Informazione

Da: "pedroslavo"
Data: Gio 9 Set 2004 15:38:45 Europe/Rome
A: "Coord. Naz. per la Jugoslavia"
Oggetto: Re: IN MERITO AL FILM “IL CUORE NEL POZZO”

Vi sottopongo il seguente articolo, inerente al tema da voi affrontato,
apparso su "Plebe", fanzine autoprodotta dal collettivo comunista
AgitProp
di Foggia. Saluti.


È notizia recente: la Raifiction di Agostino Saccà, sta ultimando il suo
nuovo sceneggiato sulle foibe – dal titolo emblematico di “Cuori nel
pozzo” – che già promette di far palpitare all’unisono i ventricoli
dell’
immemore platea televisiva.


Que viva Novak!

Stai fermo, in silenzio, e ascolta il tuo cuore. Quando poi ti parla,
alzati
e va'... dove lui ti porta (Susanna Tamaro)


La società dello spettacolo non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione di
mettere in scena la “madre di tutte le fiction”; quella che dovrà
rappresentare l’Italian Style del momento; che dovrà corrispondere al
pensiero unico imposto; che porterà sulle labbra di un esercito di
massaie i
dolori e lo strazio – tutto politico - appartenuti, sino a questo
momento, a
pochi alati messaggeri della stirpe dei Pansa e dei Mieli: le foibe.

I moderni sciovinisti cantastorie sembrano sempre più certe streghe
della
tradizione nordica, di quelle che tastavano il grembo delle donne per
carpirne fertilità e disposizione alla prole. In circostanze simili ad
essere tastati nel basso ventre sono le evidenti vergogne della nostra
memoria storica. I dispensatori di pathos patriottico, coadiuvati da
stormi
di esperti negazionisti-sceneggiatori, danno il segnale: la nazione è
pronta! Può essere fecondata. Tra nove mesi partorirà – senza alcun
dolore –
l’ennesimo aborto.

Il regista in questione è Alberto Negrin, già autore di “capolavori”
quali
“Il sequestro dell’Achille Lauro” e “Perlasca”. Ha avuto modo di
dichiarare:
“ho sempre fatto film per il gusto di raccontare storie e non per
ragioni
politiche”. Un’autodifesa ineccepibile, ormai divenuta canovaccio
classico
per ogni vassallo dell’intellighenzia impegnato in opere di “rilettura
storica”, che dietro alla tranquillizzante facciata buonista nascondono
evidentissimi gli intenti anticomunisti dei committenti e che – quanto
più
attaccano ferocemente, a testa bassa – gli eredi disarmati di quella
tradizione tanto più parlano di “memoria condivisa” per improbabili
“pacificazioni nazionali”. Per avere una conferma degli intenti, basta
scorrere la trama, pregna di ogni elemento fondante del nuovo, forzato e
forzoso, immaginario collettivo.

Un bambino, figlio di uno stupro etnico, innocenza violentata, a cui
vengono
sottratti i genitori. Un orfano accolto, nella dissoluzione dei
riferimenti,
da – manco a dirlo – un prete (interpretato da Leo Gullotta, in quota
Prc),
che cercherà di guidarlo verso la salvezza. Il quadro, di una banalità
che
irrita e dona raccapriccio a chiunque abbia un minimo di conoscenza
degli
eventi, viene completato da due personaggi fondamentali: il partigiano
sloveno e il partigiano italiano. Entrambi comunisti, ma profondamente
divisi da quella linea di civiltà che i produttori pretendano passi per
Trieste. Il primo, Novak, è uno stupratore con la stella rossa sul
berretto,
un crudele assassino immotivato, una bestia che – nelle intenzioni della
fiction – dovrà catalizzare, come un magnete titoista – l’odio del
pubblico.
Il secondo è un idealista, membro del Cln, che si trova a fare i conti
con
la vera essenza del comunismo: regime tirannico bestiale e antisportivo.
Costui farà da parafulmine: da una parte mostrerà le pecche del
comunismo
italiano, servo di Mosca e di Belgrado giustificandone e
rimproverandone le
mosse passate dei singoli militanti in buona fede; dall’altro fingerà di
tendere la mano alla parte laica del Paese, in nome di un “non passa lo
straniero” che dovrà superare le divisioni ideologiche per aderire
plasticamente ai sacri confini nazionali. Il martirio del comunista
buono
per mano del comunista cattivo, chiuderà cattolicamente il cerchio. La
fine
di questa offensiva pagliacciata, costata 4 milioni e mezzo di euro al
produttore Angelo Rizzoli, è tenuta segreta. Ma stando alle scarse doti
innovative del pool di cervelli impegnato nelle riprese, il pubblico
italiano non dovrà attendersi sorprese. Catarsi.

Le considerazioni da fare sono quasi ovvie. Una, di carattere
storico-politico, rimanda all’accurato studio di ciò che l’occupante
fascista italiano riuscì a perpetrare, in termini di violenza assoluta
e di
sopruso, nelle terre annesse di Dalmazia e di Slovenia. E, in un secondo
momento, alla presa di coscienza (specie da parte di una sinistra oramai
piegata al politicamente corretto imposto da una ciurma di reazionari
senza
scrupoli filologici) che la reazione slava fu assolutamente,
completamente,
totalmente legittima. E non colpì, come amano farci credere, nel
mucchio. Ma
con una selettività persino difficile da rilevare in altri episodi
simili
della Storia dell’umanità. Una selettività che non appartenne di sicuro
al
fascista invasore, esportatore armato d’un razzismo genocida. La seconda
considerazione è di carattere estetico. Si prenda atto della
scientificità
con cui, nell’arco di cinque-dieci anni, la tv si è popolata di
produzioni
made in Italy impegnate nell’opera di ricostruzione d’un tessuto
legittimista, nazionalista e iper-istituzionale tra le cosiddette “masse
popolari”. Dal poliziotto all’ispettore, dalla squadra anti-crimine al
maresciallo. Mentre la società reale si evolveva in senso repressivo e
carcerario, l’uomo medio era chiamato ad applaudire ed a mostrarsi
orgoglioso degli eroi in divisa che, saltando al di qua dello schermo,
moltiplicavano la loro presenza concreta nelle nostre vite reali.
Consolati
dal nuovo arrembante cattolicesimo dei preti di pellicola, furbi e
misericordiosi a riempire il vuoto di valori e di ideologie. E non
bastasse,
la tv matrigna ha spinto all’assunzione in blocco di esempi storici di
dubbio gusto attraverso mielose e melodrammatiche soap-opera: Madre
Teresa,
Giovanni XIII, Padre Pio. Altare, tribunale e transistor nell’epoca del
crollo della pubblica istruzione e dell’umiliazione dei docenti.

Sta di fatto che “Cuori nel pozzo” è riuscito, in un colpo solo, a
riunire
nelle critiche la Jugoslavia. I quotidiani serbi, sloveni e persino
croati
hanno titolato: "Vendetta cinematografica di Silvio Berlusconi su
Tito”. E –
aggiungiamo noi – sul vecchio Dipartimento Spettacolo a guida ulivista,
reo – a suo tempo – di non aver concesso i benefici del finanziamento
pubblico a "Foibe, un processo mancato", film diretto dal regista
Gabriele
Polverosi. Jože Gacnik, presidente dell'Associazione di
partigiani-veterani,
ha fatto presente che il film di Negrin rappresenta il tentativo di
reinterpretare la storia e che il governo italiano sta facendo di tutto
per
mantenere alto il mito della “pulizia etnica” nonostante i risultati
raggiunti dalla Commissione di studio italo-slovena. Proprio la
Slovenia ha
annunciato bruschi peggioramenti nei rapporti bilaterali con l’Italia.
Guido
Cace, presidente dell'Associazione nazionale dalmata, ha risposto alle
critiche dichiarando (incredibilmente): “è come se tedeschi si
arrabbiassero
perché si ricordano i campi di concentramento nazisti'”. Assurdo. Un
rovesciamento storico degno di un lottatore di greco-romana!

Nonostante la recente cinematografia italiota non sia parca di
rappresentazioni di partigiani “brutti, sporchi e cattivi”. Basti, su
tutti,
ricordare l’esempio di “Porzus” di Renzo Martinelli o dei comunisti –
brutti fra i brutti, fanatici e intolleranti – ne “I piccoli maestri” di
Daniele Lucchetti o, caso diverso ma parificabile, quello de “Il
partigiano
Johnny” di Guido Chiesa. Il sunto? Questo Paese di anime pie e
pusillanimi
non deve sapere quel che è realmente accaduto fra il 1943 e il 1945.
Deve
lasciarsi cullare dalla mesta tranquillità borghese. Deve farsi
guidare; non
deve mai essere sollecitato – da esempi concreti – all’azione, al
cambiamento; deve accontentarsi delle briciole e, per quelle,
ringraziare
dio e Stato. Non deve mai credere nella sua forza. E indubbiamente la
visione fenogliana della Resistenza era quella che più si adattava al
costituendo epos nazionale. Franza o Spagna.

Un Paese inetto e una pubblica opinione arrogante nella sua raffazzonata
conoscenza dei fenomeni storici, appresi per sentito dire al corso
accelerato della fiction televisiva. Questo stiamo diventando. Così,
tra un
“viva la Rai!” e un “que viva Novak”, noi – ostinatamente, nel gorgo
delle
contraddizioni – non possiamo che ribellarci alla fucilazione mediatica
urlando la seconda.

Plebe
plebe@ agitproponline. com

QUELLA BARBARIE CHE PRODUSSE LE FOIBE


Di fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava - non si deve
seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I
confini dell'Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le
Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a
50.000 italiani.

Benito Mussolini

(Dichiarazione rilasciata nel settembre 1920, nel corso di un "tour" in
Friuli e Venezia Giulia. Fonte: FERRUCCIO GATTUSO, ‘Storia in network’
num. 37, articolo 5; segnalato da Pol Vice, che ringraziamo)

(english / italiano / srpskohrvatski)

Distrutto il socialismo, rimosso Milosevic...

LA SERBIA RITORNA INDIETRO DI DUECENTO ANNI

Serbia going 200 years backwards:

1. Abolito Darwin dai programmi scolastici /
Serbs in Dispute Over Darwin Vs. Divine (AP)

2. Un inno monarchico per la Serbia, un inno nazista per il Montenegro

3. Il clero si genuflette dinanzi a chi ha bombardato ed occupato il
paese, e si nasconde dietro ad un dito - quello della mano di san
Giovanni:

<< The Serbian Orthodox Church for the first time in its
history has presented such a high honor to a military unit... "Now we
have an opportunity to venerate this finger and determine whether it
belongs to the hand of St. John the Baptist preserved in the monastery
of Cetinje, from which two fingers are missing... During this visit we
will have the opportunity to kiss it"... >>

NOTA: i dispacci ANSA sono tratti dal sito http://www.ansa.it/balcani/


=== 1 ===

Come nella peggiore tradizione bigotta e reazionaria statunitense

ABOLITO DARWIN DAI PROGRAMMI SCOLASTICI

http://story.news.yahoo.com/news?tmpl=story&u=/ap/serbia_darwin_out

Serbs in Dispute Over Darwin Vs. Divine

Thu Sep 9,11:13 AM ET
by MISHA SAVIC, Associated Press Writer

BELGRADE, Serbia-Montenegro - Charles Darwin's evolution theory is out
of Serb schools. The Bible is in.


The education minister's decision this week to drop the evolution
theory from elementary school classes in favor of creationism has
triggered outrage among scientists, opposition parties and liberal
groups.

Education Minister Ljiljana Colic told primary school teachers in a
memo earlier this week to ignore an existing chapter in eighth-grade
biology textbooks that says life on Earth evolved through natural
selection.

She said Darwin's theory is "dogmatic," adding that it will remain in
schoolbooks — "but will not be taught" — pending a general revision of
the curriculum expected later this year.

The vast majority of world scientists believe the evolution theory,
which states that all living life forms evolved from earlier, more
primitive life forms, is the basis for teaching biology. Some religious
beliefs do not accept that view, insisting God created humans.

Critics say the decision to drop Darwin's theory from classes reflects
a rise of conservative ideology in the Balkan republic, epitomized by
the conservative government that took power in January. It also
indicates an increase in the influence of the Serbian Orthodox Church
in education and everyday life here.

"This is terrible, I simply cannot believe that this has happened,"
said biology professor Nikola Tucic of the University of Belgrade. "We
are turning into a theocratic state in the 21st century.

"Without Darwin, teaching biology makes no sense," Tucic said, echoing
arguments heard in similar, recurring debates in many countries,
including parts of the United States.

The opposition Civic Alliance and Social Democratic Union has demanded
Colic's resignation, as did nearly 40 nongovernment organizations,
ranging from human rights activists, libertarians and legal experts who
questioned legality of the minister's move.

"Mrs. Colic should keep her obviously personal and religious beliefs to
herself," the statement from the Civic Alliance said.

"That was an appalling decision," said the party's leader, Gaso
Knezevic, who had served as the education minister in the previous,
pro-Western government. "She relies on her incompetence and a
completely church view to proclaim Darwin's theory a dogma."

Alarmed by the outrage, the government held an urgent meeting late
Wednesday and issued a statement seeking to soften Colic's stance.

Until the issue is fully resolved at Serbia's National Council for
Education — a supreme panel deciding on major guidelines for schools —
the "evolution lessons remain in the textbooks and are available to
pupils. Teachers are not forbidden to use it," the statement said.

"This is a scandal," said a joint statement from dozens of human rights
groups including Women in Black, the Humanitarian Law Fund and the
Helsinki Committee.

"Serbia must not become similar to Islamic countries in which religious
leaders have a final say," the groups protested, while noting that such
debates occur regularly in "a number of schools in the United States
that are under the influence of extreme Protestant sects."

Trying to defuse some of the criticism, a dignitary of the influential
Serbian Orthodox Church also warned against purging Darwin from schools.

"Darwin never posed the question if God might have created men and the
world," said Bishop Ignjatije. "Darwin only spoke about ways that
humans and the rest of the nature are connected. The connection must
not be ignored by anybody, not even by us, theologists."

Newspapers have lambasted Colic for her decision, printing photos of
her next to evolving apes.

Primary school teachers also protested, some confused and demanding
clarification what to do, others openly going against the minister.


=== 2 ===

SERBIA: ADOTTATI INNO E SIMBOLI PROVVISORI REPUBBLICA

(ANSA) - BELGRADO, 17 AGO - Il parlamento serbo ha adottato   oggi un
inno, uno stemma e una bandiera della Serbia che   resteranno in vigore
fino alla redazione della nuova   costituzione del paese.        L'inno
e lo stemma sono quelli del regno serbo della fine   dell'800, la
bandiera e' rossa, blu e bianca come quella dell'   unione Serbia e
Montenegro, ma con sfumature diverse.        A favore dei simboli
transitori hanno votato tutti i   partiti tranne quello socialista a
suo tempo fondato da Slobodan   Milosevic, che ha scelto l'astensione. 
       Resta invece in alto mare l'adozione di un inno per   l'unione
Serbia e Montenegro, rimandata al momento al prossimo   settembre.    
Il parlamento comune aveva bocciato la 'chimera' creata dal  
compositore di musica pop Slobodan Markovic, che aveva tentato   di
saldare due brani dei rispettivi inni delle due repubbliche   ex
jugoslave. Alle Olimpiadi di Atene, Serbia e Montenegro si e'  
presentata con il vecchio inno 'Hej Sloveni' (forza slavi) della  
Jugoslavia comunista. (ANSA).         OT      17/08/2004 12:40

---

A parte la disinformazione strategica, l'Ansa, agenzia di stampa, pecca
di IGNORANZA e di ARROGANZA. Hej Sloveni non vuol dire "forza slavi".
'Hej' è voce espressiva che sostiene il vocativo Sloveni, appunto come
l' italiano EHI! Dunque: Inno della Jugoslavia - Ehi slavi!
E non forza slavi come vuole Ansa, l'agenzia ignorante e bugiarda.

Inoltre, e qui entriamo piu specificamente in merito alla
disinformazione strategica,  la Jugoslavia non fu comunista, ma
autogestita. Infatti il motto FABBRICHE AI LAVORATORI fu messo in
pratica dal 1950.
Insomma non era il partito comunista che decideva, ma i lavoratori,
cioè la forza lavoro nel suo insieme o, piu in generale, la società
civile, il popolo, la maggioranza. Di pari, anche la proprietà fu
civile, accanto alla statale e privata.  Anche i passeri lo sanno.
Cosi' fu fino alla Costituzione del 1974 con la quale comincia invece
l'ingovernabilità  come effetto di regionalizzazione eccessiva dove non
si vota per gli interessi di classe nel suo insieme, ma per interessi
imediati e particularismi selvaggi..
Ad ogni modo, la Jugoslavia non fu comunista se non nella misura in cui
alla Lega dei Comunisti Jugoslavi fu possibile esercitare
democraticamente il proprio ruolo d'avangardia.
Quel tanto sofferto strappo con il compagno Stalin l'abbiamo fatto,
oppure no?
La lotta di liberazione popolare antinazista, fu pure una Rivoluzione
proletaria, oppure no?

L'Europa che toglie voce e stati ai popoli ha bisogno di agenzie come
l'ANSA.

In difesa della verità storica per la riconquista del diritto alla pace
Olga Daric

--- da Ivan, con subject "O Slavi, siete ancora vivi..." : ---

"Preoccupazioni" per il nuovo inno jugoslavo (pardon,
serbomontenegrino).
2 articoli da "danas" sulle "preoccupazioni" per il nuovo inno che
dovrebbe esser suonato, per le squadre nazionali ai Giochi olimpici di
Atene.
Viene proposto che il vecchio inno "Hej Slaveni" (che ricorda con le
parole anche "maledetto sia il tradittore della propria Patria", venga
cambiato con il vecchio inno monarchico "Boze pravde.." (Dio fai (o
dacci) giustizia) anzi formato da due canti nazionali, "Boze pravde" e
"Oj svjetla majska zoro..." (O, splendida aurora di maggio)
montenegrina. La proposta viene sostenuta, "guarda caso", da tutti i
partiti con il suffisso "democratico", cioè in sostanza la DOS. Ma
sembra anche i radicali, il cui portavoce dice: " se dipenderà da noi,
voteremmo pro".
Il patriarca Pavle, massima autorità della chiesa Serba ortodossa, ha
inviato una lettera di sdegno alle autorità governative, esprime il suo
sdegno, apostrofando "Questo non è un inno ma una chimera"!
"L'inno è il simbolo di quello che un popolo ed uno stato sono e quello
che devono essere. Esso è la testimonianaza e l'espressione essenziale
di un popolo e uno stato, sia per il contenuto che per la melodia...
Quello di cui siamo rimasti più sbalorditi è il fatto che la seconda
parte dell'inno, che veramente non rappresenta una canzone popolare
montenegrina, ma una revisione con parole di una delle persone più
oscure nella storia montenegrina, il nazifascista Sekula Drljevic",
scrive il patriarca Pavle.

"Danas" sreda, 11. avgust 2004.

Zoran Šami, predsednik Skupštine Srbije i Crne Gore, održao
konsultacije sa šefovima poslaničkih grupa

O predlogu himne po hitnom postupku

Beograd - Predsednik parlamenta Srbije i Crne Gore Zoran Šami održao je
juče posle podne višesatni sastanak sa šefovima poslaničkih klubova
povodom današnje sednice na kojoj će se raspravljati o predlogu himne
državne zajednice.

U Informativnoj službi Skupštine SCG istakli su da je reč o redovnom
sastanku na kojem će se Šami s predsednicima poslaničkih klubova
dogovoriti o sutrašnjoj sednici. Prema dosadašnjim najavama obezbeđena
je većina za izglasavanje himne. Patrijarh Pavle juce
je uputio otvoreno pismo čelnicima državne zajednice SCG u kojem
traži da se iz procedure hitno povuče predložena himna koja, prema
njegovoj oceni, "nije himna, nego kentaur kojim neko želi da se naruga
kako Crnoj Gori, tako i Srbiji i dostojanstvu ovog naroda".

Promena simbola nije politička tehnika

(………………..)

U parlamentu je ukupno 91 poslanik iz Srbije i 35 iz Crne Gore a za
usvajanje predloga potrebno je 46 glasova poslanika iz Srbije i 18 iz
Crne Gore.
(….)

PATRIJARH PAVLE: Nije himna, nego kentaur

Beograd - Patrijarh SPC uputio je pismo zvaničnicima od kojih traži
povlačenje predloga nove himne.

