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“MAGAZZINO 18”, DEPOSITO DI VECCHI ARNESI

L'operazione che vede da anni i più efficaci e pervasivi media impegnati a veicolare attraverso gli strumenti di divulgazione più popolari ai cittadini italiani la “verità” su quanto avvenuto al confine orientale dopo l'8 settembre e dopo la fine della guerra continua e non pare destinata a fermarsi.

Dopo la versione più estrema e volta a rivalutare scopertamente fascismo e fascisti, rappresentata dalla fiction “Il cuore nel pozzo”, piena di invenzioni ispirate allo sterminio nazista, di stereotipi e luoghi comuni di tipo razzista, di strafalcioni storici e di fascisti repubblichini salvatori degli italiani, con cui l'operazione è stata avviata nel 2004, e dopo che è stato fatto calare un pietoso e provvidenziale silenzio sul preannunciato e mai realizzato film sulle foibe “con ben 13 oscar nel cast” (parlarne avrebbe fatto coprire di ridicolo, se non peggio, un certo mondo delle organizzazioni degli esuli), ora ci ritroviamo con lo spettacolo teatrale – prontamente trasmesso dalla TV di stato - “Magazzino 18”, che è la versione buonista e cerchiobottista della stessa operazione.

Quello di Cristicchi in realtà non è uno spettacolo sull'esodo e le sofferenze di chi lasciò l'Istria e la Dalmazia, ma uno spettacolo che ripropone pari pari le interpretazioni di quanto avvenuto proposte dalle organizzazioni degli esuli: l'unica ed esclusiva ragione dell'emigrazione di massa è stata quella di “rimanere italiani”, espulsi dalle nuove autorità jugoslave per realizzare una fantomatica “Grande Jugoslavia”, una fuga di tutto un popolo di fronte al terrore di venire uccisi e “infoibati”. Una interpretazione che ha l'unica funzione di legittimare la dirigenza delle organizzazioni degli esuli come rappresentante di un popolo (tendenzialmente di TUTTO il popolo “autoctono” dell'Istria). Con una sola chiave di lettura della storia di quelle terre, quella nazionale, che collide però con una realtà storica piena di scelte nazionalmente contraddittorie e in cui un ruolo spesso egemone lo giocò il movimento socialista (e poi comunista) di orientamento profondamente antinazionalista, nelle cui file militavano appartenenti a tutte le nazionalità presenti nella regione. Questo chiave di lettura nazionalista della storia presuppone una controparte “nazionale” che la accetti e faccia propria, anche se da un punto di vista opposto. La fugace citazione dei crimini fascisti e la lettura di un brano in sloveno riguardante il campo di Rab sono una concessione necessaria a non screditare completamente la controparte nazionale slovena, e in particolare gli esponenti della minoranza slovena in Italia impegnati a sostenere l'operazione (lo spettacolo di Cristicchi è stata la prima produzione del Teatro Rossetti di Trieste dopo la nomina a presidente dell'ex parlamentare e sottosegretario PD, lo sloveno Miloš Budin). Si tratta di un gioco delle parti in cui le due interpretazioni e “rappresentanze” nazionali si legittimano a vicenda, escludendo (e criminalizzando) preventivamente qualsiasi prospettiva sovra o internazionale.

Se Cristicchi voleva fare uno spettacolo sull'esodo avrebbe potuto farlo di ben altro spessore, doveva però uscire dal racconto canonizzato. Avrebbe potuto tranquillamente parlare delle violenze che segnarono l'Istria del dopoguerra (magari dando un quadro più ampio e di più lungo periodo dello scontro nazionale, ma anche sociale) e delle loro cause. Avrebbe però dovuto parlare anche della campagna volta a far partire la gente messa in atto proprio dalle organizzazioni degli esuli. Avrebbe dovuto parlare di come non tutti i profughi fossero particolarmente “patriottici” e di come non tutti al loro arrivo in Italia fossero ritenuti egualmente degni di aiuto e assistenza. Di come si tentò di usarli per scatenare la guerra tra poveri sfruttando il loro bisogno di lavorare per utilizzarli come crumiri durante gli scioperi; di come vennero usati per perpetuare la politica di discriminazione nei confronti degli sloveni e perpetuare lo sciovinismo nazionale; dei loro averi rapinati da chi avrebbe dovuto trasportarli nei magazzini del porto di Trieste e altrove; degli scandali legati alla gestione delle risorse loro destinate (ad esempio quelli che riguardarono l'Ente autonomo giuliano in Sardegna e l'Azienda ittico agricola demaniale del Timavo); del controllo poliziesco e delle organizzazioni degli esuli a cui erano sottoposti; dei borghi-ghetto in cui vennero sistemati per tenerli distinti ed estranei a popolazioni ritenute politicamente inaffidabili e pericolose; dei bambini morti per le epidemie scoppiate nei campi in cui erano stati sistemati. Come pure delle proteste che si verificarono. E di tante altre cose ancora. Per farlo avrebbe però dovuto leggere e sentire altre fonti rispetto a quanto raccontano la dirigenza degli esuli, i testimoni interni al mondo delle organizzazioni degli esuli o gli “storici” alla Bernas. Partendo magari da “Storia di un esodo” (del 1980!), passando per “Esuli a Trieste”, “Metamorfosi etniche” e “La memoria dell'esilio”, per i libri di memorie di Vinicio Scomersich “Prima dell'esodo” e “Da Tito a Togliatti”, fino a testi editi dall'IRCI diretto dal suo amicone Delbello, come “Un paese perfetto” di Gloria Nemec. Il quadro si sarebbe certamente complicato, ma forse sarebbe risultato più interessante e vero. Consentendogli di raccontare anche dei gerarchi e gerarchetti fascisti riciclatisi prontamente in rappresentanti dei profughi, anzi, del “popolo istriano, fiumano e dalmata”, e che continuarono a opprimere i loro “rappresentati” come avevano fatto durante tutto il ventennio fascista. Di come gente che coll'esodo aveva nulla o poco a che fare seppe costruirsi una carriera e una posizione di tutto rilievo quali rappresentanti dei profughi. Avrebbe potuto venire a sapere cosa pensassero dell'esodo e delle organizzazioni degli esuli altri profughi DOC, ad esempio Guido Miglia e Riccardo Zanella. Forse si sarebbe accorto che se i comunisti ebbero un atteggiamento del tutto sbagliato in alcuni episodi, non è possibile addebitare a loro, che in Italia erano ben lontani dal potere, la responsabilità della permanenza anche pluridecennale dei profughi nei campi, che ricade invece interamente sulla Democrazia cristiana e sulla dirigenza delle organizzazioni degli esuli, che li costrinsero a ciò per poterli utilizzare per i loro progetti di “bonifica nazionale” o politica di determinati territori e per sfruttarne il disagio a fini clientelari.

Cristicchi avrebbe dovuto chiedersi cosa significasse concretamente in quel momento l'”italianità”, un concetto dal significato tutt'altro che scontato ed univoco. Avrebbe potuto scoprire che per il ceto dominante italiano di allora e per quello dirigente delle organizzazioni dei profughi ancora oggi italianità significa diritto esclusivo al potere politico, al dominio sociale. Avrebbe potuto scoprire che dietro al loro richiamarsi alla discendenza da romani e veneziani si celava la pretesa di essere il popolo eletto, l'unico portatore di civiltà e in quanto tale l'unico legittimato al potere. Magari poteva perfino giungere alla conclusione che buona parte di coloro che se ne andarono non lo fecero “perché non si può vivere senza essere italiani”, anche per il semplice fatto che si trattava di sloveni e croati.

Invece ha deciso di attenersi a quanto gli veniva propinato dalle organizzazioni dei profughi infarcendo lo spettacolo di luoghi comuni, stereotipi, baggianate, errori, forzature e inesattezze, il tutto condito da pressapochismo e supponenza. Che emerge già nella definizione dello stesso protagonista, Persichetti, che di professione farebbe l'archivista. Evidentemente Cristicchi non sa che gli archivisti non si occupano di oggetti (se non in via eccezionale), ma di carte, di documenti. Come non sa che per fare l'archivista ci vuole uno specifico diploma, non basta saper contare e fare elenchi di “robba”. Evidentemente ha le idee confuse, eppure poteva chiedere al suo amico Delbello, laureato in etnografia, e avrebbe saputo che forse per quel tipo di lavoro sarebbe stato più adatto un antropologo o, appunto, un etnografo. Ma è solo l'inizio di una lunga serie di “errori”, omissioni, mistificazioni e forzature che nessuna “licenza artistica” può giustificare e di cui citerò solo gli esempi più eclatanti.

Con tutto il rispetto per quanto hanno passato gran parte dei profughi istriani e dalmati affermare che il loro esodo sia stato “una delle più grandi tragedie vissute dall'Italia” apre la questione di dove collocarla esattamente in una ipotetica classifica di tragedie: prima o dopo la prima guerra mondiale, prima o dopo il fascismo (con l'esodo di circa 100.000 abitanti delle Venezia Giulia annessa), prima o dopo l'esodo di italiani dalle ex colonie africane (numericamente molto più rilevante di quello istriano e dalmata)? Viene anche da chiedersi se in questa classifica vanno inserite solo le tragedie che hanno coinvolto gli italiani come vittime o anche quelle che hanno visto gli italiani nel ruolo di carnefici, come nel caso dei popoli coloniali?

