Informazione
Alessandra Kersevan
Porzûs: il più grande processo antipartigiano del dopoguerra
Appendice dal volume: Foibe. Revisionismo di Stato e amnesie della Repubblica
Atti del Convegno: Foibe: La verità. Contro il revisionismo storico
tenuto a Sesto S. Giovanni (MI), 9 febbraio 2008
Collana di Resistenza Storica / Udine: Editrice KappaVu, 2008
Nel 1997 – in anticipo con la concezione della memoria alla 10 febbraio, secondo la quale i fatti storici esistono solo se vengono amplificati dai mass-media – la vicenda di Porzûs divenne di pubblico dominio con la presentazione al festival del cinema di Venezia del film Porzûs di Renzo Martinelli. Nonostante il titolo richiamasse in maniera diretta questa vicenda, il contenuto la riguardava solo a grandi linee, poiché erano inventati o stravolti i caratteri dei personaggi, le motivazioni, i comportamenti, il contesto in cui avvenivano, in linea con la revisione della resistenza che stava emergendo in quegli anni.[1] Negli articoli che apparvero sui principali giornali italiani a commento e critica del film, si disse in un primo tempo – e il regista non solo avvalorò questa tesi, ma ne fece la base del lancio pubblicitario – che finalmente emergeva la verità su Porzûs. In realtà Martinelli si avvalse della penna di Furio Scarpelli – autore di sceneggiature che hanno costruito l’immaginario collettivo dell’Italia del dopoguerra, come La grande guerra e Tutti a casa – per costruire un polpettone confusionario e anche un po’ razzista. In seguito alla querela per diffamazione da parte di Mario Toffanin, “Giacca”, il regista cambiò versione e disse che si trattava di una fiction.
In realtà la vicenda di Porzûs è stata nel dopoguerra trattata in molti giornali e libri a livello nazionale[2], e nel Friuli-Venezia Giulia non è passato anno senza che fosse ricordata in manifestazioni di varia natura, anzi, in questa regione Porzûs è stato uno dei miti fondanti del ceto politico dominante, in gran parte di origine osovana.
Su Porzûs inoltre si è per la prima volta evidenziata quella convergenza destra-sinistra tesa a ricostruire un immaginario condiviso anticomunista. Non è un caso che il film sia stato finanziato dall’allora governo di centro-sinistra, cioè dal ministro della cultura Walter Veltroni, ma apprezzato anche a destra.
In sostanza la tesi che passò – la stessa delle forze dominanti in tutti questi sessant’anni, ma con la differenza che veniva fatta propria anche dagli eredi del PCI – era quella della responsabilità dei comunisti friulani, e del PCI più in generale, presentati come asserviti agli interessi jugoslavi – mentre gli osovani risultarono i patriottici difensori dei confini dalle mire jugoslave.
La vicenda
In realtà non si sa ancora con precisione cosa sia successo a Porzûs: nella ricostruzione ufficiale ci sono soltanto certezze, ma se si analizzano i documenti quasi nulla corrisponde a ciò che viene dato per assodato.
Il 7 febbraio 1945 (così secondo la versione ufficiale e processuale, ma alcuni importanti documenti[3] e un ragionamento sui tempi dell’azione, la collocherebbero invece all’8 febbraio) un gruppo di circa un centinaio[4]di gappisti, partendo dal Bosco Romagno, una zona fra Cormons e Cividale in cui avevano la base, comandati da Mario Toffanin – Giacca, si diresse verso le malghe dette, in seguito, di Porzûs, ma in realtà chiamate a quel tempo di Topli Uork[5], dove aveva sede, dall’autunno precedente, il comando del Gruppo Brigate “Osoppo dell’Est” – composto dalla I e dalla VI Brigata, in realtà poche decine di uomini perché la gran parte erano in congedo in attesa della primavera – comandato da un capitano dell’esercito, Francesco De Gregori, “Bolla”.
Arrivati nei pressi delle malghe i gappisti finsero di essere un gruppo di sbandati o fuggiti dai convogli per la Germania che volevano aggregarsi ai partigiani. Questo inganno fu reso possibile anche dal fatto che chi li guidava era “Dinamite”, Fortunato Pagnutti, molto conosciuto alle malghe osovane perché in precedenza era stato partigiano dell’”Osoppo” e vi si recava spesso per prelevare esplosivi per operazioni di sabotaggio[6]. La presenza di Dinamite contribuì – si dice – a non creare sospetti negli osovani, che pur in quei giorni dovevano essere molto sospettosi, giacché Bolla non faceva altro che mandare relazioni ai propri comandi superiori in cui denunciava la presenza oltre al nemico palese (tedeschi e cosacchi) del nemico occulto(sloveni e garibaldini)[7].
A quel punto gli osovani dell’avamposto mandarono a chiamare qualcuno del comando e venne “Enea”, Gastone Valente, commissario politico della VI Brigata, a vedere di che si trattava. Enea pensò di dividere glisbandati fra coloro che volevano andare con i garibaldini – e quindi proseguire per un paese vicino, Canebola – e quelli che volevano rimanere con l’”Osoppo”. Ma subito si accorse che c’era qualcosa che non andava nel comportamento di questi sbandati e quindi mandò un biglietto a Bolla, che si trovava in una malga più in alto. Dopo che la “cernita”[8] era già iniziata, Giacca diede ordine di agire ai suoi e gli osovani vennero disarmati, bloccati e costretti ad atteggiarsi in maniera amichevole, per ingannare Bolla che intanto stava arrivando assieme a Aldo Bricco, “Centina”. Quando i due furono arrivati vicino al gruppo dei gappisti, uno di questi avrebbe colpito Bolla, mentre Centina, con uno scatto, riuscì a fuggire giù per il dirupo, inseguito dai gappisti e dai loro spari, che lo ferirono in più punti. Centina si rifugiò poi nel paese di Robedischis, dove c’era un ospedaletto partigiano sloveno in cui venne curato[9].
