Informazione


http://www.lucidamente.com/13239-in-slovenia-la-cultura-resiste/

In Slovenia gli artisti resistono


10 febbraio 2012


La testimonianza di uno scrittore. Anche nel paese limitrofo al nostro comincia a imperare il “liberismo anticultura”. Ma, a differenza dell’Italia...


Un popolo a volte dimostra la propria mancanza di rassegnazione anche senza mettersi a bestemmiare o a sfasciare vetrine in piazza. Testimonianza ne sia la manifestazione pacifica che circa trecento scrittori e intellettuali hanno tenuto il pomeriggio del 7 febbraio 2012 nel centro di Lubiana, con l’intenzione di aggiungere una nota polemica alla cerimonia ufficiale di premiazione del Premio Prešeren 2012, che si teneva la medesima sera in una sala congressi del grande Cankarjiev dom (palazzo destinato a incontri culturali, spettacoli, ecc. Ogni anno a novembre vi si tiene anche la fiera del libro nazionale).

Cosí quei trecento – dopo aver firmato, con altri cinquemila operatori culturali, una petizione che esprimeva la loro posizione rispetto al problema – si sono radunati all’aperto (il termometro segnava dieci sotto zero) e hanno discusso assieme, scandito tranquilli slogan, acceso lumini e... bruciato simbolicamente un violoncello autentico e funzionante. Perché? Qual era il “problema” che univa musicisti, scrittori e redattori, uomini di spettacolo e traduttori?

Semplice: il problema era che il governo ha deciso di eliminare il Ministero della Cultura, accorpandone le funzioni (e i funzionari) a quello dell’Istruzione. Prevedendone le probabilissime (io direi le ovvie) ricadute negative sul mondo dell’editoria e della cultura in genere, tutti si sono alquanto arrabbiati. La televisione nazionale ha dedicato servizi alla protesta sul primo canale. I giornali ne parlano tuttora (e anch’io, pur essendo un italiano vivente a Lubiana, faccio il mio dovere divulgando la faccenda, che dovrebbe far profondamente vergognare l’attuale governo sloveno). La cosa, insomma, non è restata incastrata nel “vuoto pneumatico” dell’omertà massmediatica – che invece in Italia funziona tanto bene quando c’è da annullare un evento “minoritario” sgradito al potere. Esempio: tu, cittadino, o tu piccolo coordinamento, scrivi alla Rai per dirle che il servizio fa schifo e spieghi con civiltà le tue ragioni? Nessuno ti risponde. È il “vuoto pneumatico”, il silenzio del potere che ti isola e ti uccide in quanto cittadino o piccola aggregazione di cittadini.

Ebbene, in Slovenia questo silenzio (nonostante un certo imbarbarimento evidente anche qui) è considerato immorale: se tu scrivi e spieghi civilmente le tue ragioni, esiste un funzionario che ti risponde, alla tv come in qualsiasi altro ente pubblico. E della cultura nessuno oserebbe addirittura dire, come il nostro Tremonti, che «non si mangia». E se anche qualche imbecille lo dice, c’è chi gli risponde a tono. E brucia i violoncelli sotto lo Cankarjiev dom.

Dunque, ovunque in Europa, davanti ai liberisti e ai liberomercatisti culturali, ai darwinisti sociali della cultura, agli ottusi nonlettori o lettori danbrowniani: resistere! Resistere! Resistere! Solidarietà alla lotta degli operatori culturali sloveni. E ai politici italiani: tagliassero le proprie scorte, non il bilancio della cultura, che già è uno dei piú bassi dell’Unione Europea!

L’immagine: il violoncello arso nel corso della manifestazione di Lubiana dello scorso 7 febbraio.

Sergio Sozi

(LM MAGAZINE n. 22, 14 febbraio 2012, supplemento a LucidaMente, anno VII, n. 74, febbraio 2012)

=== * ===



E' nata indoona : chiama, videochiama e messaggia Gratis.
Scarica indoona per iPhone, Android e PC



http://www.forumpalestina.org/news/2012/Febbraio12/10-02-12GuerraMediatica.htm

SIRIA. Guerra mediatica (1°Puntata)

di Marinella Correggia

 
Come si usano i neonati di Homs. Domani la seconda puntata della controinchiesta.

La tempesta mediatica imperversa sulla Siria. I cosiddetti Comitati di coordinamento locale (Lcc), appartenenti all’opposizione, hanno detto alla tivù del Qatar Al Jazeera che almeno 18 neonati sarebbero morti nelle incubatrici dell’ospedale pediatrico al Walid perché i colpi di artiglieria pesante dell’esercito siriano contro il centro di Homs avrebbero causato un black-out elettrico, togliendo l’alimentazione agli apparecchi. Il governo nega e sostiene che gli ospedali funzionano correttamente; anzi insieme a molte altre denunce circa atti di violenza e sabotaggio compiuti da gruppi armati, riferisce che l’ospedale al Naimi in provincia è stato preso di mira da gruppi armati che l’hanno saccheggiato.

La notizia sui 384 bambini uccisi in Siria era già stata diffusa dall’agenzia Reuters il 27 gennaio (http://blogs.reuters.com/stephanienebehay) ma – curiosamente - è esplosa sui massa media solo il 7 febbraio, cioè dodici giorni dopo, ovvero quando l’escalation politico-mediatica sulla Siria aveva trovato una doppia difficoltà con l’occultamento del rapporto degli Osservatori della Lega Araba che era venuto alla luce e con Russia e Cina che avevano posto il veto al Consiglio di Sicurezza sulla risoluzione contro la Siria. Inoltre nel report ufficiale delle Nazioni Unite, la responsabile dell’Unicef Marixie Mercado riporta testualmente qual è la fonte delle sue informazioni e cioè che "secondo le organizzazioni siriane dei diritti umani oltre 400 bambini sono stati uccisi e altri 400 sono in custodia". Vedi:(http://www.unog.ch/unog/website/news_media.nsf/%28httpNewsByYear_en%29/36191A0CEBA1AED2C125799D0037EF1F?OpenDocument)

Ma la notizia dei neonati di Homs ha avuto grande risonanza soprattutto in Italia. E’ lecito sollevare più di un dubbio. E non solo perché nemmeno i regimi più brutali avrebbero interesse a colpire neonati e ospedali (per la verità ad eccezione di Israele che gli ospedali palestinesi o libanesi li ha sempre colpiti e sempre ne è uscita impunita)-

La fonte (gli Lcc) è di parte e non dà alcuna prova. Oltretutto, tutti gli ospedali hanno generatori; se c’è un black-out elettrico funzionano quelli. Succedeva perfino nell’Iraq e nella Libia sotto le bombe, dove l’elettricità andava a singhiozzo.

Poi l’accusa di tagliare la spina alle incubatrici ha più di un precedente e non solo in Siria. Sempre smentito. La scorsa estate i social network (twitter a partire dal 30 luglio) diffondono l’atroce notizia: tutti i bambini prematuri sono morti nelle incubatrici ad Hama perché gli shabiba (milizie di stato) hanno tagliato l’elettricità durante l’assalto alla città. Si parla di qaranta in un solo ospedale; senza precisare quanti sarebbero negli altri. Il 7 agosto la Cnn riferisce: l’Osservatorio siriano per i diritti umani di Londra (sempre quello) denuncia l’assassinio di otto bambini prematuri, “martiri” nell’ospedale al Hurani, sempre a causa dei black-out. Ovviamente nessuna notizia circa il lavoro dei generatori….Una foto corredava la denuncia: un gruppo di neonati, arrossati, tutti insieme in un unico lettuccio. Dopo qualche tempo viene fuori che la foto era stata pubblicata mesi prima sul giornale egiziano al Badil al Jadid e si riferiva a un problema meno grave, ed egiziano: un ospedale sovraffollato di Alessandria. I bambini erano rossi e vivi, anche se in spazi ristretti.

Del resto, chi non ricorda l’altro falso, datato 1990? Gli invasori iracheni avevano rubato le incubatrici negli ospedali pediatrici, causando la morte di diversi bambini prematuri. Venne poi fuori che il tutto era stato orchestrato dall’ambasciata kuwaitiana negli Usa, che agiva sotto le mentite spoglie del Comitato “Citizens for a Free Kuwait” e con l’assistenza da parte dell’agenzia di public relations Hill & Knowlton - per la modica cifra di 1 milione di dollari.