Patrijarh Pavle uputio je predstavnicima vlasti državne zajednice
Srbija i Crna Gora otvoreno pismo u kojem traži da se iz procedure
hitno povuče predložena himna Srbije i Crne Gore, koja, prema njegovoj
oceni, "nije himna, nego kentaur kojim neko želi da se naruga kako
Crnoj Gori, tako i Srbiji i dostojanstvu ovog naroda".

- Himna predstavlja simbol onoga što jedan narod i država jesu i što
treba da budu, ona je svedočanstvo i izraz narodnog i državnog bića,
kako po sadržaju, tako i po melodiji... Ono što nas zapanjuje, jeste
činjenica da drugi deo predložene himne ne predstavlja u suštini
narodnu crnogorsku pesmu, već pesmu jedne od najmračnijih ličnosti u
istoriji Crne Gore, fašiste i naciste Sekule Drljevića", navodi se u
pismu.

Patrijarh precizira da je drugačijeg sadržaja narodna pesma Oj,
svijetla majska zoro, a drugačijeg ona koju je Drljević objavio 1937, u
svojoj obradi i iz koje se dva glavna stiha uključuju u državnu himnu.
Nezavisno čak i od samog sadržaja pesme, da li su zaslužile Crna Gora i
Srbija da na početku trećeg milenijuma, uključe u svoju himnu
neonacističke, paganske stihove nesrećnog Sekule Drljevića, navodi se u
pismu poglavara SPC.

---

SERBIA/MONTENEGRO: BOCCIATO NUOVO INNO NAZIONALE 'CHIMERA'

(ANSA) - BELGRADO, 11 AGO - Non piace a livello musicale, non convince
a livello semantico, non mette d'accordo tutti a livello politico: e'
stato momentaneamente bocciato dal Parlamento di Serbia e Montenegro
l'inno nazionale della nuova unione che ha sostituito nel febbraio 2003
la Jugoslavia. Se ne riparlera' a settembre, ma nell'attesa per le
Olimpiadi di Atene sara' il vecchio inno della federazione di Josip
Broz Tito, 'Hej sloveni' (forza slavi), ad accompagnare gli eventuali
successi degli atleti di Belgrado. E i team serbomontenegrini dovranno
probabilmente rassegnarsi alla consueta bordata di fischi che i tifosi
delle repubbliche ex jugoslave riservano a quel pezzo. Il nuovo canto
nazionale era stato arrangiato in tutta fretta da un noto musicista pop
serbo, Slobodan Markovic, che aveva tentato di unire un brano dell'inno
del regno serbo 'Boze Pravde' (Dio dacci giustizia) a uno di 'Maiko
nasa Crna Gora' (madre nostra terra montenegrina) recentemente adottato
da Podgorica. Il risultato, un azzardato equilibrismo fra ritmi e
metriche diverse, ha provocato l'immancabile levata di scudi sia fra i
nostalgici della disciolta Federazione jugoslava (sostenitori di 'Hej
Sloveni') , sia tra i fautori della scissione fra Serbia e Montenegro,
che rifiutano seccamente gli uni di cantare 'Dio salvi il popolo
serbo', gli altri 'Montenegro madre nostra'. Tra i piu' autorevoli
detrattori della 'chimera' di Markovic, c'e' nientemeno che il
patriarca della Chiesa ortodossa serba Pavle: ''Non e' un inno, e' un
centauro - ha commentato l'alto prelato - che mette in ridicolo sia i
serbi che i montenegrini''. Ha poca attrattiva anche per gli atleti
l'idea dell'inno patchwork: ''e' gia' imbarazzante sentire gli
avversari gridare in coro il nome del loro paese, ad esempio 'Italia' o
'Spagna' - dice Zeljko Obradovic, allenatore del team serbomontenegrino
di pallacanestro - mentre noi dovremmo districarci fra uno
scioglilingua come 'Srbia i Crna Gora' (Serbia e Montenegro, ndr) o,
ancor peggio, l'acronimo Scg''. (ANSA). OT
11/08/2004 17:40

COMMENTO: Non sapevo che "Hej Slaveni", l’inno degli Jugoslavi - cioé
Slavi del Sud e non solo loro, ma anche di quelli del Nord, cioé
Polacchi, almeno per la melodia - fosse soltanto "l'inno della
Jugoslavia di Tito" (SIC). (Ivan)

---

"Blic", Belgrado, 12.8.04

http://www.raf.edu.yu/http://www.raf.edu.yu/

Vlade prekrajale himne, ostali nam „Hej Sloveni"

Najavljena himna koju čini kompilacija pesama „Bože pravde“ i „Oj
svijetla majska zoro“ juče nije usvojena. Na otvaranju Olimpijskih
igara u Grčkoj svirana je stara „Hej Sloveni“. Prelomilo je pismo
patrijarha srpskog gospodina Pavla i deo poslanika nije glasao za
predloženi dnevni red po kome himna treba da se usvoji po hitnom
postupku.

Od ponuđene verzije himne nije se odustalo, već je odluka odložena za
septembar. Tako Skupština Srbije i Crne Gore nije juče čak ni
raspravljala o novoj himni SCG. Za takav dnevni red su glasala 54
poslanika iz Srbije, 11 je bilo protiv, a šest uzdržano. Iz Crne Gore
za je glasalo dvanaestoro poslanika, četvoro je bilo protiv, a devetoro
uzdržano. Posle rašomonijade oko nove himne, krčag je zapravo polomila
Socijalistička narodna partija. Do promene u njihovoj odluci došlo je
posle pisma patrijarha srpskog gospodina Pavla, što je i javno priznao
šef poslaničke grupe SNP Zoran Žižić. - Bili smo za to da se himna nađe
u proceduri. Ali zbog zamolnice patrijarha i imajući u vidu njegov
značaj i moralnu težinu, odlučili smo da ne glasamo za dnevni red.
Mislimo da je bolje da se himna izglasa u redovnoj proceduri zajedno sa
zastavom i grbom - istakao je Žižić, ali nije želeo da precizira da li
je SNP samo protiv dnevnog reda ili i same predložene kompilacije
pesama. Himna SCG ostaje dosadašnja himna SFRJ i SRJ „Hej Sloveni"..

---

L'UNICO INNO JUGOSLAVO CHE RICONOSCIAMO:

http://www.olympic.it/anthems/yug.mid


=== 3 ===

Il clero ortodosso conferisce onoreficenze ai para' della Folgore, che
hanno bombardato ed occupato il paese, e si nasconde dietro ad un dito
- quello della mano di san Giovanni (SIC)

> Order of St. Sava Awarded to Italian Troops
>
> On July 29, 2004 His Eminence Metropolitan Amfilohije of Montenegro
> and the Littoral awarded the Order of St. Sava of the Second Degree to
> the Italian Folgore Parachute Brigade at a ceremony in Livorno. The
> brigade was recognized by the Holy Assembly of Bishops of the Serbian
> Orthodox Church for its extraordinary contribution to the protection
> of our holy shrines in Kosovo and Metohija.
>
> In addition to Metropolitan Amfilohije the delegation of the Serbian
> Orthodox Church included Bishop Teodosije of Lipljan, Hieromonk Jovan
> (Culibrk), and Fr. Ksenofont of Visoki Decani Monastery.
>
> ''With the blessing of His Holiness Serbian Patriarch Pavle the
> delegation presented the decoration to the brigade for its dedicated
> concern for our holy shrines, especially in March of this year when
> the Pec Patriarchate and Visoki Decani Monastery were endangered.
> Today at a grand ceremony on the occasion of the change of command of
> the brigade, namely, the arrival of general Konstantin to replace
> general Bertolini, who is assuming a new position, it was our pleasure
> to present the Folgore Parachute Brigade with the Order of St. Sava of
> the Second Degree in the presence of the Italian defense minister,
> senior officers, representatives of civil society and the Roman
> Catholic Church," said Metropolitan Amfilohije for Radio Svetigora.
> Upon presenting the decoration on behalf of the Serbian Orthodox
> Church,
> Metropolitan Amfilohije addressed the audience with a few words about
> St. Sava, emphasizing what the Order represents and explaining why the
> Serbian Orthodox Church for the first time in its history has
> presented such a high honor to a military unit. After the ceremony a
> reception was held at the brigade's headquarters.
>
> As part of its visit to Italy our church delegation will also visit
> Siena, where it will pay its respects to the finger of St. John the
> Baptist, a relic that has been guarded in this city since the 15th
> century. "Until the arrival of the Turks on the Balkan peninsula the
> finger was guarded in the palace of the Nemanjic dynasty. Through the
> mediation of a Nemanjic princess and a Byzantine bishop, Despot Thomas
> the Paleologist, it was turned over to Pope Sextus V, who in honor of
> the gift built a great cathedral in Sienna.
> As far as we know the relic bears the inscription "Have mercy, o Lord,
> on Sava the archbishop", which suggests that the finger was most
> likely brought by St. Sava from Jerusalem to the palace of the
> Nemanjic dynasty, whom it protected until the arrival of the Turks.
> Now we have an opportunity to venerate this finger and determine
> whether it belongs to the hand of St. John the Baptist preserved in
> the monastery of Cetinje, from which two fingers are missing. One of
> the fingers, as far as we know, is in a museum in Constantinople or
> possibly on Mt. Athos, and it appears that the second is the one
> protected in Sienna. The relic is publicly displayed only once a year
> on St. John's Day but during this visit we will have the opportunity
> to kiss it," said Metropolitan Amfilohije.
>
> http://www.spc.org.yu/Vesti-2004/07/30-7-04-e.html#tro

(gia' diffuso su Jugoinfo:)

BALCANI: DA ORTODOSSI SERBI ONORIFICENZA A BRIGATA FOLGORE (ANSA) -
ROMA, 26 LUG - Giovedi' prossimo, alla presenza del generale Gaetano
Romeo, comandante del 1/o Comando delle Forze di Difesa, Sua Eccellenza
Amphilhius, metropolita di Montenegro (Massima Autorita' religiosa
serba), concedera' la decorazione 'San Sava di II Grado' alla Brigata
paracadutisti Folgore. E' la prima volta che l'onorificenza viene
conferita ad unita' di eserciti stranieri. L'onorificenza, tra le piu'
importanti per i Cristiano-Ortodossi, sara' conferita in virtu' di una
deliberazione di tutto il Sacro Sinodo dei Vescovi della Chiesa
Ortodossa Serba, riunitosi per l'occasione nello scorso mese di maggio.
Nella motivazione si legge che, sin dagli anni Novanta, durante il
sanguinoso conflitto che ha sconvolto i Balcani, gli uomini della
brigata Folgore hanno mostrato una particolare capacita' di
comprensione per gli aspetti religiosi dell'intera regione, ponendo
particolare attenzione alla tutela e salvaguardia dei monasteri e delle
chiese ortodosse. In particolare, in occasione dei recenti scontri che
nel mese di marzo hanno nuovamente insanguinato il Kosovo, l'intervento
dei militari si e' rivelato determinante per la cessazione delle
ostilita' e devastazioni ed il ripristino della legalita'. La cerimonia
di consegna si inserisce in un'altra, altrettanto importante per i
Paracadutisti: il cambio del Comandante. Proprio il 29, infatti, il
generale Marco Bertolini lascera' il comando dell' unita' al generale
Pietro Costantino. (ANSA). NE
26/07/2004 18:32

Kosovo-Metohija (en francais)

1. Paris - Fête de l'Huma - Samedi 11 (19 h) & dimanche 12 (14 h)

2. Le Kosovo, un otage de plus dans la guerre du pétrole


=== 1 ===

Paris - Fête de l'Huma
Samedi 11 (19 h) & dimanche 12 (14 h)

Débat : l'enseignement du Che toujours actuel :

Yougoslavie, Irak, Cuba :
cibles d'une même guerre globale ?

Projection du film Les Damnés du Kosovo
Débat avec Michel Collon, écrivain et co-auteur du film

Où ? Stand Espace Che Guevara (B 7 - avenue de la générosité)

Les auteurs du film Les Damnés du Kosovo apportent des révélations
incroyables sur la réelle situation au Kosovo, sur l'installation d'une
super - base militaire US exactement sur le tracé de leur projet de
pipe-line (tiens, tiens !), sur les ravages du FMI aujourd'hui en
Serbie, sur les conséquences pour les travailleurs français et
européens...
Yougoslavie, Irak, Cuba (et les autres) : cibles d'une même guerre
globale ? Certes, à chaque agression, les prétextes varient : 'armes de
destruction massive de Saddam', 'génocide au Kosovo' (et à présent au
Darfour), 'Castro dictateur'... Mais ensuite, on dévoile les
médiamensonges et les prétextes s'effondrent. Pour autant, la gauche,
dominée par la position ambiguë du 'Ni, ni', a-t-elle été à la hauteur
dans sa solidarité ou bien est-elle tombée dans les pièges de la
désinformation et du néocolonialisme ?
Les guerres servent-elles aux multinationales pour dominer la planète,
détruire les protections étatiques et sociales, exploiter des main
d'oeuvre fragilisés afin de délocaliser et d'exercer partout un
chantage sur les conditions de travail ? Pourquoi on ne nous
informe-t-on pas sur la catastrophe sociale, démocratique, humanitaire
qui frappe à présent la Yougoslavie et sur les délocalisations que cela
va permettre ? Quelles leçons en tirer pour l'avenir ?
De quoi débattre, donc, samedi 11 et dimanche 12, à la Fête de l'Huma,
Espace Che Guevara, 19h.


=== 2 ===

Le Kosovo, un otage de plus dans la guerre du pétrole

Liste de diffusion : Damnés du Kosovo
http://www.gael.ch/collectif/damnes/inscriptions.html

« La Force de Paix au Kosovo,
placée sous le commandement de l'OTAN
ainsi que la police internationale de l'ONU
ont lamentablement failli à leur mission
de protection des minorités
lors des émeutes généralisées
qui ont éclaté en mars dernier au Kosovo. »
Human Right Watch :
"Failure to Protect : Anti-Minority Violence in Kosovo,
March 2004"

Kosovo : un voyage pour rompre 5 ans de silence
http://www.csotan.org


Le 13 août 2004, douze personnes, originaires de Belgique, France,
Suisse, États-Unis, repartis dans 4 véhicules quittent Belgrade. Ce
groupe d’observateurs s’était fixé comme objectif de constater sur
place, pendant une dizaine de jours, la réalité de l’épuration ethnique
au Kosovo et les conditions de survie des populations minoritaires. (1)

Première constatation : un nettoyage ethnique brutal a accompagné
l’entrée des forces de l’OTAN au Kosovo, c’est incontestable

La visite de la mahala rom de Mitrovica, l’une des premières du groupe,
en dit long sur la violence du nettoyage ethnique qui a suivi l’entrée
des forces internationales au Kosovo. Plus de 7000 Roms habitaient ce
quartier situé sur la rive sud de la ville, à proximité du fameux pont
sur l’Ibar. C’était le plus grand quartier rom du Kosovo, il a été vidé
de ses habitants, puis rasé par les extrémistes de l’UCK le 17 juin
1999, sous les yeux des soldats français. (2)

Parmi les nombreux témoignages d’une grande intensité humaine, qui se
sont enchaînés tout au long du voyage, l’entretien accordé par Marek A.
Nowicki fût l’un des plus précieux pour la clarification des éléments
d’analyse sur les plans politique, juridique et social. Depuis son
entrée en fonction en tant qu’Ombudsman, désigné conjointement par le
représentant spécial du secrétaire général de l’ONU et par l’OSCE, les
services de l’Ombudsperson interviennent en tant qu’institution
consultative lors de conflits avec l’administration onusienne et
locale. Une place de choix pour prendre la mesure de la situation de
blocage qui caractérise le Kosovo : absence de droit, absence de
sécurité pour les minorités, absence de travail, absence de
souveraineté, absence de perspective en dehors de la réalité d’une
occupation militaire et policière sans fin. La démonstration détaillée
des mécanismes de blocage, générés par l’administration onusienne
elle-même, apparaît clairement dans les rapports annuels publiés par
l’Ombudsman et consultables sur Internet, mais dont personne ne parle,
bien sûr ! (3)

Deuxième constatation : nous sommes concernés qu’on le veuille ou non

Une constante dans les déclarations entendues pendant ce voyage, de la
part des interlocuteurs locaux : la solution n’est plus entre les mains
des populations concernées. C’est la « communauté internationale » qui
a les cartes en main, nous sommes donc collectivement concernés, qu’on
le veuille ou non. L’une des exigence de la « communauté
internationale » vis-à-vis de l’administration provisoire du Kosovo, à
dominante albanaise, est de faire appliquer la Loi. Mais dans les
faits, cette exigence n’a pas de sens, d’abord parce que la Loi change
en permanence, « transition » post-socialiste vers l’économie de marché
oblige, ensuite parce que les instances de recours passent forcément
par la structure onusienne de tutelle, la MINUK, dont les fondements ne
respectent même pas un principe essentiel qui caractérise la
démocratie : la séparation des pouvoirs !

Pour participer au déblocage de la situation au Kosovo, en agissant sur
ce qui nous concerne, ici et maintenant, il serait d’abord nécessaire,
de faire reconnaître l’erreur de ceux qui avaient soutenu, parfois en
toute bonne foi, l’intervention de l’OTAN en 1999. Certains ont déjà
reconnu cette erreur (4), mais beaucoup d’autres, surfant sur le
raz-de-marée médiatique à coloration « humanitaire » initié par les
superpuissances, ont été propulsés vers des carrières qui leur
permettent maintenant d’ignorer dédaigneusement le sort des populations
qu’ils prétendaient défendre. Comment faire pour permettre aux
populations concernées de récupérer leur souveraineté démocratique,
comment faire pour que les médiateurs, devenus objectivement acteurs,
se retirent, en faisant si possible moins de dégâts qu’ils en ont fait
en arrivant ?

Ce débat devrait aussi avoir lieu ici, dans nos pays où nous devrions
nous interroger sur l’action politique des dirigeants qui nous
représentent. Nous avons aussi le devoir de nous interroger sur la
nature des interventions d’apparence humaniste, qui s’apparentent trop
souvent, dans les faits, à celle du pompier incendiaire. Ce débat est
malheureusement déjà occulté par le dossier des opérations de renvoi de
requérants d’asile déboutés. Les « bonnes âmes » s’émeuvent en
découvrant soudainement devant leur porte, la pointe de l’iceberg
politique qui caractérise nos « démocraties occidentales exemplaires »,
alors qu’on fait silence, depuis 5 ans, sur le sort dramatique des 300
000 déplacés du Kosovo dont nous sommes pourtant collectivement
responsables depuis juin 1999 !

Une situation bloquée qui ne déplait pas à tout le monde

Seule certitude pour l’avenir : la base militaire US de Camp Bondsteel
est solidement implantée au cœur des Balkans, près de Gnjilane, à
proximité de la frontière avec la Macédoine. À quelques kilomètres du
fameux corridor 8, destiné à accueillir le pipeline de la compagnie
américaine AMBO (Albania, Macedonia, Bulgaria Oil Company). Le corridor
8 est intégré au gigantesque projet stratégique de ligne de
communication trans-balkanique destiné à assurer la liaison entre
Burgas en Bulgarie et le port Adriatique de Vlore en Albanie, projet
dont l’étude de rentabilité fut effectuée par la compagnie d’ingénierie
Brown & Root, filiale britannique de la compagnie Halliburton dont Dick
Cheney fût PDG avant de devenir vice-président de Etats-Unis…(5)

Ainsi, le destin terrible et sans issue des « damnés du Kosovo »
profitera au moins aux multinationales américaines qui pourront amasser
des profits substantiels par l’acheminement sécurisé des hydrocarbures
en provenance du Caucase. Elles peuvent compter sur le précieux
concours de la Trade and Development Agency (TDA), qui se charge déjà
d’expliquer aux pays concernés la nécessité « d’utiliser les synergies
régionales afin d’attirer les nouveaux capitaux ».

Des profits à l’abri de tout soupçon

Aucun risque pour les auteurs de ces projets de se voir soupçonné un
jour ou l’autre d’agissements criminels dans cette affaire, puisqu’un
Tribunal sur mesure, le TPIY, a été mis en place et financé notamment
par capitaux privés ( !) pour condamner le coupable officiel de cette
épouvantable tragédie. La mission de ce Tribunal mis en place par le
Conseil de sécurité de l’ONU, est précise : il faut donner le poids
d’un jugement à la thèse du tyran Milosevic, instigateur et maître
d’œuvre d’un « projet génocidaire de Grande Serbie ethniquement pure ».
Accusation largement relayée par nos médias est pourtant totalement
dénuée de sens, dès lors que la Serbie elle-même n’a jamais été un Etat
ethniquement pur et qu’elle reste, de fait, le dernier espace
multiethnique de toute l’Ex-yougoslavie !

