Informazione


(Este artículo en castellano: La complicidad de algunos intelectuales en la guerra imperial contra Siria
Ángeles Diez - Texto correspondiente a la conferencia impartida en el Ateneo de Madrid el 9 de septiembre de 2013
http://lapupilainsomne.wordpress.com/2013/09/19/la-complicidad-de-algunos-intelectuales-en-la-guerra-imperial-contra-siria/

Cet article en français: Les intellectuels au service de la guerre contre la Syrie
par Angeles Diez - 7 octobre 2013
L'affaire de la Syrie est l'une des plus exemplaires mettant clairement en évidence le rôle de légitimation de la guerre joué par des intellectuels réputés de gauche...
http://www.michelcollon.info/Les-intellectuels-au-service-de-la.html )


http://www.marx21.it/internazionale/pace-e-guerra/23054-gli-intellettuali-al-servizio-della-guerra-contro-la-siria.html

Gli intellettuali al servizio della guerra contro la Siria

di Angeles Diez Rodriguez* | da www.michelcollon.info

Traduzione dal francese di Massimo Marcori per Marx21.it

*Angeles Diez Rodriguez è Dottore in Scienze Sociali e Politiche e Professore all’Università Complutense di Madrid (UCM).

Testo della conferenza tenuta all’ateneo di Madrid il 9 settembre 2013, tradotto in francese dal Collettivo Investig'Action

Il caso della Siria è uno dei più esemplari a mettere chiaramente in evidenza il ruolo della legittimazione della guerra svolto dagli intellettuali ritenuti di sinistra. Numerosi di questi hanno scelto di mettersi al servizio della guerra mediatica contro la Siria, investiti dall’aura illustre portatrice dei principi morali occidentali. Dall’alto dei loro scranni nei grandi media come pure dei media alternativi, essi elaborano spiegazioni, giustificazioni e rapporti che presentano come principi etici quando in realtà si tratta di loro personali opinioni politiche. Essi ridicolizzano, manipolano e deformano le posizioni dei militanti antimperialisti. Si permettono anche di dare lezioni ai governi latino-americani che difendono la sovranità e il principio di non ingerenza, e che dunque si oppongono alla guerra contro la Siria.

Nel giugno del 2003 nell’ambito della guerra e occupazione dell’Iraq, non era molto difficile, negli ambienti universitari, in quelli della cultura e dei militanti di sinistra, che si levassero migliaia di voci contro la guerra; siamo stati in grado di riconoscere le trappole medianiche, capaci di scoprire gli interessi dell’impero americano e dei suoi alleati, di svelare le menzogne e soprattutto di stabilire le priorità nella mobilitazione e la denuncia. Non abbiamo potuto fermare la guerra né l’occupazione dell’Irak ma abbiamo posto le fondamenta di un movimento antimperialista che avrebbe potuto costituire il freno a mano della barbarie bellicista e che, in un modo o nell’altro, aveva permesso il rinviò dell’obiettivo di proseguire la neocolonizzazione della zona.

Se nel 2003 fu relativamente facile mobilitarci contro la guerra in Iraq e i piani imperiali americani, cosa che non ha avuto il significato di appoggiare una qualunque dittatura, oggi molti ci pongono la domanda: cos’è successo perché non sorga o non continui il movimento che fece la sua apparizione nel 2003? Sicuramente, diverse sono state le ragioni intrecciate tra loro, ma preferirei distinguerne due che mi sembrano centrali: i mezzi di comunicazione di massa hanno fatto un buon lavoro di dissuasione e una parte degli intellettuali di sinistra che prima erano riferimenti politici contro la guerra, hanno scelto di servire l’altro campo.

Intellettuali di sinistra al servizio della legittimazione bellicista.

Che i media di massa mentano, deformino, occultino, evidenzino, diano una forma e un volto ai nostri nemici è un’evidenza ripetuta molte volte nella storia. Essi fanno questo non perché sono gli strumenti del potere, no, essi lo fanno perché sono parte integrante del potere. Ma la giustificazione delle guerre, la “costruzione del consenso” come direbbe N. Chomsky, non si fa solo attraverso le corporazioni mediatiche. La propaganda è un sistema nel quale si inseriscono le imprese dei media, la classe politica e i suoi discorsi, la cultura occidentale onnipotente e colonialista, i giornalisti, gli artisti, gli intellettuali, gli universitari e i filosofi mediatici. Tutti questi intellettuali si sono trasformati in un “chierico secolarizzato” che “sceglie di giocare un ruolo fondamentale nell’interiorizzazione dell’ideologia della guerra umanitaria come un meccanismo di legittimazione” (Bricmont, 2005). Alcuni coscientemente, altri non del tutto, si sono messi al servizio della propaganda della guerra imperialista.

Ciò che è interessante è che questa schiera di creatori d’opinione pubblica si reclutava prima nei ranghi conservatori, tra i liberali e parte tra i socialdemocratici (ricordiamo la campagna del PSOE con “Ingresso nella Nato? No!” [http://elordenmundial.files.wordpress.com/2013/06/otano.jpg]) ma dalla guerra in Yugoslavia (1999), sono reclutati sempre più numerosi i gruppi di intellettuali che provengono dai rivoluzionari di sinistra, anticapitalisti e antimperialisti. Essi lo giustificano con argomenti morali universali e umanitari: lottare contro le dittature (ovunque esse siano) e difendere la causa dei popoli (a prescindere che essi siano le donne afgane, gli insorti libici, i manifestanti siriani, o la parte del popolo che l’opinione pubblica generale segnala come vittima delle dittature.

Alcuni di questi intellettuali furono figure di spicco del “No alla guerra” contro l’Iraq nel 2003; tuttavia dall’inizio di quelle che sono chiamate “le primavere arabe”, essi suonano nella stessa orchestra dei loro governi sostenendo il rovesciamento del tiranno B. Al-Assad e la Transizione democratica siriana; ve ne sono anche di quelli che chiedono l’intervento militare dell’Occidente come la scrittrice Almudena Grandes: “tutto sommato si tratta di Assad, un dittatore, un tiranno, un assassino che rimarrà l’unico beneficiario del non intervento.”

