Informazione


Da: Claudia Cernigoi 
A: Cnj interna 
Subject: Mussolini e Ronchi.


Cito da un intervento di Marco Barone: 

 “Ronchi dei Legionari, deve il suo attuale nome alla spedizione di occupazione dei legionari capeggiati da Gabriele D’annunzio del 12 settembre 1919. Una forza volontaria irregolare di nazionalisti ed ex combattenti italiani hanno invaso e oppresso la libertà di un’intera terra, di un popolo. D’annunzio scriveva al dittatore fascista Mussolini Domattina prenderò Fiume con le armi. Poi lo implorava affinché il dittatore non lo lasciasse solo in tal sventurata impresa di occupazione. Ronchi, che è tra le Città decorate al Valor Militare per la Guerra di Liberazione perché è stata insignita della Medaglia d’Argento al Valor Militareper i sacrifici delle sue popolazioni e per la sua attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale, può ancora chiamarsi Ronchidei“Legionari”?

Certo quell’impresa è stata ben vista anche dall’aria di sinistra, vi hanno partecipato diversi libertari e comunisti, ma  anche per alcuni principi adottati nella Carta del Carnaro, o perchè la Russia bolscevica sarà l’unico paese a riconoscere la Reggenza italiana di tal luogo , ma il punto nodale della questione è il motivo reale del nome Ronchi dei Legionari. Dal libro Ronchi dei Legionari Storia e documenti di Silvio Domini, edizione dicembre 2006, a pagina 147 , emerge un documento tratto dall’Archivio Comunale di Ronchi nel quale si evidenzia la chiara volontà politica di stampo nazionalistico e non solo , che sarà tipica del fascismo, che determinerà il cambio del nome di Ronchi. Infatti, il motivo reale e sostanziale che ha comportato il mutamento del nome, proposto il 4 ottobre del 1923 dal Consiglio comunale popolar-fascista, sarà il seguente :rammentando la nobile ed audace Impresa del Comandante G.D’Annunzio, il quale partì con i suoi Legionari da Ronchi, per suggellare l’Italianità della Città di Fiume, rendendo con ciò noto per la seconda volta il nome di Ronchi nella storia delle rivendicazioni italiane”.
Mussolini ritardava dall’attuare tale richiesta come formulata dai fascisti di Ronchi, probabilmente perché in competizione con D’Annunzio. Per sollecitare la modifica del nome il 17 maggio del 1924 gli interessati deliberarono addirittura nella seduta del Consiglio Comunale straordinario di Ronchi di nominare Benito Mussolini “cittadino onorario di Ronchi di Legionari” il quale il 2 novembre del 1925 con il Regio Decreto firmato da Rocco e pubblicato nella G.U n° 283 del 5 dicembre 1925 decretò il nome Ronchi dei Legionari ed il 20 settembre 1938 si fermò a Ronchi dei Legionari, dopo la proclamazione delle Leggi Razziali a Trieste, proprio per consacrare la fascistizzazione del nuovo nome in armonia con la fascistizzazione dell’Italia razzista. 

questo accadeva in luglio, e successivamente Barone ha inviato altri solleciti all'amministrazione di Ronchi, quindi (notizia di pochi giorni fa):

A 89 anni da una decisione “storica”, Ronchi dei Legionari potrebbe perdere un suo cittadino illustre. Sarà revocata, questa è la volontà della giunta municipale, la cittadinanza onoraria concessa quasi novant’anni fa a Benito Mussolini. Il provvedimento, spiega il sindaco Roberto Fontanot, sarà portato al vaglio del Consiglio che sarà comunque “sovrano” e dovrà esprimersi su un atto che appare più formale e simbolico che davvero utile o indispensabile per il futuro della città.


Ho voluto segnalare questo sia per riconoscere a Marco Barone quello che è giusto, sia per dimostrare che a volte prendere posizione serve ad ottenere dei risultati. Bravo, Marco, spero che anche in altre occasioni altri cittadini seguiranno il tuo esempio di antifascismo.

Claudia Cernigoi





Il Partito Comunista di Ucraina accusa i dirigenti dell'UE “di volere distruggere l'Ucraina come Stato”

8 Dicembre 2013 
da solidarite-internationale-pcf.over-blog.net | Traduzione di Marx21.it

Comunicato stampa di Petro Simonenko, leader del Partito Comunista di Ucraina

Il Partito Comunista di Ucraina chiede ai dirigenti dell'Unione Europea di reagire immediatamente alle dichiarazioni provocatrici del co-presidente della sua missione nel paese, Aleksandr Kwasniewski che, nella sua intervista sul giornale polacco Rzeczpospolitaha apertamente invitato l'opposizione a usare la forza per impadronirsi del potere in Ucraina.

Il Partito Comunista esige anche di sapere dalla cancelliera Angela Merkel con quale diritto e a nome di chi il ministro degli Affari esteri tedesco Guido Westerwelle si sia recato in Piazza dell'Indipendenza per incontrare i rappresentanti dell' “opposizione”.

Il Partito Comunista invita il Ministro degli Affari Esteri a reagire nei confronti dell'ingerenza diretta di dirigenti di Stato stranieri negli affari interni del paese.

Si cerca di negare al popolo ucraino il diritto di disporre del proprio destino. Si cerca di negare il suo diritto a prendere decisioni in base ai propri interessi, e non a quelli del capitale internazionale.

Oggi, la pseudo-opposizione, come nel 2004, rappresenta la quinta colonna che sacrifica l'interesse nazionale sull'altare delle multinazionali. Sono praticamente gli stessi attori, le stesse promesse, gli stessi metodi.

Ecco perché il Partito Comunista invita tutti i cittadini, il popolo dell'Ucraina a cercare la risoluzione della crisi politica attuale con i soli strumenti legali.

In caso contrario, noi ci dirigeremo verso una “balcanizzazione” del paese, verso la distruzione dell'Ucraina come Stato.

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Appello del Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista d'Ucraina a sostegno delle forze di sinistra e per condannare le azioni della cosiddetta "opposizione" e del partito fascista "Libertà"

12 Dicembre 2013 

Partito Comunista di Ucraina | solidnet.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

Cari compagni!

L'8 dicembre 2013, l'intero mondo civilizzato ha assistito all'atto vandalico e sacrilego, perpetrato sotto il pretesto dei valori europei, quando una folla festante di brutale estremismo distruggeva il monumento di Lenin nel centro di Kiev.

I principali canali televisivi mondiali hanno diffuso i filmati scioccanti dei rappresentanti del partito fascista "Libertà" guidato da Oleg Tyagnibok mentre come invasati abbattevano il monumento, minacciando che il prossimo obiettivo sarebbe stato il Presidente dell'Ucraina Viktor Yanukovych. La cosiddetta "Opposizione" in Ucraina esige apertamente la punizione dei funzionari governativi, mentre sovverte l'ordine pubblico, a partire dal pogrom di Kiev, dalle barricate, con il centro della capitale ucraina praticamente paralizzato.

Allo stesso tempo, i ministri degli esteri di Polonia, Lituania e Svezia, nonché alcuni leader politici dell'Unione europea, non hanno esitato a surriscaldare ulteriormente la situazione in Ucraina. Rappresentanti del Partito Popolare europeo hanno palesato approvazione per la situazione in Ucraina. Molti ambasciatori dell'Unione europea nei loro commenti hanno espresso anch'essi esplicita approvazione per il tentativo di rovesciamento del governo ucraino, infrangendo il saldo principio di non interferenza del mondo diplomatico.

Per converso è inimmaginabile una situazione in cui disordini in paesi come la Francia o la Svezia, ricevano il plauso dei politici di altri paesi per le azioni di una folla aggressiva, allo stesso modo è impossibile immaginare interferenze negli affari di un altro stato da parte del corpo diplomatico.

I tragici eventi in Ucraina vengono presentati sotto il pretesto di una lotta per i valori europei, ma di quali valori stiamo parlando, se al posto di un monumento demolito viene issata la bandiera dell'Unione europea, quando viene posta, in nome dei valori europei, la richiesta di distruzione fisica delle autorità?

I valori europei non possono essere chiamati a discolpa delle gravi percosse di una folla aggressiva ai danni di centinaia di funzionari di polizia disarmati dell'amministrazione del presidente dell'Ucraina, molti restati gravemente feriti.

Noi crediamo che le azioni della cosiddetta "opposizione" e del partito fascista "Libertà", che distruggono monumenti, commettono enormi provocazioni contro i funzionari di polizia e i dipendenti pubblici, occupano numerose istituzioni statali in Kiev, in nessun modo siano da considerarsi valori europei.

Sfortunatamente, i media filo-occidentali mostrano solo una parte della verità. I fatti reali che dovrebbero essere descritti da un punto di vista neutrale, sono taciuti. Il pubblico europeo è indotto a credere che, apparentemente, "tutto il popolo ucraino difende la scelta europea". In realtà c'è una traslazione di concetti: invece della retorica europea in Ucraina si inscena un colpo di stato.

Vi chiedo per sostenere le forze della sinistra in Ucraina. La situazione attuale nel paese rappresenta la continuazione di un serie di colpi di stato nel mondo arabo, con caratteristiche europee. Vi chiedo di condannare severamente il partito "Libertà". Vi chiedo di chiamare l'élite politica di tutto il mondo al boicottaggio del leader del partito "Libertà" e dei suoi deputati nel Parlamento di Ucraina. Vi chiedo di far appello alla Comunità mondiale per una sobria valutazione della situazione reale in Ucraina e per prevenire ulteriori estremismi e azioni provocatorie della cosiddetta "Opposizione" e di "Libertà" il partito guidato da Oleg Tyagnibok. Vi chiedo di chiamare tutti i deputati nei vostri parlamenti nazionali di tutti i livelli e i funzionari dei vostri partiti per sostenere con ogni mezzo la posizione del Partito comunista di Ucraina.

