora più toccanti nella lotta di
pochi pescatori teuladini contro il colosso NATO/USA.
Stiamo assistendo infatti ad un abusivo ed arrogante ampliamento della
base nucleare statunitense di La Maddalena, ad un estendersi
preoccupante di casi di leucemia e tumori nell'area del Salto di Quirra.
Nell'isola il demanio militare permanentemente impegnato ammonta a
24.000 ettari; in tutta la penisola italiana raggiunge i 16.000 ettari.
A questa cifra vanno sommati i 12.000 ettari gravati da servitù
militare. Gli spazi aerei e marittimi sottoposti a schiavitù militare
sono di fatto incommensurabili, solo uno degli immensi tratti di mare
annessi al poligono Salto di Quirra con i suoi 2.840.000 ettari supera
la superficie dell'intera isola (kmq 23.821).
Pochi e sporadici sono i pronunciamenti da parte degli artisti e
intellettuali (sardi e non) a confermare la disinformazione o, peggio,
che la sfera del pensiero e dell'arte debba e voglia agire ad una
tranquillizzante distanza dai drammi del quotidiano. Vi chiedo
calorosamente di smentire questa affermazione sottoscrivendo questo
primo appello. La fiducia nella vostra sensibilità e intelligenza mi
spinge a sperare ancora.
DOMANI, LUNEDì 27, RIPRENDONO LE ESERCITAZIONI NEL POLIGONO DI C.
TEULADA.
I pescatori di Teulada e Sant'Anna Arresi hanno annunciato
pubblicamente che bloccheranno le manovre di guerra entrando con le
loro barche nelle acque interdette come riporta la Nuova Sardegna di
oggi, la richiesta è: "Diritto al lavoro in sicurezza".
IL GROSSO DELLA MOBILITAZIONE è PREVISTO DAL 4/22 OTTOBRE IN
CONCOMITANZA CON UN'IMPONENTE ESERCITAZIONE NATO-6° FLOTTA USA.
I pescatori esigono di svolgere la loro attività nell'immensa zona a
mare interdetta, l'unica accessibile alle loro piccole imbarcazioni, e
"pretendono" che l'area, come impongono leggi e regolamenti delle FFAA,
sia bonificata, ripulita dall'accumulo di ordigni bellici esplosi e
inesplosi. Per poter ripulire il tratto di mare sottoposto da 50 anni a
schiavitù militare e mai bonificato, a detta di alcuni militari,
bisognerebbe sospendere tutte le attività del poligono per circa 15
anni. Un ammiraglio ha valutato "a occhio" i costi dell'operazione e ha
affermato (..rifiutando che fosse messo a verbale) che per la Difesa
sarebbe economicamente più conveniente regalare una villetta in Tunisia
a tutti i teuladini accollandosi anche le spese di trasferimento.
La lotta per riappropriarsi delle aree off limits "minaccia" di
estendersi agli altri poligoni: le marinerie di Arbatax (poligono Salto
di Quirra) sono in stato di agitazione. L'Unione sarda di oggi riporta
in buona evidenza in pagine di Oristano: "I pescatori: occupiamo Capo
Frasca. Fronte comune per rilanciare la vertenza servitù militari" .
Vi chiedo di far circolare questo messaggio e di inviare la vostra
solidarietà ai seguenti indirizzi:
cooperativa pescatori: coopsgiuseppe@ interfree.it
Comitato Sardo GETTIAMO LE BASI: caomar@ tiscali.it
e, per conoscenza, anche a me: Alberto Masala
<mailto:nad3824@ iperbole.bologna.it>
Grazie
un abbraccio
alberto masala
---
da COORDINAMENTO GETTIAMO LE BASI - LIBERIAMOCI DALLA GUERRA --
BOLOGNA e ROMAGNA :
Oggi , lunedì 27 settembre 2004, i pescatori del Sulcis
scendono di nuovo in mare, con le loro barche,
nelle acque di Cala Zafferano, per protestare
contro il poligono di tiro di Capo Teulada .
Riuniti in assemblea, hanno deciso di proseguire la lotta
per affermare il loro diritto al lavoro, e chiedere ancora una volta
la bonifica del mare e del territorio del poligono,
da anni devastato dalle servitù militari.
Durante la scorsa primavera i pescatori sono riusciti
a disturbare gravemente le esercitazioni militari.