Si può supporre che per costoro Saddam Hussein fosse meno dittatore di Bashar Al-Assad o forse che si trattasse del fatto che in questa guerra c’erano centinaia di migliaia di cittadini nelle strade che gridavano “No alla guerra!”, cosa che non succede oggi.

Il ruolo che esercita questo “clero secolarizzato” è doppio, da un lato fornisce argomenti che giustificano l’intervento armato, dall’altro divide, indebolisce o blocca, ogni volta con crescente intensità, l’emergenza di una forte opposizione alle guerre imperialiste.

A volte per ignoranza politica, altre per errore, ma più spesso a causa di uno strisciante sentimento di superiorità morale in quanto intellettuali del mondo sviluppato, questa “sinistra” ha interiorizzato gli argomenti della destra. Secondo Bricmont, essa si è evoluta in due atteggiamenti: A) in ciò che viene chiamato imperialismo umanitario, che si appoggia sulla credenza che “i nostri valori universali” (l’idea della libertà, la democrazia) ci obblighino ad intervenire ovunque. Sarebbe una sorta di dovere morale (diritto d’ingerenza). B) il “relativismo culturale” che parte dal principio che non ci sono buoni o cattivi costumi. Avremo il caso in cui un movimento wahhabita o fondamentalista si ribelli ad una forma di repressione e venga applaudito in quanto “i popoli non si sbagliano”o, come mi ha spiegato un filosofo spagnolo, “quando i popoli parlano, la geostrategia tace”.

Strane coincidenze per la libertà e la democrazia

Il dominio imperiale è sempre militare ma necessita di un’ideologia che lo giustifichi per eliminare le resistenze di retroguardia. Oggi, grazie alla complessità del sistema di propaganda sempre più sofisticato e tecnicizzato, gran parte della costruzione di questa ideologia legittimante è nelle mani di una sinistra, al momento ancora rispettabile, che per l’opinione pubblica conta in credibilità critica grazie al suo curriculum come la difesa della causa palestinese. Il nucleo essenziale dei discorsi legittimanti si è spostato dalla “libertà” ancora classica, alla criptica “dignità”, e conserva la “democrazia” e i diritti dell’uomo come parole d’ordine. La democrazia, come sognata dal filosofo Santiago Alba serve da utopia leggera per raccogliere adepti e confondere i desideri con la realtà.

Tuttavia, vi sono circostanze in cui la parola d’ordine di libertà emerge come la fenice quando il pubblico al quale si rivolgono è troppo occidentalizzato per svelare l’enigma della “dignità”. Bricmont afferma che nel momento in cui l’impero abbandona il linguaggio della libertà perché non più credibile, questo clero umanitario lo riprende. Così, all’appello della campagna di solidarietà globale con la rivoluzione siriana firmato tra gli altri da G. Anchar, S. Alba e Tariq Ali, il cui titolo è “solidarietà con la lotta siriana per la libertà e la pace”, in appena due pagine la parola libertà viene utilizzata 14 volte.

Man mano che la guerra mediatica contro la Siria si è rafforzata, sono aumentate le coincidenze tra i rapporti imperialisti ed i discorsi di coloro che intendono appoggiare i “rivoluzionari siriani”. Seguiamo gli esempi più evidenti e compariamo “l’appello di solidarietà globale con la rivoluzione siriana” con la dichiarazione comune sulla Siria firmata da 11 paesi nel quadro della riunione del G20, una proposta degli USA per forzare un fronte di paesi ad appoggiare l’intervento armato.

Nell’appello del clero umanitario si iscrivono i seguenti argomenti:

  1. In Siria vi è una rivoluzione in cammino.
  2. L’unico responsabile delle uccisioni, della militarizzazione del conflitto e della polarizzazione della società è Bashar Al-Assad.
  3. Occorre sostenere i rivoluzionari siriani perché lottano per la libertà a livello regionale e mondiale.
  4. Occorre sostenere una transizione pacifica fino alla democrazia affinché i siriani decidano da loro.
  5. Si invoca una “Siria libera, unificata e indipendente”.
  6. Si chiede l’aiuto per tutti i siriani rifugiati o trasferiti all’interno.

 

Sul web della Campagna si presenta il testo dell’appello specificando che “la rivoluzione del popolo dev’essere appoggiata con tutti i mezzi” – pensiamo che tutti i mezzi significhi tutti i mezzi – e si esige che B. Al-Assad dia le dimissioni, che sia giudicato e che si ponga fine al sostegno militare e finanziario al regime siriano, unicamente al “regime siriano”.

Da parte sua, la dichiarazione comune degli USA e dei suoi alleati [ http://www.whitehouse.gov/the-press-office/2013/09/06/joint-statement-syria ], tra cui curiosamente non si trova alcun paese latino americano e di cui l’unico arabo è l’Arabia Saudita, espone i seguenti luoghi comuni:

 

  1. Condanna esclusivamente il governo siriano che considera il responsabile dell’attacco con le armi chimiche.
  2. La guerra contro la Siria è per difendere il resto del mondo dalle armi chimiche, evitandone la proliferazione.
  3. L’intervento tenterebbe di evitare danni maggiori: “una grande sofferenza del popolo siriano e l’instabilità regionale”.
  4. Si condanna la violazione dei diritti dell’uomo “da tutte le parti”.
  5. Si invoca un’uscita politica, non militare e si dice: “siamo impegnati verso una soluzione politica che si traduca in una Siria unita, unificata e democratica”.
  6. Si fa appello all’assistenza umanitaria, ai donatori e all’aiuto per i bisogni del popolo siriano.

