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From : Alessandro Di Meo
To : jugocoord@...
Cc :
Date : Thu, 13 Feb 2003 08:57:39 +0100
Subject :

OGGI L’IRAQ, IERI LA JUGOSLAVIA
SEMPRE BUGIE PER IMPORRE LA GUERRA!

Ricordate? Era il 25 Marzo 1999
Dopo una campagna mediatica asfissiante, il terreno fu pronto: la Nato
sferrò il suo attacco alla Jugoslavia. E in quei giorni, a fianco degli
USA, non c’era Berlusconi. C’era il governo D’Alema…

CI RACCONTARONO DI ENORMI FOSSE COMUNI…

· Grandi come laghi, individuate dal satellite! Ma dopo 4 anni, nulla
è stato scoperto…

· Mandarono filmati a velocità triplicata per giustificare gli
“Effetti Collaterali” ma si scoprì dopo anni che quegli effetti erano voluti…
· Dissero che dovevano cessare le violenze di una etnia sull’altra, e
così hanno creato tanti minuscoli stati facilmente assoggettabili, ma tutti
etnicamente puri, MENTRE LA JUGOSLAVIA, IL SOGNO DELLA CONFEDERAZIONE DEGLI
SLAVI DEL SUD, DA POCHI GIORNI, UFFICIALMENTE…
NON ESISTE PIU’…
· Parlarono di migliaia di morti… A tutt’oggi, le perdite civili e
non, risultano di gran numero superiore nella Jugoslavia per effetto di
quei bombardamenti che ci descrissero come “Umanitari”, per non parlare
delle oltre mille persone “sparite” nel nulla, vittime dell’UCK…

· Ci parlano di Guerra al Terrorismo, quando hanno istruito,
foraggiato, finanziato, garantito la successiva omologazione politica di un
gruppo armato terrorista come l’UCK…
· Stanno preparando altre “Missioni Umanitarie” che fiancheggino la
guerra, come quel capolavoro di solidarietà che fu la Missione Arcobaleno…
· Ci parlano di Missioni di Pace dei “nostri ragazzi”, militari
volontari che hanno scelto di partire, orgoglio di molti neofiti del
pacifismo, perché hanno piantato la bandiera italiana sul suolo “nemico”…

NOI NON SIAMO ORGOGLIOSI DI QUESTE BANDIERE !
L’UNICA BANDIERA CHE CI PIACE E’ QUELLA DELLA PACE !

· Abbiamo portato qui i volti e i corpi delle vittime della guerra!
Sono bambini profughi della guerra del 1999, provenienti da Kraljevo, sud
della Jugoslavia, ospitati da famiglie italiane…
· Abbiamo organizzato e ancora lo faremo, carovane di solidarietà,
siamo andati a trovarli, abbiamo portato loro tanta amicizia, perché non si
sentano abbandonati. Saremo sempre i loro TESTIMONI…
· Sosteniamo a distanza tante famiglie distrutte dall’infamia di
quella guerra, anche fra i non profughi che, comunque, hanno pagato prezzi
altissimi alle strategie guerrafondaie di governi senza scrupoli...
· Abbiamo sostenuto ospedali in Jugoslavia…
· Gemelliamo scuole Jugoslave con scuole italiane…
· Abbiamo attivato, sul posto e con personale locale, corsi di
informatica per profughi e residenti…
· Organizziamo campi di lavoro fra i profughi e in un orfanotrofio di
Belgrado, osservando le sempre più precarie condizioni in cui questi
ragazzini sono costretti a vivere…
· Abbiamo ospedalizzato un bambino di 12 anni affetto da Anemia
Aplastica, terribile malattia del midollo (ricordate l’Uranio Impoverito?
Comincia a dare gli effetti progettati…). Si chiama Marko Milanovic. Questa
guerra, come tutte le altre, non può essere fatta in suo nome…

ATTIVI SEMPRE E CONCRETAMENTE,
CONTRO OGNI GUERRA !

...............ooooooooOOOOOOOOOOOooooooooo...............

"Deve esserci, lo sento, in terra o in cielo un posto
dove non soffriremo e tutto sarà giusto..."
(francesco guccini - cyrano)

Un ponte per...
Associazione Non Governativa di Volontariato per la Solidarietà
Internazionale - via della GUGLIA 69/a, 00186 ROMA
Tel 06.6780808 Fax 06.6793968
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KOSOVO: 900MILA EURO PER STERMINARE 100MILA CANI RANDAGI

(ANSA) - PRISTINA, 6 FEB - Centomila cani randagi, uno
ogni 20 abitanti: sono quelli che si aggirano nel territorio
del Kosovo, secondo i calcoli degli esperti. Poiche' due
settimane fa un bambino di sette anni e' stato sbranato
da un branco di cani randagi, il servizio veterinario del
Kosovo ha eleborato un progetto per la lotta al
randagismo e, secondo quanto riferisce il sito sui
Balcani ''Balkanweb.com'', per eliminarli ha chiesto
uno stanziamento di 900mila Euro da spendere entro i
prossimi cinque anni. Non e' chiaro in che modo i
veterinari intendano procedere all'abbattimento
dei randagi. Negli anni scorsi in Albania venne
attuato dal muncipio di Tirana un piano anti-
randagismo per il quale vennero reclutati cacciatori
che durante la notte giravano per le vie della capitale
uccidendo i cani a colpi di doppietta.(ANSA) BLL
06/02/2003 19:39

http://www.ansa.it/balcani/kosovo/20030206193932467094.html

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NOTA: una notizia analoga benche' molto meno cruenta, sul ventilato abbattimento di cani randagi, era stata diffusa gia' nel 2000. All'epoca, essa fu utilizzata nel quadro della demonizzazione della leadership serba, accusata di divertirsi a sterminare gli animali oltreche' gli umani:

Ciliegina numero 163

QUELLI CHE AMANO GLI ANIMALI PIU' CHE GLI ESSERI UMANI


I diplomatici jugoslavi a Berlino stanno ricevendo in questi giorni
numerose lettere di protesta da organizzazioni caritatevoli e per la
protezione degli animali, nelle quali si chiede la cessazione degli
"eccidi di massa di cani" in Serbia. Queste organizzazioni sostengono di
essere venute a conoscenza delle programmata liquidazione di 350 cani,
probabilmente randagi, in Serbia entro il 15 giugno 2000.
"Vi preghiamo di evitare questo nuovo genocidio", c'e' scritto su una di
queste lettere. "Non e' stato gettato abbastanza sangue nelle guerre di
questi anni?"
In tutti questi mesi la missione diplomatica jugoslava a Berlino non ha
ricevuto neanche una singola lettera di protesta, nemmeno per
conoscenza, relativamente alla uccisione di piu' di mille persone nella
provincia del Kosmet.

(Fonte: www.Serbia-Info.com, 14/6/2000)

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/288

Iraq, Jugoslavia, di nuovo Iraq / 9: Kosovaro-albanesi al fianco degli USA contro l'Iraq

Il noto "giornalista indipendente" albanese-kosovaro Veton Surroi - uno di quelli legati al carrozzone dei media jugoslavi antiMilosevic stipendiati dalla CIA attraverso la Fondazione Soros e presentati in Italia come simboli della "lotta per la democrazia" - ha dichiarato recentemente tutto il suo appoggio agli USA in caso di aggressione all'Iraq. Sull'"International Herald Tribune" Surroi ha fatto un parallelo esplicito tra l'intervento "umanitario" del 1999, che avrebbe "fermato il genocidio in atto nella Kossova", ed il paventato intervento USA contro l'Iraq.

http://www.rferl.org/newsline/2003/02/4-SEE/see-110203.asp

Radio Free Europe/Radio Liberty
February 11, 2003

KOSOVAR LEADER CALLS FOR MILITARY STRIKE ON IRAQ

Veton Surroi, who is Kosova's best-known journalist
and a highly respected political figure, wrote in the
"International Herald Tribune" of 11 February that the
current Western debate on Iraq reminds him of the
discussion regarding Kosova at the start of 1999.
Surroi argues that "though peace was given a chance
through European-sponsored negotiations, [President
Slobodan] Milosevic only used those talks to entrench
his position in Kosova. In the end, it was only the
bombing of Serbia that stopped genocide of Kosovars
and ultimately allowed the return of almost a million
refugees to their homes." He added that "since Saddam
is of the same ilk as Milosevic, we know something
about them both: Only falling bombs will shake them
from their hold on power.... I know from my experience
in Kosova that the day after comes far earlier than
you expected. The [Iraqi] opposition must be prepared
to take up the cause for which the battle was won."
Surroi concluded, "The world ought to recall how the
war for Kosova unfolded and how Europe's unfounded
fears never materialized. One should remember from the
case of Milosevic that it takes military might to
topple tyrants, after everything else has failed." PM

http://www.dedefensa.org/article.php?art_id=96


George Bogdanich - Yougoslavie, la guerre évitable

Au moment où le film Yugoslavia, the Avoidable War, de George Bogdanich, a commencé à passer sur les écrans aux États-Unis, il a été diffusé sur la chaîne Histoire, fin-février/début-mars, sous la forme d'une série de trois épisodes. Le 15 mars, dans le New York Times, Stephen Holden a fait une recension du film distribué aux États-Unis. Cette série/film du Bogdanich constitue un travail dont l'effet est de donner une image bien différente de celle qui est en général restée de ce conflit, et une démarche qui pourrait être interpréter commetendant à rétablir une réalité de la guerre qui soit
moins défavorable à la partie serbe. Cette démarche se comprend dans la mesure où cette partie serbe a été complètement et systématiquement diabolisée pendant le conflit, jusqu'à des jugements et des analyses (au moment de la guerre du Kosovo) qui recommandaient une politique de "déserbisation", à la manière de la dénazification menée en Allemagne après 1945, comme si les Serbes eussent été marqués d'une manière atavique, voire raciale.
Ces propositions précisément, d'une inspiration sans aucun doute proche d'un véritable racisme biologique, et l'état d'esprit qui les accompagnait venant en général d'observateurs libéraux et progressistes, représentent l'une des hontes ignorée, et ignorée parce que cachée et qui n'intéresse au fond personne, de l'évolution intellectuelle occidentale pendant ces années 1990.
Évidemment la réalité est autre, nous dit ce document. La réalité de la guerre, la réalité "tactique" si l'on veut, est que, comme dit un des témoins interrogés dans le film, « les Serbes furent extrêmement mauvais dans le maniement des médias occidentaux, après avoir été extrêmement lents dans la compréhension de leur importance. » C'est dans ce sens que Stephen Holden note effectivement :

« One of the many unsettling contentions of George Bogdanich's documentary film, "Yugoslavia, the Avoidable War," is its assertion that many of the most horrendous events in the recent Balkan wars were stage-managed for the news media. A number of the massacres and atrocities reported on television with bodies on display, it maintains, were shrewdly planned illusions concocted by the Bosnian Muslims to inflame international opinion against the Serbs. The city of Sarajevo in particular served more than once as an accessible location for deceptive television coverage. »

Les documents de Bogdanich pourraient être considérés par conséquent, avec bien des arguments, comme une tentative de réhabilitation des Serbes, et observés dans ce seul sens. On ne doit pas en rester là. Ce qui nous intéresse est que ces documents s'appuient sur une kyrielle de témoignages d'acteurs de ce drame des années 1990, et essentiellement, et c'est important sinon essentiel, des acteurs non-balkaniques. Il s'agit en d'Occidentaux, le plus souvent des Anglo-Saxons et le plus souvent des Américains, qui ont la caractéristique de n'avoir pas à priori de parti-pris (mais certains
concluraient, illico presto, qu'au contraire ils en ont désormais un). Des détails et des précisions concernant ces témoins qui interviennent dans le film, méritent d'être donnés ; ils aideront à se faire une idée de la validité des documents. Il y a des journalistes, des hommes politiques, des fonctionnaires, des officieux généraux de la force de l'ONU, la FORPRONU, qui, tous, jouèrent d'une façon ou l'autre un rôle dans le drame qui va de 1991 à 1999, ou qui en furent des témoins actif. Nous avons classé ces témoins dans trois catégories approximatives :

Les journalistes, les auteurs et les experts. David Binder, USA, du New York Times ; David Hackworth (un ancien colonel US, vétéran de Corée et du Viet-nâm), de Newsweek ; James Jatras, expert auprès
de la Commission des Relations Extérieurs, U.S. Senate ; Scott Taylor, journaliste canadien indépendant ; Susan Woodward, USA, auteur de Tragedy in Balkans ; John R. MacArthur, USA, de Harper's ; Ted Galen Carpenter, USA, du CATO Institute ; Gregory Copley, USA, de Strategic Policy; le juge Ricard Goldstone, ancien juge US au tribunal de Nuremberg ; Walter Rockler, ancien procureur américain au tribunal de Nuremberg.