Di ogni vostra iniziativa informate il Dipartimento Internazionale del CC del Partito Comunista di Ucraina, in modo che possiamo rendere nota la vostra posizione in merito alla società ucraina. Credo sinceramente nel vostro sostegno.

Cordiali saluti

Il Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista di Ucraina, capogruppo dei comunisti nel Parlamento ucraino, membro della delegazione permanente ucraina nell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, Petro Symonenko




(deutsch / english / italiano)

Ucraina

0) LINKS
1) Struggle for the Ukraine (GFP 2013/06/05)
2) Ucraina: Klitschko, Yatseniuk e Thyanubok gli eredi di Timoshenko (S. Grazioli, 3/12/2013)
3) A Broad-Based Anti-Russian Alliance (GFP 2013/12/03)
4) [Swobodas Parteivorsitzender] Termin beim [deutschen] Botschafter (GFP 05.12.2013)
5) US attempts to influence situation in Ukraine are desire to take revenge for defeat in Syria - Pushkov (VoR 12.12.2013.)
6) Svoboda, i neofascisti che amano la Nato (Il Manifesto 12/12/2013)
7) Crimea protests against disorders in Kiev (VoR 14.12.2013.)


=== 0: LINKS ===

Le ragioni della battaglia per l’Ucraina - di Simon de Beer, Investig’Action
http://www.marx21.it/internazionale/area-ex-urss/21661-le-ragioni-della-battaglia-per-lucraina.html

Sulla estrema destra filo-UE in Ucraina

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Newsletter vom 06.06.2013 - Eine Revolution sozialer Nationalisten

KIEW/BERLIN (Eigener Bericht) - Enge Verbündete Berlins in der Ukraine intensivieren ihre Zusammenarbeit mit einer erstarkenden Partei der extremen Rechten, um eine prowestliche Politik in Kiew zu erzwingen. Mitte Mai haben die zwei größten ukrainischen Oppositionsparteien "Batkiwschtschina" und "UDAR" einen formellen Wahlpakt mit der rassistisch-antisemitischen Partei "Swoboda" geschlossen. Damit führen sie ihre bereits letztes Jahr eingeleitete Kooperation fort, die unter anderem die gemeinsame Wahl eines Swoboda-Abgeordneten zum Vize-Präsidenten des ukrainischen Parlaments beinhaltete. Batkiwschtschina wie auch UDAR gelten als prowestlich, arbeiten mit Berlin zusammen und werden von der CDU und deren Stiftung unterstützt. Swoboda beruft sich auf Tradition von NS-Kollaborateuren und hat bei den letzten Parlamentswahlen mehr als zehn Prozent der Stimmen erzielt. Die Partei hetzt gegen eine "Moskau-jüdische Mafia" und will, wie Batkiwschtschina und UDAR, den russischen Einfluss weitestgehend zurückdrängen. Sie arbeitet mit der deutschen NPD zusammen…

http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58617

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Newsletter vom 15.11.2012 - Kampf um die Pipelines (Deutsche Erdgaslieferungen an die Ukraine)

KIEW/MOSKAU/BERLIN (Eigener Bericht) - Vor den morgigen deutsch-russischen Regierungskonsultationen bestätigt der deutsche RWE-Konzern die baldige Aufnahme von Erdgas-Lieferungen an die Ukraine. Die Lieferungen sollen noch in diesem Monat beginnen und nächstes Jahr im großen Stil betrieben werden; Kiew will dann bis zu einem Fünftel seines Jahresverbrauchs aus der Bundesrepublik beziehen. Hintergrund ist ein erbitterter Machtkampf um die Kontrolle des ukrainischen Pipelinesystems, um die sich Moskau und Berlin gleichermaßen bemühen. Hatte die russische Seite gehofft, die Ukraine mit immensen Gaspreisen zum Einlenken zwingen zu können, so nutzt die deutsche Seite jetzt den Boom von Flüssig- und Schiefergas im Westen, um Kiew mit billigem Gas zu ködern. Zusätzlich ist im Juli ein Pilotprojekt zur Modernisierung des ukrainischen Röhrensystems auf den Weg gebracht worden, das als Einstieg in die Erneuerung des kompletten ukrainischen Pipelinenetzes durch deutsche Firmen gilt. Letztlich will Berlin auf diesem Wege die Gründung eines trilateralen Erdgaskonsortiums forcieren, das mit deutsch-europäischen, russischen und ukrainischen Teilhabern die Lieferung russischen Gases über die Ukraine in die EU organisiert. Damit wäre der deutsche Zugriff auf das Transportsystem gesichert…

http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58464

Newsletter vom 05.06.2013 - Kampf um die Ukraine (Auseinandersetzungen um Pipelines und Erdgas)

BERLIN/KIEW/MOSKAU (Eigener Bericht) - Der Kampf Berlins und Brüssels gegen Moskau um den dominierenden Einfluss auf die Ukraine spitzt sich zu. Der deutsche RWE-Konzern weitet seine Erdgaslieferungen an das osteuropäische Land seit Ende 2012 systematisch aus; Ziel ist es, Kiews Abhängigkeit von russischem Gas zu brechen - mit Hilfe der Umpolung bestehender Pipelines und umfangreichen Gaslieferungen aus Richtung Westen. Allerdings kommen die Bemühungen, die unter anderem vom deutschen EU-Energiekommissar Günter Oettinger gefördert werden, nicht schnell genug voran. Berichten zufolge beschweren sich prowestliche Kreise in der Ukraine, die Slowakei, ohne deren Pipelines ein Durchbruch kaum möglich sei, sperre sich gegen das Vorhaben. Brüssel müsse daher Druck auf sie ausüben, da Eile geboten sei: Die ukrainische Regierung hat letzte Woche ein Memorandum unterzeichnet, das als wichtiger Schritt zu ihrer Einbindung in die von Russland dominierte Eurasische Wirtschaftsgemeinschaft gilt, deren Gründung gegenwärtig vorbereitet wird. In Berlin gilt die ukrainische Teilnahme daran als unvereinbar mit der Integration Kiews in EU-Strukturen. Mit der neuen Zuspitzung nähert sich ein Streit der Entscheidung, der im Grundsatz seit 20 Jahren geführt wird…

http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58616

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Newsletter vom 26.11.2013 - Protestbündnis für Europa (Demonstrationen in der Ukraine)

KIEW/BERLIN (Eigener Bericht) - Eine Partnerorganisation der NPD gehört zu den tragenden Kräften der Pro-EU-Demonstrationen in der Ukraine. Dies bestätigen Berichte aus Kiew und Lwiw. Demnach werden die gegenwärtigen Proteste, mit denen die ukrainische Opposition die Regierung des Landes zwingen will, das Assoziierungsabkommen mit der EU zu unterzeichnen, von der Partei Swoboda mitorganisiert. In deutschen Medien wird Swoboda derzeit meist als "rechtspopulistisch" etikettiert. Tatsächlich hat Parteiführer Oleh Tiahnybok einst als Ziel seiner Partei angegeben, man wolle die Ukraine von einer "Moskau-jüdischen Mafia" befreien, um sie nach Europa zu führen - ein Beispiel für den krassen Antisemitismus der Organisation. Über enge Beziehungen nach Deutschland verfügen auch die anderen Parteien, die die aktuellen Pro-EU-Demonstrationen tragen. So kooperiert die Partei Batkiwschtschina der inhaftierten Politikerin Julia Timoschenko mit der CDU. Die Partei UDAR des Profi-Boxers Vitali Klitschko ist nach Auskunft eines CDU-Politikers im Auftrag der Konrad-Adenauer-Stiftung (CDU) gegründet worden. Batkiwschtschina und UDAR arbeiten seit letztem Jahr eng mit der Antisemiten-Partei Swoboda zusammen - in einer Art Bündnis für die Anbindung der Ukraine an die EU…

http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58743

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Newsletter vom 27.11.2013 - Probleme der Ostexpansion (Auseinandersetzungen um die Ukraine)

KIEW/VILNIUS/BERLIN (Eigener Bericht) - Vor dem morgen beginnenden Gipfeltreffen in Vilnius zur "Östlichen Partnerschaft" der EU ist das Berliner Expansionsprojekt vom Scheitern bedroht. Nur mit zwei Staaten (Georgien und Moldawien) werden Abkommen zur Anbindung an die EU paraphiert werden können. Zwei weitere (Belarus und Armenien) ziehen ihre Integration in ein Wirtschaftsbündnis mit Russland ("Eurasische Zollunion") vor. Am schwersten wiegt jedoch, dass die Ukraine die Vorbereitungen zur Unterzeichnung ihres Assoziierungsabkommens mit der EU gestoppt hat - trotz umfassender deutscher Bemühungen, sie auf lange Sicht gänzlich aus der russischen Einflusssphäre zu lösen und in das Berliner Hegemonialsystem zu integrieren. In deutschen Medien ist nun von einer "Schlacht um die Ukraine" sowie von einem "neuen Eisernen Vorhang" die Rede, der im Osten überwunden werden müsse. Tatsächlich hatten deutsche Regierungsberater bereits Pläne geschmiedet, nach der festen Integration der sechs Staaten der "Östlichen Partnerschaft" in die deutsche Einflusssphäre weiter voranzuschreiten und auch Russland in eine europäische Freihandelszone einzubinden. Das steht nun ebenfalls in Frage…

http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58744

Newsletter 2013/11/27 - Problems of Eastward Expansion (Germany and Ukraine)