Hanno bloccato gran parte dei bombardamenti,
uscendo in mare con le loro barche, entrando nella zona interdetta,
e proteggedo il mare con la propria presenza fisica.
La prova di forza più significativa è stata vinta dai pescatori il 3
giugno del 2004:
dopo aver avvisato come al solito la Capitaneria di Porto di Cagliari,
entrando nella zona interdetta si sono trovati in mezzo ad un
bombardamento.
Un quarto d'ora di terrore, durante il quale sono state sparate
11 cannonate con munizioni da battaglia contro pescatori in sciopero !
Tutto questo succede in questi mesi in Italia,
nel silenzio assordante dei mezzi di informazione
e nella colpevole indifferenza di gran parte delle forze politiche.
" Le esercitazioni che servono per dominare e devastare
la vita dei popoli del sud del mondo,
alla Sardegna non lasciano altro che il mare devastato,
il territorio contaminato e privo di risorse,
malattie, morti ed emigrazione forzata."
Con questa forma di lotta, i pescatori di Sant'Anna, Arresi e Teulada
vogliono difendere il loro lavoro, che è la fonte di sussistenza
per le loro vecchi, per le loro mogli e per i loro bambini.
Essi difendono il loro mare, che è anche il nostro mare.
E chiedono a tutti noi di esprimere solidarietà alla loro lotta !
MAI PIU' UNA BOMBA - RESTITUZIONE DEL POLIGONO ALLE POPOLAZIONI
---
NO ALLE BASI, NO ALLE SCORIE, NO ALLA NATO
(a cura del Comitato Sardo Gettiamo le Basi)
I venti di guerre infinite e preventive che soffiano impetuosi rendono
indilazionabile l'impegno per sottrarre alle politiche di guerra le sue
basi, i suoi poligoni che proliferano nei nostri territori,
imprescindibili strumenti di qualsiasi attività bellica e della
deterrenza convenzionale e nucleare per tenere sottomessi i Sud del
pianeta.
Se si vuole la pace, se si vuole disarmare il neoliberismo, è
conseguente porsi come obiettivo prioritario la lotta per espellere le
basi militari, basi in cui si testano sistemi di morte e si affinano le
tecniche di sterminio, basi da cui partono le aggressioni "umanitarie"
contro altri popoli perpetrate per garantire la rapina delle risorse,
il controllo dell'area e delle rotte del petrolio.
La nostra terra non deve più essere messa a disposizione dei "giochi di
guerra" che sostengono e alimentano barbare politiche funzionali a
interessi che non ci appartengono e ci penalizzano.
L'oppressione militare grava sulla Sardegna in misura abnorme e iniqua,
ha trasformato la felice posizione di centralità mediterranea in una
maledizione per il popolo sardo e i popoli dell'altra riva. Da oltre
mezzo secolo, nel quadro della strategia militare Nato-Usa, è stata e
continua ad essere un'immensa base di addestramenti e sperimentazioni,
deposito di armi, munizioni e carburanti, sede di potenti impianti
radar di spionaggio, teatro di guerre simulate condotte con
munizionamento vivo, "life fire", esplosivi da guerra.
Nell'isola il demanio militare permanentemente impegnato ammonta a
24.000 ettari; in tutta la penisola italiana raggiunge i 16.000 ettari.
A questa cifra vanno sommati i 12.000 ettari gravati da servitù
militare. Gli spazi aerei e marittimi sottoposti a schiavitù militare
sono di fatto incommensurabili, solo uno degli immensi tratti di mare
annessi al poligono Salto di Quirra con i suoi 2.840.000 ettari supera
la superficie dell'intera isola (kmq 23.821).
Con la fine della guerra fredda e del pretestuoso "pericolo d'invasione
comunista", l'occupazione militare dell'isola non si è allentata, al
contrario assistiamo ad un progressivo ampliamento e ammodernamento
delle installazioni militari.
La Sardegna acquisisce nuovi compiti che si sommano ai precedenti di
caserma e scuola di guerra. Oggi l'isola è la chiave per il controllo
dell'intero bacino Mediterraneo, il perno del sistema politico militare
di Nato/Usa per affrontare i "nuovi nemici" dell'altra sponda, del
vicino e medio Oriente.
L'importanza strategica dell'isola, come sostengono i vertici delle
Forze Armate, è stata potenziata ed è "destinata" a crescere.