- Per dire che “70 anni fa quelle regioni erano Italia” ci vogliono fonti alla ... Bernas. Perché qualsiasi storico con un minimo di serietà sa che 70 anni fa quelle regioni non erano affatto Italia, nemmeno nella sua versione Repubblica Sociale Italiana, perché dall'ottobre del 1943 erano invece Zona d'operazioni Litorale Adriatico, un territorio anche formalmente separato dalla repubblica di Mussolini e gestito e amministrato da un supremo commissario nazista. Se poi vogliamo proprio fare questo genere di conti possiamo anche dire che quelle regioni furono parte dell'Impero Austro Ungarico per almeno cent'anni (Trieste lo fu dal 1382, quando si “diede” agli Asburgo per evitare di finire nelle grinfie di Venezia!) prima di far parte per circa 20 anni dello stato italiano.

- La citazione della canzone asseritamente tradizionale (“anche le pietre parlano italiano”) denota il tipo di preferenze musicali nutrite dai suggeritori e consulenti di Cristicchi, visto che non si tratta affatto di una parte del testo di una canzone tradizionale, ma di una canzone del gruppo fascio-rock “Hobbit”! Quanto alla lingua delle pietre se ci basassimo su quella lo stato italiano può tornare alla rivendicazione di Nizza, Savoia, Malta e Corsica (dove peraltro una lingua di radice più o meno italiana lo parlano anche le persone), ma anche oltre – che dire del Vallo di Adriano in Britannia, di Leptis Magna in Libia?

- Il movimento irredentista era estremamente minoritario nello stesso schieramento nazionale italiano in Austria. Cristicchi forse non sa che i triestini dimostrarono concretamente il loro “amore” per l'Italia al momento della sua entrata in guerra nel maggio del 1915, quando una folla composta in gran parte da italofoni assaltò e distrusse i simboli del partito filoitaliano, a partire dal quotidiano “Il Piccolo”.

- Dopo la prima guerra mondiale Fiume non fu affatto »ricongiunta all'Italia«, semplicemente perché non ne aveva mai fatto parte prima del 1924! Nel 1920 il Trattato di Rapallo stabilì che Fiume sarebbe divenuta uno stato indipendente e alle successive elezioni il partito autonomista prese il doppio dei voti del blocco di partiti, guidato dai fascisti, che volevano l'annessione all'Italia. Che avvenne solo nel 1924 e dopo che nel 1922 un vero e proprio colpo di stato fascista costrinse all'esilio il presidente autonomista dello Stato libero di Fiume, Riccardo Zanella.

- La storia di queste terre non è solo e non principalmente quella di una sorta di »opposti estremismi« nazionali, non solo perché spesso, come già detto, egemoni erano i socialisti, ma anche perché esisteva una forte asimmetria, visto che il nazionalismo italiano dal 1918 in poi potè (e può, come dimostra anche la vicenda dello spettacolo di Cristicchi) contare sull'appoggio attivo dell'apparato civile e militare dello stato italiano.

- La snazionalizzazione di sloveni e croati non ebbe inizio con il fascismo, ma immediatamente dopo l'arrivo delle truppe italiane nella regione. Andrebbe forse aggiunto che l'atteggiamento delle autorità italiane verso la regione annessa fu di tipo coloniale, contraddistinto da una assoluta sfiducia negli indigeni (tutti!) ritenuti inaffidabili per motivi nazionali e/o sociali. Il fascismo, figlio del tutto legittimo dell'Italia liberale, cercherà di portare a compimento l'operazione di “bonifica nazionale” e di “normalizzazione” della regione che verrà continuata dopo la guerra dalla Repubblica “nata dalla Resistenza”.

- “Il fascismo mostra il suo lato peggiore....” è un po troppo generico. Perché non dire che le persone in carne ed ossa che mettevano in pratica tale »lato peggiore« erano in gran parte “indigeni”, come i vari Cobolli Gigli, Coceani, il senatore Gigante e tanti altri, molti dei quali si riciclarono prontamente in dirigenti delle organizzazioni degli esuli e che sono ancora oggi venerati da quelle stesse organizzazioni come luminosi esempi di patriottismo.

- L'equazione italiano = fascista non era così diffusa e scontata, tanto che anche le organizzazioni nazional-rivoluzionarie slovene, come la Borba, seppero distinguere tra fascismo e italiani e strinsero addirittura accordi di collaborazione con gli antifascisti italiani espatriati. Se tale equazione fosse stata così generale e diffusa come si può spiegare poi che numerosissimi sloveni accettarono di militare in un partito italiano e composto in stragrande maggioranza da italiani, come il PCI ?

- Che dopo l'8 settembre il peggio dovesse ancora venire è vero (anche se quanto accaduto prima non fu uno scherzo e pose le premesse del dopo), ma grazie ai nazisti e ai loro collaboratori sloveni, italiani, croati e di altre nazionalità. La popolazione italiana non si trovò affatto “senza difese”, ma partecipò attivamente al »ribaltone«! I “nemici del popolo” non vennero arrestati (e spesso giustiziati) solo dai “partigiani slavi”, ma anche da quelli italiani!

- Citare il fatto che tra gli “infoibati” ci furono anche comunisti per dimostrare che la repressione si abbatté sugli italiani indiscriminatamente è un argomento classico dell'armamentario delle organizzazioni degli esuli, anche se non supportato da nessun esempio concreto. È però indubbiamente vero che durante la guerra vennero liquidati molti comunisti, ma accadde in Istria come in Italia, Slovenia, Francia e altrove. Accadde però per motivi disciplinari o di tradimento, non di appartenenza nazionale. Che poi tra gli “infoibati” ci fossero anche persone che non c'entravano nulla è indubbiamente vero, ma se non si quantifica il loro numero e non si accerta in quali circostanze furono uccisi e da chi, non si può sostenere che si trattò del progetto di eliminare gli italiani in quanto tali.

- Cose c'è di così scandaloso se la Jugoslavia voleva il confine all'Isonzo? Per un certo periodo fu il confine sostenuto da Mazzini!

- “Occupazione jugoslava” - anche nel resto d'Italia per qualcuno la fine della guerra fu una occupazione da parte delle truppe delle “Potenze alleate ed associate” (tra le quali c'era anche la Jugoslavia con Tito capo del governo): lo fu per i fascisti! E poi, visto che nelle file dell'Esercito popolare di liberazione jugoslavo c'erano parecchi “indigeni” dei territori “occupati” siamo forse di fronte al primo caso nella storia di gente che “occupa” casa sua? - Quanto al racconto dell'uccisione della Cossetto, se dicerie, testimonianze mutanti e mutevoli, voci, fossero state utilizzate per avvalorare racconti riguardanti lo sterminio nazista i primi a impegnarsi a smontarne la credibilità sarebbero stati i ricercatori seri (come avvenuto per le affermazioni sul fatto che i nazisti producessero sapone con il grasso delle loro vittime).

- “Nomi e cognomi di infoibati nero su bianco” - gli elenchi di cui parla comprendono anche ad esempio Antonio Ruffini e Renato Castiglione Morelli, dati per infoibati dagli slavi (Ruffini è anche nell'elenco di coloro alla cui memoria la speciale commissione dello Stato ha attribuito un riconoscimento come infoibato) ma di cui è accertato che sono morti da partigiani, massacrati dai nazifascisti?

- “Non si saprà mai quanta gente è sparita”. Ma come è possibile affermarlo mentre si sostiene che fu proprio il fatto che ad essere infoibate furono tantissime persone a spingere la gente ad andarsene per non fare la stessa fine?

- Strage di Vergarolla – La strage avvenne nel momento in cui era ormai noto sia all'Italia che alla Jugoslavia che la città sarebbe stata assegnata alla Jugoslavia. In tale situazione la Jugoslavia non aveva alcun interesse a inimicarsi l'opinione pubblica mondiale, ne con una strage ne con una partenza di massa della popolazione. A sostenere che siano stati gli jugoslavi a causare la strage furono i servizi segreti italiani e tutto lo schieramento filoitaliano di Pola guidato dal locale CLN. Erano peraltro proprio essi ad avere il maggiore interesse ad attribuire agli jugoslavi la strage per screditarli di fronte all'opinione pubblica mondiale. Ma essa era funzionale anche a “convincere” a partire il maggior numero possibile di abitanti di Pola quale presupposto per poter contestare le scelte della Conferenza di Pace nella prospettiva di una revisione dei confini (CLN di Pola al suo arrivo in Italia cambiò nome in Movimento istriano revisionista). I dati di fatto sono che non si conosce nemmeno il tipo e la quantità degli ordigni (e dell'esplosivo) che deflagrarono e che le autorità Anglo – Americane accettarono di indennizzare le vittime, ammettendo così implicitamente le proprie responsabilità per l'accaduto.

- L'esodo non era affatto l'unica via, tanto che alcuni tra gli stessi esponenti delle organizzazioni degli esuli (per non parlare dei singoli profughi, alcuni dei quali tornarono anche indietro) a partire dagli anni '60 hanno iniziato a porsi anche pubblicamente la domanda se l'esodo fosse stata la scelta giusta (ad esempio il già citato Guido Miglia).

- Che l'esodo da Pola sia avvenuto senza “un gesto scomposto” si può dirlo solo “dimenticando” l'uccisione, proprio il 10 febbraio del 1947, del generale britannico Robert De Winton da parte della “passionaria fascista” e funzionaria del CLN di Pola e del CLN dell'Istria Maria Pasquinelli.

- Il “terrore di parlare italiano” risulta strano in una situazione in cui gli impiegati pubblici rimasero a lungo quelli dell'epoca fascista, in cui le scuole italiane continuarono ad operare indisturbate e in cui l'italiano era una delle lingue ufficiali della regione.

- I rimasti dovettero confrontarsi con una “lingua sconosciuta” ... che in realtà erano due – sloveno e croato. Ma d'altra parte come pretendere che Cristicchi sappia distinguere tra “tribù più o meno abbaianti lingue incomprensibili“, come ben si espresse in proposito un personaggio tuttora molto apprezzato negli ambienti delle organizzazioni degli esuli, Mussolini? E come potevano degli appartenenti a una civiltà superiore (anzi, l'unica civiltà presente in quelle terre) abbassarsi a impararle, anche se erano presenti in quei posti da qualche centinaio d'anni? Dio mio, che onta, imparare la lingua degli “s'ciavi” (schiavi), come venivano (e in certi ambienti vengono tuttora) chiamati simpaticamente sloveni e croati! Anche se poi, in fondo in fondo, molti delle persone partite “perché non si può vivere senza essere italiani” almeno una delle due, magari nella sua forma dialettale, la conoscevano molto bene.

- Goli otok è una vicenda tutta interna al movimento comunista e non ha nulla a che fare con questioni nazionali. Tanto meno hanno diritto a parlarne i dirigenti delle organizzazioni degli esuli, che sui loro giornali riservarono apposite rubriche per additare al pubblico disprezzo gli “stalinisti” istriani trasferitisi in Italia dopo il 1948, ai quali negarono anche il diritto ad accedere all'assistenza prevista per gli altri profughi.

- »Ognuno ha i suoi scheletri negli armadi« è veramente una riflessione profonda ed originale, non c'è che dire! Però poi cita solo fascisti e comunisti, dimenticandosi delle stragi democristian-amerikane, delle stragi coloniali liberali, dell'esportazione della democrazia, ....

Su una cosa però Cristicchi ha indubbiamente ragione: il suo spettacolo non parla di storia, nemmeno di quella degli esuli.




(Sullo spettacolo si vedano anche le recensioni raccolte o linkate alle pagine: 



(srpskohrvatski / english / italiano / more languages)

Ukraine: Israeli Special Forces Supporting Antisemitic Mob

1) MORE LINKS
2) Rezolucija komunističkih i radničkih partija o događajima u Ukrajini: O fašističkoj opasnosti i organizaciji borbe protiv nje
3) Ukraine: Israeli Special Forces Unit under Neo-Nazi Command Involved in Maidan Riots (M. Chossudovsky)
4) Ucraina, la strategia della tensione (Manlio Dinucci)


=== 1 : MORE LINKS ===

Per aggiornamenti continui si vedano:


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In evidenza:

IL POGROM DI LVOV DEL 1941
Gli autori del massacro sono gli ispiratori delle belve fasciste che oggi imperversano a Kiev e nel resto dell'Ucraina, con il sostegno di UE e NATO 

THE LVOV POGROM OF 1941
A serie of photos of the Jewish pogrom in the city of Lvov (Lviv, Lwow or Lemberg) in Western Ukraine, organised by the Germans and "the Ukrainian people's militia" (the Ukranian Nazi collaborators from so called OUN - Organisation of Ukranian Nationalists)
EXCERPT: The boss of Ukraninan pogromists in the city of Lvov was Yaroslav Stetsko, one of the leaders of OUN, pro-Nazi Organisation of Ukranian nationalists. IN THE PHOTO: Yaroslav Stetsko after WW2. Yes, with George Bush, Sr.  In a Cold war times OUN was supported by US and CIA. As a result - US President  shaking hand to veteran-pogromist of 1941

CIA‘s Use of Nazi Strategy on Ukrainian Right-Wing Nationalists Unabated since Cold War
L'uso della CIA dei nazisti ucraini dalla Guerra Fredda

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Video:

La video registrazione dell'iniziativa svoltasi ad Ancona il 28 febbraio, con la partecipazione, tra gli altri, del Professor Domenico Losurdo

Решения народного вече Донбасса. Срочно! Репост! [Manifestazioni di massa a Donetsk, Donbass, censurate dai media italiani]
http://www.youtube.com/watch?v=fiEVK27-5oM

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Testi:

Diciamo tutta la verità su chi sta provocando la guerra ai confini della Russia (Mauro Gemma)
http://www.marx21.it/internazionale/area-ex-urss/23707-diciamo-tutta-la-verita-su-chi-sta-provocando-la-guerra-ai-confini-della-russia.html

L’histoire cachée des FEMEN (Olivier Pechter, 3 mars 2014)

The Crimean Conflict

Petro Simonenko: senza referendum per l'integrazione nell’UE, l’Ucraina è ora sull'orlo della secessione 
http://www.marx21.it/internazionale/area-ex-urss/23710-petro-simonenko-senza-referendum-per-lintegrazione-nellue-lucraina-e-ora-sullorlo-della-secessione.html

Во Львове появились фашисткие листовки «Тут живут москали» [Sulle porte di alcune alcune case e appartamenti di Lvov i fascisti del Pravyj Sektor affiggono manifestini come quello che vedete qui. C'è scritto "Qui vivono moskali", termine dispregiativo per indicare gli abitanti di Mosca, o per esteso, per indicare russi o persone di origine russa. Si tratta di gravissime provocazioni a sfondo razziale, simili a quelle della Germania nazista e dell'Italia fascista.]
http://continentalist.ru/2014/03/vo-lvove-poyavilis-fashistkie-listovki-tut-zhivut-moskali/


US media escalates propaganda offensive on Ukraine

The U.S. has Installed a Neo-Nazi Government in Ukraine (M. Chossudovsky)

Эмир Кустурица: Россия должна защитить русских, которые живут на Украине [Emir Kusturica: "La Russia deve difendere i russi, che vivono in Ucraina"]
http://glagol.in.ua/2014/03/03/emir-kusturitsa-rossiya-dolzhna-zashhitit-russkih-kotoryie-zhivut-na-ukraine/

Fermiamo i guerrafondai dell'Euromajdan!

I fascisti ucraini chiedono aiuto agli estremisti islamici

“Правый сектор” обратился к лидеру чеченских террористов с просьбой о помощи [Il capo di banderovcy Jarosh chiede appoggio al terrorista ceceno Dokka Umarov nella "comune lotta contro la Russia". Ricordiamo che uno dei capi del Pravyj Sektor ha lottato a fianco dei terroristi ceceni nella seconda metà degli anni '90]

US-backed Ukrainian regime mobilizes reserves, threatening war with Russia


U.S. imperialism’s new Cold War and Ukraine

U.S., EU out of Ukraine! Stop Washington’s threats!


Войска НАТО высадились во Львовской области
Truppe NATO arrivano nella regione di Lvov

The Massive PSYOP Employed against Ukraine by GCHQ and NSA
Le massicce PSYOP contro l’Ucraina da parte di GCHQ e NSA


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Isto pročitaj:

NE FAŠIZACIJI UKRAJINE! Nova komunistička partija Jugoslavije (NKPJ) sa zabrinutošću gleda na najnovije događaje koji su potresli Ukrajinu i prete da ovu zemlju odvuku u haos i rat

IZRAŽAVAMO SOLIDARNOST S KOMUNISTIMA I RADNIČKOM KLASOM UKRAJINE. Pismo solidarnosti koje je NKPJ uputila Komunističkoj partiji Ukrajine (KPU) i Savezu komunista Ukrajine (SKU)

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http://www.advance.hr/vijesti/rezolucija-komunistickih-i-radnickih-partija-o-dogadajima-u-ukrajini-o-fasistickoj-opasnosti-i-organizaciji-borbe-protiv-nje/

Rezolucija komunističkih i radničkih partija o događajima u Ukrajini:
O fašističkoj opasnosti i organizaciji borbe protiv nje

 Niz komunističkih, socijalističkih i radničkih partija Ukrajine i regije izdao je proglas o aktualnim događanjima u Ukrajini, prenosimo tekst u cijelosti:

"Politička kriza u Ukrajini je dostigla fazu neposredne borbe za vlast. Ishod te borbe počeo se rješavati u korist najreakcionarnijih, buržoasko-nacionalističkih i otvoreno pro-fašističkih sila.

Sadašnja kriza u Ukrajini je manifestacija žestokog sukoba unutar vladajuće buržoaske klase, napad krupnog financijskog i industrijskog kapitala Ukrajine, s ciljem preuzimanja vlasti i preraspodjele imovine koja je prethodno bila u rukama provladinih kapitalista. U toj borbi, na jedan ili drugi način uključeni su i zapadni i ruski kapital. Bez sumnje, predvodnici svjetskog imperijalizma, a posebno SAD i EU (u njoj prije svega Njemačka), kao i Rusija, žele okrenuti trenutnu kriznu situaciju u Ukrajini u svoju korist. Sadašnja izravna intervencija pod vodstvom SAD i EU u unutarnja pitanja Ukrajine je bez presedana: financiranjem takozvane opozicije, izazivanjem i pomaganjem u organiziranju pokušaja državnog udara, političkim i gospodarskim pritiskom sve do otvorenog pokušaja sastavljanja nove Vlade Ukrajine i nametanja osobe koja bi trebala biti postavljena za budućeg predsjednika Republike.

Ova politika vodećih imperijalističkih sila je očito nastavak nekažnjenih imperijalističkih agresija protiv Jugoslavije, Iraka, Libije, sadašnje intervencije protiv Sirije i drugih arapskih i afričkih zemlja, blokade i prijetnje Kubi, Venecueli, Sjevernoj Koreji, Iranu, te prakse korištenja "mekih" državnih udara primjenjene u nekoliko zemalja Latinske Amerike. Ta politika je manifestacija jednog od glavnih ekonomskih obilježja imperijalizma: borba za podjelu svijeta između imperijalističkih sila, što je karakteristično za monopolistički kapitalizam u svim njegovim etapama razvoja. U današnjim uvjetima imperijalizam poprima sve karakteristike svojstvene fašizmu: neposredna teroristička diktatura povezana sa rukovodstvom najreakcionarnijih i najšovinističkijih elemenata financijskog kapitala, u punom skladu s definicijom Kominterne.

Međutim, pored ove vanjske intervencije treba znati da je politika dotad vladajućega klana krupne buržoazije, na čelu s "Partijom regija" i njezinim pulenom predsjednikom Janukovičem, nastavila i pogoršala grabežljivu politiku njegovih prethodnika (Kravčuka, Kučme i Juščenka), dovela je do pogoršanja životnih uvjeta radničke klase i svih radnih ljudi i do čudovišnog povećanja korupcije. Sve je to dopustila "oporba" kako bi oživjela svoje napade i koristila u borbi za vlast zajedno sa svojim konkurentima: najmračnijim i najreakcionarnijim elementima, ali i velikom dijelu društva, sve do fašističke i nacističke desnice.

U pravilu, borba kapitalista za vlast, kao i borba sa bilo kojom krizom, ima tendenciju slabljenja vladajuće klase, koja stvara uvjete za jačanje politike rada, politike samih radnika. No, to se nije dogodilo u Ukrajini. Njezina radnička klasa je ušla u krizu idejno razoružana, dezorijentirana i sa podijeljenim organizacijama, bila je talac političara koji su je iskorištavali.Smatramo da je naša dužnost prepoznati i preuzeti odgovornost za slabost komunističkog i radničkog pokreta u Ukrajini i otvoreno reći naše čvrsto uvjerenje da jedan od glavnih uzroka stanja radničkog pokreta u Ukrajini, kao i u Rusiji, te u većini zapadnih zemalja, je najoštrija desna devijacija u komunističkom pokretu, objektivna politika suradnje s buržoaskom klasom, koju već desetljećima provode mnoge velike partije europske ljevice i bliske su joj u političkoj strategiji i taktici.

Kao što je oportunizam u vrijeme vlasti Gorbačova prepustio socijalizam kapitalizmu, danas nasljednici Gorbačova napuštaju svoje pozicije pred napadom fašizma. Radni narod je dezorganiziran i nastavlja se zavaravati parlamentarnim iluzijama i nadom u poštene izbore, pokušavajući stvoriti različite verzije vlada i sindikata lijevog centra, u navodno mogućoj progresivnoj građanskoj državi.

Te iluzije i obmane radnici moraju jasno odbaciti.

Radnička klasa i svi radni ljudi moraju voditi vlastitu klasnu borbu protiv kapitalizma i kapitalističke politike svih vrsta i klanova, za svoju vlast: vlast radnog naroda. Radnički klasni frontovi i proleterski odredi mogu i moraju postati centri antifašističke borbe svih poštenih ljudi i progresivnih snaga u svijetu, jer bez borbe protiv imperijalizma i potpore koje imperijalizam uživa u radničkom pokretu: oportunizma, borba protiv fašizma je isprazna i lažljiva fraza.

Komunisti i radni ljudi svih zemalja moraju biti prvi koji će započeti otpor rastućem fašizmu u Ukrajini, Siriji, u EU, SAD-u, i bilo gdje u svijetu.

Proleteri svih zemalja , ujedinite se!"

Savez Komunista Ukrajine
Ruska Komunistička Radnička Partija
Komunistička Partija Sovjetskog Saveza
Bjeloruska Komunistička Partija Radnika
Socijalistički Pokret Kazahstana
Marksistički pokret "Narodni otpor" (Moldavija)
Komunistička Partija Azerbajdžana
Komunistička Partija Grčke
Komunistička Partija Italije
Savez Revolucionara - Komunisti Francuske
Radnička Partija Mađarske
Partija Bugarskih Komunista
Komunistička Inicijativa Njemačke
Socijalistička Radnička Partija Hrvatske
Nova Komunistička Partija Jugoslavije
Komunistička Partija Bugarske

Ovu rezoluciju, bezrezervno podržava i partija Komunisti Srbije!


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Sull'antisemitismo dell'Euromajdan si veda:

24 febbraio: bombe molotov contro la sinagoga di Zaporozhie
http://zp.comments.ua/news/2014/02/24/132743.html

Ucraina liberata: i Nazi in piazza, gli Ebrei in fuga (Ennio Remondino)

Kiev, fascisti al potere: attacchi a comunisti ed ebrei. Che pensano all’evacuazione (Marco Santopadre)

Testfeld Ukraine. Jüdische Organisationen warnen vor einer neuen Welle des Antisemitismus… (GFP 24.02.2014)

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Ukraine: Israeli Special Forces Unit under Neo-Nazi Command Involved in Maidan Riots

Global Research, March 03, 2014


Under the title “In Kiev, an Israeli army vet led a street-fighting unit”the Jewish News Agency JTA confirms that soldiers from the IDF were involved in the EuroMaidan protest movement under the direct command of the Neo-Nazi Svoboda Party.  The Svoboda Party follows in the footsteps of World War II Nazi collaborator Stepan Bandera.

The leader of the “Blue Helmets of Maidan” is Delta “the nom de guerre of the commander of a Jewish-led militia force that participated in the Ukrainian revolution”. Delta is a Veteran of the notorious Givati infantry brigade, which was involved in numerous operations directed against Gaza including Operation Cast Lead in 2008-2009.

The Givati brigade was responsible for the massacres in the Tel el-Hawa neighborhood of Gaza. Delta, the leader of the EuroMaidan IDF unit acknowledges that he acquired his urban combat skills in the Shu’alei Shimshon reconnaissance battalion of the Givati brigade.


[PHOTO: Delta, the nom de guerre of the Jewish commander of a Ukrainian street-fighting unit, is pictured in Kiev earlier this month. (Courtesy of ‘Delta’)]


According to the JTA report, Delta was in command of a force of 40 men and women including several former IDF veterans. In the EuroMaidan, Delta was routinely applying his skills of urban warfare which he had used against the Palestinians in Gaza.

The Maidan “Street fighting unit” under Delta’s command was involved in confronting government forces. It is unclear from the reports whether the EuroMaidan combat unit was in liaison with IDF command headquarters in Israel:

The Blue Helmets comprise 35 men and women who are not Jewish, and who are led by five ex-IDF soldiers, says Delta, an Orthodox Jew in his late 30s

Delta, who immigrated to Israel in the 1990s, moved back to Ukraine several years ago … He says he joined the protest movement as a volunteer on Nov. 30, after witnessing violence by government forces against student protesters.

“I saw unarmed civilians with no military background being ground by a well-oiled military machine, and it made my blood boil,” Delta told JTA in Hebrew laced with military jargon. “I joined them then and there, and I started fighting back the way I learned how, through urban warfare maneuvers. People followed, and I found myself heading a platoon of young men. Kids, really.”

The other ex-IDF infantrymen joined the Blue Helmets later after hearing it was led by a fellow vet, Delta said.

In a bitter irony, Delta, the commander of the IDF militia unit was taking his orders directly from the Neo-Nazi Party Svoboda:

As platoon leader, Delta says he takes orders from activists connected to Svoboda, an ultra-nationalist [Neo-Nazi] party that has been frequently accused of anti-Semitism and whose members have been said to have had key positions in organizing the opposition protests.

“I don’t belong [to Svoboda], but I take orders from their team. They know I’m Israeli, Jewish and an ex-IDF soldier. They call me ‘brother,’” he said. “What they’re saying about Svoboda is exaggerated, I know this for a fact. I don’t like them because they’re inconsistent, not because of [any] anti-Semitism issue.”

Neither the Tel Aviv government nor the Israeli media have expressed concern regarding the fact that the EuroMaidan protests were led by Neo-Nazis.

With the formation of a new government composed of NeoNazis,  the Jewish community in Kiev is threatened.  This community is described as “one of the most vibrant Jewish communities in the world, with dozens of active Jewish organizations and institutions”. A significant part of this community is made up of family members of holocaust survivors. “Three million Ukrainians were murdered by the Nazis during their occupation of Ukraine, including 900,000 Jews.” (indybay.org, January 29, 2014).

“It’s bullshit. I never saw any expression of anti-Semitism during the protests”

In a bitter twist, the Blue Helmet IDF unit in the EuroMaidan has been the object of praise by the Israeli media. According to Ariel Cohen of the Washington based Heritage Foundation: “The commanding position of Svoboda in the revolution is no secret”. The participation of Israeli soldiers under Neo-Nazi Svoboda command does not seem to be an object of concern:

On Wednesday, Russian State Duma Chairman Sergey Naryshkin said Moscow was concerned about anti-Semitic declarations by radical groups in Ukraine.But Delta says the Kremlin is using the anti-Semitism card falsely to delegitimize the Ukrainian revolution, which is distancing Ukraine from Russia’s sphere of influence.

“It’s bullshit. I never saw any expression of anti-Semitism during the protests, and the claims to the contrary were part of the reason I joined the movement. We’re trying to show that Jews care,” he said.

See Svoboda and Right Sector militants honoring Stepan Bandera(image below)

Bandera was a Nazi collaborator involved in the Third Reich’s Einsatzgruppen (Task Groups or Deployment Groups) . These “task forces” were paramilitary death squads deployed throughout the Ukraine.


[PHOTO: Neo-Nazis Honoring Stepan Bandera]


The JTA article can be consulted at www.jta.org/2014/02/28/news-opinion/world/in-kiev-an-israeli-militia-commander-fights-in-the-streets-and-saves-lives

Copyright © 2014 Global Research

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In Kiev, an Israeli army vet led a street-fighting unit

By Cnaan Liphshiz February 28, 2014 1:30pm



[PHOTO: Delta, the nom de guerre of the Jewish commander of a Ukrainian street-fighting unit, is pictured in Kiev earlier this month. (Courtesy of ‘Delta’)]

(JTA) — He calls his troops “the Blue Helmets of Maidan,” but brown is the color of the headgear worn by Delta — the nom de guerre of the commander of a Jewish-led militia force that participated in the Ukrainian revolution.
Under his helmet, he also wears a kippah.
Delta, a Ukraine-born former soldier in the Israel Defense Forces, spoke to JTA Thursday on condition of anonymity. He explained how he came to use combat skills he acquired in the Shu’alei Shimshon reconnaissance battalion of the Givati infantry brigade to rise through the ranks of Kiev’s street fighters.
He has headed a force of 40 men and women — including several fellow IDF veterans — in violent clashes with government forces.
Several Ukrainian Jews, including Rabbi Moshe Azman, one of the country’s claimants to the title of chief rabbi, confirmed Delta’s identity and role in the still-unfinished revolution.
The “Blue Helmets” nickname, a reference to the U.N. peacekeeping force, stuck after Delta’s unit last month prevented a mob from torching a building occupied by Ukrainian police, he said.
“There were dozens of officers inside, surrounded by 1,200 demonstrators who wanted to burn them alive,” he recalled. “We intervened and negotiated their safe passage.”
The problem, he said, was that the officers would not leave without their guns, citing orders. Delta told JTA his unit reasoned with the mob to allow the officers to leave with their guns.
“It would have been a massacre, and that was not an option,” he said.
The Blue Helmets comprise 35 men and women who are not Jewish, and who are led by five ex-IDF soldiers, says Delta, an Orthodox Jew in his late 30s who regularly prays at Azman’s Brodsky Synagogue. He declined to speak about his private life.
Delta, who immigrated to Israel in the 1990s, moved back to Ukraine several years ago and has worked as a businessman. He says he joined the protest movement as a volunteer on Nov. 30, after witnessing violence by government forces against student protesters.
“I saw unarmed civilians with no military background being ground by a well-oiled military machine, and it made my blood boil,” Delta told JTA in Hebrew laced with military jargon. “I joined them then and there, and I started fighting back the way I learned how, through urban warfare maneuvers. People followed, and I found myself heading a platoon of young men. Kids, really.”
The other ex-IDF infantrymen joined the Blue Helmets later after hearing it was led by a fellow vet, Delta said.
As platoon leader, Delta says he takes orders from activists connected to Svoboda, an ultra-nationalist party that has been frequently accused of anti-Semitism and whose members have been said to have had key positions in organizing the opposition protests.
“I don’t belong [to Svoboda], but I take orders from their team. They know I’m Israeli, Jewish and an ex-IDF soldier. They call me ‘brother,’” he said. “What they’re saying about Svoboda is exaggerated, I know this for a fact. I don’t like them because they’re inconsistent, not because of [any] anti-Semitism issue.”
The commanding position of Svoboda in the revolution is no secret, according to Ariel Cohen, a senior research fellow at the Washington D.C.-based Heritage Foundation think tank.
“The driving force among the so-called white sector in the Maidan are the nationalists, who went against the SWAT teams and snipers who were shooting at them,” Cohen told JTA.
Still, many Jews supported the revolution and actively participated in it.
Earlier this week, an interim government was announced ahead of election scheduled for May, including ministers from several minority groups.
Volodymyr Groysman, a former mayor of the city of Vinnytsia and the newly appointed deputy prime minister for regional policy, is a Jew, Rabbi Azman said.
“There are no signs for concern yet,” said Cohen, “but the West needs to make it clear to Ukraine that how it is seen depends on how minorities are treated.”
On Wednesday, Russian State Duma Chairman Sergey Naryshkin said Moscow was concerned about anti-Semitic declarations by radical groups in Ukraine.
But Delta says the Kremlin is using the anti-Semitism card falsely to delegitimize the Ukrainian revolution, which is distancing Ukraine from Russia’s sphere of influence.
“It’s bullshit. I never saw any expression of anti-Semitism during the protests, and the claims to the contrary were part of the reason I joined the movement. We’re trying to show that Jews care,” he said.
Still, Delta’s reasons for not revealing his name betray his sense of feeling like an outsider. “If I were Ukrainian, I would have been a hero. But for me it’s better to not reveal my name if I want to keep living here in peace and quiet,” he said.
Fellow Jews have criticized him for working with Svoboda.
“Some asked me if instead of ‘Shalom’ they should now greet me with a ‘Sieg heil.’ I simply find it laughable,” he said.
But he does have frustrations related to being an outsider: “Sometimes I tell myself, ‘What are you doing? This is not your army. This isn’t even your country.’”
He recalls feeling this way during one of the fiercest battles he experienced, which took place last week at Institutskaya Street and left 12 protesters dead.
“The snipers began firing rubber bullets at us. I fired back from my rubber-bullet rifle,” Delta said. “Then they opened live rounds, and my friend caught a bullet in his leg. They shot at us like at a firing range. I wasn’t ready for a last stand. I carried my friend and ordered my troops to fall back. They’re scared kids. I gave them some cash for phone calls and told them to take off their uniform and run away until further instructions. I didn’t want to see anyone else die that day.”
Currently, the Blue Helmets are carrying out police work that include patrols and preventing looting and vandalism in a city of 3 million struggling to climb out of the chaos that engulfed it for the past three months.
But Delta has another, more ambitious, project: He and Azman are organizing the airborne evacuation of seriously wounded protesters — none of them Jewish — for critical operations in Israel. Azman says he hopes the plane of 17 patients will take off next week, with funding from private donors and with help from Ukraine’s ambassador to Israel.
One of the patients, a 19-year-old woman, was wounded at Institutskaya by a bullet that penetrated her eye and is lodged inside her brain, according to Delta.
“The doctor told me that another millimeter to either direction and she would be dead,” Delta said. “And I told him it was the work of Hakadosh Baruch Hu.”


Cnaan Liphshiz is JTA's news and features correspondent in Europe. Based in the Netherlands, he covers the mosaic of cultures, languages and traditions that is European Jewry. Born in Israel, he used to work as foireign news editor for Ma'ariv and as a reporter for Haaretz.


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Ucraina, la strategia della tensione

di Manlio Dinucci | da il Manifesto, 4 marzo 2014

La guerra per il controllo dell’Ucraina è iniziata: con una possente psyop, operazione di guerra psicologica, in cui vengono usate le sperimentate armi di distrazione di massa. Le immagini con cui la televisione bombarda le nostre menti ci mostrano militari russi che occupano la Crimea. Nessun dubbio, quindi, su chi sia l’aggressore. Ci vengono però nascoste altre immagini, come quella del segretario del partito comunista ucraino di Leopoli, Rotislav Vasilko, torturato da neonazisti che brandivano una croce di legno. Gli stessi che assaltano le sinagoghe al grido di «Heil Hitler», risuscitando il pogrom del 1941. Gli stessi finanziati e addestrati per anni, attraverso servizi segreti e loro «Ong», dagli Usa e dalla Nato. Lo stesso è stato fatto in Libia e si sta facendo in Siria, utilizzando gruppi islamici fino a poco prima definiti terroristi.

Dieci anni fa documentavamo sul manifesto (v. In Ucraina il dollaro va alle elezioni, 2004) come Washington avesse finanziato e organizzato, attraverso «Ong» specializzate, la «rivoluzione arancione» e l’ascesa alla presidenza di Viktor Yushchenko, che voleva portare l’Ucraina nella Nato. Sei anni fa, descrivendo l’esercitazione militare «Sea Breeze» tenuta dalla Nato in Ucraina all’insegna della «Partnership per la pace», scrivevamo che «la “brezza di mare” che spira sul Mar Nero preannuncia venti di guerra» (v. Giochi di guerra nel Mar Nero, 2008).

Per capire cosa stia succedendo in Ucraina non basta il fermo immagine di oggi, ci vuole tutto il film. La sequenza dell’espansione ad Est della Nato, che in dieci anni (1999-2009) ha inglobato tutti i paesi dell’ex Patto di Varsavia prima alleati dell’Urss, tre dell’ex Urss e due della ex Jugoslavia; che ha spostato le sue basi e forze militari, comprese quelle a capacità nucleare, sempre più a ridosso della Russia, armandole di uno «scudo» anti-missili (strumento non di difesa ma di offesa). Ciò, nonostante i ripetuti avvertimenti di Mosca, ignorati o derisi come «sorpassati stereotipi della guerra fredda».

La vera posta in gioco, in questa escalation, non è l’adesione dell’Ucraina alla Ue, ma l’annessione dell’Ucraina alla Nato. Quella Usa/Nato è una vera e propria strategia della tensione che, al di là dell’Europa, mira a ridimensionare la potenza che ha conservato la maggior parte del territorio e delle risorse dell’Urss, che si è ripresa dalla crisi economica del dopo guerra fredda, che ha rilanciato la sua politica estera (v. il ruolo svolto in Siria), che si è riavvicinata alla Cina creando una potenziale alleanza in grado di contrapporsi alla superpotenza statunitense. Attraverso tale strategia si spinge la Russia (come venne fatto con l’Urss) a una sempre più costosa corsa agli armamenti, con l’obiettivo di fiaccarla accrescendone le difficoltà economiche interne che gravano sulla maggioranza della popolazione, stringendola alle corde perché reagisca militarmente e possa essere messa al bando dalle «grandi democrazie» (da qui la minaccia di escluderla dal G8).

La rappresentante Usa all’Onu Samantha Power, paladina della «responsabilità di proteggere» spettante agli Stati uniti per diritto divino, ha chiesto l’invio di osservatori Osce in Ucraina. Gli stessi che – guidati da William Walker, già agente dell’intelligence Usa in Salvador – nel 1998/99 fecero da copertura alla Cia in Kosovo, fornendo all’Uck istruzioni e telefoni satellitari per la guerra che la Nato stava per lanciare. Per 78 giorni, decollando soprattutto dalle basi italiane, 1100 aerei effettuarono 38mila sortite, sganciando 23 mila bombe e missili. La guerra terminò con gli accordi di Kumanovo, che prevedevano un Kosovo largamente autonomo, presidiato dalla Nato, ma sempre all’interno della Federazione jugoslava. Accordi stracciati nel 2008 con l’autoproclamata indipendenza del Kosovo, riconosciuta dalla Nato. Quella che oggi accusa la Russia di violare in Ucraina il diritto internazionale.



(srpskohrvatski / english / italiano)

Verso il 15.mo anniversario… DO NOT FORGET

1) ОБЕЛЕЖАВАЊЕ 15. ГОДИШЊИЦЕ АГРЕСИЈЕ НАТО ПАКТА / 15th ANNIVERSARY OF NATO AGGRESSION AGAINST F.R. YUGOSLAVIA 
Il programma delle iniziative previste a Belgrado per il 15.mo Anniversario della aggressione NATO 
2) 15-year anniversary of NATO aggression on Yugoslavia (J. Robles / Voice of Russia)
3) Nada ammalata per le bombe (Elena Cardinali / L'Arena)


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Originalni tekst na s-h-om:

ОБЕЛЕЖАВАЊЕ 15. ГОДИШЊИЦЕ АГРЕСИЈЕ НАТО ПАКТА
понедељак, 24 фебруар 2014

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15th ANNIVERSARY OF NATO AGGRESSION AGAINST YUGOSLAVIA (SERBIA AND MONTENEGRO)


NOT TO FORGET

Fifteen years have passed since the beginning of NATO aggression against Serbia and Montenegro (24 March 1999). This aggression resulted in the loss of 4,000 human lives, including 88 children, and 10,000 people were severely wounded. Over two third of these victims were civilians. How many human lives have been lost in the meantime due to the consequences of weapons with depleted uranium, as well as of remaining cluster bombs, will hardly ever be established.

Breaching the basic norms of international law, its own founding act as well as constitutions of member countries, NATO was bombing Serbia and Montenegro during 78 days continuously destroying the economy, infrastructure, public services, radio and TV centers and transmitters, cultural and historical monuments. NATO bears responsibility for polluting the environment and endangering the health of present and future generations. Economic damage caused by the aggression is estimated at over USD 120 billion. War damage compensation has not yet been claimed, and judgments ruled by our court, by which the leaders of aggressor countries were convicted for the crimes against peace and humanity, were annulled after the coup d’état in 2000.

Governments of aggressor countries seized and occupied the Province of Kosovo and Metohija, and then formally delivered it to former terrorists, separatists and international organized crime bosses. An American military base was established in the Province – “Bondstill”, one of the largest beyond the U.S. territory.

After the aggression, over 250,000 Serbs and other non-Albanians have been forced out the Province of Kosovo and Metohija; even today, 15 years later they are not allowed to return freely and safely to their homes. Ethnic cleansing and even drastic change of ethnic population structure are tolerated by so called international community if only to the detriment of Serbs. The remaining Serbian population in the Province of about 120.000 continues to live in fear and uncertainty. Attacks upon Serbs, detentions and killings, including liquidations of their political leaders, have been continuing up to these days, and nobody is held responsible.

NATO aggression against Serbia and Montenegro (FRY) in 1999 is a crime against peace and humanity. It is a precedent and a turning point towards global interventionism, arbitrary violation of the international legal order and the negation of the role of the UN. The “Bondstill” military base is the first and crucial ring in the chain of new American military bases reflecting strategy of expansion towards East, Caspian Basin, Middle East, towards Russia and its Siberia natural resources. Europe has thus got overall militarization and the new edition of the strategy “Drang nach Osten” (“Thrust to the East”). Destabilization and the tragic developments in Ukraine are just the most recent consequence of that strategy.

15 years after objectives of US/NATO military aggression continue to be pursued by other means. Serbia has been blackmailed to de facto recognize illegal secession of its Province of Kosovo and Metohija through so called Brussels negotiations. The most of the puppet states of the former Yugoslavia are much dependant on and indebted to the leading NATO/EU countries, their financial institutions and corporations so that they could hardly be considered independent states but rather neo-colonies. There is no stability in the Balkans, redrawing of borders has not ended, overall situation is dominated by devastated economy, unemployment, social tensions and misery. Europe, particularly its south-east regions, are experiencing profound economic, social and moral crisis.

During and after the aggression, 150 Serb monasteries and churches built in the Middle Ages were destroyed. Killed or abducted were some 3,500 Serbs and other non-Albanians, and fates of many of them have not been established until today. Not even one of the thousands of crimes against Serbs in Kosovo and Metohija got a court clarification. Even such terrorist crimes as was blowing up the “Nis-express” bus on 16 February 2001, when 12 people were killed and 43 wounded, neither the murder of 14 Serb farmers reaping in the field in Staro Gracko, on 23 July 2009 remained without thorough investigation, be it by UNMIK, be it by EULEX, or by any other of so many structures of the so called international community.

The Swiss senator, Dick Marty, revealed documented report on trafficking in human organs of Serbs abducted in Kosovo and Metohija. The Parliamentary Assembly of the Council of Europe, the oldest European democratic institution, adopted his Report as the official CE document. Although all factors stand verbally for an efficient investigation and bringing the perpetrators to justice, for many years now there have been no results whatsoever. The documentation on human organ trafficking submitted to The Hague Tribunal had been – destroyed!

The Belgrade Forum for a World of Equals, with support of other non-partisan and independent associations from Serbia, from the region and from the Serb Diaspora throughout the world, are organizing a number of activities under the common title “NOT TO FORGET”, with the aim to remind domestic and international public of human loss, destructions and other consequences of NATO aggression.

On Friday, 21 March 2014 at 6 p.m., in Sava Conference Centre, Belgrade (Milentija Popovica No. 1) an opening ceremony will launch a photographic exhibition presenting consequences of NATO aggression.

On Saturday, March 22 and on Sunday, March 23rd, 2014, International conference “Global Peace vs. Global Interventionism and Imperialism” will be held (Sava Conference Centre. Conference starts at 10 a.m. Some 100 prominent personalities from all over the world have confirmed their participation.

On Monday, March 24th, 2014, at 09.30 a.m., the International Memorial Marathon Belgrade-Hilandar will start in front of Saint Sava Church.

The same day, at 11 a.m., civic associations, representatives of Serb Diaspora, guests from abroad and individuals will lay flowers at the monument to children - victims of the aggression, in the Tašmajdan park, and the same day at 12 a.m. flowers will be laid at the Monument to all victims of the aggression, Friendship park, Ušće, New Belgrade.

THE BELGRADE FORUM FOR A WORLD OF EQUALS
THE VETERANS ALIANCE OF SERBIA (SUBNOR)
THE CLUB OF GENERALS AND ADMIRALS OF SERBIA


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15-year anniversary of NATO aggression on Yugoslavia

John Robles - 27 February 2014

In March 1999, at the direction of the United States of America, NATO engaged in its first act of illegal aggressive war, beginning what can only be called the “dark age of intervention” in which we are living today. The fact that NATO was allowed to get away with the aggression on Serbia and Montenegro emboldened US/NATO and the US military industrial intelligence banking complex and since that day, under a doctrine of Responsibility to Protect, Humanitarian Interventionism, Preventive War and then the all encompassing “War on Terror”, US/NATO have proceeded to destroy country after country and do away with leaders that they have not found to be submissive enough to their will.

The events of 9-11-2001 were a watershed moment for the geopolitical architects and served as a catalyst to allow them to expand their military machine to every corner of the world and invade countries at will and conduct operations with complete disregard for international law and accepted international norms.
In light of the 15th Anniversary of the NATO aggression the Belgrade Forum for a World of Equals and other independent Civic associations in Serbia will hold an international conference from the 21st to the 24th of March 2014. The conference will gather 100 prominent intellectuals from all over the world, in addition to those from Serbia, Montenegro, the Republica Srpska and 10 to 15 guests from Russia, including Academician and retired Russian Army General Leonid Ivashov. The conference will also include the participation of the Veterans Alliance of Serbia and the Club of Generals and Admirals of Serbia.


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Una sessantenne serba colpita da leucemia dopo la guerra si sta curando al Policlinico di BorgoRoma

Nada ammalata per le bombe

L'ARENA Quotidiano di verona
Lunedì 24 Febbraio 2014

Migliaia di serbi contaminati dalla«pioggia» di radiazioni caduta nel 1999

Elena Cardinali

È venuta a Verona dalla Serbia a curarsi la leucemia contratta dopo essere stata contaminata dalle radiazioni delle bombe all’uranio impoverito sganciate sul suo Paese nel 1999. Furono 77 giorni di incursioni aeree della Nato. Oggi la popolazione serba paga ancora le conseguenze di quella guerra, frettolosamente archiviata dalle cronache, in termini di malattie morti per cancro e leucemie.
Nada V., 60 anni, è una di loro. Un anno e mezzo fa scoprì di essere affetta da una forma acuta di leucemia. L’unica speranza di sopravvivenza era un trapianto di midollo osseo e cure specifiche. Così, informata da un connazionale, Zoran, di 54anni, pure lui ammalatosi di leucemia e salvato grazie alle cure degli specialisti del Policlinico di BorgoRoma, è approdata a sua volta nell’ospedale scaligero. A raccontare la sua odissea è un’amica e connazionale, Biljana Dautovic, che dal 1991 vive a Verona, a Ca’ di David, con il marito.«Nada è stata per circa un anno e mezzo a casa mia, dentro e fuori l’ospedale», racconta, «e ora si trova in una struttura d’accoglienza per malati. Lei ha fatto il trapianto di midollo l’anno scorso ma deve ancora sottoporsi a cure specifiche. Per potersi pagare l’ospedale ha venduto anche la casa in Serbia ma probabilmente l’importo ricavato non sarà sufficiente a pagare tutto. Deve dare all’ospedale 80.000 euro e non ha tutta la somma. Devo dire che Nada è stata trattata con grande professionalità dai medici e dagli infermieri. Ripete spesso di aver avuto fortuna a capitare in un posto come Verona, dove è stata circondata di umanità. Farà il possibile per pagare quello che deve ma se potesse trovare qualche aiuto, dico io, sarebbe un gesto straordinario».
A queste preoccupazioni, continua Biljana, per Nada si aggiunge quella, molto grande, del figlio disabile di 35 anni, in coma vegetativo persistente, che ha in casa. E tutta la sua speranza è di riuscire a vivere ancora qualche anno per consentire al figlio di restare il più a lungo possibile a casa prima di essere confinato in una struttura per cronici dove, con tutta probabilità, non riuscirebbe a sopravvivere più di tanto.
Zoran, il paziente salvato, è riuscito ad affrontare le spese perchè la sorella si è sobbarcata un oneroso mutuo. «In Serbia Zoran era finito in ospedale con altri 17 ammalati come lui», racconta Biljana. «Lui è riuscito a trovare la strada per venire a Verona ma tutti gli altri suoi compagni di sventura sono morti tutti nel giro di poco tempo».
Biljana è stata una testimone dei bombardamenti della Nato. «Vivevo a Kraljevo, nella Serbia centrale. La sera del 23 marzo del 1999 la città fu sconvolta da una botta tremenda, come se ci fosse il terremoto. Invece erano i missili della Nato sparati contro il vicino aeroporto militare. A Belgrado in quegli stessi giorni quei missili hanno devastato tutto, ponti, case, fabbriche, anche il giornale locale. In 77 giorni ci hanno scaricato addosso una pioggia di bombe all’uranio impoverito e poi hanno utilizzato anche altre bombe, molte delle quali sono rimaste inesplose nel terreno. Ci sono milioni di metri quadri di Serbia ancora da bonificare ma del nostro destino sembra non interessarsi nessuno. Della Serbia si parla pochissimo. È un Paese in ginocchio, dove la gente deve pagarsi tutto, dove non si trovano le medicine per curarsi. L’alternativa è il mercato nero, e quello se lo può permettere solo chi ha un po’ di soldi».
Oggi in Serbia, dice Biljana che segue costantemente le vicende del suo Paese, «si prevedono altri 40.000 malati di tumore. Nel 2001 i malati di leucemia erano più di trentamila e nel 2012 più di 37.000. Solo quest’anno si prevedono almeno 22.000 vittime di leucemie e tumori».


--- COMMENTI:

A. Tarozzi: << Se si tratta di leucemia ho qualche dubbio che la colpa sia del DU [uranio impoverito] che produce per lo più Linfoma di Hodgin. Più credibile che sia la conseguenza del bombardamento di depositi di sostanze tossiche […] La precisione in questo caso è quanto mai opportuna ad evitare le ''smentite'' ipocrite del caso. >>

G. Vlaic: << Sono più che d'accordo con Alberto. Non credo che si faccia cosa saggia nell'indicare sempre e comunque il DU come sorgente di tutti i possibili tumori, dobbiamo ricordarci che i bombardamenti sugli stabilimenti industriali hanno sversato in atmosfera e nelle falde schifezze di tutti i tipi. Il caso dei lavoratori della Zastava morti di tumore al fegato due-tre anni dopo aver rimosso le macerie dimostra che non è stato il DU… >>

Sui bombardamenti contro le industrie e i depositi chimici, sui bombardamenti al DU e sull'uso di altre armi e modalità di guerra proibite da parte dei paesi della NATO, inclusa l'Italia, nel corso della aggressione della primavera 1999, finalizzata a smembrare ciò che restava della Jugoslavia ed a strapparle la provincia del Kosovo creando un narco-Stato sotto tutela coloniale, si veda la documentazione alle nostre pagine dedicate: 
ATTI DEL CONVEGNO "TARGET" (Vicenza 2009) ED ALTRA DOCUMENTAZIONE: https://www.cnj.it/24MARZO99/2009/TARGET/ATTI/atti.html




La guerra, tendenza strutturale del capitalismo

1) Milano 9/3: L'Europa, che non vogliamo
2) La strada della guerra (Jorge Cadima)
3) La nuova strategia di guerra della Nato (Manlio Dinucci)


VEDI ANCHE: 

VIDEO: Il Capro espiatorio

How to Make a Bad Situation Worse
An expert at Berlin's Institute for International and Security Affairs (SWP) is warning against an expansion of German-European military missions…
http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58725

Wie man schlechte Situationen verschlimmert
Ein Experte der Berliner Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP) warnt vor einer Ausweitung deutsch-europäischer Militäreinsätze…
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58809


=== 1 ===

La UE sta agendo come forza imperialista nei confronti di numerosi Paesi: in medio oriente (Siria), in Africa (la Libia, il Mali, il Centrafrica, etc) e nella stessa Europa orientale (già in Jugoslavia ora in Ucraina e altri paesi ex URSS). Queste azioni sono azioni di guerra, alcune volte palesi altre mascherate, minando la sovranità nazionale, portando morte, miseria e distruzione ai popoli di questi Paesi. Riceviamo e volentieri vi inoltriamo l'invito a questa interessante iniziativa:

L'Europa,
che non vogliamo

domenica 9 marzo 2014
alle ore 15.30
presso la Casa Rossa
via Monte Lungo 2  - Milano
[MM1 Turro]

Relazioni di

Michele D’Arasmo   Ex console onorario di Bielorussia
Spartaco Puttini     Ricercatore
 
seguirà
aperitivo popolare in sostegno alla causa
 
via Monte Lungo 2 – Milano [Metropolitana MM1 Turro]
per info:
cell. 3383899559 - e-mail lacasarossamilano@...
web casa-rossa.blogspot.it


=== 2 ===


La strada della guerra

di Jorge Cadima | da “Avante”, settimanale del Partito Comunista Portoghese
Traduzione di Marx21.it

Dall'Ucraina al Venezuela, dall'Africa e dal Medio Oriente ai mari della Cina, si moltiplicano i segnali che la tendenza predominante delle potenze imperialiste è per la guerra generalizzata, l'autoritarismo più violento e il fascismo. Sia attraverso l'aggressione aperta e diretta, sia attraverso gruppi di mercenari al soldo, gli imperialismi in crisi sistemica sono in guerra aperta contro i popoli e in guerra mascherata tra loro, come ancora recentemente ha dimostrato la telefonata della “diplomatica” degli Stati Uniti Victoria Nuland al suo ambasciatore a Kiev. Nella lotta contro governi che si azzardano a dar prova di sovranità, ricorrono a paleo-fascisti, il cui legame diretto con le orde naziste della II Guerra mondiale nessuno può contestare. Come i il fondamentalismo religioso più retrogrado e reazionario è apprezzato in Libia e in Siria, anche l'antisemitismo dei fascisti ucraini diventa “europeo” e “democratico”. La signora Nuland ha confessato in una Conferenza Internazionale delle Trattative patrocinata dalla Chevron (13.12.13) che negli ultimi 20 anni gli USA hanno speso più di cinque miliardi di dollari per sovvenzionare la sovversione in Ucraina. Mentre sono ritirati gli aiuti alimentari ai nordamericani in condizione di fame perché “non hanno denaro”.

Chi pensa che ciò sia un'esagerazione farebbe bene ad ascoltare qualcuno che viene dal cuore del sistema e ne conosce le viscere, sebbene sia oggi un dissidente. Paul Craig Roberts (PCR) ha fatto parte dei governi di Ronald Reagan ed è stato vicedirettore del Wall Street Journal. Oggi scrive che “l'Unione Sovietica rappresentava un ostacolo al potere degli USA. Il collasso sovietico ha consentito l'offensiva neo-conservatrice per l'egemonia mondiale degli USA. La Russia sotto Putin, la Cina e l'Iran sono gli unici ostacoli all'agenda neo-conservatrice. I missili nucleari della Russia e la sua tecnologia militare trasformano la Russia nel più forte ostacolo militare all'egemonia degli USA. Per neutralizzare la Russia, gli USA hanno infranto accordi […], hanno allargato la NATO a parti prima integranti dell'impero sovietico […] e Washington ha modificato la sua dottrina della guerra nucleare per permettere un attacco nucleare iniziale. […] L'esito probabile dell'audace minaccia strategica con cui Washington si sta confrontando con la Russia sarà la guerra nucleare” (14.2.14). Con il titolo “Washington spinge il mondo verso la guerra”, PCR scrive (14.12.13): “la guerra fatale per l'umanità è la guerra con la Russia e la Cina a cui Washington sta spingendo gli USA e gli stati fantocci di Washington nella NATO e in Asia. […] L'unica ragione per cui Washington vuole installare basi militari e missili alle frontiere della Russia è per negare alla Russia la possibilità di resistere all'egemonia di Washington. La Russia non ha minacciato i suoi vicini e […] è stata estremamente passiva di fronte alle provocazioni degli Stati Uniti. Ciò sta cambiando […] ed è evidentemente chiaro al governo russo che Washington sta preparando un attacco iniziale demolitore contro la Russia. […] L'atteggiamento militare aggressivo di Washington nei confronti della Russia e della Cina rivela un'auto-fiducia estrema che solitamente conduce alla guerra”. Sull'Ucraina, scriveva PCR già mesi fa (4.12.13): “L'UE vuole che l'Ucraina aderisca perché l'Ucraina possa essere saccheggiata, come lo sono state la Lettonia, la Grecia, la Spagna, l'Italia, l'Irlanda e il Portogallo. […] Gli USA vogliono l'adesione dell'Ucraina per potervi posizionare basi missilistiche contro la Russia”.

L'ex governante di Reagan non riconosce che l'ostacolo decisivo al bellicismo imperialista è la lotta dei popoli. Ma è più lucido di molti che si dichiarano “di sinistra”, quando avverte la Cina e la Russia contro illusioni e concessioni. “E' poco probabile che la Cina si lasci intimidire, ma potrebbe essere insidiata se la sua riforma economica aprisse l'economia cinese alla manipolazione occidentale” dice PCR (4.12.13), che mette in guardia anche dalla “quinta colonna” di “laureati che gli USA programmano di far tornare in Cina”. Ed è caustico con la tolleranza della Russia e dell'Ucraina “che scioccamente hanno permesso che un grande numero di ONG finanziate dagli USA agissero come agenti di Washington sotto la copertura di “organizzazioni per i diritti umani”, “costruttori della democrazia”, ecc” (14.2.13). Le illusioni sulla natura dell'imperialismo e sul tradimento di aspiranti impiegati ricchi si pagano caro. I popoli del mondo hanno già pagato un prezzo sufficientemente elevato.


=== 3 ===

RIUNITI A BRUXELLES I MINISTRI DELLA DIFESA

La nuova strategia di guerra della Nato 

Manlio Dinucci
su Il Manifesto del 28 febbraio 2014

Una Pinotti raggiante di gioia, per la sua prima volta alla Nato (il sogno di una vita), ha partecipato alla riunione dei ministri della difesa svoltasi il 26-27 febbraio al quartier generale di Bruxelles. 
Primo punto all’ordine del giorno l’Ucraina, con la quale –  sottolineano i ministri nella loro dichiarazione – la Nato ha una «distintiva partnership» nel cui quadro continua ad «assisterla per la realizzazione delle riforme». Prioritaria «la cooperazione militare» (grimaldello con cui la Nato è penetrata in Ucraina). I ministri «lodano le forze armate ucraine per non essere intervenute nella crisi politica» (lasciando così mano libera ai gruppi armati) e ribadiscono che per «la sicurezza euro-atlantica» è fondamentale una «Ucraina stabile» (ossia stabilmente sotto la Nato). 

I ministri hanno quindi trattato il tema centrale della Connected Forces Initiative, la quale prevede una intensificazione dell’addestramento e delle esercitazioni che, unitamente all’uso di tecnologie militari sempre più avanzate, permetterà alla Nato di mantenere un’alta «prontezza operativa ed efficacia nel combattimento». Per verificare la preparazione, si svolgerà nel 2015 una delle maggiori esercitazioni Nato «dal vivo», con la partecipazione di forze terrestri, marittime e aeree di tutta l’Alleanza. La prima di una serie, che l’Italia si è offerta di ospitare. 

Viene allo stesso tempo potenziata la «Forza di risposta della Nato» che, composta da unità terrestri, aeree e marittime fornite e rotazione dagli alleati, è pronta ad essere proiettata  in qualsiasi momento in qualsiasi teatro bellico. Nell’addestramento dei suoi 13mila uomini, svolge un ruolo chiave il nuovo quartier generale delle Forze per le operazioni speciali che, situato in Belgio, è comandato dal vice-ammiraglio statunitense Sean Pybus dei Navy SEALs. 

La preparazione di queste forze rientra nel nuovo concetto strategico adottato dall’Alleanza, sulla scia del riorientamento strategico statunitense. Per spiegarlo meglio è intervenuto a Bruxelles il segretario alla difesa Chuck Hagel, che ha da poco annunciato un ridimensionamento delle forze terrestri Usa da 520mila e circa 450mila militari. Ma, mentre riduce le truppe, il Pentagono accresce le forze speciali da 66mila a 70mila, con uno stanziamento aggiuntivo di 26 miliardi di dollari per l’addestramento. Gli Usa, spiega Hagel, «non intendono  più essere coinvolti in grandi e prolungate operazioni di stabilità oltremare, sulla scala di quelle dell’Iraq e l’Afghanistan». È il nuovo modo di fare la guerra, condotta in modo coperto attraverso forze speciali infiltrate, droni armati, gruppi (anche esterni) finanziati e armati per destabilizzare il paese, che preparano il terreno all’attacco condotto da forze aeree e navali. La nuova strategia, messa a punto con la guerra di Libia, implica un maggiore coinvolgimento degli alleati.

In tale quadro il ministro Pinotti ha ricevuto l’onore di avere a Bruxelles un colloquio bilaterale col segretario Hagel che, si legge in un comunicato del Pentagono, «ha ringraziato la Pinotti per la sua leadership e per il forte contributo dell’Italia alla Nato, inclusa la missione Isaf». Hagel ha anche espresso il solenne «impegno di continuare a cercare modi per approfondire la relazione bilaterale con l’Italia». C’è da aspettarsi quindi ancora di più dalla «relazione bilaterale» con gli Usa, oltre agli F-35, al Muos di Niscemi, al potenziamento di Sigonella e delle altre basi Usa sul nostro territorio, all’invio di forze italiane nei vari teatri bellici agli ordini di fatto del Pentagono. Soprattutto ora che ministro della difesa è Roberta Pinotti, la cui «leadeship» ha contribuito a far salire l’Italia al decimo posto tra i paesi con le più alte spese militari del mondo: 70 milioni di euro al giorno, secondo il Sipri, mentre si annunciano nuovi tagli alla spesa pubblica.