KIEV/VILNIUS/BERLIN (Own report) - In the run-up of the EU's "Eastern Partnership" summit scheduled to begin tomorrow in Vilnius, Berlin's expansion project is threatened to fail. Only two countries, Georgia and Moldova, will sign Association Agreements, while Belarus and Armenia prefer to join the "Eurasian Customs Union" with Russia. However, the biggest blow comes from the Ukraine, which has halted preparations for signing the EU Association Agreement. Germany has left no stone unturned in its efforts to eventually break the Ukraine completely out of the Russian sphere of influence and integrate it into Berlin's hegemonic system. German media now speaks of the "battle for the Ukraine" and a "new Iron Curtain," to be vanquished in the East. German government advisors had, in fact, already planned to forge ahead to integrate Russia into a European free trade zone, after the six countries have been firmly integrated into the German sphere of influence. This now has also been put into question…

http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58700

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Newsletter vom 06.12.2013 - Expansiver Ehrgeiz (Machtkampf um die Ukraine)

KIEW/BERLIN (Eigener Bericht) - Ein einflussreicher deutscher Publizist und ehemaliger Leiter des Planungsstabes im Bundesministerium der Verteidigung kritisiert den "expansiven Ehrgeiz" der aktuellen Berliner Ukraine-Politik. Bei dem Machtkampf um Kiew, der dem westlichen Publikum mit großem Gestus als Kampf um "Selbstbestimmung" präsentiert wird, handele es sich "in Wahrheit" lediglich um ein "großes geopolitisches Spiel", schreibt Theo Sommer, langjähriger Herausgeber und "Editor at Large" der Wochenzeitung "Die Zeit". Den EU-Assoziierungsabkommen, von denen die Ukraine eines unterzeichnen solle, "stink(e)" "expansiver Ehrgeiz aus allen Knopflöchern". Sommers Hinweis auf die "Geopolitik" ruft in Erinnerung, dass der Machtkampf um die Ukraine - ein "Zwischenland" zwischen den Machtzentren Berlin und Moskau - von Deutschland im Zuge seiner stets weiter voranschreitenden Ostexpansion seit mehr als 100 Jahren immer wieder geführt worden ist. Nur kurz - im Frühjahr und im Sommer 1918 - gelang es dem Deutschen Reich, die Ukraine tatsächlich seiner Hegemonialsphäre einzuverleiben. Nach der Niederlage im Ersten Weltkrieg setzten deutsche Strategen ihre Bemühungen mit gleichem Ziel fort. Kontinuitäten reichen bis in die Bundesrepublik…

http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58751

Newsletter 2013/12/06 - Expansive Ambitions (Power struggle over Kiev)

KIEV/BERLIN (Own report) - An influential publicist and former Head of the German Defense Ministry's Planning Staff is criticizing the "expansive ambitions" of Germany's current policies toward the Ukraine. The power struggle over Kiev, bombastically presented to the western public as a struggle "for self-determination," is "in reality" nothing more than a "big geopolitical game," writes Theo Sommer, longtime "Editor at Large" of the German weekly "Die Zeit." The EU Association Agreements - one of which is supposed to be signed by the Ukraine - are "reeking of expansive ambitions." Sommer's reference to "geopolitics" brings to mind Germany's more than a century old power struggle over the Ukraine - a country "interposed" between the two poles of power, Berlin and Moscow - in the course of Berlin's ongoing eastward expansion. The German Reich succeeded for only a short time in incorporating the Ukraine into its hegemonic sphere - during the spring and summer of 1918. Following Germany's defeat in WW I, German strategists continued to pursue their efforts and the objective is being sought by the Federal Republic of Germany still today…

http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58703

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Newsletter vom 11.12.2013 - Die militärische Seite der Integration (Machtkampf um die Ukraine)

KIEW/BERLIN (Eigener Bericht) - Eine ausführliche Analyse aus Kiew bestätigt die Absicht, die geplante Anbindung der Ukraine an die EU mit einer Nutzung ukrainischer Truppen für deutsch-europäische Kriege zu verbinden. Wie es in einer Untersuchung heißt, die die CDU-nahe Konrad-Adenauer-Stiftung gemeinsam mit dem Kiewer "Center for Army, Conversion and Disarmament Studies" veröffentlicht hat, gehe es bei der zur Debatte stehenden EU-Assoziierung "unzweifelhaft" auch um die Integration der Ukraine "in die Sicherheitskomponente der EU", die "Gemeinsame Sicherheits- und Verteidigungspolitik" (GSVP). Seit 1991 hat Kiew regelmäßig mit der NATO kooperiert und auch Soldaten in NATO-Kriege entsandt. Der NATO-Beitritt des Landes ist jedoch unter anderem auf deutsches Betreiben verhindert worden. Inzwischen werden ukrainische Militärs zunehmend in EU-Truppen (Battle Groups) und EU-Interventionen (Atalanta) eingesetzt. Jenseits des Nutzens für deutsch-europäische Kriege weisen US-Spezialisten darauf hin, dass die militärpolitische Anbindung der Ukraine an die EU und ihre Lösung von Russland strategisch hohe Bedeutung hat: Ohne die Ukraine sei Russland, heißt es, nicht zu verteidigen…

http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58755

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13.11.2012 - Klitschko in Berlin

Das Auswärtige Amt hat sich mit dem ukrainischen Oppositionellen Vitali Klitschko über Sanktionen gegen Kiew ausgetauscht…

http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58463

Newsletter vom 10.12.2013 - Unser Mann in Kiew (Klitschko und der Machtkampf um die Ukraine)

KIEW/BERLIN (Eigener Bericht) - Die Bundesregierung will den Box-Champion Witali Klitschko als Präsidentschaftskandidaten in der Ukraine platzieren und ihn in Kiew an die Macht bringen. Dies geht aus Medienberichten hervor. Demnach soll die Popularität des ukrainischen Oppositionspolitikers durch gemeinsame öffentliche Auftritte beispielsweise mit dem deutschen Außenminister gemehrt werden. Auch sei aus PR-Gründen ein Treffen zwischen Klitschko und Bundeskanzlerin Merkel beim nächsten EU-Gipfel Mitte Dezember geplant. Tatsächlich erhalten Klitschko sowie seine Partei UDAR nicht nur massive Aufbauhilfe von der Konrad-Adenauer-Stiftung; UDAR sei 2010 sogar im unmittelbaren Auftrag der CDU-Stiftung gegründet worden, berichtet ein CDU-Politiker. Schilderungen des Verlaufs von Stiftungsmaßnahmen, die dem Aufbau der Klitschko-Partei dienen, lassen erkennen, wie die deutsche Seite über UDAR Einfluss auf die innere Entwicklung in der Ukraine nimmt. In zunehmendem Maße wird inzwischen Polen für die Berliner Ukraine-Politik herangezogen. Die extrem rechte ukrainische Partei Swoboda ("Freiheit"), mit der Berlin und Warschau dabei kooperieren, steht in der Tradition von NS-Kollaborateuren, die im Zweiten Weltkrieg 100.000 Polen christlichen wie jüdischen Glaubens massakrierten…