 

Nella comparazione dei due testi, ciò che sorprende è che il primo diffonde un atteggiamento più bellicista, non riconosce che vi sono due fazioni nel conflitto, il conflitto si riduce a Bashar Al-Assad, si giustifica l’appoggio ai “rivoluzionari siriani” perché stanno compiendo la rivoluzione mondiale, non si prospetta alcuna uscita politica ma la disfatta del governo siriano. Si direbbe che questo appello sia stato redatto da una delle fazioni in conflitto che si arroga il diritto di essere il portavoce dell’intero popolo siriano.

Le trappole del linguaggio: “Noi condanniamo l’intervento, né con gli uni né con gli altri, i popoli hanno sempre ragione”

La costruzione dell’ideologia dell’imperialismo umanitario ha avuto molti percorsi. Come dicevamo all’inizio di questo intervento, questa è stata lo stendardo della sinistra benpensante (di cui una parte legata al trotskismo della 4° internazionale) che dalla guerra contro la Jugoslavia (1999) iniziò a dare forma ad un discorso moralista di comodo, che la omologava come “sinistra rispettabile” pur dichiarandosi “anticapitalista”.

Se analizziamo alcuni di questi discorsi sulla Siria, troviamo annotazioni che si ripetono. In primo luogo bisogna sempre capire il punto di partenza antimperialista e negare che si è al fianco “dell’intervento militare straniero” come fa G. Achcar nell’articolo “Contro l’intervento militare straniero, appoggio la rivolta popolare siriana”. O come S. Alba in “Siria, l’intervento sognato” che termina con un “condanno, condanno, condanno l’intervento militare degli USA”.

V. Klemperer diceva nel suo libro, ”la lingua del terzo Reich”, che il linguaggio rivela ciò che una persona intende nascondere deliberatamente, agli altri o a sé stessa, e questo succede inconsciamente. Il clero umanitario non è a favore dell’intervento militare ma si sente in obbligo di ripeterlo costantemente nei propri scritti e conferenze come se il pubblico cui si rivolge non fosse del tutto convinto. Esso conviene anche del parlare di guerra e per questo utilizza costantemente l’eufemismo “intervento militare straniero” o “intervento militare americano”.

Né per gli USA, né per B. Al-Assad. L’equidistanza è senz’altro un rifugio ideale per le buone coscienze e a vantaggio dell’ambiguità che consente di posizionarsi da un lato o dall’altro a seconda dell’evoluzione degli avvenimenti. Si tratta di una falsa simmetria che pone sullo stesso piano l’aggressore e l’aggredito. Se ci dichiariamo neutrali in una situazione in cui uno stato o un gruppo di stati minacciano e dichiarano guerra ad un altro, in realtà, appoggiamo la ragione del più forte. Non è la Siria che ha dichiarato guerra agli USA o all’Europa mentre la potenza e la capacità militare della Siria è incomparabile di fronte all’impero USA ed ai suoi alleati (armi chimiche, nucleari e convenzionali).

La posizione “né-né” non convince il clero umanitario che tenta in ogni modo di far pendere le opinioni al fianco della fazione in cui si trovano i cosiddetti “rivoluzionari siriani”. In questo tentativo, non si risparmiano gli aggettivi contro il governo siriano e il suo presidente, e passano sopra alla realtà e la veridicità dei fatti: abbiamo così S. Alba che dice che è un fatto inconfutabile che “indipendentemente dal fatto che abbia o meno usato le armi chimiche contro il suo popolo, il regime dittatoriale della dinastia Assad è il primo e diretto responsabile della distruzione della Siria, della sofferenza della sua popolazione e di tutte le conseguenze, umane, politiche e regionali che ne derivano”.

Un altro luogo comune tra i classici è quello di porsi al fianco dei popoli. Qui abbiamo uno scoglio difficile da superare poiché, nella questione delle primavere arabe, i governi imperialisti si sono collocati chiaramente a favore dei popoli e sono stati i primi a mostrare il loro appoggio ai “rivoluzionari” siriani. La spiegazione più rocambolesca di tali intellettuali umanitari è la pura coincidenza, il cinismo o le perverse intenzioni dell’impero USA che fornisce l’appoggio ai popoli arabi per appropriarsi in seguito di queste rivoluzioni e imporre i propri interessi. La realtà è, secondo loro, che né gli USA né l’Europa erano interessati ad intervenire militarmente in Siria. Ma quando “i ribelli e i rifugiati siriani”, come in precedenza hanno fatto i ribelli libici, dichiarano di “reclamare l’attacco alla Siria da parte degli USA”, la definizione di “rivoluzionari” e quella di “popolo” si complica, perché qual è quel popolo rivoluzionario o quella parte di popolo che richiede ad altri stati un attacco militare?

Vista la complessità della situazione, ci rifugiamo nei nostri principi.

Noi possiamo denunciare i grandi media, i politici e i pubblicisti che continuano a venderci la guerra con la stessa retorica moralista e con pratiche ciniche, ma il problema è che questo funziona, almeno con le persone con scarsa coscienza. La novità è che oggi costoro dispongono di uno stuolo di filosofi, intellettuali e artisti che si vendono come celebrità mediatiche, anche se in ambienti alternativi, che credono anche a quello che dicono, credono realmente di difendere i diritti dell’uomo e di essere al fianco dei popoli, ma la loro funzione è stata quella di accompagnare i discorsi imperialisti e di bloccare l’emergenza dei movimenti d’opposizione alla guerra impantanandoci in discussioni sterili sulle loro posizioni.



