Informazione


COSA STIAMO A FARE IN AFGHANISTAN


L’économie afghane se re-convertit à l’opium
RÉSEAU VOLTAIRE | 14 NOVEMBRE 2013 - Selon l’Office des Nations unies contre la drogue et le crime (ONUDC), la production d’opium en Afghanistan a augmentée de 49 % en 2012 et devrait encore augmenter de 36 % en 2013. En 2014, le pays devrait fournir 90 % de l’opium mondial.
L’économie afghane se tourne à nouveau presque exclusivement vers les drogues alors que les forces internationales s’apprêtent à se retirer et qu’un nouveau président doit être élu en avril. (Source: http://www.voltairenet.org/article181010.html )



IL FATTO QUOTIDIANO


Droga, in Afghanistan soldati-trafficanti. La storia dimenticata della parà italiana


Secondo l'Onu per l'oppio è stato un anno di produzione record, anche nella zona di Kabul, sotto il controllo delle truppe Nato. In Italia è finita in nulla l'inchiesta militare partita dal caso di Alessandra Gabrieli, militare della Folgore diventata tossicodipendente e spacciatrice dopo la missione. Indagini simili sono state insabbiate in Canada e Regno Unito


Ci sono storie che qualcuno preferisce dimenticare. Come quella dell’ex caporalmaggiore Alessandra Gabrieli: prima donna parà d’Italia, eroina nazionale divenuta eroinomane in caserma, finita in carcere due anni fa per spaccio dopo aver denunciato il giro di droga tra i soldati reduci dell’Afghanistan che se la riportano in Italia di ritorno dalla missione. Una denuncia clamorosa cui le autorità militari italiane non hanno dato seguito, com’è accaduto per analoghe inchieste estere sul coinvolgimento di militari Nato nel traffico di eroina dall’Afghanistan. Un paese che in dodici anni di occupazione occidentale ha visto regolarmente aumentare le produzione di oppio. Quest’anno si è raggiunto il record storico, secondo l’ultimo rapporto dall’agenzia antidroga dell’Onu: tutti evidenziano l’aumento della coltivazione di oppio nelle regioni sotto controllo della guerriglia talebana (+34% in Helmand, +16% a Kandahar), ma nessuno nota che nella provincia di Kabul, sotto diretto controllo del governo centrale, la produzione è aumentata del 148%. E l’Afghanistan è tornato a essere il maggior produttore di eroina del mondo.

LA STORIA DI ALESSANDRA, LA PRIMA PARA’ DONNA IN ITALIA. Alessandra portava i capelli castani aggrovigliati in una criniera di dreadlock e il piercing al naso. Suo padre, ufficiale dell’esercito, non approvava. Ma lei era una ragazzina ribelle. Sognava di fare l’artista e coltivava la sua passione nelle aule del liceo artistico Paul Klee di Genova, la sua città. Con il passare del tempo, però, il suo spirito alternativo l’ha allontanata anche da questo ribellismo convenzionale, spingendola alla ricerca di qualcosa che fosse veramente fuori dagli schemi. “Volevo fare qualcosa di diverso e di più utile rispetto alle mie coetanee”, racconterà in seguito. Così a 19 anni, dopo l’esame di maturità, si è rasata i capelli, si è tolta l’orecchino dal naso e, per la gioia di suo padre, si è arruolata nell’esercito. Non in un corpo qualsiasi, ma nella brigata Folgore, diventando la prima donna paracadutista d’Italia. Non è stata facile, ma lei ce l’ha messa tutta e ha fatto rapidamente carriera: ha preso i gradi di caporalmaggiore ed è stata inviata in missione all’estero: prima in Kosovo, poi in Libano, e perfino in Iraq, a Nassiriya. I giornali la intervistavano spesso: era diventa una specie di leggenda, un’eroina nazionale. Ma la vita in missione era dura, soprattutto per una donna, e lei pian piano iniziava a sentire il peso della sua scelta.

Nel 2007, nella caserma Vannucci di Livorno, Alessandra si trovava insieme ai suoi compagni, reduci dall’Afghanistan. Le hanno offerto di fumare con loro: eroina, purissima, afgana. Per il caporalmaggiore Gabrieli è stato l’inizio della fine. Di lì a due anni, la tossicodipendenza l’ha costretta ad abbandonare la divisa e a tornare a Genova da sua madre, dove ha iniziato a vivere di espedienti per tirare avanti, finendo presto a spacciare per procurarsi i soldi per la roba. Il 12 agosto del 2011 Alessandra, ormai segnata dall’abuso di droga, viene fermata dai Carabinieri nel corso di un’operazione antidroga volta a sgominare una rete di spaccio tra Milano e Genova. I militari le trovano in macchina 9 grammi di eroina e molta di più ne rinvengono a casa sua. In tutto 35 grammi di roba purissima che, secondo i periti dell’Arma, avrebbero fruttato fino a quattrocento dosi, a seconda del taglio. Alessandra viene arrestata con l’accusa di detenzione e spaccio di stupefacenti.

“INIZIATA ALL’EROINA DAI MILITARI DELL’ISAF”. Agli inquirenti della squadra investigativa del nucleo operativo dei Carabinieri di Sampierdarena, guidata dal tenente Simone Carlini, l’ex paracadutista racconta com’è entrata nel tunnel della tossicodipendenza. “Mi hanno iniziato all’eroina alcuni militari della missione Isaf di ritorno dall’Afghanistan. È successo nel 2007 ed eravamo nella caserma della Folgore a Livorno. Ritengo che quello stupefacente, molto probabilmente, venisse portato direttamente dall’Asia”. Il 20 settembre 2011 Alessandra viene condannata a tre anni e mezzo di reclusione. Ma le sue scottanti dichiarazioni costringono il titolare delle indagini, il pm genovese Giovanni Arena, a trasmettere il fascicolo alla Procura militare di Roma, che apre un’inchiesta. Le accuse dell’ex caporalmaggiore Alessandra Gabrieli non solo rivelano l’uso di droghe tra i militari italiani di ritorno dal fronte, ma adombrano addirittura il loro coinvolgimento nel traffico di eroina dall’Afghanistan. L’imbarazzo della Difesa è forte, e l’allora ministro Ignazio La Russa preferisce “non rilasciare commenti, in attesa dello sviluppo delle indagini”.

Ma di sviluppi non ce ne saranno perché l’inchiesta militare viene subito archiviata. “Non siamo competenti su questo tipo di reati”, dichiara Marco De Paolis, procuratore militare di Roma. “Spetta alla magistratura ordinaria occuparsi di stupefacenti”. Con l’emissione della sentenza di condanna da parte del giudice Carla Pastorini, il caso viene definitivamente chiuso e sulla vicenda cala il silenzio. Alessandra viene rinchiusa nel carcere genovese di Pontedecimo e del giro di eroina afgana tra i soldati italiani di ritorno da Kabul non parlerà più nessuno. Per il difensore legale di Alessandra, l’avvocato Antonella Cascione, la conclusione di questa vicenda assomiglia tanto a un insabbiamento nel quale la sua assistita ha svolto il classico ruolo di capro espiatorio. “Parlo come privata cittadina: le dichiarazioni di Alessandra rischiavano di scoperchiare un vaso di Pandora, e hanno pensato bene di sigillare subito il tappo, con lei dentro. Pensavo sarebbe scoppiato il pandemonio, invece hanno messo tutto sotto silenzio, semplicemente ignorando la sua denuncia, che si è infranta contro un vero e proprio muro di gomma”.