http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58754


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Struggle for the Ukraine
 
2013/06/05
BERLIN/KIEV/MOSCOW
 
(Own report) - The struggle between Berlin and Brussels, on the one side, and Moscow, on the other, for the predominating influence in the Ukraine is growing sharper. Since the end of 2012, the German RWE company has been systematically expanding its natural gas deliveries to this East European country. Its objective is to break Kiev's dependence on Russian natural gas, by reversing the flow in the pipelines already in place, to deliver large quantities of the gas from the West. However, these efforts - also being supported by the German EU Energy Commissioner, Günter Oettinger - are not advancing rapidly enough. According to reports, pro-western circles in the Ukraine are complaining that Slovakia - without whose pipelines, a breakthrough would hardly be possible - is opposing the project. Brussels, therefore, should exert pressure on that country, because time is running out. The Ukrainian government signed a memorandum last week, which is considered an important step toward its integration in the Russian-dominated EurAsian Economic Community, about to be established. In Berlin, Ukrainian participation in this community is perceived as incompatible with Kiev's integration into EU structures. This conflict, which in principle, has been going on for twenty years, is being fueled by this new accentuation.
20-Year Conflict
In principle, the struggle for predominating influence in the Ukraine has been going on since the collapse of the Soviet Union, in late 1991. Whereas Berlin would like to integrate that country into Germany-dominated European structures, Moscow, for its part, seeks to bind Kiev closer to Russia. From the German-European perspective, one stage of this tug of war for the Ukraine's incorporation, was the "Orange Revolution" in late 2004, bringing pro-western forces into power,[1] and, most recently, the intense - but unsuccessful - attempt to have the ex- Prime Minister Yulia Tymoshenko released from prison on the occasion of the European Soccer Finals held in 2012 in the Ukraine.[2] Formally, Berlin and Brussels are seeking the finalization of a - long-since initialed - association agreement with Kiev, as a means of imposing the Ukraine's incorporation into EU structures. On the other hand, Moscow seeks to incorporate Kiev into the EurAsian Economic Community (EurAsEC), whose founding is currently in preparation. Russia, Belarus and Kazakhstan had, for this purpose, formed a Eurasian Customs Union in 2010 and initiated a Eurasian Free Trade Zone in 2012. The Ukraine is due to join as soon as possible.
Reversed Pipelines
Essentially, this political tug of war over the Ukraine is currently being waged with natural gas and pipelines. Russia's power resides in the fact that Kiev, to this day, is dependent upon its gas supplies. Last year, at the instigation of the German EU Energy Commissioner Günter Oettinger, an attempt was launched, to break the influence of Russian natural gas. Current global gas market developments allow this possibility. The boom in shale gas, in the USA, in conjunction with the increased availability of liquid gas, has rendered acquisition of natural gas relatively flexible. Last year, Oettinger, along with politicians in Berlin and German industrial circles developed a plan to reverse the flow in sectors of the Ukrainian pipeline system, enabling the pumping of comparably inexpensive gas of the global market through the pipelines to the Ukraine from the West. This would allow the Ukraine to become independent of Russian natural gas supply. Ferrostaal and especially the RWE companies of Germany are involved in this plan. (german-foreign-policy.com reported.[3])
The Pipes of Slovakia
RWE, in fact, began delivering gas to the Ukraine in November 2012, using, first of all, Polish pipes. By the end of this year, 53 million m³ will have been piped to the Ukraine. The plan is to increase the flow to 5 million m³ per day. Since the end of March, the Ukraine has been also delivered RWE gas via Hungarian pipelines, which have had their flow also "reversed." This delivery is planned to increase to 15 million m³ per day. The longer term plan is to be able to deliver a total of more than six billion m³ of natural gas per year to the Ukraine over pipelines through Poland and Hungary. However, this is still insufficient for being able to seriously compete with Russia, which sold the Ukraine about 45 billion m³ of natural gas in 2011 and at least 33 billion m³ in 2012. Therefore deliveries via Slovakia's large capacity pipelines should also be added. Pumping up to 20 - 30 billion m³ per year to Kiev through Slovak pipes is in consideration. Sample deliveries began in mid-May, but there is resistance. "According to Ukrainian sources, Kiev's negotiations on the question of the reversal of the flow with Bratislava, are making little progress," according to a recent report.[4] Pro-western circles in the Ukraine have therefore "made urgent pleas to the EU:" "Presumably (...) Bratislava is allied with Gazprom." Brussels must get Slovakia's "pipelines unblocked." Time is running out.
The Eurasian Integration
The latter refers to the fact that Kiev's ties to Moscow are actually making progress. With the signing of a memorandum, last Friday, the Ukraine obtained observer status in the Eurasian Customs Union, permitting its integration into these structures, just in time to become a founding member of the EurAsEC - as Russia desires. The EurAsEC founding is scheduled for early 2015. Moscow would thereby have achieved a key objective. According to Russian media, the Ukraine's EurAsEC membership is in compatibility with the EU association agreement. The Ukraine could then serve as a - strategically significant - "bridge" between the EU and the "Eurasian" integration project. In both Berlin and Brussels, this idea is stubbornly contradicted. Kiev's "Eurasian" integration would rule out "European" integration.
Part of the EU
Accordingly, demands to finally conclude the association agreement with the Ukraine by the fall are now becoming loud. The negotiations of the agreement were terminated in late 2011, and it was already initialed in March 2012. Until now, Berlin and the EU have insisted that the prosecution of their main contacts in Kiev, particularly the prosecution of former Prime Minister Yulia Tymoshenko, be discontinued. In part, the Ukrainian government has fulfilled this demand, through its pardon and release of former Interior Minister Yuriy Lutsenko, a Tymoshenko ally. German business circles had warned, already last fall, that the demands should not be overextended and, if necessary, be withdrawn, to avoid completely losing the Ukraine to Russia.[5] Last week, former Interior Minister, Lutsenko visited Berlin for political consultations, at the invitation of the CDU-affiliated Konrad Adenauer Foundation, where he reiterated his ultimate objectives to the foundation: "My dream is for the Ukraine to become part of the European Union."[6]
[1] see also Antisemitische "Kultur" and "Befreiung der Ukraine"
[2] see also Between Moscow and BerlinFußball als Mobilisierungsmittel and Fatherland and Freedom
[3] see also Kampf um die Pipelines
[4] Konrad Schuller: Am Scheideweg von Gas und Freiheit; Frankfurter Allgemeine Zeitung 01.06.2013
[5] see also Europas Werte
[6] "Mein Traum ist, dass die Ukraine Teil der Europäischen Union wird"; www.kas.de 03.06.2013


=== 2 ===


Ucraina: Klitschko, Yatseniuk e Thyanubok gli eredi di Timoshenko


Un pugile. Un tecnocrate. Un estremista di destra. Chi sono i nuovi leader di Kiev. Che sfidano Yanukovich. E Putin.

di Stefano Grazioli

Le tende in piazza dell’Indipendenza a Kiev non si vedevano dal 2004. Il dicembre di quell’anno fu fatale a Viktor Yanukovich, spazzato via dall’onda arancione guidata da Viktor Yushchenko e Yulia Timoshenko.
Allora la Maidan contagiò mezzo mondo nella festa dei suoi eroi. Sarebbero passati pochi mesi a riportare tutti con i piedi per terra.
LA RIVOLUZIONE FALLITA. La rivoluzione di 10 anni fa naufragò appena iniziata a causa dei dissidi tra i suoi protagonisti, d’accordo solo negli slogan populisti e nel voler mandare a casa i vecchi governanti, ma senza uno straccio di programma comune per gestire un Paese in mano all’oligarchia.
Oggi le facce sono cambiate, ma lo schema rimane lo stesso.
IL TRIO ANTI-YANUKOVICH. A guidare le proteste contro Yanukovich non è stavolta una coppia, ma un trio di soli uomini. Come dire che il gioco si fa più duro, con tutto il rispetto per l’eroina della Rivoluzione arancione che è finita fuori gioco, isolata dietro le sbarre a Kharkiv.
La piazza di Kiev è ora in mano a tre signori che vogliono spodestare dal piedistallo il presidente e rivoltare il Paese come un guanto, spezzando anche il legame con la Russia di Vladimir Putin. Come avrebbero voluto fare allora Yushchenko e Timoshenko.
NON C'È UN PROGRAMMA. Oggi sono il campione di pugilato Vitaly Klitschko, l’ex delfino di Yushchenko Arseni Yatseniuk e il leader del partito nazionalista Svoboda Oleg Thyanubok a guidare la crociata anti-regime.
Una troika colorata che ha raccolto le istanze di cambiamento di buona parte della popolazione, senza però avere un programma concreto da offrire.

Klitschko è il vero leader della troika dell'Ucraina

Klitschko, alla guida di Udar (Colpo), è senz’altro la figura prominente del trio: popolare in Ucraina e in tutto il mondo per i suoi successi sportivi, si è dato alla politica imparandola alla corte di Angela Merkel.

In Germania, praticamente la sua seconda patria, ha ottimi contatti con il partito della cancelliera, attraverso la Fondazione Konrad Adenauer.
La sua è una formazione europeista e moderata, che raccoglie consensi in tutto il Paese, trasversalmente. Secondo i sondaggi la sua popolarità è analoga a quella di Yanukovich e alle elezioni presidenziali del 2015 sarebbero proprio loro due a contendersi il successo in caso di ballottaggio.
C'È ANCHE UN TECNOCRATE. Accanto a Klitschko, c'è Yatseniuk che con la faccia da bravo scolaretto perde chiaramente il duello del carisma. Ma l’ex governatore della Banca nazionale ed ex ministro dell’Economia è un tecnocrate con una strategia ben precisa.
Prima alla testa del Fronte del cambiamento ha promosso la fusione con Patria, il partito di Timoshenko, dopo che quest’ultima è finita in galera. Ora ha assunto le redini del partito, accusato tra l’altro, dai fedelissimi dell’ex premier, di non aver fatto abbastanza per la sua liberazione.
Vuole coagulare l’elettorato moderato, il popolo arancione che aveva creduto nel suo mentore Yushchenko, ma non essendo un trascinatore di folle, avrebbe la peggio nello scontro diretto contro Yanukovich.
THYANIBOK IL POPULISTA. Di ben altra pasta è fatto invece il terzo alfiere dell’opposizione: Thyanibok.
Anima nazionalista con il cuore spostato un po’ troppo a destra, accusato di antisemitismo, è stato sdoganato alle elezioni parlamentari del 2012, quando Timoshenko diede la benedizione all’alleanza tra Patria e Svoboda, suscitando le critiche delle organizzazioni ebraiche di mezzo mondo.
Entrato trionfalmente in parlamento con un manipolo di deputati, Thyanibok ha fatto del populismo la sua arma migliore. Il programma del suo partito, in realtà eurocritico come quello dei movimenti analoghi nell’Europa occidentale, stona con le regole di buona educazione nei rapporti con Bruxelles che si sono dati Klitschko e Yatseniuk, ma al momento nessuno ci fa caso, in Ucraina come altrove.
L’importante per la troika che vuole mandare al tappeto Yanukovich è l’unione di intenti, poi si vedrà. Una strategia che il Paese ha già pagato caro, ma che può essere il punto di partenza per cercare una vera svolta.

Martedì, 03 Dicembre 2013



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Newsletter vom 03.12.2013 - Ein breites antirussisches Bündnis (Berlin und die ukrainische extreme Rechte)

KIEW/LWIW/BERLIN (Eigener Bericht) - Die Bundesregierung befeuert die Demonstrationen des "pro-europäischen" Protestbündnisses konservativer und extrem rechter Parteien in der Ukraine. Von den "Pro-Europa-Kundgebungen" in Kiew und in weiteren Städten des Landes gehe eine "sehr klare Botschaft" aus, erklärt ein Regierungssprecher in Berlin: Es sei "zu hoffen", dass der ukrainische Staatspräsident "diese Botschaft wahrnimmt". Gemeint ist die Unterzeichnung des EU-Assoziierungsabkommens, der Kiew sich vergangene Woche trotz massiven deutschen Drängens verweigert hat. Das "pro-europäische" Bündnis in der Ukraine, auf das sich die Bundesrepublik schon seit
Jahren stützt, um ihre Interessen in dem Land durchzusetzen, schließt nicht nur konservative Parteien, sondern auch Kräfte der extremen Rechten ein. Hintergrund ist deren Stärke vor allem in der Westukraine, die sich in dem Kult um einstige NS-Kollaborateure manifestiert. Im nationalistischen Milieu, das er prägt, ist derzeit insbesondere die Partei "Swoboda" fest verankert. Ihr Anführer ruft in diesen Tagen in Kiew zu einer "Revolution" auf…

http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58748

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A Broad-Based Anti-Russian Alliance
 
2013/12/03
 
KIEV/LVIV/BERLIN

(Own report) - The German government is encouraging the protest demonstrations being staged in the Ukraine by the "pro-European" alliance of conservative and ultra-rightwing parties. The "pro-Europe rallies" in Kiev and other cities of the country are transmitting "a very clear message", according to a government spokesperson in Berlin: "Hopefully" the Ukrainian president "will heed this message," meaning sign the EU's Association Agreement, which Kiev had refused to do last week, in spite of massive German pressure. To gain influence in the country, Germany has for years been supporting the "pro-European" alliance in the Ukraine. The alliance includes not only conservative parties, but also forces from the extreme right - because of their strength, particularly in western Ukraine, where a cult around former Nazi collaborators is manifesting itself. The All-Ukrainian Union "Svoboda" party is particularly embedded in the national-chauvinist milieu, under the influence of this cult. Over the past few days, the party's leader has called for a "revolution" in Kiev.
 