Del resto anche l’ultima denuncia dell’Unicef riguardo alla Siria (400 fra i minori – in inglese children) è molto vaga quanto alle fonti; si riferisce a “media presenti a Homs” e a “rapporti” (all'Unicef internazionale abbiamo chiesto più dettagli, finora invano). Il non avere avuto riscontro ci fa supporre, e ovviamente sperare, che la notizia sia falsa. Ma la sua diffusione sarà utilizzata per convince tanti pacifisti della giustezza di un’azione di guerra che di vittime bambine ne vedrà ben più di 400.



http://www.forumpalestina.org/news/2012/Febbraio12/11-02-12GuerraMediatica2.htm

SIRIA. Guerra mediatica (2°Puntata)

di Marinella Correggia

 

Notizie sulla fonte principale delle notizie (anche recenti) sui morti in Siria: L’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani. Due "Osservatori" in contrasto tra loro . Una decostruzione dei dati della prima settimana di febbraio.

Le ultime denunce diffuse da tutti i media sono provenienti come sempre da fonti dell’opposizione siriana (la Reuters almeno dice di non poter verificare): l’Osservatorio siriano per i diritti umani di Londra (Sohr), i Comitati di coordinamento locale, il Cns (Consiglio nazionale siriano) e i Fratelli musulmani parlano di un “massacro di civili” a Homs venerdì sera, con oltre duecento morti e centinaia di feriti, vittime dei colpi di artiglieria e mortaio dell’esercito nei quartieri presi dagli insorti, soprattutto Khalidya; si riportano le voci di alcuni “residenti”. L’agenzia nazionale Sana nega i bombardamenti e afferma che i video di corpi morti sono di gente uccisa dalle squadre armate, le stesse che compiono rapimenti di civili e attentati contro infrastrutture civili.

Il fatto certo sono gli scontri fra armati dell’opposizione e l’esercito. Un contesto di guerriglia urbana dove certamente la popolazione è esposta. In conferenza stampa il capo degli osservatori della Lega Araba, il generale sudanese al-Dhabi, ha affermato che soprattutto a Homs “la violenza delle forze dell’ordine è una risposta agli attacchi dell’opposizione”.

Ma quel che è interessante è la lotta intestina nel principale informatore dei media occidentali e arabi in materia di morti in Siria: il già citato Sohr di Londra.

Un’inchiesta pubblicata sulla versione inglese di Al Akhbar rivela l’inattendibilità di quella che è la fonte principale dei media rispetto alla “conta dei morti e degli assassini” in Siria. Il famoso Osservatorio siriano per i diritti umani Sohr ha infatti due teste ora platealmente in lotta fra loro e due siti con “notizie” divergenti. I due siti sono www.syriahr.org e www.syriahr.net (o anche syriahr.com). Il primo si definisce “sito ufficiale dell’Osservatorio”. Il secondo…anche, precisando di essere “l’unico sito ufficiale”.

Su www.syriahr.org è in bella evidenza dal 17 gennaio una lettera collettiva firmata da siriani dell’opposizione che “sconfessa” Rami Abdul Rahman (alias Osama Ali Suleiman), “direttore” dell’Osservatorio stesso, con accuse anche piuttosto classiste (è “poco istruito”). Scusandosi con i lettori per la possibile “confusione”, i firmatari capitanati da un medico residente a Londra, Azzawi, affermano di aver chiesto tempo fa allo stesso “direttore” di lasciare perché egli scriveva anche di vittime fra le forze di sicurezza nazionali e altre notizie “non verificabili” oltre a non dare i nomi dei morti. Hanno poi aperto un loro sito, il syriahr.org.

Dietro la rottura c’è il fatto che Suleiman è vicino all’opposizione del Ncb (National Coordination Body for Democratic Change in Syria) di al-Manna che vuole una soluzione interna e negoziale alla crisi e condanna la lotta armata, mentre gli altri sono del Cns di Gharioun, filo-Occidente, finanziati dai paesi del Golfo e collaboratori del cosiddetto Esercito libero siriano che conta parecchi arruolati da altri paesi. Ovviamente i media e i governi occidentali e arabi danno molta più eco al Cns.

Suleiman ha denunciato le pressioni da parte degli altri membri (quelli pro-Cns) i quali gli hanno intimato di schierarsi per un intervento Nato e di non parlare dei morti fra i soldati siriani. Entrambi gli “Osservatorio siriano” sostengono di avere centinaia di “attivisti” in Siria dai quali ricevono video e notizie. Ma le verifiche?

Le notizie più efficaci propagate dalle due teste del Sohr sono quelle sui “martiri bambini” e sulle famiglie massacrate. Mère Agnès-Mariam de la Croix, superiora palestinese del monastero siriano di San Giacomo, che sta diffondendo dal canto suo liste di vittime delle bande armate, ha fatto ricerche su caso recente che ha fatto il giro del mondo: la mattanza nel quartiere Nasihine di Homs di dodici membri della famiglia Bahadour fra cui vari bambini. Gli assassini, ha raccontato a Le Monde un vicino che avrebbe visto tutto…praticando un buco fra i muri, sarebbero “sette uomini in divisa, lealisti del regime, che poi protetti dai cecchini dell’esercito sono saliti su un blindato”. Giorni dopo la storia è ripetuta dalla Cnn. Ma la religiosa si è messa in contatto con la famiglia: “Abdel Ghani Bahader era fratello di Ghazouan Bahader, autista dell’ufficio del governatore di Homs. Egli ci ha riferito quanto segue: ‘Siamo una famiglia sunnita che lavora per lo stato. Vogliamo essere neutri. Ma gli insorti ci hanno attaccati più volte tanto che mio fratello voleva spostarsi altrove dopo aver rifiutato l’invito a unirsi all’Esercito siriano libero. Ma non ha fatto in tempo”.



http://www.forumpalestina.org/news/2012/Febbraio12/12-02-12GuerraMediatica3.htm

SIRIA. Guerra mediatica (3°Puntata)

di Marinella Correggia

 

La conta dei morti che nessuno fa: gli uccisi da bande armate (metà gennaio). Domani la quarta puntata.


Il monastero di San Giacomo di Qara sta diffondendo le liste di “civili morti e feriti per opera di bande armate e non nel corso di proteste”, frutto della “violenza cieca di un’insurrezione sempre più manipolata”. Nomi, cognomi, età, indirizzo e circostanze. Le fonti sono gli ospedali, le famiglie e la Mezzaluna siriana (il cui segretario generale Abd al-Razzaq Jbeiro è stato ucciso mercoledì scorso). Ecco i numeri. Fra marzo e inizi di ottobre, la lista dei morti civili comprende 372 nomi, fra cui diversi bambini (il più piccolo era Moutasim al-Yusef di tre anni, morto ad Haslah il 6 settembre), donne (fra le quali Sama Omar, incinta, uccisa a Tiftenaz il settembre). La lista dei feriti per il solo mese di ottobre e per la sola provincia di Homs vede 390 nomi fra cui diversi bambini; il più piccolo, Ala Al Sheikh di Qosseir aveva un anno e mezzo). Fra gli ultimi uccisi, il curato greco ortodosso del villaggio di Kafarbohom. I cristiani starebbero abbandonando interi quartieri soprattutto a Homs e Hama.

Fra la pittura delle icone per la sopravvivenza del monastero, l’aiuto a famiglie in difficoltà e le preghiere quotidiane, la superiora madre Agnès-Mariam de la Croix sta pensando a un “bollettino settimanale che risponda con fatti e nomi di vittime alle false liste di propaganda dell’Osservatorio siriano dei diritti umani basato a Londra”. Quest’ultimo per la conta dei morti è - insieme ai Cosiddetti Comitati di coordinamento locale - la fonte quasi unica della stampa internazionale e dello stesso Commissariato Onu per i diritti umani, che diffonde la cifra di cinquemila morti attribuendoli alla repressione governativa. Qualcuno comincia a dubitare dell’Osservatorio londinese che, dice la Madre, “spesso non dà nomi e quando li dà non precisa che si tratta di uccisi da bande armate”. Secondo le cifre governative, sono stati uccisi duemila fra poliziotti e soldati.

Palestinese di nazionalità libanese, Agnès-Mariam de la Croix si è attirata gli strali della stampa francese (lei è francofona) che la accusa di essere pro-regime. Vede l’urgenza della verità, per contrastare “un piano di destabilizzazione che vuole portare a uno scontro confessionale e alla guerra civile, gli uni contro gli altri, in un paese che è sempre andato fiero della convivenza”. Nei mesi, il conflitto sembra essere passato “da una rivendicazione popolare di riforme e democrazia a una rivoluzione islamista con bande armate” (sostenuta dall’esterno, petromonarchie, Occidente, Turchia). La Madre ha ospitato nel monastero una riunione di oppositori disponibili a un dialogo nazionale, e ha anche mediato con l’esercito perché allentasse la pressione sugli abitanti di un villaggio.