MILITARI-TRAFFICANTI, MURO DI GOMMA ANCHE IN CANADA E UK. Un muro di gomma che non riguarda solo l’Italia. Nel settembre 2010 il ministero della Difesa del Regno Unito avvia un’indagine sul coinvolgimento di soldati britannici e canadesi nel traffico di eroina afgana attraverso la base della Royal Air Force di Brize Norton, nell’Oxfordshire: il principale aeroporto di sbarco delle truppe di ritorno dal fronte, dove ogni settimana atterrano circa 700 soldati provenienti dalle basi Nato nel sud dell’Afghanistan. Il quotidiano che dà notizia dell’inchiesta, il Sunday Times, cita anche la testimonianza di un narcotrafficante afgano: “La maggior parte dei nostri clienti, esclusi i trafficanti all’estero, sono i militari stranieri: a fine missione ce la ordinano, noi gliela vendiamo e loro se la portano a casa sugli aerei militari dove tanto nessuno li controlla. Ne comprano tanta”. L’inchiesta militare britannica, accompagnata da un irrigidimento dei controlli alla base Raf di Birze Norton, genera molto scalpore mediatico, ma sulla vicenda cala presto il silenzio più completo.

La Difesa canadese, da parte sua, archivia velocemente la questione come infondata. Un anno dopo, però, il consigliere del Capo di stato maggiore delle forze armate canadesi, Sean Maloney, dichiara alla stampa: “Non sono affatto sorpreso che soldati occidentali smercino eroina dalle basi aeree della Nato in Afghanistan, usate dai signori della droga locali per trafficare la droga direttamente in Occidente, tagliando fuori gli intermediari pachistani e realizzando così profitti molto più elevati”. Numerose altre fonti confermano questi traffici, che vedono coinvolti non solo i militari occidentali ma anche, e soprattutto, le compagnie private di contractors, i cui velivoli operanti dagli aeroporti Nato sono esenti da controlli al pari dei voli militari. “I contractors impiegati in Afghanistan dal Pentagono, dalla Cia e dalla Nato sono una straordinaria banda di profittatori che speculano sulle guerre”, sostiene l’ex direttore dell’agenzia antidroga dell’Onu, Antonio Maria Costa. “Negli anni ho ricevuto dalle agenzie governative diversi rapporti riservati che contenevano accuse pesanti nei confronti di alcune di queste società riguardo al loro coinvolgimento nel contrabbando di droga: ritengo che non si tratti di accuse infondate”.

IL DIRIGENTE ONU: “NE RIPARLIAMO QUANDO SARO’ IN PENSIONE”. Il successore di Maria Costa alla guida dell’Unodc, Yuri Fedotov, interpellato sullo stesso argomento replica in modo eloquente: “Data la carica che ricopro, rispondo che non ho informazioni in merito, ma se ne riparliamo quando sarò in pensione la mia posizione potrebbe essere diversa”. Oltre mezzo secolo di storia di interventi armati – dallo sbarco alleato in Sicilia alla guerra in Vietnam, dal sostegno americano ai contras nicaraguensi a quello ai mujahedin afgani contro i sovietici – dimostra che il coinvolgimento dei militari nel narcotraffico è una costante, conseguenza di una realpolitik che porta a sacrificare ciò che è giusto (contrastare il narcotraffico) in nome di ciò che è necessario (sconfiggere il nemico). Anche per sconfiggere i talebani e mantenere il controllo dell’Afghanistan l’Occidente ha scelto di sostenere personaggi notoriamente coinvolti nel narcobusiness – dal clan Karzai in giù – chiudendo un occhio su questi traffici, anche quando coinvolgono strutture e personale militare Nato. Se poi qualcuno li tira fuori, come ha fatto Alessandra, basta far finta di niente e dimenticarsene. 



(srpskohrvatski / francais / italiano / deutsch)

Volksdeutschen gegen Jugoslawien

1) Introduzione
2) КОЈИ ЈЕ ЦИЉ РЕХАБИЛИТАЦИЈЕ  ФОЛКСДОЈЧЕРА (SUBNOR 1.11.2013.)
3) Le précédent croate (GFP 19/10/2005)
4) Des prétentions globales (GFP 17/11/2005)
5) Sklavenhalter (GFP 12.09.2008)


=== 1 ===

Introduzione

Con l'espressione "Volksdeutschen" sono indicati in tedesco i "tedeschi per etnia", cioè quei gruppi di lingua tedesca stanziati nei paesi dell'Europa centro-orientale che furono piede di porco per l'occupazione nazista. I più famosi "Volksdeutschen" sono i tedeschi dei Sudeti, che "motivarono" l'aggressione hitleriana della Cecoslovacchia. Nel 1945, per ovvi motivi, milioni di questi Volksdeutschen dovettero ritirarsi in Germania assieme alle truppe del Reich in ritirata. Questa circostanza viene oggi usata in ambito politico-diplomatico dalla Germania per pesanti rivendicazioni contro Repubblica Ceca, Polonia, Romania, repubbliche jugoslave, ed altri paesi nei quali, dopo l'abbattimento del Muro di Berlino, si stanno ribaltando gli esiti della II Guerra Mondiale. In questa operazione che è insieme di revisionismo storico e di ri-assoggettamento imperialista, le organizzazioni degli esuli "Volksdeutschen" cercano e trovano l'appoggio di analoghe organizzazioni revansciste di altri paesi, quali ad esempio i gruppi degli esuli istrodalmati in Italia (si veda: https://www.cnj.it/documentazione/IRREDENTE/romaberlinofoibe.htm ). Particolarmente deboli, di fronte a tali rivendicazioni, sono le piccole repubbliche emerse dalla digregazione jugoslava: d'altronde, non è per caso che proprio la Germania sia stata la principale sponsor delle secessioni e dello sfascio jugoslavo, poichè tramite tali secessioni e tale sfascio essa può conseguire i suoi obiettivi strategici e revanscisti. 
La fase storica è tale per cui il revascismo tedesco e di altri Stati nei confronti di paesi e popoli dell'Europa centro-orientale trova un appoggio determinante sia da parte degli Stati Uniti d'America - che hanno intravisto inizialmente in queste pressioni uno degli strumenti per fare piazza pulita dei sistemi socialisti e dell'ordine geopolitico instaurato nel 1945, ed ora vi scorgono un potente fattore di destabilizzazione e ricatto verso la stessa Europa - sia da parte dei paesi egemoni della Unione Europea - le cui classi dirigenti, oltre alla volontà di sbarazzarsi di tutte le dirigenze ex-socialiste, concordano anche nel progetto regionalista ed etnicista ("Europa delle regioni") finalizzato a distruggere ogni residuo di "stato sociale", cioè servizi pubblici e contratti nazionali di lavoro, uccidendo i legami di solidarietà civica basata sulla cittadinanza e non sulla "etnia", e mettendo i lavoratori gli uni contro gli altri. 