Des fonctionnaires et des hommes politiques en mission. Ivan Cicak, du Comité des Droits de l'Homme d'Helsinki ; George Kenney, ancien officier au State department, démissionnaire en 1992 pour protester contre la politique US dans les Balkans ; Thomas Hutson, ancien fonctionnaire (n°2) de l'ambassade américaine à Belgrade ; James Bissett, ancien ambassadeur du Canada à Belgrade ; Lord Carrington, ancien ministre des affaires étrangères et secrétaire général de l'OTAN ; James Baker, USA, ancien secrétaire d'État ; Lawrence Eagleburger, USA, ancien adjoint au secrétaire d'États ; Hans-Dietrich Genscher, Allemagne, ancien ministre des affaires étrangères ; les deux négociateurs du plan portant leur nom, Lord Owens (UK) et Cyrus Vance (USA), tous deux anciens ministres dans leurs pays d'origine.

Des militaires. Les généraux de la FORPRONU McKenzie (Canada) et Rose (UK) ; le général Charles Boyd, Deputy Commander USAREUR (U.S. Army Europe), 1992-1995 ; l'amiral Elmar Schumähling,
ex-officier du BND (services de renseignement allemands) ; jusqu'à Colin Powell, général, président du JCS 1989-93, actuel secrétaire d'État.
Ce point des témoins interrogés est très important, surtout devant l'abondance et la qualité des témoins, et surtout, devant la caractéristique générale de leur non-appartenance à l'une ou l'autre partie. On fait bientôt le constat qu'on a là un rassemblement convainquant d'acteurs non-impliqués directement dans le drame, d'acteurs neutres, c'est-à-dire d'acteurs nous donnant une observation de la guerre qui se rapproche le plus possible de l'objectivité. Sur un point absolument évident, qui est le point central de notre appréciation de cette guerre et de la contestation autour d'elle, tous ces témoignages vont péremptoirement dans le même sens : loin d'être une guerre en noir et blanc, ce fut une guerre où les torts et la sauvagerie furent partagés, où les Serbes subirent leur lot de massacres, parfois avant les autres, et où la provocation et la fourberie qui trompèrent les médias furent incontestablement du côté des musulmans (plus habiles de ce point de vue, aucun doute là-dessus). Autre aspect qui se dégage de ce film : deux pays portent une énorme responsabilité, les USA et l'Allemagne. Ces deux pays jouèrent leur jeu personnel, la plupart du temps dans un sens déstabilisant et déstructurant qui alimentait et même provoquait les explosions de violence, parfois (c'est le cas des USA) sans qu'on sache dans quel but et si le pays lui-même savait dans quel but. C'est une réalité intéressante de cette guerre : les deux pays qui ont une tradition néo-expansionniste déstructurante dans leur histoire et/ou dans leur politique générale actuelle (le pangermanisme et le pan-américanisme), agissant effectivement dans ce sens. (Accessoirement, on peut voir renforcée la version du comportement erratique de l'administration américaine au moment de la guerre du Kosovo, avec un Clinton sans réel avis ni plan pour le Kosovo, emporté, voire forcé par le bellicisme outrancier de Madeleine Albright. Le Kosovo fut donc bien, comme on le disait dès le 23 mars 1999, le "guerre d'Albright".) Au contraire, les autres pays, notamment la France et le Royaume-Uni, tentèrent de limiter les dégâts, de contenir le processus de désintégration, de limiter la guerre civile, de travailler dans le sens d'une stabilisation tant bien que mal de la situation. Tout
cela, ces constats, valent aussi bien pour les premières batailles en, Slovénie et en Bosnie, que pour l'apothéose humanitaro-belliciste du Kosovo, en 1999. [On fera également une remarque annexe pour compléter l'analyse descriptive des documents que nous avons vus : la chanson qui revient pour chaque fin d'épisode, de Chris Rea, est une oeuvre remarquable, qui restitue pleinement l'atmosphère de ce drame sombre et horrible, où la cruauté de tous les belligérant, absolument tous, n'a d'égale en intensité que l'aveuglement, la sottise et l'hypocrisie de ce qui servit d'appréciation officielle et majoritaire, de la part de l'intelligentsia occidentale.
On se demande qui mérite le plus ce commentaire de l'artiste : l'horreur de la guerre des Balkans ou la tromperie qui a marqué la façon dont on l'observa. La chanson crépusculaire de Chris Rea, au texte et au titre (The Road to Hell) également crépusculaires, peut s'adresser aussi bien aux malheureux, à tous les malheureux des Balkans, qu'aux malheureux cerveaux obscurcis d'un Occident asservie par ses propres certitudes.]

Involontairement, ce document est aussi une tentative de redéfinition de la guerre dans les temps virtualistes

Il y a un autre aspect dans ce film/document. In fine, et peut-être sans que le réalisateur l'ait voulu expressément, il s'agit également d'une tentative de redéfinir la notion de guerre dans notre époque dite post-moderne, commencée approximativement avec la chute de l'Union Soviétique. Cette redéfinition conduit à admettre que la nouvelle dimension de la guerre est la dimension médiatique, que nous aurions tendance à qualifier de "dimension virtualiste" à cause de la substance même du rôle de l'activité médiatique. Il n'y a pas seulement tromperie, désinformation, propagande, manipulation, etc, qui sont des choses sans grande nouveauté. Il y a surtout le fait que la dimension médiatique est devenue la première dimension de la guerre et, dans certains cas, la seule dimension. Cette dimension intervient avant, pendant et après le conflit, si bien qu'elle finit par déterminer la forme, l'orientation, enfin jusqu'à la réalité du conflit. Elle crée une autre réalité, qui aggravera le conflit pour satisfaire ceux qui l'interprètent, que les journalistes commenteront, analyseront, à partir de laquelle les philosophe tempêteront et condamneront, qui conduira les décisions des hommes politiques, qui figurera désormais dans nos bréviaires et dans nos catéchismes ; enfin, certes, cette tromperie sur la réalité qui conduira à tuer encore et encore, à
répandre le désordre et à interdire le rétablissement de la concorde. Ainsi devenons-nous, ni bêtes ni désinformés, mais transmutés réellement. Cela justifie amplement que nous proposions comme définition de ce phénomène la dimension virtualiste plutôt que la dimension médiatique.

Holden : « As the United States government has tacitly acknowledged by keeping the press at bay in Afghanistan, public relations and the ability to get your version of events across is almost as important as weaponry in modern warfare. The version of a war that is reported on television
becomes the official version that in turn motivates crucial political decisions. »

Pour compléter ce texte sur la guerre des Balkans des années 1990, et pour développer l'aspect d'interprétation d'une guerre virtualiste, nous vous proposons la lecture d'une Analyse parue dans de
defensa le 25 mars 2001, soit deux ans, à deux jours près, après le déclenchement de la guerre du Kosovo.


Bouvard and Pécuchet At War

La façon dont la représentation de la réalité de la guerre du Kosovo a été construite, il y a deux ans, comme quelque chose d'absolument étranger à la réalité, conduisit évidemment aux erreurs dans la
réalité qui suivirent et s'enchaînèrent jusqu'à la situation d'aujourd'hui où la KFOR semble être devenue une force de figuration là où elle prétendait être une force d'intervention et de stabilisation. La KFOR ne s'est absolument pas intégrée à la crise. La KFOR figure, impuissante, dans une zone
géopolitique totalement soumise au processus d'aggravation de la crise qui la secoue, et à la limite elle apparaît même comme une force de protection des conditions qui font que la situation s'aggrave dans la région (on pense évidemment au soutien constant, pratique, complètement déstabilisateur, fourni par les USA [la CIA, jamais en retard d'une action hasardeuse depuis la baie des Cochons] aux guérillas de l'UCK et compagnie). La KFOR est devenue un acteur virtuel dont le rôle involontaire est de verser, méthodiquement, avec toute l'arrogance des certitudes de l'« hyperpuissance », avec toute
l'efficacité de la bureaucratie otano-pentagonienne au travail, de l'huile sur le feu. Deux ans après, nous voulons analyser le déroulement de la technique de présentation de la guerre.
Pour cela, nous nous appuyons sur l'analyse d'un document télévisuel suffisamment complet et révélateur à cet égard, un magazine de l'émission 90 minutes, diffusé en décembre 2000 et janvier 2001 sur Canal +. Cette émission présente les circonstances du phénomène, résumé de façon satisfaisante et assez juste par le commentateur, par ces mots : «Comment ils nous ont vendu la guerre». Le document est intéressant, juge-t-on à la première vision. Il ne semble pas vraiment de parti-pris ; mais on découvre assez rapidement que cette objectivité se satisfait de l'apparence.
L'absence de parti-pris se fait dans un sens un peu paradoxal, ou bien, disons autrement, d'une façon totalement incomplète parce qu'elle s'appuie sur des considérations qui vont de soi, posées si l'on veut comme axiome de tout le récit. La cause est entendue par avance et ce que nous allons voir exposé et disséqué n'a strictement aucun pouvoir de changer ce verdict, et certes c'est le verdict de la
version/de l'histoire officielle : les horreurs (serbes) dénoncées, la responsabilité quasi-exclusive (serbe), etc.
Curieux cas, somme toute, bien dans l'esprit du temps, dénué du sens de la logique, de la fermeté du raisonnement, de la responsabilité du jugement : on dissèque les mécanismes fallacieux et trompeurs d'une action de communication, sans vraiment dissimuler la nature de la salade vendue par cette action, en acceptant pourtant toute cette même salade comme argent comptant. «Comment ils nous ont vendu la guerre», certes, et nulle part on n'entend la conséquence qu'il faudrait en tirer, - à savoir que, dans ces conditions, la marchandise est un peu suspecte.
Passons. Pour ce cas ici choisi, cet aspect-là ne nous intéresse pas. Nous le notons pourtant, parce que cette façon de "sembler ne pas prendre parti" en tenant pour acquise, pour vérité indiscutable, la thèse officielle, est une attitude qui rejoint l'un des aspects du comportement général que nous analysons, qui est celui des médias. Par conséquent, et c'est l'explication de l'intérêt que nous lui accordons, l'aspect formel de cette présentation est, lui, prodigieusement révélateur. Nous nous attachons à l'aspect technique, professionnel si l'on veut, tel qu'il apparaît dans le document ; c'est-à-dire, le fonctionnement de la machine humaine qui nous a «vendu la guerre». Cette analyse doit nous
permettre de mieux définir un phénomène unique, propre à notre temps, qui est cette re-présentation de la réalité du monde par re-fondation (re-formatage dirait-on en langage informatique), dont le commentateur dit lui-même que «ce n'est pas du tout de la propagande, c'est bien plus subtil que de la propagande». (1) Le document de cette émission 90 minutes comprend les éléments suivants :

Des scènes de conférences de presse et divers à-côtés, à Evere (près de Bruxelles), au siège de l'OTAN, pendant la guerre du Kosovo.