A questo punto i gappisti si rivelarono: gli osovani vennero tutti disarmati, Enea e Bolla tenuti nella malga, altri inviati ad aprire i bunker, pieni di alimenti, di armi e di altri materiali.[10] In una delle malghe fu trovata Elda Turchetti, segnalata da Radio Londra come una pericolosa spia, collaboratrice dei tedeschi. Questo, in base alle testimonianze che Giacca diede ad alcuni giornalisti nel dopoguerra, sarebbe stato il fatto che portò alla decisione di uccidere sul posto i comandanti osovani, rei di proteggere una spia.
Infatti Bolla ed Enea, insieme con la Turchetti vennero fucilati nella malga. I bunker vennero svuotati e il materiale portato nella base gappista al Bosco Romagno, dove vennero anche portati gli altri osovani fatti prigionieri[11]. Nella zona delle malghe risulta ucciso anche il giovane Giovanni Comin, che, fuggito il giorno prima dal treno che lo avrebbe portato nei lager in Germania, stava raggiungendo il comando osovano, ma anche la ricostruzione della sua morte non è molto chiara.
Nella base del Bosco Romagno i prigionieri osovani vennero divisi fra i vari battaglioni gappisti e poi uccisi a gruppi nei giorni successivi. Ma due di essi, Leo Patussi, “Tin” e Gaetano Valente, “Cassino”[12], si aggregarono ai gappisti e sopravvissero: sarebbero diventati poi i principali testimoni d’accusa. L’analisi del loro comportamento nel Bosco Romagno e delle loro dichiarazioni in sede istruttoria e dibattimentale solleva sconcerto, in quanto la gran parte delle loro testimonianze, se sottoposte ad analisi e confronto con altri testi e altri documenti, si rivelano chiaramente mendaci. Non è privo di significato che un personaggio come Tin, Leo Patussi, che in base alla ricostruzione ufficiale ha tradito i suoi compagni passando ai gappisti, sia diventato poi generale dell’esercito italiano.
Fra gli osovani uccisi c’era anche Guido Pasolini, il fratello di Pier Paolo.
Ciò che successe al Bosco Romano è tuttavia molto nebuloso e basato su testimonianze contraddittorie; il riconoscimento dei corpi riesumati è dovuto quasi esclusivamente ad alcuni preti, fra cui don Aldo Moretti[13], il fondatore e la vera mente dell’”Osoppo”.
I personaggi
Prima di passare a parlare del contesto in cui questa vicenda avviene e dei complicati intrecci e motivazioni, è necessario analizzare brevemente l’elenco dei nomi che si trovano sulla lapide a Porzûs, un elenco di 20 nomi, alcuni dei quali, come vedremo, sicuramente non centrano con questi fatti:
Comandante Bolla, Francesco De Gregori[14]: insignito di medaglia d’oro al valor militare. Era stato un ufficiale dell’esercito, volontario in Spagna (con i fascisti), combattente nei Balcani, monarchico. Aderì all’”Osoppo” nella primavera del ’44. Era il comandante del Gruppo Brigate “Osoppo dell’Est”, ma proprio nel giorno dell’eccidio si stava trasferendo in pianura per assumere l’incarico di capo di stato maggiore del gruppo divisioni “Osoppo-Friuli”, ma anche per incontrarsi con il federale fascista di Udine, Mario Cabai. Il suo posto al gruppo di Brigate dell’Est doveva essere preso da Centina, Aldo Bricco (scampato all’eccidio fuggendo e curato dalle ferite in un ospedaletto sloveno).
Bolla viene sempre indicato come comandante della I Brigata, ma in realtà non lo era più dall’estate del ’44, quando era diventato vicecomandante della divisione unificata “Osoppo-Garibaldi” e poi, allo scioglimento di questo comando, era diventato comandante appunto del gruppo brigate “Osoppo dell’Est”. Dal momento che la I Brigata ha avuto altri comandanti, non si capisce perché questi siano stati oscurati, se non ipotizzando che per la ricostruzione di questa vicenda fosse meglio che i loro nomi non venissero ricordati. Avranno infatti tutti un ruolo importante nelle organizzazioni clandestine anticomuniste sorte in Friuli[15] già prima della fine della guerra e confluite poi in Gladio. Il comandante della I brigata al momento dei fatti di Porzûs era Marino Silvestri, futuro membro di Gladio/Stay Behind, che non fu mai chiamato a testimoniare, sebbene fosse stato fra gli artefici di un accordo con i repubblichini e i nazisti in funzione antigaribaldina noto come il Presidio di Ravosa, di cui si parlò molto al processo di Lucca[16].
Delegato Politico Enea, Gastone Valente: era del Partito d’Azione. Nel dopoguerra, in una sua intervista, Giacca avrebbe dichiarato che l’unica cosa di cui si dispiaceva riguardo all’azione che aveva comandato, era la morte di Enea. Era uno dei non numerosi azionisti rimasti nell’”Osoppo” dopo il cosiddetto golpe di Pielungo del luglio del ’44, quando la componente militare e democristiana dell’”Osoppo” con una sorta di putsch aveva allontanato i dirigenti azionisti, troppo inclini al comando unitario con i garibaldini. Tuttavia, secondo la testimonianza al processo di Maria Pasquinelli, agente al servizio della X Mas, a casa di Enea sarebbero avvenuti i primi contatti fra “Osoppo” e X Mas per costituire un fronte unitario antislavocomunista. Ma probabilmente la Pasquinelli si era fatta accogliere in casa con un ricatto.[17] Anche Enea viene di solito indicato con un ruolo sbagliato, come delegato politico[18] della I Brigata “Osoppo”, mentre lo era della VI, oppure si dice anche che stava per prendere il posto di Alfredo Berzanti[19] come delegato politico del gruppo Brigate dell’Est, cosa che non risulta dai documenti. È stato insignito della medaglia d’argento al valor militare. Non si capisce il perché di questa discriminazione rispetto a Bolla, medaglia d’oro, dal momento che sono morti nelle stesse circostanze e la storia partigiana di Enea era anche più intensa di quella di Bolla.