(A cura di Italo Slavo)


=== 2 ===

Il SUBNOR sulla riabilitazione dei "Volksdeutschen" 

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КОЈИ ЈЕ ЦИЉ РЕХАБИЛИТАЦИЈЕ  ФОЛКСДОЈЧЕРА

Пише: проф. др Миодраг Зечевић


Недавно је Виши суд у Сомбору колективно рехабилитовао 113 фолксдојчера из општине Оџаци стрељаних за учињене злочине над Србима, Ромима, Јеврејима и другима у току окупације.

На основу одлуке суда Војне управе и нових територијалних органа власти стрељана су та лица 23. новембра 1944. године. Њих је колективно рехабилитовао Виши Суд у Сомбору и прогласио их невинима и идеолошким жртвама комунизма. Виши суд је донео ову одлуку без увида у архивску грађу и провере њихове појединачне одговорности.

За разлику од овог суда, у другим местима судови не дозвољавају колективну рехабилитацију, бар коју покреће СУБНОР за учињене колективне злочине од стране квислинга и колаборације. На позитивну одлуку судова по тим предметима јавни тужиоци улажу обавезно жалбе и тако одлажу правноснажност донете пресуде.

РАЗЛИЧИТИ АРШИНИ ТУЖИЛАЦА И СУДОВА

Није забележено да су јавни тужиоци поднели и једну жалбу на хиљаде пресуда судова којима су рехабилитовани квислнзи и други сарадници окупатора за злочине и недела која су учинили према припадницима НОП-а и грађанима Србије. Ни у овом случају до сада јавни тужилац није уложио жалбу на пресуду тог суда.

Касациони суд, пред којим је покренуто питање уједначавања судске праксе, прогласио се ненадлежним и избегао изјашњавање, мада је једини надлежан.

Кажњавање Немаца за ратне злочине и злочине против човечности  била је међународна сваезничка одлука и обавеза  установљена међународним одлукама и споразумима. Московска декларација (30.X.1943.) утврђује одговорност хитлероваца за почињена зверства (злочине), а Лондонски споразум (8.VII.1945.) обавезу судског гоњења и кажњавање учинилаца за ратне злочине и злочине против човечаности. Кажњавање починиоца постало је не само право државе, већ и међународна обавеза да процесуира такве учиниоце.

У току 1943. године свака од савезничких држава била је у обавези да образује орган за утврђивање и кажњавање учинилаца ратних злочина. Свих 20 савезничких држава је у току 1943. године на основу одлуке Уједињених нација образовало националне органе за утврђивање одговорности и кажњавање учиниоца за ратне злочине.

Одлуком АВНОЈ-а (бр. 9 од 30.XI.1943. године) образована је при председништву НКОЈ-а Државна комисија за утврђивање злочина окупатора и његових помагача са задатком утврђивања одговорности, проналажења и привођења казни лица одгворних за злочине које су за време рата учинили окупатори и његови помагачи. Правилник о раду Комисије донет је на седници НКОЈ 8. маја, 1944. године.

СУРОВИ ЗЛОЧИНИ ФАШИСТА И ПОМАГАЧА

Комисију Уједињених Нација (КУН) за ратне злочине основале су све савезничке државе, октобра 1943. године са седиштем у Лондону. Комисија је донела правилник као обавезан документ и за националне органе, утврдивши  поступак и обавезу проналажења, привођења и идентификовања лица која су вршила ратне злочине и њихово предавање надлежним органима.

У Југославији су, поред Државне комисије, биле образоване комисије федералних јединица, покрајина, округа, срезова, општина и градова које су радиле на проналажењу, идентификовању, утврђивању одговорности и надлежним органима предавали лица и податке о њима. То је био повезан систем савезничких држава са задатком уједначавања активности на проналажењу учинилаца ратних злочина и њиховом кажњавању.

Злочини које су чиниле фашистичке државе као окупатори и освајачи били су толико сурови, масовни и бестијални да су савезници предлагали одмазду према одређеним народима, посебно кажњавање делова појединих народа фашистичких држава због непримерене суровости према другим народима. У том склопу је и одговорност немачке народности у Краљевини Југославији. Припадници немачке народности, са малим изузетком, понашали су се као сурови окупатори и немачки а не југословенски држављани. У Краљевини Југославији припадници немачке народности образовали су фашистичку организацију под називом „Културбунд“ („Културни савез“), која је вршила улогу „пете колоне“. За време окупације био је у систему организације немачке државе и деловао као део немачког окупационог устројства и део власти и политике немачке државе.

Највећи део немачког народа насељен у Војводини са наступљњем Црвене Армије и јединица Народно-ослободилачке војске повукао се испред немачких јединица бојећи се одговорности за злочине учињене за време рата. Организација „Култур бунд“ и њени чланови проглашени су и оптужени за велеиздајуЈугославије и као таквима је суђено. Као организација Гестапоа (немачке контра-обавештајне службе) за време априлског рата учествовала је у разбијању, заробљавању и стрељању војника Краљевине Југославије а пре рата шпијунирала је за рачун немачке обавештајне службе.

Од чланова „Култур бунда“ за време Другог светског рата из Југославије образовано је седам (7) немачких СС дивизија (фашистички оружани део Вермахта) између којих по злу и злочинима познатих 113 СС дивизија, дивизија „Принц Еуген“ и друге које су већим делом ратовале на југословенском и совјетском бојишту и чиниле страшне злочине. Од 7962 Немаца који су проглашени за ратне злочинце за учињене злочине у Југославији, 2560 су фолксдојчери из Југославије. [1]

ЧИЈИ ЈЕ ТО СУД

Питање се поставља чији је сомборски суд, коме за учињене злочине суди и чије злочине аболира. По свему то је суд који суди Народно-ослободилачкој борби и припадницима народно-ослободилачког покрета због тога што су се дрзнули да суде и казне оне који су чинили бестијане злочине према припадницима народа окупиране државе као носиоци фашистичке окупационе власти, фашистичке идеологије и политике.

Законску самосталност суда, судија и јавних тужилаца треба поштовати и уважавати. Али друштво треба заштитити од злоупотребе и предвидети правну одговорност појединаца за одлуке уперене против интереса своје земље и деловање у корист страних држава, под плаштом судске независности. У овом случају имамо делатности против интереса државе и међународног права а не појединачно преиспитивање и уклањање могућих учињених грешака у кажњавању.

Рехабилитују злочинци и суде њиховим жртвама које поново убијају. Питање се поставља докле ће овај државни кошмар и насиље над историјом и истином? За чији рачун се ради? Није у корист историјске истине и исправљања грешака. Ово је насиље  снага за које се веровало да се више неће појавити.

Овим путем рехабилитује се дело учињено од стране ових лица а са тим и оно због чега су учинили то што су учинили. Рехабилитује се фашистичка идеологија, оправдава њено дело и призива њен повратак.

Србија је рехабилитујући квислинштво и колаборацију са фашистичким окупаторима а сада све више и окупаторско фашистичко дело постала у заједници са балтичким државицама реакционарна европска држава и себи додала још један атрибут који љубоморно чува на свом путу у Европу.



[1] Извештај Државне комисије за утврђивање злочина окупатора и његових помагача.



=== 3 ===

Der folgende Tekst auf deutscher Sprache:

Präzedenzfall Kroatien 
19.10.2005 - ZAGREB/WIEN/BERLIN (Eigener Bericht) - Kroatien wird umgesiedelten "Volksdeutschen" ab dem kommenden Jahr Entschädigungen für wegen NS-Kollaboration entzogenes Eigentum gewähren. Dies ist der Inhalt eines jetzt bekannt gewordenen Abkommens zwischen Wien und Zagreb, das die Parlamente beider Länder in Kürze unterzeichnen werden. Es kommt denjenigen Umgesiedelten zugute, die auf heute kroatischem Territorium enteignet wurden..



