Informazione


IL PD ONORA L'AVIATORE MUSSOLINI


di Manlio Dinucci | da il Manifesto - 13 marzo 2012

Che emozione quando, il 25 marzo a Forte dei Marmi, il sindaco Pd Umberto Buratti scoprirà la statua dedicata a «L’aviatore». A rappresentare gli aviatori italiani apparirà il figlio del Duce, Bruno Mussolini, in tuta di volo, maschio e fiero come il suo augusto genitore. 

La grande statua fu commissionata nel 1943 dallo stesso Benito Mussolini allo scultore Arturo Dazzi, artista molto apprezzato dal regime, per onorare Bruno, morto in un incidente aereo due anni prima, agli inizi della Seconda guerra mondiale. Il Duce lo ricorda, nel libro a lui dedicato, come «aviatore di tre guerre, già volontario in Africa e in Spagna, che servì in pace e in guerra l'Italia», dando «nobiltà imperitura al nome dei Mussolini» e ispirando i giovani con la sua «vita esemplare».

A tale proposito, il sindaco Buratti e la sua giunta faranno bene a organizzare visite guidate delle scuole per spiegare agli alunni, di fronte alla statua, quale fu la «vita esemplare» di Bruno Mussolini. 

Nel 1935 partecipò con il fratello Vittorio, anche lui aviatore, alla guerra di conquista coloniale dell’Etiopia. Le loro gesta sono così descritte da Vittorio: «Le bombette incendiarie davano soddisfazione: era un lavoro divertentissimo. Bisognava centrare bene il tetto di paglia. Questi disgraziati che si vedevano bruciare il tetto saltavano fuori scappando come indemoniati. Una bella sventagliata e l’abissino era a terra». 

E anche in Etiopia, come già avvenuto in Libia, l’aviazione italiana usò, non solo contro le formazioni armate ma contro le popolazioni inermi, gas soffocanti (fosgene), vescicatori (iprite) e tossici (benzolo). 

A questo punto sarà bene spiegare alle scolaresche, basandosi su un libro di F. Pedriali edito nel 1997 dall’Ufficio storico dello Stato maggiore dell’aeronautica, che la guerra fu provocata dalla «manifesta avversione dell’imperatore Hailè Selassiè ad accettare anche una semplice tutela economica italiana» e che furono gli etiopi a «violare le convenzioni internazionali usando pallottole dum-dum», il che costrinse gli italiani a ricorrere alle armi chimiche. 

Si potranno poi illustrare le gesta di Bruno nella guerra di Spagna nel 1937-38, quando l’aviazione di Mussolini intervenne a fianco della Luftwaffe di Hitler. E per questo Bruno fu insignito dal fascista Franco con la Cruz por la Unidad Nacional Española. 

Oggi la sua statua, che nel 1998 l’allora sindaco di Forza Italia non riuscì a esporre a causa delle proteste, sarà resa «visibile a tutti» da un sindaco Pd per rendere «omaggio all’Aeronautica militare». 

Un messaggio politico per affermare che il Partito democratico riconosce quello che l’Aeronautica militare definisce il «continuum di valori che impreziosisce il corso della sua storia», da quando nel 1911 l’Italia usò per la prima volta al mondo aerei a scopo militare nella guerra coloniale di Libia a quando, nel 2011, è tornata a bombardare la ex colonia. 

Un messaggio anche agli elettori in vista delle amministrative del prossimo maggio. Con il fascistissimo figlio del Duce come testimonial del fatto che il Pd ha ormai superato il vetero antifascismo. 

E dopo l’inaugurazione del «Monumento all’Aviatore», con tanto di corteo e fanfara, tutti a mangiare gli italianissimi spaghetti. Il sindaco Pd ha infatti vietato i ristoranti di kebab.



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http://www.diecifebbraio.info/2012/03/i-riconoscimenti-per-gli-infoibati-ai-criminali-di-guerra-italiani/

I RICONOSCIMENTI PER GLI INFOIBATI AI CRIMINALI DI GUERRA ITALIANI

di Milovan Pisarri
 
 

Ormai da otto anni, com’è noto, la Repubblica italiana ricorda ogni 10 febbraio le vittime italiane delle foibe e l’esodo degli italiani d’Istria e Dalmazia dalle loro terre d’origine. Nonostante vari studi abbiano nel corso di questi anni dimostrato quanto sia necessaria un’approfondita conoscenza delle vicende belliche e postbelliche di quelle regioni prima di istituire celebrazioni politicamente rischiose, ogni anno le istituzioni fanno letteralmente a gara per organizzare eventi che possano restituire alla memoria collettiva momenti di storia dimenticata.  Tra essi, il più importante e carico di significato è certamente la consegna di medaglie al ricordo di persone che persero la vita nelle foibe.

Già da tempo Sandi Volk attraverso pazienti ricerche e confronti, ha dimostrato il senso di questa cerimonia. Nel suo bell’intervento chiarificatore intitolato Che cosa ricorda la Repubblica? pubblicato nel volume Foibe. Revisionismo di Stato e amnesie della Repubblica (Kappavù, Udine 2008), pagine 143-178, ha fatto un’inequivocabile luce sulla legge 92 del 30 marzo 2004 con cui venne istituita la Giornata del Ricordo e soprattutto su chi viene effettivamente ricordato. Dalle sue analisi, condotte soprattutto grazie al confronto delle stesse fonti utilizzate per concedere i riconoscimenti e di altre liberamente disponibili (Albo d’oro di Luigi Papo, Elenco caduti RSI), è emerso chiaramente il quadro di quello che si ricorda: non civili italiani dell’Istria infoibati perché italiani, ma militari italiani inquadrati nelle formazioni repubblichine al servizio dei nazisti in Istria, spesso provenienti da regioni troppo distanti dall’Istria stessa per poter essere considerati istriani, uccisi dai loro nemici partigiani. Infatti, la maggior parte degli oltre duecento premiati al gennaio 2012 sono membri delle forze armate e di polizia morti in varie circostanze nel \biennio 1943-45: nel periodo cioè in cui nell’Istria, a Trieste e a Gorizia i tedeschi avevano instaurato l’Adriatische Kunsterland e dove i militari italiani, arruolati esclusivamente su base volontaria, prestavano giuramento direttamente alle autorità naziste. Carabinieri, membri della Guardia di Finanza, poliziotti ma anche numerosi militi della Milizia della Difesa territoriale, di quella milizia cioè che porta enormi responsabilità nella lotta antipartigiana e nei crimini commessi contro civili inermi, inclusa la consegna ai nazisti di numerose persone finite a S. Sabba o nei campi di concentramento in Germania. Numerosi, anzi troppi, anche i cosiddetti civili premiati ex appartenenti alle stesse formazioni armate; diversi anche gli scomparsi, cioè coloro di cui non si è mai saputa la causa di morte (presunta), e di quelli morti addirittura in combattimento; non mancano infine anche persone che hanno ricevuto due volte lo stesso riconoscimento, in anni diversi.

