Alors que les néo-conservateurs évoquaient la « révolution mondiale » et la « démocratie » pour justifier l’impérialisme états-unien, les faucons libéraux préfèrent dénoncer le « risque de génocide » et promouvoir la « responsabilité de protéger ». Au demeurant ces nouveaux concepts ne sont jamais que la réactualisation du vieux discours colonial en faveur de la « civilisation ». En définitive, ces belles paroles servent exclusivement à masquer la loi du plus fort.
Informazione
di Marinella Correggia
Come spiega l'avvocato penalista fiorentino Federico Romoli, nominato dalla famiglia (e membro dell'Ong Fair Trials International che si batte per un sistema penale più giusto), «lunedì la Corte d'appello di Brescia gli chiederà se vuole essere estradato in Turchia. Ovviamente dirà di no. Io chiederò la sua immediata liberazione».
Per la stessa accusa in precedenza Kimyongür era stato già assolto in Belgio e nei Paesi bassi.
Risale a un fatto del 2000 l'«accanimento del governo turco sulla base di un dossier vuoto» per usare le parole dello stesso Bahar, che da tempo collabora con il sito Investig'action del giornalista belga Michel Collon e con l'Istituto internazionale per la pace la giustizia e i diritti umani (Iipjhr) accreditato presso l'Onu a Ginevra. All'epoca diversi prigionieri politici in Turchia erano in sciopero della fame per protesta; durante una visita dell'allora ministro degli Esteri turco al Parlamento europeo Bahar lo interrompe pubblicamente denunciando le violenze e le persecuzioni, e gettando volantini. L'indomani la stampa turca lo descrive come amico di terroristi e nemico della nazione. In seguito la Turchia ne chiede l'estradizione accusandolo anche di far parte dell'associazione terroristica. È arrestato nei Paesi bassi, ma in seguito sia la giustizia olandese che quella belga dichiarano infondate le accuse. Rimane però in piedi purtroppo il mandato di cattura internazionale.
Poi nel 2012, Bahar si attira nuovamente le ire turche denunciando pubblicamente, con articoli, conferenze e il libro Syriana. La conquete continue, il ruolo diretto del governo Erdogan nell'addestramento, nel finanziamento e nel transito delle formazioni estremiste e jihadiste attive in Siria. Aiuta anche le famiglie belghe a reclamare i figli partiti a combattere. Così, mesi fa viene arrestato in Spagna dove è in vacanza. Liberato poi su cauzione, il processo è in corso.
In Italia si sta già preparando una mobilitazione a più livelli.
Da: comitatocontrolaguerramilano <comitatocontrolaguerramilano @gmail.com>A: Comitato Contro la Guerra Milano <comitatocontrolaguerramilano @gmail.com>
Inviato: Lunedì 25 Novembre 2013 21:22
Oggetto: Fwd: Scriviamo per la libertà a BaharRICEVIAMO DA MARINELLA CORREGGIA E VI GIRIAMO CALDEGGIANDO LA VOSTRA ATTENZIONE ED AZIONE:Ciao, Bahar Kimyongur cittadino belga di origine turca e da 15 anni attivo contro gli abusi in carcere da parte delle autorità turche e negli ultimi due anni contro l'appoggio che la Turchia offre ai terroristi in Siria,E' IN PRIGIONE A BERGAMO e la Turchia ne chiede l'estradizione. Per saperne di più su questa situazione vergognosa (in Italia un cittadino belga prigioniero per fatti di pura opinione!) leggete qui [articolo riportato sopra, ndCNJ]:Oggi pomeriggio prima udienza, l'avvocato ne chiederà la liberazione e il rimpatrio ma intato l'ambasciatore turco fa pressione (immaginate che sarà presente all'udienza)Sua moglie chiede di mandare questa lettera alla Cancellieri, grazie, Marinella CorreggiaAnna Maria Cancellieri centrocifra.gabinetto@...Al ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, Ministero di Grazia e Giustizia, via Arenula, RomaOggetto: detenzione di un cittadino belga nelle carceri italiane per reato di opinioneSignor Ministro,