Des documents d'illustration : scènes spécifiques de la guerre, extraits d'émissions d'information de l'époque, tout cela illustrant les scènes à l'OTAN, où sont débattus certains aspects des interventions
de communication.

Des interviews de certains acteurs, directs ou indirects, de la guerre de la communication ainsi décrite, - en fait, trois porte-paroles : Jamie Shea (OTAN), Jim Lockhardt (Maison-Blanche), Jamie Rubin (State department) ; et deux journalistes français : Luc Rozensweig, du Monde, Claude Julien, de RTL.

La "guerre d'Evere" : un service de communication pris de cours devant des centaines de journalistes

Cette "guerre" du Kosovo mérite tous les guillemets du monde. Il s'agit de la guerre de la communication, mais pas du tout dans le sens classique (propagande amie contre propagande ennemie). Elle "oppose" les autorités officielles dispensatrices d'information aux journalistes de leurs pays, ou, dans tous les cas, semble les "opposer". Le qualificatif d'"opposition" qui vient d'abord sous la plume s'avère être une interprétation très fallacieuse, et nous prétendons montrer au contraire que cette opposition est en fait une complicité.
La complicité commence par le fait que les journalistes acceptent complètement, sans restriction, sans la moindre gêne, sans aucun frein, que les autorités officielles de leurs pays soient effectivement la source quasi-exclusive de l'information sur le monde réel, à la place du constat du monde réel par le journaliste, ses yeux, sa tête, son coeur. La "guerre d'Evere" menée par les spin doctors (expression en langue anglo-américaine désignant les spécialistes de publicité et des relations publiques ; littéralement: "professeurs en apparence") est divisée en trois phases dans le document. Ces
phases ne suivent que lointainement la guerre proprement dite, sur le terrain, au Kosovo. Ces phases sont les suivantes :

Les 2-3 premiers jours. Albright avait dit que les frappes dureraient 2-3 jours (ce que femme dit ...) : la guerre devait donc durer deux ou trois jours. C'était l'analyse de l'OTAN et de toutes les chancelleries, puisqu'Albright .... L'OTAN (son service de communication, avec le porte-parole Jamie Shea) n'est préparée à rien de plus et n'a pris aucune disposition particulière. Elle se trouve très vite démunie.

La guerre continue après les 2-3 jours fatidiques.
Les journalistes affluent. Ils sont bientôt 400, 500. Chaque jour, ils veulent leur point de presse, pour apprendre des nouvelles et faire leurs émissions, ou leurs articles, bref revendre la salade qu'on leur a fournie une première fois. Jamie Shea doit tenir ce point de presse, chaque après-midi. « Le problème est qu'il y avait cette heure d'antenne, chaque jour, qu'il fallait remplir, explique Shea. Si nous ne l'avions pas fait, d'autres l'auraient fait. Milosecic, bien sûr ! » Certains moments sont pathétiques, au-delà de l'ironie, de l'ennui et de la confusion de se découvrir dans un lieu qui est un des coeurs de l'alliance occidentale, en présence d'une telle matière intellectuelle. C'est, par exemple, ce moment où Jamie Shea lit soigneusement, article par article, les articles de la Constitution yougoslave que Milosevic serait en train de violer par son comportement. Aux 21e et 23e jours de la guerre, deux grosses "bavures" sur le terrain (attaque d'un train et attaque d'un convoi de réfugiés kossovars par l'OTAN) mettent le service de l'information de l'OTAN (Shea) en grandes difficultés devant les centaines de journalistes présents.

La troisième phase, c'est l'intervention des spin doctors de l'extérieur, les grosses pointures, les "mecs" rouleurs de mécanique, les durs de dur, ceux de Washington et ceux du 10, Downing Street (un peu, à peine, ceux de l'Elysée), parlant anglo-américain et mâchant du chewing-gum dans leur tête. Là, c'est le triomphe de l'offensive de communication, là où, effectivement, « on nous a vendu la guerre ». A partir de ce canevas, nous allons faire quelques remarques sur ces "scènes de la vie ordinaire", à Evere, au printremps 1999, pendant la guerre.


(...1/2...)

ARTEL GEOPOLITIKA by www.artel.co.yu
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Datum: 12. februar 2003. g.

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AMERIKA OSTAJE BEZ ARGUMENATA U KORIST RATA PROTIV IRAKA
Moskva, 12. februara 2003.
RIA "Novosti"
Specijalno za Artel-Geopolitiku
Vladimir SIMONOV, politicki komentator RIA "Novosti"


Ako pogledamo na dogadjaje poslednjih dana kao na zavrsnicu diplomatskog ssahovskog mecca oko Iraka, ustanovicemo da se mecc odvija uz gubitke za pristalice rata - Sjedinjene Americke Drzave.


Njenu poziciju, koja se svodi na to da je vreme, ostavljeno Iraku za razoruzanje, isteklo, odbacila je trojka uticajnih drzava svetske zajednice. U zajednickoj izjavi, datoj u ponedeljak, Rusija, Nemacka i Francuska dali su prednost drugoj ideji - da se pojaca rezim vojnih inspekcija.


U Vasingtonu su nervozno pratili kako poseta predsednika Vladimira Putina Bonu i Parizu protice u znaku stvaranja antiratne koalicije "Nove Rusije" sa "Starom Evropom", kako je dopustio sebi da krsti francusko-nemacko-rusku alijansu ministar odbrane SAD Donald Ramsfeld. U centri irackog plana "trojke" nalazi se predlog da se prosiri kontingent inspektora sa 100 na 300 ljudi, da se Irak "prekrije" mrezom regionalnih ofisa UNMOVIK i da se inspektorima pruze dodatna tehnicka sredstva.


Bagdad se sa spremnoscu odazvao toj ideji, pa je pristao na izvidjacke letove iznad svoje teritorije, pored ostalog i uz koriscenje americkih spijunskih aviona "U-2". Ukoliko, naravno, bude postignut preliminarni dogovor o obustavljanju bombardovanja od strane americke i britanske avijacije severnih i juznih "bespilotnih zona" Iraka. Bombardovanje i istovremeno vazdusno izvidjanje - to je previse, smatra Sadam Husein.


Tesko je i zamisliti da bi Irak mogao sastaviti makar jedan top, a da ne govorimo o modernizovanju oruzja za masovno unistavanje u situaciji kada se po njegovoj teritoriji razmile inspektori, a vazdusnim prostorom brazdaju "U-2", opremljeni ccudesima za opticku i elektronsku sspijunazzu.


Zajednicki predlog Putina, Ssiraka i Ssredera, kao i ustupak Bagdada, lisavaju Sjedinjene Drzave i njene istomisljenike glavnog argumenta u korist rata. Malo ko ce poverovati da vezane od strane medjunarodnih posmatraca i ruke i noge Sadama Huseina mogu predstavljati opasnost koja zasluzuje preventivni oruzani napad.


Treba se, medjutim, osvrnuti na izjave lidera antiratne koalicije. Predsednik Francuske Zzak Ssirak kaze: "Nista danas ne opravdava rat". Predsednik Rusije Vldimir Putin: "Mi smo protiv rata. U ovom trenutku tako mislim". Nemacki kancelar Gerhard Ssreder: "Sada nema nikakvih osnova za primenu sile".


Tesko da su reci "danas", "u ovom trenutku" i "sada" odabrane slucajno. Rusija, Francuska i Nemacka osecaju svoju odgovornost za bezbednost svetske zajednice u nista manjoj meri nego SAD i Velika Britanija. Pristalice mirnog resenja otvorene su za preispitivanje svojih pogleda, ukoliko se situacija u Iraku iznenada promeni nagore.


Slepa zaokupljenost Vasingtona ratom sa Irakom naisla je na tako ostar otpor i unutar NATO. Francuska, Belgija i Nemacka su blokirali zahtev SAD da se Turskoj da dodatno naoruzanje u slucaju vojnih akcija u Iraku. Radilo se o zenitnim raketnim kompleksima "Patriot", avionima za elektronsko izvidjanje "AVAKS" i odelima za hemijsko-biolosku zastitu. Medjutim, tri prestonice su smatrale da pojacavanje odbrambene sposobnosti Turske, koja granici sa Irakom, podriva napore za mirno razresenje krize. Naoruzavanje Turske predstavljalo bi svojevrsnu provokaciju u korist rata.


Gnev sa one strane Atlantika granicio se po izrazima sa recnikom Zzirinovskog. Donald Ramsfeld je nazvao ponasanje disidenata unutar NATO "drskim" i "sramnim". "Ja ne razumem takvu odluku. Ona ce negativno uticati na alijansu", - priznao je predsednik Dzordz Buss.


I na pretnje kaznjavanjem disidenata nije se dugo cekalo. "Njujork Tajms" citira pretnju generala Dzejmsa Dzonsa, komandanta snaga SAD u Evropi, da ce drasticno smanjiti brojnost americkog kontingenta na evropskom kontinentu, koja je sada dostigla nivo od 100 hiljada ljudi. Buntovnici se ne mogu pokrivati americkim kisobranom.


Razlike oko Iraka seku NATO na dva dela kao prezrelu jabuku. Alijansa ne samo da je dospela u "tesku situaciju", kako se izrazio njegov generalni sekretar lord Robertson, vec dozivljava krizu bez presedana u uzajamnom poverenju izmedju njegovih occeva-osnivaca. U pitanju je i sama buducnost NATO kao kolektivnog organa.


Glavno je, medjutim, u necem drugom. Vasingtonu i Londonu vredelo bi da imaju u vidu, da su sadasnje raspre preko Atlantika i unutar NATO samo nagovestaj kudikamo teze krize u severnoatlantskoj, a u sirem smislu i u svetskoj zajednici. Ona se ne moze izbeci ukoliko te dve prestonice uvuku sebe i svet u rat protiv Iraka, bez odobrenja Saveta bezbednosti OUN.