Già questo è di per sé una questione allarmante, paradossale; si ricordano di fatto caduti italiani nazifascisti, ponendo ancora una volta in continuità, verrebbe da dire, l’Italia repubblicana a quella fascista e poi repubblichina. Probabilmente ciò è possibile soprattutto a causa dell’oblio che ancora oggi avvolge i territori istriani, e più in generale di tutti quelli jugoslavi occupati dagli italiani, durante il secondo conflitto mondiale; un oblio che permette l’affermazione politica della peggiore retorica politica, ingombrante e prevaricante nei confronti della sana ricerca storica. Alla decostruzione di tali affermazioni politiche messa in atto da Sandi Volk, ci permettiamo quindi di aggiungere un ulteriore tassello.

Il problema dei riconoscimenti è infatti reso molto più grave dal fatto che tra i vari caduti ricordati dalla Repubblica ci sono anche alcuni criminali di guerra sui quali negli archivi jugoslavi esiste un dossier con capi d’accusa e prove, spesso schiaccianti. Un caso già conosciuto è quello di Vincenzo Serrentino, ultimo prefetto di Zara (nel 1944, si badi bene) fucilato dopo regolare sentenza dalle autorità jugoslave nel 1947. Ai familiari di Serrentino è stato consegnato il riconoscimento nel 2007, senza accennare (ma loro forse lo sapevano, sono tutti gli altri che non lo sanno) al fatto che lo stesso Serrentino ebbe a Zara e Sebenico un ruolo di primo piano nella guerra contro gli antifascisti e nei crimini contro la popolazione civile croata.

Oltre a lui, è stato possibile accertare che altri cinque criminali di guerra sono stati onorati dalle medaglie della Repubblica; cinque nomi di persone i cui dati sono stati verificati prima di essere qui di seguito pubblicati. I dossier originali in lingua serbocroata o slovena sono liberamente consultabili da tutti presso l’Archivio di Jugoslavia, nel fondo numero 110 “Commissione di Stato per l’accertamento dei crimini di guerra degli occupanti e dei collaborazionisti”. Qui si trovano ben ordinati i dossier dei 3.693 criminali di guerra italiani identificati dalle autorità jugoslave nell’immediato dopoguerra. (Urge una precisazione. Come è risaputo, e purtroppo mai abbastanza ripetuto, alla fine della guerra la Jugoslavia cercò l’estradizione di circa 750 criminali di guerra italiani, cosa che naturalmente non avvenne; quello che è però importante sottolineare è che quelli richiesti erano coloro i quali si erano macchiati dei crimini più gravi e dei principali in ordine gerarchico: Roatta, Robotti, il prefetto Testa e così via. In realtà la Commissione jugoslava per l’accertamento dei crimini degli occupanti e dei collaborazionisti accertò grazie ad un minuzioso lavoro di numerose sottocommissioni la responsabilità di 3.693 italiani).

Chi sono dunque i criminali di guerra premiati dalla Repubblica italiana e di cosa sono stati accusati dalle autorità jugoslave? Pubblichiamo alcuni estratti dai loro dossier. Tra parentesi è indicata la collocazione di ogni singolo dossier, per chiunque volesse approfondire o verificare la veridicità di quanto scritto.

1)    Bergognini Giacomo. Riconoscimento ricevuto nel 2009

Nel suo dossier (Archivio di Jugoslavia, fondo 110, busta 234, f. br. 24978), è scritto:

Come membro della compagnia di carabinieri di Ajdovšćina nel corso della guerra ha partecipato ai seguenti crimini:

-       Durante la guerra, nel comune di Ajdovščina furono arrestati, torturati e dopo oltre un mese di carcere internati 11 uomini: Bajc Matija, Kete Alojz, Zigon Anton, Berlot Anton, Lokar Marijan e Poniz Rihard (…)

-       I carabinieri insieme ai fascisti e alla polizia arrestarono nelle frazioni del comune di Ajdovšćina 120 giovani arruolandoli in battaglioni speciali, dai quali ancora non tutti hanno fatto ritorno.

-       I carabinieri insieme ai fascisti, alla polizia e alla guarnigione italiana organizzarono il giorno 8 agosto1942 una spedizione criminale a Ustje. I carabinieri avevano istruzioni ben precise, e anche se il maresciallo Marrone era stato ucciso per vendetta dai soldati del reggimento alpino, nonostante ciò guidarono l’azione e bruciarono il giorno suddetto l’intero abitato di Ustje, mettendo a fuoco tutti i beni di 67 proprietari (…). Oltre a ciò radunarono tutta la gente al cimitero, picchiandoli e li minacciandoli di morte. Presero poi 8 uomini, li torturanono di fronte a tutti e poi li uccisero con i coltelli o con il fucile. I nomi dei morti sono: Podgornik Avgust, Evstahi Podgornik, Strancer Metod, Stibil Milan e Anton, Vrtovec Anton, Kante Maks e Uršič Ivan. (…).

2)    Cucè Luigi, riconoscimento ricevuto nel 2011.

Dal suo dossier (AJ, fondo 110, busta 128, f. br. 5724):

Il criminale Cucè Luigi, in quanto brigadiere della Guardia di Finanza sull’isola di Pašman durante l’occupazione italiana nel 1943, anche se non rientrava nei suoi doveri, su propria iniziativa ricopriva una carica di polizia superiore alle sue funzioni previste dalla sua professione di capo della Guardia di Finanza locale. Indagava costantemente, denunciava e pereguitava tutti gli antifascisti. Su sua proposta e su sue informazioni venivano effettuati arresti, – invii al Tribunale speciale, invii ai campi di concentramento e fucilazioni di diversi patrioti antifascisti (…)

Il giorno 17 luglio 1943, dalla guarnigione di Sali a Dugi otok giunse sull’isola di Pašman una spedizione punitiva comandata dal famoso criminale, capitano Malocchi Ernesto, composto da soldati del primo battaglione “Granatieri di Sardegna“. Appena sbarcati a Pašman si unì loro il criminale Cucè Luigi, e da lui guidati irruppero nelle case e arrestarono diversi contadini tra i quali: Pedišić Anastasije Šimin, Kraljev Augustin Matin, Pešić Toma Krstin, Kraljev Dragica moglie di Ante, Pedišić Božo Matin, Kraljev Mate figlio del defunto Mate, vecchio di 75 anni. Tutti gli arrestati vennero condotti in barca nel paese di Pašman. Qui vennero rinchiusi nella caserma della Guardia di Finanza, dove i criminali Malocchi e Cucè li interrogarono e li maltrattarono pesantemente fino alle due di pomeriggio, costringendoli ad ammettere la loro collaborazione con i partigiani (…). Dopo essere stati torturati, verso le due di pomeriggio vennero portati fuori dalla caserma e diretti di fronte ad una casa non terminata senza tetto.  Lì il criminale Vladković Boris li portò ad uno ad uno all’interno e li uccise con un colpo di pistola; dopodiché i soldati gettarono i corpi dalla finestra, e fuori altri soldati spararono sulle vittime un’altra raffica (…).