Mais des faits nouveaux sont là : la réalité quotidienne du Kosovo est
à tel point catastrophique, que toute personne sensée doit admettre
qu’elle s’est dramatiquement dégradée suite à l’intervention de l’OTAN,
dans l’immédiat, sur le plan des droits de l’Homme et de la sécurité et
par la suite sur le plan économique et social. Dès lors, la course
contre la montre est engagée car la question du statut final doit
revenir sur le tapis dans le courant de l’année 2005, il sera alors
très difficile de cacher la situation qui prévaut au Kosovo. Pour les
procureurs du TPIY, il s’agit donc, coûte que coûte, de faire adopter
au plus vite par le jury le chef d’inculpation de génocide pour
justifier a posteriori l’intervention militaire illégale de l’OTAN en
1999, au besoin, en faisant taire l’accusé. C’est précisément ce qu’ils
tentent d’obtenir en imposant des avocats à la défense.

Philippe Scheller
Participant au voyage au Kosovo
Membre du Comité pour la paix en Yougoslavie
Genève, le 5 septembre 2004


(1) Journal du voyage consultable sur le site du Comité de surveillance
OTAN www.csotan.org Un rapport de synthèse est actuellement en
préparation ainsi que le montage d’un sujet vidéo.
(2) Interview avec un responsable du camp de Leposavic (Nord Kosovo)
sur www.csotan.org
(3) Ombudsperson Institution in Kosovo www.ombudspersonkosovo.org
(4) Déclaration du major-général MacKenzie" Nous avons bombardé le
mauvais côté" "The National Post - 6 avril 2004
www.gael.ch/collectif/damnes/20040501.html
(5) Michel Collon, « Monopoly - L'OTAN à la conquête du monde », éd.
EPO - 2000, p. 98-99 et Michel Chossudovsky « Les États-Unis sont en
guerre en Macédoine » - juillet 2001.


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Comité pour la paix en Yougoslavie
http://www.gael.ch/collectif/
CP 915 - 1264 St-Cergue
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--------
Inscription - désinscription et historique des messages envoyés à la
liste de diffusion Damnés du Kosovo
http://www.gael.ch/collectif/damnes/inscriptions.html

Dalla redazione de "La Nuova Alabarda" (Trieste) riceviamo e giriamo:

IN MERITO AL FILM “IL CUORE NEL POZZO”
PRODOTTO DA ANGELO RIZZOLI PER RAI FICTION

 
I polemici sostengono che la televisione è l’arma finale del dottor
Goebbels. Noi non ci sentiamo di essere così perentori, però è un dato
di fatto che dire “l’hanno detto in tivù” dà una patente di veridicità
alle fesserie più enormi. Ed è pure un dato di fatto che, quando si
vuole influenzare in un determinato modo la coscienza collettiva
argomenti specifici, il modo migliore per ottenere il risultato voluto
è quello di far passare in televisione ciò che si vuole far entrare
nella testa della gente. Ed a questo scopo, un “buon” sceneggiato
(adesso lo chiamano “fiction”, che fa più “americano”) è il sistema
perfetto per plagiare la testa della gente.

Così, quando in questi giorni leggiamo di quello che si sta preparando
come sceneggiato sulle “foibe”, e come esso viene presentato, ci
vengono i brividi per quanto danno provocherà questa operazione
mediatica.

Dunque Rai Fiction ha commissionato al produttore Angelo Rizzoli (ve lo
ricordate? Era stato travolto dallo scandalo della P2, tempo fa. E chi
ancora aveva la tessera della P2, così, a primo colpo di memoria?
Berlusconi, l’avvocato Augusto Sinagra...) uno sceneggiato sulle
“foibe”. Regista Alberto Negrin; uno dei protagonisti è tale Leo
Gullotta che ci dicono sia simpatizzante di Rifondazione Comunista...
sarà vero?

Sul sito “Panorama.it” troviamo un articolo firmato da Laura Delli
Colli che dice “Foibe. Un film per capire”. Cosa capiranno dunque i
volonterosi spettatori di questo sceneggiato che andrà in onda a
febbraio prossimo venturo?

“Il massacro di migliaia di civili inermi. La tragedia della pulizia
etnica nelle terre slavizzate a forza. Gli spietati partigiani di Tito
in azione...”, scrive la giornalista. Ed ancora: “una tragedia rimossa
costata non meno di 20-30 mila vittime, uccise dalla feroce repressione
del regime di Tito. Un massacro e una persecuzione di massa con un solo
obiettivo, ancora attuale: la pulizia etnica (...) Mentre l’Italia
viveva la fine della guerra, i partigiani iugoslavi con la stella rossa
di Tito eliminarono con ferocia intere famiglie, uomini e donne e
spesso con loro i bambini, solo perché oppositori, dichiarati o anche
solo potenziali, della slavizzazione dei territori. Almeno diecimila i
desaparecidos di un massacro...”.

Complimenti alla giornalista, che è riuscita in così poche righe ad
accumulare una tale quantità di boiate storiografiche (oltre che
falsità belle e buone) finalizzate alla diffusione di idee razziste da
meritarsi il premio Minculpop alla memoria dei solerti redattori de “La
difesa della razza”. Ma per capire se questo è il “messaggio” di verità
storica che il regista Negrin intende diffondere alle masse
teledipendenti italiane, leggiamo la trama del film.

“La storia è quella di don Bruno, in fuga nelle campagne istriane per
mettere in salvo, tra i bambini, Carlo e Francesco. Carlo è figlio di
un’italiana, violentata dal capo partigiano Novak. E Novak va a caccia
di quel bambino per eliminarlo. Il prete lo difenderà fino al
sacrificio (...) sotto la tonaca di un mite sacerdote di frontiera, ha
il cuore di un leone mentre salva i bambini in fuga dalle fiamme che i
titini hanno appiccato all’orfanotrofio”.

L’attore Dragan Bjelogrlic, che impersona il “crudele Novak”, afferma:
“La crudeltà efferata del mio personaggio? Potrei dire che forse per un
serbo che ha sofferto le guerre recenti non è poi tanto difficile
immedesimarsi in uno sloveno così negativo... In questi luoghi nessuno
è sopravvissuto indenne alla sofferenza delle violenze etniche”.

Quanto al “rifondarolo” Gullotta, ecco come risponde alla domanda della
giornalista su cosa gli dica “la sua coscienza civile sulle foibe”.

“Ho cercato di capire, di saperne di più (...) dar voce a una tragedia
dimenticata è la prima ragione che mi ha convinto ad accettare. Questo
non è un film schierato, ma un atto di doverosa civiltà”.

Ha cercato di capire, Gullotta? Di saperne di più? In effetti, con
questo film si arriva a sapere tanto di più rispetto a quello che è
successo in realtà: perché, da quanto scritto in questo articolo,
appare una sceneggiatura che si basa su presupposti storici falsi per
raccontare una vicenda degna della fantasia di una Liala sadomaso, e
che arriva a delle conclusioni che sembrano fatte apposta per
rinfocolare quegli odi etnici che al nostro confine orientale non si
sono mai sopiti.

Quali sono le falsità? La pulizia etnica, mai esistita da parte dei
“partigiani di Tito” (ma è tanto difficile accettare il dato di fatto
storico che si era trattato di un esercito, sia pure popolare,
riconosciuto come cobelligerante dagli Alleati?); la “slavizzazione
forzata”, dove nei territori di cui si parla (l’interno dell’Istria)
gli italiani non sono mai stati la maggioranza; la quantità dei morti,
che non sono stati né “venti-trentamila”, né migliaia, ma poche
centinaia nell’autunno del ’43 e nessuno (sì, avete letto bene:
nessuno) dopo la primavera del ’45, in Istria, perché mentre nella
prima ventata di potere popolare, dopo l’8 settembre, una sorta di
jacquerie comportò esecuzioni più o meno sommarie nei confronti di
esponenti del regime fascista, alla fine del conflitto, quando le
autorità statali jugoslave presero il controllo del territorio, non ci
furono esecuzioni sommarie: e se qualcuno fu processato e condannato a
morte da tribunali regolarmente insediatisi, questo è un fatto che non
avvenne solo in Jugoslavia, ma in tutta Europa, Italia compresa.

Ma la falsità più grossa, e quella che fa particolarmente schifo, è
l’uso strumentale che viene fatto dei bambini in questa operazione di
bassa macelleria cinematografica. È del regista Negrin (che ci dicono
sia ebreo) l’idea (che non appare neppure nei peggiori libelli prodotti
dalla propaganda nazifascista dell’epoca) che i “partigiani di Tito” si
dedicavano alla deportazione ed al massacro dei bambini, bruciando
orfanotrofi ed “infoibandone” gli ospiti? Forse il regista è stato
influenzato da tutte quelle sceneggiature uscite negli ultimi anni
sulla Shoah, dove si vedevano i nazisti andare a caccia di bambini
ebrei che poi venivano fortunosamente salvati, e dato che, essendo in
epoca di par condicio, e banalizzazione storica allo scopo di
dimostrare che nazisti e comunisti erano cattivi ugualmente, il
soggetto che va bene per una fiction sui cattivi nazisti va bene anche
per una sui cattivi comunisti?

La “consulenza storica”, leggiamo sempre nell’articolo, sarebbe di un
certo Giuseppe Sabbatucci, ma in Internet non abbiamo trovato nessuno
storico con questo nome: l’unico storico Sabbatucci fa di nome
Giovanni, che, da quanto siamo riusciti a capire, dovrebbe essere un
autore di testi scolastici. Ma se scrive i libri con la stessa serietà
e veridicità storica con cui ha dato la propria consulenza per uno
sceneggiato come questo, pensiamo che dovrebbe essergli impedito di
proseguire con questo mestiere.

Ci chiediamo se sia possibile riuscire a fermare la messa in onda di
questo film, che può produrre solo altre tensioni ed altri odi, e non
farà sicuramente “luce” su alcunché.


Eppure non avrebbe dovuto essere tanto difficile riuscire a “saperne di
più”, come dice Gullotta, senza incappare in certe falsità come quelle
che abbiamo letto sopra. Basta cercare alcune pubblicazioni (neanche
tutte di fonte “slavocomunisti”, come vedremo nelle note) e si riesce a
saperne di più inquadrando correttamente il problema dell’Istria e
delle foibe istriane.

Il primo periodo che va preso in considerazione è quello immediatamente
successivo all’8 settembre 1943, quando le truppe partigiane
dell’Esercito di Liberazione Jugoslavo presero possesso di una parte
del territorio istriano. Il potere popolare durò una ventina di giorni
in alcune zone, un mese in altre: poi i nazifascisti ripresero il
controllo su tutta l’Istria. Dai giornali dell’epoca [1] leggiamo che
l’“ordine” riconquistato costò la vita di 13.000 istriani, nonché la
distruzione di interi villaggi. Nel contempo i servizi segreti nazisti,
in collaborazione con quelli della RSI, iniziarono a creare la
mistificazione delle “foibe”: ossia i presunti massacri che sarebbero
stati perpetrati dai partigiani.

In realtà dalle “foibe” istriane furono riesumati, stando al cosiddetto
“rapporto” del maresciallo Harzarich, che guidò le esumazioni dalle
foibe su incarico dei nazifascisti nell’inverno 1943/44 [2], poco più
di 200 corpi di persone la cui morte potrebbe essere attribuita a
giustizia sommaria fatta dai partigiani nei confronti di esponenti del
regime fascista (ma per alcune cavità si sospetta che vi siano stati
gettati dentro i corpi dei morti a causa dei bombardamenti nazisti).
Però basta dare un’occhiata ai giornali dell’epoca ed agli opuscoli
propagandisti nazifascisti per rendersi conto di come l’entità delle
uccisioni sia stata artatamente esagerata per suscitare orrore e
terrore nella popolazione in modo da renderla ostile al movimento
partigiano. Esempio di questa manovra è la pubblicazione di un libello
dal titolo “Ecco il conto!”, pubblicato sia in lingua italiana che in
lingua croata, contenente alcune foto di esumazioni di salme e basato
fondamentalmente su slogan anticomunisti.

I contenuti ed i toni di tale mistificazione sono gli stessi che per
sessant’anni abbiamo visto propagandare dalla destra nazionalista:
“migliaia di infoibati solo perché italiani, vecchi, donne e bambini e
persino sacerdoti”; “infoibati ancora vivi” e “dopo atroci torture”
(non di rado s’è poi visto che le sedicenti “vittime scampate alle
sevizie titine” erano in realtà criminali di guerra che descrivevano le
cose che essi stessi avevano fatto ad altri) e così via. Del resto dal
racconto di Harzarich risulta chiaramente che i corpi, riesumati più di
un mese dopo la morte furono trovati in stato di avanzata
decomposizione, ed era quindi praticamente impossibile riscontrare su
essi se le vittime fossero state soggette a torture o stupri mentre
erano ancora in vita; così come certi particolari raccapriccianti che
vengono riportati dalla “letteratura” delle foibe (ad esempio il
sacerdote con il capo cinto da una corona di spine ed i genitali
tagliati ed infilati in bocca) non hanno alcun riscontro nella
relazione di Harzarich.

Tornando al numero degli “infoibati” in Istria nel ‘43, vediamo che da
stessa fonte fascista (il federale dell’Istria Luigi Bilucaglia)
risulta che nell’aprile del 1945 erano circa 500 i familiari di persone
uccise dai partigiani in Istria tra l’8/9/43 e l’aprile 1945. Infatti
Bilucaglia inviò a persona di propria fiducia, il capitano Ercole
Miani, dirigente del CLN di Trieste < alcuni documenti che
costituiscono una pagina di sanguinosa storia italiana in questa
Provincia (...) trattasi di circa 500 pratiche per l’ottenimento della
pensione alle famiglie dei Caduti delle foibe (...) corredate di tutti
i documenti e contengono gli atti notori che illustrano lo svolgimento
dei fatti > [3].

Anche un articolo del 1949 dà più o meno queste cifre:

< Se consideriamo che l’Istria era abitata da circa 500.000 persone,
delle quali oltre la metà di lingua italiana, i circa 500 uccisi ed
infoibati non possono costituire un atto antitaliano ma un atto
prettamente antifascista. Se i partigiani rimasti padroni della
situazione per oltre un mese avessero voluto uccidere chi era
semplicemente “italiano”, in quel mese avrebbero potuto massacrare
decine di migliaia di persone > [4].

Giacomo Scotti, nel suo studio “Foibe e fobie”, cita una <
dichiarazione rilasciata alla fine di gennaio 1944 dal segretario del
Partito fascista repubblicano e pubblicata dalla stampa della RSI
dell’epoca >, senza però dare ulteriori indicazioni, nella quale <
l’alto gerarca >, di cui non fa il nome, avrebbe affermato che < in
Istria finirono infoibate dagli insorti 349 persone, in gran parte
fascisti >.

Scotti cita poi una relazione del pubblicista croato professor Nikola
Zic, datata 28/11/44 e redatta per conto dei < servizi d’informazione
del Ministero degli Esteri dello stato croato > (cioè il governo
fantoccio dell’ustascia Ante Pavelic, quindi sicuramente una fonte che
non doveva avere simpatie nei confronti del movimento partigiano), resa
nota dallo storico fiumano Antun Giron nel 1995. Vale la pena di
riportarne alcuni passi.

< All’inizio a nessun Italiano è stato fatto nulla di male. I
partigiani avevano diramato l’ordine che non doveva essere fatto del
male a nessuno. Ma qualche giorno dopo la scoppio della rivolta
popolare [5] alcuni corrieri a bordo di motociclette sidecar hanno
portato la notizia che i fascisti di Albona avevano chiamato e fatto
venire da Pola i tedeschi in loro aiuto e questi avevano aperto il
fuoco contro i partigiani. Poco dopo si è saputo che i tedeschi erano
stati chiamati in aiuto anche dai fascisti di Canfanaro, Sanvincenti e
Parenzo, fornendogli informazioni sui partigiani. Rispondendo alla
chiamata è subito arrivata a Sanvincenti una colonna tedesca (...)
Pertanto partigiani e contadini hanno cominciato ad arrestare ed
imprigionare i fascisti, ma senza alcuna intenzione di ucciderli. I
partigiani decisero di fucilarne soltanto alcuni, i peggiori, ma anche
molti fra questi sono stati salvati grazie all’intervento dei contadini
croati e ancora più dei sacerdoti. (...) Purtroppo quando, alcuni
giorni più tardi, cominciarono ad avanzare i reparti germanici, i
partigiani vennero a trovarsi nell’impaccio, non sapendo dove
trasferire i prigionieri fascisti per non farli cadere nelle mani dei
tedeschi. In questo imbarazzo hanno deciso di ammazzarli. Ne hanno
uccisi circa 200 gettandone i corpi nelle foibe> [6].

Va da sé poi che quando la propaganda di destra cita gli “orrori delle
foibe”, si “dimentica” regolarmente di citare la quantità di morti che
costò la “pacificazione” operata dai nazifascisti nei territori da loro
“liberati” dai partigiani. Scrive ad esempio Galliano Fogar [7]:

< Il 7 ottobre (1943, n.d.a.) Berlino annuncia la conclusione dei
rastrellamenti “nella regione di Trieste da parte delle truppe tedesche
e di reparti fascisti: sono stati contati i corpi di 3.700 banditi
uccisi. Altri 4.900 sono stati catturati fra cui gruppi di ufficiali e
soldati badogliani”. Un comunicato del 13 afferma che la “pace” è stata
raggiunta grazie a più di 13mila banditi uccisi o fatti prigionieri...
A parte la gonfiatura propagandistica delle cifre, il numero delle
vittime è stato altissimo e fra esse buona parte è di inermi civili
(...) “L’impeto dei tedeschi è meraviglioso” commenta il quotidiano
triestino “Il Piccolo”. Raccontando l’odissea di un gruppo di
prigionieri liberati dall’intervento germanico, il cronista rileva che
gli scampati, mentre si dirigono verso Trieste, possono constatare che
“ogni casa ha uno straccetto bianco di resa e tutti i rimasti salutano
romanamente chiedendo pietà” (questo si riferisce alla zona di
Pinguente, in Istria, n.d.a.). Dopo il passaggio delle truppe tedesche,
il giornale riferisce che è tornata la tranquillità e giustifica lo
strazio della cittadina di Pisino, osservando che “dure misure sono
state provocate” dalla resistenza dei partigiani. Infatti è stato
ucciso anche il Podestà italiano e di sentimenti fascisti >.

Fogar fa anche riferimento ad una “relazione inedita” del dottor
Cordovado, intitolata “La dura sorte di Pisino” [8], e scrive < Pisino,
la capitale provvisoria del movimento insurrezionale croato, benché
abitata da italiani, è bombardata senza pietà da “Stukas” e cannoni.
Molti cittadini sono mitragliati dai rastrellatori, irritati per un
debole tentativo di resistenza dei partigiani. Vi si insedia
temporaneamente il capo della Polizia ed SS Globocnik che decide sulla
vita dei prigionieri, quando ne venivano fatti, ordinando brutali
esecuzioni >. Inoltre, prosegue Fogar, < Canfanaro è in parte
incendiata ed il parroco è impiccato. A Gimino i tedeschi penetrano in
molte case uccidendo vecchi, donne e bambini, incendiando fienili e
cantine dove numerosi abitanti hanno cercato scampo e lanciano granate
nei cespugli, nei fossi, nei campi, ovunque scorgano dei superstiti >.

Una conferma di questo ci viene ancora una volta da Giacomo Scotti,
che, citando nuovamente la relazione del professor Zic, afferma che
nelle < voragini, vecchie cave ed altre fosse comuni accomunate col
nome di foibe (...) furono gettati anche cadaveri di soldati tedeschi
rimasti uccisi negli sconti del 13 settembre e, alcune settimane dopo,
numerosi cadaveri di partigiani e civili uccisi dai tedeschi e da essi
abbandonati per le campagne >. Scrive Zic:

< Nell’intero comune di Gimino che contava 4.580 anime, hanno ucciso 15
bambini al di sotto dei sette anni, 197 adulti e 29 sono morti sotto i
bombardamenti, in totale 241 persone. (...) Alcuni uomini al di sopra
dei 50 anni, che sono stati costretti a trasportare le munizioni dei
tedeschi, hanno raccontato che nell’Istria settentrionale i soldati
hanno violentato ragazze e donne. A Pisino (...) hanno ucciso anche
alcuni italiani, fra questi il podestà e il direttore del Convitto del
Ginnasio locale [9] >. Scotti prosegue citando una serie di massacri
operati dai nazisti e riferiti da Zic ed elenca alcuni nomi < indicati
nella relazione Zic nella grafia croata (...) quasi tutti questi nomi,
nella loro variante italianizzata, li ritroviamo in vari elenchi di
persone che sarebbero state massacrate e infoibate dai partigiani >. Ed
ancora: < Il fatto che i tedeschi procedettero a fucilazioni di
“ribelli” nelle cave di bauxite, come fecero nei medesimi giorni i
partigiani per eliminare i loro prigionieri, è stato “provvidenziale”
per la storiografia fascista. Successivamente (...) furono attribuite
ai partigiani pure una parte delle vittime della repressione tedesca >
[10]. Scotti prosegue citando vari episodi specifici di feroci
rappresaglie nazifasciste, descritti nella relazione Zic, e conclude:

< All’epoca alcuni degli “studiosi” fascisti che oggi blaterano di
“italiani trucidati dagli slavi”, collaboravano con i tedeschi nel
massacro di loro conterranei, italiani e slavi >.