Un gruppo di giovani siriani ha iniziato un analogo lavoro di indagine e “controinformazione”. Hanno creato un “Osservatorio siriano sulle vittime della violenza e del terrorismo” (Sovvt) e faranno indagini sul campo per preparare dossier e documenti.

Fanno strage, oltre ai colpi di arma da fuoco, gli ordigni esplosivi. Come quello che tra Ariha e Al Mastouma (provincia di Idlib) ha ucciso sei operi tessili ferendone altre sedici mentre viaggiavano sull’autobus aziendale. Vari altri cittadini sono rimasti vittime di un ordigno vicino a Majarez. Colpita alla testa su un altro bus aziendale una ingegnere di Maharda è morta per le ferite. Undici passeggeri sono morti e tre sono rimasti feriti su un autobus civile a Homs, attaccato da armati.

L’agenzia stampa ufficiale Sana riferisce quotidianamente di agenti uccisi o feriti, rapimenti, esplosioni di ordigni che prendono di mira infrastrutture pubbliche (treni, linee elettriche, strade), disinnesco di esplosivi e sequestri di armi pesanti.



http://www.forumpalestina.org/news/2012/Febbraio12/13-02-12GuerraMediatica4.htm

SIRIA. Guerra mediatica (4°Puntata)

di Marinella Correggia

 

Le violenze su civili e militari. Il Cns (Consiglio Nazionale Siriano) organizza una manifestazione del 19 febbraio a Roma) con l’appoggio dei pacifisti con l’elmetto.

E’ stato il nuovo governo della Libia, frutto della guerra della Nato, il primo a riconoscere già lo scorso ottobre come “legittimo rappresentante del popolo siriano” il Consiglio nazionale siriano (Cns), in inglese Syrian National Council

(http://latimesblogs.latimes.com/world_now/2011/10/syria-libya-opposition.html). Il Cns a sua volta aveva riconosciuto il Cnt libico già prima della conquista di Tripoli.

Del resto, come ricorda Mustafa el Ayoubi su Confronti, nel 2011 “nell’ambito della Lega araba, la Siria aveva votato contro l’intervento militare in Libia. Era insomma un regime scomodo, non per il fatto che fosse anti-democratico ma perché anti-americano”. Così poco dopo, puntualmente scoppia una rivolta in Siria, “il 17 marzo a Daraa, una piccola città di 75mila abitanti. Non è stata una rivolta pacifica in quanto molti insorti erano armati e non esitavano a sparare sui civili e sulle forze dell’ordine”.

Il Cns, basato in Turchia (ma il suo leader Bhuran Ghalioun vive a Parigi da decenni; sostiene però di rappresentare l’80% dei siriani), il Cns, attraverso i suoi “osservatori sui diritti umani” da Londra e i cosiddetti “Comitati di coordinamento locale”, è la fonte quasi esclusiva delle notizie pubblicate sui media che accreditano la versione di una “rivolta a mani nude contro il dittatore”. Peraltro c’è uno scontro interno fra “attivisti” che si accusano reciprocamente (vedi la Seconda puntata di questa serie).

A differenza dell’altra opposizione che vuole il negoziato e non accetta la lotta armata né l’ingerenza, il Cns rifiuta ogni possibile negoziato e mediazione (come il Cnt libico, a suo tempo). Non ne ha bisogno, perché ha trovato molti alleati fra i paesi occidentali e petromonarchici, ai quali ha chiesto da tempo l’imposizione di una no-fly zone “per la protezione dei civili” (per esempio in ottobre: http://globalpublicsquare.blogs.cnn.com/2011/10/11/time-to-impose-a-no-fly-zone-over-syria/; e in gennaio: http://www.wallstreetitalia.com/article/1307700/siria-opposizione-invoca-intervento-onu-serve-no-fly-zone.aspx). Del resto come vari analisti hanno spiegato, anche nel caso siriano la no-fly zone non avrebbe senso e dovrebbe piuttosto sfociare in un vero e proprio sostegno aereo anti-governativo o Cas (close air support).

Il Cns ha stretto in dicembre un patto di collaborazione con il cd Esercito siriano libero (Free Syrian Army-Fsa). (http://www.nytimes.com/2011/12/09/world/middleeast/factional-splits-hinder-drive-to-topple-syrias-assad.html?_r=1&;pagewanted=all)

Il rappresentante del Cns in Italia e organizzatore della manifestazione a Roma del prossimo 19 febbraio (che ha già avuto diverse adesioni di associazioni italiane) è Mohammed Noor Dachan. Sul sito del Syrian National Council risulta affiliato come appartenente alla Muslim Brotherhood Alliance (http://www.syriancouncil.org/en/members/item/241-mohammad-nour-dachan.html). Egli sostiene che la Fsa è formata da “soldati, sottufficiali e ufficiali che hanno scelto di rifiutare di sparare alla gente comune disarmata e non è un esercito di guerra, ma ha solo l'obiettivo di difendere le manifestazioni”. La realtà appare molto diversa.

Il cd Esercito libero appare responsabile di uccisioni di soldati e civili siriani (ci sono elenchi nominativi documentati, vedi puntata 3 di questo dossier) e atti di sabotaggio e terrorismo. Anche a Homs nella fase attuale (http://www.megachip.info/tematiche/guerra-e-verita/7707-homs-un-testimone-racconta-il-terrore-gruppi-armati-non-damasco.html). Lo stesso il giornalista francese Jacquier è stato ucciso da gruppi armati dell’opposizione, secondo quanto raccolto da Le Figaro presso gli stessi osservatori della Lega Araba. Venerdì 10 febbraio, decine di morti in esplosioni ad Aleppo: la Fsa prima rivendica (“una risposta ai bombardamenti di Homs” dichiarava all’agenzia spagnola Efe il colonnello Riad Assad) poi smentisce e infine costruisce un’altra narrazione: surrealmente dichiarando ad Al Jazeera che effettivamente il gruppo ha attaccato Aleppo e le due basi militari con razzi e altro per “proteggere i civili che sarebbero scesi in piazza”, ma che gli attentati sono avvenuti dopo il ritiro dei suoi uomini. Secondo il McClatchi Newspaper, dietro i terroristi ad Aleppo c’è Al Qaeda. Del resto, leggiamo su TMNews, il leader di al Qaida, Ayman al-Zawahiri, ha espresso il suo sostegno alla ribellione siriana contro un regime definito antislamico, in un messaggio video diffuso su alcuni siti internet islamici: lo ha reso noto il centro di sorveglianza informatica Site. La stessa solidarietà a suo tempo espressa ai“ribelli” libici.

Alla tivù satellitare saudita pro.opposizione al-Arabyiya, Ammar Alwani della Fsa dichiara: “Ogni soldato e ufficiale sono nostro obiettivo”; e “colpiremo Damasco”; poi l’inviato della tivù lo corregge e imbocca: “Vuol dire che colpirete obiettivi militari, non civili, vero?”.

Il cd Esercito libero non è solo siriano perché è anche formato da elementi esterni, non è un esercito perché vari gruppi agirebbero in autonomia e non è libero perché dipende da apporti esterni in armi, denaro e uomini. Accanto all’Esercito siriano libero, l’intervento armato occidentale e petromonarchico c’è già e da tempo. Non sotto forma di bombardamenti ma di finanziamenti e invio di armi, consiglieri e mercenari. In appoggio a gruppi armati anti-Assad. Che il Cns avalla e con i quali collabora.

Mentre la Turchia offre la base logistica alla Free Syrian Army, Qatar e altri paesi non fanno mistero del loro appoggio “diplomatico” e finanziario e in armi; a metà gennaio lo sceicco Bin Khalifa Thani ha dichiarato la volontà di mandare truppe. Inglesi e francesi hanno confermato di aver mandato unità ad assistere i rivoltosi. Sono state scoperte armi inglesi avviate clandestinamente. suolo siriano sono già operativi commandos e forze speciali. L’obiettivo è di creare delle“zone liberate” così da rendere legittimo l’intervento “umanitario” esterno.