Dallo scorso 21 novembre, il cittadino belga Bahar Kimyongür è detenuto a Bergamo su richiesta della Turchia, la quale ne richiede l’estradizione.Dal momento che oggi alle 11 si svolge un’udienza davanti alla Corte d’Appello di Brescia, ritengo sia mio dovere come cittadino sottoporLe alcuni elementi, importanti per la conoscenza del caso.In primo luogo, occorre sapere che da oltre dieci anni Bahar Kimyongür subisce una vera e propria persecuzione da parte dello Stato turco che lo accusa senza prove di essere un “terrorista”. Questa persecuzione è avvenuta soprattutto in Belgio. Tuttavia, dopo quattro processi e due giudizi in cassazione, Bahar Kimyongür è stato completamente assolto dalla Corte d’Appello di Bruxelles.La Turchia ha anche fatto pressione sui Paesi Bassi, ma nel 2006 la Camera di estradizione dell’Aja ha rifiutato l’estradizione. Sulla base dello stesso mandato d’arresto internazionale emesso dalla Turchia, il signor Kimyongür è stato poi arrestato in Spagna, lo scorso 17 giugno. In questo caso, la giustizia spagnola ha rimesso in libertà molto rapidamente il cittadino belga, anche se la procedura per l’estradizione è tuttora in corso.E adesso è la volta del Suo paese a essere il teatro della persecuzione che Bahar Kimyongür subisce da parte di Ankara. E’ indispensabile che questo accanimento cessi perché, come indicano le giustizie belga e olandese, Bahar Kimyongür non ha commesso alcun atto di violenza o delitto. Quel che risulta insopportabile per il governo turco, sono le prese di posizione critiche di questo cittadino belga, i suoi scritti nei quali egli si oppone alla politica di Ankara, le sue coraggiose denunce delle violazioni dei diritti umani e i casi di tortura nelle prigioni turche.Signor Ministro, in questo momento Bahar Kimyongür, cittadino belga, è un prigioniero politico in Italia per le sue sole opinioni. E’ una situazione intollerabile. Ecco perché mi permetto, in nome della libertà di espressione, di scriverLe e appellarmi a Lei affinché possa ispirare tutti passi necessari a ottenere la liberazione di Bahar Kimyongür.Voglia gradire, signor Ministro, i miei saluti e ringraziamentiIn fede,
Da: "Comitato antifascista e per la memoria storica-Parma" <comitatoantifasc_pr@...>
Data: 23 novembre 2013 15.55.26 GMT+01.00
Oggetto: i partigiani italiani del "Battaglione Gramsci" in Albania in mostra a Palazzo Sanvitale da oggi 23 novembre
I soldati italiani del "Battaglione Gramsci" partigiani contro i nazifascisti in Albania
in mostra fotografica a Palazzo Sanvitale (Parco Ducale di Parma) dal 23 novembre
Come sul fronte jugoslavo l'indomani dell'8 settembre '43 migliaia e migliaia (quarantamila) soldati italiani non si arresero ai tedeschi e scelsero di combattere contro i nazifascisti al fianco dei partigiani della Resistenza jugoslava, così in Albania l'indomani dell'8 settembre militari italiani della 41a Divisione fanteria "Firenze" e della 53a Divisione fanteria "Arezzo" costituirono il "Battaglione Antonio Gramsci" che combattè contro i nazifascisti insieme con l'Esercito Albanese di Liberazione Nazionale fino alla completa liberazione dell'Albania.
La mostra fotografica “Da oppressori a combattenti per la libertà" ripercorre la storia del glorioso “Battaglione Antonio Gramsci”. La mostra viene inaugurata a Palazzo Sanvitale di Parma (all'interno del Parco Ducale) sabato 23 novembre alle 15. In serata ex-combattenti del “Battaglione Antonio Gramsci” racconteranno della loro esperienza in Albania. Inoltre verranno consegnate ai militari italiani del Gramsci delle onorificenze firmate dal Presidente della Repubblica albanese.
L'iniziativa è organizzata dall’"Associazione Scanderbeg", associazione albanese a Parma e Provincia, col patrocinio del Comune e della Provincia di Parma, nell'ambito della "Settimana della cultura albanese” a Parma dal 23 al 30 novembre.
Per quanto ci riguarda, con il passaggio della Divisione di fanteria da montagna «Venezia» nel II Korpus dell'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia, il 9 ottobre 1943, NASCEVA IL NUOVO ESERCITO dell'Italia DEMOCRATICA. A sostenerci nella nostra opinione è nientemeno che SANDRO PERTINI:
<< La nascita del nuovo esercito italiano "inteso come esercito democratico antifascista e parte integrante della coalizione antihitleriana nella seconda guerra mondiale" deve essere anticipata ... al 9 ottobre 1943, quando il Generale Oxilia, Comandante della Divisione di Fanteria da montagna "Venezia", forte di dodicimila uomini, dette ordini alle sue truppe di attaccare i nazisti, coordinando le azioni militari con l'esercito popolare di liberazione della Jugoslavia. >>
Grazie agli autori per averci fatto rivedere, in quella terza puntata, le immagini preziose del 21 settembre 1983 a Pljevlja, in Montenegro, quando fu inaugurato il monumento alla Divisione Italiana Partigiana Garibaldi, alla presenza di Sandro Pertini e di Giulio Andreotti.
