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Arrestato Ivo Sanader

1) News:
- Ex premier Sanader indagato, in fuga da Croazia
- Arrestato ex premier croato Sanader

2) Ivo Sanader, l’ex premier dietro le sbarre (Drago Hedl)


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Ex premier Sanader indagato, in fuga da Croazia
(ANSA, 9 dicembre 2010)

L'ex primo ministro croato, Ivo Sanader, e' da oggi formalmente indagato per corruzione, abuso di potere e associazione a delinquere: il parlamento di Zagabria all'unanimita' gli ha revocato l'immunita', autorizzando anche il suo arresto e la detenzione cautelare chiesti dai magistrati.
L'affare ''mani pulite'' croato, come e' stata battezzata dalla stampa la vasta campagna anti-corruzione lanciata un anno fa dalla premier, Jadranka Kosor, contro i vertici politici ed economici del Paese, ha raggiunto, secondo gli analisti, il suo ''grande capo''. Sanader sarebbe indagato in almeno tre casi di corruzione per aver ordinato o favorito, quand'era primo ministro dal 2004 al luglio 2009, il prelievo di denaro pubblico da vari ministeri e agenzie statali. Liquidi poi trasferiti nei fondi neri del suo partito o sui conti privati di politici. A suo carico ci sarebbero testimonianze di suoi ex colleghi e collaboratori, particolarmente quella dell'ex capo delle dogane e tesoriere della Comunita' democratica croata (Hdz, conservatori), Mladen Barisic, secondo la stampa uno dei pentiti-chiave.
Nel luglio del 2009 a sorpresa, senza il minimo preannuncio e senza alcuna spiegazione, Sanader si dimise dalla carica di primo ministro e leader dell'Hdz, lasciando le redini del Paese alla sua fedelissima collaboratrice, e fino ad allora vice-premier, Jadranka Kosor. Dopo un tentativo fallito nel gennaio di quest'anno di riprendere almeno una parte del potere, tra i due politici vi e' stata la rottura totale, e Sanader e' stato espulso dal partito, che per due volte aveva guidato alla vittoria elettorale, demonizzato dai suoi ex ministri e amici.
Sanader ha piu' volte detto di essere vittima di una resa dei conti politica, di essere innocente, accusando la premier di essere incapace, e di gestire il Paese in modo antidemocratico. L'annuncio di stamane non e' stata una sorpresa per l' opinione pubblica in Croazia, sopratutto dopo gli arresti eccellenti degli ultimi mesi, tra i quali quello del suo ex vice Damir Polancec e di decine di politici e uomini d'affari vicini all'ex primo ministro.
La vera sorpresa comunque e' la sua fuga, per ora apparente, messa in atto solo alcune ora prima dell'autorizzazione dell' arresto. Verso le 11:45 Sanader e' entrato in Slovenia, accompagnato da una delle due figlie. Nel pomeriggio avrebbe pero' risposto via sms ai giornalisti di essere partito per un viaggio pianificato in precedenza, ma di essere pronto a rispondere a tutte le domande della magistratura. Il presidente della repubblica Ivo Josipovic, con riferimento alla fuga di Sanader, ha parlato di ''una seria sconfitta del sistema'', chiedendo le dimissioni del ministro degli Interni, Tomislav Karamarko.

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Arrestato ex premier croato Sanader

ANDREA MARSANICH (Il Piccolo, 11 dicembre 2010)

ZAGABRIA - L’ ex premier croato Ivo Sanader, 57 anni, indagato in patria per associazione a delinquere, corruzione e abuso di potere, è stato arrestato ieri pomeriggio, poco prima delle 16, a Salisburgo, in Austria. La notizia è stata confermata dal ministero degli Interni croato, che giovedì aveva emesso un mandato di cattura internazionale nei riguardi di colui che viene ritenuto il capo della piovra della corruzione in Croazia. Il mandato era stato spiccato non appena il Parlamento croato, il Sabor, aveva deciso all’unanimità di revocare l’immunità al deputato indipendente dalmata, ex presidente della Comunità democratica croata (Hdz), chiamato in causa per una serie di scandali. Secondo voci ufficiose, l’arresto sarebbe avvenuto ai caselli autostradali in località Sankt Michael, nelle vicinanze di Salisburgo.
Sanader è stato quindi al Tribunale regionale di Salisburgo. L’estradizione dell’ ex primo ministro alla Croazia potrebbe però avere serie complicazioni nel caso in cui Sanader possedesse la cittadinanza austriaca.
Infatti la Costituzione non consente l’estradizione dei cittadini austriaci. Non stupisce dunque la scelta di Sanader, se effettivamente cittadino austriaco, di trovare rifugio nel Paese alpino. In caso contrario, Sanader dovrebbe venire estradato alla Croazia ma in tempi non brevi dato che Vienna ha la più lunga procedura d’ estradizione dei Paesi dell’ Europa comunitaria.
È stata una giornata molto concitata, quella di ieri in Croazia, con una ridda di voci sul luogo scelto da Sanader dopo aver lasciato il valico di confine croato – sloveno di Bregana. C’ era chi sosteneva fosse fuggito in aereo a Londra, altri sostenevano che fosse in Slovenia, probabilmente a Bled, e c’era anche chi propendeva per la soluzione austriaca, rivelatasi veritiera. Sia come sia, in Croazia lo attende il processo per i casi Fimimedia ed Azienda elettrica statale (Hep).
Quest’ultimo scandalo vede Sanader coinvolto nella vendita a basso costo di energia elettrica da parte dell’ Hep al Gruppo Dioki (produzione petrolchimica), di cui è proprietario Robert Jezic, titolare del quotidiano Novi List di Fiume ed ex presidente della società calcistica fiumana Rijeka. Jezic è stato arrestato giovedì sera e ieri sottoposto a lungo interrogatorio nella sede zagabrese dell’Uskok, l’Ufficio croato per la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata. Jezic ha respinto tutte le accuse, ma il giudice ha disposto nei suoi confronti la custodia cautelare di 30 giorni. Intanto ieri Wikileaks ha pubblicato quattro cablogrammi dell’ambasciata americana a Zagabria inviati al Dipartimento di Stato americano. Si è così venuto a sapere che già lo scorso gennaio il procuratore capo della Croazia, Mladen Bajic, informò l’ambasciata Usa che l’ex primo ministro era indagato per corruzione in seguito alla politica di lotta alla corruzione che la premier Jadranka Kosor aveva ingaggiato nei quartieri alti della politica croata. Nei documenti, l’ambasciatore James Foley parlava di indagini contro Sanader e alti esponenti governativi, definiti intoccabili dal diplomatico.
Secondo informatori dell’ambasciata, Sanader – subito dopo essersi dimesso da primo ministro nel luglio 2009 – avrebbe tentato di bloccare alcune inchieste contro politici e imprenditori. Un atteggiamento che avrebbe finito per far litigare Sanader e la sua ex fida alleata, Jadranka Kosor. La Kosor avrebbe chiesto appoggio politico e le dovute risorse alla procura, mentre Sanader avrebbe interpretato questa linea come una minaccia a se stesso e ai suoi alleati del partito al potere, l’Accadizeta.
L’epilogo è noto: tra i due ci fu rottura totale, con Sanader espulso dall’Hdz e quindi demonizzato non solo dalla stampa ma soprattutto dai suoi ex ministri. 


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(en francais: Croatie : l’ancien Premier ministre Ivo Sanader reste détenu en Autriche


Ivo Sanader, l’ex premier dietro le sbarre


L’ex premier croato Ivo Sanader è stato arrestato la scorsa settimana dopo aver tentato la fuga all’estero. In carcere in Austria, l’ex primo ministro è accusato di essere direttamente coinvolto in numerosi casi di corruzione che stanno sconvolgendo la Croazia

L’ex premier croato Ivo Sanader aveva tentato, con una vergognosa fuga, di evitare di venire perseguito penalmente per la sottrazione di ingenti quantità di denaro pubblico, accusa che gli viene rivolta dalla magistratura croata.
Sanader è fuggito dalla Croazia giovedì scorso, subito dopo che al parlamento era giunta la richiesta di revoca dell’immunità parlamentare che lo aveva protetto sino ad allora dall’arresto. Per Sanader, la richiesta della revoca è stato un chiaro segnale di cose gli sarebbe spettato, motivo per cui da Zagabria si è diretto immediatamente verso la Slovenia, in direzione del passaggio di frontiera di Bregana, a soli trenta chilometri dalla capitale croata. L’intenzione dell’ex primo ministro era di fuggire negli Stati Uniti, dove negli ultimi mesi aveva ottenuto un incarico come docente presso la prestigiosa Columbia University. Ma il suo piano è fallito.
Quando, alcune ore dopo la fuga in Slovenia, il parlamento croato gli ha definitivamente revocato l’immunità  per poter procedere al suo arresto, la polizia ha spiccato un mandato di cattura. Appena si è saputo della fuga di Sanader, gli Stati Uniti – come ha confermato più tardi l’ambasciatore a Zagabria James Foley – hanno collaborato immediatamente con la Croazia, sospendendogli il visto. Nonostante il volo prenotato da Monaco per Washington, Sanader, venendo a sapere che il visto non era più valido, ha capito subito che doveva cambiare piano. In panico è tornato dalla Germania verso l’Austria, con l’intenzione di trovare rifugio nel paese in cui, prima della sua carriera politica croata, aveva lavorato per diversi anni e dove aveva conservato parecchie conoscenze. Ma la polizia austriaca lo ha fermato sull’autostrada nei pressi di Salisburgo, comminandogli 14 giorni di carcere in attesa dell'estradizione.
Benché nelle ultime settimane si fosse largamente parlato della possibilità di arresto di Sanader, nessuno si aspettava, nel caso in cui fosse accaduto, che l’ex premier avrebbe tentato la fuga. Solo pochi giorni fa era rientrato dagli Stati Uniti e all’inizio della scorsa settimana si era fatto vedere ad una seduta del Sabor (parlamento croato, ndt.). Dalle persone a lui vicine si apprende che lui stesso non credeva lo avrebbero arrestato, ma la cosa è diventata palese appena al Sabor è giunta la richiesta di revoca dell’immunità parlamentare.


Corruzione e arresti eccellenti


Nella serie di scandali di corruzione che da mesi ormai sconvolgono la Croazia, Sanader viene nominato come la testa della piovra criminale. Quando il 1° luglio dello scorso anno in modo del tutto incomprensibile e senza alcuna spiegazione aveva dato le dimissioni, si era rimasti stupiti. Si diceva glielo avesse chiesto il cancelliere tedesco Angela Merkel, cosa mai confermata, anche se secondo alcune indiscrezioni la Merkel era venuta a sapere dei casi di corruzione che coinvolgevano l’ex primo ministro. Pare che Angela Merkel si fosse offesa personalmente perché aveva appoggiato Sanader durante la sua ultima campagna elettorale, nel 2007. Angela Merkel, insieme ad una serie di altri politici europei, aveva infatti partecipato ad uno spot di propaganda elettorale che era andato in onda innumerevoli volte sulla tv croata, cosa che aveva aiutato non poco Sanader.
Dopo l’inaspettata uscita di scena di Sanader , il successore da lui stesso nominato, l’attuale premier Jadranka Kosor, ha aperto la strada alla magistratura sui numerosi scandali di corruzione . Presto in carcere sono finiti i direttori delle più grandi aziende statali, come l’Azienda elettrica croata, le Autostrade croate, la Forestale, la Banca postale croata, ma anche i vertici della grande industria alimentare Podravka di cui lo Stato è proprietario di maggioranza. In carcere è finito pure il vice premier Damir Polančec , che è in attesa di processo per gravi reati penali, mentre per quelli minori è in attesa di verdetto. All’inizio di dicembre, l’ex ministro della Difesa e degli Interni, Berislav Rončević, è stato condannato a quattro anni di carcere per la fornitura di camion militari, con cui aveva danneggiato lo Stato per circa 10 milioni di kune (1,3 milioni di euro).