NARUCENO SAMOUBISTVO JUGOSLAVIJE

Glasanje u Saveznoj skupstini Jugoslavije, 4. februara 2003.,
predstavlja simbolicni cin revansistickog zlocinackog plana protiv ove
zemlje i njenih gradjana, pocev od 1990. Taj plan, koji su po nalogu
zapadnjacke klike sprovodila bedna politicka rukovodstva (a u svim
bivsim federalnim republikama i danas su na vlasti) sprovodjen je
postepeno, simbolicno receno pocev od 5. novembra 1990. - kada je u
Kongresu SAD-a izglasan zakon 101/513 i utemeljen raspad Jugoslavije,
direktnom finansijskom podrskom svim novim "demokratskim"
tvorevinama (nacionalistickim i secesionistickim) sve do 4.
februara 2003. kada nastaje formalna "Zajednica Srbije i Crne Gore",
brisanjem "Jugoslavije" iz evropskih geografskih karti.
Iako bismo mogli da prihvatimo "nostalgicni" ton srpskocrnogorskog
ambasadora u Rimu, gospodina Lekica, ne mozemo nikako da delimo njegovo
misljenje prema kome ce nova "Zajednica biti efikasnija i manje jaka".
Naprotiv, rukovodioci Crne Gore i odgovorni politicari pokrajina
Kosovo-Metohije i Vojvodine otvoreno izjavljuju da
novi status smatraju prelaznim, te da mu je funkcija dalje rasparcavanje
zemlje, dakle, stvaranje novih granica koje ce usloviti nove deobe
stanovnistva.
Ksavijer Solana, oprobani idejni tvorac slicnih poduhvata poznat
po tome sto je izdao nalog za agresiju 1992. prihvatio je nepravilno
izglasanu odluku Savezne skupstine. Svo to ocigledno i
neprikriveno zadovoljstvo odgovornih medjunarodnih i lokalnih
politicara, odaje skrivene ciljeve zlocinackih poteza iz proteklih
godina, pocev od diplomatsog priznavanja secesionistickih republika.
Bila su to politicka opredeljenja koja su izazvala uzasne ljudske
tragedije, menjane su granice i na Balkanu stvarani kolonijalni
protektorati kao u vreme nacifasisticke okupacije, na ogromnim
prostranstvima podignute su vojne baze zapadnih sila koje
eksploatisu prirodna bogatstva zemlje i njenu radnu
snagu, posejana je mrznju medju stanovnistvom i unisteni temelji
sazivota i zajednistva kulturnih bastina tih naroda.
Za nas iz "Italijanskog saveza za Jugoslaviju" sve to predstavlja
zlocin protiv covecnosti nesagledih posledica. Smatramo da treba da
sednu na optuzenicku klupu svi oni koji su odgovorni za taj zlocin.
Jugoslavija za nas nije prestala da postoji 4. februara 2003. godine i
zato klicemo:
Zivela Jugoslavija!
Zivelo bratstvo i jedinstvo medju narodima!


Italijanska Koordinacija za Jugoslaviju (CNJ)
jugocoord@...

Continua in Italia l'incitamento all'odio razzista slavofobo (2)

COME CAMBIA LA TOPONOMASTICA A ROMA


Volevo raccontare una cosa che mi è successa ieri (9/02).
Mia moglie mi ha portato ad una iniziativa teatrale
organizzata da una Onlus cattolica che si occupa di adozioni a
distanza di bambini bielorussi e ucraini colpiti dal disastro
di Chernobyl. Di questa Onlus fanno parte molti degli
attori, peraltro non professionisti nonché colleghi di mia
moglie. La rappresentazione, "Non è vero, ma ci credo"
di Peppino De Filippo, si è svolta la prima volta a Natale
in locali messi a disposizione dall'Omnitel. Per ieri invece
i locali non c'erano e gli organizzatori sono stati costretti
a ripiegare su una sala parrocchiale vicino
alla sede Omnitel di Roma in zona Laurentina.

Uscito di buon ora da casa e arrivato nei pressi del luogo dello
spettacolo, ho chiesto a mia moglie l'indirizzo esatto del posto.
E lei: "Piazza Giuliani e Dalmati".
Li per li non ho badato molto al nome e l'ho cercato sullo
stradario. Mi sono comparsi allora dei nomi di strade tipo "Largo
vittime delle foibe istriane", altri nomi collegati al contesto
che mi sembra di aver già sentito come via Ziliotto via
Ghiglianovich e ho pensato: "Guarda che cazzo di strade ci
sono a Roma".
(vedi anche
http://www.comune.roma.it/municipio/12/territorio/zone/giuliano_dalmata.htm)

Arrivato nella piazza i miei occhi si sono diretti subito su un
monumento raffigurante la lupa capitolina con sotto scritto
"Roma madre a Pola fedele"
(o una cosa del genere) e una targa con i nomi Luigi Einaudi e
Giovanni Gronchi e una data del 1989.
Poi un cartello che tappezzava vari muri della piazza:

Federazione delle associazioni degli esuli Istriani Fiumani e Dalmati.
Giornata della memoria 10/02/1947 - 10/02/2003. Il 10/02/1947 fu
firmato il Trattato di Pace che determinò il passaggio delle province
di Pola, Fiume e di Zara, nonché di parte della provincia di Trieste
e di Gorizia alla Jugoslavia comunista. Come conseguenza di ciò
350.000 italiani scelsero l'esodo per ragioni di fede, di libertà,
di amore per l'Italia e di sopravvivenza.
Con la collaborazione del XII Municipio (nota: il presidente
è di AN).

Per il programma completo:
http://www.ilpiccolo.quotidianiespresso.it/ilpiccolo/arch_08/trieste/tr02/prog.html

Ero sull'orlo di una crisi di nervi, ma non era ancora finita: prima
di entrare nella sala della parrocchia dedicata a S. Marco
Evangelista (e chi se no) mi imbatto su una targa dedicata a
Raffaele Radossi ultimo vescovo italiano di Pola e padre
Alfonso Orlini di Zara, i quali avrebbero difeso gli
italiani da chissà quali angherie e li avrebbero seguiti poi nella
"DIASPORA" (scritto proprio così).

La gente, organizzatori compresi, secondo me nella quasi totalità
ignorava cosa significassero quelle scritte e quei simboli. Se l'avessi
saputo mi sarei portato la bandiera della RFSJ, ma poi ho pensato
che non ne valeva la pena.
Nonostante tutto lo spettacolo era simpatico e divertente.

Spero che Ivan (che credo sia di Pola) non capiti mai in quella zona.


Pino

Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia aderisce
alla manifestazione del 15 febbraio 2003 a Roma


LE GUERRE NON CADONO DAL CIELO



Le crisi internazionali "esplodono" sui giornali ed alla TV come se
piovessero dal cielo. Staccate dal contesto, esse sembrano ciascuna un
episodio a se' stante, un "impazzimento della Storia".

Questa visione delle crisi internazionali e' mistificatoria. Questo
rimandare alla "pazzia" - di Saddam o di Milosevic o dei
fondamentalisti islamici - e' ridicolo, e non accontenta ne' convince
piu' nessuno. In queste ultime settimane, assistendo al "balletto
degli ispettori" le opinioni pubbliche hanno avuto la percezione che
si stesse lavorando alacremente per escogitare dei puri pretesti, per
poter aggredire l'Iraq a tutti i costi.

Strano. Con l'abbattimento del Muro di Berlino ci avevano forse
raccontato favole sull'"era di pace e di progresso" che si stava per
aprire? E' proprio da allora, infatti, che gli episodi di guerra si
sono moltiplicati, susseguendosi con un ritmo sempre piu' incalzante,
senza risparmiare nemmeno il cuore dell'Europa.

La Jugoslavia "e' stata suicidata"

In Europa, per adesso, sono gli jugoslavi a dover pagare il prezzo
piu' caro di una ristrutturazione geopolitica decisa a loro insaputa e
contro di loro. A partire dal riconoscimento diplomatico delle
Repubbliche secessioniste (1991) l'Occidente ha fatto il "doppio
gioco" con la Jugoslavia, proclamandosi pompiere mentre gettava
benzina sui focolai di crisi. Un "doppio gioco" che ha causato
indicibili tragedie umane, ridisegnando i Balcani secondo protettorati
coloniali come ai tempi dell'occupazione nazifascista, trasformandone
i territori in servitu' militari occidentali e bacini di sfruttamento
delle risorse e della forza-lavoro, devastando le basi della
convivenza civile e della cultura comune di quelle genti.

Il voto del Parlamento Federale Jugoslavo del 4 febbraio scorso ha
rappresentato un compimento simbolico di questo progetto revanscista e
sanguinario. Realizzato su procura delle consorterie occidentali da
indegni rappresentanti politici locali, esso ha portato da ultimo
alla cancellazione dello stesso nome della "Jugoslavia" dalle cartine
geografiche dell'Europa, ed alla nascita di una provvisoria "Unione di
Serbia e Montenegro" destinata ad ulteriormente spezzettarsi nel giro
di tre anni. Il nuovo status e' infatti transitorio, ed e' funzionale
solo all'ulteriore disgregazione del paese, dunque alla creazione di
nuove frontiere a dividere gli abitanti di quelle terre.

Il voto del Parlamento Federale viene accolto con grande giubilo
dal suo piu' grande "sponsor", Xavier Solana, gia' ben noto alle
popolazioni locali per avere comandato la aggressione militare del
1999. Aggressione cui l'Italia prese parte, e che fu condotta con
mezzi impari e modalita' vigliacche. Da chilometri di altezza
furono colpite infrastrutture civili e militari, causando centinaia di
morti civili. Gli jugoslavi hanno estratto i cadaveri di concittadini,
amici e parenti nelle piazze dei mercati, dalle lamiere dei treni
sventrati, dai resti dei convogli di profughi, dagli ospedali, dalle
abitazioni. La NATO ha colpito per mettere in ginocchio tutto il
paese, devastandone le infrastrutture. Hanno bombardato obiettivi
situati a molte centinaia di chilometri di distanza dal
Kosovo-Metohija che dicevano di voler "salvare"... In Kosovo-Metohija
hanno bombardato con l'uranio impoverito. Hanno bombardato il
petrolchimico di Pancevo, a pochi chilometri da Belgrado,
intenzionalmente per causare la fuoriuscita di gas altamente venefici.
Attraverso l'effetto di lunga durata degli agenti cancerogeni, la NATO
sta uccidendo ancora oggi.

La popolazione locale e' oggi allo stremo

Hanno bombardato le fabbriche, incuranti degli operai che le
presidiavano. Hanno ridotto la popolazione in condizioni misere. Con
il nuovo governo filo-occidentale, che ha interrotto gli sforzi di
ricostruzione ed ha messo in svendita tutte le ricchezze del paese, la
disoccupazione in Serbia ha raggiunto livelli record ed e' in continua
crescita. Il maggior polo industriale, la "Zastava" di Kragujevac, e'
stato offerto su di un piatto d'argento ad un piccolo imprenditore
statunitense. Intanto, le famiglie dei lavoratori patiscono la fame:
l'aiuto che arriva dall'Italia, grazie al movimento delle "adozioni a
distanza", e' per loro adesso piu' indispensabile che mai.

Nel Kosovo-Metohija regna oggi un regime del terrore: sotto gli occhi
disattenti e complici di decine di migliaia di soldati NATO e' stata
pressoche' completata la pulizia etnica ai danni delle nazionalita'
non-albanesi e degli albanesi non-secessionisti. I "desaparecidos"
sono migliaia, gli attentati a sfondo razzista continuano. La zona e'
in mano agli ex-guerriglieri dell'UCK, sostenuti economicamente dai
traffici di droga, armi e prostituzione. Le grandissime risorse della
provincia, specialmente minerarie, sono state espropriate allo Stato
jugoslavo, e la produzione di ogni tipo e' bloccata. Le poche
possibilita' di lavoro "onesto" per i giovani kosovaro-albanesi
vengono dalle truppe straniere di occupazione: ad esempio nell'immensa
base militare USA di Camp Bondsteel, presso Urosevac, il piu' grande
insediamento militare USA all'estero dai tempi del Vietnam.