3)    Luciani Bruno, riconoscimento ricevuto nel 2007.

Dal suo dossier (AJ, fondo 110, busta 231, f. br. 24206):

Il giorno 31 dicembre 1944 gli agenti della polizia di Collotti arrestarono il ventenne Kavčič Bruno di Trieste. All’arresto parteciparono gli agenti Ciarlenco, Luciani, Nussak e Sorenzio. Kavčič Bruno fu portato alla caserma in via Cologna, dove fu interrogato e torturato. Le torture durarono fino al 15 aprile 1945, quando venne trasportato al Coroneo dove venne interrogato e torturato dalle SS. Il giorno 28 aprile 1945 venne trasportato a Opicina dove venne fucilato dalle SS (…).

Il giorno 27 novembre 1944 venne arrestata Varich Wilma dagli agenti Ciarlenco e Luciani, membri della polizia di Collotti, e venne portata nel carcere in via Bellosguardo. Qui venne interrogata. Venne legata al tavolo, picchiata e presa a pugni; questo venne fatto dal brigadiere Ciarlenco. Vedendo i torturatori che non aveva intenzione di dire nulla, cominciarono a bruciarle le mani, le gambe e le guance con l’elettricità. Dopo un’ora fu portata in cella. Il giorno successivo fu trasportata nel carcere presso i Gesuiti. Dopo ottanta giorni fu nuovamente interrogata e torturata nel carcere in via Cologna, poi trasferita al Coroneo e dopo due mesi fu internata in Germania.

Il giorno 26 novembre 1944 la polizia speciale per il Litorale adriatico il cui capo era Collotti, arrestò il funzionario ventenne Battich Ferruccio. L’ordine di arresto, che venne effettuato da tre agenti della sopranominata polizia, fu dato dal brigadiere Ciarlenco. Battich venne portato presso la sede di questa polizia in via Bellosguardo. Qui venne interrogato e picchiato brutalmente dagli agenti Ciarlenco, Codegli e Luciani. Poi venne trasportato nel carcere dei Gesuiti con l’accusa di essere un collaboratore dei partigiani (…).

4)    Privileggi Iginio, riconoscimento ricevuto nel 2007.

Dal suo dossier (AJ, fondo 110, busta 214, f. br. 21168):

Un giorno imprecisato del gennaio 1944 i fascisti si recarono nel villaggio di Bujić guidati dal fascista Privileggi Iginio e Kovačič Mario. Qui arrestarono Jelovac Ivan, che venne portato a Parenzo, picchiato e torturato e lasciato senza cibo per otto giorni. Poi fu portato in un bosco e ucciso.

(…)

Il giorno 2 febbraio 1944 arrestarono Pribetić Ivan, che venne portato in carcere, maltrattato e picchiato; venne picchiato in particolare dal fascista Privileggi. Lo stresso giorno si recarono a Nova Vasi e arrestarono Viggintin Petar, che venne portato a Parenzo e ucciso con una mitragliatrice poco distante dall’abitazione di Mate Vlašić. Nel corso di questa esecuzione vennero riconosciuti i fascisti Kovačič Mario e Destilatis Ennio. In quell’occasione diedero fuoco alla casa di Vlašić Mate, e quando Vlašić Petar tentò di spegnere l’incendio, i fascisti lo presero e lo portarono al cimitero, dove venne ucciso con una raffica di mitragliatrice. A quest’esecuzione parteciparono Privileggi Iginio e Ramarro Luigi. Allo stesso modo uccisero sempre a Nova Vasi Brnobić Ivan e sua moglie Vitkorija, Orahovac Antun, Jerovac Mate, Radin Gašpare, Sorčič Bruno (…).

Il criminale sopraindicato è stato liquidato dalle nostre autorità come risulta dal rapporto della Commissione per i crimini di guerra in Istria numero 389.

5)    Stefanutti Romeo, riconoscimento ricevuto nel 2006 e nel 2007.

Dal suo dossier (AJ, fondo 110, busta 230, f. br. 24016):

I fascisti di diverse guarnigioni, e in particolare di quella di Oprtalj, commisero nel corso del 1944 nel territorio di Buzet una serie di crimini nei confronti della pacifica popolazione locale, con lo scopo di annientarla e di appropriarsi dei loro beni. La Commissione per i crimini di guerra in Istria ha accertato che in quel periodo critico, il milite Stefanutti Romeo partecipò personalmente ai crimini di seguito descritti (…).

Dalla fine del gennaio 1944 fino alla fine del giugno dello stesso anno, nel territorio di Buzet, senza alcun motivo vennero uccisi i seguenti civili: Grizančić Mate, Grizančić Andjelo (questi venne portato al cimitero nel paese di Salež dove gli vennero cavati gli occhi, tagliate le orecchie, mentre il suo corpo venne martoriato con il coltello; poi fu fucilato), Zonta Miha, Zonta Antun, una certa Ana di Zrenja il cui cognome non si conosce (venne sgozzata), Pruhar Ivan, Mušković Antuna (venne ucciso mentre badava ai suoi tacchini, che vennero poi rubati dai fascisti), Kodelij Antun e Prodan Antun; inoltre, saccheggiarono e incendiarono 14 abitazioni, mentre arrestarono due persone e li mandarono nei campi in Germania (…).

6)    Serrentino Vincenzo, riconoscimento ricevuto nel 2007.

Dal suo dossier (AJ, fondo 110, busta 76, f. br. 80):

Nel corso del 1941 venne formato in fretta e furia a Šibenik il Tribunale straordinario, che condannò a morte delle persone senza nemmeno provare la loro colpevolezza.

Tra l’altro, vennero condannati a morte da questo tribunale:

-       13 ottobre 1941 vennero fucilati: Junaković Drago Stipin, Lazić Ivan Antin, Vrljević Duško Milošev, Bujas Mate Antin, Višić Blaž Stipin e Belamarić Ante figlio del defunto Vlada, anche se erano del tutto innocenti.

-       Il 29 ottobre 1941 vennero fucilati a Vodice, nei pressi di Šibenik: Skroza Milivoj Ambrozijev, Antulov Ivan Matin, Kursar Fridrih Enrika, Jurić Ivan Vicin, Belan Šime Ivanov, Udovičić Ante Grgin, Greblja Petar Krstin, Mijat Ante figlio del defunto Luka, Mijat Cvitko Blažev, Skroza Jozo Rokov, Skroza del defunto Toma, Skroza Štire figlio del defunto Duje, anche se non avevano commesso nulla per cui poter essere condannati a morte.

Come giudice responsabile di aver emesso tali sentenze di morte ingiuste, Serrentino Vincenzo è responsabile di crimini commessi da parte dell’occupante nei confronti dei nostri popoli.