Iniziative segnalate in questo mese

1) RaiStoria 4/11: LA DIVISIONE GARIBALDI IN JUGOSLAVIA
2) Conegliano (TV) 8/11: ITALIANI BRAVA GENTE con A. Kersevan
3) Cesano Maderno (MB) 16/11: FASCISMO, GUERRA, VIOLENZE... con A. Kersevan
4) Monfalcone 23/11 - Presentazione del libro: "FRANCESCO MORANINO IL COMANDANTE GEMISTO"


=== 1 ===

<< Continua il viaggio di R.A.M. il nuovo magazine di Rai Educational sul Novecento, in onda lunedì 4 novembre alle 21.15 su Rai Storia – Digitale terreste ch54 e ch. 23 TivùSat. Per la serie Research, lo storico Eric Gobetti racconta della sua ricerca sulla Divisione Garibaldi. Due divisioni dell'Esercito Italiano, abbandonate nei Balcani dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, scelgono di unirsi alla resistenza anti-tedesca e formano la Divisione Italiana Partigiana Garibaldi. Ufficiali e soldati italiani combattono così insieme ai partigiani jugoslavi comunisti di Tito: quegli stessi che – al fianco dei Tedeschi – gli Italiani avevano combattuto ferocemente fino a poche settimane prima. Il programma ha ritrovato alcuni preziosi filmati, del tutto inediti, di questa sorprendente alleanza. >>


=== 2 ===

Venerdì 8 novembre 2013, ore 20.30 

Alessandra Kersevan terrà la conferenza/dibattito ITALIANI BRAVA GENTE. I CRIMINI DI GUERRA DELL’ESERCITO ITALIANO, DAL COLONIALISMO ALL’AGGRESSIONE DELLA JUGOSLAVIA, a Conegliano presso l’Informagiovani di piazzale Zoppas. In collaborazione con l’Anpi sezione di Conegliano. 



=== 3 ===

Sabato 16 novembre 2013, ore 9.45 

Alessandra Kersevan terrà la conferenza dal titolo FASCISMO, GUERRA, VIOLENZE NELLE REGIONI DEL CONFINE ORIENTALE D’ITALIA, all’interno delle manifestazioni per il 70° anniversario dall’inizio della Resistenza, a Cesano Maderno (MB), presso la sala Aurora del palazzo Arese Borromeo. Eventi coordinati dal Comune di Cesano Maderno e dall’Anpi sezione “Pellegatta”. 



=== 4 ===

Sabato 23 novembre presso il Laboratorio Resistente di Via Roma, 20 a Monfalcone dalle ore 16.30 

Massimo Recchioni* presenterà il suo ultimo libro:

"Francesco Moranino il comandante Gemisto - Un processo alla Resistenza" 

all'incontro parteciparà la compagna Alessandra Kersevan coordinatrice del progetto “ResistenzaStorica”

La storia del processo al partigiano Francesco Moranino, il comandante «Gemisto», primo parlamentare della storia della Repubblica a subire l’autorizzazione a procedere e all’arresto.
Il libro di Recchioni contestualizza storicamente gli eventi che furono alla base della condanna di Moranino, inserendoli nel complesso contesto politico della Guerra fredda, spiegando come quella vicenda processuale fosse in realtà la metafora di un processo giudiziario molto più generale che mirava alla criminalizzazione della componente maggioritaria comunista della Resistenza, oltre che a minare la forza organizzativa e la grande autorevolezza di cui il Partito comunista godeva presso ampi strati popolari.
Il lavoro di Recchioni – che poggia su una ricchissima documentazione testimoniale recente e inedita di ex partigiani, sugli archivi dei familiari di Moranino, oltre che sui verbali delle sedute parlamentari, materiali processuali e iconografici – è un importante contributo alla ricostruzione storica del nostro travagliato Secondo dopoguerra.

Partecipate! 

* Massimo Recchioni scrittore e storico: http://it.wikipedia.org/wiki/Massimo_Recchioni





Kosovo, Eulex apre gli occhi sulla criminalità??

1) LA PAGINA DI DICK MARTY SUI CRIMINI IN KOSOVO
2) Beato chi ci crede: "Eulex apre gli occhi sulla criminalità", di M. Tacconi (OBC)
Eulex registra l’arrivo al vertice di Bernd Borchardt: "un tedesco, non a caso".


Sulla responsabilità tedesca nel pogrom antiserbo del 2004 si veda l'articolo di J. Elsaesser:
Unser Mann, der Gotteskrieger / Il nostro uomo, un guerriero di Dio
"Un informatore del BND era tra quelli che hanno tirato i fili del pogrom antiserbo in Kosovo"


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Kosovo - Trattamenti disumani e traffico di organi

J'ai voulu dire la vérité sans cesser d'être généreux

Albert Camus

 

 Nel 2008 Carla Del Ponte ha pubblicato un libro sulle sue esperienze quale Procuratrice del tribunale Internazionale della Ex-Jugoslavia ("La caccia - Io e i criminali di guerra", Carla Del Ponte e Chuck Sudetic, Feltrinelli, 2008). Nel libro l'ex-magistrata rivela di aver raccolto diversi indizi relativi a un traffico di organi che avrebbe avuto luogo nel Nord dell'Albania a opera di gruppi criminali appartenenti all'Esercito di liberazione del Kosovo (UCK). L'inchiesta sarebbe poi stata bloccata per carenza di collaborazione delle autorità albanesi e per difetto di competenza territoriale e temporale del TPIJ. La rivelazione, per il suo contenuto e a causa della fonte autorevole della rivelazione ha suscitato molto scalpore. Una mozione è stata presentata da parte di parecchi deputati dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa con la richiesta di allestire un rapporto in merito a queste accuse di gravissime violazioni dei diritti dell'Uomo. La Commissione delle questioni giuridiche e dei diritti dell'Uomo mi ha poi conferito l'incarico di procedere alle occorrenti raccolta di informazioni, di redigere un rapporto e di proporre un progetto di risoluzione.

Mi sono così recato a Belgrado, a Tirana e a Pristina dove ho incontrato ministri, autorità giudiziarie, organizzazioni non governative, rappresentanti delle famiglie degli scomparsi, giornalisti e rappresentanti della società civile. Mi sono procurato rapporti vari, pubblici e segreti, ho cercato sistematicamente persone che potevano darmi delle informazioni. I risultati di tutte queste ricerche sono contenute nel mio rapporto del 12 dicembre 2010, presentato poi alla Commissione delle questioni giuridiche e dei diritti dell'Uomo il 16 dicembre 2010 a Parigi. La versione finale del rapporto è del 7 gennaio 2011.