"General Strike and Revolution"
 
Oleh Tiahnybok, the leader of the ultra-rightwing Svoboda (Freedom) party is quoted saying "a revolution is beginning in the Ukraine." Tiahnybok made this proclamation in Kiev during the current protest demonstrations. On the weekend, approx. 100,000 people took to the streets protesting against the current government's foreign policy course, and calling for the country to become associated with the EU. During their continuing - and increasingly violent - demonstrations, protesters are calling on the government to stop refusing to sign the Association Agreement with the EU. According to media reports, numerous activists from ultra-rightwing organizations are participating in the demonstrations, particularly activists from Svoboda. The party's leader Tiahnybok is basking in the attention he is receiving from the international press. He is planning a general strike to accomplish the "revolution" he announced last weekend.[1] He can rely on ultra-rightwing forces, whose influence has grown over the past few years.
 
"National Liberation Movement"
 
The resurgence of the cult around the former Ukrainian Nazi collaborators, since the mid-1980s, has helped ultra-rightwing forces to enlarge their influence in western Ukraine and in Kiev. This cult focuses particularly on Stepan Bandera, a leader of the Organization of Ukrainian Nationalists (OUN). The OUN joined forces with the Nazis during the invasion of the Soviet Union in June 1941. "Along with German units, our militias are making numerous arrests of Jews," wrote the OUN's propaganda unit following the invasion of Lviv: "Before their liquidation, the Jews had used every method to defend themselves."[2] While Lviv's Jewish population was falling prey to pogroms and massacres in the city, Bandera was proclaiming the establishment of a Ukrainian nation.[3] One specialist explained in reference to Bandera's attempt to proclaim a nation, that today, Bandera and the OUN play a "very important" role in the "ethnic self-identity" of West Ukrainians. The OUN is seen "less as a fascist party" than "as the climax of a national liberation movement, or a fraternity of courageous heroes in Ukrainian national history."[4] Since the beginning of the 1990s, numerous monuments to Bandera have been erected throughout the country. One such monument crowns the "Boulevard Stapan Bandera" in Lviv's center.[5] According to analyses, a, "for the most part, informally functioning nationalist civil society" has been created around the Bandera cult, particularly in West Ukraine.[6]
 
Collaborationist Traditions
 
As far back as the 1990s, this milieu has produced various ultra-rightwing organizations. In 1990, the UNA Party ("Ukrainian National Assembly") was founded, forming a paramilitary wing (the "Ukrainian National Self-Defense" - UNSO) in 1991. Yuri Shukhevych, the son of Roman Shukhevych, a Nazi collaborator, was one of its first leaders. Soon the "Congress of Ukrainian Nationalists" (CUN) followed, which elected the former OUN activist Slava Stetsko to the Ukrainian Parliament in 1997. As President by Seniority, Stetsko had the honor of delivering the opening address at the Verkhovna Rada (Ukrainian Parliament) after the 1998 elections. After 1945, Stetsko had continued to pursue her Ukrainian activities from her exile in Munich. It was also in Munich that, since 1948, the "Ukrainian National Council" had held its meetings - in the physical and political proximity of German and US intelligence services. The National Council considered itself to be the "core of the Ukrainian state in exile."[7] Already in 1998, the CUN received - in electoral alliances with other parties - 9.7 percent of the votes in Lviv, 20.9 percent in Ternopil and 23.8 percent in Ivano-Frankivsk. At the time, the "Social National Party of the Ukraine" (SNPU), which was co-founded in Lviv in 1991 by Oleh Tiahnybok and had violent neo-Nazi members, was not yet successful in elections. In 1998 Tiahnybok was voted into the Ukrainian parliament with a direct mandate. Only after the SNPU changed its name to the "All-Ukrainian Union 'Svoboda' ('Freedom') in 2004, did it become more successful in elections and the leader of Ukraine's ultra-rightwing forces.
 
Heroes of the Ukraine
 
At the time, politicians, who had been closely cooperating with Berlin, particularly Viktor Yushchenko (Ukrainian President 2005-2010), had been engaged in activities aimed at forming a broad anti-Russian alliance to integrate the Ukraine into the German hegemonic sphere - thereby strengthening the ultra-rightwing forces. For the elections in 2002 and 2006, Yushchenko's electoral platform "Our Ukraine" cooperated with CUN and enabled that organization to win three seats in the national parliament in both elections. Oleh Tiahnybok (Svoboda) had temporarily been a member of the "Our Ukraine" parliamentary group. He was excluded in the summer of 2004, following his speech at the grave of a Nazi collaborator, in which he ranted against the "Jewish mafia in Moscow." That same year, Yushchenko announced that, if elected, he would officially declare Bandera "Hero of the Ukraine." This did not impede Berlin's support. With the "Orange Revolution," Berlin also helped him to ultimately be elected President. Yushchenko declared Nazi collaborator Roman Shukhevych on October 12, 2007, and Bandera on January 22, 2010 "Heroes of the Ukraine" - as a favor to the broad anti-Russian Alliance. At that time, Svoboda had just received its first major electoral success: In the March 15 regional parliamentary elections in Ternopil, with 34.7 percent and 50 out of 120 parliamentarians, including the president of parliament, it emerged the strongest party.
 
Socially Acceptable
 
To secure the broadest possible base for their anti-Russian policy, the so-called pro-European Ukrainian parties are still cooperating with ultra rightwing forces. "Batkivschyna" (Fatherland), the party of imprisoned opposition politician Yulia Tymoshenko has entered an electoral alliance with Svoboda in the run-up to the last elections. Thanks to this alliance, Svoboda was able to obtain 10.4 percent of the votes and twelve direct mandates and is now represented in the Verkhovna Rada with 37 parliamentarians. A firm opposition coalition was formed, which included Svoboda, Batkivschyna and Vitaly Klitschko's "UDAR" party. This coalition is not only closely cooperating in the Ukrainian parliament but also in the current protest demonstrations on the streets. Batkivschyna has "significantly aided Svoboda to become socially acceptable," according to an expert, but it cannot be ruled out that it thereby also "dug its own grave." Already at the 2012 elections, Tymoshenko's party lost some of its "voters to the radical nationalists" because of its cooperation with Svoboda.[8] The dynamic of radicalization of the current protests could invigorate this development - aided by Berlin's active encouragement.
 
Party Cell Munich
 
With its growing strength, Svoboda is also gaining influence on a European level. Since the 1990s, the party has systematically developed contacts to various ultra-rightwing parties in other European countries. For quite a while, it had been cooperating closely with the French Front National until the FN began to cultivate a "more moderate" image. Up to the beginning of this year, Svoboda had participated in a network that also included the "British National Party" and Hungary's "Jobbik." It has been seeking closer ties to the neo-fascist "Forza Nuova" in Italy and the German NPD.[9] But, it is also establishing its own party structures in other European countries. Last August, it founded a party cell in Munich chaired by a Svoboda city council member from Ivano-Frankivsk, who is currently studying in the Bavarian capital. Following its foundation ceremony, the new party cell visited the Munich Waldfriedhof, indicating a traditional link between Munich and the Ukraine: the two OUN leaders Jaroslav Stetsko and Stepan Bandera are buried in this cemetery. In a press release, the party's new cell announced that the visit had been made "in honor of those, who had died for the independence of the Ukraine."[10] Subsequent to their unsuccessful Nazi-collaboration, both had continued their struggle for Ukraine's secession from the Soviet Union and integration into the German Federal Republic's hegemonic sphere of influence. (german-foreign-policy.com reported.[11])
 
[1] Tausende versperren der Regierung den Weg; www.n24.de 02.12.2013
[2] Franziska Bruder: "Den ukrainischen Staat erkämpfen oder sterben!" Die Organisation Ukrainischer Nationalisten (OUN) 1929-1948, Berlin 2007
[3] see also 
Zwischen Moskau und Berlin (IV)
[4] Andreas Umland: Eine typische Spielart von europäischem Rechtsradikalismus? ukraine-nachrichten.de 28.05.2013
[5] see also 
Fatherland and Freedom
[6] Andreas Umland: Eine typische Spielart von europäischem Rechtsradikalismus? ukraine-nachrichten.de 28.05.2013
[7] see also 
Zwischen Moskau und Berlin (V)
[8] Andreas Umland: Eine typische Spielart von europäischem Rechtsradikalismus? ukraine-nachrichten.de 28.05.2013
[9] Anton Shekhovtsov: The old and new European friends of Ukraine's far-right Svoboda party;www.searchlightmagazine.com 02.09.2013
[10] 25. August 2013; www.aida-archiv.de
[11] see also 
Zwischen Moskau und Berlin (V)