Da tempo l’opposizione siriana ottiene quotidianamente partite di armi (http://rt.com/news/syria-opposition-weapon-smuggling-843/). Obama chiede apertamente di sostenere gli armati anti-Assad e pensa di replicare i successi libici: nessun uomo, nessun morto, ma consiglieri e molti soldi. Fonti americane rivelano al Times un piano in fase di elaborazione da parte di Stati Uniti e alleati per armare i ribelli. Indiscrezioni che si incrociano con quelle del Guardian sulla presunta presenza di reparti speciali britannici e americani al fianco degli insorti, così come quella del sito israeliano Debka su una infiltrazione sul terreno, a Homs. A Homs truppe inglesi e qatariote dirigono l’arrivo di armi ai ribelli e consigliano sulle tattiche della battaglia, secondo il sito israeliano Debka file (ne riferisce la RT, Russian Tv).

A queste indiscrezioni la Russia ha reagito affermando che si tratta di informazioni ''allarmanti'', secondo il portavoce del ministero degli Esteri, Aleksandr Lukashevich (http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-mondo/siria-homs-strage-senza-fine-times-piano-1113360/www.peacelink.it).

Poi ci sono i mercenari libici. A dicembre il presidente del Consiglio nazionale siriano Burhan Ghalioun incontra a Tripoli i nuovi dirigenti. E scatta il piano che porta diverse centinaia di volontari libici in Siria, sparpagliati tra Homs, Idlib e Rastan (http://www.corriere.it/esteri/12_febbraio_10/olimpio-siria-insorti_a9528996-53da-11e1-a1a9-e74b7d5bd021.shtml). La missione è coordinata dall’ex qaedista Abdelhakeem Belhaj, figura di spicco della nuova Libia, e dal suo vice Mahdi Al Harati.

Intanto il sito di petizioni Avaaz, dopo aver diffuso per la Libia notizie di bombardamenti su civili (http://www.avaaz.org/it/libya_stop_the_crackdown_eu) in seguito ampiamente smentite, invita alla "battaglia mondiale" per la Siria dicendo: "Questo è il culmine della primavera araba e della battaglia mondiale contro i despoti sanguinari.

In conclusione, ecco quanto denuncia la stessa opposizione non armata (nelle parole di un esponente che preferiamo non citare per tutelarlo) “il Cns sembra fare il gioco degli sceicchi e del petrolio, sono in maggioranza fratelli musulmani che se ne fregano della democrazia e sanno benissimo che la Siria è abbastanza laica per poter arrivare al potere in modo democratico, non arriveranno senza armi, perciò stanno facendo di tutto per armare la rivoluzione, da altro canto, c'è la Turchia che si sente la nostalgia attraverso il partito di Erdogan per ottomanizzare la regione contro un'Europa ancora ostile nei suoi confronti. Non dimentichiamo che la rivoluzione siriana è la più importante in assoluto nel caso un probabile successo. Gli sceicchi del Golfo Persico temono per il futuro della loro monarchie basate comunque sulla dittatura e sull'ingiustizia”.



http://www.forumpalestina.org/news/2012/Febbraio12/14-02-12GuerraMediatica5.htm

SIRIA. Guerra mediatica (5° Puntata)

di Marinella Correggia

 

Le risposte dell’Unicef alle nostre domande sui “384 bambini uccisi” dal regime. Le fonti sono sempre le stesse e si alimentano a vicenda. In Siria si muore ma non da una sola parte.

Il 7 febbraio tutti i media danno grande risonanza a un “rapporto” dell’Unicef secondo il quale in Siria almeno 384 bambini sarebbero stati uccisi nei mesi di violenze e almeno altrettanti sarebbero imprigionati. L’Unicef è l’organismo delle Nazioni Unite per l’infanzia. Il suo attuale direttore è Anthony Lake, ex consigliere per la sicurezza di Clinton. In inglese il termine utilizzato è children; i media italiani traducono “bambini” per maggiore impatto mediatico, anche se in realtà nei rapporti dell’Onu children sono i “minori di 18 anni”. Perciò d’ora in poi useremo il termine “internazionale” children.

La notizia del “rapporto Unicef” passa subito come ennesima conferma del fatto che il regime uccide e incarcera bambini in quantità. In realtà a) l’Unicef non ha stilato di suo nessun rapporto, bensì ha utilizzato come fonti gli “attivisti per i diritti umani” b) la denuncia Unicef è di molti giorni prima (http://www.contropiano.org/it/esteri/item/6675-siria-guerra-mediatica-prima-puntata). In effetti la notizia sui 384 bambini uccisi in Siria era già stata diffusa dall’agenzia Reuters il 27 gennaio (http://blogs.reuters.com/stephanienebehay) ma è esplosa sui massa media solo il 7 febbraio, dodici giorni dopo, ovvero quando l’escalation politico-mediatica sulla Siria aveva trovato una doppia difficoltà con l’occultamento del rapporto degli Osservatori della Lega Araba che era venuto alla luce e con Russia e Cina che avevano posto il veto al Consiglio di Sicurezza sulla risoluzione contro la Siria.

Un primo problema è che non c’è un rapporto dell’Unicef:, la quale non ha condotto alcuna ricerca autonoma, bensì riporta quanto denunciano gli “attivisti”. Nel routinario briefing per la stampa da parte dell’Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, la responsabile dell’organizzazione Marixie Mercado è citata così: "Secondo le organizzazioni siriane dei diritti umani oltre 400 children sono stati uccisi e altri 400 sono in custodia, torturati e abusati sessualmente”

(http://www.unog.ch/unog/website/news_media.nsf/%28httpNewsByYear_en%29/36191A0CEBA1AED2C125799D0037EF1F?OpenDocument ). Marixie Mercado ha anche parlato della città di Homs, affermando che l’Unicef non ha accesso alle aree interessate di Homs e non può confermare l’impatto degli attacchi sui children, ma che “ci sono rapporti credibili, anche da parte di media internazionali presenti, sul fatto che i children sono vittime della violenza”:

Il 27 gennaio l‘Unicef aveva riferito alla Reuters la cifra di 384 children uccisi alla Reuters e 380 detenuti e seviziati (“alcuni con meno di 14 anni”) precisando “le cifre vengono da organizzazioni per i diritti umani che riteniamo credibili perché si basano su rapporti degli ospedali e racconti delle famiglie”. Niente che sia stato raccolto di prima mano, dunque. Ci si fida degli “attivisti” (sulle cui performances a senso unico e prive di conferme, vedi puntate 1, 2 e 3).

In dicembre la Commissaria Onu per i diritti umani Navi Pillai aveva parlato di 307 children uccisi nella “repressione da parte delle forze siriane”. Quali sono le fonti del rapporto della “Commissione d’inchiesta indipendente” del Consiglio per i diritti umani? Interviste con “attivisti” e “disertori” (un approfondimento su questi è in cantiere per la settima puntata). Negli ultimi giorni Pillay ha così denunciato la “repressione a Homs” attribuendola al “fallimento del Consiglio di Sicurezza”: “Secondo fonti locali e rapporti di media indipendenti l’esercito siriano attacca in modo indiscriminato con carri armati, elicotteri, mortai aree civili di Homs”. Non ci sono verifiche, e testimoni da Homs attribuiscono la responsabilità all’opposizione armata (vedi la prossima sesta puntata), ma non sono stati presi in considerazione.

Nel “chi uccide chi e quanti”, il ruolo delle bande armate non è contemplato. Né ci si chiede se i numeri siano esatti. Allo stesso modo, i media, il rapporto dell’Onu di dicembre e le Ong, che hanno sempre come fonti “gli attivisti”, lanciano cifre non confermate sul numero totale di uccisi (5mila, poi seimila), e non indicano mai le responsabilità di bande armate dell’opposizione; eppure in diversi casi i nomi sono risultati falsi; e/o children e adulti uccisi erano membri di famiglie filogovernative e in altri i genitori stessi hanno affermato che se l’esercito fosse stato presente, i loro figli sarebbero ancora vivi. Emblematico ilo caso della piccola Afef Saraqibi, morta a 4 mesi. Indignazione e orrore: per gli “attivisti” era, incredibilmente, “la più piccola detenuta politica siriana, incarcerata con il padre e morta per le torture”. Finché la madre stessa ha dichiarato pubblicamente che Afef è morta in ospedale e di malattia.

Sono poi numerosi i video e le foto mistificanti. Un esempio: questa foto con il titolo “strage di bambini” (http://www.facebook.com/photo.php?fbid=10150588879226827&;set=p.10150588879226827&type=1&theater) è una delle foto del World Press Photo 2012 (mostra di fotogiornalismo internazionale) e non arriva dalla Siria,è stata scattata a Kabul dal fotografo afghano Massoud Hossaini http://www.facebook.com/massoud.hossaini?sk=info.