La situazione attuale nei Balcani, non solo in Serbia, e' la
dimostrazione clamorosa della ipocrisia delle grandi potenze. In
particolare, le "ragioni umanitarie" sempre addotte dagli USA e dai
loro alleati per far scoppiare le guerre hanno coperto uno spietato
progetto di ricolonizzazione.

La Jugoslavia come l'Iraq

Come in Jugoslavia, anche in Iraq sanno bene che la guerra contro di
loro viene preparata ed accompagnata dalla disinformazione strategica,
gestita a livello globale da agenzie specializzate e corporation del
settore, come la Hill&Knowlton, la Ruder&Finn, la ITN, il Rendon
Group, gli istituti legati ai governi occidentali ed alla Fondazione
Soros.

Come in Jugoslavia, anche in Iraq la promessa di "dare alla
popolazione locale un governo democratico" e' un cinico imbroglio:
l'Occidente portera' distruzione, insediamenti militari,
disoccupazione e miseria. Portera' nuovi confini a dividere le genti,
portera' divisione ed odio "etnico", e regimi coloniali repressivi ed
antipopolari.

Come in Jugoslavia, anche in Iraq la guerra "umanitaria" viene
combattuta con l'uranio impoverito, con i bombardamenti sulle
infrastrutture e sugli insediamenti civili, con conseguenze mortali
sull'ambiente e sulla salute.

Come in Jugoslavia, anche in Iraq l'Occidente vuole sottrarre le
risorse, le materie prime, il petrolio ed il gas naturale. Vuole
controllare militarmente tutte le rotte per il loro transito.

La nostra adesione

Sulla scorta della nostra drammatica esperienza di jugoslavi e di
jugoslavisti, ci opponiamo risolutamente alla paventata aggressione
contro l'Iraq ed aderiamo alla manifestazione del 15 febbraio 2003 a
Roma, invitando tutti a partecipare.
Facciamo appello al movimento contro la guerra affinche' si tenga ben
presente che prima della guerra all'Iraq ce ne sono state altre, ed
altre ancora potrebbero seguire: e' tempo di guardare alle ragioni
vere, strutturali, delle guerre scatenate dagli USA e dai loro
alleati.
Facciamo appello a tutti i cittadini democratici contro la "rimozione"
della vicenda jugoslava, per sconfiggere l'omerta' che copre il
crimine in atto contro le popolazioni balcaniche. Perche' tutti
comprendano, anche attraverso l'emblematico caso jugoslavo, che le
guerre non piovono da cielo.

CONTRO LA GUERRA AMERICANA, CONTRO LE SPESE MILITARI
CONTRO L'USO DELLE BASI NATO IN ITALIA
PER IL RITIRO DEI SOLDATI ITALIANI ALL'ESTERO

PER LA PACE E LA SOLIDARIETA' FRA TUTTI I POPOLI
NO ALLA GUERRA, SENZA "SE" E SENZA "MA"


Appuntamento a Roma, sabato 15/2 alle ore 14,
in Piazzale Ostiense, di fronte alla sede dell'ACEA


Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia
febbraio 2003

Per contatti con il CNJ:
jugocoord@...
Comitato promotore della manifestazione:
adesioni@...

ARTEL GEOPOLITIKA by www.artel.co.yu
office@...
Datum: 11. februar 2003. g.


PROTIVUSTAVNE SECESIJE NEMINOVNO VODE U RAT

Dr Milan Tepavac
miltep@...
Beograd, 10 februar 2003. g.

Ovih je dana pred takozvanim haskim tribunalom u svojstvu
eksperta svedocio dr Kosta Cavoski, profesor na Pravnom
fakultetu u Beogradu, u postupku protiv generala Stanislava
Galica. Prema sredstvima informisanja, njegovo svedocenje
bi se moglo svesti na sledece:

Kljucni covek koji je osujetio vec ugovoreni plan
portugalskog diplomate ?oze Kutiljera, a cijim bi se
ostvarenjem sprecio gradanski rat u Bosni i Hercegovini, bio
je americki ambasador u Beogradu Voren Zimerman.


Za ovu optu?bu, koju je izneo na sudenju generalu Stanislavu
Galicu, optu?enim pred haskim tribunalom za granatiranje
Sarajeva, svedok odbrane u ovom slucaju prof. dr Kosta
Cavoski nije mogao da ponudi direktan dokaz, ali je prilicno
uverljivo branio svoju tezu pred krivicnim vecem sudije
Alfonsa Orija.


Alija Izetbegovic je vec bio parafirao Kutiljerov plan o podeli
BiH na tri autonomna dela izmedu tri naroda - objasnio je
ovaj svedok, ispitivan u ulozi vestaka. - Bile su utvrdene
nesporne opstine sa srpskim, muslimanskim i hrvatskim
stanovnistvom, a one sporne su mogle da se pripoje nekoj od
njih ili i one podele, cime bi bio otklonjen uzrok rata. Bilo je,
naime, krajnje opasno sto su se dva naroda udru?ila protiv
treceg, a partija SDA pomislila da mo?e dobiti medunarodno
priznanje unitarne Bosne i svesti Srbe na poni?enu i
potlacenu manjinu.

Svedok je izneo pretpostavku da se Izetbegovic po?alio
Zimermanu kako mora da prihvati Kutiljerov plan sa kojim
?nije bio srecan?, a Amerikanac mu je uzvratio ?zasto bi ga
prihvatio?, sto je tadasnji muslimanski lider shvatio kao
podrsku Amerike.
- To je bio uzrok rata - bio je kategorican dr Cavoski -
kao sto, uostalom, vecina secesija u svetu dovodi do rata.


Zamenik glavnog tu?ioca Mahinde Ratne pokusavala je da iz
svedoka izvuce konkretniji dokaz na osnovu cega plasira
ovakav stav pred sudom. Na ovo je dr Cavoski svom uverenju
dodao argument da se Izetbegovic predomislio tek nakon
razgovora sa Zimermanom, ali i naglasio da ce sta se stvarno
desilo izbiti na videlo tek kad se otvore americke arhive za 30
do 50 godina. Pritom je predlo?io i da haski sud zatra?i od
Stejt Departmenta kakva je uputstva dao Zimermanu i sta je
ambasador kasnije odgovorio u svom izvestaju.


- Da li vam je poznato da je Zimerman sva ova nagadanja
demantovao licno u ?Njujork tajmsu? - upitala je tu?ilac.


- Ne - odgovorio je svedok - ali razumem ambasadora sto je
hteo da, od sebe licno, ali i svoje zemlje otkloni odgovornost
za otpocinjanje rata u Bosni. Posebno zato sto je Evropa
pokusavala da ga izbegne Kutiljerovom planu. Ali, da sam taj
demanti i procitao, isto bih mislio.

Nalazim da je kljucno u svedocenju profesora Cavoskog teza
da secesija u pravilu vodi u rat. Ovom prilikom zadr?acemo
se samo na toj tezi.

Smatram da je profesor Cavoski potpuno u pravu. Po mome
misljenju, stavise, protivustavna i jos k tome nasilna
secesija neminovno vodi u rat. Nema nicega prirodnije od
prava dr?ave da se od takve seceesije brani. To nam govori ne
samo zdrav razum nego i medunarodno pravo i politicka
praksa. Osporavati to pravo dr?avi bilo bi isto kao i
osporavati coveku pravo da se brani kada je napadnut.
Medunarodno pravo, pre svega clan 51 Povelje UN, garantuje
pravo dr?ave na samoodbranu. A sto se politicke prakse tice,
istorija nam govori da je praksa uglavnom u skladu sa napred
navedenim principima koji proizlaze iz zdravog razuma i
medunarodnopravnih principa. Od amarickog
secesionistickog rata 1861-1865 do danas - da ne idemo u
dalju proslost - odgovor dr?ave na pokusaje nasilne secesije
uvek je bio primena sile, to jest izbijanje oru?anog sukoma,
rata. Cak je u kukavna Generalna skupstina UN - potpuno
podredena americkim vlastodrscima - smogla snage da usvoji
dve antisecesionisticke rezolusije - rezolucije 51/55 i 53/71
kojima se, sasvim logicno, nasilno razbijanje dr?ava ocenjuje
kao ugro?avanje medunarodnog mira. Zasto Generalna
skupstina nije rekla punu istinu pa to ocenila kao
medunarodni zlocin - odgovor na to le?i u Vasingtonu.
Njemu ne bi odgovarala takva inkriminacija. Bez obzira na
to, uverenje je ovog autora da protivustavna nasilana
secesija kojom se ugro?ava mir u regionu ili svetu jeste
medunarodni zlocin prema savremenom medunarodnom
pravu.

Ne mo?e biti sporno da su bivse clanice jugoslovenske
federacije Slovenija, Hrvatska i Bosna i Hercegovina
izvrsile protivustavnu nasiulnu secesiju od SFR
Jugoslavije. Kada je rec o Makedoniji, obicno se misli da je
do njene secesije doslo na osnovu sporazuma, pri cemu se
zaboravlja da je i ta secesija bila protivustavna, a izvrsena u
momentu kada je jugoslovenska federacija ?bila na kolenima?
usled secesija Slovenije i Hrvatske, politicke situacije u Bosni
i Hercegovini i pritisaka i direktne upletenosti stranog
faktora u planiranom razbijanju Jugoslavije. Ustav SFRJ
nije, naravno, predvidao mogucnost secesije nijednog dela
Jugoslavije, kao sto, uostalom takvu mogucnost ne
predvida niti je predvidao ustav nijedne dr?ave u svetu.
Jedini izuzetak od ovog pravila bio je ustav bivseg Sovjetskog
Saveza iz 1936. godine (?Staljinov ustav?). A dobro je
poznato kako je ta dr?ava zavrsila. Prema tome, proglasenja
nezavisnosti od strane Slovenije i Hrvatske 25. juna 1991.
bila su protivustavna. Kada je rec o Bosni i Hercegovini,
tamo je situacija bila jos daleko komplikovanija, jer je
protivustavne secesionisticke poteze vukla
muslimansko-hrvatska zavera protiv srpskog naroda u Bosni
i Hercegovini kao konstitutivnog naroda, koji, naravno, nije
pristajao ni politicki na secesiju Bosne i Hercegovine od
Jugoslavije, koji je jednostavno, ?eleo da ostane u Jugoslaviji.
A sto se tice primene nasilja prilikom secesije tih triju bivsih
jugoslovenskih republika, dobro je poznato kolika kolicina
nasilja je primenjeno. Napadnuto je sve sto je bilo
jugoslovensko i srpsko. Posebno su na udaru bile jedinice
jugoslovenske vojske od strane formiranih paravojnih snaga,
snabdevenih oru?jem iz Madarske i Austrije. Samo
Vara?dinski korpus JNA bio je u septembru 1991. opkoljen i
napadnut sa oko 15.000 ustasa. A americki secesionisticki rat
je poceo tako sto su paravojne jedinice ju?nih dr?ava SAD
koje su proglasile nezavisnost odnosno secesiju opkolile i
napale vojnu postaju u malom mestu Fort Samter u kojoj je
bilo 68 federalnih vojnika. Otuda, tu?be protiv Jugoslavije za
genocid i agresiju i placanje ?ratne stete? koje su podnele
novopecene ?dr?ave? BiH i Hrvatska Medunarodnom sudu
pravde mogao je da smisli samo bolestan um. Nasom
protivtu?bom trebalo bi ih dozvati pameti. Povlacenjem
protivtu?be od strane petooktobarskog re?ima u Beogradu,
koja je vec bila podneta MSP-u, on je pocinio teski zlocin
protiv naroda i dr?ave, nesto sto govori sve o njemu.