Leggendo questi estratti, viene da chiedersi come mai sia stata possibile una così grave defaillance.

Volendo essere comprensivi, potremmo rispondere che i membri della commissione che stabilisce a chi assegnare le medaglie non abbiano preso in considerazione una tale eventualità; il che la direbbe comunque tutta sulla serietà del lavoro che svolgono. D’altra parte, se teniamo presente la difficoltà di consegnare medaglie a civili realmente morti nelle foibe e la facilità con cui vengono assegnate a fascisti veri e propri, forse dovremmo ripensare bene a tutta la Giornata del Ricordo.

Ci riserviamo di aggiornare l’elenco dei criminali di guerra che hanno ricevuto il riconoscimento dalla Repubblica italiana qualora emergessero nuovi nominativi.



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rom in italia

IL POPOLO CHE NON SEGUE PIÙ IL SOLE


Tre libri, tre sguardi sui rom e sinti residenti in Italia: a Torino, a Firenze, a Roma. 

Il volume Una storia da raccontare, a cura di Gabriele Guccione e Carla Osella, riassume il lavoro dell'associazione Aizo con i rom del Piemonte. Il cammino di Aizo (Associazione italiana zingari oggi) comincia 40 anni fa quando, seduti intorno al fuoco con l'immancabile tazza di caffè in mano, alcuni sinti chiedono a Carla Osella <<Perché non facciamo un'associazione, un sindacato per difendere i nostri diritti?>>. Dopo averci pensato a lungo, Carla accetta e da allora quello diventa l'impegno della sua vita. Un impegno senza riserve, sulle orme del Cristo delle origini, capace di sedersi insieme agli ultimi senza chiedere nulla in cambio. Aizo nasce nel 1971, da un gruppo misto di sinti e gagè (i non zingari): 431 famiglie provenienti da tutto il Piemonte. Da allora - spiega in un'intervista Osella - le condizioni di vita di rom e sinti sono cambiate. Il nomadismo è quasi scomparso. Sul territorio italiano solo il 10% delle comunità è attualmente nomade.è finita <<sotto una montagna di semplificazioni che ne hanno esaltato gli aspetti scomodi e fastidiosi e cancellato quelli importanti e gloriosi>>. Un popolo invisibile che, per la scrittrice, ha gli occhi ancora infantili di Carmen, la zingara conosciuta a un semaforo che diventerà un'amica. L'ignoranza delle straordinarie risorse della cultura romanì - dice in un'altra intervista la studiosa Marcella Delle Donne - <<è la prima causa dell'ostilità nei confronti dei rom da parte della nostra società. E il pregiudizio è talmente radicato che è stato elevato a categoria metafisica>>.

Per Adem Bejzak, autore insieme a Kristin Jenkins del volume Un nomadismo forzatoraccontare è una <<forma di lotta>>. Nato a Pristina nel 1957, Adem è un attivista rom impegnato da anni nella difesa dei diritti umani del suo popolo. Dal '93 lavora come meccanico a Firenze, dove l'ha raggiunto la sua famiglia, in fuga dalla guerra in Kosovo. I racconti di Adem e dei suoi parenti nascono nel campo dell'Olmatello, a Firenze, dove tutti hanno vissuto prima che il comune assegnasse loro una casa, nel 2006. Sullo sfondo, la guerra <<umanitaria>>, le bombe della Nato, <<la devastazione provocata dall'Uck 
(Esercito di liberazione nazionale del Kosovo) in seguito ai 78 giorni di 
bombardamenti, la disperata fuga verso l'Italia attraverso il mare Adriatico, nel '99>>. Poi, una volta arrivati a Firenze, lo shock di trovarsi a vivere fra i topi nei campi Fiorentini e sotto il peso dei pregiudizi. Ma Adem non si lascia schiacciare. In una foto del libro, lo vediamo mentre partecipa a una manifestazione contro la guerra, ad Aviano, nel 1999: 
<<Il popolo rom vuole vivere insieme senza oppressione>>, recita il suo cartello. In un'altra istantanea, partecipa alla giornata della memoria, per ricordare <<l'olocausto degli zingari>> nei campi di concentramento nazisti. In altre pagine, Adem mostra con orgoglio a Jenkins (ricercatrice che ora vive a Bristol) la sua casa di 
prima, e qualche libro scampato al disastro. Alle pareti della sua 
abitazione, c'è una foto del maresciallo Tito e una di Che Guevara. Prima, racconta Aden, i rom vivevano in pace e con dignità. Poi, 
<<la guerra ha portato povertà, razzismo, xenofobia e nomadismo>>. Oggi, nell'ex-Jugoslavia sono stati creati 
nuovi stati <<e i rom storici rimasti lì non hanno avuto nessun riconoscimento>>. Il nomadismo dei rom - dice in sintesi il libro - molto spesso è di natura forzata: come quello di Adem, <<che nasce dalla guerra>>.

Nel campo di via Salone, uno dei più grandi e popolosi di Roma, si svolge invece la ricerca di Nicola Valentino, I ghetti per i rom (postfazione di Carlo De Angelis). Uno <<spazio di parola condiviso>> che prende il nome di <<cantiere di socioanalisi narrativa>> e che evidenzia, attraverso i racconti dei residenti e degli operatori, i dispositivi istituzionali che organizzano la vita sociale del campo e le relazioni di potere all'interno. Meccanismi che presentano, fatte le debite differenze, <<una stringente analogia con il ghetto per gli ebrei voluto nel 1500 
dalla Repubblica di Venezia>>. Allora come oggi, ai rom è imposto uno spazio sorvegliato, secondo logiche securitarie dettate dal pregiudizio etnico. Il testo unico per la gestione dei campi rom dell'area romana, messo a punto dal Prefetto nella sua veste di Commissario per l'emergenza nomadi, impone regole ferree, e sanzioni pesanti per chi sgarra. Per entrare, bisogna farsi identificare: tutti gli abitanti, compresi i bambini, devono esibire una tessera munita di fotografia e dati anagrafici: <<Queste tessere sono come un tatuaggio>>, dice un residente. Una situazione difficile anche per gli operatori - come quelli della cooperativa Ermes, che ha partecipato alla ricerca - impotenti di fronte al ripetersi dei controlli, ai trasferimenti forzati, allo snaturamento del loro ruolo: <<La Polizia municipale si è presentata il lunedì mattina all'alba, bussando alle case e intimando ai residenti di abbandonarle - raccontano - Sembrava un'operazione militare in grande stile>>. Difficile svolgere un lavoro sociale se il dispositivo vigente nel campo è quello del controllo. Un conflitto simile - dice Valentino - ha portato alla chiusura dei manicomi tra gli anni '60 e '70: a un certo punto, Franco Basaglia afferma con chiarezza che nel manicomio - istituzione che genera sofferenza 
e malattia - non è possibile svolgere alcuna attività curativa e perciò la sofferenza psichica potrà essere curata solo fuori dal manicomio. Nel ghetto, invece, i rom sentono che la propria vita è completamente in balia dell'istituzione, e che non hanno certezze per il futuro. <<Il lavoro sociale - afferma nella postfazione Carlo De Angelis, presidente per il Lazio del Coordinamento comunità di accoglienza, - proprio perché centrato sulla relazione tra persone, stimola il cambiamento e non può certo essere ingabbiato in un sistema di sospensione del tempo, sospensione dei diritti, in un non luogo in cui non esistono e non sono date possibilità di cambiamento, vie di fuga e d'uscita>>. Di fronte all'involuzione autoritaria delle politiche capitoline e alle chiusure istituzionali, la scommessa da giocare - dice allora De Angelis - è probabilmente quella di costruire in tempi brevi <<una nuova rappresentanza credibile per il popolo rom>>.