=== 4 ===


Termin beim Botschafter
 
05.12.2013
KIEW/BERLIN
 
(Eigener Bericht) - Bei einem Treffen des deutschen Botschafters in der Ukraine mit dem Vorsitzenden der extrem rechten Partei Swoboda ist schon im Frühjahr ein etwaiger Sturz der Kiewer Regierung thematisiert worden. Dies geht aus Mitteilungen von Swoboda hervor. Demnach habe sich das Gespräch damals allgemein um das Assoziierungsabkommen mit der EU und um "Auswege aus der politischen Krise" gedreht; dabei sei auch erwähnt worden, das "anti-ukrainische Regime" Janukowitsch könne gekippt werden. Das Treffen, das kurz vor dem Besuch einer Swoboda-Delegation bei der NPD stattfand, war eingebettet in eine ganze Reihe von Zusammenkünften der Swoboda-Parteispitze mit teilweise hochrangigen Diplomaten aus der EU und aus Nordamerika. Bei mehreren Gesprächen waren auf ukrainischer Seite zudem die Parteien Batkiwschtschina von Julia Timoschenko sowie UDAR von Witali Klitschko vertreten. Das heutige Protestbündnis, das sich demnach bereits seit fast einem Jahr mit Diplomaten aus EU-und NATO-Staaten austauscht, habe sich "schon auf eine Postenaufteilung im Fall eines Sieges geeinigt", heißt es in Berichten. Demnach ist für den Fall eines Umsturzes in Kiew mit der Regierungsbeteiligung einer Partei (Swoboda) zu rechnen, die auf europäischer Ebene mit der NPD kooperiert.
Umsturzpläne
Wie aus Mitteilungen der extrem rechten Partei Swoboda ("Freiheit") hervorgeht, hat ihr Anführer Oleh Tiahnybok bereits Ende April Kontakt zum Botschafter Deutschlands in der Ukraine, Christof Weil, aufgenommen. Demnach sei es bei einem gemeinsamen Gespräch zunächst allgemein um die "politische Situation in der Ukraine" gegangen. Man habe sich zudem über "die Notwendigkeit" ausgetauscht, dass die Ukraine "das Assoziierungsabkommen mit der EU" unterzeichnen müsse. Es sei dann auch über "Auswege aus der politischen Krise" diskutiert worden. Tiahnybok, der dem Botschafter explizit versichert haben will, Swoboda werde "ihr Bestes geben, um den Weg für das Assoziierungsabkommen freizumachen", habe sodann weiterreichende Vorschläge gemacht, teilt Swoboda mit. Er habe "betont", "die internationale Gemeinschaft" solle "die derzeitige Politik der Janukowitsch-Administration verurteilen", um dazu beizutragen, "die Herrschaft des Volkes durchzusetzen und das anti-ukrainische Regime (in Kiew, d. Red.) zu stürzen".[1]
"Moskowitisch-jüdische Mafia"
Das Treffen des deutschen Botschafters mit dem Swoboda-Anführer, der einst mit der Äußerung von sich reden gemacht hat, die Ukraine werde von einer "moskowitisch-jüdischen Mafia" kontrolliert [2], war Teil einer Reihe von Zusammenkünften zwischen der Parteispitze von Swoboda und teils hochrangigen Diplomaten aus der EU und Nordamerika. Bereits am 23. Dezember 2012 hatte Tiahnybok ein Gespräch mit dem Botschafter Litauens in der Ukraine, Petras Vaitiekunas, geführt. Es folgten Treffen mit den Botschaftern der USA und Tschechiens (Januar), Ungarns, Israels und Dänemarks (Februar) und eine Zusammenkunft des Stellvertretenden Sprechers des ukrainischen Parlaments, Ruslan Koschulinski, mit der stellvertretenden polnischen Außenministerin. Im April tauschte sich Koschulinski gemeinsam mit Vertretern von Batkiwschtschina und von UDAR mit den Außenministern Polens, Litauens, der Niederlande und Dänemarks sowie mit dem Vertreter der EU in Kiew aus. An späteren Gesprächen nahmen neben Funktionären von Swoboda - meist Tiahnybok - und zuweilen von Batkiwschtschina und UDAR etwa der Botschafter Kanadas in der Ukraine oder der US-Vize-Außenminister für Europa und Eurasien, Eric Rubin, teil. Am 30. September wurde Tiahnybok einer Mitteilung von Swoboda zufolge sogar von der Staatspräsidentin Litauens, Dalia Grybauskaite, persönlich empfangen.
Von der NPD zur EU
Die umfassenden Kontakte zwischen diplomatischen Stellen Deutschlands und weiterer EU- sowie NATO-Staaten sind nicht nur deshalb bemerkenswert, weil Swoboda eindeutig zur extremen Rechten zu zählen und in deren Milieu bestens vernetzt ist.[3] So nahm der Swoboda-Beauftragte für internationale Kooperation, Taras Osaulenko, am 23./24. März 2013 an einem Treffen teil, bei dem ein stellvertretender Bundesvorsitzender der NPD als Redner angekündigt war. Wenige Wochen vorher hatte Tiahnybok seine ersten Treffen mit Diplomaten aus der EU und den USA abgehalten; wenige Wochen später traf er den deutschen Botschafter in Kiew. Rund einen Monat nach Tiahnyboks Zusammenkunft mit Botschafter Weil besuchte eine Swoboda-Delegation die NPD in Sachsen, einer Hochburg der Partei.[3] Ende August nahm der Swoboda-Beauftragte Osaulenko an der Eröffnung eines Swoboda-Büros in Brüssel teil, das die Beziehungen zur EU und zur NATO pflegen soll; im September traf er den US-Botschafter in Kiew, im Oktober führte er Gespräche mit Vertretern der neofaschistischen Partei Forza Nuova (Italien), die ihrerseits Kontakte zur NPD unterhält. Mitte Oktober feierte Swoboda - eigenen Angaben zufolge mit über 20.000 Teilnehmern - die Gründung der Ukrainischen Aufstandsarmee (Ukrajinska Powstanska Armija, UPA) vor 71 Jahren, am 14. Oktober 1942. Die UPA ermordete in faktischer Kooperation mit deutschen Truppen unter anderem bis zu 100.000 Polen und wird daher vom polnischen Staat bis heute als "verbrecherische Organisation" eingestuft. Einen Monat vor der Gedenkfeier hatte der EU-Botschafter in der Ukraine, der Pole Jan Tombiński, bei einem Treffen mit Swoboda-Funktionären angesichts der immer engeren deutsch-europäischen Kooperation mit der Partei notgedrungen erklärt: "Man muss auf die Zukunft blicken, nicht auf die Vergangenheit."
Regime Change
Darüber hinaus verdienen die Kontakte westlicher Diplomaten zu Swoboda auch bezüglich der aktuellen politischen Forderungen der ukrainischen Opposition Beachtung. Berichten deutscher Journalisten, denen keine herausragende Sympathie für die Regierung Janukowitsch nachgesagt werden kann, ist zu entnehmen, dass ein offenbar erheblicher Teil der Kiewer Demonstranten auch den im Westen beliebten ukrainischen Oppositionspolitikern "seit dem Scheitern der Revolution in Orange allgemein misstraut". Insofern habe sich die neue Protestbewegung zunächst strikt darauf beschränkt, die Unterzeichnung des EU-Assoziierungsabkommens zu verlangen, von Parteien aber dezidiert Abstand gehalten - und nicht für einen Regimesturz plädiert. Erst die Anführer der Oppositionsparteien hätten diesen zu ihrer Forderung gemacht. Gemeint sind vor allem Tiahnybok, Klitschko und der Batkiwschtschina-Vertreter Arsenij Jatsenjuk. Alle drei hielten sich letzte Woche am Rande des Gipfels in Vilnius zu Gesprächen bereit; Klitschko etwa traf mit dem einflussreichen außenpolitischen Berater der Bundeskanzlerin, Christoph Heusgen, persönlich zusammen. Nach ihrer Rückkehr, "am Samstag", hätten die drei dann "intern vorgetragen", "ihr Ziel sei ein politischer Machtwechsel: Rücktritt der Regierung, vorgezogene Parlamentswahl", wird berichtet. Angeblich hätten sie sich "auch schon auf eine Postenaufteilung im Fall eines Sieges geeinigt".[4] Der anvisierte Umsturz entspricht also weniger den ursprünglichen Forderungen der Masse der ukrainischen Protestbewegung als vielmehr den Plänen der sich mit Berlin und Brüssel eng abstimmenden Parteispitzen der Opposition.
"Schlagt die Juden"
Den Planungen zufolge wäre im Falle eines Umsturzes damit zu rechnen, dass in Kiew eine extrem rechte Partei an der Regierung beteiligt wird - offenkundig mit Billigung Berlins. Einen optischen Eindruck davon, wie die Dinge schon jetzt stehen, bietet ein großformatiges Foto, das eine der einflussreichsten deutschen Tageszeitungen am Dienstag abdruckte. Es zeigt Aktivisten, die das Kiewer Rathaus besetzt halten; im Bildmittelpunkt prangt, angebracht im Innern des Rathauses, ein Swoboda-Plakat. Es zeigt die zwölf EU-Sterne, neben ihnen ein Swoboda-Parteisymbol.[5] Eine Pro-EU-Regierung in der Ukraine würde sich in der Tat auf Kräfte stützen, die in der Tradition von NS-Kollaborateuren stehen und Beziehungen zur NPD unterhalten. Parteichef Tjahnybok hat die Ukrainer schon vor geraumer Zeit "soziale Nationalisten" genannt, die in Kürze eine "dritte Revolution" beginnen könnten. Swoboda-Anhänger treten zuweilen bei Riots mit der Parole "Schlagt die Juden" auf.[6]
Geostrategische Motive
Veranlasst ist die Unterstützung, die Berlin dem Bündnis mit der extremen Rechten in der Ukraine zukommen lässt, durch geostrategische Motive, die die deutsche Ostexpansion schon lange prägen. Wirksam wurden sie erstmals im Ersten Weltkrieg, dessen hundertster Jahrestag im kommenden Jahr europaweit begangen wird. german-foreign-policy.com berichtet am morgigen Freitag.
Weitere Berichte und Hintergrundinformationen zur aktuellen deutschen Ukraine-Politik finden Sie hier: Protestbündnis für EuropaProbleme der Ostexpansion und Ein breites antirussisches Bündnis.
[1] Oleh Tyahnybok meets with Germany's ambassador; en.svoboda.org.ua 29.04.2013
[2] Rachel Ehrenfeld: Svoboda Fuels Ukraine's Growing Anti-Semitism; www.algemeiner.com 24.05.2013. S. auch Eine Revolution sozialer Nationalisten
[3] s. dazu Ein breites antirussisches Bündnis
[4] Konrad Schuller: Weihnachtsbaum als Etappenziel; Frankfurter Allgemeine Zeitung 02.12.2013. Konrad Schuller: Die Revolution und ihre Reporter. Frankfurter Allgemeine Zeitung 04.12.2013
[5] Frankfurter Allgemeine Zeitung 03.12.2013, Seite 3
[6] s. dazu Eine Revolution sozialer Nationalisten