Uloga Vorena Zimermana, ambasadora SAD u Beogradu, u
secesiji Bosne i Hercegovine, o cemu je svedocio profesor
Cavoski dobro je poznata. On je minirao sporazum koji su u
Lisabonu postigli lideri Srba, muslimana i Hrvata Radovan
Karad?ic, Alija Izetbegovic i Mate Boban 18.marta 1992.
(?Kutiljerov plan?). Nakon sto je taj sporazum bio potpisan,
Zimerman je specijalno odleteo u Sarajevo i nagovorio
(prinudio?) Izetbegovica da povuce svoj potpis sa sporazuma.
Da je taj sporazum ostao na snazi i ispostovan rata u Bosni i
Hercegovini ne bi bilo. Zasto je to Zimerman ucinio? Na to
pitanje mo?e da odgovori samo Stejt Department koji mu je
davao instrukcije, jer, ambasadori nista ne rade na svoju ruku
nego po instrukcijama svoje vlade. Ipak, treba imati na umu
cinjenicu da je taj covek bio dugo godina u Jugoslaviji kao
americki diplomata i dat tacno znao da ako se Kutiljerov plan
odbaci da je rat neminovan. I ne samo to. On je takode znao
kako ce taj rat da izgleda kada se ima u vidu Drugi svetski
rat: za vreme tog rata, 1941-1945, na tom podrucju, koje je
bilo sastavni deo tzv. Nezavisne Dr?ave Hrvatske, pocinjeni
su protiv srpskog naroda od strane Hrvata i muslimana takvi
monstruoznizlocini kojima po monstruoznosti izvodenja
jedva da ima primera u citavoj ljudskoj istoriji. To je
Zimerman sve znao. Pa zasto je onda ucinio to sto je ucinio.
Mo?da bas zato stto je to znao.

Dakle, oni koji pose?u za protivustavnim nasilnim
secesijama moraju se smatrati odgovornima za izazivanje
secesionistickih ratova. Kada se ova ustvari jednostavna
istina ima u vidu, rad takozvanog haskog tribunala (ovom
prilikom ostavljamo po strani pitanje nelegalnosti te
institucije koju Savet bezbednosti UN nije imao pravo da
oformi) je mo?da najveci apsurd danas: on ?sudi? onima koji
su se usudili da stanu u odbranu svoje dr?ave i svoga naroda,
a ne onima koji su odgovorni za izazivanje secesionistickih
ratova na teritoriji prethodne Jugoslavije!! Stavise, odbija da
sudi za golu agresiju NATO pakta na Jugoslaviju, i za tom
prilikom pocinjene ratne zlocine (bombardovanje
Radiotelevizije Srbije priliko koje je ubijeno 16 radika na
svojim radnim mestima, bombardovanje gradova i sela pri
cemu su postradali, civili, upotreba zabranjenog oru?aja kao
sto je osiromaseni uranijum i drugo). Taj ?tribunal?, dakle,
?eli da ponisti savremeno medunarodno pravo i stvori
nekakvo novo ?pravo? po zamisli najmracnih snaga koje
danas ?ele da ovladaju svetom pomocu NATO i americke
vojne moci.

Razbijanjem Sovjetskog Saveza, Jugoslavije i Cehoslovacke
otvorena je Pandorina kutija secesionizma i njegov virus je
zarazio citav svet. Najveca ?rtva do sada bila je upravo
Jugoslavija. Re?iserima secesije u SFR Jugoslaviji to nije bilo
dovoljno sto su postigli, pa su izre?irali i secesiju Crne Gore i
Kosova i Metohije od SR Jugoslavije koja je formirana nakon
secesije cetiri bivse jugoslovenske republike, koje je, zatim,
?medunarodna zajednica? (citaj SAD) priznala za nezavisne
dr?ave. Gde ce se to zavrsiti tesko je reci. Na redu su izgleda
Vojvodina i tzv. Sand?ak.

Ali, otvaranjem Pandorine kutije nedorasli, minorni i
korumpirani politicari nisu bili sposobni da predvide da ce
im se njihova rabota vratiti kao bumerang. Danas je
secesionisticki pokret u svetu narastao do neverovatnih
razmera. Kada samo jednom veb pretra?ivacu otkucate
englesku rec za secesionizam (secession) dobicete 478.000
veb stranica teksta koji se odnosi na secesionizam! Zahteva se
secesija Kvbeka, Teksasa, Kalifornije, svih ju?nih dr?ava
SAD koje su pokusale secesiju 1861-1865 i stotine i stotine
drugih. Re?iseri su svega ovoga izgleda sada vec prestrasili,
pa su smislili novi termin - ?nenasilna secesija? (?nonviolent
secession?). U SAD postoji knjiga (198 Methods of
Nonviolent Action) koja u detalje daje uputstva kako se na
198 nacina mo?e raditi i ostvarivati ?nenasilna secesija? - od
javnih politickih zboravanja u korist otcepljenja jednog
odredenog dela teritorije do gradanaske neposlusnosti.

Kao sto bi trebalo dobro biti poznato, Organizacija za
evropsku bezbednost i saradnju (OEBS) svecano je stupiula
na politicku pozornicu Evrope i sveta 1. avgusta 19975. kada
su sefovi evropskih dr?ava i SAD i Kanade na najsvecaniji
nacin potpisali Helsinsku povelju. Po toj Povelji, suverenitet,
zabrana upotrebe sile, nepovredivost granica i teritorijalni
integritet evropskih dr?ava je su osnov medunarodnog
poretka. Medutim, odmah nakon sto je Jelcin sa grupom
kriminalaca oko sebe likvidirao Savjetski Savez kao dr?avu,
ova organizacija i njene dr?ave clanice pojedinacno - na celu
sa Nemackom, Vatikanom, Austrijom, Madarskom, Italijom
- krenuli su u razbijanje Jugoslavije, inace jedne od dr?ava
koja je mnogo doprinela stvaranju Helsinske povelje! Po
politickom nemoralu ova organizacija je bez premca u
istoriji. Sada, kada je gotovo okoncano razbijanje Jugoslavije,
istpa se teorijom da dalje drobljenje dr?ava ugro?ava mir. To
bi trebalo da vredi za secesionisticke pokrete svuda, pre svega
kod nje, osim, naravno, kada je u pitanju ta prokleta
Jugoslavija.

Treba spomenuti ovom prilikom poseban doprinos teoriji i
praksi savremenog secesionizma koji je dosao od crnogorskog
rukovodstva, rukovodstva koje na?alost u?iva poverenje i
politicku podrsku oko polovine izbornog tela. Taj doprinos se
sastoji u tome da je ono uspelo da ostvari secesiju bez
formalnopravnih poteza. Crna Gora prakticno nije u
Jugoslaviji vec godinama - verovatno od prvog dana
konstituisanja Savezne Republike Jugoslavije 27. aprila 1992.
Proglasenje prestanka Jugoslavije, i stvaranje ?dr?avne
zajednice? Srbija i Crna Gora 4. februara 2003. u 20.07 sati u
Saveznoj skupstini Jugoslavije samo je legalizacija te i takve
secesije Crne Gore i bacanje prasine u oci da je rec samo o
unutrasnjem preuredenju i preimenovanju dr?ave. Koliko je
nama poznato ta i takva secesija - da je nazovemo ?puzajuca?
- nije nigde i nikad ostvarena, niti je takva ?dr?avna
zajednica? igde postojala. U tome, je, dakle, doprinos
Crnogoraca politickoj teoriji i praksi. A sve pod dirigntskom
palicom Evropske unije, Saveta Evrope i ?cuvenog? OEBS-a.
Najnovije izjave Mila Djukanovica govore da iza citavog
projekta Djukanovicevog secesioniyma stoje Amerikanci
kako bi dobili pomorske baze u tom delu Jadrana.

I pored postojeceg Ustava SR Jugoslavije koji se moze
menjati samo po postupku njime predvidjenim, ni jedan
stanovnik SR Jugoslavije, pa cak ni savezni ni republicki
poslanik, nija imao niakakvog prava da na bilo koji nacin
utice na tekst Ustavne povelje i Zakona za njeno
sprovodenje!! Istovremeno, jedan poslanik u saveznom
parlamentu, u debati, izneo je podatak da je neka Kristina
Gajak, sekretarica Havijaara Solane - visokog funkcionera
Evropske unije i ratnog zlocinca koji je doneo odluku o
agresiji NATO na Jugoslaviju - 48 puta intervenisala u vezi
ta dva osnovna dokumenta koji determinisu nase ?ivote i
?ivote naseg pokoljenja! Zato su u pravu oni poslanici koji su
tu rabotu u parlamentarnoj debati nazvali dr?avnim
udarom. Ceo «demokratski Zapad» je pohvalio ovakvo
resenje i ovakav postupak!! Pa zar, zaista, jos iko normalne
pameti mo?e da misli da je na Zapadu demokratija?!! Eto, to
je demokratija kreatora novog svetskog poretka. - Kao sto su
vlastodrsci potpuno ignorisali narod prilikom stvaranja te
svoje tvorevine, tako i gradani imaju pravo da ignorisu
njihovu tvorevinu kao protivustavnu i nemoralnu.

I da zakljucimo: protivustavna nasilana secesija, narocito
ona koja ugro?ava medunarodni mir i bezbednost, mora
da se smatra medunaroddnim krivicnim delo,
medunarodnim zlocinom, a krivci moraju odgovarati.

Energicnom osudom secesionizma nicim se ne negira
prirodno pravo zaista potlacenih naroda da se svim
dozvoljenim sredstvima, ukljucujuci i oru?anu borbu, bore i
izbore za svoje oslobodenje od tiranije, od nepriznavanja
osnovnih ljudskih i nacionalnih prava.

http://www.workers.org/ww/2003/yugo0213.php

YUGOSLAVIA
Washington's history of 'regime change'

By John Catalinotto

Iraq is not the first country where Washington has demanded "regime
change."

A collection of related articles in the Jan. 27 Christian Science
Monitor compared U.S. threats of "regime change" by warfare in Iraq
with its successful overthrows of governments in Guatemala, Chile,
Panama, the Dominican Republic and Grenada, and some less successful
attempts, as in Cuba.

To accomplish its goals, Washington has used economic sanctions,
diplomatic pressure, trade embargoes and support for local forces
trying to overthrow the targeted governments. It has also used bombing
and military invasion.

The Monitor articles mention another brutal regime change the United
States carried out, in Yugoslavia. What is significant is that this
establishment newspaper is now exposing some of the lies it and other
media told about Yugoslavia from 1991 to 2000 to demonize the Yugoslav
government and its president, Slobodan Milosevic.

In 1999, only a few tens of thousands of people in this country, about
half of them Serbian immigrants and their families, actively protested
the Pentagon's brutal bombing of the Balkans.

Today, protesters in the hundreds of thousands in the United States,
and millions more across the world, are actively demonstrating,
signing petitions, writing letters and marching in the streets in an
attempt to stop a murderous U.S. aggression against Iraq before it
begins. Probably few are sympathetic to or supporters of the Iraqi
government. But they know that the Bush administration's plan to
invade Iraq has nothing to do with improving the Iraqi government and
everything to do with oil profits and geo-strategic power.