Le ultime dichiarazioni dell’Unicef, così tempisticamente riprese come “rapporto”, suonano approssimative: “Ci sono rapporti di children uccisi e detenuti”; “Ci sono rapporti di bombardamenti a Homs”. Abbiamo dunque chiesto qualche chiarimento sulle fonti al portavoce Unicef da New York Peter Smerdon. Quando dite “Ci sono rapporti di children arrestati e torturati”, a quali fonti vi riferite? Risposta: “A organizzazioni credibili, si veda il recente rapporto sulla Siria di Human Rights Watch e il rapporto dei tre esperti della Commissione Onu per i diritti umani. Quanto al rapporto di Human Rights Watch di metà dicembre: è stato redatto sulla base di interviste ad attivisti dell’opposizione e a “disertori”. L’organizzazione statunitense non si pronuncia sui gruppi armati e lancia anche denunce poco credibili, come: “C’è un eccidio di bambini e i campi sportivi sono stati trasformati in lager”.

Poniamo allora un’altra nostra domanda all’Unicef relativa al fatto che il governo siriano accusa la Free Syrian Army di distruggere le case in aree pro-governative. Risposta: “Ci sono molte accuse che circolano sulla violenza in Siria”. Ma come mai non fate mai riferimento alle violenze dell’opposizione armata, indicate anche dal rapporto degli Osservatori della Lega araba, unica fonte che è stata presente nel paese? Risposta: “Ci sono molti rapporti da varie fonti. Non possiamo citarli tutti”. Dunque non si cita il rapporto degli Osservatori (boicottato dal Qatar e dall’Arabia Saudita) in cui la natura non pacifica dell’opposizione è evidenziata. E su Homs, quali fonti indipendenti avete? Risposta Unicef: la Bbc che riferisce di bombardamenti che colpiscono i children”. Così, la Bbc che fa riferimento alle stesse fonti dell’opposizione, diventa essa stessa una fonte indipendente.

Il 31maggio dell’anno scorso l’Unicef pareva più neutrale e chiedeva a “tutte le parti coinvolte” di risparmiare i civili, soprattutto children e donne. Riconoscendo dunque le violenze dell’opposizione. E aggiungeva: “non possiamo verificare i rapporti, ma chiediamo al governo di aprire un’inchiesta sui video di children detenuti e torturati”.

( Fonte: Contropiano.org )



=== * ===



E' nata indoona : chiama, videochiama e messaggia Gratis.
Scarica indoona per iPhone, Android e PC



Lunedì 13 febbraio 2012

ALESSANDRA KERSEVAN

 

storica e titolare

della casa editrice Kappa Vu di Udine

INTERVERRA’

alla trasmissione televisiva “PORTA A PORTA”

RAI 1 ore 23 e 15

Argomento della puntata: FOIBE e LAGER FASCISTI



---

                   * Jugoslavenski glas - Voce jugoslava *

            "Od Triglava do Vardara..." "Dal monte Triglav al fiume Vardar..."


Svakog drugog utorka od 13,00 do 13,30 na Radio Città Aperta, valu FM 88.9 za regiju Lazio,
                             *JUGOSLAVENSKI GLAS*
Moze se pratiti i preko Interneta: http://www.radiocittaperta.it/stream.htm
Pisite nam na jugocoord @ tiscali.it


Ogni due martedì dalle ore 13,00 alle 13,30 su Radio Città Aperta, FM 88.9 per il Lazio:                              
*VOCE JUGOSLAVA*
La trasmissione si può seguire, come del resto anche le altre della Radio, via Internet:
http://www.radiocittaperta.it/stream.htm
Scriveteci all'indirizzo email: jugocoord @ tiscali.it

La trasmissione è bilingue (a seconda del tempo disponibile e della necessità).
Brevi interventi durante la trasmissione al 06 4393512.


                      Program - utorak 14.II. 2012 martedì - Programma

- Dan sjecanja. Telefonski sa Aleksandrom Kersevan, goscom jucerasnje TV emisije RAI 1 (13.2.).
- Tu i tamo neke vijesti sa bivsih Jugo prostora...

- Giorno del ricordo. Telefonicamente con Alessandra Kersevan, ospite a "Porta a Porta" di ieri sera 13 febbraio.
- Qui e li, qualche notizia dagli ex territori jugoslavi...

In studio Ivan e Eleonora


=== * ===


E' nata indoona : chiama, videochiama e messaggia Gratis.
Scarica indoona per iPhone, Android e PC



Claudia Cernigoi sul Giorno del Ricordo 2012

1) Foibe, la verità compromessa. Intervista alla studiosa Claudia Cernigoi
2) GIORNO DEL RICORDO O GIORNO DELLA MISTIFICAZIONE STORICA? di CLAUDIA CERNIGOI
3) POLEMICA A PARMA (P. Bocchi, Comitato antifascista e per la memoria storica, C. Cernigoi)
4) LE PERLE NERE DI RUSTIA SULLE FOIBE E SUI CRIMINI DI GUERRA ITALIANI, di CLAUDIA CERNIGOI


=== 1 ===

http://baronemarco.blogspot.com/2012/02/foibe-la-verita-compromessa-intervista.html


Il 10 febbraio si celebra il Giorno del ricordo, istituito con la legge n. 92 del 30 marzo 2004, concede anche un riconoscimento ai congiunti degli infoibati. Cosa sono state realmente le foibe? Cosa è accaduto nella terra di Confine? Quale è la verità sul caso foibe? Esiste un caso foibe? Esiste un processo di revisionismo storico? Di tutto ciò ne parleremo con la giornalista e studiosa Claudia Cernigoi.

1) Come posso presentarti?

Sono una giornalista che dopo avere indagato sulla strategia della tensione (neofascismo, stragismo, “misteri d’Italia”), ad un certo punto ha iniziato a dedicarsi alla ricerca storica sulla seconda guerra mondiale, Resistenza, collaborazionismo e poi, di conseguenza, anche le “foibe”. In effetti sono diventata “famosa” proprio per via delle mie ricerche sulle foibe, anche se, voglio precisare, non ho studiato solo le foibe.

2) Il giorno del ricordo, così come strutturato, rientra nell'intento del processo di revisionismo storico? Come si può definire il revisionismo storico?

Revisionismo storico, di per se stesso, non dovrebbe avere un significato negativo. Ovvio che se si scoprono nuovi documenti che permettono di leggere in ottica diversa fatti prima interpretati in un certo modo, “rivedere” le interpretazioni storiche è doveroso e non negativo. Il fatto è che una parte della storiografia, che più che storia fa politica, anzi, propaganda politica, ad un certo punto ha deciso di dimostrare, storicamente, la negatività politica del movimento di liberazione comunista e non nazionalista, e pertanto si è iniziato a leggere i fatti storici in un’ottica che storica non èma politica. Ne consegue che si è iniziato anche a dare valutazioni politiche (e morali, cosa per me inaccettabile quando si parla di storia) sugli eventi storici. Faccio un esempio: quando si condannano le esecuzioni (sommarie o no) di oppositori politici da parte delle forze della Resistenza, senza considerare che tali eventi si sono svolti durante una guerra mondiale che causò milioni di morti, la maggior parte civili, si perde di vista ogni ricostruzione storica, pretendendo di valutare con i nostri valori morali del tempo di pace (“voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case”, scriveva Primo Levi) le azioni avvenute in un periodo in cui, come diceva una canzone partigiana “pietà l’è morta”. Dove la guerra non l’avevano iniziata i partigiani, né i comunisti, né, dalle nostre parti, la Jugoslavia, ma l’aveva iniziata il nazifascismo. Non ci fosse stato il nazifascismo a dichiarare guerra al mondo intero, gli aggrediti non si sarebbero difesi e non avrebbero avuto bisogno di ammazzare nessuno. Non riconoscere questo semplice dato di fatto è revisionismo storico in senso negativo.
Quanto al giorno del ricordo, è una ricorrenza voluta da una lobby trasversale che vuole negare i crimini fascisti cercando di trasmettere l’idea che la Resistenza, soprattutto quella jugoslava, è stata una cosa negativa e non una lotta popolare di liberazione.

 3) Cosa sono state realmente le foibe? Numeri reali di infoibati?