Sulla lapide poi ci sono i nomi di battaglia degli uccisi in ordine alfabetico; di questo elenco, si può rilevare:
- il corpo di Egidio Vazzaz, “Ado”, non è mai stato trovato, né ci sono altre prove valide perché sia stato inserito fra gli uccisi;
- “Rinato”, “Mache” e “Vandalo” sono morti in altre circostanze che già al processo di Lucca, nel 1951, erano emerse e non centrano con Porzûs;
- “Flavio”, Erasmo Sparacino, risulta dai documenti presso l’anagrafe di Cividale fucilato dai nazisti il 12/02/45; anche dopo che nel mio libro ho dimostrato questo fatto, il suo nome continua ad essere citato fra le vittime di Giacca;
- “Gruaro”, Comin Giovanni, non era osovano, ma garibaldino e il suo nome da partigiano era “Tigre”; non si capisce come mai i dirigenti osovani lo abbiano indicato sia nella lapide sia nel processo con questo nome di battaglia del tutto inventato[20];
- Di fronte a tanti nomi sbagliati o che non dovrebbero esserci, nella lapide manca invece quello di Elda Turchetti, che pure nei giorni precedenti all’eccidio era stata arruolata nelle file osovane, con un numero di matricola, 1755, e nome di battaglia, “Livia”. Ciò risulta dallo stesso diario di Bolla e da documenti presenti nell’Archivio “Osoppo”.
Elda Turchetti – indicata anche con il nome di copertura di Wanda Merlini – nell’estate del ’44 era stata segnalata da Radio Londra su indicazione degli stessi servizi informativi osovani come «spia accertata» al servizio dei nazisti. Nel dicembre del ’44 si consegnò a una formazione partigiana, per dimostrare la sua estraneità alle accuse. Ammetteva di essere stata al servizio dei tedeschi dalla fine di giugno del ’44, ma solo per une mese e di essersi poi accorta dello sbaglio e di aver lasciato l’incarico[21]. Ma a quale formazione partigiana si era consegnata? Al processo si disse, e questa naturalmente è la versione generalmente accettata, che si era consegnata a un garibaldino di nome Paura, il quale poi l’avrebbe passataagli osovani. Questo venne interpretato come uno degli elementi dell’inganno contro il gruppo di Bolla: infatti i garibaldini l’avrebbero consegnata agli osovani proprio per poter accusarli di proteggere una spia e aver il pretesto per l’eccidio. Ebbene, gli stessi documenti stilati da Bolla dicono che invece la Turchetti si consegnò a un osovano di nome “Gloster”, Alfonso Linda, e che questi la portò alle malghe. Anche su questo fatto, dunque, la ricostruzione processuale, ispirata dalla parte civile osovana, è falsa. Alle malghe sarebbe stata sottoposta a processo da Bolla e considerata innocente, tanto da essere arruolata nelle file osovane, eppure questo non fu mai detto al processo, né il suo nome è stato inserito nella lapide. Evidentemente la cosa risultava troppo compromettente dal momento che il suo nome come spia era stato ripetutamente fatto proprio da Radio Londra[22].
Bisogna ora ricordare chi furono i principali imputati gappisti e garibaldini.
Mario Toffanin, Giacca[23], operaio, originario di Padova, che già nel ’41 era a combattere nelle formazioni di Tito contro i nazifascisti. Arriva in Friuli nel 1944 e prende il comando di formazioni gappiste. Quelli che combatterono con lui gli erano molto affezionati, e nel dopoguerra andavano spesso a trovarlo nel paese vicino a Capodistria in cui era emigrato nel dopoguerra, per sfuggire all’arresto. Invece con alcuni dei comandanti garibaldini ebbe un rapporto conflittuale, specialmente con il commissario politico di tutte le “Garibaldi” friulane, Mario Lizzero – Andrea, e col commissario politico della “Garibaldi-Natisone”, Vanni Padoan, che lo consideravano insubordinato e settario. Nonostante questo – forse per il suo coraggio e determinazione nelle azioni – continuava ad essere comandante della brigata gappista. Dopo i fatti di Porzûs venne però allontanato e il comando della Divisione Gap costituita negli ultimi mesi prima della liberazione, passò a Valerio Stella, “Ferruccio”, il quale fu anche coinvolto nel processo per i fatti di Porzûs, incarcerato, ma assolto. Giacca non è mai stato arrestato e non ha mai testimoniato ufficialmente sui fatti. Nel dopoguerra ha rilasciato alcune interviste a giornalisti e una alla radio di Udine “Onde furlane”. Gli sono state attribuite molte dichiarazioni spesso contraddittorie.
Nella versione avallata a suo tempo dal PCI friulano guidato da Mario Lizzero, l’azione di Porzûs sarebbe stata un colpo di testa di Giacca. Secondo un’altra versione Giacca, a causa del suo carattere molto settario e poco riflessivo, avrebbe trasformato in eccidio quello che era solo un ordine di arresto di Bolla a causa delle sue trame con i repubblichini.