Le mazzette a Sanader e l’affaire Hypo Banka


La maggior parte di questi scandali, in modo diretto o indiretto, sembra essere collegata a Sanader. La magistratura, per ora, lo accusa di aver ordinato, durante una riunione coi direttori delle aziende statali, che tutte le pubblicità di queste aziende dovessero passare attraverso la ditta Fimi Media, la cui proprietaria era la fidanzata del capo della dogana croata, Mladen Barišić. Questi era stato il tesoriere dell’HDZ (Unione democratica croata) e Fimi Media avrebbe consegnato a Barišić una parte di denaro che le aziende statali le avevano versato per finte o reali campagne pubblicitarie. Barišić proprio per questo motivo è stato arrestato quest’autunno, ed ha ammesso durante l’interrogatorio di aver portato con una borsa nella villa di Sanader la maggior parte dei 42 milioni di kune (circa 5,7 milioni di euro) che aveva ricevuto, mentre la restante parte era rimasta nelle casse del partito di governo HDZ.
Il pubblico ministero accusa Sanader anche di aver ordinato all’ex direttore dell’Azienda elettrica croata Ivan Mravak (arrestato ed in attesa di giudizio) di fornire di elettricità a basso costo l’azienda del suo amico Robert Ježić. Ježić, anch’egli sotto arresto, è il proprietario della grande azienda Dioki specializzata in materie plastiche e prodotti petrolchimici, ed anche proprietario del quotidiano di Fiume “Novi list”.
Ora Ivo Sanader, rinchiuso nel carcere austriaco, aspetta l’estradizione per la Croazia. Anche se il suo avvocato ha dichiarato che Sanader non si opporrà a quest'ultima, il che potrebbe significare che arrivi in Croazia entro un paio di settimane, già sono state avanzate varie speculazioni sul fatto che potrebbe anche non finire così. Infatti Sanader, secondo quanto scrivono i media croati, sarebbe pesantemente coinvolto anche in uno scandalo riguardante la Hypo banka di Klagenfurt, su cui in Austria si sta indagando a fondo. Non è quindi escluso che l’Austria, ora che l’ex premier croato è agli arresti, voglia sapere delle sue relazioni con politici e banchieri austriaci e dei loro affari poco puliti che hanno fatto in Croazia, motivo per cui potrebbe decidere di trattenerlo più a lungo di quanto Zagabria desideri.




L' INTERVISTA 
SOTTO PROCESSO ALL' AJA PER GENOCIDIO, L' IMPUTATO DALLA CELLA RACCONTA LA MEDIAZIONE DI STANISIC, AGENTE DEI SERVIZI DI MILOSEVIC E CONTATTO DELLA CIA

«Un patto segreto con gli Usa» 
Ecco tutta la verità di Karadzic

L' ex leader serbo di Bosnia: «Firmai la resa in cambio dell' immunità» Srebrenica? Non ho mai ordinato che qualcuno venisse ucciso se non durante i combattimenti. La verità deve ancora venire a galla 
L' Europa non conceda altro spazio alla Turchia nei Balcani: diventeremmo un cordone sanitario verso i regimi musulmani

Rinchiuso nel carcere di Scheveningen all' Aja dal luglio del 2008, Radovan Karadzic, l' ex leader dei serbi di Bosnia sotto processo per genocidio, ha concesso al Corriere questa intervista esclusiva dove, per la prima volta, entra nei particolari del presunto «accordo» con Richard Holbrooke, il superdiplomatico americano appena scomparso che negoziò la pace in Bosnia. L' intervista scritta era da una settimana al vaglio del Tribunale internazionale per i crimini nell' ex Jugoslavia ed è stata autorizzata ieri, censurata solo nella parte riguardante le fasi della cattura di Karadzic a Belgrado. 

Radovan Karadzic, lei ha sempre sostenuto che gli americani le garantirono l' immunità. Ci può spiegare come? 

«Il 18 luglio 1996 ci fu una riunione a Belgrado per discutere il mio futuro politico. La chiese Holbrooke a Milosevic. Io non partecipai, ma furono presenti due rappresentanti della Repubblica Serba di Bosnia, Momcilo Krajisnik, presidente del Parlamento, e il ministro degli Esteri Aleksa Buha. Rimasi nel mio ufficio a Pale. Parlai diverse volte al telefono con i nostri inviati e con Milosevic, ma mai con gli americani. I negoziati durarono tutta la sera, diverse proposte vennero discusse al telefono o inviate per fax a Pale. Alla fine, raggiungemmo un accordo. Io mi sarei dimesso da presidente della Republika Srpska, dalla guida del partito Sds, mi sarei ritirato a vita privata senza partecipare alle imminenti elezioni, in cambio della garanzia che non sarei stato perseguito dall' Aja: i termini dell' accordo mi furono comunicati per telefono. Holbrooke schizzò un accordo che comprendeva solo i miei obblighi. Quando vidi la bozza, mi rifiutai. Volevo che anche la sua parte fosse messa per iscritto». 

In che modo l' hanno convinta? 

«Fu quando Milosevic parlò con me per telefono. Mi spiegò che gli Usa non avrebbero mai messo la loro parte dell' accordo nero su bianco per motivi politici. Di più, Holbrooke aveva detto che per un po' dagli Usa dovevo aspettarmi solo dura retorica, e che l' impegno non sarebbe stato reso pubblico: l' America non poteva rovinarsi le sue relazioni nella regione. Quando insistetti ancora, Milosevic mi rassicurò che queste persone rappresentavano le grandi potenze, e che le grandi potenze non mettono la loro firma su ogni pezzo di carta. Disse che tutto ciò che Holbrooke ci aveva promesso in passato l' aveva onorato. Bisogna anche ricordare che Holbrooke parlava non solo in nome degli Usa, ma dell' intera "comunità internazionale": era l' inviato del Gruppo di Contatto, "benedetto" dall' Onu. In base a queste rassicurazioni, acconsentii. Nella notte tra il 18-19, Jovica Stanisic capo dei servizi segreti di Milosevic, ma anche contatto della Cia, come si scoprì al suo processo, ndr volò da Belgrado a Pale. In qualità di messaggero, come sempre. Era un uomo di Stato, tutti i suoi contatti erano ufficiali. Firmai e lui tornò a Belgrado. Allora, non avevo nessun dubbio sulla promessa che non sarei stato perseguito dall' Aja e che Holbrooke avesse l' autorità per mantenerla. Mi sono fidato e ho eseguito la mia parte». 

Quando ha parlato per l' ultima volta a Milosevic? 

«Nel 1998, o forse 1997. Politicamente, eravamo totalmente differenti. Era intelligentissimo, ma ideologicamente vicino al comunismo, ed io sono stato un dissidente per quattro decenni. Credeva nell' autorità e agiva unilateralmente, mentre io cercavo il dialogo e il consenso. Nondimeno, ci rispettavamo. Ho imparato molto guardando il suo processo, ha fatto un buon lavoro, ma molti testimoni hanno mentito». 

Come vede le relazioni tra la Serbia e il Kosovo? 

«Sono stupefatto dal precedente creato dal Kosovo. Gli albanesi sono andati lì in massa fuggendo dal regime di Enver Hoxa, e in virtù di questo è stato consentito loro di prendersi il Kosovo. Se i messicani continueranno a riversarsi in California, la potranno strappare agli Stati Uniti?». 

Molti dicono che Sarajevo, la città che per lo scrittore Danilo Kis viveva «nel sottile equilibrio di religioni e nazioni, nella loro reciproca diffidenza e attrazione», sia morta con la guerra. Cos' è per lei Sarajevo? 

«La gente della mia regione andava a studiare a Belgrado: io scelsi Sarajevo perché mi piaceva. E mi piace ancora, ma senza il marchio fondamentalista sopra. La gente nata a Sarajevo non la riconosce più, non c' è equilibrio. Sarajevo in passato era una città totalmente serba, costruita su suolo serbo. Non rinunceremo mai a Sarajevo, è nostra, l' amiamo». 

Lei parlava di islamizzazione ben prima dell' 11 settembre... 

«Non era affatto difficile vedere questo sviluppo. Soprattutto dopo che avevamo visto dove Izetbegovic leader dei musulmani, ndr stava portando la sua comunità. Non c' era possibilità di sopravvivere. Non ho mai sospettato il musulmano bosniaco medio di essere un terrorista, ma se anche uno su mille lo fosse stato, questo significa duemila terroristi in Bosnia, oltretutto con aspetto europeo. La comunità internazionale ha fatto un grosso errore nel sostenere uno Stato islamico in Bosnia». 

Come vede la sempre maggiore influenza della Turchia nei Balcani e soprattutto in Bosnia? 

«Non vorrei ci fosse l' intenzione di concedere spazio alla Turchia nei Balcani come consolazione per le chiusure alla sua entrata in Europa. In questo caso il Sud-Est europeo con la Turchia diventerebbe una sorta di Europa di "terza classe" e un "cordone sanitario" verso i regimi islamici». 

Srebrenica. Si rimprovera qualcosa? 

«Niente, perché non ho voluto, né saputo, tanto meno ordinato che qualcuno venisse ucciso se non durante i combattimenti. E la verità deve ancora venire a galla». 

Cosa legge e cosa scrive in cella? 

«Non ho tempo, purtroppo, per la buona letteratura. Sono alle prese con il terzo milione di pagine del mio processo». 

La Chiesa ortodossa l' ha protetta? 

«Non avevo contatti, se non andando a messa. Ma chi mi conosceva non sapeva dov' ero, chi sapeva dov' ero non sapeva chi ero. Se sei veramente religioso, non puoi separare le tue azioni da Dio. Quando ero di fronte a un dilemma, ho chiesto a Dio cosa voleva che facessi. Provatelo, e troverete una risposta nel vostro cuore». 

Come crede che la ricorderà la storia? E tra tutti i ruoli che ha avuto - medico, poeta, guaritore olistico, uomo politico - quale sarà il ruolo che ricoprirà in futuro? 

«Non ho mai pensato al futuro. Come disse Gesù Cristo, basta a ciascun giorno il suo affanno. Quanto ai ruoli, tranne quello del medico e poeta, non li ho mai voluti. Li ho dovuti assumere come un obbligo, perché quando la tua libera volontà appartiene a qualcuno come io appartengo al mio popolo serbo, non devi sottrarti al tuo dovere. Quanto al futuro, il mio spero sia quello di nonno. Anzi, di un ottimo nonno». 

Mara Gergolet 
Marzio G. Mian 

Pagina 19 (16 dicembre 2010) - Corriere della Sera


[Sulle posizioni di Karadžić si veda anche: 
Parla Radovan Karadžić - estratti dal libro IL CORRIDOIO. Viaggio nella Jugoslavia in guerra, di Jean Toschi Marazzani Visconti




(english / deutsch)

Richard Holbrooke, the man who destroyed international diplomacy, has died

1) Diana Johnstone on/über Richard Holbrooke
2) HOLBROOKE ADMIRERS: GEORGE SOROS, THACI "THE SNAKE", GEORGIAN REACTIONARIES
3) Richard Holbrooke's Deathbed Conversion (D. Swanson's Blog)
4) FLASHBACKS: 
- November 2010: Ex-UN envoy slams Holbrooke's Afghanistan approach
- April 2007: "Kosovo to be independent with or without U.N."
- June 2003: Holbrooke advocates independence for Kosovo and Montenegro
5) WHO'S WHO IN THE BALKANS: RICHARD HOLBROOKE