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Mandela e la sua contraffazione nei deliri di “Repubblica”

12 Dicembre 2013
di Spartaco A. Puttini per Marx21.it

Il mondo sta rendendo il giusto omaggio a Nelson Mandela, una grande figura di rivoluzionario e alfiere dell’emancipazione del suo popolo dai lacci del razzismo, che è uno storico corollario del colonialismo e dell’imperialismo.

Purtroppo più che commemorare Mandela per quello che è stato e per come è stato il circo mediatico non può sfuggire alla necessità di edulcorare la sua figura di combattente e così al posto di Mandela si cerca di offrire al pubblico un santino evirato e sostanzialmente innocuo.

Mandela viene giustamente ricordato come un campione della lotta contro il regime razzista dell’apartheid ma è il contesto della sua lotta che viene abilmente taciuto.

Egli ha fatto interamente parte di quel movimento di liberazione dei popoli di colore dal suprematismo bianco e dall’imperialismo occidentale che ha scosso il mondo dalla fine del secondo conflitto mondiale in poi, portando alla decolonizzazione di interi continenti che nel giro di pochi decenni, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, erano stati completamente spartiti, predati e riorganizzati dalle potenze capitalistiche avanzate in base ai loro esclusivi interessi.

Quello di Mandela è il capitolo di una storia di riscossa e rinascita che affonda le proprie radici a partire dalla rottura del fronte dei paesi imperialisti a seguito della Rivoluzione d’Ottobre, rivoluzione che generò un nuovo potere statuale sulle macerie della Russia zarista. Potere che per primo si pose l’obiettivo di saldare la lotta di classe per l’emancipazione degli sfruttati nelle metropoli capitalistiche e la lotta di liberazione nazionale dei popoli che erano asserviti dall’imperialismo.

Il richiamo che la Russia sovietica, il Komintern e l’intero movimento comunista internazionale esercitarono sui popoli di colore e l’impatto del loro appoggio alla causa della liberazione dal giogo coloniale e imperialistico fu enorme. Dal secondo congresso del Komintern Lenin annunciò l’alleanza strategica del movimento comunista con le correnti del nazionalismo rivoluzionario. E i militanti nazionalisti di quello che più tardi si sarebbe chiamato Terzo Mondo presero a guardare con fiducia e simpatia verso Mosca, sicuri di aver trovato una sponda cui appoggiarsi per lottare contro l’oppressione occidentale.

Alcuni militanti nazionalisti maturarono poi convinzioni che li portarono a diventare comunisti, altri non giunsero a tanto, ma compresero l’importanza dell’Ottobre e videro nell’Unione Sovietica e nel movimento comunista internazionale un naturale alleato nella lotta antimperialista. Ancor più dopo che la costruzione della potenza sovietica permise di sconfiggere il nazifascismo e il suo ambizioso tentativo di imporre i disumani metodi di dominio e sopraffazione che le potenze imperialiste avevano già applicato nelle colonie allo stesso continente europeo, fino a progettare lo sterminio sistematico di intere popolazioni.

Il crollo della Germania e del Giappone aprì una nuova fase della storia dei popoli di colore. Anche gli imperi coloniali che erano usciti vincitori dalla guerra tremarono. Iniziava la decolonizzazione. Fu il momento della rivoluzione cinese, di quella coreana, della sconfitta dei francesi a Dien Bien Phu ad opera dei vietnamiti. Fu l’inizio della sollevazione dell’Indocina, dell’Algeria. Fu l’annuncio della rinascita araba e anche di quella dei popoli africani.

Mandela ha fatto parte di questa storia. Insieme a Nkrumah, a Lumumba, a Kabila, a Nyerere, a Neto, a Cabral, a Sankara e a Mugabe, per non citare che i nomi di alcuni protagonisti della riscossa dell’Africa nera.

In questi giorni quel foglio reazionario che risponde al nome di “Repubblica” ha riproposto, per il lavaggio del cervello dei suoi incauti lettori, un articolo tratto dal “New York Times”1. E’ noto che gli Stati Uniti appoggiarono fino all’ultimo il regime sudafricano dell’apartheid e che trattarono Mandela alla stregua di un feroce terrorista. Per quanto sia di cattivo gusto proporre un ricordo di Mandela da parte di uno degli organi di stampa ufficiali della politica statunitense alcuni rilievi dell’articolo meritano che ci si soffermi e che si abbia il coraggio di guardare il fondo della latrina.

L’articolo di Bill Keller congettura sull’appartenenza o meno di Mandela al partito comunista sudafricano. Ma poi, a ben guardare, si sente in dovere di scagionarlo da tale ipotetica macchia sottolineando che in fondo il leader sudafricano è stato molte cose: “un nazionalista nero e un anti-razzista, si dichiarò contrario alla lotta armata e giustificò la violenza, fu una testa calda e diede prova di calma olimpica, fu divoratore di opuscoli marxisti e ammiratore della democrazia occidentale, stretto alleato dei comunisti e, durante la sua presidenza, partner dei potenti capitalisti sudafricani”. In fondo fu compagno di strada dei comunisti solo per avere degli alleati e l’aiuto più grande glielo diedero quando crollò il campo socialista, disinnescando il pericolo rappresentato dall’ANC in Sudafrica agli occhi di Washington, perché ormai la guerra fredda era finita. Questa la tesi. Una tesi che sembra suggerire, tra le altre cose, non senza suscitare involontariamente una certa ilarità, che se non ci fosse stato il pericolo sovietico sarebbero stati gli Usa a mettersi alla testa dei movimenti rivoluzionari e di emancipazione del pianeta.

In realtà l’articolista può smetterla di arrovellarsi: Mandela è stato membro del SACP e membro del suo Comitato Centrale per giunta, come ricordato dai comunisti sudafricani nel loro necrologio ufficiale2.

Successivamente, da leader dell’African National Congress, è stato un alleato fedele del partito comunista nella lotta di liberazione contro il regime dell’apartheid, tessendo un’alleanza che dura ancora, e non a caso.

Mandela ha guardato al movimento comunista, come moltissimi altri con lui in ogni continente, perché il movimento comunista è stato il più grande fattore dei processi di liberazione ed emancipazione della storia contemporanea. E’ stato ad oggi l’unica dottrina politica che è riuscita a fondere le due questioni cardinali della nostra epoca: la questione sociale e la questione nazionale. E’ stata una proposta politica che come poche altre ha concorso a trasformare in soggetti attivi masse disperate, fino ad allora oggetto del gioco di altri. Ha innescato il più grande processo di liberazione della storia umana. Nessun altro movimento ha ottenuto e realizzato di più. Coloro che lo criticano o lo deridono fanno riferimento a culture e movimenti politici che non sono arrivati nemmeno alle anche del movimento comunista internazionale.

Certamente quello innescato dal movimento comunista è stato un fenomeno e un processo di liberazione che, come tutto ciò che ha a che fare con la materialità e la concretezza della realtà e non solo con il mondo astratto delle idee declamate nei salotti, ha avuto anche un andamento complesso, non privo di contraddizioni. Ma come ogni movimento e fenomeno storico concreto va colto nelle sue caratteristiche e nei suoi effetti salienti. Chi ne parla a partire dal gulag, senza peraltro minimamente contestualizzarlo, pretende di iniziare un pasto a partire dal caffè.

Tra l’altro il processo di emancipazione innescato dall’Ottobre continua, a dispetto dei capricci della sinistra sinistrata occidentale, convertita o meno al liberismo, sia nella sua variante liberal che in quella radical. Continua nell’ascesa dei paesi emergenti, trainati dalla Cina, continua nel nuovo corso imboccato dall’America Latina e in mille altri processi e movimenti antimperialisti, pur di altri colori e di altre estrazioni ideologiche, che stanno cambiando i rapporti di forza su scala mondiale e il volto stesso della modernità. Continua nell’erosione della supremazia statunitense e occidentale, verso le quali, anche in tempi recenti, Mandela ebbe parole durissime.

Non è dunque frutto del caso l’alleanza strategica tra Mandela, l’ANC e i comunisti. Ed è un dato di fatto che fa onore tanto a Mandela e ai nazionalisti sudafricani che al movimento comunista nel suo complesso. Ma accettare questo fatto, comprenderlo, implicherebbe il ribaltamento della ideologia “liberal” e americanista fatta propria dal fogliaccio di Scalfari e da quella porzione del panorama politico e culturale che vi vede un riferimento. Allora crollerebbe il castello di colossali frottole costruite per l’immaginario della sinistra sinistrata negli ultimi decenni, immaginario propedeutico al disarmo totale e all’integrale accettazione nel sistema valoriale del pensiero unico e del suo blocco di interessi.