Come noto il 12 dicembre 2010 si svolgevano elezioni legislative anticipate in Kosovo. Subito, vi è stato chi ha voluto vedere in questa concomitanza un intervento intenzionale in una fase politica delicata del paese; tra questi anche autorevoli commentatori (o che si ritengono tali). Una semplice verifica avrebbe permesso di verificare che il mio rapporto era stato messo all'ordine del giorno prima che fosse fissata la data delle elezioni anticipate e che il regolamento dell'Assemblea mi imponeva di presentare il rapporto entro tale data. Vero è, che il rapporto avrebbe dovuto essere inviato ai membri della Commissione entro il 9 dicembre. Proprio per rispetto al corretto svolgimento delle elezioni (inficiate poi da gravi irregolarità, come rilevato dagli osservatori internazionali), il rapporto è stato inviato solo nella serata di domenica 12 dicembre, a elezioni concluse.

Ecco i link dei principali documenti:

- Rapporto del 7 gennaio 2011 in diverse lingue
- - Français      -- English     - - Deutsch (ufficiosa)     - Albanese (ufficiosa) 

Conferenza stampa del 16 dicembre a Parigi

- Verbale del dibattimento dinanzi all'Assemblea del 25 gennaio 2011

Risoluzione

Risultato del voto

Conferenza stampa del 25 gennaio 2011

Il 26 gennaio 2011, il collega Jean-Charles Gardetto ha presentato un rapporto sulla protezione dei testimoni nei Balcani. Nella parte dedicata al Kossovo emerge chiaramente come i testimoni non siano protetti e come la giustizia non sia possibile in tali condizioni.

Il rapporto ha suscitato un numero incredibile di articoli in tutta la stampa mondiale. Non è possibile citarli tutti. Indico una piccola selezione, forzatamente lacunosa.

- "Kosovo PM is head of human organ and arms, Council of Europe reports", Guardian, del 14 dicembre 2010

- "Die Vergangenheit holt Thaci ein", NZZ; del 16 dicembre 2010

- "Crimes de Premier Ministre", Le Temps; del 16 dicembre 2010

- "Dick Marty hat nur Platzpatronen", Sonntag, 19 dicembre 2010

- "Hashim Thaçi ou l'art de mêler le crime à la politique", Le Matin Dimanche, del 19 dicembre 2010

- "Ich weiss, Meine Zeugen schweigen aus Angst"; Sonntags Blick, del 19 dicembre 2010

- "Eine vorschnelle Anerkennung" (seguito da due opinioni dei Consiglieri nazioneli Ulrich Schlür et Geri Müller), Zentralschweiz am Sonntag, del 19 dicembre 2010

- "Dick Marty beleidigt unser Volk" (Intervista di B. Pacolli), Sonntag, del 19 dicembre 2010

- "Nachsicht um jeden Preis"; SonntagsZeitung, del 19 dicembre 2010

- "Ich handle für Kosovo", NZZ am Sonntag (intervista); del 19 dicembre 2010

- "Face à face" (due opinioni a confronto diChristophe Solioz - Kosovo: plus d'impunité - e di Nefal Maliqi - Coup dur pour la Diaspora-), Tribune de Genève, del 21 dicembre 2010

- "Die Schweiz muss Engagement in Kossovo überdenken", Basler Zeitung, del 22 dicembre 2010

- "Als wären sie jetzt alle plötzlich überrascht", Wochenzeitung, del 23 dicembre 2010

- "La implicaciò de Thaçi en el tràfic d'òrgans és creïble", AVUI; del 23 dicembre 2010

- "Dick Marty, un justicier contre la raison d'Etat"; Le Temps, del 24 dicembre 2010

- "Marty Vorgehen erinnert mich an Goebbels" (Intervista di H. Thaçi), Tages Anzeiger, del 29 dicembre 2010

- "Organ trafficking allegations against Kosovo PM need serious investigation with full cooperation of the EU and the USA", Open Democracy; del 29 dicembre 2010

- "Thaçi fâche les suisses", Le Matin, del 31 dicembre 2010

- "Ex-UNO Vertreter erhebt Vorwürfe gegen Kontaktgruppe ", Der Standard, del 4 gennaio 2011

- "Trafic d'organes au Kosovo: un rapport accablant", Le Monde Diplomatique, del 4 gennaio 2011

- "Tricky Dick", Weltwoche, del 6 gennaio 2011 (un bel esempio di malafede e di astio politico; si veda di seguito l'articolo dello stesso giornale de  3 febbraio che guarda caso, conferma il contenuto del mio rapporto!)

- "Neue Anschuldigungen im Kosovo-Organhandelskandal", NZZ; del 7 gennaio 2011

- "Les années suisses de Hashim Thaçi", Le Temps, dell' 8 gennaio 2011

- "Kosovo: un rapport accablant"; Le Courrier, dell' 8 gennaio 2011

- "The hidden crimes of Kosovo", The Washington Post, dell' 8 gennaio 2011

- "Guerra umanitaria in Kosovo? Hanno espiantato organi e trafficato deroga", Peacelimk, del 15 gennaio 2011

- "L'autre visage du Kosovo", Le Monde, del 17 gennaio 2011

- "Il répond aux Kosovars", Le Matin, del 19 gennaio 2011

- "Ho agito al servizio della verità"; La Regione", del 19 gennaio 2011

- "Marty und die Martyrer", NZZ; del 21 gennaio 2011

- "Les critiques qui me font le plus mal se sont celles qui viennent d'ci"; Le matin Dimanche, del 23 gennaio 2011

- "Report identifies Hashim Thaci as a big fish in organised crime", The Guardian; del 24 gennaio 2011