Degli altri gappisti coinvolti nelle inchieste si può dire che molti erano piuttosto giovani, di estrazione operaia o contadina, ma c’erano anche uno studente, un maestro e un medico. Alcuni furono incarcerati, anche a lungo, ma poi ritenuti innocenti, molti altri fuggirono, quasi tutti in Jugoslavia per sottrarsi all’arresto; alcuni sono ritornati in Italia solo dopo l’amnistia alla fine degli anni cinquanta, altri sono rimasti in Jugoslavia.
42 furono i condannati a varie pene detentive, fra essi anche alcuni dei maggiori dirigenti della Resistenza friulana, come Ostelio Modesti, “Franco”, il segretario della federazione clandestina udinese del PCI e Alfio Tambosso, “Ultra”, responsabile organizzativo, considerati i mandanti. Nel processo vennero coinvolti anche i vertici della divisione “Garibaldi-Natisone”, il comandante Mario Fantini, “Sasso”, il commissario politico Giovanni Padoan, “Vanni”, e il massimo esponente militare garibaldino della resistenza friulana Lino Zocchi, “Ninci”, comandante del Gruppo Divisioni “Garibaldi-Friuli”. Di questi, Fantini e Zocchi, a lungo incarcerati, vennero assolti; invece Padoan, il maggior obiettivo delle montature osovane, assolto a Lucca venne condannato in appello a Firenze come mandante. Non fu coinvolto nel processo il commissario politico di tutte le formazioni garibaldine friulane, Mario Lizzero, Andrea. Nel dopoguerra sarebbe diventato il maggior esponente comunista, a lungo segretario della federazione e poi deputato al parlamento
Vladimir Krsljanin, predsednik Organizacije Pokret za Srbiju, clan Internacionalnog komiteta “S. Milosevic”, Pocasni professor Sveucilista u Moskvi, cetvrtog po znacaju u Rusiji.
P. - Vlado, za koga glasati. Tko ima najvece verojatnosti da pobedi?
O. - Eto, velike su predizborne igre u Srbiji. Nazalost zemlja nema jedan svoj nivo potrebne normalne samostalnosti. Sve je kontrolisano od zapadne sluzbe i zapadnog kapitala. Svima je jasno da ta vlada i sva njena politika ne moze da potraje i da je pri krahu. Bilo po ekonomskoj, bilo po drustvenoj krizi. Te zbog povecanih problema u resavanju krize Kosova i Metohije i najzad, i ne zadnje, kriza koja je zahvatila Zapad, t.j. Evropsku zajednicu.
Jer svi znamo da je politika bila sazeta u slogan „Evropa nema alternativu“ i sva demontaza ekonomskog, socijalnog sistema u zemlji se skrivala iza tog slogana. Sada je jasno da taj slogan ne donosi Srbiji nista i stvorila se sada jedna nova vazna cinjenica u raspolozenju gradjana koja jos pred nekoliko meseci nije bila tako velika i ocigledna, a to je uz masovno opredelenje protiv NATO pakta i za, istovremeno, neku vrstu saveznistva sa Rusijom. Sada se stvorila jasna vecina protiv EU. Dakle u vreme kada je ova vlada dosla na vlast vecina je bila za ulazak Srbije u Europsku uniju, nazalost. Ljudi su u medjuvremenu te iluzije izgubili i sad te tri velike cinjenice zapravo bi trebalo da usmere buducu politiku Srbije, medjutim raspored politickih snaga i opredelenje politickih partija ne daju dovoljno garancije da ce to u potpunosti i biti. Najvise sansi na izborima, po istrazivanjima javnog menja, ima Srpska Napredna Stranka. Medjutim njena linija je nekako mutna i kompromisna i oni ce u velikoj meri dobiti protestne glasove, da tako kazem. Mnogi ce glasati za njih bez mnogo vere u njihovu sposobnost da pozitivno promene stanje u zemlji samo zato jer u jima vide faktor koji ce najbrze da skine sadasnju garnituru sa vlasti. Ima jos nekoliko stranaka koje su jasnije u opredeljenjima a to su; Demokratska Stranka Srbije i Srpska Radikalna Stranka narocito, ako se govori o toj opstoj drzavnoj politici. A postoje brojne snage i pojedinci, da tako kazem, na tom patriotskom, ukljucujuci levo patriotski deo politickog spektra, koji su ranijih godina bili jako onemoguceni u svom politickom delovanju i stvaranju neke artikulisane politicke snage.
Mi sad znaci ovde imamo jedno udruzenje, grupu koja pokusava da nadoknadi tu slabost srpskog politickog zivota, znaci organizaciju koja nastupa pod imenom Pokret za Srbiju i koja nastoji da okupi sve te ljude i grupe, ukljucujuci neke omladinske patriotske organizacije kako bi se u tu politicku bitku, bilo samostalno bilo mozda u saradnji sa nekom od tih krupnih stranaka koje ce lako uci u Parlament dodalo srpskoj politici onaj kvalitetet, ona autenticnost koja nece moci da se kontrolise od zapadnih centara moci, bez obzira na njihov ogroman uticaj u ovom casu u Srbiji.
P. - Pa najbolji im je primer, ovima koji se predomisljaju, kako ide Evropa u ovom casu?. Svuda protestne manifestacije, u Grckoj, Spaniji...?
P. - Evo sada u Italiji, sklonili su Berluskonija, nije ni zasjela, tako rekuc ova nova vlada Maria Montia i vec se dizu protesti, ... Zna se tko je Mario Monti i koga predstavlja...
P. Kad si vec spomeuo ubistvo Gadafija, vidim, narocito na ruskoj TV da se spominje i smrt Slobodan Milosevica. Znaci nije zamro pokret za rehabilitaciju Slobinog imena? Vidim tu Pohvalu koju su ti urucili u Rusiji...?