Mandela, proprio come i suoi compagni di lotta comunisti, non è stato tenero in un’epoca e contro un nemico con il quale teneri non si poteva essere. Non siamo solo noi a scegliere, a volte sono altri a spingerci verso determinate scelte, come sa chiunque abbia un minimo di dimestichezza con le reciprocità che caratterizzano un sistema di interazioni.

Allora andrebbe anche contestualizzato il regime dell’apartheid e il suo operato. Il suo battesimo nel 1948 e il patto d’acciaio “per la giustizia” con lo Stato d’Israele, suo eterno alleato. Un alleato che avrebbe fornito al Sudafrica tutti i sistemi d’arma di cui questi abbisognava3 (dai missili Jericho in poi) per condurre una spietata guerra contro i suoi vicini dell’Africa australe. Un particolare su cui i media, a partire da “Repubblica”, edizione italiana del “Jerusalem Post”, sorvolano volentieri.

Il Sudafrica razzista non fu feroce solo con la propria popolazione nera, fu feroce anche con i paesi limitrofi che aggredì e occupò a più riprese. La decomposizione dell’impero coloniale portoghese in Africa australe e l’affermarsi di movimenti di liberazione nazionale di ispirazione marxista in Angola e in Mozambico erano visti dal regime sudafricano come il fumo negli occhi. Le fiamme della lotta di liberazione stavano incendiando la prateria e il fuoco attizzava il risveglio della popolazione della Namibia (occupata dal Sudafrica dalla fine della prima guerra mondiale) e della stessa popolazione nera sudafricana in tumulto.

In quell’angolo di mondo la guerra fredda divenne calda, come ha scritto con dovizia di particolari Vladimir Shubin, in un saggio che ricostruisce quella guerra e che incredibilmente non ha ancora trovato un editore italiano4. Da una parte il regime sudafricano appoggiato da Israele, dagli Usa e dalla Gran Bretagna e affiancato sul terreno dalle contras costituite dalle bande armate controrivoluzionarie dell’UNITA e dalla RENAMO; dall’altro campo l’Angola, il Mozambico, i partigiani namibiani della SWAPO sostenuti dai volontari cubani e dagli aiuti diretti dell’Unione Sovietica, che inviò uomini e materiali in un gigantesco sforzo logistico.

E’ una guerra la cui storia meriterebbe ben altra trattazione. Una guerra in cui la divisione degli schieramenti già dice tutto, più di mille parole. Una guerra della quale non si parla volentieri.

Una guerra che finisce allorquando il Sudafrica subisce una disfatta militare irreparabile a seguito della battaglia di Cuito Cuanavale nei primi mesi del 1988, la più grande battaglia della storia africana dopo quelle del secondo conflitto mondiale. Determinante l’aiuto cubano all’Angola. Determinante la solidarietà internazionalista tra i movimenti di liberazione dell’Africa australe. Determinante, per il risvolto sudafricano della vicenda, il patriottismo con cui Mandela e l’ANC sono andati fino in fondo senza mai arrendersi alle avversità.

Dopo Cuito Cuanavale diviene chiaro che il regime razzista dell’apartheid non può vincere e che non ha più prospettive. Il compromesso che sta alla base della liberazione di Mandela e della nascita del nuovo Sudafrica è a quel punto un risultato strappato con le unghie e con i denti e accettato, per realpolitik, come il male minore dagli Usa, che però impongono al paese la rinuncia all’arma atomica, progettata in comunione con Israele.

Mandela ha riconosciuto il peso determinante avuto dagli eventi angolani e soprattutto dall’impegno cubano nel conflitto australe nell’avergli aperto le porte della prigione: “Cuito Cuanavale segna la virata nella lotta per la liberazione del continente africano e alla sferza dell’apartheid nel nostro paese […] La sconfitta dell’esercito razzista a Cuito Cuanavale diede la possibilità all’Angola di godersi la pace e consolidare la propria sovranità […] permise al popolo combattente della Namibia di conquistare finalmente la propria indipendenza […] e servì da ispirazione al popolo combattente del Sudafrica”5.

Il Sudafrica di oggi resta un paese attraversato da molte contraddizioni, che si trova nell’esigenza di approfondire il suo percorso di liberazione. Ma è un paese migliore. Saldamente ancorato nel fronte antimperialista anche tramite la scelta di aderire al gruppo BRICS con la Cina, il Brasile, l’India e con la Russia di Putin. Un altro elemento su cui molto ci sarebbe da riflettere, infierendo sulla visione astratta del mondo fatta propria da “Repubblica” e dalla sinistra sinistrata liberal e radical.

Oggi Mandela ci viene presentato come un santino senza storia. Lo si mette volentieri nel pantheon dei benpensanti e del politicamente corretto. Magari accanto a Gandhi e a quel predicatore visionario, generoso e un po’ fanatico di Martin Luther King. E’ fargli un torto. Accostarlo a Obama, che si era recato come un avvoltoio in Sudafrica già tempo fa per sfruttare mediaticamente l’evento della morte del grande rivoluzionario per lustrare un po’ la sua immagine, alquanto ammaccata nonostante la santificazione di cui è oggetto da parte della sinistra-destra occidentale, è fargliene due.

Sarebbe meglio ricordarlo con le sue parole:

“Se c'è un paese che ha commesso atrocità indicibili nel mondo, questi sono gli Stati Uniti d'America. A loro non importano gli esseri umani […] l'atteggiamento degli Stati Uniti d'America è una minaccia per la pace nel mondo6."

Ma non pretendiamo che lo faccia “Repubblica”.

Forse dovremmo essere indulgenti con questi alfieri della sinistra che sta in fondo a destra e che più che sconfitte storiche e leader farlocchi non hanno contribuito a confezionare. Ma è più opportuno tenere a mente quanto diceva Gramsci quando ammoniva a non comprare i giornali antioperai, perché ogni soldo dato dal lavoratore per comprare il giornale del nemico di classe è una pallottola nel fucile della reazione puntato contro il movimento operaio:

“[…] l’operaio deve negare recisamente qualsiasi solidarietà col giornale borghese. Egli dovrebbe ricordarsi sempre, sempre, sempre, che il giornale borghese (qualunque sia la sua tinta) è uno strumento di lotta mosso da idee e da interessi che sono in contrasto coi suoi. Tutto ciò che stampa è costantemente influenzato da un’idea: servire la classe dominante, che si traduce ineluttabilmente in un fatto: combattere la classe lavoratrice. E difatti, dalla prima all’ultima riga, il giornale borghese sente e rivela questa preoccupazione.

Ma il bello, cioè il brutto, sta in ciò: invece di domandare quattrini alla classe borghese per essere sostenuto nell’opera di difesa spietata in suo favore, il giornale borghese riesce a farsi pagare …dalla stessa classe lavoratrice che egli combatte sempre. E la classe lavoratrice paga, puntualmente, generosamente.

Centinaia di migliaia di operai, danno regolarmente ogni giorno il loro soldino al giornale borghese, concorrendo così a creare la sua potenza. Perché? Se lo domandate al primo operaio che vedete nel tram o per la via con un foglio borghese spiegato dinanzi, voi vi sentite rispondere: ‘perché ho bisogno di sapere cosa c’è di nuovo’. E non gli passa neanche per la mente che le notizie e gli ingredienti coi quali sono cucinate possono essere esposti con un’arte che diriga il suo pensiero e influisca sul suo spirito in un determinato senso. [...] E non parliamo dei fatti che il giornale borghese o tace, o travisa, o falsifica, per ingannare, illudere, e mantenere nell’ignoranza il pubblico dei lavoratori.

Malgrado ciò, l’acquiescenza colpevole dell’operaio verso il giornale borghese è senza limiti. Bisogna reagire contro di essa e richiamare l’operaio all’esatta valutazione della realtà. Bisogna dire e ripetere che quel soldino buttato là distrattamente nella mano dello strillone è un proiettile consegnato al giornale borghese che lo scaglierà poi, al momento opportuno, contro la massa operaia”7.

Sono in molti a dare ancora credito alla “Repubblica” in quanto giornale di riferimento del centrosinistra (nonostante quello che è concretamente oggi il centrosinistra) o addirittura “di sinistra”. Un credito ampiamente immeritato, come mostrano gli articoli su quasi tutti i temi più importanti: dalla glorificazione di Monti prima e Napolitano poi, alle prese di posizione sulla politica estera nei riguardi della Russia, dei recenti avvenimenti golpisti in Ucraina, della tragedia libica e di quella siriana. Tutti argomenti sui quali “Repubblica” si è mostrata addirittura più retriva e reazionaria del “Giornale” di Berlusconi.

La sua magnificazione di Obama, del mito americano e di questa Unione europea avida e tirannica e del miraggio cosmopolita col quale far digerire un futuro di emigrazione e miseria per i nostri figli costituiscono ormai il suo distintivo. Anche in merito allo snaturamento dei riferimenti storici della sinistra svolge assai bene il suo ruolo e disgraziatamente la figura di Mandela non poteva sfuggire al trattamento.

NOTE

1 “La Repubblica”, 9 dicembre 2013
2 Per il comunicato del SACP si veda: http://www.marx21.it/internazionale/africa/23245-i-comunisti-sudafricani-rendono-omaggio-a-nelson-mandela.html
3 http://www.medarabnews.com/2010/05/25/israele-e-l%E2%80%99apartheid-un-matrimonio-di-convenienza-e-di-potenza-militare/
4 V. Shubin, The Hot Cold War: the USSR in Southern Africa; London Pluto Press, 2008
5 http://www.granma.cu/italiano/esteri/25marz-Cuito.html
6 http://rt.com/news/mandela-sharp-quotes-media-860/
7 A. Gramsci, I giornali e gli operai; in: “Avanti!” ed. piemontese, 22 dicembre 1916