LA MADDALENA. Nel 1972, in base a trattati tuttora segreti tra Italia e
Stati Uniti, si installa nel nord dell'isola la base della Marina di
Guerra Usa per sottomarini a propulsione nucleare e armamento atomico.
La base agisce in regime di piena extraterritorialità ed
extragiurisdizionalità, al di fuori della copertura Nato, totalmente
sottratta ad ogni controllo italiano.
E' scandalosamente palese l'irrisione della volontà del popolo italiano
espressa nel referendum vincente per la messa al bando del nucleare.
Brucia ancora l'umiliante divieto imposto al popolo sardo di esprimere
la sua volontà sulla base atomica statunitense; il referendum regionale
del 1988/89 è stato prontamente affossato appena sono stati resi noti i
dati di un sondaggio: il 68 percento dei sardi avrebbe votato contro
l'installazione militare Usa.
Incredibilmente, la nave-appoggio-officina riparazioni dei sommergibili
atomici staziona dentro la stessa area in cui sono ubicati i due
giganteschi depositi Nato di armi, munizioni e carburante.
E' lampante la violazione delle norme internazionali di sicurezza
stabilite dall' AIEA (Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica) e
ratificate da Italia e Stati Uniti. Per tre volte la Regione Autonoma
di Sardegna ha sollevato formalmente la questione della compatibilità
ambientale della base atomica individuando proprio nell'AIEA
l'organismo scientifico da attivare.
Le richieste di un parere di compatibilità sono state arrogantemente
ignorate da tutti i Governi.
Dagli anni '70 ad oggi, medici di base denunciano percentuali anomale
di tumori e alterazioni genetiche, analisi scientifiche indipendenti
registrano la presenza di sostanze radioattive prodotte dall'attività
dei reattori.
Il Governo italiano non ha mai inteso svolgere indagini sanitarie e
ambientali.
Con decreto ministeriale del Governo ulivista, La Maddalena assurge al
rango di Parco Naturale Nazionale, cade una pesante coltre di silenzio
omertoso sull'inquietante presenza dei mostri atomici, ormai
"invisibili" al mondo pacifista e ambientalista.
POLIGONO di CAPO TEULADA . Poligono per esercitazioni terra, aria e
mare, "attualmente costituisce la più importante risorsa addestrativa e
rimarrà nel medio e lungo termine il poligono più importante per la
forza Armata" Stato Maggiore). E' il poligono a più intenso utilizzo
d'Europa, per estensione è il secondo dopo Quirra. Recentemente è stato
investito da un flusso di miliardi per renderlo il poligono
tecnologicamente più avanzato, il più appetibile per le varie forze
armate Nato e extra Nato smaniose di guerre simulate con vere armi da
guerra.
Dal 2000, il poligono è stato prescelto dalla Seconda Flotta Usa per
effettuare gli esercizi di bombardamento che dal 1999 non può più
svolgere nell'isola caraibica di Vieques a causa della coraggiosa e
ostinata resistenza della popolazione che occupa le aree di tiro
ponendosi come scudo umano a protezione della sua terra.
Alcuni dati sulle conseguenze dei giochi di guerra della Us Navy e
della Nato nell'isoletta portoricana: tasso di mortalità per tumore del
34% più alto rispetto all'isola madre; anomala incidenza di patologie
riconducibili alle attività militari come malattie polmonari,
cardiache, cardiovascolari, diabete, alta mortalità infantile; 45% dei
residenti con livelli tossici di mercurio, forte presenza di sostanze
cancerogene uranio, arsenico, piombo, cadmio ecc...
A Teulada la voce di popolo su un incremento inquietante di tumori a
partire dagli anni '80 non è stata mai smentita o confermata da alcuna
indagine scientifica. Le lunghe lotte della popolazione coinvolta dalle
attività del poligono per ottenere un monitoraggio ambientale e
sanitario si legano strettamente alla denuncia della riduzione del
lavoro e dei danni all'economia locale causati dalle attività di
guerra. Nel settembre 2000, quando in Italia quasi nessuno parlava di
uranio impoverito, ha interrogato formalmente i vertici delle FF.AA.
sull'uso di DU nei 7.200 ettari del suo territorio espropriato e nei
50.000 ettari del suo mare sottoposto a schiavitù militare dando il via
all'esigenza di chiarezza sullo sterminio radioattivo condotto dalla
Nato nei Balcani e testato in Sardegna.