Alleati del nemico. L'occupazione italiana in Jugoslavia (1941-1943)
casa editrice: Laterza
anno di pubblicazione: 2013
collana: Quadrante Laterza
pagine: 208
prezzo: 19,00 euro
disponibile anche in formato Ebook
Vittorio Filippi 15 maggio 2013
“Le forze di occupazione si trovano a dover combattere con un movimento di resistenza forte ed efficace (i partigiani, nda) e in questo contesto, gli italiani si macchiano di crimini che non sono diversi da quelli che riguardano la Wehrmacht – sottolinea Purini -. Com’era il caso con gli occupatori tedeschi, anche quelli italiani fanno il conteggio delle vittime, uccidendo dieci jugoslavi per un italiano. Vengono distrutti e incendiati interi villaggi, istituiti campi di concentramento…”, aggiunge lo storico, ricordando che, nonostante le reiterate richieste del governo jugoslavo nel dopoguerra, questi crimini di guerra non sono stati mai processati, grazie all’amnistia richiesta da Togliatti. Purini sottolinea un altro aspetto interessante che viene analizzato nel libro, ossia il sistema delle alleanze che gli italiani instaurarono con la parte più conservatrice dei movimenti esistenti nei territori occupati, avviando collaborazioni con gli ustascia e i cetnici, per nominare soltanto quelli più rilevanti.
L’autore ha esordito affermando che l’occupazione italiana dell’ex Jugoslavia non è un tema marginale, anche se nel corso dei decenni è stato sempre sminuito dall’opinione pubblica sia jugoslava sia italiana. “Si è preferito parlare dell’occupazione tedesca, mentre quando si faceva riferimento all’Italia venivano menzionati sempre altri fronti di guerra dai quali il Belpaese è sempre uscito sconfitto. Nel caso jugoslavo, invece, l’Italia è un occupatore vincente, con addirittura 300mila soldati disseminati in questi territori. Per fare un paragone, in Russia vengono mandati appena 60mila uomini”, ha puntualizzato Gobetti, soffermandosi sul tema del collaborazionismo nei territori occupati. Dal 1941 al 1943, il comando di Tito e il movimento partigiano si rafforzano, mentre al contempo si sviluppano i movimenti collaborazionisti (primi fra tutti gli ustascia croati e i cetnici serbi).
“L’aspetto del collaborazionismo è significativo da tutti i punti di vista. Gli italiani stabiliscono alleanze che spesso risultano delle contraddizioni che si trascinano in tutto il periodo di occupazione. L’alleanza con gli ustascia inizia già nel 1929, quando Ante Pavelić è in esilio in Italia. Ed è proprio lì che nasce il movimento ustascia, che raggiunge il suo apice nel 1941, quando Pavelić diventa dittatore dello Stato croato indipendente (NDH). Ma l’alleanza tra l’Italia e gli ustascia manifesta un’incoerenza interna. Infatti, gli ustascia sono fascisti e al contempo nazionalisti, per cui vogliono governare lo stesso territorio che è occupato dall’Italia (la Dalmazia). Quindi, questa è una contraddizione che porta gli italiani a stabilire un’alleanza con i cetnici, che sono filoinglesi, in quanto il loro governo si trova in esilio a Londra; di conseguenza si trovano in guerra con l’Italia. Una situazione paradossale.
Lo scrittore Giacomo Scotti, nel commentare quanto esposto da Gobetti, ha definito il volume ”Alleati del nemico. L’occupazione italiana in Jugoslavia 1941-1943” come un libro coraggioso perché analizza un aspetto scomodo e sottaciuto della storia italiana. “Il fascismo ha gettato l’onta sul popolo italiano, per cui ammiro il coraggio di Gobetti, che ha messo in luce i delitti fascisti, rimasti coperti da troppo tempo”.
Al termine della presentazione abbiamo voluto sapere dallo storico Gobetti in che modo venga insegnata la Seconda guerra mondiale nelle scuole italiane. “In Italia è diffuso il concetto di ‘Norimberga mancante’, in quanto non c’è mai stato un processo simile in Italia. Questo ha favorito lo stereotipo dell’‘italiano buono’ e l’impressione che sia stato meno peggiore degli altri. Di conseguenza, nelle scuole superiori non si insegna la storia dell’Italia nella Seconda guerra mondiale e non si parla assolutamente dell’occupazione balcanica. Quest’ultima non si insegna nemmeno nelle università”, ha fatto notare Eric Gobetti.
Helena Labus Bačić
La « Responsabilité de protéger » (R2P) comme instrument d’agression
Traduction
Dominique Arias
[1] Common Courage, 2005, Ch. 11 et 15.
[2] Cf. Manufacturing Consent, Ch. 2 : « Worthy and Unworthy Victims ».
[3] Ndt : En tant que membre permanent du Conseil de Sécurité de l’ONU, les USA ont droit de veto sur toutes les décisions de l’ONU ; or toute décision d’intervention ou de sanction passe nécessairement par le Conseil de Sécurité
[4] L’International Crisis Group : officiellement, ONG engagée dans la prévention et le règlement des conflits internationaux, financée par George Soros.
[5] Cf. John Pilger “East Timor : a lesson in why the poorest threaten the powerful,” April 5, 2012, pilger.com.