Le précédent croate
 

19/10/2005

ZAGREB/VIENNE/BERLIN
 
(Compte-rendu de la rédaction) – La Croatie accordera à partir de l’année prochaine des réparations aux "Allemands de souche" pour les propriétés saisies en raison d’une collaboration avec les Nazis. C’est le contenu d’un accord entre Vienne et Zagreb qui vient d’être rendu public, accord que les parlements des deux pays devraient ratifier bientôt. Il profite à ces migrants qui ont été privés de leurs biens sur le territoire qui appartient aujourd’hui à la Croatie et qui se sont établis en Autriche. Une loi dans le même sens, prévoyant des réparations, est actuellement examinée à Belgrade et elle devrait rendre possible aux migrants autrichiens aussi une mainmise sur le territoire serbe. Berlin profite du succès des négociations autrichiennes. Déjà au mois de juin de l’année dernière le gouvernement fédéral avait "signalé au gouvernement croate son intérêt quant aux réparations pour les réfugiés allemands".
Comme le confirme Nikola Mak, le représentant des minorités de langue allemande au parlement croate, les députés de Zagreb souhaitent approuver l’accord austro-croate avant la fin de cette année.[1] La Croatie avait dans un premier temps appliqué à la seule Croatie la loi sur les réparations du 11 octobre 1996 qui revenait sur les expropriations prononcées dans l’après-guerre par le gouvernement socialiste. Une décision de la Cour constitutionnelle du pays du 21 avril 1999 a toutefois établi que cette loi doit s’appliquer également aux citoyens d’autres États. Après la nouvelle mouture de la loi (5 juillet 2002), les gouvernements de Zagreb et de Vienne ont commencé le travail pour aboutir à un accord bilatéral pour son application, accord qui est techniquement chose faite depuis le mois d’avril. Le gouvernement croate a déjà donné sa bénédiction à cet accord, et la ratification par le parlement autrichien est une pure formalité.

Exemptés des sanctions

L’expropriation des biens des "Allemands de souche" pour lesquels l’accord austro-croate prévoit désormais des réparations remonte aux lois dites d’AVNOJ (l’AVNOJ est le Conseil anti-fasciste pour la libération de la Yougoslavie, ndt), l’équivalent des lois proclamées par Benes en Tchécoslovaquie. Comme celles-ci, les lois d’AVNOJ frappent les collaborateurs et les profiteurs du régime nazi, excluant de l’expropriation et de l’exil ceux qui s’étaient solidarisés avec les populations opprimées dans les territoires occupés par les Allemands, ou participé activement à la résistance. Ainsi, une loi yougoslave du 8 juin 1945 précise: "Sont exclus des mesures d’expropriation les citoyens et les propriétés des citoyens yougoslaves d’appartenance ethnique ou d’origine allemande, ou ayant de noms allemands" qui "ont participé au mouvement de libération nationale". Etaient à l’abri des sanctions également les personnes qui "en dépit de leur appartenance ethnique allemande se sont mariés avec une personne de l’une des nationalités yougoslaves ou juive (...) ou d’une autre nationalité reconnue", tout comme ceux qui "pendant l’occupation ont refusé de se déclarer (...) comme membre du groupe ethnique allemand".[2]

Les intérêts allemands

Les réparations profitent uniquement à ceux qui à l’époque n’ont pas été exemptés des mesures d’expropriation et d’exil. Si les termes exacts de l’accord sont encore tenus secrets, les représentants des unions autrichiennes des réfugiés encouragent leurs membres à "préparer d’ores et déjà les documents et les papiers nécessaires".[3] Peuvent faire valoir leurs droits aussi les descendants des réfugiés qui sont entre-temps décédés. On estime qu’il y aura environ 10 000 demandes de réparation. Ce chiffre ne concerne que les demandeurs autrichiens. L’Italie aussi, qui après la fin de la guerre a également accueilli de nombreux collaborateurs des occupants ("esuli"), est en train de négocier avec la Croatie à propos des réparations. Mais c’est l’Allemagne qui profite le plus du succès des négociations autrichiennes.[4] Le secrétaire d’État aux affaires étrangères, Jürgen Chrobog, a déclaré déjà au mois de juin de l’année dernière à propos des négociations entre Vienne et Zagreb sur les réparations: "Le gouvernement de la république fédérale a signalé au gouvernement croate son intérêt quant aux réparations pour les réfugiés allemands".[5]

Problèmes d’application pratique

La Serbie aussi prépare une loi sur les réparations, très proche pour l’essentiel du modèle croate, et comme elle, n’exclut pas des revendications extérieures. Le gouvernement de Belgrade a déjà fait passer une "loi sur la déclaration et les preuves des propriétés expropriées" qui est entrée en vigueur début juin. Cette loi exige que les demandes de réparation soient effectuées avant le 30 juin 2006, et elle sert à déterminer la somme totale des requêtes. Quant au montant effectif des réparations, il sera fixé par une loi à venir, qui est actuellement à l’examen dans la capitale serbe. Avec la Serbie, un troisième pays né de la division de l’ancienne Yougoslavie s’ouvre ainsi à l’emprise des anciens collaborateurs et profiteurs du régime nazi. Comme le confirme le porte-parole du ministère des affaires étrangères autrichien à la demande de german-foreign-policy.com, il y a d’ores et déjà les conditions juridiques pour des réparations en Slovénie aussi: "Le seul problème est ici leur application pratique".

Un précédent

Comme l’affirment les protagonistes autrichiens de ces négociations révisionnistes, l’accord entre Vienne et Zagreb peut servir comme précédent pour d’autres pays européens. Le texte de l’accord serait "un exemple pour beaucoup d’autres États", déclare le parlementaire autrichien Norbert Kapeller (ÖVP): la république tchèque en particulier devrait se consacrer dans un futur proche aux "chapitres obscurs" de son passé.[6] Les exigences autrichiennes sont encore une fois le fer de lance pour affirmer les positions de droit allemandes. "Le gouvernement actuel de la République fédérale, comme les précédents", peut-on lire dans une déclaration du gouvernement rouge-vert qui vient de céder la place, "ont toujours considéré l’expropriation sans indemnité et l’expulsion des Allemands de l’ancienne Tchécoslovaquie sur la base des décrets de Benes comme une injustice contraire aux lois internationales" [7]. Rien ne laisse supposer que le nouvel gouvernement fédéral s’éloignera de ces positions de droit.