POLIGONO INTERFORZE SALTO di QUIRRA (Perdasdefogu/Capo San Lorenzo). E'
utilizzato, sia dalle tre forze armate Italia-Nato per attività
sperimentali e addestrative, sia dalle multinazionali fabbricanti di
ordigni bellici come Alenia, Fiat, Melara, Dalmine, Eurosam,
Aerospatiale, Thomson, Meteor ecc.
Funziona come grande shopping center dove industrie private effettuano
prove, sperimentano, collaudano missili, razzi, armamenti, materiali da
guerra e dove conducono organismi militari stranieri, i potenziali
clienti, per le dimostrazioni promozionali prima degli acquisti. Nel
prezzo "d'affitto" del poligono, è incluso il diritto all'uso del mare
sardo come bersaglio e discarica di missili e razzi di vecchia e nuova
generazione.
E' il poligono più vasto d'Europa, con i suoi 13.000 ettari di terra
corrisponde alla quasi totalità del demanio militare sparso in tutta la
penisola italiana (16.000 ettari), l'estensione a mare supera la
superficie di tutta l'isola.
Le cupe dicerie che hanno sempre aleggiato intorno al poligono
"protetto" dal segreto militare e dal segreto industriale sono state
superate in orrore dalla realtà lentamente emersa negli ultimi due anni
e, in particolare, nel febbraio-marzo 2002. Ad oggi i dati accertati
sono i seguenti: sei militari uccisi dalla leucemia, quattro in lotta
contro il male; Quirra, 150 abitanti, 12 persone divorate da tumori al
sistema emolinfatico, 2 decedute;
Escalaplano, 2.600 abitanti, 14 casi di tumore alla tiroide, 12 bambini
nati con gravi malformazioni genetiche
Questi sono solo i casi documentati, sappiamo di famiglie che non
intendono rendere pubblici i loro drammi, sappiamo di casi di aborti e
deformità genetiche tra gli animali.
Per mesi, la stampa sarda ha gridato in prima pagina i crimini
perpetrati nel poligono della morte. I media a diffusione nazionale
hanno rigorosamente osservato un gelido, tombale silenzio (sole
eccezioni: Liberazione, Il Salvagente, Enzo Biagi, Sigfrido Ranucci).
Un indifferente silenzio ancora più agghiacciante ha contraddistinto i
cosiddetti movimenti e organizzazioni della società civile. Le
strutture territoriali di Cgil, Cisl, Uil, invece, si sono espresse con
forza. Con cinica miopia sono scese in piazza compatte a difesa del
poligono della morte e dei 25 posti di lavoro "minacciati".
Crediamo che costruire la pace significa anche garantire la pace per i
popoli condannati a vivere sotto l'impatto della presenza militare che
sottrae alla collettività l'uso sostenibile delle risorse naturali,
nega il diritto al controllo democratico del territorio e, sopratutto,
il diritto fondamentale alla salute e alla vita.
Non intendiamo continuare ad essere né vittime né complici delle
politiche militari di Nato e Stati Uniti Nonostante la nostra lotta
stenti a superare il mare che ci isola, sappiamo bene che i crimini
Usa/Nato in "tempo di pace" non conoscono confini. Il forte sospetto di
contaminazione prodotta dalle "normali" attività militari condotte con
armi convenzionali e non convenzionali grava, non solo nei poligoni
sardi *, ma anche sulle basi del Triveneto, Puglia , Nettuno, Cecina.
E' certezza a Vieques, Okinawa, Semipalantisk, Halifax, Moronviller,
Bardenas Reales, Dundrennam, Kirkcudbright, Solway Firth, Eskmeals,
Lulworth. ...
Urge costruire ponti tra i popoli in lotta contro la presenza militare
sul loro territorio finalizzata ad esportare guerra presso altri popoli
e che, come effetto collaterale, semina morte e sofferenza tra le
comunità costrette ad "ospitarla".
La lotta vincente di Vieques conferma che non c'è Stato né Forza Armata
che non possano essere sconfitti da un popolo quando il popolo ha la
ragione e la volontà di lottare per far prevalere i suoi diritti e le
sue esigenze.