In 1999, however, the media-industry propaganda machine managed to
mislead a large section of progressive public opinion into believing
that the Clinton administration's war in the Balkans had to do with
ending dictatorship and stopping genocide against some of the
non-Serbian peoples of Yugoslavia. It was successful in hiding the
real goal of the United States and Western European big powers:turning
all of Eastern Europe back into a colony of Western imperialism. At
that time, the European imperialists supported the U.S. war.

The Monitor articles give an opportunity to re-examine that period and
to reinforce resistance to future propaganda offensives.

Admits Milosevic no dictator

Four years ago, as the countdown for war against Yugoslavia was on,
the corporate media in the United States and Western Europe depicted
Serbs as beasts and Milosevic as a Hitler. Now, the Monitor admits
that far from being a brutal dictator, "Milosevic never resorted to
dictatorial repression of his political opponents at home.

"Indeed, opposition parties ran all the country's major towns and
cities after municipal elections in December 1996; independent radio
and TV stations managed to broadcast; opposition-leaning dailies and
weeklies published."

The Monitor doesn't add a relevant point here. After a U.S.-backed
coup overthrew Milosevic in October 2000, the so-called Democratic
Opposition of Serbia, which took over, turned out to be not so
democratic. It took over the media that had been favorable toward the
then-ruling Socialist Party of Serbia and its allies, while keeping
control of all the non-government media.

These had been described in the West as an "alternative" media, but in
reality were funded by U.S. and Western European imperialism. The
biggest source of funds was billionaire George Soros's Open Society
Institute. This group opened up shop in Belgrade in 1991, "and over
the next nine years distributed more than $100 million. ... The money
bought newsprint for independent papers, kept publishing houses alive,
and funded the growth of [anti-Milosevic radio station] B-92 as it set
up local stations in towns controlled by the opposition."

The U.S. Congress voted additional funds. U.S. agents pushed the 18
political parties in the DOS to unite for the election. As the Monitor
put it, "U.S. diplomats knocked their heads together until they formed
a cohesive and united coalition" that was a "credible alternative."
They picked Vojoslav Kostunica to run against Milosevic because he was
"reputed to be honest, and sufficiently nationalistic to broaden the
opposition's appeal."

It took nine years of subversion and economic sanctions--and three
months of bombing that targeted Yugoslavia's economic
infrastructure--before the U.S. succeeded in "regime change." During
the first six of those nine years Western European--especially
German--and U.S. imperialism were undermining and tearing apart
Yugoslavia by fostering the breakaway of Croatia, Slovenia and Bosnia,
leading to civil war.

The Monitor now admits that the overthrow of Milosevic in October 2000
"brought to fruition a three-year campaign by the U.S. and other
Western governments to dislodge the Yugoslav leader by strangling his
country's economy with sanctions and rocking it with bombs during the
Kosovo war."
This is an admission that the effort to bring down the Yugoslav
government began at the latest in 1997, before the struggle in Kosovo
that was allegedly the reason for U.S. intervention.

Since the overthrow, two-thirds of Yugoslavs have sunk below the
poverty level. The suicide rate among elderly people has reached new
heights. Health care has become unaffordable for most.

And so few people voted in Serbia's presidential election that it was
voided twice last fall. Kostunica became virtually without power after
outright Western puppets like Serbian Premier Zoran Djindjic took
over.

Role of Milosevic

Some of the recent media attacks on Workers World Party, centering on
its participation in the anti-war movement, charge WWP with being
followers of Milosevic. Yet any serious researcher could find WWP
articles in the early 1990s that raised criticisms of the Milosevic
leadership in Yugoslavia from a socialist perspective.

Once U.S. imperialism and its NATO partners--who are also
rivals--targeted Yugoslavia, and the Yugoslav leadership resisted
having their country turned into a colony, WWP supported Yugoslavia
against NATO. WWP would defend any government's resistance to being
colonized by the imperialists. This is in the best internationalist
traditions of the left, which supported the feudal emperor of
Ethiopia, Haile Selassie, when he led the resistance to an invasion by
the Italian imperialist government in the 1930s.

Since Milosevic was captured in 2001 and kidnapped to The Hague to
stand "trial" in a NATO court for alleged war crimes, he has conducted
a political defense, with very little outside support, that has
skillfully bared the intrigues of the imperialists to dismember his
country.
Washington meant the farce in The Hague to be a show trial, but the
former Yugoslav president has effectively turned it into an exposure
of U.S./NATO war crimes against Yugoslavia.

That's why it gets so little media coverage here--and why Milosevic
has earned the respect of working-class activists worldwide.


The writer is co-editor of a book about the 1999 war on Yugoslavia
entitled "Hidden Agenda: the U.S.-NATO Takeover of Yugoslavia,"
published by the International Action Center in 2002.

- END -

Reprinted from the Feb. 13, 2003, issue of Workers World newspaper

(Copyright Workers World Service: Everyone is permitted to copy and
distribute verbatim copies of this document, but changing it is not
allowed. For more information contact Workers World, 55 W. 17 St., NY,
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I Cattolici evangelizzano il Kosmet. Con l'arma in pugno

"Scacciati i cattivi "fratelli separati" ortodossi (serbi), avanti per
Cristo.
Come in Croazia.
Con i soldi nostri, anche quelli degli atei."
F.R. (Roma)

1. Gli uomini della Sassari costruiscono una chiesa (9/2/2003)

2. KOSOVO: SERBIA DENUNCIA, DISTRUTTO UN TERZO PATRIMONIO ARTE
(21/1/2003)
3. KOSOVO: GOVERNO ALBANESE VUOLE DEMOLIRE CATTEDRALE SERBA
(21/1/2003)
4. CONTINUA LA DEVASTAZIONE DEI CIMITERI ORTODOSSI (29/11/2002)
5. Generale Mini chiarisce che la KFOR non intende proteggere tutte le
chiese ortodosse (21/11/2002)

6. LINK IMPORTANTI per documentazione ulteriore


=== 1 ===

da: La Nuova Sardegna - 9 febbraio 2003

Gli uomini della Sassari costruiscono una chiesa

ROMA. A Jakovica, nel Kosovo occidentale, il quartier generale della
task force Falco, l'unità operativa italiana che dal '99 sotto
bandiera Kfor controlla la parte centrale della brigata italo-tedesca,
ha da ieri una chiesa cattolica interamente costruita dai nostri
militari. L'edificio, in legno e muratura, opera degli uomini del 152º
reggimento della Sassari guidati dal colonnello Giorgio Scarchilli, è
stata consacrata dall'ordinario militare monsignor Giuseppe Mani,
spiega Andrea Angeli, portavoce della missione Onu in Kosovo.
È dedicata alla Sacra Famiglia, e alla cerimonia religiosa è
intervenuto il generale Alberto Ficucciello, comandante delle forze
terrestri, accompagnato dalla consorte Berta per simboleggiare
idealmente tutte le famiglie dei soldati italiani impegnati
all'estero.
Presenti anche il generale tedesco Marcus Bentler, il vice colonnello
degli alpini Franco Primicery e il rappresentante diplomatico italiano
in Kosovo Pasquale Salzano.
Durante l'imponente cerimonia, alla quale hanno preso parte alcune
centinaia di militari dell'esercito e dell'aeronautica oltre che a
decine di carabinieri, poliziotti e finanzieri integrati nella polizia
dell'Onu, hanno ricevuto la cresima 15 dei presenti, soldati e civili.
La chiesa è stata costruita in meno di due mesi. I lavori sono stati
seguiti dal cappellano del contingente sardo padre Mariano Asunis,
presente nei Balcani con le forze Nato dal '96.
La croce della chiesa e' stata donata dalla famiglia leccese di
Stefano Rugge, il capitano dei guastatori morto in un incidente
saltando su una mina in Macedonia nel 2002. La Sacra Famiglia di
Jacovika è il secondo luogo di culto edificato dai militari italiani
nei Balcani. Lo scorso giugno lo stesso frate francescano aveva
consacrato la chiesa di San Pio da Pietralcina alla base militare
italiana all'aeroporto di Skopje.

=== 2 ===

KOSOVO: SERBIA DENUNCIA, DISTRUTTO UN TERZO PATRIMONIO ARTE

(ANSA) - BELGRADO, 21 GEN - Un terzo del patrimonio culturale ksovaro,
per lo piu' quello legato alla cultura ortodossa serba, e' stato
distrutto o danneggiato dopo la fine del conflitto nella provincia,
denuncia il Centro serbo di coordinamento per il Kosovo in una
dichiarazione pubblicata dal quotidiano belgradese 'Blic'. Stando ai
dati del centro, dei 179 monumenti serbi e serbo- ortodossi dell'area,
alcuni risalenti all'alto medio evo, almeno 52 sono stati rasi al
suolo fra l'estate del 1999 -dopo l'esodo delle forze jugoslave e il
rientro dei profughi albanesi- e il maggio del 2001. Sono stati anche
distrutti tre dei 78 monumenti turchi e due dei 38 monumenti albanesi
censiti nella provincia. Il documento sottolinea come il vandalismo
abbia colpito non solo gli edifici storici, ma ''oltre la meta' delle
chiese ortodosse nelle quali si celebrava messa o che erano in
costruzione''. Il fenomeno, a parere degli estensori della
dichiarazione, dimostra come ''il carattere di queste violenze sia non
solo etnico, ma religioso''. Il Centro ha chiesto all'amministrazione
dell'Onu per il Kosovo (Unmik) e alle forze internazionali (Kfor) di
adottare misure di protezione coordinate, piu' che ricorrere a
interventi tampone. Ha poi invitato l'Unesco, l'organizzazione delle
Nazioni unite per la protezione del patrimonio culturale mondiale, a
fornire aiuto tecnico per la ricostruzione e il restauro dei beni
distrutti o danneggiati. (ANSA). OT 21/01/2003 13:55
http://www.ansa.it/balcani/kosovo/20030121135532448231.html

=== 3 ===

KOSOVO: GOVERNO ALBANESE VUOLE DEMOLIRE CATTEDRALE SERBA

(ANSA) - PRISTINA, 21 GEN - Il Ministero dell'Istruzione del governo
del Kosovo ha chiesto che venga demolita la cattedrale ortodossa
dedicata a ''Cristo salvatore'' che sorge nel centro di Pristina e la
cui costruzione, iniziata nel 1991, e' ferma dall'inizio della guerra
(1999). In una dichiarazione diffusa a Gracanica, il vescovo
serbo-ortodosso Artemje ha condannato con sdegno quello che ha
definito ''un esempio senza precedenti di violenza istituzionale
contro il popolo serbo''. ''Le nuove istituzioni del Kosovo -prosegue
il capo della chiesa serba locale- vogliono proseguire la campagna
contro i nostri luoghi di culto gia' intrapresa dagli estremisti
albanesi usando la copertura della legge e della democrazia, mentre la
barbara distruzione di quel che rimane delle chiese serbo-ortodosse
sta continuando sotto gli occhi del mondo democratico''. Secondo la
stampa del Kosovo, il governo avrebbe chiesto la demolizione della
cattedrale, che ha subito negli ultimi anni ripetuti attentati
dinamitardi, affermando che la costruzione e' cominciata senza
permesso su un terreno appartenente al vicino Campus universitario.
Sulla vicenda e' intervenuta anche la missione delle Nazioni Unite che
amministra il Kosovo (Unmik), il cui portavoce, Andrea Angeli, ha
detto all'Ansa che la stessa Unmik non permettera' che la chiesa venga
distrutta. Secondo la diocesi serbo-ortodossa, dall'arrivo della Nato
in Kosovo sono state gia' distrutte o danneggiate con attentati 110
chiese. (ANSA). BLL 21/01/2003 18:01
http://www.ansa.it/balcani/kosovo/20030121180132448754.html

KOSOVO AUTHORITIES ANNOUNCE DEMOLITION OF CHURCH IN PRISTINA

PRISTINA, Jan. 20 (Beta) - The Kosovo Education Ministry and the
Pristina local authorities have announced the possible demolition of a
partly constructed Orthodox Christian Church dedicated to Christ the
Savior in downtown Pristina. On Jan. 20, the Albanian press in Kosovo
quoted the education ministry and the Pristina local authorities'
explanation as being that the church was built on land belonging to
Pristina University and that the builders had no building permit for
this church.