[1] Kroatien will nach Österreich geflüchtete Donauschwaben entschädigen; Der Standard 18.10.2005
[2] Auslegung vom 8. Juni 1945 zu Art. 1, Pkt. 2, des am 21. Novemher 1944 erlassenen AVNOJ-Beschlusses. Sl. List DFJ I/1945, Nr.39, Pos. 347
[3] Entschädigungsabkommen mit Kroatien in Reichweite gerückt; Pressemitteilung des Verbands der Volksdeutschen Landsmannschaften Österreichs 18.05.2005
[4] s. dazu Zangenbewegung
[5] Presseerklärung der Präsidentin des Bundes der Vertriebenen (BdV), Erika Steinbach; 06.08.2004
[6] Kroatien will nach Österreich geflüchtete Donauschwaben entschädigen; Der Standard 18.10.2005
[7] Bury, Hans Martin: Antwort der Bundesregierung auf die schriftlichen Fragen des Abgeordneten Erwin Marschewski, 26.11.2002

s. auch / voir aussi Revisionsachse und Déja vu sowie Großer Irrtum


=== 4 ===

Der folgende Tekst auf deutscher Sprache:

Umfassende Ansprüche 
17.11.2005 - BERLIN/MARBURG/ZAGREB/PRAG (Eigener Bericht) - Die Bundesregierung unterstützt Entschädigungsforderungen deutscher "Vertriebener" im ehemaligen Jugoslawien. Dies geht aus einer neuen Erklärung des Staatssekretärs im Auswärtigen Amt Georg Boomgarden hervor. Damit wird ein weiteres Element der europäischen Nachkriegsordnung erneut in Frage gestellt. In Jugoslawien war - ebenso wie im Potsdamer Abkommen für Polen, die Tschechoslowakei und Ungarn - die Umsiedlung deutschsprachiger Minderheiten verfügt worden, nachdem sich die dortigen "Volksgruppen" als fünfte Kolonnen der NS-Außenpolitik betätigt hatten. Im okkupierten Jugoslawien stellte die NS-begeisterte Minderheit das Gros deutscher Kriegsverbrecher (SS-Division Prinz Eugen). Nachfahren dieser Personengruppe betrachten sich als "Vertriebene" und erheben Anspruch auf materielle Kompensationen. Mit "konkreten rechtlichen Gestaltungsmöglichkeiten" für die Durchsetzung ihrer Forderungen befasst sich eine kürzlich publizierte Studie, die mit Mitteln des Bundesbildungsministeriums finanziert worden ist. Darin heißt es, die "enteigneten Sudetendeutschen" hätten "gegen die Tschechische Republik einen Anspruch auf Entschädigung" im Umfang "von vermutlich mehreren hundert Milliarden Euro".

Des prétentions globales
 

17/11/2005

BERLIN/MARBURG/ZAGREB/PRAGUE
 
(Comte-rendu de la rédaction) - Le gouvernement fédéral appuie les requêtes en dédommagement présentées par les Allemands qui ont été expulsés de l'ancienne Yougoslavie. C'est ce qui ressort d'une nouvelle déclaration du secrétaire d'Etat aux affaires étrangères, Georg Boomgarden. Ainsi, un autre élément de la stabilité européenne de l'après-guerre est remis en discussion. En Yougoslavie - tout comme par l'accord de Potsdam pour la Pologne, la Tchécoslovaquie et la Hongrie - le déplacement forcé des minorités de langue allemande avait été imposé du fait que les "groupes nationaux" locaux s'étaient activés en tant que cinquième colonne de la politique extérieure nazie. Dans la Yougoslavie occupée, cette minorité enthousiaste vis-à-vis du régime nazi constituait le gros des effectifs des criminels de guerre allemands (division SS du prince Eugène). Les descendants de ce groupe de personnes se considèrent comme des exilés et revendiquent des compensations matérielles. Une étude récente, dont la publication a été financée par les fonds du ministère des affaires étrangères allemand, examine les "possibilités juridiques formelles concrètes" pour faire aboutir ces revendications. On peut y lire que "les Allemands des Sudètes qui ont été expropriés" auraient "des prétentions en vue de réparations à l'encontre de la République tchèque", à la hauteur "présumée de plusieurs centaines de milliards d'euros".
Comme le fait savoir le secrétaire d'état aux affaires étrangères, Georg Boomgarden, le gouvernement fédéral allemand continue à "observer" le devenir de l'accord entre l'Autriche et la Croatie à propos des réparations de guerre. Cet accord, dont la ratification est imminente, promet aux profiteurs et aux collaborateurs nazis qui ont été exilés, ou à leurs descendants, des compensations matérielles.[1] "Le gouvernement fédéral a fait part au gouvernement croate de l'intérêt des citoyens allemands en ce qui concerne les réparations", réfère Boomgarden.[2] Ainsi Berlin reconnaît qu'il se prépare à appuyer ouvertement les demandes de révisions.

Droits de l'homme

Plusieurs juristes et spécialistes allemands du droit des nations, comme le prof. Gilbert Gorning à Marburg, travaillent en ce sens depuis des années. Gornig a demandé l'expropriation des propriétaires fonciers en Europe de l'Est et du Sud, pour redistribuer leurs terres aux expulsés allemands. Ce chercheur est un fonctionnaire au service de l'Etat et il enseigne dans plusieurs établissements universitaires européens. Dans le cadre d'un projet de recherche dont Gornig est le responsable, on affirme que les "groupes nationaux" allemands en Europe de l'Est ont été l'objet d'un "génocide". Il y aurait donc sur ce chapitre une "prétention de réparations", en particulier à "l'encontre de la République tchèque", peut-on lire dans un écrit d'un autre auteur, Peterhoff.[3] "Les positions d'origine en ce qui concerne la propriété" de ces "exilés" doivent être considérées par l'Allemagne comme encore valables. D'après le droit en vigueur en Allemagne, les demandes de réparation de ces exilés allemands seraient en effet encore recevables.[4] Leur bon aboutissement ne pourrait toutefois être "actuellement" possible que grâce à l'appui du tribunal international européen des droits de l'homme, reconnaît Peterhoff. Ses travaux ont été financés par des fonds du Ministère de la Culture de la République fédérale allemande.

Une restitution naturelle

Ce qui est objet de controverse dans les milieux proches de Gornig, c'est de savoir si les expulsés allemands peuvent réellement faire valoir leur "droit" de principe "à la restitution" de leurs anciennes propriétés. Bien qu'en principe un "groupe national" déplacé doive se voir reconnaître "l'établissement dans les terres d'origine", ce projet peut échouer en raison du fait que l'expropriation des propriétaires actuels est, elle aussi, contraire au droit de gens, estime Peterhoff. Gorning, professeur de droit à l'Université Philipps de Marburg [5], rétribué par l'Etat, il y a encore quelques années à peine, faisait des affirmations plus radicales. "La réparation s'accomplit par la restitution naturelle", peut-on lire dans un de ses écrits: "Il faut donc rétablir dans son ensemble l'ancienne situation".[6] Pour ce faire, il faut aussi pouvoir passer par l'expropriation des propriétaires actuels: "L'Etat peut se trouver dans l'obligation de se procurer l'objet par expropriation et rendre ainsi possible la restitution naturelle". Berlin devrait donc "créer l'impulsion nécessaire pour que les Etats qui ont provoqué les dommages puissent, sur le plan de leur politique intérieure, procéder aux réparations".