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Nachruf Richard Holbrooke

Von DIANA JOHNSTONE

Übersetzung: Cathrin Schütz

Es gehört eigentlich zum guten Ton, einen eben verstorbenen Menschen von scharfer Kritik zu verschonen. Doch Richard Holbrooke selbst hat ein Beispiel für die Verletzung dieser Etikette geliefert. Als er erfuhr, daß Slobodan Milosevic im Gefängnis verstorben war, zögerte Holbrooke nicht, ihn als mit Hitler und Stalin vergleichbares „Monster“ zu bezeichnen.
Das war grobe Undankbarkeit, denn Holbrooke hat mehr oder weniger allein Milosevic den größten Erfolg seiner Karriere zu verdanken – das Friedensabkommen von Dayton, das 1995 den Bürgerkrieg in Bosnien-Herzegowina beendete. Das ging aus Holbrookes Memoiren To End a War (Random House, 1998 und in Deutsch bei Piper „Meine Mission – Vom Krieg zum Frieden in Bosnien, d.Ü.) hervor.
Doch Holbrookes größte Begabung war es, die Wirklichkeit in ein für ihn vorteilhaftes Licht zu rücken, wobei ihm die Kollaboration der Medien gewiß war.
Der Friedensvertrag von Dayton wurde als heldenhafter Sieg des Friedens dargestellt, den der geniale Holbrooke dem sturen Milosevic abgerungen hat, welcher von den USA „an den Verhandlungstisch gebombt werden mußte“. In Wirklichkeit wußte die US-amerikanische Regierung ganz genau, daß Milosevic um Frieden in Bosnien bemüht war, um Serbien von den lähmenden Sanktionen zu befreien. Es war der bosnisch-muslimische Präsident Alija Izetbegovic, der den Krieg mit militärischer Hilfe der USA weiter führen wollte.
In Wirklichkeit haben die USA die Serben bombardiert, um Izetbegovic an den Verhandlungstisch zu bekommen. Und das Abkommen, das im Herbst 1995 erreicht wurde, unterschied sich kaum von jenem, das im März 1992 von den drei ethnischen Gruppen unter der Vermittlung der Europäischen Gemeinschaft erzielt worden war und welches den gesamten Krieg hätte verhindern können, wäre es nicht durch Izetbegovic sabotiert worden, der ermutigt vom US-Botschafter Warren Zimmermann seine Unterstützung für das Abkommen zurücknahm. Kurz gesagt, waren die USA beileibe nicht der große Friedensengel auf dem Balkan. Sie hatten zunächst die muslimische Kriegspartei darin bestärkt, für ihr Ziel eines von ihnen kontrollierten bosnischen Zentralstaat zu kämpfen, und setzten sich dann für eine geschwächte bosnische Föderation ein – nach fast vier Jahren Blutvergießen, das die Bevölkerung aller Habe und Zuversicht beraubte.
Den wahren Grund für all das hat Holbrooke in To End a War klar benannt. Es ging darum, vorzuführen, daß die Europäer unfähig waren, ihre ureigensten Angelegenheiten zu regeln und die Vereinigten Staaten die „unentbehrliche Nation“ blieben. In seinem Buch wird auch deutlich, daß die muslimischen Führer jeglicher Art von Kompromiß merkwürdig ablehnend gegenüber standen, und nur die Bereitschaft von Milosevic, Zugeständnisse zu machen, die Dayton-Verhandlungen vor dem Scheitern rettete – und Holbrooke zum Helden machte.
Holbrookes Diplomatie sollte beweisen, daß das diplomatische Vorgehen der Europäer zum Scheitern verurteilt war. Sein Sieg war eine Niederlage für die Diplomatie. Das Schauspiel der Bombardierungen im Zusammenhang mit Dayton sollte vor Augen führen, daß nur die Androhung oder Anwendung der militärischen Macht der USA Konflikte beenden konnte.
Milosevic hatte gehofft, daß seine Zugeständnisse zum Frieden und zur Aussöhnung mit den USA führen würde. Wie sich herausstellte, wurde er dafür, daß er Holbrooke den größten Erfolg seiner Karriere beschert hatte, nur mit der Bombardierung seines Landes durch die NATO von 1999 belohnt, mit dem Ziel, Serbien das Kosovo zu entreißen und Milosevics Sturz aus dem Amt vorzubereiten. Holbrooke selbst spielte dabei eine herausragende Rolle. Im Sommer 1998 posierte er plötzlich ohne Schuhe mit bewaffneten albanischen Separatisten für eine Foto-Session, die bis dahin vom State Department als „Terroristen“ geführt worden waren, und wenig später verkündete
er gegenüber Milosevic, daß sein Land bombardiert werden würde, wenn er nicht die Sicherheitskräfte aus der Provinz abzöge, was soviel bedeutete, wie das Kosovo den Terroristen zu überlassen, die Holbrooke zu Freiheitskämpfern geadelt hatte.
In seiner langen Karriere hat Holbrooke an vielen Fronten gekämpft, von Vietnam bis Afghanistan. 1977, nachdem Indonesien in Osttimor eingefallen war und begann, die Bevölkerung dieser eheamligen portugiesischen Kolonie zu massakrieren, wurde Holbrooke von und USA dorthin entsandt, angeblich um für „Menschenrechte“ einzutreten, aber in Wirklichkeit, um die Suharto- Diktatur gegen die Osttimoresen zu bewaffnen. Mal wurde die Regierung gegen die Rebellen aufgerüstet, mal Rebellen gegen die Regierung, aber was wie ein Widerspruch erscheinen mag, ist die konsequente zynische Ausnutzung und Eskalation tragischer lokaler Konflikte zur Ausdehnung der US-Weltmacht.
Holbrooke und Milosevic wurden beide 1941 geboren. Als Milosevic 2006 starb, gab Holbrooke für die BBC eine umfassende Erklärung ab, die keine Silbe menschlicher Anteilnahme enthielt. „Dieser Mann hat den Balkan in Schutt und Asche gelegt,“ so Holbrooke.
„Er war ein Verbrecher, der vier Kriege, 300.000 Tote, 2.5 Millionen Vertriebene auf dem Gewissen hat. Manchmal haben Monster – wie Hitler und Stalin – den größten Einfluß auf die Geschichte, und so verhält es sich auch mit diesem Herrn.“
Holbrooke stellte sich selbst als der Gute dar, der um des guten Zwecks willen mit dem Bösen verhandelt hat. Bei den Verhandlungen mit Milosevic „ist einem bewußt, daß man einem Monster gegenüber sitzt, das einen schrecklichen Platz in den Geschichtsbüchern einnehmen wird und so viel Tote zu verantworten hat.“
Wer war hier das Monster? Niemals, auch nicht in Den Haag, wo Milosevic infolge unterlassener ärztlicher Behandlung starb, wurde bewiesen, daß er für die tragischen Opfer des jugoslawischen Zerfallsprozesses verantwortlich war. Holbrooke seinerseits wurde nie vor Gericht gestellt wegen all der Toten in Vietnam, Osttimor, Afghanistan, Irak und, ja, im ehemaligen Jugoslawien, die wenigstens teilweise auf das Konto der von ihm ausgeführten US-Politik gingen.
Sich selbst als moralische Instanz aufspielend, beurteilte Holbrooke den serbischen Politiker weder als Nationalisten, noch als Kommunisten, sondern einfach als Opportunisten, dem es nur um Macht und Reichtum für sich selbst ging.
In Wirklichkeit gab es nie einen Beweis dafür, daß Milosevic nach Reichtum für sich selbst gestrebt oder ihn erhalten hätte, während Holbrooke unter anderem Vizevorsitzender von Credit Suisse First Boston, Geschäftsführer von Lehman Brothers, Vizevorsitzender der Beteiligungsfirma Perseus LLC und Vorstandsmitglied der Amercian International Group (AIG) war, letzteres gerade zu der Zeit, als „die Firma“, laut Wikipedia, „hoch spekulative Kreditversicherungsgeschäfte tätigte, die den Steuerzahler Hunderte Milliarden kosten könnten, wenn verhindert werden soll, daß AIG das Finanzsystem zugrunde richtet."
Milosevic stand jahrelang vor Gericht, ohne seine Verteidigung vorbringen zu können, bis er unter beunruhigenden Umständen starb. Holbrooke war mit diesem Ende völlig zufrieden: „Ich wußte bereits, als er in Den Haag ankam, daß er nie wieder das Tageslicht erblicken würde, und ich denke, daß ihm auf eine seltsame Weise Gerechtigkeit widerfahren ist, denn er starb in seiner Zelle, und das war genau richtig.“
Es gibt noch viele weitere Beispiele für Holbrookes Lügen und seine betrügerische Manipulation des Leids auf dem Balkan sowie seiner vollkommen zynischen Ausnutzung der Tragödien in Vietnam, Osttimor, Irak und Afghanistan. Dennoch sollte seine Bedeutung nicht überschätzt werden. Moralische Monster haben nicht immer einen großen Einfluß auf die Geschichte, wenn sie lediglich glanzlose Werzeuge einer wildgewordenen bürokratischen Militärmaschine sind.

Dieser Nachruf erschien am 15.12.2010 unter dem Titel „Holbrooke or Milosevic: Who is the Greater Murderer?“ in der Onlineausgabe von Counterpunch: http://www.counterpunch.org/

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Richard Holbrooke, 1941-2010, Opportunist Extraordinary

by Diana Johnstone


It is usually considered polite to avoid sharp criticism of someone who has just died. But Richard Holbrooke himself set a striking example of the breach of such etiquette. On learning of the death in prison of Slobodan Milosevic, Holbrooke did not hesitate to describe him as a "monster" comparable to Hitler and Stalin.

This was rank ingratitude, considering that Holbrooke owed his greatest career success – the 1995 Dayton Accords that ended the civil war in Bosnia-Herzegovina – almost entirely to Milosevic. This was made quite clear in his memoir To End a War (Random House, 1998).

But Holbrooke’s greatest skill, made possible by media complicity, was to dress up reality in the costume favorable to himself.

The Dayton Peace Accords were presented as a heroic victory for peace extracted by the brilliant Holbrooke from a reluctant Milosevic, who had to be "bombed to the negotiating table" by the United States. In reality, the U.S. government was fully aware that Milosevic was eager for peace in Bosnia to free Serbia from crippling economic sanctions. It was the Bosnian Muslim leader Alija Izetbegovic who wanted to keep the war going, with U.S. military help. In reality, the U.S. bombed the Serbs in order to get Izetbegovic to the negotiating table. And the agreement reached in the autumn of 1995 was not very different from the agreement reached in March 1992 by the three ethnic groups under European Community auspices, which could have prevented the entire civil war, if it had not been sabotaged by Izetbegovic, who withdrew his agreement with the encouragement of the then U.S. ambassador Warren Zimmermann. In short, far from being the great peacemaker in the Balkans, the United States first encouraged the Muslim side to fight for its goal of a centralized Bosnia, and then sponsored a weakened federated Bosnia – after nearly four years of bloodshed which left the populations bereft and embittered.

The real purpose of all this, as Holbrooke made quite clear in To End a War, was to demonstrate that Europeans could not manage their own vital affairs and that the United States remained the "indispensable nation". His book also made it clear that the Muslim leaders were irritatingly reluctant to end war short of total victory, and that only the readiness of Milosevic to make concessions saved the Dayton talks from failure -- allowing Holbrooke to be proclaimed a hero.

The functional role of the Holbrooke’s diplomacy was to prove that diplomacy, as carried out by Europeans, was bound to fail. His victory was a defeat for diplomacy. The spectacle of bombing plus Dayton was designed to show that only the threat or application of U.S. military might could end conflicts.

Milosevic had hoped that his concessions would lead to peace and reconciliation with the United States. As it happened, his only reward for handing Holbrooke the victory of his career was to have his country bombed by NATO in 1999 in order to wrest from Serbia the province of Kosovo and prepare Milosevic’s own fall from office. Holbrooke played a prominent role in this scenario, suddently posing shoeless in a tent in the summer of 1998 for a photo op seated among armed Albanian secessionists which up to then had been characterized by the State Department as "terrorists", and shortly thereafter announcing to Milosevic that Serbia would be bombed unless he withdrew security forces from the province, in effect giving it to the ex-terrorists transformed by the Holbrooke blessing into freedom fighters.

In his long career from Vietnam to Afghanistan, Holbrooke was active on many fronts. In 1977, after Indonesia invaded East Timor and set about massacring the people of that former Portuguese colony, Holbrooke was dispatched by the United States supposedly to promote "human rights" but in reality to help arm the Suharto dictatorship against the East Timorese. Sometimes the government is armed against rebels, sometimes rebels are armed against the government, but despite appearances of contradiction, what is consistent throughout is the cynical exploitation and exacerbation of tragic local conflicts to extend U.S. imperial power throughout the world.

Holbrooke and Milosevic were born in the same year, 1941. When Milosevic died in 2006, Holbrooke gave a long statement to the BBC without a single syllable of human kindness. "This man wrecked the Balkans," said Holbrooke.

"He was a war criminal who caused four wars, over 300,000 deaths, 2.5million homeless. Sometimes monsters make the biggest impacts on history - Hitler and Stalin - and such is the case with this gentleman."

Holbrooke presented himself as goodness dealing with evil for a worthy cause. When negotiating with Milosevic, "you're conscious of the fact that you're sitting across the table from a monster whose role in history will be terrible and who has caused so many deaths."

Who was the monster? Nobody, including at the Hague tribunal where he died for lack of medical treatment, has ever actually proved that Milosevic was responsible for the tragic deaths in the wars of Yugoslav disintegration. But Holbrooke was never put on trial for all the deaths in Vietnam, East Timor, Afghanistan, Iraq and, yes, former Yugoslavia, which resulted at least in part from the U.S. policies he carried out.

From his self-proclaimed moral heights, Holbrooke judged the Serbian leader as an opportunist without political convictions, neither communist nor nationalist, but simply "an opportunist who sought power and wealth for himself."

In reality, there has never been any proof that Milosevic sought or obtained wealth for himself, whereas Holbrooke was, among many other things, a vice chairman of Credit Suisse First Boston, managing director of Lehman Brothers, vice chairman of the private equity firm Perseus LLC, and a member of the board of directors of AIG, the American International Group, at a time when, according to Wikipedia, "the firm engaged in wildly speculative credit default insurance schemes that may cost the taxpayer hundreds of billions to prevent AIG from bringing down the entire financial system."

Milosevic was on trial for years without ever being to present his defense before he died under troubling circumstances. Holbrooke found that outcome perfectly satisfying: "I knew as soon as he reached The Hague that he'd never see daylight again and I think that justice was served in a weird way because he died in his cell, and that was the right thing to do."