Per quanto potente sia l'Impero della Guerra, i suoi crimini non
possono restare a lungo impuniti, un modello di difesa meno irrazionale
è possibile e un mondo diverso è necessario.
In "GETTIAMO le BASI" lavoriamo per liberare la Sardegna dalla presenza
militare con l'obiettivo che tutto l'apparato che sostiene e fomenta la
guerra, così come schiavitù, razzismo, ingiustizia sociale, finisca
nell'archeologia della storia.
Crediamo che la Sardegna possa dare un enorme contributo perché è
enorme il peso dell'oppressione militare che la mortifica. Liberandosi
del ruolo di vittima si libera del ruolo di complice
e concorre a liberare l'umanità dalla maledizione della guerra
Comitato sardo GETTIAMO le BASI
caomar@tiscalinet. it
comitatoglb@katamail. com
www.gettiamolebasi.supereva.it
* Basi dove Usa e Nato hanno usato Depleted Uranium
ITALIA: Aviano, Dandolo, Gioia del colle. Poligoni sospettati di uso
occasionale di DU: Cecina (interrogazione di Rizzi e Ballaman (AN),
Nettuno, Monte Romano, Bibbona (marzo 2001 interrogazioni di Russo
Spena PRC).
EUROPA
Francia:Moronvilliers. Spagna: Bardenas Reales. Gran
Bretagna:Dundrennam, Kirkcudbright, Solway Firth (Scozia), Eskmeals,
Lulworth. Un poligono in Germania e uno in Grecia per ammissione dei
Ministri della Difesa.
Oltre le zone teatro di guerra - Irak, Somalia, Balcani, Palestina,
Afghanistan - il Du ha contaminato varie parti del MONDO. Giappone,
base Usa di Okinawa. Portorico, base Usa di Vieques. Canada:Halifax.
USA: Semipalatinsk, Albany-Colonie. Corea del Sud
Albany, Colonie, New York:
http://web.ead.anl.gov/corps/colonie/
Decontaminazione al poligono di Semipalatinsk:
http://www.ips.org/Critical/Enviroment/Environ/env1209003.htm
Contaminazione al poligono di Moronvilliers, Francia:
http://www.bullatomsci.org/issues/1994/ja94/ja94Davis.html
Contaminazione al poligono di Vieques, Portorico:
www.redbetances.com
http://www.foxnews.com/fn99/national/011300/vieques_broder.sml
Contaminazione ad Halifax (Canada), articolo con foto:
http://www.tv.cbc.ca/national/pgminfo/du/
Svakog utorka, od 14,00 do 14,30 sati, na Radio Città Aperta, i valu FM
88.9 za regiju "Lazio", emisija
JUGOSLAVENSKI GLAS
Emisija je u direktnom prijenosu. Moze se pratiti i preko Interneta:
http://www.radiocittaperta.it
Kratke intervencije na telefon (0039) 06 4393512. Emisija je
dvojezicna, po potrebi i vremenu na raspolaganju.
Podrzite taj slobodni i nezavisni glas, kupujuci knjige, video kazete,
brosure, koje imamo na raspolaganju.
Pisite nam na : jugocoord @... - ili fax +39 06 4828957.
Trazimo zainteresirane za usvajanje na daljinu, t.j. djacke stipendije
za djecu prognanika. Odazovite se.
Ogni martedì dalle ore 14,00 alle 14,30,
VOCE JUGOSLAVA
su Radio Città Aperta, FM 88.9 a Roma e nel Lazio. La trasmissione si
può seguire, come del resto tutte le trasmissioni della Radio, anche
via Internet:
http://www.radiocittaperta.it
La trasmissione è bilingue (a seconda del tempo disponibile e della
necessità) ed in diretta. Brevi interventi telefonici sono possibili
chiamando lo 06 4393512.
Sostenete questa voce libera e indipendente acquistando video cassette,
libri, bollettini a nostra disposizione. Contattateci per le adozioni a
distanza (borse di studio). Scriveteci all'email: jugocoord
@... - tel/fax 06 4828957.
Program - programma 28.IX.2004
1. Jucer, danas sutra, datumi ... da se ne zaboravi.
2. "Od Triglava do Vardara..."
"Neodredjene" granice (kopnene i morske) u Istri. Ponovni politicki
"sudarcici".