- " Des accusations de trafic d'organes minent la construction du Kosovo", Le Figaro, del 25 gennaio 2011

- "Report reignites Kosovo organ trafficking claim", BBC, del 25 gennaio 2011

"Kosovo Guardia : NATO-Dokumente belasten Thaci schwer", ATS/SDA del 25 gennaio 2011

- "Kosovo: la comunauté internationale a couvert les réseaux criminels de l'UCK", Jean-Arnault Dérens, Mediapart, 27 janvier 2011

- "Kosovos gefährlichster Mann mit Schweizer Vergangenheit", NZZ; del 28 gennaio 2011

- "Ich musste Thaci mit Namen nennen", Tages Anzeiger, del 28 gennaio 2011

- "Aussenpolitische Kommission lobt Dick Martys Arbeit"; Blick; del 1° febbraio 2011

- "Die Unantastbaren", Weltwoche, del 3 febbraio 2011

- "Schwieriger Zeugenshutz", Sonntags Zeitung, del 6 febbraio 2011

- "Risk to Witnesses Stalls Kosovo's Organ-Traffiking Probe", Time, del 9 febbraio 2011

- "Les deux Suisses du Kosovo", L'Hebdo, del 10 febbraio 2011 (L'autore, il deputato laborista britannico Denis Mc Shane ha sistematicamente e aspramente attaccato i miei rapporti rapporti; in occasione della presentazione del rapporto sulle prigioni della CIA, aveva definito la mia indagine "un tipico formaggio svizzero pieno di buchi). La redazione de L'Hebdo ha tralasciato, nella sua biografia, che Mc Shane è stato sospeso dal suo partito e non è più membro dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa: è indagato dalla polizia per spese abusive accollate al Parlamento: The Telegraph del 14 ottobre 2010)

- "The Culture of Impunity, NATO Style", Counter Punch Org; del 14 febbraio 2011

- "La Mafia au pouvoir" (Intervista di Pio Arlachi), RIA Novosti, del 14 febbraio 2011

- "Trafic d'organes au Kosovo: quelle est l'implication réelle de l'ONU ?"; France 24; del 16 febbraio 2011

- "Kosovo Rebels told UN of organ harvests"; The Associated Press, del 18 febbraio 2003

- "L'insabbiamento della Mafia del kosovo: la cultura dell'impunità in stile NATO"; Eurasia-Rivista, del 19 febbraio 2011

- "Is the mud sticking?", The Economist, del 24 febbraio 2011

- "Retour sur des crimes longtemps cachés; Au Kosovo, la sale guerre de l'UCK", Le Monde Diplomatique, del 2 marzo 2011

- "Unfair to Marty", lettera di Diana Johnstone in London Review of Books", del 3 marzo 2010

- "Kosovo victim testifies o torture in Albanian camp", AFP, del 16 marzo 2011

- "Kosovo: le procès des camps de l'UCK s'est ouvert à Pristina", Le Courrier des Balkans; del 17 marzo 2011

- "A Berne, on fête l'amitié américano-kosovare", Le Temps, del 17 marzo 2011

- "Jean-Arnault Dérens (interview): L'Union Européenne est bloquée par sa division sur le Kosovo", Toute l'Europe; del 22 marzo 2011

- "Crimes de guerre au Kosovo: des témoins sans aucune protection"; Courrier des Balkans; del 25 marzo 2011

- "Kosovo'a Mafia: How the US and allies ignore allegations of organized crime at the highest levels of a new democracy", Global Post, del 27 marzo 2011

- "Arlacchi: il Kosovo è uno sbaglio, l'EULEX un fallimento", Radio Srbija, del 27 marzo 2011

- "Albanische Familie klagt gegen Dick Marty"; 20 Minuten, del 31 marzo 2011

- "EU Mission "incapable of conducting organe probe", B-92 (intervista di Carla Del Ponte), del 7 aprile 2011

- "Deportationen unter den Augen der Bundeswehr?", NDR (Nord Deutsche Rundfunk), del 7 aprile 2011

- "Eulex in Kosovo: a shining symbol of incompetence", The Guardian, del 9 aprile 2011

- Tre articoli di El Paìs del 10 aprile 2011:
   - *Kosovo y el horror"
   - "El "Doctor Frankenstein" y sus 2.400 transplantes"
 
  - "Lo que dice el informe es una pura calumnia"

- "Ohne Zeugenschutz keine Gerechtigkeit", Neue Zürcher Zeitung, del 13 aprile 2011 

- "Kosovo: la mission de l'UE veut lever les soupçons sur le trafic d'organes", Le Monde; del 13 aprile 2011

- "Les spectres du Kosovo", Le Monde, del 13 aprile 2011, ripreso da Le Temps del 15 aprile 2011

- "Organ traffiking must be investigaded", B-92, del 19 aprile 2011

- "Mehr Rechtsstaatlichkeit für Kosovo", NZZ am Sonntag, del 24 aprile 2011

- "In einem beraubten Land", Der Tagesspiegel, del 12 ottobre 2011

- "Trafic d'organes au kosovo: essaie-t-on d'étouffer l'affaire?", Mondialisatio.ca, del 26 ottobre 2011

- "Trafic d'organes au Kosovo: l'enquête de Canal+", del 5 marzo 2012

- "Kosovo:l'UE réduit sa mission de police et justice, mais les enquêtes se poursuivent", Le Monde, del 25 maggio 2012

- "Kosovo: arrestato un cittadino israeliano", Rinascita, del 26 maggio 2012

- "Kosovo, un trou noir dans l'Europe (1): sur la piste de trafic d'organes", Jean-Arnault Dérens, Mediapart, 30 luglio 2012

- "Kosovo, un trou noir dans l'Europe (2):La conquète sanglante de l'UCK, Jean Arnault Dérens, Mediapart, 31 luglio 2012

- "Desperation, Greed and the Global Organ Trade", Der Spiegel, del 3 agosto 2012