There are many other instances of lies and deceptions in Holbrooke’s manipulation of Balkan woes, as well as his totally cynical exploitation of the tragedies of Vietnam, East Timor, Iraq and Afghanistan. But still, his importance should not be overstated. Moral monsters do not always make a great impact on history, when they are merely the vain instruments of a bureaucratic military machine running amok.



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HOLBROOKE ADMIRERS: GEORGE SOROS, THACI "THE SNAKE", GEORGIAN REACTIONARIES

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Holbrooke and Soros

   Posted by: "Tim Fenton" 
   Date: Tue Dec 14, 2010 3:35 pm ((PST))

Amongst a lot of gushing, sycophantic and hollow praise for Holbrooke, BBC Radio 4's flagship news programme, Today, this morning had the Britain's former ambassador in Kabul, Sir Sherard Cowper-Coles, examine Holbrooke's impact on US foreign policy. Listen to this clip where he inadvertently reveals (if you didn't know) that  George Soros was an important friend of this arch war criminal:

http://www.yugofile.org.uk/mp3s/20101214_today_holbrooke_soros.mp3

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http://www.monstersandcritics.com/news/europe/news/article_1605579.php/Kosovar-leader-says-people-lost-a-friend-in-Holbrooke

Deutsche Presse-Agentur - December 14, 2010

Kosovar leader says people lost 'a friend' in Holbrooke

Pristina: Kosovo caretaker Prime Minister Hashim Thaci on Tuesday expressed condolences to the US on the death of diplomat Richard Holbrooke, who was 'a friend' of the people of Kosovo. 
Thaci, whose Democratic Party won Sunday's snap elections, sent a telegram to President Barack Obama saying that 'For citizens of Kosovo, the death of Richard Holbrooke is a loss of a friend, of a voice that protected the interest of the Republic of Kosovo.' 
Holbrooke was a staunch supporter of Kosovo Albanians in their fight against Belgrade's rule in the late 1990s. 
The conflict in Kosovo spurred US into leading NATO in its intervention against Serbia in 1999, eventually paving the way to the secession of the province in 2008. 
Thaci's remarks came amid a so far muted response in the Balkan region to the news of Holbrooke's death. 
In Sarajevo, one reaction came from the international community's representative in Bosnia, Valentin Inzko, who credited Holbrooke for the Dayton peace accord. 
In Belgrade, Serbian state television RTS only quoted Peter Robinson, a lawyer in The Hague for former Bosnian Serb leader Radovan Karadzic, as saying that Karadzic felt 'sorrow and regret' over the news of Holbrooke's death. 
On trial facing genocide charges at the International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia (ICTY), Karadzic has claimed that Holbrooke in 1996 had promised him immunity from prosecution for his actions during the Bosnian war. 
Robinson said Karadzic was hoping to get Holbrooke to testify at the ICTY proceedings. 

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http://rustavi2.com/news/news_text.php?id_news=39678&pg=1&im=main&ct=0&wth=

Rustavi 2 - December 16, 2010    

Richard Hollbrooke posthumously awarded with Saint George’s Victory Order

As per the decree of the President of Georgia, Richard Holbrooke, U.S. Special Envoy for Pakistan and Afghanistan, has been posthumously awarded with the Saint George’s Victory Order. 
The statement published on the official website of the Administration says: ‘Due to the decision made by the President of Georgia, United States Special Envoy for Afghanistan and Pakistan Richard Holbrooke is awarded with Saint George`s Victory Order posthumously for promoting peace and democracy throughout the world, for his personal contribution to strengthening Georgian-U.S. relations, for his special support provided to Georgia’.
The U.S. diplomat died at the age of 69.


=== 3 ===

http://davidswanson.org/content/richard-holbrookes-deathbed-conversion

David Swanson's Blog - December 14, 2010

Richard Holbrooke's Deathbed Conversion
 
For all the talk of strategic counterinsurgency that oozes out of Washington, and all the manuals explaining that 80% of our investment in a nation-building operation should be civilian, we've been investing about 3% of our efforts in Afghanistan into a civilian project the leader of which has described it as a way to support the military. That leader was, until he died yesterday, Richard Holbrooke.

Asked at a U.S. Senate hearing earlier this year what in the world he was doing and toward what end in Afghanistan, Holbrooke repeatedly failed to produce an answer. That could explain his deathbed conversion and his final words to his surgeon: "You've got to stop this war in Afghanistan." As if his doctor could do what he refused to play any role in.
Before any more makers of war break their own hearts and beg for forgiveness, they should follow the examples of people like Ann Wright and Matthew Hoh and get out of this dirty business themselves while they have some life left in them.
 
This short excerpt from War Is A Lie is relevant here:
 
When, in 1995, Croatia had slaughtered or “ethnically cleansed” Serbs with Washington’s blessing, driving 150,000 people from their homes, we weren’t supposed to notice, much less drop bombs to prevent it. The bombing was saved for Milosevic, who — we were told in 1999 — refused to negotiate peace and therefore had to be bombed. We were not told that the United States was insisting on an agreement that no nation in the world would voluntarily agree to, one giving NATO complete freedom to occupy all of Yugoslavia with absolute immunity from laws for all of its personnel.
 
In the June 14, 1999, issue of The Nation, George Kenney, a former State Department Yugoslavia desk officer, reported:
 
“An unimpeachable press source who regularly travels with Secretary of State Madeleine Albright told this [writer] that, swearing reporters to deep-background confi dentiality at the Rambouillet talks, a senior State Department official had bragged that the United States ‘deliberately set the bar higher than the Serbs could accept.’ The Serbs needed, according to the official, a little bombing to see reason.”
 
Jim Jatras, a foreign policy aide to Senate Republicans, reported in a May 18, 1999, speech at the Cato Institute in Washington that he had it “on good authority” that a “senior Administration official told media at Rambouillet, under embargo” the following: “We intentionally set the bar too high for the Serbs to comply. They need some bombing, and that’s what they are going to get.”
 
In interviews with FAIR (Fairness and Accuracy in Reporting), both Kenney and Jatras asserted that these were actual quotes transcribed by reporters who spoke with a U.S. official.
 
Negotiating for the impossible, and falsely accusing the other side of noncooperation, is a handy way to launch a “defensive” war. Behind that scheme in 1999 was special U.S. envoy Richard Holbrooke.
***
And here's something Sam Husseini wrote in December 2008:
 
Shortly before the bombing of Yugoslavia began in late March 1999, Richard Holbrooke met with Yugoslav President Slobodan Milosevic. By his own account, Holbrooke delivered the final ultimatum to Milosevic -- that if Yugoslavia didn't agree to the Rambouillet text, NATO would begin bombing.
 
The Rambouillet text called for a defacto occupation of Yugoslavia. On major U.S. media, after the bombing of Yugoslavia began, Holbrooke claimed that what was called for in the Rambouillet text, despite Serbian protests, "isn't an occupation". Several weeks later, when confronted by a journalist familiar with the Rambouillet text, Holbrooke claimed: "I never said that". This was a lie, it was also a tacit admission that the Rambouillet text did call for an occupation (why else would Holbrooke deny saying it when he had?) So the U.S. demanded that Yugoslavia submit to occupation or be bombed -- and Holbrooke lied about this crucial fact when questioned about the cause of the war.
 
Here are the specifics:The Rambouillet text of Feb. 23, 1999, a month before NATO began bombing, contained provisions that provided for NATO to basically occupy the entire Federal Republic of Yugoslavia (FRY), not just Kosovo. Excerpts from Appendix (B) (I attempted to draw attention to this at the time when I became aware of it.):

7. NATO personnel shall be immune from any form of arrest, investigation, or detention by the authorities in the FRY. 
8. NATO personnel shall enjoy... free and unrestricted passage and unimpeded access throughout the FRY including associated airspace and territorial waters.
11. NATO is granted the use of airports, roads, rails and ports without payment...
15. [NATO shall have] the right to use all of the electromagnetic spectrum...
On April 6, 1999, about two weeks after the bombing began, Holbrooke appeared on the Charlie Rose show and was asked about what started the war. (Video is here, approximate times in the interview are provided):

[3:45] "The 81 pages of the Rambouillet agreement, which the Serbs rejected, contain all the elements of a really solid interim solution. ... Although Rambouillet itself was rejected, the principles embodied in the Rambouillet agreement make a hell of a lot of sense. ..." 
[13:00] "The [Yugoslavian government] decision was to trigger the bombing of their own country instead of accepting this very reasonable political offer." ...
[14:00] Asked how to explain the actions of the Serbs, Holbrooke claims the Serbs said: "The choice you've given us is to have our sacred soil violated by an invading force. I said this isn't an invasion, it isn't an occupation, it's an international peacekeeping force that will save the Serb minority in Kosovo. ..."
[15:00] "We walked the last mile for peace."
[17:00] "The bombing must continue and must intensify until the Yugoslav leadership realizes they have to change their positions."
On April 23, 1999, journalist Jeremy Scahill of Democracy Now questioned Richard Holbrooke as he was leaving the Overseas Press Club's 60th anniversary dinner:
 
Holbrooke: "One question." 
Jeremy Scahill: "You've said, since you gave the ultimatum to President Milosevic, that the Rambouillet accords do not call for the occupation of Yugoslavia. In --"
Holbrooke: "I never said that. That's the end of that. You got the wrong person and the wrong quote. That's your question."
Scahill: "Do the Rambouillet accords ... Are the the Rambouillet accords a call for the occupation of Yugoslavia -- how do you reconcile that with Appendix B?"
Holbrooke: "I was not at Rambouillet. You'll have to address it to the people --"
Scahill: "You delivered the ultimatum, you're familiar with with the text --"
Holbrooke: "I did not discuss that detail with him. That's your question."
Scahill: "You haven't answered the question though."
Holbrooke: "I have answered the question. Good night." (See the April 23, 1999 Democracy Now, especially beginning at 29:00.)
It's tempting for many to think that the current Bush administration and the 2003 invasion of Iraq are totally unique. They're not, the methods of the U.S. government lying its way into a war are long standing and many of the culprits are still very much part of the political structure.


=== 4 ===

http://www.b92.net/eng/news/world-article.php?yyyy=2010&mm=11&dd=25&nav_id=71118

Danas - November 25, 2010

Ex-UN envoy slams Holbrooke's Afghanistan approach 

BELGRADE: America's special representative for Afghanistan is implementing wrong, "Bosnian" methods in Afghanistan, says a former UN envoy.
Norwegian diplomat Kai Eide, who served as special UN envoy in Kabul until March 2010, told Belgrade's Danas newspaper that he unsuccessfully tried to spur Washington to sack Holbrooke.
"Even though the (1995) Dayton negotiations were a precondition for peace in Bosnia-Herezgovina, Richard Holbrooke used intimidation methods during that process, and he is attempting to do the same in Afghanistan now," Eide noted. 
The diplomat stated that Washington had "clearly made a mistake" when they appointed Holbrooke, describing him as a person who stands in the way of improved relations between the Afghan authorities and the international community. 
"A person who implements such tactics gains lifelong enemies, considering that Afghanis, like people in the Balkans, are very proud. It's a pity that Holbrooke, who interfered in the election process in Afghanistan and who is attempting to bully the citizens of that country, still holds his position," said Eide. 
The Norwegian diplomat also told the daily that he personally unsuccessfully tried to influence the U.S. State Department to sack their Afghanistan envoy. 
Asked to appraise the current situation in Afghanistan, Eide said that it is "clear that neither NATO nor the Taliban can win", and that further military escalation represents "the wrong path". 
"I believe that the only solution is a political dialogue with the rebels. First, a temporary ceasefire should be declared in some areas, since the existing strategy, that has been almost entirely militarized, is not working. In other words, unless different methods are used, there will be no success," Eide concluded.  

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http://www.focus- fen.net/? id=n111191

Focus News Agency (Bulgaria) - April 29, 2007

Kosovo to be independent with or without U.N. 

BRUSSELS - Kosovo will be independent with or without
a United Nations resolution, and Russia should back an
agreement to protect the Kosovo Serb minority, the
United States said on Saturday.
Assistant Secretary of State Dan Fried said it was
possible the latest Russian criticism of U.N. mediator
Marti Ahtisaari's plan for the final status of the
breakaway Serbian province meant Moscow intended to
block a resolution.
"We hope that Russia understands that Kosovo is going
to be independent one way or another," Fried told
Reuters in an interview at a Brussels Forum on
transatlantic relations.
"It will either be done in a controlled, supervised
way that provides for the well-being of the Serbian
people, or it will take place in an uncontrolled way
and the Kosovo Serbs will suffer the most, which would
be terrible."
Moscow has repeatedly said it will not accept a
solution which is unacceptable to Serbia, which is
adamantly opposed to any form of independence for
Kosovo.
A U.N. Security Council fact-finding mission, which
visited Kosovo at Russia's suggestion, wrapped up its
visit on Saturday saying they would deliberate on the
proposal for its independence without setting
deadlines.
"Deciding on important issues should never be hostage
to predetermined deadlines," Belgian ambassador and
mission head Johan Verbeke told a news conference in
Pristina.
Ahtisaari, a former Finnish president, proposes
supervised independence with a strong role for an
international presence to protect minority rights.
Fried acknowledged the European Union could be split
over whether or not to recognize Kosovo if there was
no U.N. resolution and Kosovo's overwhelming Albanian
majority declared independence unilaterally.
"I see absolutely no advantage to doing this any other
way than through a Security Council resolution. I see
merely disadvantages," Fried said. "The alternatives
are all worse.
"A divided Europe is a bad thing in general and a
terrible thing in this particular case."
....
Kosovo has been an international protectorate since
NATO waged an air war in 1999 to drive out Serbian
forces...
Some 90 percent of the province's 2 million population
are Albanians.
"Kosovo is in the list of problems that do not improve
with age and neglect. The situation there is not
inherently stable," said Fried.
Former U.S. ambassador to the United Nations Richard
Holbrooke told the Brussels Forum the next few weeks
would be a fundamental test of Russian President
Vladimir Putin's view of his role in the world.
"If he vetoes the Ahtisaari plan in the Security
Council, there will be a unilateral declaration of
independence by Kosovo. The United States will
recognize them, I hope the same day ....Some of the EU
will, some won't," Holbrooke said.
"There will probably be violence on the ground and it
will be Russia's fault."
Swedish Foreign Minister Carl Bildt told the Forum he
expected a period of "diplomatic trench warfare" over
Kosovo at the United Nations and suggested the EU
should take the lead in seeking a compromise solution,
which would take time.

Asked about Holbrooke's scenario of unilateral
independence, he said: "That is playing with fire."

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http://www.realitymacedonia.org.mk/web/news_page.asp?nid=2667

Reality Macedonia - July 14, 2003

Richard Holbrooke: 'Full Independence' For Kosovo, Montenegro

http://www.ptd.net/webnews/wed/cd/Qkosovo-serbia-montenegro.RQm-_DlC.html

Kosovo, Montenegro should be independent: former US
envoy

PRISTINA, Serbia-Montenegro, July 12 (AFP) - The
UN-administered southern Serbian province of Kosovo
should be fully independent, former US ambassador to
the United Nations Richard Holbrooke said in an
interview published Saturday.
"The correct outcome is clear to me - it's full
independence for Kosovo," Holbrooke told Kosovo's
leading daily newspaper "Koha Ditore".
The veteran diplomat, who served as the US envoy to
the UN during Bill Clinton's presidency, was one of
the architects of the 1995 Dayton accords which ended
the war in Bosnia and drew up a ceasefire between
Belgrade and pro-independence ethnic Albanians in the
Kosovo war in 1998.
Holbrooke told the daily that the province, under UN
administration since the end of the war in 1999,
should be an "independent state with UN membership."
He suggested the status of Kosovo should be decided at
an international conference "between Pristina and
Belgrade with the support and assistance of the United
States", the European Union, Russia and the United
Nations.
Holbrooke also said the loose union of Serbia and
Montenegro that replaced rump Yugoslavia in February,
"cannot continue to exist as a single international
entity."
"Montenegro does not listen to Belgrade, they don't
even use the same currency. It's time for us to
recognize the reality: Montenegro should become an
independent country just as Kosovo should," Holbrooke
told the daily.
Kosovo has been under UN and NATO control since June
1999 after a military campaign by NATO brought an end
to a crackdown by Serb forces on the ethnic Albanian
majority seeking independence from Belgrade.
The province is legally part of Serbia and Montenegro,
but its future political status is yet to be decided.
Kosovo's ethnic Albanians, who make up 90 percent of
the population of the province, seek full
independence, while the minority Serbs and Belgrade
want the province to remain part of Serbia.

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http://www.dw-world.de/english/0,3367,1429_W_918835,00.html

Deutsche Welle - July 13, 2003

Holbrooke calls for independent Kosovo

The former American UN ambassador Richard Holbrooke
has called for independence for the predominately
Moslem Serb province of Kosovo. Holbrooke is quoted in
the newspaper Koha Ditore in Pristina saying lasting
peace required a separation from Serbia. Kosovo, which
is 90 percent ethnic Albanian, has been administered
by the U.N. since 1999. Holbrooke stressed, however,
that the Serb minority there would need special
protection. The U.S. diplomat negotiated the Dayton
peace agreement in 1995 which ended the war in Bosnia.

---

http://www.b92.net/english/news/index.php?&nav_category=&nav_id=23705&order=priority&style=headlines

Beta - June 12, 2003

Holbrook advocates independence for Kosovo

PRISTINA -- Saturday - Richard Holbrook, the former US
ambassador and negotiator prior to the bombing of
Yugoslavia in 1999, said in comments published today
that independence for Kosovo and membership of the
United Nations is the only way to bring lasting peace
to the region.
In an interview with Pristina daily Koha Ditore,
Holbrook said that four years had passed since the end
of the conflict and in that Kosovo had developed its
own independent character with the support of the
international community. "Now its time to move to the
second phase," he claimed.
The former US ambassador to the UN said the Security
Council would not rule on the final status of Kosovo.
Instead, the future of the province should be decided
by international mediation that will unfold between
Pristina and Belgrade with the support and presence of
America, the European Union and the UN, he explained.
Holbrook added that, for him, the rights result is
clear - "the total independence of Kosovo."


=== 5 ===

WHO'S WHO IN THE BALKANS
Doc. 2 - Richard Holbrooke
Source: cdsmireland@... - 4/14/2004

RICHARD HOLBROOKE

Reprinted from 
chronicles

(Message over 64 KB, truncated)


"Befreiter" Kosovo: Organhandel, Auftragsmorde, Apartheid

1) Teil des Westens geworden (german-foreign-policy.com)

2) KOMMENTARE:
- Hashim Thaci von Schweiz aufgepäppelt (K. Trümpy)
- Ein Verbrecher, aber unser Verbrecher (N. Mappes-Niediek)
- Thaci ein gemeiner Verbrecher? (W. Pirker)
- Kosovos Premier - Mafiaboss und Wahlbetrüger? (J. Paas)
- Korruption, Erpressung und Organhandel. Für EU und USA dürfte der Fall Thaci eigentlich nicht neu sein (A. Förster)

3) Thaci-Partei droht Sonderermittler Dick Marty (P. Mühlbauer)

4) FLASHBACK:
- Carla del Ponte verklagt (Vesna Peric Zomonjic und Cathrin Schütz, 3.4.08)
- Stunde der Gangster (Werner Pirker, 5-6.4.2008)
- "Heikle Aussagen" von Carla del Ponte (K.Trümpy, ICDSM Schweiz, 8.4.2008)


Siehe auch: "Mafia-Vorwürfe gegen Hashim Thaci"

=== 1 ===


Teil des Westens geworden
 
16.12.2010

PRISTINA/BERLIN
 
(Eigener Bericht) - Zum wiederholten Male werden schwerste Vorwürfe gegen das von Berlin unterstützte Sezessionsregime im Kosovo laut. Wie der Sonderberichterstatter der Parlamentarischen Versammlung des Europarates, Dick Marty, in einer soeben veröffentlichten Untersuchung schreibt, ist der gegenwärtige Premierminister des Kosovo, Hashim Thaçi, nicht nur seit über zehn Jahren an führender Stelle in den Schmuggel von Waffen und Rauschgift involviert. Thaçi steht laut Marty darüber hinaus im Verdacht, am Handel mit menschlichen Organen beteiligt zu sein. Zu den Empfängern der Organe sollen auch Deutsche gehört haben. Als Verdächtiger wird zudem der Arzt Shaip Muja benannt, ein enger Berater von Thaçi. Beide waren bereits im Frühjahr 1999 gemeinsam in der Führung der UÇK-Miliz aktiv, als diese während des NATO-Überfalls auf Jugoslawien als Bodentruppe des westlichen Kriegsbündnisses operierte. Martys Bericht wirft nicht nur ein grelles Licht auf die inzwischen mehr als elfjährige Protektoratsherrschaft des Westens über das Kosovo, bei der Berlin eine zentrale Stellung innehat. Peinlich für die Bundesregierung ist auch, dass der Sonderberichterstatter sich auf ausführliche Quellen stützen kann, die ihr schon seit Jahren bekannt sind, ohne dass Konsequenzen gezogen worden wären - detaillierte Berichte der deutschen Auslandsspionage.

Organhandel

Auslöser der Untersuchung, mit der die Parlamentarische Versammlung des Europarates vor zwei Jahren den Schweizer Abgeordneten Dick Marty beauftragt hat, war eine Buchveröffentlichung der ehemaligen Chefanklägerin für das Internationale Jugoslawien-Tribunal Carla del Ponte. Del Ponte beschrieb in ihrem Buch, wie sie schon Anfang 2001 über glaubhafte Hinweise in Kenntnis gesetzt worden war, denen zufolge im Sommer 1999 nach der Besetzung des Kosovo durch die NATO zwischen 100 und 300 Menschen aus der serbischen Provinz in den Norden Albaniens verschleppt worden seien. Dort hätten ihnen Ärzte Organe entnommen. Die Organe seien über einen Flughafen nahe der albanischen Hauptstadt Tirana ins Ausland geschmuggelt, die Opfer ermordet worden.[1] Del Ponte gibt an, damals Untersuchungen aufgenommen zu haben, allerdings stets auf eine Mauer des Schweigens gestoßen zu sein - und dies nicht nur bei den Behörden in Tirana und bei Albanern im Kosovo, sondern auch bei den westlichen Besatzern. Das trifft auch auf die Jahre 2002 bis 2003 zu, als der jetzige Sonderbeauftragte der Bundesregierung für Afghanistan und Pakistan, Michael Steiner, als Chef der UN-Verwaltung im Kosovo (UNMIK) firmierte.

Medicus

Entscheidende Aufschlüsse für die Untersuchung brachte unter anderem ein Vorfall vom November 2008. Damals fiel auf dem Flughafen in der kosovarischen Hauptstadt Priština ein junger Mann aus der Türkei in Ohnmacht. Als Flughafenmitarbeiter ihn zu verarzten suchten, fanden sie auf seinem Unterleib eine frische, auffällige Narbe. Ermittler wurden eingeschaltet; am nächsten Tag entdeckte die Polizei nur wenige Kilometer entfernt eine "Klinik" mit dem Namen "Medicus", in der illegale Organentnahmen betrieben wurden. An diesem Dienstag hat in Priština der Prozess in dieser Sache begonnen. Unter den Personen, die von den Organentnahmen profitierten und sich in Priština neue Organe einsetzen ließen, sollen sich auch Deutsche befunden haben. Zu den Angeklagten gehören neben dem Arzt Yusuf Sonmez, den Beobachter als einen der berüchtigtsten Organhändler der Welt bezeichnen, vor allem bekannte Mediziner aus dem Kosovo, daneben ein hochrangiger Beamter aus dem kosovarischen Gesundheitsministerium.[2]

Die "Drenica-Gruppe"

Besondere Brisanz erhält das Verfahren durch den Bericht, den Dick Marty an diesem Donnerstag einem Ausschuss der Parlamentarischen Versammlung des Europarates vorstellen wird. Marty gibt an, über klare Hinweise zu verfügen, dass beide Fälle von Organhandel - der bereits von del Ponte beschriebene Fall vom Sommer 1999 und der Fall "Medicus" - miteinander zusammenhingen. Den Fall vom Sommer 1999 jedoch bringt Marty mit dem gegenwärtigen Premierminister des Kosovo, Hashim Thaçi, in Verbindung. Zum damaligen Zeitpunkt, berichtet er, stand ein Gefangenenlager der UÇK im albanischen Ort Fushë-Krujë unter der Kontrolle der "Drenica-Gruppe", einer die UÇK beherrschenden Clique, die als besonders brutal und in verschiedenen Geschäften der Organisierten Kriminalität höchst erfolgreich galt. Dieser Gruppe wurde schon damals unter anderem UÇK-Chef Thaçi zugerechnet. Die Gruppe habe in Fushë-Krujë die Organentnahmen und die anschließenden Morde organisiert und die Organe über den Flughafen der nahe gelegenen albanischen Hauptstadt Tirana abgewickelt, ergibt sich aus dem Marty-Bericht. Ihr gehöre auch der Arzt Dr. Shaip Muja an, der seit mehr als einem Jahrzehnt unter anderem in Organhändler-Netzwerke verstrickt sei. Muja ist heute enger Mitarbeiter von Premierminister Thaçi.[3]

Westliche Werte

Sowohl Thaçi als auch Muja kooperieren spätestens seit 1999 mit den NATO-Staaten. Muja war im Frühjahr 1999 als Chef der UÇK-Logistik in Tirana tätig; über ihn konnte man damals in deutschen Medien erfahren, in seinem "eleganten, dunklen Anzug" wirke er "ausgesprochen zivil", er wolle nichts anderes, als im Kosovo den "westlichen Werten" Geltung zu verschaffen und ein "Teil des Westens" zu werden.[4] Thaçi arbeitete nicht nur während des NATO-Angriffs auf Jugoslawien mit den westlichen Kriegsmächten eng zusammen, er bereitete auch seine politische Karriere mit einem Besuch in Berlin vor. Anfang 2006 hielt er sich zu Verhandlungen in der deutschen Hauptstadt auf, unter anderem im Auswärtigen Amt. Eingeladen hatte ihn die Friedrich-Ebert-Stiftung (SPD). 2007 wurde er zum Premierminister des Kosovo gewählt. Erst letzten Sonntag fanden im Kosovo erneut Wahlen statt, die Thaçis Partei gewonnen haben will. Beobachter verweisen darauf, dass einzelne Wahllokale Wahlbeteiligungen von bis zu 149 Prozent verzeichneten. Treffen Martys Recherchen zu, handelt es sich bei solchen Merkwürdigkeiten jedoch um lächerliche Randerscheinungen.

"Kein Interesse an staatlicher Ordnung"

Über Thaçi kann sich Berlin nicht im Unklaren sein. Bereits im Jahr 2005 wurden Auszüge aus einem Bericht des Bundesnachrichtendienstes bekannt, in dem es hieß, über "Key-Player" wie ihn bestünden "engste Verflechtungen zwischen Politik, Wirtschaft und international operierenden OK-Strukturen im Kosovo". Die "dahinter stehenden Netzwerke" hätten keinerlei "Interesse am Aufbau einer funktionierenden staatlichen Ordnung, durch die ihre florierenden Geschäfte beeinträchtigt werden können."[5] Zwei Jahre später bestätigte eine im Auftrag der Bundeswehr verfasste Analyse diesen Befund.[6] Dass ein "Key-Player", dessen "Netzwerken" kein "Interesse am Aufbau einer funktionierenden staatlichen Ordnung" nachgesagt wird, auch im Amt des Premierministers von der Bundesrepublik Deutschland unterstützt wird, entbehrt nicht eines gewissen Zynismus: Schließlich gehört Berlin zu den tonangebenden Mächten unter den westlichen Besatzern des Kosovo, die vorgeben, dort staatliche Strukturen aufbauen zu wollen. Zuletzt hat die Bundesregierung dem Kosovo vor zwei Jahren umfangreichere Hilfe versprochen; zugesagt wurden 100 Millionen Euro. Der Nutzen der Finanztransfers bleibt im Dunkel: Die Arbeitslosigkeit im Kosovo ist mit offiziell 45 Prozent die höchste in ganz Europa, fast zwei Fünftel der Bevölkerung leben laut Angaben der Weltbank bis heute in Armut. Selbst das Bundesentwicklungsministerium gibt an, im Kosovo sei "wirtschaftlicher Aufschwung (...) noch nicht zu verzeichnen".[7]
[1] Carla del Ponte: La Caccia. Io e i Criminali di Guerra, Milano 2008
[2] At family farm, grim claims of organ culling from captured Serb soldiers; www.guardian.co.uk 25.11.2008. Kosovo physicians accused of illegal organs removal racket; www.guardian.co.uk 14.12.2010
[3] Committee on Legal Affairs and Human Rights: Inhuman treatment of people and illicit trafficking in human organs in Kosovo. Draft report, 12 December 2010
[4] "Wir wollen ein Teil des Westens werden"; Tagesspiegel 07.04.1999
[5] Rechtsstaat? Lieber nicht!; Die Weltwoche 43/2005. S. dazu Die Mafia als Staat
[6] s. dazu Aufs engste verflochten
[7] Kosovo: Situation und Zusammenarbeit; www.bmz.de

=== 2 ===

Hashim Thaci von Schweiz aufgepäppelt


15 Dezember 2010


Hashim Thaci wurde in der 90er-Jahren in der Schweiz von Serben-Hassern und sonstigen Ignoranten hingebungsvoll aufgepäppelt. Heute wurde nun bekannt, dass Thaci, vor einer Woche als Präsident des Kosovo wiedergewählt, in schwerste Verbrechen und mafiöse Machenschaften verwickelt war und dies weiterhin ist. Jedem einigermassen Wissbegierigen (Internet!) ist dies längst bekannt.
 
Im Sommer 1999, nach dem Ende der NATO-Aggression gegen Serbien-Montenegro, wurde Thaci von Joseph Deiss, unserem damaligen Aussenminister, feierlich empfangen. Heute ist Deiss Präsidenten der UNO-Generalversammlung. Jean Ziegler, sonst ein fortschrittlicher Geselle, nimmt bezüglich Jugoslawien eine eindeutig NATO nahe Position ein. Von 2000 bis 2008 war er UN-Sonderberichterstatter für das Recht auf Nahrung. Heute sitzt er im Beratenden Ausschuss des UN-Menschenrechtsrats. Beide Politiker haben anscheinend den Wink aus den USA verstanden und sich entsprechend eingerichtet. Eine weitere Politikerin, die in diesem Sinne den USA sehr verständnisvoll gegenüber steht, ist unsere aktuell amtierende Aussenministerin Micheline Calmy-Rey. Als Vertreterin der neutralen Schweiz legte sie sich besonders vehement für die Abspaltung des Kosovo von Serbien ins Zeug. Mit welchem Posten sie später belohnt wird, weiss man noch nicht. Nicht vergessen sollte man Carla del Ponte, ihres Zeichens willige Vollstreckerin der NATO-Befehle am sogenannten Jugoslawien-Tribunal in Den Haag. Heute schiebt sie in Argentinien als Botschafterin eine ruhige Kugel.
 
Eine ehrbare Ausnahme und Retter der Ehre der Schweiz ist Dick Marty.  Seine zukünftige Karriere, er ist seit 1998 Abgeordneter des Europarats, sehe ich weniger rosig. 2005 wurde Marty beauftragt, die Untersuchungen zu den vermuteten geheimen Gefangenentransporten und Gefangenenlagern in Europa zu leiten. Im Bericht des Tessiner FDP-Ständerats Dick Marty zuhanden des Europarats werden nun die Vorwürfe gegen Thaci publik gemacht.
 
Kaspar Trümpy, ICDSM Schweiz

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Ein Verbrecher, aber unser Verbrecher

Norbert Mappes-Niediek


Was für ein Zufall: Kaum ist die Wahl im Kosovo vorbei, da holt die Vergangenheit den Sieger Hashim Thaci ein: Er soll in den Handel mit Organen gefangener Serben verwickelt gewesen sein. Ein paar Tage eher, und dieser Vorwurf hätte das politische Ende für den Mann samt seiner Leute bedeutet. Nun aber darf er weiter als Premier regieren. Die jetzt erhobenen Anschuldigungen des Europarat-Sonderberichterstatters Dick Marty müssen Thaci keineswegs den Kopf kosten. Eine kriminalistische Untersuchung ersetzt der Bericht nicht.

Über Thaci kursieren seit mehr als zehn Jahren die schlimmsten Gerüchte. Ein Bericht des BND präsentiert ihn als "Kopf der Mafia". In zehn Jahren hat niemand die Vorwürfe gegen Thaci gründlich untersucht, weder die Uno noch Brüssel, obwohl die juristischen Mittel gegeben waren.

Hinter dem Timing stehen die heimlichen Herren im Kosovo: die westlichen Botschafter. Sie wollen die fragwürdigen Figuren an der Staatsspitze zwar nicht loswerden, aber in Schach halten. Gefällige, erpressbare Figuren heranzuzüchten, ist allemal leichter, als funktionierende Institutionen aufzubauen. Für das Kosovo und ganz Südosteuropa sollte eigentlich ein demokratisches Muster zur Anwendung kommen. Dessen Risiken aber scheuen die Westmächte im Kosovo. Aber erst wenn die Bandenchefs den internationalen Rückhalt verlieren, haben die Kosovaren wirklich die Chance, ihre Quälgeister loszuwerden.

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Mafiastaat


Thaci ein gemeiner Verbrecher?


Von Werner Pirker

junge Welt, 16.12.2010,  www.jungewelt.de

Die selbsternannte Republik Kosovo ist ein Mafiastaat. Das wissen nicht nur die Gegner dieses illegalen Gebildes, sondern auch dessen Befürworter. Daß die organisierte Kriminalität die Staatsmacht am Amselfeld ausübt, ist eine kaum noch bestrittene Tatsache. Daß die aus den UCK-Strukturen hervorgegangenen Gangsterbanden vor keinem noch so scheußlichen Verbrechen zurückschrecken, hat sich ebenfalls schon herumgesprochen. Daß auch der Organhandel in den Geschäftsbereich der Unabhängigkeitspaten fällt, war schon seit langem vermutet worden. Nun hat der Schweizer Europaratsabgeordnete Dick Marty einen Bericht vorgelegt, in dem der kosovo-albanische Premier Hashim Thaci und weitere frühere UCK-Feldkommandeure beschuldigt werden, am Handel mit Organen serbischer Gefangener sowie an Auftragsmorden und anderen Verbrechen beteiligt gewesen zu sein.

Welch eine Republik da heranwächst, war bereits unmittelbar nach dem NATO-Bombenkrieg gegen Jugoslawien zu erkennen gewesen, als die UCK den Abzug der serbischen Sicherheitskräfte dazu nutzte, wüste Pogrome gegen Serben und andere ethnische Minderheiten zu entfesseln. Zehntausende wurden drangsaliert und vertrieben, viele ermordet. Das Albanisierungsprogramm beinhaltete auch die Zerstörung unzähliger serbischer Kulturdenkmäler. Die KFOR-Truppen, die ihre Aufgabe wohl in der Verhinderung eines »serbischen Völkermordes an den Albanern« sahen, beobachteten dann auch entsprechend entspannt das mörderische Treiben der albanischen Mehrheitsbevölkerung gegen die Minderheiten.

Hashim Thaci, der brutale Boß des Drenica-Clans, und nicht der urbane Schöngeist Ibrahim Rugova war in Rambouillet von der antiserbischen Kriegsallianz zum Chefalbaner ausersehen worden. Vom bewaffneten Dorflumpen zum Staatsmann. Ein Bandit ist Thaci indes immer geblieben.

Daß sich im zurückgebliebensten Winkel des Balkans der Kampf um die Neuverteilung des Eigentums auf wenig zivilisierte Weise abspielen würde, war vorhersehbar. Auch daß die Clanstrukturen sich zu Ma fiastrukturen auswachsen würde. Hashim Thaci wird von Marty, einem früheren Staatsanwalt, als Chef einer »kleinen, aber unvorstellbar mächtigen Gruppe von UCK-Mitgliedern« bezeichnet, die seit 1998 die organisierte Kriminalität unter ihre Kontrolle gebracht habe. Die Hauptantriebskraft des bewaffneten Sezessionskampfes der Kosovo-Albaner war somit die kriminelle Energie. Es ging um die Aneignung des verselbständigten Gesellschaftseigentums. Hinter schwülstiger nationalistischer Romantik verbirgt sich nackter, in jeder Hinsicht krimineller Eigennutz. Das war der Grund, warum Thaci und Kumpane zu keiner anderen Lösung als der vollständigen Unabhängigkeit von Serbien bereit waren, obwohl der Kosovo-Bevölkerung von Belgrad ein äußerst großzügiges Autonomieangebot gemacht wurde. Das wiederum war der Grund, warum die Aggressionsgemeinschaft auf die Thacis setzte. Mit denen aber immer weniger Staat zu machen ist.
 
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Marty-Bericht im Rechtsausschuss des Europarats

Kosovos Premier - Mafiaboss und Wahlbetrüger?

Organhandel, Auftragsmorde, Folter - für all diese Verbrechen soll der jüngst gewählte kosovarische Ministerpräsident Thaci verantwortlich sein, als er Ende der 90er-Jahre die Rebellenarmee UCK anführte. Der Europaratsabgeordnete Marty erhebt in seinem Bericht schwerste Vorwürfe, mit denen sich heute der Rechtsausschuss des Europarats befasst.

Von Jörg Paas, BR-Hörfunkstudio Wien

Ein schlichtes Wohngebäude mit gelbem Anstrich irgendwo in Nordalbanien, in Medienberichten gelegentlich das "Gelbe Haus" genannt: Hier soll es vor mehr als zehn Jahren zu unvorstellbaren Gräueltaten der kosovarischen Rebellenarmee UCK gekommen sein. Gefangene wurden angeblich getötet, den Leichen Organe entnommen und diese dann auf dem Schwarzmarkt verkauft. Verantwortlich für all dies soll, wie der Schweizer Europaratsabgeordnete Dick Marty schreibt, der damalige Rebellenführer und heutige Premier des Kosovo, Hashim Thaci, sein.

"Glauben Sie nicht solche Dummheiten!"

Die Anschuldigungen sind nicht neu - weder was den Sachverhalt noch was die Person betrifft. Immer wieder taucht das "Gelbe Haus" in den Medien auf, Politiker werden danach gefragt. Im März zum Beispiel der damalige französische Außenminister Bernard Kouchner. Zur fraglichen Zeit Ende der 90er-Jahre war er Sondergesandter der Vereinten Nationen im Kosovo. "Herr Minister, was wissen Sie über das 'Gelbe Haus' und über Organhandel?" Seine Antwort - lautes Gelächter: "Was? Organhandel? Sind Sie krank, Monsieur?  Glauben Sie nicht solche Dummheiten!"
Tatsächlich ist schwer vorstellbar, dass ausgerechnet im unterentwickelten Norden Albaniens medizinisch höchst aufwendige Organentnahmen stattgefunden haben könnten. Aber wer weiß? Im Kosovo sind die Lebensbedingungen kaum besser, und dort ist vor kurzem eine private Klinik unter dem Vorwurf des Organhandels geschlossen worden.

Organisiertes Verbrechen - Thaci mittendrin

Dass der einstige Rebellenführer Thaci Kontakte zum organisierten Verbrechen unterhält und diese auch nach seinem Eintritt in die hohe Politik und Diplomatie nie wirklich aufgegeben hat, steht für viele Beobachter im Kosovo völlig außer Frage - auch wenn er nach außen den freundlichen Staatsmann gibt, der sich für gute Beziehungen mit jedermann einsetzt.
Dick Marty, der Berichterstatter des Europarates, wirft der internationalen Gemeinschaft vor, im Wunsch nach der Schaffung von Stabilität im Kosovo die Augen vor dem kriminellen Hintergrund einiger Politiker zu verschließen - insbesondere offenbar beim Premierminister. Als im Kosovo noch serbische Gerichte das Sagen hatten, 1998, wurde Thaci wegen Terrorismus und der Beteiligung an mehreren Morden in Abwesenheit zu zehn Jahren Haft verurteilt. Aus serbischer Sicht ist er also auf jeden Fall ein Verbrecher.

Serbien und Kosovo vor schwierigen Verhandlungen

Was alle anderen Vorwürfe betrifft, mangelte es in der Vergangenheit noch stets an Zeugen und an Beweisen. Dennoch ist der Flurschaden für die aktuelle Politik schon jetzt groß: Serbien und Kosovo sollen schon bald Verhandlungen über technische Fragen beginnen. Dazu zählt auch das Schicksal der Vermissten. Wie soll das gehen, wenn der Premier auf der einen Seite angeklagt ist, für die Vermissten selbst verantwortlich zu sein.
Die Anschuldigungen kommen für Thaci außerdem zu einem äußerst ungünstigen Zeitpunkt. Zwar ging seine Demokratische Partei PDK aus der Parlamentswahl am Sonntag wieder als stärkste politische Kraft hervor, aber die Manipulationen durch Doppelwähler und Stimmenkauf ausgerechnet in Thacis Heimatwahlkreis Skenderaj waren einfach zu offensichtlich. Jetzt steht er gleich doppelt in schlechtem Licht da - als mutmaßlicher Mafiaboss und Wahlbetrüger.

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Für EU und USA dürfte der Fall Thaci eigentlich nicht neu sein

Andreas Förster

BERLIN. Ist der wiedergewählte kosovarische Ministerpräsident Hashim Thaci
Kopf einer Mafia-Bande, die an Morden, illegalem Organhandel und anderen
schweren Verbrechen beteiligt ist? Auf entsprechende Vorwürfe, die in einem
jetzt vorgelegten Bericht des Europarats zusammengefasst sind, haben
EU-Politiker und die US-Regierung verwundert reagiert. Dabei müssten sie
angesichts der seit Jahren von westlichen Geheimdiensten und Denkfabriken
angefertigten Berichte über die Verquickung von Politik und Organisierter
Kriminalität im Kosovo doch bestens im Bilde sein.

Der Schweizer Jurist Dick Marty hatte in der vergangenen Woche einen im
Auftrag des Europarats verfassten Bericht veröffentlicht, in dem er Thaci
und andere Führer der kosovarischen Befreiungsarmee UCK beschuldigt, in den
Jahren 1998 bis 2000 am Handel mit Organen serbischer Gefangener beteiligt
gewesen zu sein. Am Samstag kündigte Serbien an, Thaci wegen der Vorwürfe
nicht anklagen zu wollen. Er selbst weist die Anschuldigungen zurück.

Nichts wirklich Neues: Schon ein im Jahr 2007 vom Institut für europäische
Politik (IEP) verfasster Report über die Sicherheitslage im westlichen
Balkan etwa kommt zu dem Schluss, dass besonders im Kosovo engste
Verbindungen zwischen führenden politischen Entscheidungsträgern und den
dominierenden kriminellen Clans der Provinz existieren, die nahezu alle
wesentlichen gesellschaftlichen Schlüsselpositionen besetzt halten.
Ausdrücklich erwähnt wird hier neben zwei anderen Spitzenpolitikern auch
Thaci, der "auf internationaler Ebene über weit reichende kriminelle
Netzwerke verfügt".

Das in Berlin ansässige und von der Europäischen Kommission mitfinanzierte
IEP hatte für seinen von der Bundeswehr in Auftrag gegebenen Bericht 70
deutsche und internationale Balkan-Experten, EU-Beamte, Angehörige von
Polizei, Nachrichtendiensten und Streitkräften sowie politische
Entscheidungsträger befragt. Aus deren Aussagen ergibt sich im IEP-Bericht
ein niederschmetterndes Bild der gesellschaftlichen, wirtschaftlichen und
politischen Situation des Kosovo: Das multiethnische Gesellschaftsmodell sei
gescheitert, es herrsche ein "enorme Armutsdimension", der Justizbereich
gelte als hoch korrupt. Eine nachhaltige Wirtschaftsbelebung des zerrütteten
Landes sei unrealistisch, weil ausländische Investoren abgeschreckt werden
von "der grassierenden Korruption, der teilweise offenen
Schutzgelderpressung sowie der breiten Übernahme staatlicher
Kontrollfunktionen seitens krimineller Akteure", heißt es im IEP-Bericht.
Hinzu käme, das international verflochtene Gruppen der Organisierten
Kriminalität (OK) vom Kosovo aus ihre Aktivitäten in ganz Westeuropa
steuern.

Die Studie zitiert eine Untersuchung des Europarats, wonach
"kosovo-albanische OK-Elemente ... die überwiegend in den Bereichen
Drogenschmuggel, Menschenhandel und Geldwäsche aktiv (sind), eine
'ernsthafte Bedrohung für die EU' darstellen". Nach seriösen Schätzungen
belaufe sich der Umsatz der kosovarischen OK-Gruppen auf 1,5 Millionen Euro
pro Tag, was aufs Jahr gerechnet einem Viertel des durch internationale
Gebertransfers künstlich hochgehaltenen Bruttosozialproduktes des Landes
entspreche. Unter den Augen der internationalen Gemeinschaft hätten sich so
aus früheren UCK-Strukturen Multi-Millionen-Euro-Organisationen entwickeln
können, die sowohl über Guerilla-Erfahrung als auch über
Geheimdienstexpertise verfügen, so das bittere Fazit.


=== 3 ===

Thaci-Partei droht Sonderermittler Dick Marty

Peter Mühlbauer 17.12.2010

Trotz der durch den Europarats-Bericht gefestigten Erkenntnisse zu Menschenschlachtungen, Organhandel und der Kontrolle des Kosovo durch das Organisierte Verbrechen weigert sich die EU-Außenbeauftragte, strafrechtliche Ermittlungen einzuleiten

Das, was der Europarats-Sonderbeauftragte Dick Marty (1), der 2006 (2) mit einem bemerkenswerten Befund zu CIA-Geheimgefängnissen Aufsehen erregte hatte, gestern in einem Berichtsentwurf (3) zum Organhandel im Kosovo vorstellte (4), ist größtenteils nicht neu (5): Whistleblower, NGOs und kritische Medien berichteten seit Langem davon, dass in dem Gebiet mit völkerrechtlich umstrittenen Status das Organisierte Verbrechen herrscht. Neu ist, dass diese Erkenntnis nun auch von offizieller Stelle so formuliert wurde, dass sich die Partei des Ministerpräsidenten Hashim Thaci bemüßigt fühlte, zu drohen, man werde "alle möglichen und notwendigen Schritte" gegen die "Verleumdung" einleiten.

Allerdings ist wahrscheinlicher, dass Thaci eine Anwaltskanzlei mit besten Kontakten zu deutschen Politikern und zu Albanerclans beauftragt, als dass er Marty enden lässt wie die serbischen Kriegsgefangenen und Zivilisten, die man zum Zwecke des Organverkaufs wie Schlachtvieh tötete und ausnahm, was der ehemalige Staatsanwalt in seinem Bericht jetzt offiziell bestätigte.
Einer der Köpfe, die die Verbrechen zu verantworten haben, ist dem Berichtsentwurf nach der Ministerpräsident des Kosovo, der sich vor wenigen Tagen zum Sieger der am 12. Dezember abgehaltenen Parlamentswahl erklärte. 

Dem offiziellen Wahlergebnis (6) nach siegte Thacis "Demokratische Partei" PDK mit etwa 36 Prozent der Stimmen. Die bisher mit ihr koalierende "Demokratische Liga" (LDK) kam danach auf knapp 24, die extremnationalistische Großalbanienpartei Vetëvendosje (7) auf über 12, die "Allianz für die Zukunft des Kosovo" (AAK) des in Den Haag als Kriegsverbrecher angeklagten (8) Ramush Haradinaj (9) auf ungefähr 11 und die vom Oligarchen Behgjet Pacolli geführte "Allianz für ein neues Kosovo" (AKR) auf sieben Prozent. Alle diese Parteien sind mehr oder weniger eng mit dem Organisierten Verbrechen verbunden, weshalb ein hochrangiger BND-Mitarbeiter 2008 (10) von "Organisierter Kriminalität als Staatsform" sprach. 

Eine für das deutsche Verteidigungsministerium angefertigt und als "Verschlusssache" eingestufte Studie des Instituts für Europäische Politik (IEP) (11) kam bereits Anfang 2007 zu dem Schluss, dass das Kosovo "fest in der Hand der Organisierten Kriminalität" ist, die "weitgehende Kontrolle über den Regierungsapparat" hat. Dieser Studie zufolge gilt Thaci in Sicherheitskreisen als "noch wesentlich gefährlicher als Haradinaj", da der einstige UCK-Chef auf internationaler Ebene über weiter reichende kriminelle Netzwerke verfügt". Die Studie führt aus, wie "parallel zum öffentlichen Ordnungswesen" die "Dominanz des clanbasierten und auf den Grundprinzipien patriarchaler Altersautorität fußenden Herrschaftssystems" wuchs, während der NATO-Angriffe einen "exponentiellen Machtzuwachs erfuhr, und nach dem Zusammenbruch der jugoslawischen Ordnung zur alleinigen gesellschaftlichen Autorität im Kosovo avancierte." Anschließend kam es zur Herausbildung von clangesteuerten politkriminellen Netzwerken, die seither maßgeblich die ökonomischen Geschicke des Kosovo kontrollieren und konkurrierende legal aufwachsende Strukturen notfalls mit Waffengewalt eliminieren [...] Unter dem Deckmantel der Etablierung politischer Parteien verfestigten rivalisierende Clans [ihre] Machtstrukturen und konnten in Folge mehrerer Wahlen sowie aufgrund der politischen Anerkennung seitens internationaler Institutionen wie UNMIK und KFOR eine bislang unübertroffene Machtfülle erlangen.

Zu ähnlichen Einschätzungen kommt auch der gestern offiziell vorgestellte Berichtsentwurf, der sich unter anderem auf Augenzeugenberichte und polizeiliche Erkenntnisse aus fünf Ländern stützt. Eine relativ neue Erkenntnis aus den zweijährigen Ermittlungen des Sonderermittlers ist lediglich, dass der Organhandel bis heute andauert. 