Zastava Trst: Izvjestaj sa puta solidarnosti u Kragujevac, Septembar
2004
1. Ieri, oggi, domani ... date da non dimenticare.
2. "Dal monte Triglav al fiume Vardar, dal Danubio al Mare
Adriatico..."
Le frontiere "indefinite" (terrestri e marittime) in Istria. Ennesimi
"scontrini" politici.
Zastava Trieste: Relazione del viagio di solidarietà a Kragujevac,
Settembre '04
Da se podsjetimo - Da ricordare:
Budemo li ujedinjeni, ne trebamo se nikoga bojati
Se saremo uniti non dovremo temere nessuno! (Tito)
strumentalizzare la problematica degli esuli di lingua tedesca,
trasferitisi verso occidente in seguito alla sconfitta del Terzo Reich
nel 1945. Tra le questioni che vengono poste oggi, in senso
revanscista, ci sono ad esempio quella degli "svevo-danubiani" (ai
danni di Serbia e Croazia) e quelle dei "tedeschi del Volga" e "di
Koenigsberg" - cioe' dell'odierna enclave russa di Kaliningrad... ]
http://www.artel.co.yu/sr/izbor/evropa/2004-09-21.html
ISTORIJU NE TREBA PREKRAJATI
Moskva, 21. septembra 2004. godine
RIA "Novosti"
Specijalno za Artel-Geopolitiku
Igor MAKSIMICCEV, doktor istorijskih nauka
Kada mala Evropa pokusava da se ogradi od Rusije, jedini rezultat moze
biti sledeci: nikada nece biti Velike Evrope. Mi to uocavamo na primeru
cudne istorije projekta stvaranja u Berlinu "Centra prognanika", koji
je pokrenuo Savez prognanika Savezne Republike Nemacke.
Sve se svodi na to sto su se danas, kada je u ovoj godini otkucalo 90
godina od pocetka Prvog svetskog rata a u narednoj se navrsava 60
godina Pobede, cijem dostizanju je SSSR dao glavni doprinos, latili
posla da preispituju istoriju.
Zvanicni cilj pomenute organizacije jeste zastita interesa nemackih
iseljenika koji su prinudno napustili podrucja u kojima su
tradicionalno ziveli, koja su ostala izvan Nemacke ili su granicna sa
njenom teritorijom, a u skladu sa odlukama Potsdamske konferencije
1945. godine.
Svojevremeno su zemlje Istocne Evrope tu organizaciju uneli u spisak
revanssistickih, ali danas inicijatori projekta uveravaju da im nije
namera "da povredjuju stare rane".
Oni smatraju da narodi Evrope treba da znaju, sta su dozivljavali i
prezivljavali milioni nemackih iseljenika nakon okoncanja Drugog
svetskog rata. Autori ideje svoj projekat oznacavaju kao "doprinos
zblizavanju naroda", posto je cvrsto uzajamno razumevanje medju njima
moguce jedino na osnovu potpunog i objektivnog poznavanja istorijskih
cinjenica.
U sustini, oni i nisu tako daleko od istine. Sve nevine zrtve rata
imaju pravo na saosecanje i solidarnost nezavisno od svoje nacionalne
pripadnosti. Tojest, i Nemci takodje. Ali je kulminacija nesavesnosti
ako se to saosecanje i solidarnost koriste za potpirivanje
neprijateljske atmosfere u odnosu prema narodu koji je dao najvise
zrtava radi osiguranja mirne buducnosti covecanstva. Tojest, ruskog
naroda. A upravo se to dogadja oko ideje "Centra za prognanike".
Tim pre sto cak i letimicno upoznavanje sa cinjenicama iz
sezdesetogodisnje proslosti daje prilicno neocekivanu predstavu o ulozi
SSSR u pitanju preseljenja Nemaca.
Reklo bi se da sovjetski ljudi nisu imali razloga da simpatissu Nemce
nakon svega sto su trupe SS i vermaht ucinili na okupiranoj teritoriji
SSSR.
Medjutim, upravo su se sovjetske okupacione vlasti u Nemackoj vise puta
obracale s molbom Moskvi da ublazi uslove iseljavanja nemackog
stanovnistva iz granicnih drzava. U raportiuma sovjetskih vojnih
komandanata u rejonima Istocne Nemacke, na granici sa Ccehoslovacckom i
Poljskom - narocito u Gerlicu, gde su se slivale reke iseljenika iz
cehoslovackih Sudeta i Zapadne Poljske, stalno je saopstavano o
nehumanom nacinu isterivanja Nemaca od
strane Cceha i Poljaka.