O. Jeste, ja sam dobio titulu na jednom od najvecih, cetvrtom po znacenju, ruskom Univerzitetu, i u obrazlozenju se navodi i to izmedju ostalog , da se ona dodeluje za koordinaciju rada Medjunarodnog komiteta „Slobodan Milosevic“. Komitet se ranije, dok je on bio ziv, zvao Komitet za odbranu Slobodana Milosevica, sada se zove Medjunarodni komitet „S. Milosevic“ i vecinom ljudi koji su bili aktivni u tom komitetu, ...on je sacuvao... jos uvek ima tri kopredsednika; Remzi Klarka, V. Zjukanova i S. Baburina i ima jedno opredelenje i nastojanje da sad i na jednom simbolicnom politickom planu afirmise ideje za koje je Slobodan Milosevic ziveo i za koje je i izgubio zivot ..da prikaze njihovu aktuelnost danas, a da sa druge strane pomogne u rasvetlavanju njegovog sudskog ubistva i u tom smislu angazovanje kanadskog advokata Kristofer Bleka, od strane porodice sakupljeno je vec dosta podataka koji ukazuju na nesumnjivu odgovornost Tribunala za njegovu smrt. Medjutim i sam Tribunal a i istrazne vlasti u Holandiji, uprkos zahtevima advokatove porodice ne pokazuju dovoljnu koperativnost da nam dostave na raspolaganje sve one materijale, dokumente koje su prikupili u njihovim istragama, koje naravno nisu dali nikakav rezultat, koji su samo iskorisceni da zabasure ovaj tragicni dogadjaj. Imamo, i to je satisfakcija za nas u Srbiji da se u Rusiji, za nasu borbu, gleda s postovanjem i u pozitivnom svetlu i nadamo se da ce to pomoci i u mnogim drugim stvarima da to, kako da kazem, zauzme adekvatno mesto i u samoj Srbiji i na nasem prostoru uopste.
P. - I poslednje pitanje, na koje se takorekuc, lome koplja. Situacija na Kosovu i Metohiji. Mislis li da ce Srbi tamo ipak nekako izdrzati, svojim stavom, obranom?
Prvo region o kome govorimo, sever Kosova i Metohije, mogao bi se pre nazvati Severni Kolasin, ili recimo Juzni Kopaonik. Znaci to je region koji je tek 1966., administrativnom odlukom tadasnjih vlasti prikljucen K i M. Njemu su, t.j. on cak nije bio u sastavu Velike Albanije u 2. svetskom ratu. Dakle to nije ni Kosovo ni Metohija, to su dve velike visoravni koje mozete na karti jasno videti, i na Googlu, sta je Kosovo, sta Metohija, i videt cete naravno da taj deo ne pripada ni jednoj od tih 2 regija, vec je on samo administrativno u sastavu Pokrajine. I u njemu, izuzev Kosovske Mitrovice, koja je zbog sukoba podeljena na 2 dela gde je stanovnistvo bilo pomesano ranije, ali u svim ostalim delovima su iskljucivo uvek ziveli samo Srbi. Znaci bez obzira sto su administrativno pripadali Pokrajini oni se nisu nikad u potpunosti osecali pripadati istoj, vec su bili samo upuceni na normalnu saradnju. A kad granica nije postojala bilo je to sasvim normalno i prirodno sa ostatkom Srbije.
I to je deo odgovora zasto su oni tako homogeni u svojim zahtevima i tako odlucni.
Medjutim s druge strane oni imaju siroku podrsku Srbije u svim faktorima, pojedincima, grupama, kojima je stalo do integriteta Srbije i koji znaju ako se proces puzajuceg priznavanja nezavisnosti koja je ova oblast upravo ugovorila, t.j. Weekiliks potvrdjuje sa Angloamerikancima da znaci da oni su zapravo izborili formulu koja je Angloamerikancima prihvatljiva. Znaci da Srbija na papiru nikad ne izvrsi to priznanaje, ali de facto priznaje nezavisnost. Dakle da uspostavi sve vrste medjudrzavnog saobracaja sa nekom drzavom koju priznaje a da je to eto tako teoretski ne priznaje. Medjutim naravno ovde se radi i o legalizacije agresije NATO- a i legalizacije pristinske teroristicke narkomafije, dakle nemozemo nikako govoriti o sadasnjim rukovodiocima K i M, odnosno tih albanskih teroristickih grupa. Ja i ne volim da kazem albanskih. Izvinjavam se sto sam i ovog puta upotrebio, jer je i albansko stanovnistvo bilo njihova zrtva i jos uvek njihovih pritisaka. Isto slicno kao u Libiji. Samo je tu radjeno malo temeljnije i na duzi rok a tamo je bas radjeno brutalno. Znaci vi ubacite grupu bandita, date im svu mogucu materijalnu i logisticku propagandnu podrsku i onda ih pretvarate u nekakvu politicku snagu iako oni nemaju nikakvu ukorenjenost u narodu. Znaci ti likovi koji su na celu; Haradinaj, Taci i dr., oni, znaci ta nakomafija pristinska je danas postala vodeca narkomafija u Z. Evropi, zapadnom svetu. Pobedila je italijansku mafiju i ostvaruje godisnji profit, prema ruskim podacima, od 4 milijarde, pardon, preko 3 milijarde eura godisnje, uglavnom na prometu afganistanskog heroina. Znaci sad kad vidite NATO u Afganistanu, gde se proizvodnja heroina povecala za 44 puta vise od kada je NATO tamo dosao, znaci i profit od preko 3 milijuna eura sto je vise nego sto je dvostruki budzet K i M, koji ta mafija ostvaruje, prodavajuci drogu pre svega jednoj Evropi i Americi, znaci vidimo koliko je to veliki zlocinacki poduhvat s kojim se nikako ne smijemo pomiriti.
I poslednji, narocito znacajan faktor, znaci ova kriza na severu je izbila ne zbog upornosti, hrabrosti Srba na severu, koja se pokazala poslednjih 4 meseci vec zbog pretnje da se kopija „Oluje“ iz Krajine sprovede nad tim regionom potpuno po istoj tehnologiji, lokalnim izvrsiocima, ali i ogromnu vojnu logisticku podrsku... Cak 14 „Apaca“ stiglo je u bazu „Bondstil“. Sve je bilo spremno da se Srbi sa Severa zbrisu vojnim putem. Ali ono nasta se nije racunalo u tom planiranju, bilo je njihovo jedinstvo s jedne strane, a s druge strane podrska koju je Rusija obezbedila u Savetu bezbednosti. Ovog puta ne posredstvom Srpske vlade koja je pokazala prilicnu neodlucnost po tim pitanjima, nego direktno. Dakle znaci oni su na sednicama Saveta bezbednosti, koji su na zahtev zapadnih sila sve bile zatvorene za javnost, kazali Amerikancima da znaju za njihove planove i da ti planovi nece proci, da to Rusija nece dozvoliti. Eto imamo sad tu sdituaciju koja traje , koja je napeta i dalje i koja mora da se razresi, ali verujem da ce ta odlucnost Rusa i Srba tamo ipak obezbediti da se stvari dalje ne pogorsavaju.
P. – Pa kako se moze pregovarati sa onima koji su optuzeni za trgovinu ljudskim organima? Zna se da Zapad, t.j. Amerika, zataskuje sudjenje.
O. – Naravno, da, kako da kazem, pa videli ste kako je Zapad hladno priznao da su eto pogresili, da nije bilo oruzja za masovno unistavanje u Iraku, mozda ce nesto priznati u vezi Libije, oko Afganistana je svo vreme bilo jasno. Nekakvi teroristi navodno organizuju sve ono u Nju Jorku, 11. septembra. Pri tom su svi poreklom iz Saudijske Arabije.
Sta ima logicnije posle svega toga nego da napadnete Afganistan? Znate...
P. – Prije toga je Bin Laden bio njihov prijatelj...
O. – Naravno, naravno! Medjutim sve te stvari su mnogo vise prodrle u javnost nego pozadina agresije na Jugoslaviju i situacije na K i M, i ocigledno je da je kolicina njihovog prljavog vesa, zapadnog, tamo tako velika i kompromitujuca a i pozicija koju oni tamo drze sa svojom najvecom vojnom bazom, neki kazu na svetu, u Evropi svakako im je toliko vazna da oni ne dozvoljavaju zasad da istina gromoglasno izadje na videlo. To je nesto oko cega se svi moramo truditi i sto je bitno za razumevanje sadasnje krize i sadasnjeg ponasanja zapadnih faktora na globalnoj sceni. Znaci mora se i istina o K i M do kraja izneti na videlo.
P. – Hvala Vlado!
Intervista a Vladimir Krsljanin
Vladimir Krsljanin è Presidente dell’Associazione Pokret za Srbiju (Movimento per la Serbia), membro del Comitato internazionale “S. Milosevic” (già ICDSM). Recentemente insignito della nomina a professore benemerito all’ Università di Mosca (quarta per importanza in Russia).
R. - Ecco vedi, grandi sono i giochi preelettorali in Serbia. Purtroppo il Paese non ha un suo livello di sovranità normale, necessario. Tutto viene controllato dai servizi occidentali e dal capitale occidentale. A tutti è chiaro che questo governo non può durare e che anche tutta la sua politica è arrivata alla fine. Sia a causa della crisi economica che di quella sociale, a causa dei problemi crescenti per la soluzione della crisi del Kosovo e Metohija, e infine, ma non ultima, la crisi che ha preso l’Occidente, cioè l’ Unione Europea...
Perchè tutti sappiamo che la politica è stata riassunta nello slogan “Non c'è alternativa all’ Unione Europea” e tutto lo smantellamento statale del sistema economico e sociale nel Paese si è nascosto dietro questo slogan. Ora è chiaro che questo slogan non porta alla Serbia niente, e che si è verificato un nuovo fatto molto importante nell’umore dei cittadini, fatto che ancora alcuni mesi fa non era cosi grande ed evidente, e cioè il grande schieramento contro il patto NATO ed in qualche modo un riavvicinamento all’alleanza con la Russia. Si è formata una chiara maggioranza contraria all'Unione Europea.
Dunque nel periodo in cui questo governo è venuto al potere la maggioranza era per l’adesione della Serbia all’ UE, purtroppo. Ora queste illusioni nella gente sono svanite. Questi tre fatti dovrebbero indirizzare la politica della Serbia. Ma lo schieramento delle forze politiche e lo schieramento dei partiti, purtroppo, non fornisce una sicura garanzia di questo. Le maggiori chance alle elezioni, secondo i sondaggi dell’opinione pubblica, vanno alla Srpska Napredna Stranka [Partito Progressista Serbo], però la sua linea interna è in qualche modo nebulosa, fatta di compromessi. A loro però, andranno, credo, in grande misura i voti di protesta, per così dire, perchè sono ritenuti un fattore che quanto prima riuscirà ad abbattere questo governo. Ci sono alcuni partiti che sono molto più espliciti nel loro schieramento e questi sono in particolare la Demokratska Stranka Srbije [Partito Democratico di Serbia] e il Partito Radicale Serbo, se parliamo di politica statale in generale. Esistono inoltre numerose forze, anche individuali, per così dire, patriottiche, inclusi gli orientamenti patriottici di sinistra in questo spettro politico, i quali negli anni passati erano impossibilitati nelle loro azioni politiche e nella costruzione di forze politiche articolate.
D. - Dunque in tanti si sono ricreduti sulla politica di adesione all’UE, vedendo la crisi che dilaga in vari Stati europei - si vedano le manifestazioni in Grecia, Spagna, ecc. - e non solo?
R. - Naturalmente, anche in Italia. Tutto questo non si puo più nascondere, malgrado le notizie che ci propalano, incomplete, qui sulle grandi TV, senza spiegazioni sufficienti, comparandole con le dichiarazioni dei nostri ministri che continuano a ripetere la loro ammirazione per l’Unione Europea. Ogni persona di media levatura comprende che qualcosa non quadra e che non va come dovrebbe andare.
D. - Ecco, in Italia: hanno cacciato Berlusconi, ma il nuovo governo eletto già viene contestato con manifestazioni... Sa qualcosa su Mario Monti...?
R. - Certo, certo. Tutto questo concetto di liberalismo finanziario, questa nomenclatura, che sta attraversando il mondo e si manifesta nel mondo, si esplica in larga misura con concezioni corporativistiche tipiche del fascismo. Guardate cosa hanno fatto in Libia, le minacce alla Siria, all’Iran... Alcuni di loro sono intenti ad iniziare una nuova guerra Mondiale, a provocare una grande crisi mondiale, per conservare il loro immeritato dominio finanziario, immeritato naturalmente, perche l’introduzione di tale liberalismo speculativo è imposta al popolo con la forza. Mai, in nessuno Stato, nemmeno negli USA, in Gran Bretagna, né nei maggiori stati dell’ UE, il popolo ha avuto l’ occasione di esprimersi su questo. E nemmeno è stato informato delle conseguenze di questo liberalismo, perchè si potesse esprimere. Dunque grande è la discordia... rispetto a tutti questi malanni ed ai loro errori, che si vorrebbero risolvere facendoli pagare al popolo. Il popolo naturalmente, non viene interpellato, il popolo si rifiuta di pagare, si ribella, perciò le manifestazioni in Grecia, ed in altri paesi. Questa resistenza aumenterà e può portare ad un grande crack in Occidente se non prevarrà il realismo da qualche parte, perchè questo singolare sistema sia cambiato per vie legali.
D. - Visto che accenniamo all'assassinio di Gheddafi, ho visto che alla TV russa parlano anche della morte di Slobodan Milosevic. Dunque non è andata ancora nel dimenticatoio la verità sulla morte di Milosevic, la volontà di riabilitare il suo nome? Ed in merito all’onorificenza conferitati honoris causa, da una delle più prestigiose Università statale russe...
R. - Si mi hanno conferito il titolo honoris causa in una delle più prestigiose Università statali russe, la quarta in ordine d’ importanza. Nella motivazione tra l’ altro è scritto che viene assegnata per la coordinazione del lavoro del Comitato Internazionale per Slobodan Milosevic. Il Comitato prima, fintantoché era in vita S. Milosevic, si chiamava Comitato Internazionale per la Difesa di S. Milosevic - ICDSM - mentre ora è il Comitato Slobodan Milosevic, nel quale sono impegnate la maggioranza delle persone che erano già attive allora nell' ICDSM ed ha anche mantenuto i tre vicepresidenti: Ramsey Clark, Velko Valkanov e Sergej Baburin, con l’impegno attuale che sul piano politico-simbolico si continui la attività per affermare le idee per le quali S. Milosevic ha vissuto e per le quali ha perso la vita, si dimostri la sua attualità odierna e, allo stesso tempo, si cerchi di chiarire le circostanze del suo assassinio giudiziario. In questo senso l’ impegno dell’ Avvocato canadese Cristopher Black... mentre da parte dei familiari si sono raccolti molti dati che dimostrano senza alcun dubbio la responsabilità del Tribunale per la sua morte. Lo stesso Tribunale e gli organi investigativi in Olanda, malgrado le richieste dell’ Avvocato e della famiglia, non dimostrano sufficiente cooperazione per metterci a disposizione tutto quel materiale e documentazione raccolta nelle loro investigazioni. Le quali, naturalmente, non hanno dato nessun risultato, essendo servite soltanto a nascondere questo tragico evento. Dunque anche questa è una soddisfazione per noi in Serbia, il sapere che in Russia si guarda con grande stima ed in una luce positiva a questa nostra lotta. E speriamo che ci aiuteranno anche in altro modo, come dire, a prendere una posizione adeguata nella stessa Serbia e sul nostro suolo in generale.
D - Una ultima domanda. Il punto dolente, sul quale, come si usa dire, si spezzano le lance. La situazione in Kosovo e Metohija. Pensi che i serbi resisteranno in qualche modo, nella loro posizione, con la loro difesa?
R. - Credo e spero di si. Sono molto coesi, molto bene radicata è la loro dirigenza. Tutti i quattro comuni locali, dei quali parliamo, senza curarsi di a quali partiti del Parlamento appartengano i rappresentanti, o a quali partiti appartengano i loro stessi consiglieri comunali, hanno dimostrato un’incredibile unità nella difesa dei loro diritti, noncuranti di che cosa pensino i loro partiti. In proposito bisogna citare alcuni fatti.
Innanzitutto, la regione della quale parliamo: il Nord del Kosovo e Metohija si potrebbe chiamare piuttosto Nord Kolasin, oppure Sud Kopaonik, dunque questa è la regione che solo nel 1966 è stata aggregata al Kosovo e Metohija, con una decisione amministrativa del governo di allora. Ed essa non faceva nemmeno parte della Grande Albania nella II Guerra Mondiale. Dunque questo non è né Kosovo né Metohija - sono due altipiani che si possono ben distinguere sulla carta geografica, oppure su Google, da quello che è il Kosovo e da quello che è Metohija e potrete vedere, naturalmente, che questa parte non fa parte né dell'una né dell’altra regione, ma si trova a far parte soltanto amministrativamente della Regione del Kosovo-Metohija. Ed in essa, eccetto Kosovska Mitrovica, che a causa degli scontri è ora divisa in due, la popolazione era mista. Però nelle altre parti vivevano esclusivamente i serbi. Dunque, malgrado che siano appartenuti amministrativamente alla Regione, mai i suoi abitanti si sono sentiti fino in fondo di far parte del Kosovo-Metohija. Erano indirizzati ad una cooperazione normale, ed era una cosa normale e naturale quando non c’erano le frontiere. E questo è una parte della risposta alla domanda sul perchè loro sono così compatti nelle loro rivendicazioni e così determinati.
Dunque, installare tutta una fattispecie di relazioni inter-statuali con uno "Stato" che riconosce anche se, per così dire, in teoria non lo riconosce. Naturalmente si tratta così anche di legalizzare l’aggressione NATO e la narcomafia terroristica di Pristina - ma noi non possiamo assolutamente parlare coi cosiddetti governatori odierni del Kosovo e Metohija, cioè con questi gruppi albanesi. E mi scuso perchè anche questa volta ho usato l’espressione "albanesi", benché anche la popolazione albanese sia stata ed è tuttora vittima della loro repressione.
La stessa cosa è accaduta in Libia. Soltanto che qui [nel Kosovo e Metohija] è stato fatto più radicalmente, a lunga scadenza, mentre in Libia hanno agito proprio in maniera brutale. Vale a dire: voi buttate là un gruppo di banditi, dategli tutto il sostegno materiale, logistico, propagandistico, possibile e poi formateli per farne una forza politica, anche se essi non sono minimamente radicati nella popolazione. Significa dunque che questi personaggi - come Ceku, Haradinaj, Thaci ed altri... significa che questa narcomafia di Pristina oggi è diventata la mafia vincente nell’ Europa occidentale, nel mondo occidentale. Ha vinto contro la mafia italiana e realizza un profitto, secondo i dati russi, di quattro, o comunque ben oltre i tre miliardi di euro all’anno, in particolare con il commercio dell’eroina dall'Afghanistan.
E da ultimo, un fattore particolarmente importante di questa crisi che si è manifestata negli ultimi mesi, a parte la tenacia, il coraggio dei serbi del Nord del Kosovo, cosicché il copione della “Operazione Tempesta” nelle Krajine non si manifestasse in questa regione, con la stessa tecnologia, con gli esecutori locali, con il grande sostegno militare e logistico... Sono arrivati addirittura 14 “Apache” nella base di Bondsteel. Tutto era pronto perchè i serbi del Nord fossero cancellati con l’intervento militare. Ma nella pianificazione in quel momento non avevano fatto i conti con l’unità dei serbi da una parte e dall’altra il sostegno che la Russia ha assicurato nel Consiglio di Sicurezza ONU. Questa volta non tramite il governo Serbo, che ha dimostrato molta indecisione nella questione. Nelle sedute del Consiglio di Sicurezza, che su richiesta dei paesi occidentali erano chiuse al pubblico, i russi hanno detto agli americani di conoscere i loro piani e che questi piani non sarebbero passati perchè la Russia non lo avrebbe permesso.
D. – Ma come si potrebbe mai dialogare con gente implicata nel traffico di organi umani?! Si sa che gli USA ostacolano l’arresto di certi personaggi incriminati.
O. – Eh, si! Che dire... avete visto come l'Occidente ha freddamente confermato, si, di aver sbagliato: che non c’erano armi di distruzione di massa in Irak; forse ammetteranno qualcosa anche in relazione alla Libia. Per quanto riguarda l’ Afganistan era tutto verosimilmente chiaro. Alcuni terroristi, si dice, organizzano tutto a New York l’ 11 Settembre, ma tutti sono originariamente dell’ Arabia Saudita. Cosa può essere più logico che attaccare l’ Afganistan?!...
D. - Non dimenticando che Bin Laden era a suo tempo amico degli USA...
R. - Certo, certo, però tutto questo è passato in primo piano nei media mondiali, invece quello che riguarda i retroscena dell’aggressione alla Jugoslavia e la situazione nel Kosovo e Metohija no. E' evidente che per gli occidentali la quantità dei loro panni sporchi qui è tale e così compromettente, ed anche la posizione che essi detengono con la loro base militare - qualcuno dice sia la più grande al mondo, ma senz’altro lo è in Europa - è tanto importante che non permettono, per ora, che la verità esploda ed esca alla luce. Questo è qualcosa per cui noi tutti dobbiamo adoperarci, ed è essenziale per capire la crisi odierna e il comportamento odierno degli attori occidentali sulla scena globale. Dunque si deve andare fino in fondo anche con la verità sul Kosovo e Metohija.
D. - Grazie Vlada.
O. – Grazie a voi.
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Oggetto: Padova 16 febbraio: I PARTIGIANI JUGOSLAVI NELLA RESISTENZA ITALIANA
Data: 08 febbraio 2012 22.24.24 GMT+01.00
Storie e memorie di una vicenda ignorata
La pagina su Facebook: http://www.facebook.com/event.php?eid=103675256383363
L'immagine aerea del sito ove sorgeva il campo militare di Gravina:
ore 17:00 presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università, Aula A (Via del Santo)
Presentazione del volume
I partigiani jugoslavi nella Resistenza italiana
Storie e memorie di una vicenda ignorata
incontro con l'autore Andrea Martocchia
organizza Centro di Documentazione Comandante Giacca
info: comandantegiacca @ libero.it
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