Geraldina Colotti

Fonte: Le Monde diplomatique il manifesto febbraio 2012
http://www.monde-diplomatique.it/lemonde-archivio/ultimo/pagina.php



Una storia da raccontare - Gabriele Guccione, Carla Osella 
(a cura di), AIZO , 2011 - aizoonlus@...

Un nomadismo forzato 
...di guerra in guerra... Racconti rom dal Kosovo all'Italia
di Adem Bejzak e Kristin Jenkins
Edizioni Archeoares, 2011
7 euro, 180 p., ISBN 978-88-96889-22-0
per ordinare il libro: http://www.edizioniarcheoares.it/unnomadismoforzato - edizioniarcheoares@...
copertina: https://www.cnj.it/immagini/cover_bejzak.jpg
Indice 1: https://www.cnj.it/immagini/bejzak1.jpg
Indice 2: https://www.cnj.it/immagini/bejzak2.jpg

I ghetti per i rom - Nicola Valentino (a cura di), Sensibili alle foglie, 2011 - sensibiliallefoglie@...


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(Sul recente incontro delle organizzazioni giovanili comuniste degli ex paesi socialisti europei e dell'URSS)


Kijev (Ukrajina), 18.-19. februara 2012.

Održan skup omladinskih komunističkih organizacija s prostora bivših socijalističkih zemalja Evrope i SSSR-a    


U Kijevu, Ukrajina, je 18. i 19. februara održan skup omladinskih komunističkih organizacija iz bivših socijalističkih zemalja pod radnim naslovom „Borba se nastavlja – i posle 20 godina omladina se bori za socijalizam“. Skupu je prisustvovalo oko 20 delegata iz 11 organizacija: omladina BKPT (Beloruska komunistička radnička partija) – Belorusija, KSM (Komunistički savez omladine) – Češka, Mladi socijalisti – Hrvatska, LASSA (Letonski savez radničke i studentske omladine) – Letonija, Narodni otpor – Moldavija,  FDJ (Slobodna nemačka omladina) – Nemačka, KMP (Komunistička omladina Poljske) – Poljska,  RKSM(b) (Revolucionarni savez komunističke omladine boljševika) – Rusija, Rdeči radikali (Crveni radikali) – Slovenija, SKOJ (Savez komunističke omladine Jugoslavije) – Srbija, Iskra – omladina SKU (Savez komunista Ukrajine) – Ukrajina. 
Organizacioni komitet za pripremu i realizaciju ovog skupa sačinjavali su predtsavnici 3 organizacije: KSM iz Češke, RKSM(b) iz Rusije i  naše organizacije - SKOJ. Ideja o ovakvoj vrsti skupa, koji je po prvi put održan od kontrarevolucija koje su nastupile u našim zemljama pre dve decenije, plod je intenzivne saradnje naših organizacija na međunarodnom nivou, ponajpre pod okriljem Svetske federacije demokratske omladine (WFDY). Otud je od izuzetnog značaja bilo prisustvo skupu novoizabranog presednika WFDY druga Dimitrisa Palmirisa jer i borba koja će se dalje razviti iz ove inicijative koja predstavlja samo prvi korak u konsolidaciji omladinskog komunističkog pokreta sa prostora bivših socijalističkih zemalja predstavlja i predstavljaće integralni deo borbe omladine protiv imperijalizma koju na globalnom nivou vodi WFDY. Skup je bio prilika da se sve prisutne organizacije podrobnije upoznaju s borbom WFDY,  posebno one organizacije koje formlano nisu, ili nisu još uvek punopravni članovi WFDY.
Za mesto održavanja skupa iz čisto pragmatičnih-geografskih razloga izabran je Kijev, a kao domaćini Iskra, omladinsko krilo SKU iz Ukrajine. Treba napomenuti da je cilj bio da se na ovom prvom skupu  okupe revolucionarne omladinske organizacije s kojima inače postoji najtešnja saradnja inicijatora, bilo da je u pitanju prostor bivšeg Sovjetskog Saveza, Centralne Evrope ili Balkana. Otud skupu nije prisustvovao izvestan broj omladinskih marksističko-lenjinističkih organizacija, a treba dodati i da su mnoge organizacije iz objektvnih i tehničkih razloga bile sprečene da skupu prisustvuju. Sigurno je da će inicijativa koja je pokreuta imati tendenciju daljeg omasovljenja i organizacionog razvitka.
Može se slobodno konstatovati da kao prvi ovakvog tipa, skup u Kijevu je bio od istorijskog značaja  za dalji razvoj komunističkog pokreta kao i klasne borbe uopšte na  spomenutom prostoru. Već sama činjenica da je do njega došlo predstavlja značajan pomak i organizacioni i ideološki posle 20 ili više godina od trijumfa kontrarevolucija na prostoru bivših socijalističkih zemalja Evrope i SSSR-a. Suština karaktera borbi koju naše organizacije vode je neminovno nametnula nužnost održavanja skupa na kom je bilo moguće oceniti zajedničke sadržatelje posledica koje je za sobom ostavio varvarski kontrerevolucionarni čin u našim društvima, ideološki i propagandni karakter antikomunizma sa svim svojim sličnostima i razlikama u svim našim društvima, kao i odgovor naših organizacija i komunističkog pokreta uopšte. U uslovima krize kapitalizma kada je kristalno jasna neophodnost organizacionog i ideološkog učvršćivanja našeg pokreta neophodan je iskorak iz primarno defanzione strategije odbrane nasleđa socijalističkog perioda koju su naše omladine bez izuzetka vodile, a koje će razume se i nadalje voditi. Okupljene organizacije na skupu nisu u celosti uporedive u organizacionom smislu baš kao ni u rezultatima koje su naše borbe do sada ostvarile, iako u približno istom trenutku otpočinje potpuna restauracija kapitalizma u svim ponaosob društvima i državama. To je i normalno s obzrom na logiku kapitala i kapitalističkih procesa koji se neravnomerno razvijaju. Među okupljenim organizacijama je bilo onih koje postoje tek nešto više od godinu dana kao i onih koje su nastale odmah po kontrarevoluciji. Bilo je organizacija koje su se odavno organizaciono povezale sa sindikalnim, studentskim i uopšte proleterskim pokretom u svojim zemljama, kao i internacionalno, a bilo je i onih koje tek čine svoje prve porođajne korake u tom smeru. Međutim svima su nam zajednički zahtevi za što hitnijom obnovom socijalizma kao i prilično uporedivo istorijsko iskustvo iz kog je moguće izneti niz zaključaka o strategijama nastavka naše borbe i po mogućstvu njenog združivanja u jedinstvenu silu. Iz tih razloga su tokom dvodnevnog skupa bili organizovani seminari o „Ideološkoj borbi protiv antikomunističkih klišea“, „Korišćenju socijalističke prošlosti u propagandne svrhe“ i „Razmeni iskustava izgradnji organizacija“. Pored dragocene razmene iskustava, informisanja o borbi i uslovima borbe o kojima su svi delegati govorili u svojim istupanjima, ustanovljena su „goreća pitanja“ koja će predstavljati bazu za našu dalju saradnju. Tu najpre ubrajamo strategiju kontrapropagande histeričnom antikomunizmu uz učvršćivanje međusobne solidarnosti, unapređenja koordinacije i korišćenje savremenim propagandnim sredstvima kao i razumljivim jezikom za najšire narodne slojeve, a poglavito omladinu.  Izdvajamo kao izuzetno značajnu zajedničku osudu  „levog oportunizma i revizionizma“.
Skup je usvojio dve važne zajedničke rezolucije: Rezolucija o našoj saradnji s ocenama značaja sprovedenog skupa, i rezolucija podrške antikapitalističkoj borbi naroda Grčke što predstavlja najzančajniju aktuelnost klasne borbe na širem međunarodnom planu čime je čitav skup izrazio pravilanu i potpunu internacionalističku orijentaciju naše inicijative koju bi s obirom na karakter procesa i borbe  bilo nemoguće hermetički zatvoriti samo na prostor bivših socijalističkih zemalja Evrope i SSSR-a.
Tokom prvog dana skupa delegatima se ispred rukovodstva SKU obratila liderka SKU i glavna urednica časopisa „Marksizam i savremenost“ drugarica Tamila Jabrova, a drugog dana je usledila poseta važnim spomenicima u „gradu heroju“ iz vremena Velikog otadžbinskog rata.
SKOJ se ponosi time što je bio u mogućnosti da pruži svoj organizacioni doprinos kreiranju ovakve inicijative revolucionarne komunističke omladine koji je u skladu s našom dolsednom internacionalističkom revolucionarnom orijentacijom. Ponavljamo da je ovo bio smao prvi korak u „buđenju istoka“ i razbuktavanju zajedničke klasne i revolucionarne borbe.
Samo zajedno možemo pobediti!
Pobeda će biti naša!