Gli storici Pupo e Spazzali scrivono che...Quando si parla di foibe ci si riferisce alle violenze di massa a danno di militari e civili, in larga prevalenza italiani, scatenatesi nell’autunno del 1943 e nella primavera del 1945 in diverse aree della Venezia Giulia e che nel loro insieme procurarono alcune migliaia di vittime. È questo un uso del termine consolidatosi ormai, oltre che nel linguaggio comune, anche in quello storiografico, e che quindi va accolto, purché si tenga conto del suo significato simbolico e non letterale.
Questo è un altro esempio di revisionismo storico in senso negativo. Come può uno storico serio parlare di “significato simbolico e non letterale” relativamente a dei fatti storici? Se una persona è stata fucilata non è stata infoibata, e quindi perché parlarne in modo “simbolico” se non per creare confusione in chi cerca di comprendere questi eventi?
Sintetizzando, possiamo distinguere due periodi storici. Il primo è quello immediatamente successivo all’8 settembre 43, in Istria, quando una sorta di jacquerie seguita al tracollo dell’esercito italiano causò circa 200 morti (effettivamente gettati nelle foibe), che coinvolsero esponenti del fascismo, vittime di rese dei conti e di vendette personali. Considerando che fonti nazifasciste sostennero che per ripristinare “l’ordine” in Istria dopo l’8 settembre vi furono circa 10.000 morti con devastazione di villaggi e campagne, esce spontanea la domanda di quale fu il vero martirio del popolo istriano.
Invece nel maggio 1945 a Gorizia, Trieste e Fiume, dove l’Esercito jugoslavo (che era un esercito alleato e non “cobelligerante” come era l’esercito del Sud italiano) prese il controllo del territorio, vi furono moltissimi arresti di membri delle forze armate (che, ricordiamo, essendo il Litorale Adriatico staccato addirittura dalla Repubblica di Salò per essere annesso al Reich germanico, avevano giurato fedeltà direttamente a Hitler) e di civili collaborazionisti. In tutto scomparvero da Trieste meno di 500 persone, 550 da Gorizia, circa 300 da Fiume. La maggior parte furono militari internati nei campi di prigionia e morti di malattia; da Gorizia e Trieste circa 200 furono i prigionieri condotti a Lubiana o nei posti ove avevano operato e processati per crimini di guerra (tra essi rastrellatori, torturatori, l’ex prefetto di Zara Serrentino che come Presidente del Tribunale speciale per la Dalmazia aveva comminato moltissime condanne a morte di antifascisti…); infine vi furono le vittime di esecuzioni sommarie e vendette personali,ma dalle “foibe” triestine furono riesumate in tutto una cinquantina di salme, 18 delle quali dall’abisso Plutone, dove gli assassini erano criminali comuni e membri della Decima Mas infiltrati nella Guardia del popolo, che a causa di ciò furono arrestati dalle autorità jugoslave (che li condannarono a varie pene). Per questo motivo io non ritengo storicamente valido il concetto di “foibe”, perché in esso vi è una tale diversità di casistiche da non poter rappresentare un “fenomeno” a sé stante, se si esclude la teoria che va per la maggiore sull’argomento, e cioè che queste furono le “vittime” della “ferocia slavo comunista”, teoria che non ha alcun valore storiografico.

4) Cosa voleva dire essere partigiani a Trieste? Cosa voleva dire vivere le persecuzioni nazi-fasciste in Città?

I partigiani a Trieste facevano parte dell’organizzazione Unità Operaia-Delavska Enotnost e lavoravano in clandestinità nelle fabbriche o facendo opera di propaganda e qualche azione specifica in città. Non si sa molto del loro lavoro, purtroppo, su questo la ricerca storica è stata carente. Le repressioni furono ferocissime, coinvolsero non solo i militanti ma anche i loro familiari, le persone arrestate venivano torturate con ferocia, inviate nei campi germanici, uccise in Risiera, molti morivano cercando di scappare o sotto le torture. Cito soltanto le esecuzioni di maggiore entità avvenute nel 1944: 71 ostaggi fucilati ad Opicina il 3 aprile, 51 impiccati il 23 aprile nell’attuale Conservatorio, 11 impiccati a Prosecco il 29 maggio, 19 fucilati ad Opicina il 15 settembre, i 5 membri della missione alleata Molina il 21 settembre…

5) Perchè è importante contestualizzare gli eventi nella questione foibe?

A questa domanda penso di avere già in parte risposto prima. Quando, in sede di dibattito pubblico, il professor Raoul Pupo, alla mia affermazione che parte del CVL di Trieste fu arrestata dagli Jugoslavi perché si erano rifiutati di consegnare loro le armi, come prevedevano gli accordi firmati dal CLNAI con gli Alleati (e la Jugoslavia era un Paese alleato, come Usa e Gran Bretagna), asserì che io ragiono come nel 1945, penso che in realtà mi abbia fatto un complimento come ricercatrice, al di là delle sue reali intenzioni. Per capire cosa accadeva nel 1945 dobbiamo considerare la situazione del 1945, cioè il fatto che l’Europa intera, e non solo Trieste, usciva da una guerra mondiale che aveva causato stragi, fame, distruzione e disperazione; che nella nostra zona le autorità italiane avevano cercato di annullare le minoranze slovena e croata, non solo impedendo loro di parlare nella propria lingua, ma anche con la violenza, bruciando villaggi e deportando civili, vecchi, donne e bambini, che per la maggior parte morirono di stenti nei campi di prigionia come Arbe e Gonars. Ed in una situazione simile a me viene in mente la poesia di Brecht, “noi che volevamo apprestare il terreno alla gentilezza, noi non si poté essere gentili”.

6) La visita prevista di Alemanno alle foibe di Basovizza, può essere considerata provocatoria verso la Resistenza ?

Non credo particolarmente. È da anni che tutti (dalle istituzioni statali e locali ai naziskin di varia estrazione, a Padania Cristiana, alle organizzazioni degli esuli…) vengono in pellegrinaggio sulla foiba di Basovizza. Escludendo le istituzioni, che semplicemente hanno fatto propria la teoria degli “opposti estremismi”, cioè vi sono stati sia i crimini dei nazifascisti che quelli dei partigiani (“accostamento aberrante”, lo definì più di trent’anni fa il professor Miccoli dell’Università di Trieste), in genere si tratta di un segno fideista di anticomunismo e di apologia del fascismo, con dovizia di saluti romani e grida “camerati presenti”. Alemanno non può certamente fare peggio di questi qua.

7) Quanto possono essere educative o diseducative le visite scolaresche alle foibe, che puntualmente ogni anno vengono organizzate per e nel Giorno del ricordo?

Sarebbero educative se si contestualizzasse e si spiegasse la reale entità del “fenomeno”. Ma dato che la visita alla foiba di Basovizza è vista normalmente come il contraltare a quella alla Risiera di San Sabba, ciò che rimane ai ragazzi è che vi furono appunto i due “opposti estremismi”, le due “ideologie” che provocarono i drammi in Europa, con il sottinteso elogio della “zona grigia”, del qualunquismo di coloro che non si schierarono e lasciarono che gli altri prendessero le decisioni (e le armi) aspettando che qualcuno vincesse.
Così come sono, in effetti, sono molto diseducative.

8) Giungono voci di una tua nuova opera...puoi dare qualche anticipazione?

Sì, si tratta di uno studio sull’Ispettorato Speciale di PS, la cosiddetta “banda Collotti”, nel quale oltre a raccontare l’operato di questo corpo di repressione nazifascista, finisco col parlare della Resistenza nella nostra zona ed anche delle ripercussioni che nel dopoguerra ebbero questi eventi.

Marco Barone


=== 2 ===

http://www.nuovaalabarda.org/leggi-articolo-giorno_del_ricordo_2012%3A_giorno_della_mistificazione_storica..php
http://www.diecifebbraio.info/2012/02/giorno-del-ricordo-o-giorno-della-mistificazione-storica/

GIORNO DEL RICORDO O GIORNO DELLA MISTIFICAZIONE STORICA?

di CLAUDIA CERNIGOI

Dopo avere seguito interventi ufficiali, comunicati stampa, esternazioni varie e soprattutto avere visto il “documentario” di Roberto Olla sulle “foibe”, trasmesso dalla Rai la sera del 10 febbraio (e, da quanto si legge nel sito http://www.bellariafilmfestival.org/evento-2011-144.html “in proiezione permanente” presso il Museo della “foiba” di Basovizza), ho pensato che sarebbe il caso di cambiare l’intitolazione della ricorrenza del 10 febbraio da “Giorno del Ricordo” a “Giorno della Mistificazione Storica”.

 

Vorrei citare solo alcuni dei punti più significativi.

Il sindaco di Trieste Roberto Cosolini (centrosinistra) ha ripreso le (purtroppo infelici) posizioni del presidente Napolitano che aveva parlato, già anni fa, di “volontà espansionistica del nazionalismo jugoslavo”.

Parlare di “nazionalismo jugoslavo” è già di per se stesso falsificante, dato che il concetto di Jugoslavia era nato come concetto sovranazionale e non nazionalista, ma il fatto più grave è il voler attribuire alla Jugoslavia una “volontà espansionistica” che essa non ha mai avuto, né quando, Regno di Jugoslavia, fu invasa da Germania e Italia, smembrata ed annessa in parte ai due stati aggressori, né quando, riconosciuta come Stato alleato nella coalizione antinazifascista, sotto la guida del Maresciallo Tito, liberò il proprio territorio dagli occupatori e giunse fino a Trieste e Gorizia. Per liberarle, non per “occuparle”, come recita il filmato di Olla, perché la Jugoslavia faceva parte della coalizione alleata (e ricordiamo che l’Italia, il Regno del Sud, era solo cobelligerante).

Nessuno parla mai della volontà espansionistica italiana, che nel 1918 aveva conquistato militarmente Trieste, Gorizia, l’Istria e parte della Slovenia (dove nella zona di Postumia non c’era neppure una piccola comunità italiana, ciononostante divenne parte integrante dello stato italiano): dunque perché scandalizzarsi quando la Jugoslavia, dopo avere conquistato militarmente dei territori interamente sloveni e croati o mistilingue, ha mantenuto la sovranità neppure su tutti questi territori misti, restituendo Trieste e Gorizia all’Italia?

È poi scandaloso che si continui a parlare di “migliaia” di persone “inghiottite dalle foibe”, quando si sa che dalle foibe istriane dopo l’8 settembre del 1943 furono estratte 210 salme, e che nel 1945 gli “infoibati” nel senso letterale del termine furono meno di un centinaio mentre la maggior parte degli scomparsi (da Trieste meno di 500, da Gorizia circa 550, da Fiume circa 350), escludendo i militari fatti prigionieri e morti nei campi, furono arrestati dalle autorità jugoslave perché accusati di crimini di guerra, e probabilmente condannati a morte, se non morti in prigionia.

Particolarmente grave ed agghiacciante l’affermazione fatta (l’Ansa non dice da chi) nel corso della presentazione di una mostra dedicata alle “foibe e all’esodo” a Trieste, dove si sarebbe “sottolineato il ruolo che svolse personalmente il maresciallo Tito nell’organizzazione delle attività terroristiche contro la popolazione inerme, culminate nelle Foibe, che sono state determinanti nel costringere all’esodo 350 mila italiani”. Come se Tito, nel corso della guerra, non avesse altre gatte da pelare che prendersela con gli istriani di etnia italiana.

Ma qui troviamo la novità di quest’anno: dopo anni ed anni di divulgazione di dati storici risultanti dalle ricerche di un manipolo di volonterosi (spesso non considerati dalla storiografia ufficiale), che hanno messo dei punti fermi su alcuni “miti” in tema di foibe, da quest’anno i toni sono cambiati: dando per assodato un “esodo” di 350.000 persone, è logico che per motivare un esodo di questa entità era necessario un fattore a monte, e cioè il “terrore” diffuso dalle “foibe”.

Il primo punto è che ad esodare non furono 350.000 persone, ma molte di meno. I dati più attendibili parlano di circa 200.000, il che è comunque una cifra piuttosto consistente, ma se consideriamo che questo “esodo” durò dal 1943 al 1960 più o meno (quindi in fasi storiche diverse), ci si aprono altri orizzonti di dubbio.

Ad esempio: perché la famiglia di Norma Cossetto, che era stata uccisa dai partigiani, scappò in Italia (RSI) quando l’Istria era sotto controllo nazifascista e non jugoslavo, e come i Cossetto anche i Cernecca, altra famiglia che nel dopoguerra diede vita alla propaganda sulle foibe, avendo avuto dei familiari uccisi dai partigiani, si trasferirono nel Veneto già alla fine del 1943?

Nel 1945, subito alla fine della guerra lasciarono l’Istria alcune categorie di persone che sicuramente non potevano rimanere lì date le circostanze, e non solo la nomenklatura fascista, gli squadristi ed i gerarchi, ma gli stessi impiegati statali, poliziotti, militari, che erano arrivati in Istria dall’Italia e una volta cambiato stato e governo avrebbero avuto difficoltà a reinserirsi.

Questo il primo “esodo”: ma dobbiamo poi ricordare la propaganda che veniva fatta dall’Italia per invitare gli italiani a lasciare la Jugoslavia, che prometteva loro mari e monti, salvo poi sistemarli nei campi profughi di fortuna. Molti istriani vennero via per amore di patria, perché non volevano essere cittadini jugoslavi, molti perché erano anticomunisti, la maggior parte perché erano convinti che in Italia sarebbero stati meglio. Le foibe in tutto questo c’entrano poco: c’entra molto invece la propaganda sulle foibe, quella che fa dire a Licia Cossetto “mezza Istria è stata infoibata”: e dalla mezza Istria rimasta sarebbero venuti via ancora 350.000 abitanti? Se consideriamo che i dati del censimento del 1936 danno come abitanti (compresi sloveni e croati) per Istria, Fiume, isole del Quarnero e Zara 378.000 persone, i conti non tornano proprio.

Lasciando da parte l’esodo torniamo ad esaminare la propaganda di questi giorni, che ci presenta i “titini” come feroci criminali assetati di sangue, che non considera che il periodo storico di cui si parla corrisponde ad una guerra mondiale che fece milioni di morti, che la guerra non fu iniziata dalla Jugoslavia, che l’Italia deportò popolazioni intere dai territori che aveva occupato in Slovenia e Croazia, che appoggiò il regime fantoccio di Pavelic in Croazia (che operò una pulizia etnica nei confronti della popolazione serba), che l’Italia stessa commise in Jugoslavia (ma anche in Grecia e in Albania, per non parlare delle precedenti guerre d’Africa) crimini di guerra per cui fu denunciata alle Nazioni unite ma nessun responsabile fu mai punito, anzi, il gasatore di africani Pietro Badoglio fu colui che traghettò l’Italia fino alla fine della guerra dopo che il “duce” fu deposto il 25 luglio 1943.

È questa la storia che non è conosciuta nel nostro Paese dall’opinione pubblica, né viene insegnata nelle scuole, e sulla quale gli storici accademici , così come i divulgatori (salvo alcune ammirevoli eccezioni) tendono a glissare. È per cancellare questa storia, per impedire che criminali di guerra fossero processati e condannati che il Ministero degli Affari Esteri (MAE) diede alle stampe nel 1947, in prossimità della firma del Trattato di pace, una sorta di “libro bianco” intitolato “Trattamento degli italiani da parte jugoslava dopo l’8 settembre 1943”, che voleva dimostrare come gli jugoslavi avessero operato violenze ed esecuzioni sommarie (le “foibe”) sui militari prigionieri e sui civili italiani. Peccato che questo testo è ricco di “bufale” e di scritti apocrifi, ricordiamo la famosa “relazione Chelleri”, quella su cui si sarebbero basati tutti gli storici per parlare degli “infoibamenti” di Basovizza e del “sopravvissuto alle foibe”, quello che i telespettatori sanno essere Graziano Udovisi, il quale asserisce anche di avere “salvato un italiano”, ma che da altri documenti risulta essere invece Giovanni Radeticchio, il quale aveva dichiarato, già nel luglio del 1945, di essersi salvato da un “infoibamento” nel quale invece aveva trovato la morte Udovisi (su questo si veda il testo di Pol Vice “La foiba dei miracoli”, Kappa Vu 2008). A domanda dello storico Spazzali, il capitano Carlo Chelleri ha negato di avere scritto questa relazione (R. Spazzali, “Foibe un dibattito ancora aperto”, Lega Nazionale 1990): quale attendibilità può avere? Poi nel testo c’è anche una testimonianza attribuita ad un “sottocapo meccanico” di nome Federico Vincenti, che parla di atrocità commesse dagli Jugoslavi nei confronti dei prigionieri italiani a Lissa: dove Federico Vincenti, partigiano combattente friulano, negò di essere mai stato prigioniero degli Jugoslavi e di avere fatto le dichiarazioni citate nel “libro bianco” (su questo si veda l’intervento di Luciano Marcolin dell’Anpi di Cividale in http://www.storiastoriepn.it/blog/?p=3617).

Ed infine in questo “libro bianco” troviamo una serie di fotografie che documentano atti di violenza commessi contro serbi… da parte ustascia, cioè fascista, spacciati per “violenza jugoslava contro jugoslavi”, eliminando del tutto la questione politica ma esacerbando la questione etnica.

Perché mi sono dilungata tanto su questo libro? Perché è stato ripubblicato nel 2009, anastaticamente, e perché la Regione Lazio lo vuole diffondere nelle scuole. E la diffusione di falsità negli istituti scolastici è uno scandalo che si dovrebbe impedire.

Ecco, queste alcune riflessioni “a caldo” (nonostante le temperature polari di questi giorni di febbraio) sul Giorno del Ricordo 2012. Nella prima edizione del mio studio sulle foibe, “Operazione foibe a Trieste” pubblicato nel 1997, citavo in apertura alcuni versi di una canzone degli Africa Unite: “Ruggine, penna di velluto, lecca il livido inchiostro, fango rapido, colpire la memoria, riscrivere la storia…”.

Lo hanno fatto, lo stanno facendo. È come un fiume in piena, melmoso, velenoso, che ci sta soffocando. E nonostante tutti gli sforzi di questi anni, sembra sempre più difficile correre ai ripari.

Claudia CERNIGOI

 

Febbraio 2012


=== 3 ===


POLEMICA A PARMA

Da:  Comitato antifascista e per la memoria storica - Parma <comitatoantifasc_pr @ alice.it>

Oggetto:  replica, sulle foibe, a P. Bocchi candidato sindaco di Parma per "La Destra"

Data:  12 febbraio 2012 00.56.12 GMT+01.00


da  la Repubblica Parma (on line)

Priamo Bocchi scrive:

Dopo oltre 60 anni di colpevole oblio la storia sembra riconsegnare una giusta memoria della drammatica vicenda delle Foibe e delle migliaia di civili italiani (fra i quali donne, bambini ed anziani) torturati ed uccisi dai partigiani di Tito (nonché di Togliatti), in nome del comunismo e della pulizia etnica. Oggi, finalmente si possono commemorare la morte ed il barbaro eccidio di tanti nostri connazionali, nonché le sofferenze di quei profughi che, rientrati in Italia, venivano insultati e minacciati secondo l’equazione, diffusa e propagandata dal partito comunista, per cui italiani = fascisti. Oggi, giornata nazionale del ricordo di questo ignobile genocidio, possiamo finalmente pensare alle foibe, non solo come erano descritte fino ad oggi nei libri scolastici , “varietà di doline ed anfratti frequenti in Istria”, ma come luoghi di martirio per tanti compatrioti (fascisti e non) e di bestiale sfogo anti italiano.
E’ triste, però, constatare come questa vicenda storica non sia ancora parte di una memoria nazionale condivisa. A Parma il Comitato Antifascista organizza in tale giornata il solito convegno negazionista nel quale si sostiene che le Foibe Titine sono solo (come quella di Bassovizza per esempio) una creazione mitologica e leggendaria. Probabilmente 60 anni di menzogne e di propaganda camuffata da Storia, non sono stati sufficienti a placare gli animi dei seguaci di quell’ideologia che si nutre di odio e intolleranza, che ieri voleva “sovietizzare” l’Italia e che oggi vorrebbe ancora “infoibare” la verità.
Ed allora mi si lasci ricordare qualcosa che difficilmente si sentirà in questo od altri convegni. Mi lasci ricordare che il comandante Oskar Pikulic (cittadino italiano), meglio conosciuto come il “boia di Pisino” (dove fece infoibare più di 100 persone) e condannato a 2 ergastoli per strage, fu graziato da quel simpatico “nonnetto” di Pertini e omaggiato di medaglia al valore e pensione per meriti patriottici. Mi lasci ricordare che un altro criminale, Mario Toffanin (detto “Giacca” e condannato all’ergastolo per omicidio plurimo), responsabile della strage di Porzus, e di altri crimini “comuni” fu aiutato dal PCI a fuggire all’estero ed ottenne medesimi onori (grazie alla legge Mosca), grazia e pensione ( di 700 mila lire e percepita fino alla morte).
Anche questa è stata l’Italia del dopoguerra. Occorre ricordarlo ai nostri giovani e a quelli un po’ smemorati che oggi ricordano sì ma parzialmente, omettendo di nominare l’ideologia comunista quale vera responsabile di questa ed altre tragedie del novecento.

Priamo Bocchi
(candidato sindaco “La Destra” Parma)


da  la Repubblica Parma (on line)

Comitato antifascista e per la memoria storica-Parma scrive:

OLTRE 700 CRIMINALI DI GUERRA ITALIANI FASCISTI,  E IL SIGNOR UDOVISI

Il sig. Bocchi, rappresentante de “La Destra”, una destra non liberale o gollista ma una destra fascista, pensa di cavarsela riportando qualche fatto tragico della lotta partigiana (Porzus), qualche “neo” presente nella parte giusta. Chè, com’è noto, la guerra abbruttisce un pò anche la parte giusta e bella. E, da questo punto di vista, è successo anche di peggio altrove, p.e. in Francia per i prigionieri tedeschi degli angloamericani e per i collaborazionisti francesi di Vichy. Dimentica appena, il rappresentante della destra fascista, che in Jugoslavia hanno operato oltre 700 (settecento) criminali di guerra italiani fascisti. A cominciare dai generali Roatta e Robotti, che ordinavano “testa per dente!” e “si ammazza troppo poco in Jugoslavia!”. Il dato dei criminali di guerra italiani non è inventato ma è della Commissione per i crimini di guerra della Nazioni Unite. E nessuno di costoro è mai stato processato, estradato e consegnato alle autorità jugoslave che ne avevano fatto richiesta; fosse stata soddisfatta tale richiesta, probabilmente ai militari italiani catturati e imprigionati dagli jugoslavi sarebbe andata meglio. Nessuno dei 700 criminali fascisti ha mai scontato un solo giorno di galera diversamente dai criminali nazisti che sono stati processati e condannati a Norimberga. Ma se anche fossero stati 70 anziché 700, se anche fossero stati 7 anziché 70, resta il fatto che è stata questa loro parte, è stata l’Italia fascista che ha intrapreso la guerra in Jugoslavia e nei Balcani, non viceversa. Non è la Jugoslavia che ha aggredito l’Italia, è l’Italia fascista che ha aggredito e occupato duramente la Jugoslavia, p.e. facendo di Lubiana (terra slovena dove nessuno parla italiano) una provincia d’Italia. E’ Mussolini che già nel 1920 a Pola affermava “Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino ma quella del bastone”. Non risulta che da parte slava vi sia stata un’affermazione simile nei confronti degli italiani, o mire espansionistiche o imperialiste. Non si possono scambiare o confondere cause e effetti, pena la falsificazione della storia: la causa prima è stata il fascismo, le foibe sono una conseguenza. E sul numero dei morti delle foibe è del tutto non dimostrato il dato delle decine di migliaia o degli oltre diecimila che riporta in questi giorni lo spot televisivo – sì spot, propaganda!- in onda sulle reti nazionali pubbliche statali. Tale spot cita il sig. Graziano Udovisi quale scampato a una foiba. Bisognerebbe dire anche che il tale Udovisi, lungi dall’essere persona “super partes”, era nel 1945 tenente della fascista (della Repubblica di Salò) Milizia Difesa Territoriale, forza sottoposta direttamente ai tedeschi, e rastrellatore di partigiani in Istria. Il suo racconto è apertamente messo in discussione dal libro “La foiba dei miracoli” scritto da Pol Vice (Paolo Consolaro) pubblicato dalla casa editrice Kappa Vu di Udine nel 2008.
Se nell’Italia liberata dal fascismo si può esprimere liberamente, il sig. Bocchi ringrazi anche i comunisti italiani e Togliatti che hanno contribuito in prima persona a scrivere una Costituzione, la Costituzione della Repubblica nata dalla Resistenza, fra le più democratiche e socialmente avanzate del mondo.


Da:  Claudia Cernigoi <nuovaalabarda @ yahoo.it>

Oggetto: I: replica, sulle foibe, a P. Bocchi candidato sindaco di Parma per "La Destra"

Data: 

(Message over 64 KB, truncated)