- "Kosovo: un trou noir en Europe (3): Le rôle des services français", Jean-Arnault Dérens, Mediapart, 4 agosto 2012

- "Trafic d'organes au Kosovo: un nouveau scandale éclate en Allemagne", Le Courrier des Balkans, del 6 agosto 2012. Segnalo pure la reazione di Arnaud Danjean, citato in questi articoli pubblicati dal sito di informazione investigativa Mediapart. La reazione di Danjean è un diritto di risposta del 10 agosto 2012. Questo Danjean che lavorava per i servizi segreti francesi è stato attivo nei Balcani ed è amico di Thaci; ora è deputato di destra al Parlamento Europeo. Non è dunque caso che proprio lui mi abbia attaccato in occasione di una mia audizione davanti a una commissione del Parlamento Europeo! Raccomando pure di guardare il documentario  Special Investigation : Services Secrets - La part D'Ombre de la République didffuso dalla catena francese Canal+ il 23 maggio 2011.In questo filmato si riprendono importanti rivelazioni fatte da un ex capo dello stato maggiore dei servizi segreti francesi pubblicati in un libro: Pierre Siramy et Laurent Léger, 25 ans dans les services secrets, Flammarion, 2010.

- "Prosecution has new information in organ trade case", B92 (Politika(, del 29 agosto 2012

- "Ex-KLA to testify in Kosovo organ trafficking case",B92 (AFP) del 9 settembre 2012

- "La Serbie dit avoir un témoin du trafic d'organes au Kosovo", Nouvel Observateur (AFP), del 9 settembre 2012

-"Così espiantai un cuore senza anestesia", Corriere della Sera dell'11 settembre 2012
I quattro articoli che precedono si riferiscono a una testimonianza diffusa dalla TV serba. Sorprende che una tale testimonianza che si riferisce a una procedura penale pendente sia diffusa dalla televisione. Sorprendente e sconcertante.

- "Trafic d'organes au Kosovo: l'UE entrave l'enquète (Lavrov"; in RIA Novosti del 23 gennaio 2013

- "Justice borne pour les Balkans",  di Jean Arnault Dérens, in Le Monde Diplomatique di gennaio 2013

-"Kosovo: festeggiare l'anniversario dell'indipendenza, o del fallimento", East Journal del 18 febbraio 2013

- +Cinq médecins condamnés pour trafic d'organes international", Le Monde, del 29 aprile 2013

- "Brig up the Bodies", The New Yorker, del 6 maggio 2013

- "Kosovo: l'enquête sur le trafic d'organes s'élargit", RFI; del 9 maggio 2013

- "U.S. supports organ traffiking probe in kosovo", B92, del 10 maggio 2013

- "Le kosovo de Pierre Péan"; Le Nouvelliste, del 17 maggiuo 2013

- "Guerre du kosovo: un moment clef de notre histoire (Péan)"; Europe 1, del 20 maggio 2013

- "Pierre Péan et le Kosovo: une enquête bâclée pour un livre raté", di Jean Arnault Dérens, in Mediapart, 8 luglio 2013

- "Albanier Writer raises Storm in Kosovo", in Balkaninsight del 19 luglio 2013

- "La fausse normalisation et les vrais problèmes d'un Etat à la dérive", di Veton Surroi, in Le Courrier des Balkans, 10 ottobre 2013 (in lingua originale il 29 settembre 2013)

 

Segnalo anche il libro inchiesta di due giornalisti italiani:
Giuseppe CIULLA & Vittorio ROMANO, Lupi nella nebbia - Kosovo: l?ONU ostaggio di mafie e USA, Jaca Book; 2010 (vedi una recensione su LIBRE org)

il libro di un ufficiale italiano che ha prestato servizio in Kosovo
Antonio Evangelista, La torre dei crani, Editori Riuniti, 2007 (con la prefazione di Pino Arlacchi),

del noto giornalista e scrittore francese
Pierre Péan, Kosovo - Une guerre "Juste" pour un Etat mafieux, Fayard, 2013

nonché

il documentario "Verità sequestrate" a cura di Franca Verda Hunziker, presentato nell'ambito della trasmissione Falò del 5 maggio 2011; per questo documentario di grande valore umano, Franca Verda ha ricevuto il Premio di Giornalismo della Svizzera Italiana.

il documentario della SF 1 Rundschau dell' 11 maggio 2011

La trasmissione della prima rete radio francese France Inter del 14 aprile 2012 "Rendez-vous avec X - Le Kosovo"


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Kosovo, Eulex apre gli occhi sulla criminalità

Matteo Tacconi 22 ottobre 2013



Le ingenti risorse investite dall'Unione Europea nel Kosovo non hanno sinora intaccato la forza della locale criminalità e la dilagante corruzione nelle istituzioni. Il recente avvicendamento ai vertici di Eulex, e le pressioni di Berlino, potrebbero però migliorare l'efficacia della missione europea

Lo scorso novembre la Corte dei conti europea (Eca), con sede a Lussemburgo, ha messo nero su bianco ciò che già, in fin dei conti, si sapeva: l’Unione europea ha dirottato molte risorse finanziarie sul Kosovo e sulla sua missione in Kosovo (Eulex), senza che però la situazione sul fronte della lotta alla criminalità e alla corruzione, nell’ex provincia serba, sia mai realmente migliorata.
I magistrati contabili, oltre a snocciolare l’importo della pioggia di denaro arrivata a Pristina dal giorno dell’indipendenza, circa 700 milioni di euro, evidenziavano come i problemi a monte dell’inefficienza di Eulex, teoricamente il cane da guardia dello stato di diritto in Kosovo, fossero ascrivibili alla scarsa preparazione dei suoi dipendenti (2500 all’incirca). Il fatto è che gli stati membri, annotava la Corte dei conti dell’UE, inviano a Pristina magistrati, funzionari e poliziotti non propriamente qualificati.
«Il rapporto è ineccepibile. Per Eulex sono stati spesi troppi soldi. I salari e i per diem dei funzionari sono eccessivi e lo staff non è all’altezza della situazione, come puntualizzato dai giudici dell’Eca. Per chi lavora nella missione contano soprattutto il salario e la location. Come si spiega altrimenti l’esodo dei weekend, quando i dipendenti di Eulex lasciano Pristina e tornano nei loro paesi?», riferisce a Osservatorio Balcani e Caucaso un diplomatico occidentale con una lunga esperienza in Kosovo e un incarico attualmente importante a Pristina.  