ZAJEDNIČKA REZOLUCIJA „BORBA SE NASTAVLJA – I POSLE 20 GODINA OMLADINA SE BORI ZA SOCIJALIZAM“    

Mi, mladi komunisti iz bivših socijalističkih zemalja, okupljeni u Kijevu pod sloganom„Borba se nastavlja – i posle 20 godina omladina se bori za socijalizam“, usvajamo sledeću rezoluciju o saradnji.
Posle dvadesetogodišnjeg perioda restauracije kapitalizma iznikla je neophodnost objedinjavanja borbi omladina naroda koje ujedinjuje istorijsko iskustvo. Pre 20 godina naši narodi su izgubili sigurnost u sutrašnjicu, dostojan život, budućnost. Sve to je ljudima istrgao kapitalizam. S novim razvitkom krize kapitalizma postaje očigledan njegov karakter, katastrofalan za čovečanstvo. U vreme krize kapitalizam se stara da osnaži svoju uzdrmanu poziciju, prebacujući svoj teret na pleća radnika i rešavajući svoje probleme cenom novih ratova. Takođe on se koristi pritom različitim propagandnim metodama, podrškom reakcionarnoj politici, represijom, cenzurom. Glavna meta buržoaske propagande je omladina – socijalno najnezaštićeniji deo društva. Omladina koja nema vlastitog iskustva života u socijalizmu je najpodložnija toj propagandi.
Došlo je vreme kada je nophodno da se ujedinimo kako bi se suprotstavili i odbacili kapitalističko varvarstvo. Naša zajednička socijalistička prošlost se može uspešno iskoristiti za ovu svrhu. Mi nismo živeli u toj prošlosti, ali nas njeno neprocenjivo iskustvo okružuje i dalje u kulturi, umetnosti, mnogo čemu što vidimo oko nas. Istorija socijalističke izgradnje pruža nam snažno oružje – istinu pred kojom se u prah raspada kompletna koncepcija buržoaske propagande. Mnogi levičari i pseudo- komunisti koji pokušavaju da spekulišu istorijskim iskustvom socijalizma u stvari samo pomažu buržoasku propagandu.
Mladi komunisti, okupljeni na skupu u Kijevu, bavili su se pitanjima ideološke borbe s antikomunističkim klišeima, korišćenjem socijalističkih dostignuća za svrhe propagande, razmenom iskustava izgradnje organizacija.
Imperijalisti u cilju kočenja narodnog pokreta, odavno već deluju združeno. Oni imaju međusobnu solidarnost. Primer tome su nedavna ubistva radnika štrajkača u Zapadnom Kazahstanu, kada su razne pristalice buržoazije, uključujući takozvanu „levicu“ na svaki način podržali ovaj krvavi masakr. Komunistički pokret bivših socijalističkih zemalja i dalje deluje odvojeno. Takvu situaciju je nemoguće dalje trpeti: ne može nam biti dovoljna spontana klasna borba, mi smo dužni da je vodimo organizovano. Dužni smo da pokažemo omladini protivrečnosti savremene epohe, naoružavajući je teorijom za praktičnu borbu. Zato je naša obaveza prema budućnosti naših naroda da udružimo sopstvene sile.
Na ovaj skup su bile pozvane omladinske komunističke organizacije zajedničke praktične borbe. Naša borba je neodvojivi deo antiimperijalističke borbe koju na međunarodnom planu vodi Svetska federacija demokratkse omladine. Mi ne želimo i nećemo se ograničavati deklaracijama, ovo je samo prvi korak našeg zajedničkog rada. Nadalje ćemo voditi zajedničku borbu s imperijalizmom.

U toj solidarnosti je zalog naše pobede!