 
NOTE

[1] “Il Piccolo” di Trieste ed “Il Corriere Istriano”, numeri da
ottobre a dicembre 1943.

[2] Dati della “Relazione tratta dall’interrogatorio di un
sottufficiale dei VV.FF. del 41° Corpo di stanza a Pola”, (Archivio
IRSMLT n. 346). Questo testo, che viene comunemente definito“rapporto
Harzarich”non è stato redatto all’epoca delle riesumazioni ma due anni
dopo in base a quanto detto dallo stesso Harzarich agli Alleati.

[3] Documento datato 24/4/45 pubblicato nel testo di Luigi Papo,
“L’Istria e le sue foibe”, ed. Italo Svevo 1998.

[4] “Trieste Sera”, 8/1/49.

[5] Il 13 settembre 1943.

[6] G. Scotti,“Foibe e fobie”,supplemento al numero 2/1997 del mensile
“Il ponte della Lombardia”.Queste risultanze storiche sono state
esposte dallo studioso anche nel corso del convegno sul tema “La guerra
è orrore. Le foibe tra fascismo, guerra e Resistenza” organizzato da
Rifondazione Comunista a Venezia (13/12/03).

[7] G. Fogar, “Sotto l’occupazione nazista nelle province orientali”,
Del Bianco 1968, che fa riferimento ad articoli del “Piccolo del 4, 6 e
8/10/43.

[8] In Archivio IRSMLT VIII/366.

[9] Il podestà e preside era il dottor Vitale Berardinelli. Troviamo
qui la conferma di quanto riportato precedentemente da Fogar nella
citazione della “relazione Cordovado”.

[10] G. Scotti, “Foibe e fobie”, cit..

(srpskohrvatski / italiano)

Ottavo giorno di sciopero della fame per gli scioperanti di
"Jugoremedija" - Zrenjanin [Vojvodina, Serbia]

da Indymedia Belgrado [estratto]        
http://belgrade.indymedia.org/

Zrenjanin, 1 settembre                  Jugoremedija - Update

Appello: gli scioperanti di "Jugoremedija" [industria farmaceutica]
sono già all'ottavo giorno di sciopero della fame nella sede dei
sindacati autonomi di Zrenjanin [Vojvodina, Serbia]. A questo gesto
estremo sono stati costretti dopo aver esaurito tutte le richieste
(ignorate) alla dirigenza della ditta.
Oggi che è il primo giorno della scuola, le madri che scioperano non
possono preparare e i loro figli e portarli a scuola...
Preghiamo tutte le persone benevole, i media e i loro redattori, i
lavoratori dell'Istruzione, le organizzazioni umanitarie, i politici,
di rispondere all'invito degli scioperanti e che vengano a vedere di
persona la loro difficile condizione.

I fatti/la cronologia

I piccoli azionisti detengono 58% delle azioni di "Jugoremedija",
mentre la ditta di Jovica Stefanovic Nini di Nis, "Jaka 80", 42%: lo
stato ha venduto tutte le proprie azioni a lui nel momento in cui il
suo nome risultava tra i ricercati dell'Interpol! Appena è riuscito ad
accappararsi questa parte minore delle azioni, Nini ha incominciato una
campagna mediatica presentandosi come "il padrone" della ditta, mentre
ai rappresentanti dei piccoli azionisti ha attribuito l'appellativo
"gli autogestiti che non rispettano la proprietà privata" [richiamando
il sistema di autogestione della ex repubblica socialista]. La maggior
parte dei media ha creduto nella sua versione della storia, e lo stesso
lo stato. Il problema è stato passato al ministro Lalovic che sta
cercando di realizzare un "dialogo sociale" e di spiegare agli
scioperanti che "il padrone è il padrone"! Signor ministro, gli
scioperanti sono gli azionisti maggioritari, e quello che chiedono allo
stato è soltanto di proteggere la loro proprietà e di rispettare le
leggi esistenti, e non chiedono "aiuti sociali" o elemosina.
Lo stato ha rotto il contratto della vendita del 42% delle proprie
azioni alla ditta di Nini (perché lui non ha rispettato le clausole).
La sua ditta fa la causa allo stato e vorrebbe cambiare la parte del
contratto che lo costringe all'ulteriore capitalizzazione, ammettendo
di non riuscire ad avere i 2/3 dei voti favorevoli. Il documento
depositato alla Corte è un falso, questo è risaputo da tutti e
confermato, ma nessuno fa niente per annullarlo!
Il capo della polizia di Zrenjanin ha vietato agli scioperanti di
riunirsi, il che è contro la legge e viola i diritti umani.
Gli scioperati sono stati licenziati durante lo sciopero, e anche
questo è contro la legge.
Il presidente del sindacato e il presidente dell'associazione dei
piccoli azionisti (che rappresenta 3800 persone) vengono arrestati.
La polizia ha già citato in giudizio il direttore di Nini, ma non lo
arresta.
La fabbrica è stata presa con la forza dagli uomini di Nini, protetti
dalla polizia fatta arrivare da Belgrado...

Indirizzo mail: akcionari@ yahoo. com
tradotto da ivana k.

---

Apel za pomo : Štrajka i »Jugoremedije« koji su ve osmi dan u
prostorijama Ve a Saveza samostalnih sindikata opštine Zrenjanin
štrajkuju gla u. Na ovaj strašni in štrajka i su bili prinu eni posle
svih iscrpljenih zahteva upu enih poslovodstvu »Jugoremedije«. NASTAVAK

APEL ENA, MAJKI KOJE SE NALAZE U ŠTRAJKU

Danas na dan 01.09.2004. godine kada daci polaze u Školu i koje njihovi
roditelji ispracaju u dacke klupe, svoju decu ne mogu da spreme i
isprate u Školske klupe Štrajkaci »Jugoremedije« (majke) jer su
sprecene od strane poslovodstva »Jugoremedije« i nea urnosti dr avnih
organa da svoj psao dovedu do kraja.
Molimo sve dobronamerne ljude, medije i njihove urednike, prosvetne
radnike, humanitarne organizacije, politicare i ljude dobre volje da se
odazovu na poziv Štrajkaca i dodu na lice mesta i sami se uvere teškom
stanju ljudi.

Cinjenice u vezi sa Jugoremedijom:
Hronologoja Zbivanja 5
- Mali akcionari su vlasnici 58% akcija «Jugoremedije», a Ninijeva
firma «Jaka 80» samo 42%.
- Dr ava je ceo svoj (manjinski) udeo od 42% prodala Ninijevoj firmi
«Jaka 80». (U tom trenutku Nini je lice s poternice Interpola!) Cim se
docepao manjinskog paketa Nini krece u kampanju po medijima
predstavljajuci se kao vlasnik, a predstavnike malih akcionara
proglašava za samoupravljace koji ne poštuju privatno vlasništvo.
Mediji uglavnom poveruju u tu pricu... Dr ava takode, pa ceo problem
prepusti ministru Lalovicu koji se uporno trudi da ostvari «socijalni
dijalog» i «objasni štrajkacima da je vlasnik vlasnik»!? Gospodine
ministre, štrajkaci su ti koji su vecinski vlasnik, a od dr ave tra e
samo zaštitu svoje imovine i primenu postojecih zakona, a ne «socijalnu
pomoc» i milostinju!
- Dr ava je raskinula ugovor o prodaji 42% akcija Ninijevoj firmi (jer
nije ispunio ugovorne uslove). Ninijeva firma tu i dr avu za poništaj
dela ugovora koji ih obavezuje na dokapitalizaciju, jer, kako sami u
toj tu bi priznaju, nemoguce je da ispune uslov da dvotrecinska vecina
akcionara izglasa takvu odluku. Pri tom, u sudu i dalje stoji
falsifikatima sprovedena uknji ba te nemoguce dokapitalizacije Ninijeve
firme!!! Mada je falsifikat i ocigledan, i dokazan, i priznat sudu od
strane pocinioca, niko ga ne poništava!!!
- Šef zrenjaninske policije zabranio je štrajkacima javno okupljanje,
što je protiv zakona i kršenje osnovnih ljudskih prava.
- Štrajkaci dobijaju otkaze za vreme štrajka što je protivno zakonu.
- Predsednik sindikata i predsednik udru enja malih akcionara koji
zastupa 3,800 ljudi bivaju uhapšeni bez pravnog osnova.
- Mada je policija podnela krivicne prijave protiv Ninijevog direktora,
njega još uvek niko ne hapsi.
- Posed nad fabrikom preotet je radnicima i vecinskim akcionarima
silom, od strane Ninijevih placenika, koje je štitila i policija koja
je samo zbog toga poslata iz Beograda. NASTAVAK NA
http://belgrade.indymedia.org/news/2004/09/1656.php

KONTROVERZNI NIŠLIJA JOVICA STEFANOVI NINI je biznismen s (ukinute)
poternice: NASTAVAK NA
http://belgrade.indymedia.org/news/2004/09/1657.php

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(english / italiano)

Peter Worthington

Due articoli dell'editorialista del "Toronto Sun" P. Worthington. Nel 
primo si racconta la storia del cineasta Garth Pritchard, che fu 
testimone - e filmo' - dei crimini dei separatisti croati contro la 
popolazione serba della Croazia, e che denuncia l'occultamento delle 
sue prove da parte dell'illegale "Tribunale" dell'Aia. Nel secondo si 
fa il punto sulla scandalosa conduzione del "processo".

1. Mysteries at The Hague

2. Credibility of court eroding

NOTA: SONO FINALMENTE DISPONIBILI ONLINE LE TRASCRIZIONI DELLA RIPRESA 
DEL "PROCESSO":
31 agosto
http://www.un.org/icty/transe54/040831ED.htm
1 settembre
http://www.un.org/icty/transe54/040901IT.htm
2 settembre
http://www.un.org/icty/transe54/040902IT.htm
NEI PROSSIMI GIORNI NE DIFFONDEREMO AMPI STRALCI, E SUCCESSIVAMENTE 
ANCHE IN LINGUA ITALIANA.

(a cura del coord. tecnico di ICDSM Italia)

---( 1 )---

http://www.canoe.ca/NewsStand/Columnists/Toronto/Peter_Worthington/
2004/08/25/pf-600588.html

Wed, August 25, 2004

Mysteries at The Hague

By PETER WORTHINGTON

Calgary filmmaker Garth Pritchard admits to being confused -- and 
angry. He has rejected Slobodan Milosevic's attempt to use him as a 
witness at his war crimes trial, but Pritchard says The Hague now wants 
him as a witness -- but not against Milosevic.

Instead they want him as a witness for atrocities and human rights 
abuses committed by Croats when they overran the centre of Knin, 
capital of Serbian-occupied Krajina, which Croatia attacked and 
conquered in 1995.

"I don't get it," says Pritchard. "Film footage I shot for the National 
Film Board around 1995 was turned over to prosecutors at The Hague, as 
evidence of massacres of people and all livestock in Knin. My tapes and 
testimony mysteriously disappeared -- were supposedly lost. Now they 
are found. Equally mysteriously."

After a report in the Sun last weekend, Pritchard says he was phoned 
yesterday by the RCMP working in The Hague, saying his video footage 
has since been found and he's wanted to testify.

"Something seems fishy," Pritchard says. "The Sun article was quoted, 
and I was told my tapes and testimony had been turned over to the 
Croats for prosecution."

He said RCMP officer Tom Steendoordan phoned him from The Hague, 
reported finding his "lost" material and it was now intended to 
investigate what happened in Knin.

Pritchard has fretted over the ignoring of Knin atrocities for years -- 
one of the Balkan war's horror stories.

When the Croats -- re-armed by the Germans -- occupied Krajina, 
attention focused on the Medak pocket where Canadians came under Croat 
fire.

"I was in Knin, where Maj. Gen. Alain Forand was in command of some 32 
Canadians and gave sanctuary to about 800 Serbian refugees, feeding and 
protecting them for close to two months."

The UN insisted these Serbs were not refugees and should not be 
protected. "We all knew they'd be killed if we didn't protect them. 
Forand told the world 'not on my watch' will they be turfed out to be 
killed. In my eyes, Forand is a hero for refusing to turn these people 
over to the Croats."

Eventually the 800 were safely delivered to Serbian territory, and Knin 
was relegated to the Memory Hole.

"But I had it all on video," Pritchard says. "Livestock slaughtered, 
women eviscerated, raped, burned."

He says Steendoordan told him 82 bodies were found in Knin, and that 
the Croats want to follow up on war crimes.

"That makes me suspicious," says Pritchard. "Croats investigating Croat 
war crimes in Knin? They've got to be kidding. It smells of coverup." 
As for Kosovo, Pritchard says, Steendoordan corrected his claim of only 
3,000 bodies found, not the widely accepted 200,000 dead in mass graves.

"He said 3,000 was accurate then. Now 5,080 bodies have been found -- 
but still no mass graves." Pritchard is pleased that some of the truth 
is beginning to come out. Pritchard told the Sun that Milosevic could 
"rot in hell" before he'd testify on his behalf that there were no mass 
murders in Kosovo.

Bosnia, yes, but not Kosovo.

"Yes, I want the truth to come out, but as a journalist I have no 
intention of testifying on behalf of Croats either. They only got my 
video footage in the first place because the film board owned it and 
gave it to them."

A test of The Hague's sincerity in exposing war crimes in Knin will be 
if Gen. Forand, now retired, testifies.

"This is a man whose courage and integrity saved the lives of 800 Serb 
refugees, when his Canadian superiors and the UN wanted them sacrificed 
to expediency." He adds: "Frankly, I don't trust much that happens at 
The Hague."


---( 2 )---

http://www.canoe.ca/NewsStand/Columnists/Toronto/Peter_Worthington/
2004/09/08/619600.html

Wed, September  8, 2004

Credibility of court eroding

By PETER WORTHINGTON -- For the Toronto Sun


After two years of conducting his own defence at his war crimes trial 
in The Hague, Slobodan Milosevic has been declared by the court as "not 
fit to represent himself."

Two British lawyers, Steven Kay and Gillian Higgins, who are "friends 
of the court," have been appointed -- over Milosevic's vehement 
objections --to represent him.

"Unfit to conduct his own defence" implies mental instability or 
incompetence. Though unpredictable, indignant, erratic and at times 
outrageous, Milosevic's mental state seems alarmingly acute. It's his 
physical health -- especially his heart -- that is questionable.

Scott Taylor, publisher of the military magazine Esprit de Corps, has 
agreed at Milosevic's request to testify at his trial. Taylor, whose 
articles have run in the Sun and other newspapers, spent three hours 
being interviewed by Milosevic, and although bound by oath not to 
reveal the discussions, is adamant that Milosevic is mentally competent.

"He's sharp, he's on top of things and he seems to know exactly what 
he's doing," said Taylor when I talked to him last week. "Tired, yes, 
maybe not well, but he's conducting his own defence better than anyone 
thought he could."

A cynic might argue that Milosevic's competence at his trial may be why 
he's been ruled "unfit" to continue.

Ironically, it casts more doubts on the International Criminal Court.

Calgary filmmaker Garth Pritchard has refused to testify, arguing that 
a journalist's job is to report, not take sides.

Taylor and Pritchard refute allegations of massacres and mass graves in 
Kosovo.

The United States, Russia, China, Israel and other nations don't agree 
with a permanent International Criminal Court, and won't subscribe to 
its terms. Although some 74 countries have ratified their support (of 
139 which have signed their intent), others view it as little more than 
a "kangaroo court," set up by winners to condemn losers. Canada is an 
enthusiastic supporter, as is the European Union.

The court's ruling that Milosevic is unfit to defend himself upsets 
many, including former U.S. Attorney General Ramsey Clark, who usually 
supports left-wing causes, but is co-chairman of the committee to 
defend Milosevic.

"Under international law, every person accused of a crime has the right 
to represent himself," says Clark. "Milosevic is no exception."

By violating Milosevic's "fundamental human right," Clark feels the 
tribunal has "destroyed its last claim to legality."

He says appointing two lawyers who are "friends of the court" to defend 
Milosevic is a contradiction. "You cannot serve two masters."

In some 300 trial days and the examining of more 250 prosecution 
witnesses, creating 30,000 pages of testimony, Milosevic has been 
curiously effective at either manipulating the court as critics 
suggest, or confusing the process.

Witnesses like Scott Taylor will refute the prosecution's case of 
genocide in Kosovo, where former chief prosecutor Louise Arbour claimed 
200,000 were massacred and buried in mass graves. It has since turned 
out that no mass graves have been found in Kosovo and "only" 5,000 
bodies -- mostly war-related -- have been found.

Milosevic is easier to convict for mass murder in Bosnia, and may well 
be acquitted in Kosovo.

Milosevic's trial has been repeatedly delayed because of his high blood 
pressure -- which prosecutors claim is Milosevic's fault because he 
refuses to take heart medication. Milosevic says the drugs make him 
drowsy and unsure, thus preventing him from thinking clearly.

Whatever, the trial is already an endless ordeal -- and unnecessary.

After the Kosovo war, the newly elected government in Belgrade was 
moving to put him on trial. Then NATO intervened and hustled him off to 
The Hague.

If the Milosevic trial is something of a nightmare, there's growing 
unease that the trial of Saddam Hussein will be even more chaotic -- 
especially if the new Iraqi regime isn't allowed to dispense its brand 
of justice quickly and effectively.


 

Otvoreno pismo G.dinu Vuku Draskovicu

Gospodine Vuk Draskovicu,

Eto dosao ste "nam" opet u "Vjecni grad". Citam da ce biti razgovora o
ulasku Srbije i Crne Gore u EZ. Koje li sprdnje! SERiMO, (citaj kako
pise!) upravo tako zovu skraceno moji drugovi i prijatelji Jugoslavije
ovu t.zv. Federaciju Serbie i Montenegra. I neznamo koliko ce se jos
odrzati kao takva. Ide li tim tempom kojim udovoljavate sve imperative
"Ujedinjene" Evrope (t.j, sluge SAD.a). "A Evropa?", kako ju je tocno
prozreo nas Djura Jaksic, "Trulez stara! Stvor nakazan."(...) "Ta
zbrckana stara lutka,... sto razrokim svojim okom, na tirana namiguje"
... Zato bit ce malo morgena ako se prije ne primite vazalstva NATO
pakta! Svima je jasno sto znaci podati se NATO-u, to vec "i vrapci na
krovu pjevaju".

Ako su svi podanici "ujke Sama", zasto da to ne bude i Srbijica. Samo
ce danak biti nesto veci od ostalih. Podsjetit cu vas gospodine
Draskovicu na jedan talijanski clanak jos od 1941. godine, "Bozanstvena
nemeza". Vec i iz samog naslova se moze nazirati u cemu je stvar! U
clanku se velica Njemacka, "a Srbija ce upamtiti sta znaci opirati
(saliti se) se velikoj sili! Godine i godine klanjanja...". Upravo je
to bilo zacrtano i 1991.: "Jugoslaviju razbiti a Srbiju na koljena". I
nastavlja se ucjenama t.zv. Haskog suda preko predsjednika Milosevica,
koji je predastvljao narod koji nije nikada prije rekao "da" okupatoru,
i koji se da usput kazem, dostojanstveno drzi i brani, Da, nazalost,
uspjet ce taj vas vapaj doci do NATO-a i pored vecine naroda koji je
protiv. Kao sto se to zbilo sa svim novonastalim drzavama i drzavicama.

Ali to su naravno teme o kojima mi obicni ljudi "ne treba da brinemo".

Ustvari moje je pismo, kao jednog od 4 i pol milijuna Jugoslavena koje
nitko nije pitao u kojoj drzavi zele zivjeti, pitanje, dali ste
gospodine Draskovicu bilo uz razgovor sa vasim talijanskim kolegom
Frattinijem spomenuli (ne)mogucnost dobivanja turistickih viza za
gradjane SERiMO?

Jer i za dobivanje"turisticke vize tipa C", u napomeni pise: "Ambasada
(talijanska u Bgd-u) moze da zatrazi dodatnu dokumentaciju" (Uz onu u 9
tocaka). I, "Podnosenje kompletne dokumentacije ne garantuje izdavanje
vize".