Il sistema Thaci


Ma secondo la Eca il funzionamento deficitario di Eulex, il contingente civile più costoso mai dispiegato nella storia comunitaria, non dipende solo da vertici e quadri della missione. Incidono anche lo scarso coordinamento tra europei e americani in Kosovo, le note divisioni interne all’UE sul riconoscimento dell’ex provincia serba e il fatto che le autorità di Pristina non abbiano mai mostrato troppo interesse per il discorso della rule of law. Gli analisti non mancano mai di sottolinearlo, registrando che il fronte su cui i politici locali sembrano maggiormente impegnati è quello della gestione degli equilibri politico-economici a livello territoriale, il principale generatore di corruzione. «Tutto vero. Parlando con imprenditori, giornalisti, funzionari governativi e internazionali questo problema salta fuori di continuo, specialmente in riferimento al Partito democratico di Thaci, che in questi anni di governo ha occupato i ministeri, le università, le banche e le compagnie statali piazzando i suoi uomini nei posti chiave. Il sistema, considerando anche che il 60% dei posti di lavoro è nel pubblico impiego, è diventato ancora più distorto. Anche se Thaci dovesse perdere le prossime elezioni continuerebbe comunque a controllare il paese», dice la fonte diplomatica, che preferisce restare anonima.


Fine dell’inazione


Le ultime notizie dal Kosovo indicherebbero che è in corso qualche variazione sul copione. Eulex pare essersi scossa dal torpore. Nel corso degli ultimi mesi i magistrati europei hanno lanciato una serie di operazioni finalizzate a sradicare il bubbone della corruzione, vera e propria emergenza del paese: svilisce le buone pratiche, danneggia l’economia e il diritto, favorisce la criminalità organizzata. Le due principali iniziative su questo fronte, quanto meno in termini mediatici, sono state la condanna a cinque anni di Nazmi Mustafi per abuso d’ufficio e il rinvio a processo di Fatmir Limaj, accusato di essere a capo di un’organizzazione criminale dedita a estorcere tangenti.   
Nazmi Mustafi, ex direttore dell’agenzia governativa anti-corruzione è stato condannato lo scorso maggio. Era stato arrestato nell’aprile 2012 e il paradosso è che, secondo la ricostruzione dei magistrati, aveva chiesto denaro a individui sulla cui situazione economica la stessa agenzia da lui presieduta stava effettuando accertamenti.
Il caso di Fatmir Limaj potrebbe avere un’eco ancora più forte, se non altro perché Limaj (recentemente assolto nel processo che lo vedeva accusato

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COSA C'E' NEL CALCIO DI PEGGIO DELLA FALLOSITA' 


Da: Stefano Valsecchi

Oggetto: IMMAGINI IN MOVIMENTO NELLA MAGICA CELLULOIDE. DALLA BREBEMI A ROSIA MONTANA (II parte)

Data: 29 ottobre 2013 20.03.26 GMT+01.00


Molte fonti attribuiscono alla partita di calcio fra "Dinamo Zagabria" contro "Stella Rossa" di Belgrado, per la precisione il 13 maggio 1990 allo stadio di Zagabria, l'inizio simbolico della guerra in Jugoslavia (1991-1995). Come immagine in movimento da quella partita, mi è ancora ben viva durante gli scontri che avvennero fra le due tifoserie, il "calcio volante" che sferrò a un poliziotto jugoslavo il calciatore della "Dinamo ZagabriaZvonimir Boban, soprannome "Zorro" (sic).
Ricordo che Boban è attualmente commentatore di Sky Sport (no comment...), venne squalificato per sei mesi per quell'aggressione e non venne convocato dalla Federazione Jugoslava, per "le notti italiane" di Italia 90.
Per rimanere sul "Dio Pallone"... Brandovan, "enciclopedia storica del calcio jugoslavo" mi  ha ricordato anche l'episodio, di cui ero all'oscuro, che avvenne nel settembre 1990 a Spalato fra la locale "Hajduk Spalato" contro il "Partizan Belgrado". Il Partizan stava conducendo la partita con un bel sonoro due a zero, quando i "tifosi"... dell' Hajduk invasero il campo, cercando di linciare i giocatori della squadra serba. Approfitto della "enciclopedia storica" per chiedere lumi sulla squadra di calcio "FK Obilic", dove fu Presidente "il comandante Arkan" che portò la squadra a vincere nel 1998 il campionato nazionale. Brandovan mi racconta che  l'uscita dalla scena di Arkan, ha segnato anche l'inizio del declino calcistico del "FK Obilic", attualmente in un campionato delle serie inferiori (equivalente alla nostra vecchia C2)...

[per ricevere l'intero testo, richiederlo a: valsecchiste @ gmail.com]

Da: Ivan Pavicevac

Oggetto: Re: [CNJ] Fwd: ... DALLA BREBEMI A ROSIA MONTANA (II parte)

Data: 30 ottobre 2013 11.17.11 GMT+01.00


Grazie a Stefano di aver ricordato quella mascalzonata di Boban, divenuto poi nello Stato di Tudjman eroe nazionale. A suo tempo, vedendo Boban dialogare col guerrafondaio Pannella su Teleroma 56 - mi pare allora in mani del Partito Radicale - (avete notato che parlava sempre con la testa chinata?), scrissi una lettera a Boban (giocava nel "Bari"). Mi rispose telefonicamente l' allora sua fidanzata ora moglie...