 

DEKLARACIJA PODRŠKE ANTIKAPITALISTIČKOJBORBI GRČKOG NARODA  

Mi, delegati skupa komunističkih omladina bivših socijalističkih zemalja, održanog u Kijevu 18. i 19. februara 2012. izražavmo našu solidarnost i pružamo podršku hrabroj borbi najširih narodnih slojeva u Grčkoj, radničke klase, komunista i militantnih sindikalista.
Skorašnji dogovor između grčke vlade i EU pod vođstvom nemačkog imperijalizma osigurava interese kreditora i drugih kapitalista, napadjoš više radnička prava, spušta nivo minimalnih zarada i vodi radni narod, poglavito omladinu ka sve većoj nezaposlenosti i životu bede i siromaštva. Drastičan pad prihoda, destrukcija elementarnih prava, rastuća eksploatacija, gubitak bilo kakve sigurnosti “EU memorandumon” – sve to je samo test procedure koje će biti implementirana i drugim narodima Evrope.
Uzroci ovih pojava leže u trenutnoj krizi kapitalizma. To dokazuje da je nemoguće imati dugoročan izbalansiran razvitak unutar kapitalističkog sistema proizvodnje. To dokazuje da nema drugih rešenja do odbacivanja kapitalizma i izgradnje novog sveta – socijalizma i komunizma. Javni dug koji je stvorila kapitalistička klasa a ne radni narod je integralni deo kapitlističke akumulacije u uslovima opadajuće profitabilnosti kapitala. Kriza se manifestuje širom sveta, dok u ovom trenutku najsnažnije pogađa narod Grčke. 
Grčka je postala glavno bojno polje evropske klasne borbe dobrim delom zahvaljujući iskusnoj i organizovanoj radničkoj klasi i intenzivnim aktivnostima njene avangarde – Komunističke partije Grčke (KKE). Svojom revolucionarnom orijentacijom, KKE je uspela da stvori front anti-monopolskih snaga: radnika, siromašnih seljaka, samozaposlenih, omladine, žena i drugih. Ona predvodi uspešnu borbu i protiv kapitalističkog varvarstva i unutrašnjeg oportunizma unutar komunističkog pokreta. Tokom krize međunarodnog komunističkog pokreta, ona je imala važnu ulogu pokretačke sile rekonstrukcije evropskog i svetskog komunističkog pokreta. Revolucionarna klasna borba KKE i Komunističke omladine Grčke (KNE) se dokazala suštinskim ideološkim i organizacionim faktorom koji do danas predstavlja borbenu silu i kapacitet za mobilizacija najširih narodnih slojeva Grčke i dokazuje da samo revolucionarna teorija i praksa pružaju mogućnosti za revolucionarnu borbu koja će trijumfovati nad kapitalističkim tlačenjem.
Grčka je primer pokušaja vladajuće kapitalističke klase da prebrodi krizu prebacujući je na pleća naroda. Ali je takođe i primer organizovane borbe narodnih masa predvođenih organizovanom radničkom klasom protiv mera kapitalističkog sistema. Mobilizovani široki narodni slojevi Grčke koji su izašli na ulice i masovno poručili da odbijaju da budu žrtva profita kapitalista pokazuju put narodima Evrope.
Mi smo svesni da je svaka pobeda radničke klase Grčke takođe i naša pobeda, kao i da je i svaki poraz takođe i naš poraz. Mi u potpunosti izražavamo solidarnost sa zahtevima za narodnu vlast, za svrgavanje vladavine monopola i njihovih saveznika, za svrgavanje kapitalističke vlasti. Mi pozdravljamo borbeni narod Grčke i izražavamo našu podršku Komunističkoj partiji Grčke, našoj sestrinskoj Komunističkoj omladini Grčke i sim članovima i sledbenicima klasno orijentisanog sindikata PAME koji se bori na čelu klasne borbe evropske radničke klase.
Dole sa diktaturom monopola! Dole imperijalistička EU!
Grčka je samo početak, proširimo antikapitalistički otpor širom Evrope!

Kiev, 18.-19. februara 2012.god.



Intervencija delegata SRP-a na konferenciji u Kijevu:


Skup omladinskih komunističkih organizacija iz bivših socijalističkih zemalja, Kijev, veljača 2012

Razmišljanja hrvatske delegacije


Uvod
Prvo u ime Mladih Socijalista Socijalističke Radničke Partije Hrvatske želim zahvaliti organizatorima što su nas pozvali na ovaj važan i do sada jedinstven susret i svima koji su prisutni ovdje. Revolucionarna borba u cijeloj bivšoj socijalističkoj Jugoslaviji bila je i jest iznimno težak, a ponekad i opasan podvig. Kao tokom kontrarevolucije nacionalističke i profašističke političke snage, vjerske organizacije, kapitalističke snage itd. preuzele su masovnie medije komunikacije i cijeli javni diskurs, sav lijevo orijentirani klasni diskurs, bio on  revolucionarni ili reformistički, bio je potisnut. Režimi, ali posebno lumpenproleterski kontrarevolucionari napadali su sve one koji su kritizirali ekstremne nacionalističke politike. Kao rezultat toga većina društva postaje radikalno antikomunističko i to je posebno vidljivo danas u mladoj populaciji. U sadašnjem hrvatskom društvu postoji oko 20% ljudi koji su ekstremne nacionalističke i antikomunističke orijentacije, to je dio stanovništva koji živi ili misli da živi bolje nego u socijalizmu. Ovaj dio društva koji se sastoji od veterana građanskog rata, novih bogataša, dio javnih službenika, dio umirovljenika, neki "povlašteni" privatni zaposlenici i sl. tjera cijelu zemlju da ostane u nekim granicama javne debate, i potiskuje sve revolucionarne glasove. U tom stalnom kontrarevolucionarnom stanju vladajuća ideologija je pridobila gotovo sve intelektualce i gotovo sve borce iz 2. svjetskog rata, koji su bili temelj revolucije i socijalističkog razvoja naše zemlje.Najvažnije od svega je činjenica da je radnička klasa duboko reakcionarna i bez minimalne volje za obavljanje klasne borbe, čak i kada je očito da kapitalizam uništava njihove živote. U početku kontrarevolucije zakoni o socijalističkom radu uništeni su uz gotovo plebiscitarno odobrenje od strane radnika koji su mislili da će u kapitalizmu dobiti plaće jednake onima u Zapadnoj Njemačkoj. Sve u svemu, možemo reći da velika većina hrvatskoga društva ima duboko konzervativan seljački mentalitet u kome su privatno vlasništvo, religija i nacionalnost nedodirljive dogme. Iz tih razloga smatramo da je opstanak naše stranke na političkoj sceni u posljednjih 15 godina i njeno sudjelovanje na svim izborima od 2000. godine kada su sve ostale ljevičarske stranke nestale veliki je uspjeh po sebi usprkos tome što nismo zadovoljni s ovom situacijom i ne odustajemo od revolucionarne borbe.