Ivan Pavicevac

(english / italiano)

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A - COME TAPPARE LA BOCCA A SLOBODAN MILOSEVIC
"Tribunale" illegale viola il diritto di Milosevic a difendersi

1. Dispacci ANSA

2. Ex Primo Ministro della Unione Sovietica si rifiuta di testimoniare
in queste condizioni di illegalita' / Former Soviet Prime Minister: I
will not go to The Hague under present circumstances!

3. Tiphaine Dickson: Star Chamber at The Hague

4. Interview with Klaus Hartmann

5. ICDSM to UN: Tribunal has downed itself

6. Workers World: Milosevic on the counterattack

B - LA PROTESTA DI ALDO BERNARDINI

C - DUE APPELLI DA ICDSM-ITALIA


---( 1 )---

MILOSEVIC: DOVRA' AVERE UN AVVOCATO DIFENSORE

(ANSA) - L'AJA, 2 SET - L'ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic
dovra' farsi difendere da un avvocato d'ufficio davanti al Tribunale
penale internazionale (Tpi) dell'Aja dove e' sotto processo per
genocidio, crimini di guerra e contro l'umanita' perpetrati durante le
guerre balcaniche dello scorso decennio. Lo hanno deciso oggi i giudici
dello stesso Tpi motivando l'imposizione con le perizie mediche secondo
le quali l'ex uomo forte di Belgrado e' malato e non in grado di
difendersi da solo. Finora Milosevic si e' rifiutato di farsi
rappresentare da qualsiasi avvocato. CAL
02/09/2004 09:25

MILOSEVIC: RESPINTA RICHIESTA DI CONTROPERIZIA MEDICA

(ANSA) - L'AJA, 2 SET - Con due voti contro uno, i giudici del Tpi
hanno respinto la richiesta dell'ex presidente jugoslavo Slobodan
Milosevic di far condurre una controperizia sul suo stato di salute ed
il modo in cui si cura. La perizia supplementare rispetto alle altre
gia' eseguite, chiesta ieri dallo stesso Milosevic, avrebbe dovuto
contrastare la richiesta di imposizione di un avvocato difensore
avanzata dalla pubblica accusa. ''I rapporti medici dimostrano che
l'accusato non e' in grado di rappresentare se stesso'', ha affermato
oggi il giudice Patrick Robinson durante l'udienza. ''La Corte - ha
detto ancora - ritiene che il diritto di un accusato di essere il
rappresentante legale di se stesso non sia assoluto e sia invece basato
sul diritto di imporgli un consulente: ecco perche' l'abbiamo fatto''.
(ANSA). CAL
02/09/2004 09:50

MILOSEVIC: VIOLATO IL MIO DIRITTO ALLA DIFESA

(ANSA) - L'AJA, 7 SET - ''Mi avete tolto il diritto alla difesa. Il
signor Kay non mi rappresenta, rappresenta voi''. Cosi' Slobodan
Milosevic ha oggi reagito all'entrata in scena dei due difensori
d'ufficio che gli sono stati imposti dal Tribunale penale
internazionale (Tpi) per la ex Jugoslavia che lo giudica per genocidio,
crimini di guerra e contro l'umanita'.
Oggi e' cominciata l'audizione dei testi a difesa. Il primo a salire
sul banco dei testimoni e' Smilija Avramov, ex professore e consigliere
di Milosevic.
In base alle decisioni prese dalla corte la scorsa settimana
l'interrogatorio e' condotto dagli avvocati britannici Steven Kay e
Gilian Higgins, nominati d'ufficio, per impedire che il processo
subisse frequenti sospensioni a causa delle condizioni di salute
dell'imputato che accusa problemi di ipertensione. Slobo puo' porre a
sua volta delle domande, ma solo mediante autorizzazione caso per caso
dei giudici e dopo che lo avranno fatto gli avvocati.
Milosevic si e' rifiutato di incontrare i due avvocati e, quando ha
nuovamente protestato contro la decisione del Tpi, il presidente della
corte Patrick Robinson gli ha chiuso il microfono dicendo di non
''voler sentire ancora il solito refrain''.
07/09/2004 11:39


---( 2 )---

MILOSEVIC: DEPUTATO RUSSO RIFIUTA DI TESTIMONIARE

(ANSA) - BELGRADO, 7 SET - Il deputato russo Nicolai Ryjkov ha
dichiarato che rifiutera' di testimoniare al processo contro Slobodan
Milosevic davanti al Tribunale penale internazionale (TPI) in segno di
protesta per la decisione di imporre avvocati di ufficio all'ex
presidente jugoslavo. In un comunicato inviato all'agenzia jugoslava
Beta, Ryjkov scrive che ''Il tribunale ha preso una decisione illegale
imponendo avvocati a Milosevic in quanto essa viola le norme universali
di diritto internazionale e lo statuto del tribunale''. La
testimonianza di Ryjkov e' prevista per il 13 settembre, ma il deputato
ha affermato che ''nelle attuali condizioni'' non andra' all'Aja.
Proprio oggi nell'aula del Tpi sono entrati in scena due difensori di
ufficio per l'ex presidente jugoslavo. (ANSA). COR-LD  07/09/2004 18:17

NOTA: DIVERSAMENTE DA QUANTO AFFERMATO DALL'AGENZIA ANSA, IL "DEPUTATO
RUSSO" NON SI CHIAMA RYJKOV  BENSI' RYZHKOV, ED E' UN NOTISSIMO EX
PRIMO MINISTRO DELLA UNIONE SOVIETICA

---

Former Soviet Prime Minister: I will not go to The Hague under present
circumstances!

                                                 STATEMENT

The International Criminal Tribunal for the Former Yugoslavia (ICTY) at
The Hague has decided against the Law to impose a counsel on former
President of Yugoslavia Slobodan Milosevic. It has been done against
the will of Slobodan Milosevic, who more than two years conducts his
defense in person.

The decision of ICTY severely violates its own Statute, which (Article
21, paragraph 4) guarantees the right of a defendant to defend himself
in person. It is a generally accepted norm of the International Law and
the fact that the ICTY has committed such most serious violation,
raises the deepest embitterment.

The assigned counsel has got the right to prepare and examine witnesses
whom he, a lawyer, finds appropriate to invite. In other words, all the
important decisions on strategy and tactics of the defense will be made
not by the defendant, but by the lawyer assigned by the court and whose
impartiality is considered doubtful by the Russian public opinion.
Several legal experts consider that Slobodan Milosevic didn't get an
assigned counsel, but another prosecutor who will only act using other
means.

Slobodan Milosevic invited me to appear as a witness of his defense. I
have planed to travel to The Hague on 13 September 2004. The ICTY has
been informed about my plans.

However, under the present circumstances, I refuse to appear in that
process.

As soon as necessary conditions, in accordance to the Statute of ICTY,
will be created, I will be ready to travel to The Hague and to appear
as a witness of the defense of Slobodan Milosevic.

Moscow, 7 September 2004

Nikolai Ryzhkov,

Member of the Council of the Federation of the Federal Assembly of the
Russian Federation (Senator), President of Council of Ministers of the
USSR 1985-1990


---( 3 )---

Da: "Vladimir Krsljanin"
Data: Mer 8 Set 2004  00:25:46 Europe/Rome
Oggetto: Tiphaine Dickson: Star Chamber at The Hague

*******************************************************************
ICDSM Legal Spokesperson and long time lawyer of the ICDSM Tiphaine
Dickson, the author of the International Lawyers Petition to the UN
against the imposition of counsel on President Milosevic and of several
important papers on the ICTY and its process against President
Milosevic, was present last week at The Hague. She held a press
conference there (together with ICDSM Vice-Chairman Klaus Hartmann) and
gave several statements and interviews to media. Her article below
gives a clear and precise assessment of the recent decisions of the
Hague "Yugoslavia Tribunal". We also reproduce a short interview of
Klaus Hartmann to the German daily "Junge Welt".
*******************************************************************

The Hague ICTY Tribunal: Star Chamber it Is!
================================
by Tiphaine Dickson

www.globalresearch.ca  6  September 2004

The URL of this article is:
http://globalresearch.ca/articles/DIC409A.html

Nelson Mandela, charged with being a terrorist and a communist,
defended himself in the infamous Rivonia trials of the 1960's. From the
dock Mandela issued a searing denunciation of the South African regime
which would inspire worldwide mobilization in the struggle against
Apartheid.

Slobodan Milosevic will not enjoy the right to self-representation
afforded to Nelson Mandela by the Apartheid judiciary, since the ICTY
has decided to impose a defence counsel on him against his will. The
imposed counsel will be entirely responsible for presenting a defence -
not Milosevic's defence - but a respectful, courteous, and ingratiating
defence, one mindful of the ICTY's dignity, image and reputation. This
in contrast to Slobodan Milosevic's principled non-recognition of the
ICTY as a legal body. This foreign defence will be devised and
introduced without the instructions of the accused and against his will
by two British lawyers who had previously been assigned by the
institution to act as amici curiae or "friends of the court". Their
apparent conflict of interest - known in the UK as "professional
embarrassment" - which they had themselves raised a mere two weeks ago
when strenuously objecting to imposition of counsel, was overlooked
without comment as they accepted their new appointments.

While South Africa's Apartheid-era judiciary dared not take such a
radical step against Mandela, a UN court has shown no hesitation to
violate this most fundamental of fundamental rights: an accused's
defence is his own, and his right to counsel is a right, to be employed
if desired, but not to be inflicted upon him, against his will, by a
court, or by the state. It is evident that in light of these conditions
that it can no longer be called a right, but an imposition, an
infringement, and a violation.

The US Supreme Court recognized the inherent injustice of the
imposition of counsel against the will of a defendant in Faretta v.
California, written in 1975. The Justices pointed out that imposition
of counsel had been the province of the infamous Star Chamber, a
political court of mixed judicial and executive nature, which
flourished in England in the late 16th and early 17th century.
Imposition of counsel, stated the Supreme Court, has been abandoned as
a practice since then.

Today a UN body has steered the future of international law back to
those dark times, and confirmed the accuracy of Slobodan Milosevic's
charge that the ICTY is an illegal body, established in contravention
of the provisions of the UN's own Charter.

Over 90 lawyers and law professors from 17 different countries filed a
petition with the UN Security Council weeks ago warning it and member
states that the envisaged imposition of counsel violated international
law. Mr. Milosevic was not permitted to read from the petition last
Wednesday. (See
http://www.icdsm.org/Lawappeal.htm )
During the ICTY's "administrative session" held to debate whether
counsel should be imposed - (the Chamber pointedly used of the term
"assignment" rather than "imposition"), the Chamber stated its concern
that Mr Milosevic's medical condition - malignant hypertension - would
render him unfit to defend himself. This assertion was based on medical
reports
submitted by ICTY-appointed cardiologists, without the defendant being
granted the right to obtain a second opinion, and in spite of the fact
that physicians aren't really qualified to determine who is fit to
represent him or herself.

Milosevic has represented himself very ably for three years and has
suffered from hypertension for ten. Yet it is only now that the issue
of the fitness of Milosevic to act as his own counsel has acquired
urgency. Only now, that is, on the eve of his defence presentation -
one which he has announced would establish that the "Balkan Wars" were
in fact one war, against
Yugoslavia, and whose apotheosis was NATO's gruesome 78-day bombing
campaign in 1999.

Throughout the administrative hearing, submissions were made by the
Prosecution, the amici (who would go on to become the counsel assigned
to Mr. Milosevic against his will) and the Chamber as to the role that
could be played by an assigned counsel. Their consensus appeared to be
that a lawyer, if imposed, would only be required on those occasions
when the defendant would be too ill to carry on the burden of courtroom
work. In the result, the Chamber not only assigned counsel, but imposed
the amici - who have acted since the beginning of the proceedings in
the service of the Chamber - and instructed them to take over the
defence.

Among the "duties" the ICTY has instructed the former amici to carry
out are the determination of how the case is to be presented, the
preparation and examination of witnesses they deem appropriate, the
duty to "endeavour" to obtain the defendant's instructions, and to
"take into account his views while retaining the right to determine
what course to follow." Assigned defence counsel, it seems, have
rights, while the accused merely has "views", which can be taken into
account by counsel he objects to and refuses to instruct.

This is not a credible framework for the accused's defence. And it
points up once again that this process is not a trial. This is, rather,
as reknowned Canadian trial lawyer Edward Greenspan presciently
observed at the beginning, "a lynching."

Much was made by the Prosecution of Slobodan Milosevic's conduct, his
lack of respect for the ICTY, "the interests of justice", and
Milosevic's failure to observe "etiquette," to quote lead prosecutor
Geoffrey Nice. The rulings handed down by the ICTY this past week have
done far more harm to the interests of justice than Mr. Milosevic's
legally accurate criticisms of the ICTY could ever do. For half a
century, legal scholars have struggled to establish a truly democratic
permanent international criminal court.
Although the ICC now formally exists, the US is not a participant.
Recent events make plain that to exempt the United States from
jurisdiction over war crimes renders the whole exercise of
international justice, if not pointless, then profoundly arbitrary and
contrary to universally held notions of equality before the law.

It was a former US State Department lawyer and reputed professor of
international law, Michael P. Scharf, who in last week's Washington
Post publicly appealed for the ICTY to impose counsel upon Slobodan
Milosevic, evoking the fear that future defendants could employ
international and special courts to accuse the US of war crimes such as
the invasion of Iraq. Mr. Milosevic might have been accused of lacking
"etiquette," had he, like Professor Scharf, recalled that the ICTY had
been created in 1993 with three objectives: first, to educate the
Serbian people about the crimes committed by Milosevic; second, to
facilitate national reconciliation, by "pinning prime responsibility on
Milosevic" and other top leaders; and third, to "promote political
catharsis" by permitting current Serbian leaders to "distance
themselves" from the policies of the previous governements.

These stated objectives are all transparently political, and
geopolitically motivated. And in order that they be attained, it
appears that counsel must be imposed upon Slobodan Milosevic. He must
also be prevented from stating precisely what Scharf averred with
bone-chilling clarity: that the ICTY is a political court.

Whether international law will recover from the hijacking of Slobodan
Milosevic's defence is open to question. However, the true nature of
the Security Council's ad hoc courts clearly resembles much more the
Star Chamber than the scrupulously fair humanitarian legal body to
which the world has aspired since Nuremberg.

==============================
Tiphaine Dickson is a criminal defence lawyer specialized in
international criminal law based in Montréal. She was lead counsel for
the defence in one of the first UN trials prosecuting genocide before
the International Criminal Tribunal for Rwanda. She can be reached at
tiphainedickson@ videotron. ca
http://globalresearch.ca/articles/DIC409A.html


---( 4 )---

From the German daily "junge Welt",
September 3rd, 2004-09-03
URL of the original:
http://www.jungewelt.de/2004/09-03/015.php

SLOBODAN MILOSEVIC TRIAL:
MEDICAL ARGUMENTS AS A PRETEXT FOR AN EXPEDITIOUS GUILTY VERDICT?

"junge Welt" spoke with Klaus Hartmann, Chairman of the German
Freethinker Association and vice president of the International
Committee for Defending Slobodan Milosevic

Q: Arguing that it has problems with its schedule, the Hague Tribunal
decreed, that former Yugoslav president, Slobodan Milosevic, will no
longer be allowed to conduct his own defence. Do the judges now want to
seek a expeditious guilty verdict?

A: The tribunal wants to allot Milosevic only 150 days to present his
defence case, which, in comparison to the almost 300 days for the
prosecution's case, indeed leads one to think, of an expeditious guilty
verdict. This is a clear violation of the internationally recognised
legal principle of equality of means between the prosecution and the
defence. Another fundamental right of the accused is violated by
assigning him legal counsel, against his will. The right to defend
oneself is such; that not even the Nazis questioned it during the
Reichstag's fire trial against Georgi Dimitroff. Neither did the South
African Apartheid racists, in their trial against Nelson Mandela.

Q: Doesn't this decision also violate even the regulations of the
tribunal itself?

A: Absolutely. The "rules of procedure" established by the tribunal,
itself, provide for the undeniable right of the accused to assume his
own defence. The precedents of exception, cited by the prosecution,
refer to cases where the accused was not in a position to be able to
understand the proceedings taking place. Here we have the opposite
situation: the defendant dwarfs with his intelligence the intelligence
of the judges on the bench and the prosecution.

Q: But aren't the medical arguments to be taken seriously?

A: They are pretexts. For three years, nobody cared about the health of
Milosevic. Only now, as he is about to call his own witnesses, the
concern for his health is taken as pretext to deprive him of his
fundamental rights. Milosevic, himself, said that this is the panic
reaction of the prosecution, because they will now soon have to hear
the truth out of the witnesses' mouths.

Q: You were recently present at the trial in The Hague. What impression
did Milosevic make on you?

A: His morale as a fighter is undaunted - which  may have been the
reason why the tribunal and the prosecution decided to resort to these
illegal measures. Milosevic, himself, said that he has the privilege of
having the most important ally on his side: the truth. And that is
exactly what the representatives of this criminal enterprise fear most.

This was indirectly confirmed by the prosecution: "If Milosevic defends
himself," they said, "there is the risk that he, himself, will prepare
his witnesses." This is an attempt at outright political censorship,
such as one would have expected in the Nazi "Volksgerichtshof" under
Roland Freisler.

The prosecutor also referred to Milosevic describing the tribunal as
illegal. "It would be unacceptable," he said, "if Milosevic calls his
witnesses, telling them, 'and now please tell this illegal body what
you know.'"

Questions: Peter Wolter


---( 5 )---

ICDSM to UN: Tribunal has downed itself

The International Committee to Defend Slobodan Milosevic
         Sofia-New York-Moscow-Belgrade


H. E. Juan Antonio YAÑEZ-BARNUEVO, Permanent Representative of Spain to
UN, President of the UN Security Council in September 2004

H. E. Andrey I. DENISOV, Permanent Representative of the Russian
Federation to UN, President of the UN Security Council in August 2004

Cc: H. E. Kofi ANNAN, Secretary General of the United Nations,
Mr. Theodor MERON, President of ICTY

           Dear Sirs,

           We were shocked by learning about today's Order of the Trial
Chamber III of the International Criminal Tribunal for the Former
Yugoslavia (ICTY) working under auspices of the UN to impose a counsel
on President Slobodan Milosevic against his will.
           The Statute of the ICTY, adopted by the UN Security Council,
in its Article 21, paragraph 4, states that the defendant "shall be
entitled to the following minimum guarantees. d) to be tried in his
presence, and to defend himself in person or through legal assistance
of his own choice", stipulating by that the fundamental human right of
a defendant according to the International Law.
           We believe that the abovementioned Order (please find its
full text attached) has not been adopted with the consent of the
Security Council and we also believe that the UN Security Council must
act without delay in the case of such blatant violation of one of its
Resolutions by its subsidiary body.
           We remind you of the Petition of over 90 distinguished
lawyers and law professors from 17 countries under the title IMPOSITION
OF COUNSEL ON SLOBODAN MILOSEVIC THREATENS THE FUTURE OF INTERNATIONAL
LAW AND THE LIFE OF THE DEFENDANT, handed last month to the President
of the UN Security Council and sent to other UN organs, warning about
the possibility of such decision by the ICTY and appealing that it
should be prevented.
           We would highly appreciate if you inform all the Members of
the UN about our initiative, as well as about the action the UN
Security Council will perform in order to protect its authority, its
resolutions, International Law and dignity of the UN.
           Otherwise, we would be forced to conclude that the ICTY has
downed itself, deleting every claim of its legality.
           On behalf of 155 members of the International Committee to
Defend Slobodan Milosevic (ICDSM) - scholars, artists, writers and
public workers from all continents,

           Respectfully,

             (signed)
Professor Velko Valkanov, Founder and Co-Chairman of the ICDSM,
President of the Bulgarian Committee for Human Rights


---( 6 )---

http://www.workers.org/ww/2004/edit20909.php

EDITORIAL
Milosevic on the counterattack

The International Criminal Tribunal for the Former Yugoslavia in The
Hague, Netherlands, seems incapable of presenting a convincing case
against its most famous defendant, even when it stacks all the rules
against him. Former Yugoslav Presi dent Slobodan Milosevic opened his
defense case Aug. 31 with a blistering political attack, not only on
the illegitimate court but also on the NATO forces that created it.

Even as Milosevic was blasting the NATO aggressors for working over 10
years to destroy the multi-ethnic and multi-religious state of
Yugoslavia, the factual testimony against him presented in two years of
the prosecution case was evaporating.