Recherche à l'Est

Gornig fait partie d'un réseau de juristes, qui assistent les fédérations des Allemands des anciens expulsés et qui disposent de liens influents à Berlin au sein de dans l'appareil étatique. Gornig a fait ses études et obtenu son diplôme de doctorat auprès de Dieter Blumenwitz, un juriste spécialisé dans le droit des nations. Cet universitaire, décédé en 2005, a été l'un des juristes les plus remarquables dans le domaine des "expulsés" allemands. En 1973 pour l'Etat fédéral de Bavière, il a gagné un procès à la Cour constitutionnelle fédérale, au cours duquel le tribunal supérieur allemand a déclaré que l'Empire allemand, tel qu'il existait dans les frontières de 1937, continue d'exister.[7] Gornig continue de nos jours à publier une collection en collaboration avec "L'association culturelle des expulsés allemands" (Kulturstiftung der deutschen Vertriebenen) [8] et il est membre de l'exécutif du "Cercle de travail de Göttingen", fondé en 1946, qui regroupe les spécialistes du droit des nations proches des "expulsés", dans la tradition de la recherche allemande à l'Est.

Nouvel ordre européen

Actuellement Gornig continue à établir des contacts académiques en Europe de l'Est. Sous sa direction, l'Université de Marburg organise, avec l'appui du DAAD allemand (Office allemand d'échanges universitaires, ndt) un programme de coopération avec l'Université d'Etat de Biélorussie à Minsk, qui vise à la création d'une association germano-biélorusse de juristes.[9] Au début des années 1990 encore, Gornig s'était prononcé favorablement pour que soit enlevé à la Russie une partie du territoire sous sa souveraineté, afin de réunir la région du Niemen avec le territoire proche de Kaliningrad, et donner à cet ensemble "un nouvel statut" du point de vue du droit international.[10] "On aurait ainsi la possibilité [...] d'offrir une nouvelle patrie aux Allemands qui habitent de manière dispersée sur le territoire de l'Union soviétique", prétendait le professeur allemand.

Des fiefs

A côté de son importante activité didactique en Allemagne, Gornig est entre autres engagé dans l'accord d'enseignement et de recherche "Quadriga Europea" entre les universités de Marburg et trois instituts universitaires dans l'Europe centrale méridionale (Maribor en Slovénie; Sibiu en Roumanie; Pécs en Hongrie) et il diffuse ainsi ses conceptions à l'étranger, notamment en Europe orientale et centrale orientale.[11] A Pécs, Gornig a tenu pendant des années des conférences de droit administratif, de droit des nations, et de droit européen. Les trois universités étrangères qui participent à Quadriga Europea, ont en commun leur passé: elles étaient autrefois considérées comme des fiefs de la nationalité allemande.

[1] voir aussi Le précédent croate
[2] Entschädigungs-Abkommen mit Kroatien; Deutscher Ostdienst 10/2005
[3] Wolf Peterhoff: Rechtsansprüche enteigneter Volksgruppen und ihre Durchsetzbarkeit, Frankfurt 2004 (Peter Lang Verlag)
[4] voir aussi Kein Verzicht!
[5] voir aussi Eliten für Deutschland gewinnen
[6] Gilbert Gornig: Zukunftsperspektiven der Minderheiten und Volksgruppen im Bereich der Wiedergutmachung, in: Dieter Blumenwitz/Gilbert Gornig (Hg.): Rechtliche und politische Perspektiven deutscher Minderheiten und Volksgruppen, Köln 1995 (Verlag Wissenschaft und Politik)
[7] BVerfGE 36, 1 - Grundlagenvertrag
[8] Staats- und völkerrechtliche Abhandlungen der Studiengruppe für Politik und Völkerrecht
[9] Hans-Detlef Horn: Belarus im Visier, Marburger Uni Journal Nr. 21/2005
[10] Gilbert Gornig, Das Memelland. Gestern und heute, Bonn 1991 (Kulturstiftung der deutschen Vertriebenen)
[11] Christopher Moss: Quadriga Europea, Marburger Uni Journal Nr. 15/2003

voir aussi GrenzfragenGroßer Irrtum et Gefährlicher Druck


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Sklavenhalter
 

12.09.2008
BERLIN
 
(Eigener Bericht) - Vor den bundesweiten Gedenkveranstaltungen zum "Tag der Heimat" an diesem Wochenende nennt die Präsidentin des "Bundes der Vertriebenen" die von NS-Deutschland zerstörten Länder Osteuropas eine "gigantische Sklavenhalter-Region". Dieser Zustand habe "über viele Jahre auch nach dem Krieg" fortbestanden, behauptet Erika Steinbach (CDU). Gemeint sind oft internierte Deutsche, die zum Wiederaufbau der von Deutschland zerstörten Länder Arbeitsdienste leisten mussten. So habe etwa Moskau Deutsche "unmenschlich ausbeuten" dürfen, erklärt die "Vertriebenen"-Präsidentin; in Jugoslawien habe man sogar versucht, die "deutsche Volksgruppe" "auszurotten". Prominente Funktionäre aus Steinbachs Verband verlangen Entschädigung für "deutsche Zwangsarbeiter" und reklamieren für sie "Gleichwertigkeit" mit den Opfern des NS-Terrors. Der "Bund der Vertriebenen", in dem diese Forderungen laut werden, wird mehrere Vertreter in die Gremien der "Stiftung Flucht, Vertreibung, Versöhnung" entsenden, die in den kommenden Jahren mit Millionenbeträgen aus dem Staatsetat errichtet wird und die Nachkriegs-Umsiedlungen als "Unrecht" klassifiziert. Mit der offiziösen Festlegung dieser Position steigen die Chancen deutscher Umgesiedelter, künftig Entschädigung für das angebliche Unrecht zu erlangen.

Ausbeuten

Wie die Präsidentin des "Bundes der Vertriebenen" (BdV), Erika Steinbach, behauptet, haben die von NS-Deutschland zerstörten Staaten Ost- und Südosteuropas nach dem Ende des Zweiten Weltkriegs Deutsche versklavt. "Millionen Vertriebene mussten vor ihrer Vertreibung Zwangsarbeit leisten", sagte Steinbach laut Redemanuskript bei der Auftaktveranstaltung zum diesjährigen "Tag der Heimat" in Berlin: "Nicht nur für Russland (!), sondern auch für Polen, die Tschechoslowakei und Jugoslawien." Während die westlichen Alliierten NS-Industrielle wie Alfried Krupp wegen "Beschäftigung von ausländischen zivilen Zwangsarbeitern und Kriegsgefangenen" in Nürnberg verurteilt hätten, hätten sie es Stalin "ausdrücklich zugestanden", Deutsche "zur Zwangsarbeit zu deportieren und unmenschlich auszubeuten".[1] Der erzwungene deutsche Beitrag zum Wiederaufbau in den von Deutschland verwüsteten Ländern kann Steinbach zufolge als Sklaverei gewertet werden: "Mittel-, Ost- und Südosteuropa war über viele Jahre auch nach dem Krieg noch eine gigantische Sklavenhalter-Region."

Ausrotten

Laut Steinbach gehört insbesondere "der Untergang der deutschen Volksgruppen in Jugoslawien (...) zu dem Grausamsten, was es in der Mitte des 20. Jahrhunderts gegeben hat". So sei beim Partisanenkampf gegen die "Volksdeutschen" "nicht alleine das Töten, sondern Folter und entsetzliche Verstümmelung vor der Liquidierung (...) bereits ab 1941 an der Tagesordnung" gewesen, erklärt die BdV-Präsidentin über den Widerstand gegen die NS-Okkupanten, deren Vernichtungskrieg für die Beurteilung des Partisanenkampfs keine Bedeutung besitzen soll. Selbst die Wehrmacht habe den Widerstand nicht niederzwingen können: Ihre "Reaktionen (...) waren mit Geiselerschießungen brutal, drastisch und trotzdem hilflos". Wie Steinbach laut Redemanuskript in Erfahrung gebracht haben will, habe Tito sogar das Ziel verfolgt, die "deutsche Volksgruppe (...) auszurotten".[2] Das jugoslawische Vorgehen nach Kriegsende - Internierung und Umsiedlung der Deutschen, wobei viele zu Tode kamen - sei, daran könne "kein Zweifel" bestehen, "Völkermord" gewesen.