O idejnoj borbi protiv antikomunističkih klišea
Kapitalistička ideologija uspjela je ispuniti neka vrlo važna obećanja što je napravila na početku kontrarevolucije u Hrvatskoj: ona je obnovila apsolutnu nedodirljivost privatne imovine, ona je vratila Katoličkoj crkvi političku i ekonomsku moć koju je imala u davnoj prošlosti,  uspjela je dati tzv "Nezavisnost" Hrvatskoj, donijela srpsku manjinu do političke, ekonomske, demografske i kulturne nemoći, uvela je Hrvatsku u civilizaciju "Zapada" i "Europe" odvojivši je od "azijskih Srba" i "azijske komunističke ideologije", ona je otvorila granice za sve vrste uvoza tako da nema više nestašica bilo kojih vrsta roba, otvorila je vrata i za ekstremne fašističke iseljenike, vezala je valutu za njemačku marku, a nakon toga za euru tako da više nema vidljive inflacije itd. 
Nije lako odgovoriti na ovu vrstu "dostignuća", čak i ako su postignuta po cijeni razornog građanskog rata, osiromašenja 80 posto građana
, neto demografskog gubitka od cca. pola milijuna građana i daljnjeg pada broja stanovnika, približno 30% nezaposlenosti, omjer gotovo 1:1 između radnika i umirovljenika, gotovo potpuni gubitak industrijske baze, inozemnim dugom 20 puta većim nego u socijalizmu, uvozom stabilno dvostrukim od izvoza, gotovo kompletne prodaje najvažnijih poduzeća (više od 90% banaka je u rukama stranih vlasnika), odustajući od životnoga standarda koji je bio u 1990 veći nego u Irskoj, Portugalu i Grčkoj, i približno isti kao u Španjolskoj ili na jugu Italije, od razine zaštite zakona o radu koji danas izgleda kao znanstvena fantastika s gotovo osiguranim poslom za cijeli radni vijek, besplatnim stanovima, besplatnim obrazovanjem na svim razinama, besplatne zdravstvene zaštite, besplatnih godišnjih odmora u radničkim i omladinskim odmaralištima, i općenito odustajanja od privrede srednje razvijene industrijske zemlje u zamjenu za privredu nerazvijene zemlje trećeg svijeta i stvaranja bezakonja nečuvenoga u prošlosti.
Na sve te nepobitne činjenice kapitalistička ideologija odgovara da je povratak u socijalizam nezamislivo ludilo jer: a) revolucija / socijalizam / komunizam su nasilne pojave i takvi su režimi diktatorski i tlače slobodu pojedinca, oni su "totalitarni" i ne dopuštaju bilo koji oblik prosvjeda / neslaganja. b) da socijalizam "krade" pojedincu njegovu privatnu imovinu što je najgori zamislivi zločin. c) socijalizam uništava vjeru i zabranjuje ljudima religiju. d) da je socijalizam neučinkovit ekonomski model i da pogoduje neefikasnosti. e) da u socijalizmu postoje nestašice roba. f) u socijalizmu je visoka inflacija. g) u socijalizmu vladaju manjine. h) u socijalizmu nema slobode putovanja. i) socijalistički režimi su duboko konzervativni. l) svatko tko misli da se socijalizam može sprovesti u budućnosti nazadan je jer "živi u 20. stoljeću", dok u 21. stoljeću svi vole liberalizam i višestranački politički sistem. m) socijalizam je militaristički i državocentričan. n) da su bogati su neophodni za napredak gospodarstva.
Kao marksisti moramo biti kritični prema drugima i samokritični prema sebi. U svim ovim tezama postoji nešto istine, ali, mi imamo metode razmišljanja koje često zaboravljamo, a to su historijski i dijalektički materijalizam. Korištenjem ovih metoda je lako pobiti neke od ovih teza i za druge dokazali da su to isto tako problemi visoko razvijenih kapitalističkih zemalja i društava. 
Za prebroditi te teze nova međunarodna politička platforma mora biti napisana radi pobijanja ovih klišeja. N
aglašavati kolektivno oslobođenje, ali i individualnu slobodu i u tom kontekstu dati revolucionarne odgovore na pitanja koja sada postavljaju znanost i društvo: eutanazija, medicinski potpomognuta oplodnja, ozakonjenje opojnih droga, intelektualno vlasništvo, netradicionalne seksualne zajednice, sloboda informiranja i komuniciranja , privatnost, itd., ali i dati odgovore na nedostatak energenata, ekološke probleme, ograničenja znanstvenog istraživanja i eksperimentiranja, demografskim neravnomjernostima, sporog nestanka fizičkoga rada i eksponencijalnog porasta nezaposlenosti.
Za sva ova pitanja revolucionarne partije nisu dale do sada jasan i nedvosmislen odgovor, a važno je snažno reafirmirati marksističke studije među članovima naših partija, ali i društva kako bi ljudi postali svjesni suvremenih problema i da pokušaju dati odgovore na njih. Na taj način moći ćemo stajati na kraj sve agresivnijem nametanju lažnih ljevičarskih pokreta koji privlače svakodnevno sve više mladih ljudi, ali i dati jači odgovor na probleme radnika i ostatka naše tradicionalne baze podrške.

O korištenju socijalističke prošlosti radi propagande
Moram reći da ono što najviše cijenim u mom narodu i mojoj zemlji je Narodno oslobodilačka borba, revolucija i socijalistički razvoj. Veliki dio kulturnih dobara poput spomenika, muzeja, kulturnih ustanova, knjižnica, itd. danas uništenih ili u zapuštenom stanju pošto je kontrarevolucija bila vrlo pedantna u uništavanju sjećanja na
revolucionarnu prošlost moje zemlje. Iz ove pozicije moramo obnoviti svijest mladih o tome što se doista dogodilo u toj prošlosti distribuirajući propagandne materijale, stvaranjem studijskih grupa, prodajom knjiga, filmova, itd. Grupnim posjetama povijesnim mjestima, izdavanjem materijala s povijesnim temama i sl. Sve to uvijek imajući na umu da to može biti potpuno novo za mnoge ljude ili da mnogi imaju u svojim glavama negativnu propagandu kapitalističke ideologije.


O razmjeni iskustva o organiziranju
U ovim posljednjim godinama Mladi Socijalisti imali su puno naglašeniju međunarodnu suradnju nego prije. To je razlog zbog čega smo uvijek otvoreni za sve kontakte i sastanke. Postoje dva ključna problema s kojima se sada suočavaju naše stranke to su nedostatak financijskih sredstava i nedostatak dovoljno kadrova. Čini nam se da moramo početi od baze sa izgradnjom nove generacije revolucionarnih kadrova, ali to nije lako pošto vladajuća ideologija plaši i pasivizira potencijalne nove članove.
Ova dva problema stalno usporavaju naše akcije i čine nas ranjivima. Shvatili smo da su internet i socijalne mreže su vrlo dobri instrumenti propagande, čak i ako je reakcija javnosti spora.
U svakom slučaju mi ​​smo spremni raditi sa svima za rješavanje problema te da bi, ako netko to traži od nas u pomogli koliko možemo.

Hvala Vam.



U ime Mladih Socijalista Socijalističke radničke partije Hrvatske
Koordinator


Davor Rakić


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