The latest pre-defense revelation came out in an article in the Ottawa
Citizen, which interviewed a Canadian detective sergeant, Brian
Honeybourn. The detective had joined the hunt for mass graves in the
occupied Serbian province of Kosovo. Honeybourn said, "It seems as
though The Hague is beginning to panic" because no one could find mass
graves in Kosovo.

Honeybourn was on one of the United Nations teams searching for the
"mass graves." But the biggest burial site contained 20 bodies--not an
astonishing number after a year-long civil war and 79 days of NATO
bombs.

Milosevic had four hours to present his defense opening. The
prosecutors had taken three days to present their opening arguments in
February 2002. This is typical of the ICTY: The judges believe if they
outweigh the defendant by at least six to one, they will beat him. The
prosecution has a team of 1,300 employees at $100,000 each per year;
Milosevic has a few assistants and almost no funds.

Now, to make sure he will lose, the court plans to strip him of his
right to defend himself. They plan to use his illness--high blood
pressure and heart problems--as an excuse to impose unwanted counsel on
him. Ninety internationally famous lawyers, including former U.S.
Attorney General Ramsey Clark, have already protested this last unjust
tactic.

Milosevic's only advantage is that he is not guilty of the 66 charges
against him. And that he can present a powerful political argument
against the U.S.-NATO aggressors who tried to bomb Yugoslavia flat to
intimidate those they didn't murder.


Reprinted from the Sept. 9, 2004, issue of Workers World newspaper


==========================


Aldo Bernardini, ordinario di Diritto Internazionale all'Universita'
di Teramo, ha inviato la seguente durissima lettera di protesta al
"Tribunale" dell'Aia, sulla imposizione di un avvocato d'ufficio a
Milosevic proprio nel momento in cui doveva incominciare la sua
autodifesa.

---

PROTEST

Rome, 3 September 2004

As a modest scholar of international law I am totally horrified in
front of the last steps by the Hague "Tribunal" (Judges and
Prosecution) in re Milosevic.

The imposition of a counsel on President Slobodan Milosevic is an act
of brutal violence which demonstrates only the "Tribunal's" disarray
and impossibility to counter Slobodan Milosevic's arguments. The way
to continue and conclude its "job" with the preordained conviction is
to silence President Milosevic.

An illegal "Tribunal", created by U.N. Security Council with an
arbitrary and dictatorial interpretation of the Charter; a monstrous
indictment founded on an artificial construction aberrantly basing on
presumption outside the provisions of the ICTY Statute and contrary to
the fundamental principle nullum crimen sine lege, to general
principles of criminal law in every country, to human rights in the
matter and to the rule of strict interpretation in criminal law:
honourable "judges" in such a context should at least abide by "their"
Statute, the ICTY Statute. They should know that no analogy or more
than broad interpretation is allowed: in claris non fit interpretatio,
no (own) interpretation is permitted where the letter of the law is
clear. Art. 21, par. 4, of the ICTY Statute expressly declares that
the accused "shall be entitled to the following minimum guarantees. d)
to be tried in his presence, and to defend himself in person or
through legal assistance of his own choice". This formulation is clear
and does not allow any deviation or exception. The "Tribunal" may not
substitute for the
accused neither in choosing between "defence by himself" or defence
through legal assistants nor in choosing such assistants.

The imposition by ICTY is the utmost aberration and the conclusive
evidence of the political and arbitrary character of the ICTY and of
the whole Milosevic trial (and of the other trials too).

No honourable lawyers should cooperate with that enormity. U.N.
Security Council should condemn the operation but best of all do away
with the "Hague Tribunal".

I protest with my full strength against this perversion of every
juridical concept, of every sound idea of the rule of law, of the most
fundamental human rights of President Milosevic.
History will judge ICTY and its operations through continually
judge-made law in the same manner as the perverted legal conception of
the Nazis.

Aldo Bernardini

---


RINNOVIAMO I NOSTRI DUE APPELLI:

1. AD OFFRIRSI COME TRADUTTORI

La battaglia per la difesa di Milosevic non va sottovalutata.
Essa ha un valore strategico, e non solo etico, in quanto puo'
avere conseguenze importanti per tutte le altre battaglie
internazionaliste del movimento contro la guerra.

Infatti, con il processo-farsa contro Milosevic, le grandi potenze
imperialiste vogliono creare un precedente. Esse vogliono avere
mano libera in futuro nelle loro decisioni sugli assetti del pianeta;
vogliono avere formalmente riconosciuta la facolta' di stabilire
ad arbitrio quali guerre scatenare, contro chi e con quali mezzi;
esse vogliono garantirsi la impunita' su tutti i propri crimini
di guerra, e si arrogano la facolta' di giudicare e condannare -
anche formalmente, non solo mediaticamente - le loro stesse
vittime... condannandole persino al risarcimento dei danni causati
da loro stesse, con le loro guerre imperialiste!
Dopo Milosevic, potrebbe essere la volta di Saddam; e non
illudiamoci: la "guerra preventiva e permanente" non finisce certo
in Iraq. Ma intanto, i crimini di Pancevo (1999) o di Falluja (2004)
chi li dovrebbe giudicare? Il "tribunale" dell'Aia si e' ostinatamente
rifiutato di aprire qualsivoglia procedimento per tutti quei crimini di
guerra, ben documentati, commessi dalla NATO nella primavera del
1999, in spregio alle richieste formali e nonostante tutta la
documentazione pervenuta.

Dunque, dobbiamo impedire che la storia tragica e vergognosa di
questi anni in Jugoslavia sia scritta esclusivamente sulla base delle
"sentenze giudiziarie" dettate dai servizi di intelligence della NATO.

Per questo, noi possiamo essere di grande aiuto, in effetti.
Sara' sufficiente far circolare i testi di cio' che e' stato e verra'
detto in quell'aula. Ne' piu' ne' meno.
I giornalisti hanno evitato finora di fare cronaca sul "processo",
perche' non conviene ai loro datori di lavoro: percio' dobbiamo
pensarci noi.
E' necessario costituire subito una rete di persone disponibili
a TRADURRE DALL'INGLESE IN LINGUA ITALIANA. Ogni
giorno le pagine di nuovi verbali saranno decine e decine: si
trattera' di selezionarne una parte e di dividerci il lavoro di
traduzione e diffusione dei testi.
Affinche' tutti sappiano, e nessuno possa dire: "Io non sapevo".

Per contatti, per offrirsi volontari nel lavoro di traduzione:
segreteria: tel/fax +39-06-4828957
email: icdsm-italia@ libero. it

2. PER LA CAMPAGNA DI AUTOFINANZIAMENTO

Nello scontro che si sta svolgendo al "Tribunale ad hoc" dell'Aia, gli
interessi imperialisti della NATO sono rappresentati da uno staff di
1300 persone profumatamente pagate (circa 100mila dollari l'anno a
testa), mentre gli interessi della Jugoslavia e di tutti i suoi popoli
sono rappresentati dal solo Slobodan Milosevic, il quale dispone
esclusivamente dei poveri mezzi del suo comitato internazionale di
sostegno: l'ICDSM.

L'impresa cui deve far fronte Milosevic appare dunque titanica, ma non
puo' comunque essere abbandonata. Se pure essa avesse solo valore
testimoniale, tale valore sarebbe comunque inestimabile, poiche' si
tratta di testimoniare a proposito di almeno un decennio di
macchinazioni e crimini finalizzati alla distruzione di un paese
europeo, ovvero - nelle parole dello stesso Milosevic - finalizzati al
"capovolgimento degli esiti della Seconda Guerra Mondiale" nei
Balcani. Crimini e macchinazioni su cui nessun altro e' stato o sara'
mai intenzionato a fare chiarezza.

Senza mezzi finanziari, la difesa di Milosevic non ha chances.
Si valuta che sia indispensabile raccogliere diverse migliaia euro
ogni mese per far fronte a tutte le necessita' di assistenza legale,
di documentazione e di comunicazione.
La Sezione Italiana dell'ICDSM, ringraziando tutti quelli che
hanno finora contribuito alla campagna di autofinanziamento
(in Italia sono gia' state raccolte alcune migliaia di euro), chiede
che lo sforzo in tal senso prosegua, cosi' come sta proseguendo
in tutte le altre realta' nazionali.
Si badi bene:
NON ESISTONO ALTRE FONTI DI FINANZIAMENTO.
Una recente legge passata dal Parlamento serbo - che
in linea di principio avrebbe garantito una parziale copertura
delle spese - e' stata subito "congelata" in seguito alle
minacce occidentali. Una qualsivoglia campagna di finanziamento
su basi volontarie a Belgrado e' praticamente irrealizzabile:
a causa delle scelte estremistiche, in senso neoliberista, del regime
instaurato il 5 ottobre 2000 la situazione sociale e' disastrosa, la
disoccupazione dilaga, i salari sono da fame, chi ha i soldi per
mangiare li tiene ben stretti e non rischia certo la galera (o peggio:
vedi le torture in carcere nella primavera 2003, durante la
cosiddetta "Operazione Sciabola") in attivita' politiche o di
solidarieta' a favore di Milosevic, che viene tuttora demonizzato
dai media locali - oramai tutti in mano a societa' occidentali,
soprattutto tedesche - esattamente come da noi.
I nuovi ricchi votano i partiti filo-occidentali e di destra, e
preferiscono che Milosevic marcisca in carcere, insieme alla
loro cattiva coscienza. A tutti deve essere infine chiaro - se ancora
ci fosse bisogno di ripeterlo - che al di la' delle menzogne
giornalistiche non esiste e non e' mai esistito alcun "tesoro
nascosto" di Milosevic, e che il nostro impegno per la sua
difesa e' insostituibile oltreche' indispensabile.

Contribuite dunque e fate contribuire, attraverso il

*** Conto Corrente Postale numero 86557006
intestato ad Adolfo Amoroso, ROMA
causale: DIFESA MILOSEVIC ***

(castillano / english / francais / italiano)

L'eroica resistenza del popolo iracheno (5)

1. MOBILITAZIONE PERMANENTE PER IL RITIRO DEI MILITARI ITALIANI
DALL'IRAQ E RILASCIO IMMEDIATO DEGLI OSTAGGI

2. Iraq: "Sequestri mirati" (Radio Città Aperta)
3. Ostaggi: i rapitori non sono né islamici né iracheni... (Réseau
Voltaire - Lega Antimperialista)
4. IRAK: EL SECUESTRO DE PERIODISTAS ES UNA OPERACIÓN DE LA CIA
5. US blamed for spoiling French release (Aljazeera.net)
6. Les Etats-Unis mettent en danger la vie des otages (AFP) /
Communiqué de l'Association des Amitiés-Franco-Irakiennes


ALTRE SEGNALAZIONI:

Abu Ghraib, non è finita

Lisa Ashkenaz Croke (Nuovi Mondi Media) - ... Il team di avvocati ha
documentato abusi datati luglio 2003 fino allo scorso mese, quando un
ragazzo iracheno di appena 15 anni disse che i suoi carcerieri in una
struttura americana lo rapirono. “Gli fu detto di spogliarsi insieme
agli altri quattro e li sodomizzarono”, Akeel riporta la testimonianza
del quindicenne. “Ha detto che lo fecero ballare e che lui piangeva”.
Akeel e i suoi colleghi hanno registrato un numero di incidenti
accaduti tra Gennaio e Luglio di quest’anno...

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=5434&s2=08

«Senza legge a Nassiriya»

R. Saviano (il manifesto 4/9/2004) - «Arrestavamo tutti, vecchi, donne,
bambini per fare numero, per dimostrare che combattevamo i terroristi.
Ma poi dovevamo star fermi, anche davanti al traffico di armi, per non
provocare la guerriglia. Come quando venne Berlusconi». Il racconto dei
militari della Garibaldi tornati dall'Iraq

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=5313&s2=04

Falluja, i marine americani: "Uccisi oltre cento miliziani". La
popolazione in fuga dalla città, scene di panico

(La Repubblica) - L'uccisione di un centinaio di miliziani della
resistenza sunnita irachena nei combattimenti odierni! a Falluja è
stata vantata stasera dal comando dei marines americani (...) Pennacchi
di fumo si alzano verso il cielo, dopo che gli aerei da combattimento
americani hanno mitragliato il quartiere industriale. Molte famiglie
sono state viste scappare frettolosamente dalla città, lasciandosi
dietro - come raccontano i fuggiaschi ai giornalisti - un numero
imprecisato di morti sulle strade della città, la cui popolazione è in
preda al panico...

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=5425&s2=08

Families flee US bombardment of Falluja

(Aljazeera.net) - The Iraqi city of Falluja is coming under heavy
artillery fire, sending families fleeing and causing civilian
casualties, hospital sources have said (...) One ambulance driv! er
told Reuters that he had transported two dead and 15 wounded to
hospital, while families fleeing the air raids said there were more
corpses and wounded trapped in the zones under attack. A central
Falluja hospital official, Dr Muhammad Aboud, said the dead included an
eight-year-old child and a 65-year-old man...

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=5413&s2=08

Il Partito Baath di Saddam ritorna in gioco

Hannah Allam (Knight Ridder Newspapers - Lega Antimperialista) - ... Il
gruppo ha tenuto un incontro segreto a Londra all’inizio della scorsa
primavera, secondo alcune notizie riservate ! e fonti dei familiari dei
partecipanti. “Questa riunione... ha sottolineato una cosa: che non c’è
differenza tra il Partito Baath e la resistenza”, ha detto il
professore. “Sono la stessa cosa”. Dopo un anno dalla caduta del
vecchio regime, il Partito Baath è stato ristrutturato come
un’organizzazione ombrello per i gruppi dell’opposizione che vanno
dalla vasta gamma di nazionalisti anti-occupazione agli estremisti
islamici, secondo Sabah Kadhim portavoce del Ministero dell’Interno
iracheno...

http://www.anti-imperialism.net/lai/
texte.php?langue=5§ion=BD&id=23008

Olimpiadi: goal a Bush dalla squadra di calcio irachena

(David Zirin) - La squadra di calcio irachena è forse la rivelazione di
tutti i Giochi Olimpici. Ma nonostante gli applausi, i giocatori si
sono infuriati quando hanno sentito che il cervello di George Bush,
Karl Rove, aveva lanciato una campagna mediatica che mostrava il
successo iracheno come un brillante sotto prodotto della guerra contro
il terrore.

http://www.anti-imperialism.net/lai/texte.php?langue=5§ion=&id=22963


=== 1 ===

COMUNICATO STAMPA
COMITATO NAZIONALE PER IL RITIRO DEI MILITARI ITALIANI DALL'IRAQ
 
MOBILITAZIONE PERMANENTE PER IL RITIRO DEI MILITARI ITALIANI DALL'IRAQ
E RILASCIO IMMEDIATO DEGLI OSTAGGI
 

DI FRONTE ALL'ESCALATION DELLA SITUAZIONE IN IRAQ IL MOVIMENTO PER LA
PACE DEVE MOBILITARSI IMMEDIATAMENTE PER CHIEDERE IL RITIRO DEI
MILITARI ITALIANI E L'ATTIVAZIONE DI TUTTI I MEZZI POLITICI E
DIPLOMATICI PER OTTENERE IL RILASCIO DEGLI OSTAGGI ED IMPEDIRE UN ALTRO
CASO BALDONI.
 
VENERDI', SABATO E DOMENICA PROSSIMI CI SARA' IN ITALIA LA VISITA DEL
"PRESIDENTE " IRAKENO .
SABATO 11 SETTEMBRE ALLE ORE 17.00 -
P.ZZA DELLA REPUBBLICA - ROMA -
MANIFESTAZIONE
 
PER IL RITIRO DELLE TRUPPE DALL'IRAQ, IL RILASCIO IMMEDIATO DEGLI
OSTAGGI ITALIANI E LA FINE DELLA COMPLICITA' CON IL GOVERNO IRAKENO.
 
per info:
v i a d a l l i r a q o r a @ l i b e r o . i t
tel.064393512


=== 2 ===

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=5430&s2=08

Iraq: "Sequestri mirati"

Radio Città Aperta

8 settembre 2004 - Il sequestro dei volontari del Ponte per Bagdad
aggiunge un ulteriore drammatico tassello all’escalation della
situazione in Iraq. Il Ponte è una delle organizzazioni non governative
presenti in Iraq da più tempo. Si era adoperata contro l’embargo che ha
decimato per più di un decennio la popolazione irachena, ha in campo
progetti di solidarietà da tredici anni e si è sempre schierata
apertamente contro la guerra.

Chi, dunque, ha ideato, guidato ed organizzato il commando che è
penetrato direttamente e non casualmente nella sede del Ponte a Bagdad
e ne ha sequestrato i volontari? Questo sequestro, come quelli appena
precedenti del giornalista pacifista Baldoni – barbaramente ucciso
insieme al suo interprete - e di due giornalisti francesi - cioè di un
paese schierato contro la guerra e che non partecipa all’occupazione
militare del paese-sono sequestri diversi da quelli precedenti. Lo sono
negli obiettivi e nella pratica.

Lo scenario appare infatti più simile al modello degli squadroni della
morte latinoamericani che conducono la guerra sporca al fianco di
quella convenzionale condotta dagli eserciti. Il loro obiettivo è di
fare la terra bruciata intorno alle ragioni della resistenza colpendo i
testimoni scomodi, i giornalisti o attivisti schierati contro la
guerra. Queste cose non le insegnano nelle moschee ma nelle scuole
antiguerriglia negli Stati Uniti.

In secondo luogo, il fatto che ad essere colpiti non siano più i
mercenari o chi collabora con l’occupazione ma chi, in modi diversi,
questa occupazione la critica o vi si oppone, dovrebbe servire a fare
anche qui terra bruciata intorno alle ragioni di chi ha avversato la
guerra dimostrando che il nemico non fa distinzioni. Dunque tanto
varrebbe stringersi intorno alla campagna militare della coalizione
anglo-americana-italiana e lasciarsi cooptare nella crociata
antiterrorista di Bush, Blair e Berlusconi. I partiti dell’opposizione
farebbero bene ad evitare di cadere in questa trappola.

Eppure, proprio in queste ore di angoscia per la sorte di ostaggi a
noi sicuramente più vicini dei mercenari sequestrati alcuni mesi fa,
dobbiamo avere il coraggio di riaffermare alcune cose molto precise:

- L’imbarbarimento del conflitto tra occupanti e resistenza in
Iraq è la conseguenza e non la causa della guerra e dell’intervento
militare della coalizione anglo-americana-italiana;

- Gli ultimi sequestri sembrano avere una regia più interna e
funzionale alle forze che sostengono il governo fantoccio iracheno
piuttosto che ai gruppi islamici che vi si oppongono;

- Il ritiro immediato delle truppe e la fine della complicità
italiana con l’occupazione dell’Iraq non sono un cedimento al ricatto
del terrorismo ma l’unica, ragionevole e dignitosa via d’uscita da una
guerra illegale e criminale che ne espone tutto il paese alle
conseguenze;

- Il governo italiano, questa volta, deve sentire forte il
fiato sul collo per impedire il criminale disimpegno che c’è stato nel
caso del sequestro e dell’uccisione di Baldoni, un caso che ha rivelato
una compromissione della Croce Rossa con i servizi segreti che ne ha
minato neutralità e credibilità e la latitanza della diplomazia
italiana con l’ambasciatore in Iraq che se ne andava in vacanza mentre
un cittadino italiano veniva sequestrato.

Sulla richiesta del ritiro delle truppe e dell’attivazione di tutti i
mezzi politici e diplomatici tesi ad ottenere il rilascio degli ostaggi
del Ponte per Bagdad, dobbiamo mettere in campo una mobilitazione
permanente e decisa che non lasci spazio alle ambiguità del governo e
alla sua complicità con una guerra ingiusta ed una occupazione che
incentiva la barbarie.

http://www.anti-imperialism.net/lai/texte.php?lang
ue=5§ion=BD&id=23019


=== 3 ===

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=5337&s2=05

Ostaggi: i rapitori non sono né islamici né iracheni...

Réseau Voltaire - Lega Antimperialista

4 settembre 2004 - Un’analisi rigorosa della questione degli ostaggi
francesi dimostra che il sedicente "Esercito Islamico in Irak" non è né
islamico, né iracheno. Sconosciuto alle organizzazioni
dell’opposizione, ha finora stabilito dei contatti dichiarati solo col
governo di Iyad Allawi e serve gli interessi della Coalizione. E’ per
questo che le autorità francesi, lungi dall’entrare nella logica voluta
dai rapitori, hanno dispiegato tutte le proprie risorse diplomatiche
per trasformare questo dramma in una mobilitazione internazionale
contro il progetto statunitense della guerra di civiltà.

Christian Chesnot e Georges Malbrunot

Mentre la scomparsa dei giornalisti francesi Christian Chesnot e
Georges Malbrunot e del loro autista siriano Mohammed Al-Joundi, il 24
agosto 2004, nella zona d’occupazione statunitense in Irak, aveva
provocato un silenzio costernato, il messaggio dei loro rapitori,
diffuso quattro giorni più tardi, ha sollevato una protesta
internazionale.

Si tratta di una cassetta video nella quale parlano i due giornalisti
francesi, senza che appaiono i rapitori. Il comunicato inserito nel
video precisa che i due uomini sono detenuti dall’Esercito Islamico in
Irak; che questo chiede alla Francia di abrogare "la legge sul velo" e
che gli da 48 ore per rispondere. Non c’è alcuna notizia su Mohammed
Al-Joundi.

Il ricatto

E’ importante innanzitutto analizzare la forma di questo documento.

La cassetta è giunta anonimamente ad Al-Jazeera che ne aveva già
ricevute altre che portavano la stessa firma. Il network televisivo può
quindi confermare che le differenti cassette firmate "Esercito Islamico
in Irak" provengono da una unica fonte.

La realizzazione differisce dai video abituali dei gruppi clandestini
del Vicino Oriente. La realizzazione è molto curata ed il montaggio è
preciso: due brevi piani fissi. I rapitori non appaiono mai in video.

Il documento è concepito con un intervento in francese ed uno in arabo
per la diffusione sulle catene televisive francofone ed arabe. Ma le
televisioni francesi, eccetto LCI, si sono rifiutate di diffonderlo per
non lasciare che i rapitori imponessero la propria volontà.

Una seconda cassetta è stata diffusa due giorni più tardi. È
realizzata nello stesso modo, ma questa volta, i due giornalisti si
esprimono tutti e due in inglese. I rapitori, che hanno l’esperienza
della non-diffusione del primo video da parte delle televisioni
francesi, si rivolgono ora ad un pubblico anglofono.

Dobbiamo analizzare adesso il contenuto del video.

Così come ci precisa Hassan Gharib, autore dell’opera di riferimento
sui gruppi politici pubblici e clandestini in Irak, la denominazione
"Esercito Islamico in Irak" non rimanda a nessuna organizzazione
conosciuta tra le forze di opposizione. Non ne esisteva più nemmeno
"mediaticamente" da quando aveva piegato il governo filippino.

In un comunicato video, diffuso il 10 luglio da Al-Jazeera, Angelo de
la Cruz, si dichiarava ostaggio del cosiddetto "Esercito Islamico in
Irak" e chiedeva alla presidentessa Gloria Arroyo di ritirare le sue
truppe entro 72 ore errore altrimenti sarebbe ucciso dai suoi rapitori.
Le Filippine cedettero al ricatto, il 12 luglio. Le truppe furono
ritirate completamente il 20 luglio e l’ostaggio venne rilasciato.
Numerosi membri della Coalizione deplorarono la debolezza di Manila,
mentre "l’Esercito Islamico in Irak" appariva come il solo gruppo della
resistenza che aveva vinto un contingente straniero.

Ma, si trattava evidentemente di una messa in scena. Il presunto
"Esercito Islamico in Irak", per liberare il proprio paese occupato da
più di 200.000 militari e mercenari stranieri, aveva preso di mira il
contingente filippino composto da 80 uomini. Aveva preteso il loro
ritiro prima del 20 luglio, mentre questo era già iniziato e doveva
essere completato il 20 agosto. Nei fatti, ha ottenuto semplicemente
che una trentina di poliziotti filippini venissero spostati in Kuwait
con un mese di anticipo. Le Filippine che sono una vecchia colonia
statunitense, notoriamente non hanno nessun margine di manovra in
materia di politica estera ed il suo esercito è interamente inquadrato,
addestrato ed equipaggiato dal Pentagono. La presidentessa Gloria
Arroyo è stata scelta da Bill Clinton, di cui era stata amica intima
all’epoca dei loro studi universitari. Il ritiro anticipato non aveva,
in altri termini, nessun significato concreto e la sua decisione non
sarebbe stata possibile senza l’avallo di Washington, indipendentemente
da tutte le rimostranze esibite per la platea.

Più sorprendente ancora: durante i dieci giorni di crisi, sono stati
condotti dei negoziati tra il governo filippino e "l’Esercito Islamico
in Irak" per intercessione del governo di Iyad Allawi. In quei giorni,
il governo di Collaborazione restava il solo canale che aveva
dichiarato apertamente di aver stabilito un contatto con quei rapitori.
La cosa era allora sembrata così chiara, che l’ayatollah Ali Khamenei,
che tutti ammettono essere molto ben informato su ciò che accade in
Irak, ha dichiarato di sospettare che tale "Esercito islamico in Irak"
sia composto da agenti che lavorano per conto degli Stati Uniti e di
Israele. (Per un’analisi più precisa di questo episodio, vedere il
nostro articolo "Il vero-falso ritiro filippino").

Enzo Baldoni

La stessa firma è ricomparsa con il rapimento e la morte del
giornalista italiano Enzo Baldoni. Si trattava questa volta di
costringere Roma a ritirare entro 48 ore i suoi 3.000 uomini stanziati
in Irak. Una richiesta tecnicamente irrealizzabile.

Tuttavia, secondo la stampa italiana, sembrerebbe che il signor
Baldoni non sia stato ucciso in un’esecuzione, ma che sia morto durante
la detenzione. L’operazione sarebbe dunque fallita senza che si sappia
quale sceneggiatura era stata inizialmente prevista [1].

La rivendicazione dell’abrogazione della "legge sul velo", richiesta
dall’organizzazione in cambio della vita degli ostaggi francesi, è
scollegata dalla realtà irachena. Mentre il paese è occupato dalle
potenze straniere, "l’Esercito Islamico in Irak" si preoccupa di
modificare una legge in un paese "amico". Sarebbe dunque sorprendente
che i mandanti siano iracheni. I rapitori sono informati che la
riapertura delle scuole, che segnerà l’inizio dell’applicazione di
questa legge, avrà luogo il 6 settembre e che le decisioni devono
essere prese prima del week-end. Ma ignorano, o fingono di ignorare,
che solo il Parlamento può abrogare una legge e che questo è in vacanza.

Il principio del rapimento e del ricatto non manifesta fede, ma
brigantaggio. È condannato da tutte le autorità religiose musulmane che
hanno ripetuto ampiamente il loro messaggio da quando questa pratica si
è diffusa in Irak. Sarebbe sorprendente dunque che "l’Esercito Islamico
in Irak" sia animato da fede musulmana.

Da questi primi elementi, possiamo tirare le prime conclusioni.

Come aveva già notato l’ayatollah Ali Khamenei, "l’Esercito Islamico
in Irak" manifestamente non è composto da musulmani iracheni. Non ha
contatti con gli altri movimenti di opposizione, pubblici o
clandestini, e non discute ufficialmente che col governo Allawi che
tuttavia pretende di combattere. In questo nuovo affare, non cerca di
liberare l’Irak, ma di immischiarsi nella vita politica francese.

Le reazioni

Analizziamo ora la reazione delle autorità francesi.

Fin dalla diffusione della notizia, il Primo ministro riunisce un
comitato ministeriale di crisi. Il ministro degli Interni convoca il
Comitato francese del culto musulmano (CFCM). Il Primo ministro
riunisce un secondo comitato ministeriale di crisi, si mette poi in
contatto coi presidenti delle due Assemblee. Il presidente della
Repubblica si rivolge alla nazione. L’indomani, il ministro degli
Affari Esteri incontra al Cairo il segretario generale della Lega
Araba, poi il suo omologo egiziano e, ad Alessandria, il capo dei
servizi segreti egiziani. Una delegazione diplomatica e militare
francese si reca a Baghdad. Il presidente della Repubblica si
intrattiene col suo omologo russo ed il cancelliere tedesco a Sotchi.
Il ministro degli Affari Esteri va ad Amman per incontrare il capo dei
servizi segreti giordani. In meno di tre giorni, le reti diplomatiche
francesi sollecitano ed ottengono il sostegno della totalità dei
dignitari religiosi musulmani riconosciuti e di tutte le formazioni
politiche e delle istituzioni arabe.

Questa reazione, comparata a quelle che seguirono ai rapimenti di
ostaggi in Libano ed in Jugoslavia, può sembrare sproporzionata, dal
momento che la rivendicazione dei rapitori è al limite del grottesco.
Non sarebbe comprensibile, così come le reazioni degli Stati arabi, se
non nella misura in cui ogni protagonista è cosciente della posta in
gioco nascosta. La lettura attenta della dichiarazione del presidente
della Repubblica alla nazione fa apparire una cura meticolosa nel non
qualificare i rapitori, lasciando così aperta per l’avvenire le domande
sulla loro identificazione. Il capo di stato annuncia pubblicamente la
missione che ha affidato al suo ministro degli Affari Esteri. Mette
avanti, soprattutto, il principio di laicità, non in riferimento alla
polemica sul velo, ma come antidoto al progetto statunitense di guerra
di civiltà.

Veniamo alla reazione delle autorità di Collaborazione irachene.

Iyad Allawi

Il Primo ministro, Iyad Allawi, che non nasconde di essere stato al
soldo dal MI6 britannico, della CIA statunitense, ma anche dei servizi
egiziani e giordani, si è confidato ad alcuni giornalisti occidentali
durante una discussione animata. Le Monde ne ha dato una versione
ricostruita sotto forma di intervista. Le dichiarazioni riportate non
sono confermate negli stessi termini dai giornalisti anglosassoni che
hanno assistito alla discussione. Non sono confermate né da questi, né
dal signor Allawi. Il Primo ministro, che ricordiamo è la sola
personalità ad avere dichiarato un contatto diretto con "l’Esercito
Islamico in Irak", ha spiego che il rifiuto francese di sostenere la
Coalizione non protegge Parigi dal terrorismo. Al contrario, secondo
lui, si verificheranno degli attentati negli Stati che negano il
sostegno alla Coalizione e addirittura nelle città statunitensi che
hanno preso posizione per il ritiro delle truppe USA [2].

In poche parole, il signor Allawi frequenta sufficientemente
"l’Esercito Islamico in Irak" per sapere quale saranno i suoi prossimi
bersagli. Ed che minaccia di attentati gli Stati e le collettività che
si oppongono alla Coalizione, non solo contro i loro interessi in Irak,
ma sui loro stessi territori.

La reazione delle autorità statunitensi ed israeliane

A Washington, il Dipartimento di Stato è muto. Il portavoce della Casa
Bianca risponde ad una domanda di un giornalista al margine di un
meeting del candidato Bush, per affermare che i terroristi vogliono
indebolire la determinazione della comunità internazionale. Sono tutti
i commenti ufficiali. George Bush padre dichiara sulla NBC che, vedendo
ciò che gli capita, i francesi devono dire adesso che il presidente
Bush aveva ragione a proposito dei terroristi.

Un’analisi chiarificante della linea che fu sviluppata dai dirigenti
statunitensi dopo gli attentati di Madrid, senza essere condivisa dagli
elettori spagnoli. I networks USA diffondono la seconda cassetta,
registrata in inglese per la loro attenzione. I due ostaggi fanno
appello ai francesi per manifestare contro la legge sul velo che, si
sa, era stata condannata severamente dal Dipartimento di Stato. I
commentatori spiegano che il governo francese raccoglie ciò che ha
seminato a forza di essere intollerante coi musulmani e lassista coi
terroristi.

Tale-Aviv, d’abitudine tanto prodiga nel commentare tutto ciò che
accade nella regione, si trincera nel silenzio. Da questo silenzio
assordante, possiamo concludere che né gli Stati Uniti, né Israele
esprimono la minima compassione, anche per semplice cortesia, per gli
ostaggi o per la Francia. Il clan Bush spera anche che questo affare
serva di lezione ai francesi.

Il ribaltamento diplomatico

Infine, osserviamo la strategia francese.

Fin dall’inizio, Jacques Chirac ha capito che la crisi superava
ampiamente la questione della vita dei due ostaggi o quella della legge
sul velo e che la posta in gioco era la posizione diplomatica della
Francia di fronte al progetto statunitense della guerra di civiltà.
Come non abbiamo mai smesso di ripetere davanti a numerosi governi e
media del mondo musulmano da ormai tre anni, la diplomazia francese sul
lungo termine non è dettata da interessi effimeri, ma dal contratto
sociale repubblicano. Quale che siano le vicissitudini dei suoi
dirigenti, la Francia ritorna sempre ad una concezione laica delle
relazioni internazionali. È opposta intimamente al progetto di guerra
di civiltà, perché la sua stessa esistenza si posa sul principio
inverso: vivere insieme senza discriminazioni fondate sulle
appartenenze e sulle convinzioni private. Dal punto di vista francese,
la guerra di civiltà non è una guerra tra l’Oriente e l’Occidente, ma
una guerra civile. Non per motivi di equilibri demografici interni tra
comunità, ma perché si tratta della definizione stessa del progetto
repubblicano.

Mentre questa operazione di guerra psicologica era stata concepita per
provocare una divisione tra i francesi e porli di fronte a delle
contraddizioni diplomatiche, l’Eliseo ha ribaltato la situazione e
trasformato questo dramma in un concerto di sostegno unanime nel mondo
musulmano. E, alla luce di tutto ciò che abbiamo compiuto nel corso di
questi ultimi tre anni nei paesi coinvolti e qualunque siano le
incomprensioni di cui noi abbiamo accusato la Francia, possiamo
rivendicare con fierezza la nostra parte di lavoro nella riuscita di
questa mobilitazione.

Negli Stati Uniti, la stampa filtra le dichiarazioni dei dirigenti
arabi, omettendo le condanne morali e religiose dei rapimenti ed
occultando i sostegni politici alla diplomazia francese.

In pochi giorni, la Francia ha visto riconoscersi da tutti gli attori
medio-orientali, eccetto i Collaboratori iracheni ed Israele, la
correttezza delle proprie posizioni diplomatiche e la propria
leadership di fronte al bellicismo della Coalizione. Nessun dirigente
arabo dubita più di ciò che si nasconde dietro "l’Esercito Islamico in
Irak" senza che ci sia stato bisogno per la Francia di chiarirlo
pubblicamente.

Note

[1] "La rivendicazione del rapimento di Enzo Baldoni", AFP, 29 agosto
2004.

[2] Iyad Allawi, primo ministro iracheno: "La Francia non sarà
risparmiata. Ci saranno degli attentati a Parigi, a Nizza, a
Cannes...", Le Monde, 30 agosto 2004. (Tribune trattate in: Tribune
libere internazionali del 2 settembre-rub909).


http://www.anti-imperialism.net/lai/texte.php?lang
ue=5§ion=BD&id=22994


=== 4 ===

03-09-2004

http://www.rebelion.org/noticia.php?id=4116

IRAK :
L'ENLEVEMENT DES JOURNALISTES EST UNE OPERATION DE LA CIA

Par Manuel Freytas (IAR Noticias/Rebelión)

Profitant de l'enlevement des deux journalistes francais en Irak, Iyad
Allaoui, administrateur des interets de Washington dans ce pays, a
avertis la France et l'Europe qu'ils devaient appuyer la lutte des
Etats Unis contre le terrorisme, affirmant que : "celui qui ne lutte
pas avec nous se retrouvera avec la terreur dans sa maison". (Voir la
suite en Espagnol)


03-09-2004

IRAK:
EL SECUESTRO DE PERIODISTAS ES UNA OPERACIÓN DE LA CIA
Por Manuel Freytas (IAR Noticias/Rebelión)

Aprovechando el secuestro de dos periodistas franceses en Irak, Iyad
Allawi, administrador de los intereses de Washington en ese país,
advirtió a Francia y a Europa que deben apoyar la lucha de EEUU contra
el terrorismo, afirmando que "quien no lucha junto a nosotros se
encontrará el terror en su casa". El primer ministro iraquí aseguró que
"Francia deberá esperar ataques terroristas en su territorio", los
cuales se van a realizar en París, en Niza, y en Cannes". La operación
beneficia electoralmente a Bush, que en la Convención del Partido
Republicano en Nueva York fundamentará su discurso reeleccionista en la
"guerra contraterrorista" y en la defensa cerrada de la ocupación
militar de Irak. El secuestro de los periodistas apunta a obligarlo a
Chirac a "negociar con el terrorismo" y a apoyar militarmente la
política de Washington en ese país petrolero. Hace un mes, el ayatolá
Jameini, el principal líder espiritual de Irán, denunció que la CIA y
los israelíes se encontraban detrás de los secuestros en Irak

Allawi y una operación de prensa

El secuestro de dos periodistas franceses en Irak tomó un inesperado
"giro" cuando en la mañana del martes 31 se conocieron declaraciones
del primer ministro iraquí, Yyad Allawi, advirtiendo a la comunidad
internacional sobre la conveniencia de apoyar a su gobierno contra los
grupos rebeldes y "terroristas" porque "quien no lucha junto a nosotros
se encontrará el terror en su casa". En una entrevista publicada por el
diario Corriere della Sera, de Milán, Allawi aseguró que "ningún país
cívico se puede echar atrás, porque la lucha contra el terrorismo es
global". "Quizás el caso del
asesinato de Enzo Baldoni y el secuestro de los dos periodistas
franceses convenza finalmente a los medios de comunicación
internacionales para que, de una vez por todas, llamen por su verdadero
nombre a los criminales que actúan en Irak. Basta ya de llamarles
resistencia. Se trata de auténticos terroristas", remató el hombre de
confianza de Bush en Irak.

Iyad Allawi señaló que España, Francia y Egipto no se librarán del
terrorismo islámico aunque sigan cediendo a las amenazas. "Se
equivocaban los franceses si pensaban que se iban a mantener al margen
de esta guerra.
Ahora los extremistas les atacan incluso a ellos, señaló el primer
ministro cuando el periodista le preguntó porque Francia no tiene
tropas en Irak.
Simultáneamente se conocían nuevas declaraciones de Yyad Allawi, un ex
agente de la CIA devenido en "estadista" de la mano de la Casa Blanca,
al diario francés Le Monde. "A pesar de su oposición a la guerra de
Irak, Francia deberá esperar ataques terroristas en su territorio",
advirtió Allawi en el diario Le Monde. "Francia no se librará, no menos
que Italia, España o Egipto", añadió. «Irak se ha convertido en el
principal teatro del desafío terrorista. Es en Irak donde ustedes se
deben unir (para combatir el terrorismo), de una vez por todas», remató
el jefe del gobierno interino iraquí. Según Iyad Allawi, los gobiernos
que no están lo suficientemente implicados en Irak "serán los próximos
blancos de los terroristas". Y los franceses, "pese a todo el ruido que
hacen (al afirmar) "no queremos guerra" se verán pronto obligados a
combatir a los terroristas». Luego, en una increíble muestra de
"clarividencia", el funcionario de Bush en Irak advirtió que "va a
haber ataques terroristas en París, en Niza, y en Cannes".

Objetivo Europa

La operación de prensa de Allawi sorprendió a los expertos y analistas
-tanto de EEUU como de Europa- por lo directa, descarada, y carente de
medias tintas, lo que hizo recordar a los discursos "contraterroristas"
de Bush destinados al electorado estadounidense, mayoritariamente
afectado por el "miedo al terrorismo", como lo demuestran todas las
encuestas hasta ahora. Sin embargo, se sabe que Iyad Allawi -tanto en
su país como en el exterior- cumple aceitadamente el rol de "vocero de
Washington" y que sus advertencias a Francia y a Europa no hubieran
sido pronunciadas sin el explícito aval de la Casa Blanca y de sus
servicios de inteligencia. Allawi no tiene estatura política ni
reconocimiento internacional para lanzar semejantes declaraciones,
precisamente en Europa, donde desde los ataques del 11-M en Madrid se
vive una ola de "psicosis terrorista" que obligó, incluso, a los
gobiernos a desempacar un "plan contraterrorista" orientado a
neutralizar posibles atentados en sus territorios.

Explotando esa situación Allawi dijo al Corriere della Sera: "me han
ofrecido la posibilidad de preparar a nuestra policía con las fuerzas
de seguridad europeas. Me parece una idea óptima. Mañana (el martes
para el lector), intentaremos concretar los detalles. Nosotros le
pediremos a la UE el máximo de colaboración para luchar contra el
terrorismo internacional".
Estas palabras del "mensajero de Bush" se orientaban claramente a
influir en los gobiernos europeos que apoyan a Washington en la ONU,
para que presionen sobre los países que, con Francia a la cabeza, se
niegan a dar un apoyo militar abierto a la política de Washington en
Irak

Indicios CIA

Miradas desde un prisma estratégico, las declaraciones de Allawi,
adquieren relevancia significativa si se atiende a los siguientes
factores:
1) Fueron realizadas a pocas horas del secuestro de los dos periodistas
franceses, en plena efervescencia mediática de la crisis, y en momentos
que en Nueva York se celebra la Convención del Partido Republicano,
cuyo discurso (orientado a conseguir la reelección de Bush) se centra
en la "guerra contraterrorista" y en la defensa de la ocupación militar
de Irak.
2) Francia junto con España y Alemania, no tiene tropas en Irak, y se
opuso (junto a los dos países citados) a las iniciativas de EEUU y Gran
Bretaña sobre ese país , tanto en el Consejo de de Seguridad de la ONU
como en la última cumbre de la OTAN, aunque luego firmó las
resoluciones con "reservas".
3) Las declaraciones del primer ministro iraquí fueron simultáneamente
publicadas por un diario italiano (el Corriere della Sera) y por el
periódico más influyente de Francia, Le Monde, lo que revela una
maniobra estudiada para producir impacto en dos países claves de Europa
(Italia encabeza el "bloque aliado" de EEUU en Irak, y Francia lidera
la oposición
centrada en el eje París-Berlín-Madrid).
4) Allawi instaló el "peligro terrorista" en Europa en el momento que
los secuestradores de los periodistas daban un plazo al gobierno
francés para negociar su liberación, y cuando la presión de los medios
y la opinión pública presionaban con más fuerza para obligarlo a Chirac
a ceder a los requerimientos de los captores.
5) La operación del secuestro, que sorprendió al gobierno francés, fue
acompañada de una exigencia política -la anulación de la llamada ley
del velo en Francia-, y fue ejecutada por un grupo ignoto, sin
inserción conocida en el mundo islámico, y cuya metodología no coincide
con ninguna organización de la resistencia que actúa en Irak.

Un solo beneficiario: Bush

El martes 31, en el momento de mayor presión de la ciudadanía francesa
sobre el gobierno de Chirac para que acceda a las demandas de los
secuestradores, apareció en un página web "islámica" el anuncio del
secuestro y el asesinato
de doce nepalíes, que habrían sido degollados por un supuesto grupo
fundamentalista, Ansar al Suna, en un típico procedimiento orientado a
"infundir terror" con fines políticos. El líder espiritual de Irán,
ayatolá Alí Jamenei, señaló hace 45 días que agentes estadounidenses e
israelíes están detrás de los secuestros y ejecuciones de extranjeros
en Irak. Otras
hipótesis por esos días situaban esas operaciones en el marco de una
maniobra de inteligencia orientada a "sacar de escena" la ocupación
militar de EEUU e instalar la "guerra contraterrorista" de Bush en el
escenario mediático internacional. Una extensión del caos y de la
violencia con los
secuestros como protagonistas principales, permiten a la administración
Bush salirse de la mira mediática y colocar en su lugar al terrorismo
musulmán dirigido contra los ciudadanos extranjeros no estadounidenses.

En este contexto, el asesinato este martes de los 12 nepalíes aparece
como una operación "complementaria" al secuestro de los periodistas
franceses, y su objetivo no parece ser otro que obligar al gobierno de
Chirac a "negociar" con los secuestradores, lo que tácitamente le
obligaría a reconocer la existencia del terrorismo en Irak, legitimando
las afirmaciones de Bush. Según decía la agencia Reuters el martes 31,
"la muerte de los doce rehenes nepalíes a manos de un grupo de
extremistas iraquíes independiente puso de relieve la gravedad de la
situación de los periodistas", lo que es claramente indicativo de que
el objetivo que se perseguía con esos asesinatos -forzar a negociar al
gobierno de Chirac- se había cumplido. Otro indicio está dado por la
condición de "desconocido" que reviste el Ejército Islámico, el grupo
que capturó a los periodistas franceses en Irak, aunque ese mismo grupo
se atribuyó la semana pasada la muerte de un periodista italiano,
posiblemente como maniobra preparatoria de la operación contra el
gobierno de Francia.

Por otra parte, hasta ahora ninguna organización de la resistencia
iraquí reconoció como propios a estos grupos de secuestradores y
asesinos, que aparecen y desaparecen sin dejar rastros, en "zonas
liberadas" por las fuerzas norteamericanas y la policía iraquí. Tanto
suníes, chiítas, como nacionalistas, coinciden en señalarlos como
"grupos operativos de la CIA", cuya metodología y principios de acción
nada tienen que ver con el mundo islámico y su lucha contra la
ocupación estadounidense en Irak. Drogas, armas, prostitución, dinero
negro, los clásicos condimentos de infiltración de la CIA en el mundo
islámico, estarían jugando un papel fundamental para la constitución de
estos nuevos grupos operativos que, disfrazados de organizaciones
fundamentalistas dedicadas al "secuestro terrorista", sirven a los
objetivos electorales del gobierno de Bush. Simultáneamente líderes
políticos, gobiernos y organizaciones armadas del mundo musulmán
condenaban ayer martes los secuestros de los periodistas franceses como
"ajenos" a los principios y valores islámicos.

El gobierno de Irán condenó el secuestro de los trabajadores de prensa
calificándolo de contrario a "los valores humanos y a los principios
islámicos", y afirmó que "espera" su liberación cuanto antes.
Políticos, diplomáticos, periodistas, responsables musulmanes, grupos
islámicos y miles de ciudadanos anónimos de religiones diferentes
unieron sus voces para condenar el secuestro y pedir la liberación de
los dos reporteros franceses secuestrados. La organización palestina
Hamás difundió un comunicado diciendo "instamos al Ejército Islámico de
Irak a que libere rápidamente a los dos periodistas" y pensamos que una
decisión así tendrá repercusiones positivas sobre las posiciones
políticas de Francia a nivel popular y oficial. Al líder rebelde chií,
Moqtada Al Sadr se sumó a la autoridad más influyente del sunismo, el
jeque Mohamed Sayed Tantaui, condenando los secuestros y enmarcándolos
fuera de cualquier procedimiento o principio islámico. En síntesis, si
el secuestro de los dos periodistas franceses no respondió a
requerimientos económicos, solo queda la finalidad política, en este
caso vinculada a una reinvindicación de la comunidad islámica en
Francia.

Pero el islamismo condenó el secuestro y negó que el grupo de
secuestradores pertenezca a su comunidad, lo mismo que hicieron líderes
y organizaciones de Irak y otras partes del mundo. Descartada cualquier
relación del secuestro con el mundo islámico, la operación solo
beneficia electoralmente a Bush, que en la Convención del Partido
Republicano en Nueva York fundamentará su discurso reeleccionista en la
"guerra contraterrorista" y en la defensa cerrada de la ocupación
militar de Irak. El secuestro de los periodistas franceses, además de
consolidar el discurso de Bush en el electorado estadounidense, apunta
a obligarlo a Chirac a "negociar con el terrorismo" y a apoyar
militarmente - o por lo menos a reconocer- la política de Washington en
ese país petrolero.

5 DE SETIEMBRE DE 2004 - COMCOSUR / MONTEVIDEO


=== 5 ===

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=5362&s2=05

US blamed for spoiling French release

Aljazeera.net

Sunday 05 September 2004 - An influential cleric has lambasted US-led
forces for conducting a damaging military raid that he says has harmed
efforts to secure the release of two French journalists.
"The attack on Latifiya disrupted the process of their release,"
senior Iraqi cleric Shaikh Mahdi al-Sumaidi said on Sunday.
Experts have warned that increased military activity against
resistance strongholds in the area could harm the chances of rescuing
Radio France International's Christian Chesnot and Georges Malbrunot of
Le Figaro.
He also issued a religious decree calling on the hostage-takers to
release the Frenchmen.
"We issued a fatwa urging the group [of hostage-takers] to immediately
free and not to harm the two French reporters, in recognition of
France's position on Iraq," he said.

French still hopeful

Meanwhile France remained hopeful that the two French hostages in Iraq
would be freed, although its foreign minister returned empty-handed
from a Middle East mission intended to secure their release.
"We have serious reasons to believe both of them are in good health
and that a favourable outcome is possible," Foreign Minister Michel
Barnier said on Sunday, after discussing the hostage crisis with
President Jacques Chirac.
"Our top priority today remains to secure their release. Our priority
is their safety," he said. "We are working hard, calmly, cautiously and
discreetly."
Chesnot and Malbrunot have been held in Iraq since 20 August.
Comments by government officials have become increasingly cautious
since hopes that they would be released on Friday were dashed.
Barnier, who returned from Amman, Jordan, late on Saturday, spent an
hour with Chirac and was due to meet Prime Minister Jean-Pierre
Raffarin and senior cabinet members later on Sunday. Raffarin said he
remained cautious but hopeful.

Muslim delegation

A Muslim delegation which went to Iraq to try to help the hostages
said the main obstacle seemed to be difficulties in arranging a safe
handover since US led forces conducted military operations in the area.
The delegation returned to Paris on Saturday.
Abd Allah Zekri, who was part of the delegation, said he was confident
the two hostages would be freed.
"It is a question of security," he said on Saturday, echoing other
members of the delegation who said the risk of violence was
complicating efforts to arrange a safe handover.
Barnier said he was ready to return to the Middle East at any time
after his talks in Jordan, Qatar and Egypt rallied the support of Arab
and Muslim leaders. He has set up a crisis team in Amman.

Headscarf ban

There was no fresh word from the hostage-takers in Iraq, who stunned
France when they seized the men and demanded Paris revoke a law banning
Muslim headscarves in state schools.
France refused to bow to the demands and the law banning all
conspicuous religious symbols went into force on Thursday.
Meanwhile, Iraqi police said on Sunday the body of an Egyptian who was
kidnapped in Iraq last month had been found in the northern part of the
country.
Scores of hostages from dozens of countries have been seized in the
past five months, and more than 20 have been killed, as part of a
campaign to resist occupation forces and Iraq's US-appointed interim
government.
France was shocked to be caught up in the violence as it opposed the
US-led war in Iraq and has no troops there.

Agencies

http://english.aljazeera.net/NR/exeres/9BC9754A-45
96-4426-8D91-01DA6E6647AA.htm


=== 6 ===

----- Original Message -----
From: "Danielle Bleitrach"
Sent: Tuesday, September 07, 2004 4:35 PM
Subject: Les États-Unis mettent en danger la vie des otages

Les Etats-Unis mettent en danger la vie des otages

PARIS, 6 sept (AFP) - Les forces américaines "ne facilitent pas les
démarches" pour la libération des deux journalistes français retenus en
otages en Irak, mais mettent leur vie "en danger", a estimé lundi à
Paris l'association Amitiés franco-irakiennes.

"Visiblement, les forces d'occupation américaine et leurs supplétifs
irakiens n'apprécient ni l'immense élan de solidarité des pays arabes à
l'égard de la France, ni que l'issue d'un enlèvement servant leurs
intérêts, tourne en leur défaveur", ont estimé les Amitiés
franco-irakiennes dans un communiqué.

En procédant dans la nuit du 4 au 5 septembre à des "exécutions et à
plusieurs centaines d'arrestations dans la zone de Latifuya-Mahmoudiya,
au sud de Bagdad, où les deux journalistes ont été enlevés, et où ils
pourraient être libérés, les Etats-Unis ont mis sciemment en danger la
vie de Georges Malbrunot et de Christian Chesnot", a poursuivi
l'association.

"La France doit exiger du Pentagone la levée immédiate de tous les
obstacles qui entravent un dénouement heureux des deux journalistes", a
ajouté l'association dans son communiqué.

Les Amitiés franco-irakiennes regroupent des personnalités françaises
de diverses tendances politiques, hostiles dans les années 1990 à
l'embargo contre l'Irak, puis à la guerre.

* * * *

Communiqué de l'Association des Amitiés-Franco-Irakiennes

LES AMERICAINS ARRETENT A BAGDAD UN DES INTERMEDIAIRES IRAKIENS
OEUVRANT POUR LA LIBERATION DE GEORGES MALBRUNOT ET DE CHRISTIAN
CHESNOT

L'Association des Amitiés franco- irakiennes réclame la libération de
Abdul Jabbar Al-Kubaysi, président de l'Alliance Patriotique Irakienne
(IPA), arrêté à Bagdad le 3 septembre par les forces d'occupation US.

Pour les services secrets américains Abdul Jabbar Al-Kubaysi a servi
d'intermédiaire à la France pour obtenir la libération de Georges
Malbrunot, Christian Chesnot et de leur chauffeur syrien, dont les
motifs de l'enlèvement restent des plus troublants.

Selon des membres de l'Alliance Patriotique Irakienne, un commando
américain - protégé par des hélicoptères et des blindés - a opéré un
raid contre son domicile à 3 heures du matin, l'a molesté, menotté et
emmené vers une destination inconnue.

Des membres des services secrets américains sont ensuite revenus à son
domicile pour une seconde fouille, détruisant portes, fenêtres et
meubles. Quand on connaît les méthodes d'interrogatoire US, on est en
droit de craindre pour la vie de cet homme politique irakien.

Abdul Jabbar Al-Kubaysi a longtemps été réfugié politique en France où
il a participé ces derniers mois à diverses conférences de solidarité
avec la résistance irakienne.

L'Alliance Patriotique Irakienne (IPA) est un regroupement politique
qui cherche à unifier le mouvement de résistance irakien.

Le 6 septembre 2004

Contact : Gilles Munier -
Secrétaire général - Portable : 06 19 74 45 99

LUNGA VITA AL PRESIDENTE BILL CLINTON


Auguriamo di tutto cuore a Bill Clinton di superare senza problemi la
sua convalescenza e di mantenersi in buona salute, per poter
presenziare in prima persona al processo per genocidio e crimini di
guerra da lui commessi nei Balcani. Possano egli e la sua famiglia
subire la stessa sorte di centinaia di migliaia di serbi della Krajna e
di migliaia di famiglie serbe e rom del Kosovo. Possa egli vivere una
lunga vecchiaia, godendo della pensione e delle cure sanitarie di cui
godono gli operai della Zastava di Kragujevac.


Da: Boba <petar@ cyberus. ca>
Data: Mar 7 Set 2004 04:05:11 Europe/Rome
Oggetto: FW: Send a Get Well Wish to the Presindent -Bill Clinton

CNN has just announced that you may, if you wish so, send a 'Get Well
Wish" to Bill Clinton directly if you go to:

http://www.clintonpresidentialcenter.org/contact.php
(click to " Send a Get Well Wish to the President") and make a wish!

=======

I wish President Clinton to get well soon so that he can stand trail
for genocide and crimes against humanity for his role in the Balkan
wars. May he and his wife have the same destiny that thousands of Serbs
experienced under his bombs and from his arms delivered to the Muslim
terrorists in Croatia, Bosnia and Kosovo from 1991-1999.

Koliko trebas jezika?
Srpski, Maternji, Crnogorski, Montenegrinski...

[I secessionisti montenegrini si sforzano di inventare nuove
definizioni per la "loro" lingua, sulla falsariga di quanto gia' fatto
dai separatisti croati, bosniaci e serbi, con l'invenzione (tutta
politica) di rispettive "lingue" (croata, bosgnacca, serba), grazie
alla zelante collaborazione di intellettuali ed accademici opportunisti
e "di servizio". Cosicche' adesso si parla anche di "montenegrino"
ovvero "lingua madre"...
Si noti bene, tuttavia: la lingua serbocrata nacque, di fatto, come
lingua letteraria precisamente in Montenegro grazie al montenegrino
Petar Petrovic Njegos ed al suo poema "Il serto della montagna",
equivalente - per noi italiani - alla "Divina Commedia" ed ai "Promessi
Sposi" messi insieme...]


Bestidno! Osvjesti se narode, sutnite ulizice koje vas guraju u
ropostvo... Kako bi bilo da Austrijanci (u Austriji) kazu da govore
"austrijanski"... Nije badave P.P.Njegos prokleo onaj dio "svojeg
srpskog naroda" izdajnickog! (Ivan Istrijan)

> Povodi
> PROTEST PROFESORA SRPSKOG JEZIKA U NIKŠICU
> Šta je otkaz u odnosu na obraz
>
> http://www.dan.cg.yu/?nivo=3&rubrika=Povodi&datum=2004-09-
> 03&clanak=12709

> U prepunoj sali "18. septembar" u Nikšicu sinoc je održan protestni
> skup profesora srpskog jezika, na kojem je odluceno da profesori
> srpskog jezika nece izvoditi nastavu sve dok Savjet za opšte
> obrazovanje ne povuce svoju sramnu odluku. Na skupu su pored nikšickih
> profesora govorili i uvaženi pjesnici, književnici i istoricari.
> - Poznato je da je prije dva mjeseca, u vrijeme školskog raspusta,
> Savjet za opšte obrazovanje, piratski i iz zasjede, gazeci Ustav i
> Zakon, gazeci naucne i pedagoške principe, gazeci pravila demokratije
> i svetinju date rijeci, preimenovao nastavni predmet Srpski jezik i
> književnost u naucnu i lingvisticku nakazu - maternji jezik. Time je
> izvršen kukavicki
> atentat na duhovno bice 60 posto gradana Crne Gore, koji su se na
> nedavnom popisu stanovništva nedvosmisleno izjasnili da govore srpskim
> jezikom. NJihova argumentacija kojom pokušavaju opravdati ovaj
> skandalozni cin, nezapamcen je primjer moralne mimikrije i
> intelektualne mizerije, koja duboko vrijeda razum svakog misleceg
> gradanina. Ne postoji država u svijetu u kojoj se rezultati popisa
> stanovništva bukvalno pretacu u ime službenog jezika, to jest u ime
> bilo kog nastavnog predmeta u školama, naprosto zato što je to
> nelogicno i nemoguce. Kada bi se to radilo u Americi onda bi njihov
> službeni jezik imao 350 imena i morao bi se mijenjati svakih deset
> godina. Pitanje
> službenog jezika u državi može se riješiti samo na dva nacina: po
> principu majoriteta, to jest da se kao službeni jezik usvoji jezik
> kojim govori vecina u toj državi, ili po principu pariteta, to jest da
> se usvoje dva ili više službenih jezika. Nemamo ništa protiv da se u
> Crnoj Gori uvede višejezicje ali samo pod uslovom da to bude rezultat
> društvenog dogovora
> koji ce se utvrditi Ustavom, a ne voljom pojedinih društvenih grupa i
> centara politicke moci. Gnusna je laž da mi bilo kome osporavamo pravo
> na jezik ili bilo koje drugo gradansko i ljudsko pravo. To upravo cine
> oni koji nas najglasnije optužuju...Kada je konacno došlo da se bira
> izmedu
> hljeba i jezika, mi smo se opredijelili za jezik. Jedan od vidova naše
> borbe bice taj da ne izvodimo nastavu sve dok se ovaj spor ne riješi
> na naucnoj osnovi.
> Time stavljamo svoju egzistenciju na oltar srpskog jezika zarad istine
> - rekao je prof. Veselin Matovic.
> Predsjednik Udruženja za zaštitu srpskog jezika i cirilice Milutin
> Micovic, u svom govoru je istakao da Crna Gora planira ponor za one
> koji se bore za ocuvanje srpskog jezika u Crnoj Gori.
> - Jezik sam po sebi ima moc da nas odbrani ako mu damo života. Jezik
> koji nema gramatiku, a kamoli azbuku i književnost nije jezik.
> Ministar specijalnog rata ovim cinom kreira strašni program satiranja
> Crnogoraca, a treba napomenuti da su Crnogorci od Ivana Crnojevica pa
> do ministra Backovica govorili srpskim, - rekao je Micovic.
> - Država se ovdje mora braniti od državnika, Ustav od ustavopisaca,
> pravda od sudija, narod od narodnih voda, od mila drago - rekao je
> Boris Jovanovic, profesor srpskog jezika i književnosti u nikšickoj
> gimnaziji, jedan od njih šest koji su ustali u odbranu jezika.
> -Hljeba od njih nijesmo nikad tražili, nikada nijesmo ni igrali
> njihovu igru, samo smo izabrali da trajemo i postojimo koliko i naš
> jezik.Svjesni smo da svaki veliki poduhvat traži pregaoca, ali i
> žrtvu. Mi smo spremni za žrtvovanje jer, ako ne odbranimo srpski jezik
> ništa nijesmo odbranili-zakljucio je prof. Boris Jovanovic.
> Na kraju protesta, profesor Vesna Todorovic procitala je telegrame
> podrške vladike Joanikija, prof. dr Jovana Delica, Matije Beckovica, i
> Narodne stranke. Ona je u svom obracanju istakla da u ovakvoj
> sitiaciji treba formirati i Vladu nacionalnog spasa , a poseban
> akcenat je stavila na to da profesori srpskog jezika nemaju nikakve
> veze sa politicarima, ali da bi politicari trebalo da imaju veze sa
> profesorima.
> T.ZekoviC
>