In der Schweiz, dem Heimatland Martys, überlegt (12) man nach der Veröffentlichung des Berichtsentwurfs, die diplomatische Anerkennung des Kosovo rückgängig zu machen. Die EU-Außenbeauftragte Catherine Ashton sieht dagegen keinen Anlass zum Handeln. Auch strafrechtliche Ermittlungen, wie sie der Europarat fordert (13), plant man weder in Brüssel noch im Kosovo, dessen Justizsystem Norbert Mappes-Niediek 2002 wie folgt (14) beschrieb: "Wenn Kriminalität überhaupt bekämpft wird, dann von der jeweils gegnerischen Bande, die sich gerade die Kontrolle über die Staatsorgane gesichert hat". 

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Links

(1) http://www.dickmarty.ch/
(2) http://www.coe.int/T/D/Kommunikation_und_politische_Forschung/Presse_und_Online_Info/Presseinfos/2006/20060607-329-PV-Marty.asp
(3) http://assembly.coe.int/ASP/APFeaturesManager/defaultArtSiteView.asp?ID=964
(4) mms://coenews.coe.int/vod/20101216_01_w.wmv
(5) http://www.heise.de/tp/r4/artikel/27/27883/1.html
(6) http://www.kqz-ks.org/SKQZ-WEB/al/zgjedhjetekosoves/materiale/rezultatet/rezultatetfinaleperkuvendtekosoves.pdf
(7) http://www.eurasischesmagazin.de/artikel/?artikelID=20060705
(8) http://www.icty.org/cases/party/698/4
(9) http://www.heise.de/tp/r4/artikel/24/24748/1.html
(10) http://www.welt.de/politik/article2803781/Der-BND-in-den-Untiefen-des-Kosovo.html
(11) http://www.iep-berlin.de/
(12) http://www.tagesschau.sf.tv/Nachrichten/Archiv/2010/12/15/Schweiz/Schweizer-Politiker-stellen-Anerkennung-des-Kosovo-in-Frage
(13) https://wcd.coe.int/wcd/ViewDoc.jsp?Ref=PR971%282010%29&Language=lanGerman&Ver=original&Site=DC&BackColorInternet=F5CA75&BackColorIntranet=F5CA75&BackColorLogged=A9BACE
(14) http://www.zeit.de/2002/46/Der_Geschmack_von_Freiheit_und_Anarchie

Telepolis Artikel-URL: http://www.heise.de/tp/r4/artikel/33/33867/1.html 
Copyright © Heise Zeitschriften Verlag 


=== 4: FLASHBACK ===

Carla del Ponte verklagt

Von Vesna Peric Zomonjic (IPS), Belgrad und Cathrin Schütz
Junge Welt, 3.4.08
 
Die Geschichte klingt ungeheuerlich und empört seit Tagen die serbische Öffentlichkeit. Sie handelt von 300 jungen Serben und Roma, die im Sommer 1999, kurz nach dem NATO-Krieg gegen Jugoslawien, mutmaßlich von der Terrororganisation UCK (Kosovo-Befreiungsarmee) aus dem Kosovo entführt und nach Burrell in Albanien verschleppt wurden. Dort wurden die jungen Männer ermordet, ihre Körper regelrecht ausgeweidet und die Organe über Händler nach Westeuropa verkauft. 

»Wir prüfen die Angaben und leiten eine offizielle Untersuchung ein«, erklärte nun der für Kriegsverbrechen zuständige serbische Staatsanwalt Wladimir Vukcevic. Er reagierte damit auf Veröffentlichungen der unabhängigen serbischen Nachrichtenagentur Beta. Diese hatte entsprechende Passagen aus dem auf italienisch publizierten Buch »Die Jagd: Ich und die Kriegsverbrecher« zitiert und damit für einen öffentlichen Aufschrei gesorgt.

Die Buchautorin heißt Carla del Ponte, ehemals Chefanklägerin des Tribunals über Kriegsverbrechen im ehemaligen Jugoslawien (ICTY) und jetzige Botschafterin der Schweiz in Argentinien. Sie berichtet davon, wie sie und ihr Team beim ICTY 2001 Informationen über den Tod der rund 300 Serben und Roma erhielten und ihnen auch nachgingen. Die Rede sei davon gewesen, daß man den Entführten in einem gelben Haus außerhalb der Ortschaft Burrell Organe entnommen habe. Das beschriebene, inzwischen weiß getünchte Haus sei 2003 ausfindig gemacht und untersucht worden. Entdeckt habe man Blutspuren und diverse benutzte medizinische Utensilien, darunter Mull, eine Spritze, zwei Infusionsbeutel und leere Flaschen, die einst unter anderem Mittel zur Muskelrelaxation enthalten hätten. »Wir beschlossen, daß die Beweise nicht ausreichen. Ohne Leichname oder andere belastbare Hinweise, die zu Verdächtigen hätten führen können, gab es für die Anklage keine Möglichkeit zu weiteren Untersuchungen«, schreibt Del Ponte.

Es sind diese Sätze, die Simo Spasic wütend machen. Spasic, Sprecher einer serbischen Vermißtenorganisation, erhob nun schwere Vorwürfe gegen Del Ponte. Er habe sie und ihr Team 2001 mehrfach getroffen und Beweise für die Verschleppung junger Kosovo-Serben und deren Ermordung in kosovo-albanischen Lagern vorgelegt. 2004 habe ihm das Büro der Chefanklägerin mitgeteilt, daß all die Menschen, nach denen er suche, tot seien. »So einfach war das«, kritisierte Spasic und kündigte eine Klage gegen Del Ponte an. Viele der Familien in seiner Organisation seien schockiert, weil Del Ponte erst heute mit ihrem Bericht über die Folter und Ermordung von Serben und den Organhandel an die Öffentlichkeit gegangen sei. 

Del Ponte selbst nahm dazu jüngst in einem Interview der italienischen Tageszeitung La Stampa Stellung. Die Verfolgung von Kriegsverbrechen sei in der »modernen Welt« eine politische Angelegenheit, so Del Ponte. Deswegen sei es auch »kein Zufall«, daß das Buch erst herauskommt, nachdem der Kosovo seine Unabhängigkeit proklamiert hat. 

In der Tat führt die Spur des Verbrechens in die kosovarische Hauptstadt Pristina. Dort regiert mit Hashim Thaci einer der ehemaligen UCK-Führer als Premierminister das seit Anfang März unabhängige Kosovo. Von ihm wird laut der Belgrader Zeitung The Press gesagt, daß er in der Vergangenheit höchstpersönlich kriminelle Geschäfte kontrolliert habe. Laut der russischen Zeitung Prawda »verdiente er Millionen von Dollar durch den Organhandel«.

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DEN HAAG IM »BEWEISNOTSTAND«
 
Stunde der Gangster
 
Von Werner Pirker
 
Im Triumphzug ist Ramush Haradinaj, der in Den Haag wegen Kriegsverbrechen angeklagt war und »mangels an Beweisen« freigesprochen wurde, in das Kosovo zurückgekehrt. Ein anderes Urteil war bei diesem Tribunal, das seine Parteilichkeit längst hinreichend unter Beweis gestellt hat, auch nicht zu erwarten gewesen. Am albanischen Opfermythos darf nicht gerüttelt werden. Lediglich einem einzigen Mitglied der Terrorgruppe UCK wurden bisher seine Kriegsverbrechen mit sechs Jahren Haft in Rechnung gestellt.
Eine Verurteilung Haradinajs, des geheimen Herrschers über die kriminelle Freihandelszone Kosovo und deren ehemaligen »Ministerpräsidenten«, aber hätte den Staat von Washingtons und Brüssels Gnaden in seiner Gangsterstruktur bloßgestellt. Aus dem gleichen Grund, aus dem Slobodan Milosevic vom Haager Tribunal in den Tod getrieben werden mußte, um die Wahrheit über die kriminelle Verschwörung gegen Jugoslawien nicht ans Licht kommen zu lassen, werden UCK-Banditen freigesprochen: Die verbrecherischen Voraussetzungen der albanischen Staatsgründung auf serbischem Boden sollen nicht ins öffentliche Bewußtsein dringen.
Dabei wissen es die Verantwortlichen im Westen längst ganz genau, welche Schlange sie an ihrer Brust genährt haben. In einem internen UN-KFOR-Bericht wird die Gruppe Haradinaj als die mächtigste kriminelle Organisation im Kosovo bewertet. Ihr werden Drogen- und Waffenschmuggel sowie Menschenhandel vorgeworfen. Die albanische Bevölkerung in der vom Haradinaj-Clan beherrschten Region schwanke zwischen Heldenverehrung und ständiger Angst vor Repressalien, wird vermerkt. Das ließe sich vor allem daraus erklären, daß die UCK in ihrem »Unabhängigkeitskampf« mehr Albaner als Serben umgebracht hat.
Das alles sah das Haager Tribunal als nicht erwiesen an. So wie Signora del Ponte die Ermordung von 300 jungen Roma und Serben, deren Eingeweide dem internationalen Organmarkt zugeführt wurden, trotz deutlicher Spurenhinweise nicht zur Kenntnis nehmen wollte. Die Schweizerin und ihr Apparat, die selbst den absurdesten Hinweisen auf serbische Verbrechen nachgingen und sie der antiserbischen Propaganda zukommen ließen, zeigten nicht nur an der Aufklärung dieses Verbrechens keinerlei Interesse, sondern waren auch um dessen Vertuschung bemüht. Del Ponte machte die serbischen Vorwürfe in ihren Memoiren bekannt, die erst erschienen sind, als die Organhändler einen Staat ihr eigen nennen durften. Zu ihnen gesellt sich nun auch Ramush Haradinaj. Eine wirklich friedliche Zukunft dürfte dem Kosovo damit nicht beschieden sein.
Während fast die gesamte politische und militärische Führung Serbiens aus der Zeit des NATO-Krieges gegen Jugoslawien in Den Haag einsitzt, werden geschäftsstörende Maßnahmen gegen albanische Politgangster schnellstens wieder aufgehoben. Und den Serben wird ein Hang zu narzißtischer Kränkung vorgehalten, wenn sie sich ungerecht behandelt fühlen.
 
junge Welt, 5./6. April 2008

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-------- Original-Nachricht --------
Datum: Tue, 8 Apr 2008 00:24:14 +0200
Von: "Y.&K.Truempy"
Betreff: "Heikle Aussagen" von Carla del Ponte

Wenn es um den Kosovo geht, werden Informationen selektiv weitergegeben:

A.) 7. April 2008, 20:44, NZZ Online

Del Ponte darf nicht an Buchpräsentation teilnehmen

Heikle Aussagen der früheren Chefanklägerin

Das eidgenössische Departement für auswärtige Angelegenheiten (EDA) lässt die frühere Chefanklägerin des Uno-Kriegsverbrechertribunals in Den Haag, Carla Del Ponte, nicht für ihr umstrittenes Buch werben. Es gebe darin Aussagen, die von einer Vertreterin der Schweizerischen Regierung nicht gemacht werden könnten, teilte das EDA am Montag mit.

B.) Der Tagesanzeiger und Radio DRS werden schon konkreter:

Die Veröffentlichung von Ausschnitten aus dem Buch hatte in der serbischen Presse für Aufregung gesorgt. Dabei ging es unter anderem um den von Del Ponte geäusserten Verdacht, wonach die Kosovo-Befreiungsarmee UCK Serben verschleppt und ihnen Organe entnommen haben soll. Hashim Thaci habe davon gewusst.

C.) Leser der jungen Welt (auch auf diesem Kanal) wissen noch mehr:

Hashim Thaci habe dabei Millionen verdient 

Unsere famose Aussenministerin Micheline Calmy-Rey (Kosenamen: la vache qui rit) hat unsere hyper-kinetische Carla del Ponte (neuerdings Botschafterin in Argentinien) panikartig zurückgepfiffen, da der von der Schweiz gehätschelte Hashis Thaci betroffen ist. Zukünftige Interviews müssten mit dem EDA einzeln abgesprochen werden.

Der vorauszusehende (Kronzeuge wurde in Montenegro von Kosovo-Mafia umgelegt, usw.) und jetzt tatsächlich erfolgte Freispruch des UCK-Kommandanten und ehemalige Kosovo-Premierminister Ramush Haradinaj am Kriegsverbrechertribunal in Den Haag hat bei Del Ponte offensichtlich letzte Reflexe eines übrig gebliebenen Gerechtigkeitssinns aktiviert (natürlich erst dann, wenn schon alles gelaufen ist..) Nachzulesen in: "La caccia. Io e i criminali di guerra" (Die Jagd - Ich und die Kriegsverbrecher)

K.Trümpy, ICDSM Schweiz