U leto 1945. godine sovjetske vojne vlasti u tim punktovima izvestavale
su Moskvu da je iseljavanim iz Ccesske sudetskim nemcima - a u pitanju
su bili samo zene, starci I deca - ostavljano svega jedan sat da se
spakuju, a dopustano im je da sa sobom ponesU imovinu vrednu svega 5
maraka. Nije im cak ni transport obezbedjivan. Raspored pristizanja
iseljenika nije usaglasavan sa sovjetskom stranom, sto je veoma
otezavalo obezbedjivanje cak i privremenog smestaja u ionako razorenim
u borbama naseljima. Dolazak preseljavanih Nemaca bez bilo kakvih
sredstava za egzistenciju na skoro potpuno razorenu u toku borbi
teritoriju sovjetske okupacione zone Nemacke odmah nakon okoncanja
vojnih dejstava dovodilo je u neverovatno tezak polozaj lokalno
stanovnistvo i sovjetsku vojnu administraciju - snabdevanje
stanovnistva namirnicama osiguravano je iskljucivo iz armijskih rezervi.
Znacajan deo iseljenika umirao je na putu, a medju onima koji su stigli
do nemacke teritorije cesto su se desavala samoubistva - i o tome su
takodje pisali komandi zabrinuti ruski oficiri, koji su do juce
ratoivali protiv Nemaca.
Uslovi preseljavanja Nemaca iz Sslezije koja je usla u sastav Poljske
bio je jos bolniji od nacina isterivanja Nemaca iz Sudeta. U vise
navrata referisano je o gladi medju nemackim stanovnistvom, o odbijanju
poljskih vlasti da ga snabdevaju namirnicama, o proizvoljnim ubistvima
Nemaca od strane naoruzanih poljskih grupa, o neosnovanim hapsenjima,
dugogodisnjim zatvorskim kaznama uz primenu prremlacivanja i
izivljavanja. Saopstavano je i o cinjenicama represija protiv
antifasisticki raspolozenih elemenata medju nemackim stanovnistvom, a
najcesci osnov za te represije bila je saradnja Nemaca sa Crvenom
armijom. Za pakovanje je ljudima ostavljano 20-30 minugta, a sa sobom
su mogli nositi svega 20 kilograma. Bili su cesti slucajevi obracanja
Nemaca sovjetskim vojnicima sa molbom za pomoc. Ponekad su iseljenici
palili svoje kuce da ih ne bi ostavili Poljacima. Medju onima koji su
pristizali u sovjetsku okupacionu zonu Nemacke iz Sslezije bilo je
mnostvo bolesnih od svih vrsta infektivnih obolenja i promrzlina. Oni
su prevozzeni u hladnim vagonima i bez prethodnog dogovaranja.
Na osnovu obracanja vojnika Moskva je preduzimala pokusaje da
diplomatskim kanalima izdejstvuje kakvo-takvo ublazavanje metoda
iseljavanja Nemaca iz Cehoslovacke i Poljske - u veoma opreznoj formi,
kako se ne bi pokvarili poverljivi odnosi koji su stvarani sa njima.
Cehoslovacke vlasti, kako se vidi iz dokumenata, sa velikom spremnoscu
su reagovale na obracanje sovjetske strane, poljske - nesto manjom. Pri
tom nije rec o pojedinacnim slucajevima premestanja stanovnistva - iz
Cehoslovacke je iseljeno oko 3 miliona ljudi, a sa zapadnih teritorija
Poljske oko 4 miliona.
Mogucnost humanijeg resenja problema preseljavanja Nemaca na teritoriju
Nemacke dokazana je praksom sovjetskih vlasti u odnosu na stanovnistvo
Kalinjingradske oblasti, koja je 1945. godine usla u sastav SSSR.
Osnovna masa Nemaca otuda je iseljena u toku 1947. i 1948. godine, kada
se situacija u sovjetskoj okupacionoj zoni Nemacke vise-manje
normalizovala. Bila je to sasvim drugacija deportacija od gore opsianih
slucajeva - iako, doduse, deportacija. Prvi esalon sa iseljenicima
upucen je iz Kalinjingrada u sovjetsku okupacionu zonu Nemacke u
oktobru 1947. godine. Ljudima je dopustano da sa sobom ponesu 300
kilograma licnog prtljaga po porodici u skladu sa uobicajenim carinskim
pravilima SSSR o izvozu. Svakom od njih je sledovao "suvi obrok" za 15
dana, po sovjetskim normama snabdevanja radnika idnustrije i
saobracaja. Oderdejene sume novca menjane su za nemacke okupacione
marke. Esaloni, koji su upucivani po neostecenim "evropskim" putevima,
obavezno su u pratnji imali lekare i medicinske sestre. Mesecno je
preseljavano do 10 hiljada ljudi, a ukupno je preseljeno preko 100
hiljada. U izvestajima Moskvi o toku preseljavanja narocito je
naglasavano da od preseljavanih lica nema zzalbi. Nemci su ostavili
sovjetskim pratiocima oko 280 pisama zahvalnosti sa izrazima priznanja
za ljudsko ophodjenje sa njima.
No, vratimo se projektu Saveza prognanika. On je izazvao burnu
eksploziju emocija u Varsavi i Pragu. To se objasnjava time sto je
paralelno sa preduzimanim od strane fonda "Prusko starateljstvo"
koracima u pravcu pokretanja procesa pred medjunarodnim sudovima o
vracanju imovine iseljenika ili o isplati kompenzacija za tu imovinu.
Da se ne bi otezavali odnosi zmedju Nemacke sa novim clanicama Evropske
unije, nemacka vlada je zapocela konsultacije sa Poljskom i Cceskom
povodom projekta. I tu je pocelo ono najzanimljivije.
Predstavnici Poljske zatrazili su da se prosiri razmatrana tematika,
ukljucivsi u nju sudbinu svih prognanika Evrope, u prvom redu Poljaka,
koji su nasilno iseljeni sa teritorije Zapadne Ukrajine i Zapadne
Belorusije, nakon sto su ove dve poslednje ukljucene u sastav USSR i
BSSR. Podsetimo da je tada stanovnistvo Zapadne Ukrajine i Zapadbne
Belorusije samostalno resavalo pitanje svog drzavljanstva, pa prema
tome, slobodno i bez zurbe biralo da li da se preseli u Poljsku ili da
ostane tamo gde jeste. Na sto brzem preseljavanju insistirale su same
poljske vlasti, koje su bile zainteresovane za hitno naseljavanje
zapadnih teritorija, koje su opustele zbog iseljavanja ssleskih Nemaca.
Samo prebacivanje je predstavljalo normalan proces, u toku koga su
iseljenicima pruzani maksimalna pomoc i podrska.
I kao rezultat, u cilju "ocuvanja mira" u Evropskoj uniji danas su
zvanicne vlasti Nemacke, Poljske, Cceske, Salovacke i Madjarske
koncipirali stvaranje "evropske mreze" centara dokumentacije o
prognanima umesto berlinskog "Centra prognanika". Sudeci po izjavama
nekih ucesnika projekta, glavno u delatnosti navedenih centara sada
treba da budu - zamislite, staljinisticki zlocini. Po svoj prilici,
"Mreza secanja i solidarnosti", kako bi trebalo da se zove projektovani
sistem centara dokumentacije, postace na kraju mreza za otudjivanje i
neprijateljstvo, koja vaskrsava i raspitruje sve etnicke, teritorijalne
i konfesionalne sporove, koji su postojali, postoje ili tek nastaju u
Evropi.
Problem koji je postavio Savez prognanika Nemacke zaista postoji. Ali
on postoji ne otrgnuto od realnosti koje su stvorene zlocinackim
delovanjem Nemacke, koja je zapocela Prvi i Drugi svetski rat, a
takjodje ponasanjem politicara drugih zemalja koji su joj pruzili takvu
mogucnost. Uzjamna veza dogadjaja tokom XX veka niposto nije stvar
aktuelnih politicara, vec naucnika - istoricara i politikologa,
demografa i ekonomista, na cije raspolaganje treba da budu stavljeni
svi relevantni materijali.
Mozda bi trebalo porazmisliti o stvareanju Opsteevropskog instituta za
istoriju XX veka u cilju pripreme kolektivnog istrazivanja koje bi,
najzad, resilo zadatak objektivnog osvetljavanja dogadjaja tog kljucnog
za Evropu i svet stoleca.