Ehrenplakette

Die Invektiven der BdV-Präsidentin gegen die Partisanen und die von NS-Deutschland zerstörten Staaten finden sich im Manuskript der Rede, die Steinbach am vergangenen Samstag in Berlin gehalten hat. Dort sprach sie beim festlichen Auftakt zum "Tag der Heimat", einer alljährlichen Gedenkveranstaltung, deren Ursprung im Protest gegen das Potsdamer Abkommen liegt (german-foreign-policy.com berichtete [3]). Auch dieses Jahr folgen dem Berliner Auftakt Feierlichkeiten in hunderten Städten und Gemeinden Deutschlands, deren Mehrzahl an diesem Wochenende stattfindet - zumeist unter Beteiligung örtlicher oder regionaler Polit-Prominenz. In Berlin trat am Samstag Bundesinnenminister Schäuble auf. Auch Erzbischof Zollitsch, der neue Vorsitzende der Deutschen Bischofskonferenz, wohnte Steinbachs Angriffen auf die Staaten Ost- und Südosteuropas bei. Zollitsch erhielt während der Veranstaltung die Ehrenplakette des BdV.

Gleichberechtigung

Mit ihren Invektiven, die durchaus als inhaltliche Richtlinie für Reden von BdV-Funktionären an diesem Wochenende gewertet werden können, knüpft Steinbach an mehrjährige Aktivitäten aus ihrem Verband an. Im Jahr 2000 etwa ist ein "Arbeitskreis Deutsche Zwangsarbeiter" gegründet worden, den zahlreiche deutsche Umgesiedelte unterstützen. Als Sprecher tritt Rudi Pawelka auf, Bundesvorsitzender der Landsmannschaft Schlesien und Aufsichtsratsvorsitzender einer Organisation mit dem Namen Preußischen Treuhand, die mit Entschädigungsklagen gegen Polen bekannt geworden ist.[4] Wie Pawelka schon vor Jahren bestätigte, ist es das Ziel des "Arbeitskreises", dass sämtliche Deutsche, die nach dem Zweiten Weltkrieg in Ost- und Südosteuropa interniert waren und Arbeitsdienst leisten mussten, eine Entschädigung erhalten - ganz nach dem Vorbild der NS-Zwangsarbeiter. Die "deutschen Zwangsarbeiter", unter ihnen eine nicht genau bekannte Anzahl NS-Täter, verlangten "nichts weiter (...) als Gleichberechtigung mit denen, die Opfer der nationalsozialistischen Diktatur wurden", erläutert Pawelka.[5]

Unrecht

Der BdV, dessen Präsidentin jetzt den Staaten Ost- und Südosteuropas die "Versklavung" von Deutschen vorwirft, wird drei Mitglieder in die Gremien der "Stiftung Flucht, Vertreibung, Versöhnung" entsenden. Die Stiftung, deren Gründung vom Bundeskabinett am 3. September beschlossen worden ist und nun noch vom Bundestag abgesegnet werden muss, wird in Trägerschaft des staatseigenen Deutschen Historischen Museums errichtet. Sie soll eine Ausstellungs- und Dokumentationsstätte an zentraler Stelle Berlins unterhalten und entspricht im allen wesentlichen Elementen den Plänen, die der BdV seit Ende der 1990er Jahre unter dem Arbeitstitel "Zentrum gegen Vertreibungen" umzusetzen sucht. Sie knüpft an eine Ausstellung an, die die Umsiedlung der Deutschen - im Potsdamer Abkommen völkerrechtlich legitimiert - in eine Reihe mit verbrecherischen Maßnahmen stellt und sie damit als "Unrecht" charakterisiert, zugleich aber auch wegen weiterer revisionistischer Tendenzen scharf kritisiert wird (german-foreign-policy.com berichtete [6]). Die Gelder für die Stiftung kommen aus Steuermitteln: Berlin stellt eine Anschubfinanzierung von 1,2 Millionen Euro 2008 sowie 2,5 Millionen jährlich bis 2011 bereit.[7]

Entschädigung

Dass die Gründung der "Stiftung Flucht, Vertreibung, Versöhnung" trotz anderslautender Behauptungen mit Entschädigungsforderungen der Umgesiedelten gegen Polen, Tschechien und die übrigen Herkunftsstaaten in Verbindung steht, hat jetzt indirekt der Bundesinnenminister bekräftigt. Wie Wolfgang Schäuble letzten Samstag beim Berliner Auftakt zum "Tag der Heimat" betonte, wird die deutsche Regierung "weder jetzt noch in Zukunft im Zusammenhang mit der Vertreibung und entschädigungslosen Enteignung von Deutschen Vermögensfragen aufwerfen".[8] Darauf kommt es aber auch gar nicht an, weil Entschädigungsklagen von den jeweils betroffenen Personen und nicht von der Regierung eingereicht werden müssen. Diese Option jedoch hält Berlin juristisch offen. So hat etwa der Staatssekretär im Auswärtigen Amt Georg Boomgarden 2005 erklärt: "Die Bundesregierung hat die kroatische Regierung auf die Entschädigungsinteressen deutscher Staatsangehöriger hingewiesen".[9] Würde Berlin Entschädigungsklagen nicht offen halten, sondern wirksam verhindern wollen, hätte es noch letztes Jahr einer mehrfach geäußerten Bitte des polnischen Präsidenten entsprechen und ein diesbezügliches Abkommen schließen können.[10] Das aber war nicht der Fall und ist, wie aus Schäubles aktueller Äußerung hervorgeht, auch nicht geplant; die Bundesregierung beschränkt sich dem Bundesinnenminister zufolge darauf, "finanzielle(...) oder territoriale(...) Ansprüche" gegen die Länder Ost- und Südosteuropas nicht selbst zu erheben.[11]

Langfristig

Private Ansprüche, wie sie Organisationen aus dem "Vertriebenen"-Milieu (Preußische Treuhand etc. [12]) vor europäischen Gerichten durchzusetzen suchen, bleiben erhalten und werden durch die "Stiftung Flucht, Vertreibung, Versöhnung" langfristig gestützt, da sie die Umsiedlung in Erinnerung hält und als Unrecht charakterisiert. Die jüngsten Äußerungen der BdV-Präsidentin, die die Staaten Ost- und Südosteuropas als "Sklavenhalter" diffamiert, verschärfen den Diskurs und rücken Nachkriegsmaßnahmen der Nazi-Opfer eng an die Verbrechen der deutschen Täter heran. Die Entschädigungsforderungen und die Nivellierung von Tätern und Opfern unterminieren die Position der ehemals okkupierten Staaten - und schaffen ein Klima, in dem die

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Per intervenire è necessario iscriversi inviando la propria richiesta a: jugocoord @ tiscali.it

Nel corso del convegno saranno presentati i Dossier "I FALSI AMICI" e "LA FONDAZIONE RSI"