SERBIAN ORTHODOX CHURCH: WE HAVE PROPER DOCUMENTATION

PRISTINA, Jan. 20 (Beta) - Raska and Prizren Bishop Artemije announced
on Jan. 20, that the Serbian Orthodox Church possessed the necessary
and proper documentation for the construction of the Church dedicated
to Christ the Savior in downtown Pristina. He described as absolutely
unacceptable claims that the church was built "on land belonging to
Pristina University." Bishop Artemije also said that if the Pristina
local authorities allowed the demolition of the Orthodox Christian
church, it would "be the clearest message to the Serb people that the
Albanian authorities want an ethnically pure, Muslim Kosovo." "Now,
the new Kosovo institutions have publicly taken over the campaign from
extremist groups of destroying Orthodox Christian churches.
The barbaric vandalization of Orthodox Christian churches is
continuing in alleged democracy and law, right before the very eyes of
the democratic world," Bishop Artemije said. He added that the church
dedicated to Christ the Savior existed in Pristina in the 14th
century, but was destroyed by the Turks, who then built the Pirinez
Mosque at the same place. Bishop Artemije went on to say that the
Pristina Serbs had long intended to reconstruct the ancient shrine on
another site, but the former communist authorities had refused to
issue permission. A building permit was finally obtained in the early
nineties.

=== 4 ===

CONTINUA LA DEVASTAZIONE DEI CIMITERI ORTODOSSI

ORTHODOX CEMETERY IN DECANI DESECRATED AGAIN
GRACANICA, Nov 29 (Tanjug) - Unknown perpetrators have once
again desecrated the Serb orthodox cemetery close to the Visoki
Decani Monastery, the Serbian Orthodox Church press service announced
on Friday. During a visit to the cemetery on Thursday, the Decani
monks, escorted by the Italian KFOR troops, found desecrated graves
and trees which were cut down. The cemetery has been razed and
almost
all monuments smashed.
The Decani orthodox cemetery is about one kilometer away from the
monastery and only some 100 metres from the Italian checkpoint and
KFOR base. "The Bishopric of Raska and Prizren regretfully notes
the continuation of the desecration of orthodox cemeteries in
Kosovo-Metohija and the fact that no-one is capable of stopping these
barbaric acts which threaten to erase the last vestiges of the Serb
nation in this region," a statement said.

+++ ALBANER SCHÄNDEN CHRISTLICHEN FRIEDHOF
DECANI. Zum wiederholten Male haben Albaner den
christlich-orthodoxen Friedhof in Decani
geschändet und verwüstet. Wie der
Informationsdienst der Serbischen Orthodoxen
Kirche berichtet, besuchten Mönche des Klosters
Visoki Decani vorgestern unter Bewachung
italienischer KFOR-Soldaten den Friedhof. Auf dem
Friedhof ist praktisch jedes Grabmal zerstört und
die gesamte Anlage völlig verwüstet. STIMME
KOSOVOS +++
Balkan-Telegramm, 30. November 2002 - http://www.amselfeld.com

=== 5 ===

Generale Mini chiarisce che la KFOR non intende proteggere tutte le
chiese ortodosse

<<Lunedì da Pristina è arrivata una nota del comando Kfor-Nato diffusa
proprio nel giorno dell'arrivo di Kofi Annan, segretario Onu. Nella
nota - emessa dopo la distruzione con attentati al tritolo di
due chiese ortodosse che non avevano protezione militare - si
giustificava la disattenzione dei militari atlantici annunciando anzi
che la Kfor-Nato in Kosovo d'ora in poi proteggerà solo «siti
religiosi d'importanza storico-artistica e attivi al culto», perché
«quelle chiese erano da tempo abbandonate e non avevano rilevanza
artistica, una era stata costruita nel 1940 e l'altra nel 1997 e non
contenevano arredi di alcun genere».
Essendo la Kfor-Nato in Kosovo comandata dal generale italiano Fabio
Mini, l'incredibile «nota» non può che essere sua. Ed è vergognoso. >>
(da: "Un Mini-generale da icona", di T. Di Francesco. "Il Manifesto"
del 21/11/2002)


=== 6 ===

LINK IMPORTANTI per documentazione ulteriore:

Genocide or a ''Multi-Ethnic Society''?
The Systematic Destruction of Orthodox Christian Churches and
Cemeteries in Kosovo-Metohija and Macedonia (by Carl Savich)
http://www.serbianna.com/columns/savich/037.shtml

WAR AGAINST THE DEAD
Systematic Post-war Desecration of Serb Orthodox Cemeteries
by Kosovo Albanian Extremists and Vandals
http://www.decani.yunet.com/wad.html

Bishop Artemije: New Kosovo institutions now taking over the campaign
of destroying Serb Orthodox heritage
http://www.kosovo.com/default4.html

www.resistenze.org - popoli resistenti - macedonia - 08-02-03


APPELLO dalla Macedonia


La popolazione macedone, profuga di Arachinovo, chiede aiuto

Noi, popolazione macedone profuga del villaggio di Arachinovo,
vogliamo fare un appello al lettore, in qualità di membri della
nostra associazione "ZORA".
Il 6 giugno del 2001, noi siamo stati espulsi violentemente dal
nostro villaggio, e oggi viviamo ancora in convitti scolastici
nella capitale macedone di Skopje. Per dieci anni abbiamo
vissuto sotto le pressioni degli albanesi, che toccarono il culmine
con l'espulsione della nostra popolazione dal proprio villaggio.
Durante l'ultimo bombardamento di Arachinovo, a giugno,
quando fonti, molto attendibili, rilevarono che molti degli istituti
governativi mondiali si erano compromessi, noi, gente comune,
perdemmo le nostre case, tutto ciò che possedevamo, la nostra
pace e la nostra dignità.

Durante gli scorsi 16 mesi, il vandalismo nel villaggio non si è
fermato. A dispetto delle pattuglie di polizia, formate
congiuntamente da Macedoni e Albanesi, le abitazioni
Macedoni, sono ancora un obiettivo permanente degli atti di
violenza. Anche porte, finestre, linee telefoniche e ogni cosa che
all'inizio fu lasciata intatta, sono state rubate dalle abitazioni.
Sono state collocate bombe nelle abitazioni e, il 10 febbraio del
2002, un Macedone di Arachinovo è morto per via di una
bomba messa nella casa del fratello. Negli ultimi mesi cinque
case macedoni sono state incendiate e distrutte. Uno dei pochi
anziani che hanno deciso di tornare al villaggio è stato derubato
dei suoi attrezzi agricoli e delle sue vacche. Un membro delle
truppe di polizia ha chiaramente affermato che tornare ad
Arachinovo è pericoloso per loro, così come per tutti coloro, che
oserebbero dire al mondo tutta la verità sulla strage.
Sebbene a noi non si presta troppo ascolto, poiché gli albanesi
hanno una lobby internazionale molto forte, la verità sta
venendo a galla, sia sulla carta stampata che sui media
elettronici, e vi sono segnali che l'opinione pubblica
internazionale sia orientata a modificare il suo giudizio finale
sulle violenze e gli scontri in Kossovo e Macedonia. Ciò vuole
dire che sarà finalmente provato che dietro tutte le lamentele
degli albanesi sui diritti umani si nasconde ben altro - la
conquista di territori.
Se gli albanesi non fanno uso della guerra per ottenere
espansione territoriale, allora fanno uso dell'incremento
demografico. Ogni anno ad Arachinovo vi sono fra le 600 e le
800 nuove nascite, di queste solo fra le 6 e le 8 sono di bambini
macedoni.

Risolvere la nostra situazione sociale è il problema che stiamo
affrontando noi, popolo profugo di Arachinovo, insieme a quelli
delle altre regioni colpite dalle crisi degli ultimi anni. Anche se
abbiamo richiesto che ci fosse garantita una nuova sistemazione
(progetto per alloggiamenti provvisori), fino a che le tensioni
non fossero cessate, per via delle pressioni della comunità
internazionale alloggiamenti permanenti non verranno costruiti,
in quanto si pensa che agevolerebbero la pulizia etnica. Così, da
una parte la Grecia fa pressione perché vengano ricostruite le
case in quanto parte di una "Prospettiva Europea", dall'altra il
nostro stato non è in grado di garantirci sicurezza.

Riconosciamo che siamo in una situazione disperata e che
siamo anche incompresi da quei macedoni, che non sono della
regione colpita dalla crisi. Alcuni dei nostri concittadini
macedoni si aspettano che noi torniamo ad Arachinovo, dove
dovremmo fornire protezione per la vicina Skopje. Considerando
che un'area particolarmente estesa della Macedonia è ancora
sotto l'occupazione militare degli estremisti albanesi, questa
regione sarà insicura per qualche tempo. Comunque, dato che i
giochi olimpici si terranno fra due anni ad Atene, non c'è da
sorprendersi che la Grecia non sia disponibile a finanziare la
ricostruzione delle nostre case.
I bambini macedoni di Arachinovo non hanno avuto la
possibilità di vivere liberi ne di godere della protezione della
polizia per molti anni, e ora, noi genitori, dopo avere superato i
traumi e le sofferenze della guerra, non abbiamo alcuna
intenzione di riportare i nostri figli al villaggio. Non vogliamo
che loro vi ritornino, soprattutto dopo che loro hanno visto le
case dove sono cresciuti andare in cenere. Noi genitori sappiamo
anche che almeno un albanese, per ogni abitazione albanese di
Arachinovo, è andato a unirsi ai terroristi kossovari durante il
conflitto dell'ultimo anno.

Molto spesso i giovani pensano di lasciare la Macedonia, poiché
lo Stato non ci fornisce alloggi fuori da Arachinovo. Noi
chiediamo che voi ci aiutiate moralmente e finanziariamente,
per uscire fuori da questa crisi. Noi apprezzeremo moltissimo
ogni tipo d'assistenza ed anche il vostro aiuto nel dire al mondo
l'unica verità, cioè che noi Macedoni siamo stati espulsi, le
nostre case distrutte, bruciate e svaligiate. E tutto ciò sta
avvenendo mentre falsi racconti, di Albanesi privati dei loro
diritti e torturati, vengono diffusi per il mondo. Grazie alla loro
esplosione demografica e a bugie, gli Albanesi hanno creato con
successo l'idea fraudolenta di un martirio.
A quanto pare, l'Europa ed il resto del mondo ci stanno
relegando, come qualcosa da accantonare. Noi speriamo
finalmente di essere compresi. Noi attendiamo con ansia il
vostro aiuto, e saremo contentissimi di esprimere la nostra
gratitudine per l'opportunità dataci di esprimere noi stessi.

Cordiali saluti

La popolazione profuga di Arachinovo

A cura dell'Associazione "SOS Yugoslavia" - Torino

http://www.resistenze.org/sito/te/po/ma/poma3b08.htm