Per ogni ulteriore informazione o aggiornamento fare riferimento alla pagina: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/falsiamici.htm

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CONVEGNO
I FALSI AMICI

Il fenomeno "rossobruni" / I fascisti del terzo millennio / Nazifascismo e Balcani / Nazifascismo e Medioriente / La Fondazione RSI / Infiltrazione nera nell'estrema sinistra / Nazifascismo e nazionalismi



A 70 ANNI DALLA RESISTENZA
CONTRO LE INFILTRAZIONI NEOFASCISTE
NELLE INIZIATIVE DI SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE
E NELLE LOTTE SOCIALI


AREZZO, SABATO 7 DICEMBRE 2013, ORE 11-18
presso la Camera del Lavoro, via Monte Cervino 24


# organizzano:

 ANPI - Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, sezione di Arezzo

 CAAT - Coordinamento Antifascista Antirazzista Aretino

# promuovono:

 Un Ponte per... ONG

 Coordinamento nazionale per la Jugoslavia ONLUS

 Contropiano rivista


# il programma del convegno in dettaglio:

ORE 11:00 Interventi degli organizzatori e dei promotori

coordina Susanna Angeleri 

Guido Occhini (ANPI - Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, sezione di Arezzo)
saluto

Laura Vichi (CAAT - Coordinamento Antifascista Antirazzista Aretino)
presentazione del Dossier Fondazione RSI

Alessandro Di Meo (Un Ponte per... ONG)
presentazione del Dossier I FALSI AMICI

Andrea Martocchia (Coordinamento nazionale per la Jugoslavia ONLUS)
nazifascismo e Balcani

Sergio Cararo (Contropiano Rivista)
i fascisti del Terzo Millennio

ORE 13:30 Pausa

pranzo in loco, a sottoscrizione

ORE 14:30 Relazioni ad invito

Claudia Cernigoi (La Nuova Alabarda / Diecifebbraio.info - Trieste)
"rossobruni" e nuova destra "internazionalista"

Fabio De Leonardis (storico - Bari)
le "relazioni pericolose" del sionismo

Davide Conti (storico - Roma)
per una storia dell'infiltrazione "nera" nell'estrema sinistra 

Marco Santopadre (Rete dei Comunisti - Roma)
la strumentalizzazione della causa irlandese e basca

Vincenzo Brandi (Rete No War - Roma)
la strumentalizzazione della questione medio-orientale

A SEGUIRE Interventi programmati di gruppi e associazioni
Per intervenire è necessario iscriversi inviando anticipatamente la propria richiesta a: jugocoord @ tiscali.it




"TANTO SEMO SEMPRE NOI MONA A PAGAR"



Roma stanzia 6,5 milioni per la memoria dell’esodo

La Farnesina firma una convenzione triennale per attività storiche e culturali Codarin: «Giusta attenzione». Tra i progetti una mostra permanente al Vittoriano

TRIESTE. Oltre 6,5 milioni di euro nel triennio 2013-2015 per la tutela del patrimonio storico e culturale degli esuli istriani, fiumani e dalmati. È stata firmata a Roma, nella sede del Ministero degli Esteri, la Convenzione triennale per la realizzazione del piano di interventi per la promozione culturale del dramma dell’esodo.
A firmare il documento, che rinnova la convenzione prevista per legge a partire dal 2003, sono stati il Segretario Generale del Ministero dei Beni e delle attività Culturali e il Turismo, Antonia Pasqua Recchia, il Direttore Generale per l'Unione Europea, ambasciatore Luigi Mattiolo, e il presidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati, Renzo Codarin. Con questo documento vengono assegnati, per attività di stampo storico, divulgativo e culturale, poco più di 2 milioni di euro per l’anno 2013, 2,3 milioni per il 2014 e altrettanti per il 2015.
«Siamo soddisfatti perché, nonostante il periodo di crisi e di risorse limitate, sono stati confermati gli stanziamenti – spiega Codarin – a conferma dell’attenzione che c’è nei nostri confronti da parte del Governo e della Presidenza della Repubblica come già dimostrato nel corso di questi anni da tutti i soggetti che si sono alternati».
I fondi possono essere utilizzati per pubblicazioni, centri di documentazioni (in particolare per l’informatizzazione), spettacoli (possibile che possano essere utilizzate delle risorse per divulgare “Magazzino 18” di Simone Cristicchi) e opere di divulgazioni. «Questi fondi – aggiunge Codarin – sono stati fondamentali negli ultimi anni per realizzare numerose iniziative che hanno permesso di accrescere la conoscenza delle vicende dell’esodo in Italia».
Nel corso di questi anni le risorse che sono arrivate da Roma hanno consentito di finanziare diversi progetti, tra cui i più conosciuti sono il Museo di via Torino e quello di Padriciano. L’obiettivo più ambizioso per il prossimo triennio, spiega ancora Codarin, è la realizzazione di una mostra permanente sull’esodo all’interno del Museo del Vittoriano a Roma che vada a completare il percorso storico contenuto nell’esposizione dell’Altare della Patria sulle vicende che hanno portato all’indipendenza e all’unificazione d’Italia.
«Ad oggi il museo sulla storia dell’indipendenza italiana si ferma alla Prima Guerra e a Nazario Sauro. Il nostro obiettivo è raccontare anche la storia dell’esodo che è parte integrante della storia d’Italia. L’ingresso della Croazia nell’Unione Europea e i rapporti migliorati tra i due Paesi – aggiunge Codarin – dovrebbe rendere più agevole il percorso per realizzare questo obiettivo».
Entro la fine di novembre si riunirà il tavolo di lavoro con la Presidenza del Consiglio e i Ministeri coinvolti nei vari progetti: siedono al tavolo i rappresentanti degli Esteri, dell’Economia (per le questione relative ai beni abbandonati), della Cultura, degli Interni e della Pubblica Istruzione. In questo tavolo verranno concretamente presentati e portati avanti i progetti per il triennio 2013-2015.

10 novembre 2013

I COMMENTI

Andrea Assistenza Self Everio ·  Top Commentator · Università degli studi di Trieste
e CODARIN quanto prende o lo fa gratis!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!,e dopo non ci sono i soldi per gli ammortizzatori sociali
Rispondi · 2 ·  · 10 novembre alle ore 4.18

Marina Furlani ·  Top Commentator
tutti soldi rubadi ai esuli che aspetta ancora de esser risarcidi dai beni nazionalizzati con la truffa de osimo invece li magna i vari enti e associazioni varie istriane ma italiotte per far ste robe inutili giusto per cior in giro la gente de trieste
Rispondi ·  · Ieri alle 8.16

Bruno Kaiser ·  Top Commentator
Però del dramma de quando xe rivadi lori a redimerne e farne far le valige per scampar, mai più, vero?
Rispondi · 1 ·  · 10 novembre alle ore 15.26

Dany Beau
Promozione culturale del dramma del'esodo??? Tra poco si renderanno conto del dramma delle scuole che cadono a pezzi?!!!
Rispondi ·  · 10 novembre alle ore 7.26

Gianluigi Rupel ·  Top Commentator · HTWG Konstanz
tanto semo sempre noi mona a pagar.
Rispondi ·  · 11 novembre alle ore 7.17

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Confronta con la minaccia di taglio dei fondi anche per l' ANPI: