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(italiano / hrvatskosrpski)

Quella che segue è la sintesi di un articolo di A. Cernjul pubblicato sul sito hrvatskarijec.rs, di cui riproduciamo l'originale più sotto. Si tratta di una voce nettamente "fuori dal coro" delle celebrazioni dell'incontro dei tre presidenti a Trieste (in proposito si veda anche:  http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6797 ). La riportiamo, come al solito, "per il contenuto informativo e al solo scopo di segnalazione e commento"... Trad. a cura di I.I. per CNJ-onlus.


La vergognosa, e non storica, stretta di mano dei tre presidenti a Trieste

Ecco perchè il presidente croato Ivo Josipovic ha tradito l'antifascismo e la Croazia
 
di Armando Cernjul


Dopo aver deposto la corona ed essersi inchinato alle vittime di Bleiburg [1] alcune settimane prima, lo stesso gesto Josipovic l'ha compiuto giorni fa nel centro di Trieste, insieme al presidente Napolitano e a quello sloveno Turk, dinanzi al monumento dei 350.000 esuli italiani da Istria, Fiume e Dalmazia, secondo quanto è scritto sulla lapide. Con questo atto ha dimostrato il tradimento dell'antifascismo croato, dell'antifascismo in generale e della Croazia.
Lui può dichiararsi quanto vuole antifascista, figlio di partigiani croati, professore universitario, compositore... Ma ha fallito un esame al quale non potrà mai più e in nessun modo riparare.
Non c'è dubbio che il Presidente, malgrado sia un "duro" socialdemocratico (SDP), ha tradito gli ideali antifascisti e la Croazia. Lui infatti, con la visita e da "ospite", si è messo inconsciamente dalla parte dell'irredentismo italiano, del neofascismo e del postfascismo. Lo possiamo dimostrare, naturalmente. Dobbiamo osservare innanzitutto che sul monumento avrebbero dovuto scrivere "fuoriusciti" e non "esuli", ed oltre a quelli italiani avrebbero dovuto aggiungere croati, sloveni, cechi, austriaci, ebrei...
Purtroppo all'opinione pubblica in Croazia arrivano le notizie inviate da Trieste da colleghi che, sul tema dei cosiddetti esuli, non sanno niente o sanno soltanto per sentito dire.
Perciò bisogna ribadire per l'ennesima volta che il giornalismo in Croazia versa nella più grave crisi degli ultimi 45 anni.
Di simili avvenimenti e incontri dovrebbero informare giornalisti professionisti e non giornalisti improvvisati. Redattori e caporedattori devono essere bene informati. Purtroppo anche tra di loro sono in numero sempre più elevato quelli giornalisticamente analfabeti.
All'autore di questo scritto, che il 13 luglio si trovava a Trieste, il giorno dopo questo documentato articolo è stato rifiutato da nove mezzi d'informazione tra carta stampata e siti internet. Non l'ho inviato ai media di destra ed estrema destra, che lo avrebbero subito "inghiottito" togliendo però la parte che riguarda Bleiburg.

Perchè il presidente Josipovic non avrebbe dovuto accettare l'invito al concerto e la "marcia su Trieste" politico-istituzionale?

Tudjman e Mesic non sono stati tanto ingenui quanto il presidente Josipovic

Josipovic doveva innanzitutto sapere che i presidenti Tudjman e Mesic, dal 1998 fino al 2009, hanno rifiutato gli inviti di Scalfaro, Ciampi e Napolitano (questo ex comunista che per due volte in due anni di seguito ha offeso i croati e la Croazia - peggio di Mussolini e Hitler) poiché sapevano che dietro questi inviti si celavano gli ideologi dell'irredentismo italiano e gli ex criminali fascisti, il cui fine ultimo è di equiparare le vittime del fascismo e quelle dell'antifascismo.
La prima proposta fu che i presidenti Scalfaro, lo sloveno Kucan ed il croato Tudjman si inchinassero dinanzi alle vittime della foiba di Basovizza - vicino Trieste, dove i titini, secondo loro, avrebbero gettato dai 1500 ai 2000 italiani - e alla Risiera, ex lager tedesco nel quale sono stati uccisi circa 4000 ebrei, italiani, sloveni, croati e altri.
La successiva proposta italiana (di destra e di sinistra) è stata che i presidenti Ciampi, Drnovsek e Mesic si inchinassero al cospetto delle vittime di Basovizza, della Risiera e di Gonars, nel cui campo di concentramento sono morti molti detenuti, in maggioranza donne e bambini da Slovenia e Croazia. Nemmeno questo invito è stato accolto.
Queste proposte italiane erano sostenute da Furio Radin, parlamentare croato, noto per il suo civettare con i postcomunisti ma anche con i postfascisti in Italia, proponendo che in Istria fossero evidenziate tutte le foibe nelle quali finirono gli italiani e i loro collaborazionisti croati - per i quali c'è una unica definizione: quella di fascisti, che in Istria e a Fiume ammazzavano la gente e stupravano donne e bambine!
I presidenti Tudjman e Mesic, benché pure loro abbiano commesso degli errori, ringraziando i loro collaboratori ed anche quelli che dall'Italia, dalla Slovenia e dalla Croazia li ammonivano a non accettare simili inviti - dietro ai quali si celano i partiti di destra e purtroppo anche di alcuni di sinistra, mentre i più accaniti sono i leader dell'organizzazione dei cosiddetti esuli d'Istria, Fiume e Dalmazia (ANVGD) -, saggiamente hanno declinato gli inviti. Non sono caduti nel tranello come Josipovic.
Dalla Croazia e dalla Slovenia sono pervenute proposte perchè il presidente italiano si inchinasse al cospetto delle migliaia di vittime croate, slovene ed ebree nel campo di concentramento di Rab (Arbe), ma questa proposta in Italia non è passata.
Di queste cose il presidente Josipovic ed i suoi più stretti collaboratori non hanno la minima idea, oppure hanno deciso di perdonare. O, come ha detto il presidente Josipovic a Trieste: "Del numero degli 'esuli' lasciamo che se ne occupino gli storici". Non ha detto però quali storici, se quelli italiani che falsificano sui "350.000 esuli cacciati da Istria, Fiume e Dalmazia", oppure quelli croati che ne sanno poco o niente, o quelli sloveni che che scrivono almeno qualche verità.
Invece di inchinarsi dinanzi al croato Zvonimir Milos, assassinato dai fascisti, il presidente Josipovic è andato ad inchinarsi davanti al monumento filofascista.
Non so quante volte negli ultimi 30 anni sono stati pubblicati miei articoli su questi neofascisti che a squarciagola ancora gridano che l'Istria, Fiume e la Dalmazia sono state rubate dalla Jugoslavia, cioè da Croazia e Slovenia, e perciò un giorno torneranno all'Italia.
Accidenti professor, dottor Ivo Josipovic: mi meraviglio che in quanto insegnante di Giurisprudenza alla Facoltà di Zagabria lei non abbia letto questi articoli nei giornali zagrebesi o sui siti internet!
Veniamo alla ragione principale per cui il presidente croato non avrebbe dovuto accettare l'invito del noto direttore Riccardo Muti. Dietro l'invito si nascondeva la vecchia idea irredentista e postfascista, e gli ideologi filofascisti ne hanno approfittato perchè il presidente croato Josipovic "cascasse nella rete" irredentista italiana.
L'Italia ufficiale ha vinto, particolarmente quella di destra, malgrado quelli di estrema destra inveissero durante la cerimonia contro Josipovic e Turk, cioè contro sloveni e croati.
Anche la Slovenia in qualche modo ha vinto, perchè i tre presidenti hanno deposto una corona di fiori sull'edificio del Narodni Dom sloveno, ex albergo "Balkan", bruciato dai fascisti italiani. 

Cosa ha ottenuto invece la Croazia? Niente!

Un mio stretto parente mi disse, con mio grande stupore: il presidente Josipovic perdona. Chi perdona? I criminali di guerra fascisti?, chiesi.
Se devo spiegare questo a uno come lui, cosa posso fare col grande numero di quelli che ancora oggi acclamano Ante Pavelic?
Il presidente Napolitano si sarebbe dovuto innanzitutto scusare per le ben due volte in due anni consecutivi in cui ha gravemente inveito contro gli slavi definendoli "carnefici". Pensava a noi croati, e probabilmente agli sloveni. Poi sarebbe dovuto andare a Gonars, ad inchinarsi davanti alle vittime, prevalentemente madri e bambini da 1 a 10 anni, provenienti dal Gorski Kotar [2], morti di stenti e malattie. Oppure avrebbe potuto visitare il campo di concentramento di Arbe, dove sono state migliaia le vittime della barbarie mussoliniana. Se Napolitano non ha mai sentito parlare di questo patibolo fascista, avrà almeno sentito dire del campo di concentramento della Risiera, dove si esercitavano anche i fascisti italiani. Con ciò avrebbe in qualche modo giustificato il suo viaggio a Trieste.
Invece se il presidente croato ed i suoi consiglieri non fossero tanto ignoranti - compresi quegli analfabeti dell'Ambasciata a Roma o al Consolato di Trieste -, lo statista, il professor dottor Josipovic avrebbe chiesto ai suoi due colleghi di andare a porre una corona e ad inchinarsi davanti ai tre sloveni ed al croato fucilati dai fascisti italiani a Basovizza, ottant'anni fa. Bisogna infatti ricordare che il Tribunale Speciale Fascista per la Difesa dello Stato, spostatosi per l'occasione a Trieste, il 5 settembre 1930 condannò a morte, definendoli terroristi, i tre sloveni Ferdinand Bidovec, Franc Marusic, Alojzije Valencic e l'antifascista croato Zvonimir Milos, residenti a Trieste, a causa dell' attentato eseguito il 10 febbraio alla redazione del quotidiano fascista "Il Popolo". Nell'attentato fu ucciso un redattore e vennero feriti tre lavoratori. Gli altri imputati furono condannati complessivamente a 147 anni e sei mesi. Zvonimir Milos era nato a Susak, cittadina ora inglobata nella città di Fiume.
Il processo - e ce ne sono stati poi diversi - è entrato nella storia quale Primo processo triestino.

Ma a cosa serve spiegare questo al governo croato, quando al loro servizio impiegano elementi ustascioidi, come aveva scritto tempo fa sui quotidiani "Glas Istre" di Pola e "Novi List" di Fiume il noto giornalista e critico Zdravko Zima.
Se il presidente croato, il prof. dott. Ivo Josipovic, in relazione al ricevimento di un irredentista e filofascista avesse risposto alle domande che il sottoscritto gli inviò il 10 e il 18 maggio scorsi, allora non avrebbe commesso questo imperdonabile sbaglio. Lui e suoi consiglieri non si sono nemmeno degnati di una risposta, che pure dovevano legalmente. Così hanno tradito l'antifascismo, i veri croati patriottici e i cittadini delle altre nazionalità che vivono in Croazia!
Ha svergognato se stesso e noi.
Lui è un professore di giurisprudenza, perciò: prego, si difenda. A suo sfavore è la circostanza di essere professore di giurisprudenza: come tale deve sapere che in Croazia vige la legge del diritto d'informazione al quale lui e la sua equipe non si attengono.
Gli storici in Croazia - fatta eccezione per lo stimato Petar Strcic e per pochissimi altri, che conoscono bene il tema in questione... ma loro chi li ascolta, non vengono seguiti nemmeno quando segnalano gli errori! - sono di una totale ignoranza.
Purtuttavia, spero che la maggioranza sappia la verità. La verità è che i fascisti italiani ed i loro collaborazionisti, nella II Guerra mondiale in Croazia, hanno ucciso più di 40.000 civili, per lo più anziani, donne e bambini.


Note (a cura di CNJ-onlus):
[1] A Bleiburg, al confine tra Slovenia e Austria, furono giustiziati dall'Armata jugoslava centinaia di collaborazionisti del nazifascismo, soprattutto ustascia croati, mentre erano in fuga alla fine della II Guerra Mondiale.
[2] Regione nell'entroterra di Fiume.


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http://www.hrvatskarijec.rs
 
Josipović se nije trebao pokloniti pred spomenikom tzv. esulima

Autor: hrijec on Jul 24, 2010 | 6 komentara

Mnogi u Italiji, Sloveniji i Hrvatskoj ne znaju da je fašistički tribunal u Italiji od 1927. do 1943. ukupno osudio 4597 osoba (antifašista) na 27.742 godina zatvora, trojicu na doživotnu robiju i 42 na smrtnu kaznu, od toga je 31 izvršena

Piše: Armando ČERNJUL

Nakon što je hrvatski predsjednik Ivo Josipovic nedavno položio vijenac i poklonio se žrtvama Bleiburga, u središtu Trsta se, zajedno sa talijanskim predsjednikom Napolitanom i slovenskim predsjednikom Türkom poklonio pred spomenikom 350.000 izbjeglih Talijana iz Istre, Rijeke i Dalmacije, kako je to na talijanskom jeziku ispisano. Time se nesvjesno stavio na stranu talijanskog iredentizma, neofašizma i postfašizma!

Najprije treba reći da je na na spomeniku na koji su položeni vijenci trebalo je pisati profugi (izbjeglice) a ne esuli (prognanici), a osim Talijana, trebalo je napisati Hrvata, Slovenaca, Čeha, Austrijanaca, Židova...

No, javnost u Hrvatskoj imala je prilike čitati izvješća iz Trsta koja su ponajviše pisali kolege koji o temi takozvanih esula, a ne esula kako su javili, ne znaju ništa ili su samo o njoj načuli. Premda je čelnik Hrvatskog novinarskog društva Duka nedavno “istaknuo kako je u privatnim medijima situacija možda i gora nego u državnim”, moj je stav da je u jednima i drugima stanje katastrofalno!

Još jednom je potvrdeno da je hrvatsko novinarstvo u najvećoj krizi u posljednjih četrdeset i pet godina.

Sa skupova kao što je bio onaj 12. ovoga mjesesa u Trstu trebaju izvještavati profesionalci a ne profesionalci diletantskog znanja, koje je vrlo opasno, ali prije svega moraju biti načitani urednici i glavni urednici a oni su u sve većem broju novinarski nepismeni!

Osim toga, autoru ovoga teksta koji je 13. srpnja bio u Trstu, samo jedan dan poslije trojice predsjednika, od 14. ovog mjeseca do danas čak jedanaest tzv. lijevih listova i portala u Hrvatskoj odbilo je objaviti ovaj dokumentirani članak, a neki nisu ni odgovorili! Desnicarskim i ekstremno desnicarskim medijima nije ni nuđen, iako bi ga oni sigurno odmah “progutali”, ali bi tražili da se izbaci što im nije po volji.

Zašto predsjednik Josipović nije smio prihvatiti poziv na koncert i političko-državnički “marš na Trst”?

Tuđman i Mesić nisu bili naivini

Morao je, prije svega, znati da su hrvatski predsjednici Franjo Tuđman i Stipe Mesić od 1998. do 2009. odbili pozive talijanskih predsjednika Scalfara, Ciampija i Napolitana (ovaj bivši komunistički lider dvaput je izvrijeđao Hrvate i Hrvatsku gore nego Mussolini i Hitler!), jer su znali da se iza tih poziva kriju ideolozi talijanskog iredentizma i bivši fašistički zločinci kojima je bio za cilj izjednačiti žrtve fašizma i antifašizma.

Prvi je prijedlog bio da se predsjednici Scalfaro, Kučan i Tuđman poklone žrtvama Bazovičke jame kod Trsta kamo su, prema postfašističkim izvorima Titovi partizani bacili od 1500-2000 Talijana, i Rižarni, bivšem njemačkom koncentracijskom logoru u kojemu je ubijeno oko 4000 Židova (neki su bili iz Rijeke, a bilo ih je koji su rodom iz Sarajeva), Talijana, Slovenaca, Hrvata i drugih.

Sljedeći je talijanski prijedlog (desničara i ljevičara) bio da se predsjednici Ciampi, Drnovšek i Mesić poklone žrtvama Bazovičke jame, Rižarne i Gonarsa, gdje je bio talijanski koncentracijski logor u kojem je umrlo mnogo logoraša, uglavnom žena i djece iz Slovenije i Hrvatske, ali ni to nije prihvaćeno.

S tim talijanskim prijedlozima zalagao se saborski zastupnik Furio Radin, koji je poznat po tome da koketira s postkomunistima i postfašistima u Italiji, a predlagao je da se u Istri obilježe sve fojbe u koje su bačeni Talijani (i njihovi kolaboracionisti Hrvati), a oni imaju zapravo svoj jedini naziv – fašisti koji su po Istri i Rijeci ubijali ljude i silovali žene i djevojčice!

Međutim, predsjednici Tuđman i Mesić, koji nisu bili bezgrešni, zahvaljujući svojim suradnicima i onima koji su iz Italije, Slovenije i Hrvatske slali upozorenja da ne prihvate pozive talijanskih predsjednika iza kojih su stajale desničarske i poneka ljevičarska stranka, a najgrlatiji su ustvari bili lideri udruga tzv. esula iz Istre, Rijeke i Dalmacije, bili su mudri i nisu pali u klopku kao naivni predsjednik Josipović.

Iz Hrvatske i Slovenije su stizali prijedlozi da se talijanski predsjednik najprije pokloni tisućama hrvatskih, slovenih i židovskih žrtava u talijanskom logoru na Rabu, ali to u Italiji nije prošlo. O tome predsjednik Josipović i njegovi najbliži suradnici nemaju pojma ili su odlučili praštati ili kako je naš predsjednik u Trstu izjavio – neka brojke o “esulima” ostavimo povjesničarima. Nije rekao kojim. Talijanskim koji falsificiraju o “350.000 esula koji su protjerani iz Istre, Rijeke i Dalmacije”, slovenskim koji donekle pišu istinu ili hrvatskim od kojih većina ne zna ništa ili veoma malo.

Tako je u hrvatskim medijima ovih dana o susretu trojice predsjednika objavljeno niz neprimjerenih naslova poruka “Povijesni stisak ruku u Trstu” (hrt.hr), “Josipović, Napolitano i Türk iz Trsta poslali poruku mira i bratstva” (večernji.hr), Josipović, Türk i Napolitano poklonili se na spomen esulima” (jutarnji.hr) i tomu slično.

Sve u istom stilu, osim manjih kritičkih opservacija o broju izbjeglih u riječkom Novom listu “Pomirenje u glazbenom tonu” kolege Denisa Romca, a neke je dijelove, uz svoj komentar, prenio online Hrvatska riječ. U izvješćima iz Trsta izostalo je mnogo toga, pa i to da su predsjednik Giorgio Napolitano i njegovi prethodnici svake godine u veljači za Dan sjećanja na egzodus i žrtve fojbe odlikovali broje ratne zločince i druge fašiste koji su palili i ubijali po Istri, Rijeci i Dalmaciji, a neke i posthumno. I to će se nastaviti...

Zaboravljen Zvonimir Miloš

Ne znam više koliko sam puta u posljednjih tri desetljeća objavio o tim neofašistonima koji urliču da su Istra, Rijeka i Dalmacija ukradeni Jugoslaviji, odnosno Hrvatskoj i Sloveniji, te da će jednoga dana ponovno postati talijanski.

I sada ono najvažnije, glavni razlog zbog kojega je predsjednik Josipović trebao odbiti poziv glasovitog dirigenta Riccarda Muttija, iza kojega se ustvari krije stara iredentistička i postfašistička ideja koju su bjihovi ideolozi u Italiji iskoristili jer je hrvatski Predsjednik glazbenik i skladatelj. Nije postojao ni jedan jedini razlog da predsjednik Josipović nasjedne talijanskoj iredenti.

Službena Italija je dobitnik, a naročito desničari, iako su najekstremniji desničari dobacivali pogrdne parole na račun Josipovića i Türka, odnosno Hrvata i Slovenaca. Čak je i Slovenija donekle dobitnik jer su trojica predsjednika položili vijence na zgradu Narodnog doma, bivšeg hotela “Balkan”, koji su 1920. spalili talijanski fašisti.

Što je dobila Hrvatska? Ništa!

Jedan član moje uže rodbine, na moje veliko iznenađenje i razočaranje, rekao mi je: Predsjednik Josipović prašta! Kome, fašističkim ratnim zločincima? – upitah. Ako njemu moram objašnjavati onda što da učinim s velikim brojem onih koji dan danas kliču Anti Paveliću...

Predsjednik Napolitano se najprije trebao ispričati za dva puta u dvije godine zaredom izgovore optužbe na račun “krvoločnih Slavena”. Mislio je na nas, Hrvate (!) i najvjerojatnije Slovence, a zatim se u Gonarsu u Italiji (dvadesetak kilometara udaljenom od Trsta) i pokloniti više od 500 žrtava iz Slovenije i Hrvatske, od toga 70 dječaka i djevojčica, mnogi manje od godinu dana starosti iz Gorskog kotara koji su umrli od glasi i bolesti, ili posjetiti Rab i pokloniti se više tisuća žrtava Mussolinijeve barbarije.

Ako nije čuo za ta talijanska fašistička stratišta, možda je čuo za njemački koncentracijski logor Rižarna u kojoj su radili brojni talijanski fašisti, pa bi to na neki način, možda, opravdalo njegovo putovanje u Trst.

Hrvatski predsjednik je trebao inzistirati da sa dvojicom kolega položi vijenac i pokloni trojici Slovenaca i Hrvatu koje su talijanski fašisti strijeljali u Bazovici kod Trsta prije osamdeset godina. Naime, posebni fašistički sud za zaštitu države u Trstu je 5. rujna 1930. osudio na smrt slovenske antifašiste (fašisti su ih nazvali teroristima), trgovca Ferdinanda Bidovca, radnike Franca Marušiča i Alojzija Valenčiča i hrvatskog radnika i antifašista Zvonimira Miloša, sva četvorica nastanjena u Trstu, zbog atentata koji su izvršili 10. veljače te godine na uredništvo fašističkog lista Il popolo di Trieste u kojemu je ubijen urednik i ozlijeđena trojica radnika.

Ostali optuženi osuđeni su na 147 godina i šest mjeseci zatvora. Zvonimir Miloš je rođen na Sušaku, danas predio Rijeke. Spomenuto suđenje, a bilo ih je mnogo, u povijest je ušlo kao Prvi tršćanski proces.

Mnogi u Italiji, Sloveniji i Hrvatskoj ne znaju da je fašistički tribunal u Italiji od 1927. do 1943. ukupno osudio 4597 osoba (antifašista) na 27.742 godina zatvora, trojicu na doživotnu robiju i 42 na smrt, od toga je 31 izvršena. Inače, bilo je optuženo 5619 osoba, ali 998 su oslobođeni krivnje. To su podaci koje je objavio talijanski povjesničar Mimmo Franzinelli u svojeoj opsežnoj knjizi “I tentacoli dell’Ovra” (Bollati Boringhieri, Torino 1999.).

U knjizi nije objavljeno koliko je osuđeno Slovenaca, Hrvata i Talijana s današnjeg područja Slovenije i Hrvatske. No, činjenica je da je spomenuti sud 1929. preselio u Pulu da bi sudio hrvatskim narodnjacima i antifašistima iz okolice Pazina, pa je Vladimira Gortana, iz sela Berama osudio na smrt.

Gortan je prvi Hrvat kojega je osudio Mussolinijev fašistički sud, a o suđenju i izvršenju smrtne kazne 17. listopada 1929. pisali su mnogi listovi u cijelom svijetu.

Ali što to vrijedi objašnjavati hrvatskoj vlasti, kada je ona u svoje diplomatske službe zapošljavala ustašoide, o čemu je ne tako davno u riječkom Novom listu i Glasu Istre pisao poznati novinar i kritičar Zdravko Zima. Pridodao bih: i sinove bivših fašističkih policajaca za vrijeme talijanske okupacije koje su strijeljali partizani!

Da je hrvatski predsjednik Jopsipović odgovorio na pitanja koje sam mu 10. i 18. svibnja ove godine dostavio, tada mu se ne bi dogodila neoprostiva pogreška. No, on i njegovi savjetnici nisu se udostojili ni odgovoriti, što su obvezatni po Zakonu o pravu na pristup informacijama

Povjesničari u Hrvatskoj – izuzetak je uvaženi Petar Strčić i još pokoji rijetki koji znaju o temi koja se ovdje obrađuje ali tko njih sluša (pa čak i onda kad ih se savjetuje da ne čine pogreške) – totalne su neznalice! Ipak, nadam se da većina zna, istina da su talijanski fašisti i njihovi kolaboracionisti u Drugom svjetskom ratu u Hrvatskoj ubili više od 40.000 osoba, od toga najviše civila, staraca, žene i djece.




Paride Mori, fascista di Salò
E la sinistra gli dedica una strada


E' accaduto a Traversetolo, dove l'amministrazione di centrosinistra ha intitolato una via all'ufficiale del battaglione dei bersaglieri 'Mussolini'. Il sindaco: "Ci siamo sbagliati, non lo sapevamo".


di MARCO SEVERO
La didascalia sulla targa dice "Capitano dei bersaglieri". Punto e stop. In realtà Paride Mori fu un ufficiale del battaglione 'Bruno Mussolini', inquadrato nelle SS tedesche tra il '43 e il '45. Un fascista. Un 'ragazzo di Salò' e anche di più. Eppure a lui il Comune di Traversetolo - amministrazione di centrosinistra nel cuore dell'Emilia rossa - ha intitolato nei giorni scorsi una strada. Via Paride Mori, capitano dei bersaglieri appunto. Un'autorete, un 'continuiamo a farci del male' d'autore. "Ci siamo sbagliati, non sapevamo chi fosse Mori  -  ammette il sindaco Alberto Pazzoni  - ma nessuno metta in dubbio l'integrità e l'attaccamento di Traversetolo ai valori della Resistenza".


A via Paride Mori si accede tramite via della Libertà, manco a farlo apposta. Siamo in pieno centro, pochi metri dal Municipio. Qualche chilometro più avanti verso l'Appennino c'è Guardasone, borgo scelto da Giampaolo Pansa come ambientazione del recente I tre inverni della paura: ancora un romanzo sulle zone d'ombra della Resistenza. Vietato però fare illazioni, parola di sindaco: "Abbiamo trattato la vicenda con leggerezza  -  dice Pazzoni  -  ma non sarebbe giusto pensare a speculazioni storico-politiche". 

Questione di burocrazia, piuttosto. Di routine che diventa tagliola. "La questione  -  spiega il primo cittadino - risale a diversi mesi fa , quando il Consiglio comunale ratificò l'intitolazione di alcune strade discussa nel 2003 in commissione Toponomastica". Un voto e via. Nessuno però si prese la briga di controllare chi diavolo fosse Paride Mori: "Ci siamo fidati dell'opposizione, da cui venne la proposta dell'intitolazione  -  prosegue Pazzoni  -  Mori ci fu presentato solo come capitano dei bersaglieri". Un cavallo di Troia della minoranza di centrodestra? Chissà.

C'è voluto Marco Minardi, direttore dell'Istituto storico della Resistenza di Parma per rivelare la gaffe: "Ho fatto alcune ricerche  -  riferisce lo storico  -  adempiendo semplicemente al mio compito istituzionale". Paride Mori, nato a Traversetolo ai primi del '900, morì in alta Val Baccia oggi territorio sloveno il 18 febbraio 1944. Era capitano del battaglione dei bersaglieri 'Bruno Mussolini' (terzogenito del Duce), alle dipendenza del Terzo Reich e col compito di presidiare le ferrovie dell'Isonzo attaccate dai partigiani. "Probabilmente per lui non vale l'attenuante della casualità, usata spesso per i giovanissimi arruolati nella Rsi  -  ragiona Fabio Todero dell'Istituto per la storia del movimento di Liberazione del Friuli Venezia Giulia  -  essendo un ufficiale sui 40 anni è quasi certo che Mori avesse scelto in modo consapevole". Non a caso l'ufficiale parmense è menzionato nei siti web d'estrema destra, alla voce "Fascisti uccisi in guerra". Così nei blog laltraverita.itconformismoalmuro.blogspot.com. Ma non è possibile annullare l'intitolazione? "Vedremo - conclude Pazzoni - certamente non nell'immediato futuro". I nostalgici del Duce sentitamente ringraziano. 


(16 luglio 2010)


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Da: Comitato antifascista e per la memoria storica - Parma <comitatoantifasc_pr@...>

Oggetto: via Paride Mori a Traversetolo (PR): un caso di revisionismo storico rientrato

Data: 08 agosto 2010 11.33.24 GMT+02.00


In giugno a Traversetolo, Comune del parmense (a Giunta centrosinistra), il Sindaco inaugura una piccola pubblica via dedicata al suo concittadino Paride Mori. Mori, nato a Traversetolo nel 1902, morì nel 1944 in Val Baccia, zona di Gorizia, combattendo contro i partigiani come capitano del Battaglione Bersaglieri "Mussolini", un reparto fascista della Repubblica di Salò, sotto il comando tedesco delle SS, operante nei territori adriatici di fatto annessi al Reich. A luglio il direttore dell'Istituto Storico della Resistenza di Parma denuncia la scelta compiuta dal Comune di Travesetolo, una sua lettera viene pubblicata dalla Gazzetta di Parma a metà mese; in Consiglio Provinciale di Parma viene presentato un o.d.g. del PdCI di disapprovazione dell'intitolazione della via e auspicio di revoca della stessa. Il Sindaco di Traversetolo in un primo momento parla di un atto di leggerezza dell'amministrazione comunale e sostiene che comunque la via resterà intitolata a Mori, pochi giorni dopo ammette l'errore compiuto, "un fatto grave, troppo semplicistico definirlo una leggerezza" afferma, e aggiunge: "non appena è emerso che Mori aveva combattuto per la causa sbagliata, la Giunta ha deciso di togliere l'intitolazione della via".

[Il Comitato ci ha fatto pervenire in allegato le due lettere indirizzate dal direttore dell'Istituto Storico della Resistenza, Marco Minardi, al quotidiano La Gazzetta di Parma (15/7 e 5/8/2010), e l'o.d.g. di disapprovazione presentato del PdCI in Provincia. (ndCNJ)]


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Da: "Comitato antifascista e per la memoria storica - Parma" <comitatoantifasc_pr@...>
Data: 10 agosto 2010 23.28.58 GMT+02.00
Oggetto: su via Mori a Traversetolo (PR) comunicato delle locali associazioni combattentistiche e partigiane

 
In allegato il comunicato sulla questione di via Mori a Traversetolo (PR) emesso il 26 luglio dalle associazioni combattentistiche e partigiane di Traversetolo

A bocce ferme, dopo le reazioni emotive dovute alla improvvida intitolazione di una strada del nostro Comune a Mori Paride classe 1902, ufficiale del battaglione “Bruno Mussolini”, caduto in terra slovena nel febbraio del 1944, le associazioni partigiane e l’associazione combattenti e reduci di Traversetolo, pur prendendo atto positivamente della delibera di revoca, vogliono dire la loro su questa vicenda.

Chi è questo personaggio ai più sconosciuto, fuorché naturalmente al componente della commissione toponomastica che l’ha proposto alla giunta  comunale nel lontano 2002.

Il nome, se la memoria non ci inganna, ci riporta ai racconti dei nostri padri e al periodo che va dal 1920 al 1925, anni di violenze, consumate anche nei nostri territori dalle squadracce di Mussolini.
Sia quel nome, che l’età (Mori avrebbe avuto vent’anni nel 1922), pur con tutte le cautele del caso, si saldano ai ricordi che ci riportano alle muscolari imprese dei baldi giovanotti in camicia nera.

Poi dai remoti e incerti ricordi, con un salto di circa vent’anni passiamo alle certezze e al contesto ambientale e storico in cui opera il Mori come ufficiale del battaglione “Bruno Mussolini”.
E’ la zona del confine orientale, annessa con Trieste all’Italia dopo la fine del primo conflitto mondiale, dove già vivevano e coabitavano con croati e sloveni forti gruppi etnici Italiani.
L’unione all’Italia genera forti contrasti tra i vari gruppi linguistici fomentati dal montante nazionalismo di stampo fascista. 
1920. Il 13 Luglio  i fascisti incendiano a Trieste lo Slovenski Narodni Dom (La casa del popolo Sloveno) simbolo della comunità slava di Trieste.
Dal 1921 al 1928 sono soppresse tutte le scuole slovene e croate viene reso obbligatorio l’insegnamento della sola lingua italiana. Stessa sorte hanno i libri, i giornali e la stampa, anche  i nomi di battesimo devono essere solo italiani.
Viene abolito l’uso della lingua slovena e croata negli uffici, nei tribunali, nelle scuole, nelle chiese e nei locali pubblici.

Dal 1928 i cognomi slavi sono cambiati in cognomi italiani, questa operazione viene eseguita anche nei cimiteri.

Dal 1927 al 1943 il tribunale speciale per la difesa dello stato condanna 4.596 antifascisti, tra questi 777 provengono dalla Venezia Giulia e su 31 giustiziati, 24 sono sloveni e croati.

Nel 1941 l’Italia Fascista invade il regno di Jugoslavia, durante l’occupazione l’opera di repressione contro le formazioni partigiane slave e  le popolazioni civili, provoca nei territori amministrati dall’autorità militare italiana e nel solo periodo che va dal 42 al 43, 13 mila uccisi, tra partigiani e civili e 26 mila deportati nei campi di concentramento italiani, uno dei quali fu il triste tribolario dell’isola di Arbe  dove il tasso di mortalità era del 19%, una percentuale da campo di sterminio.

E’ da questo tragico retroterra, unito a quello che riguardò la repressione culturale negli anni '20 che hanno origine episodi come quello dello foibe.
Quello è stato il brodo di cultura che il Fascismo ha alimentato, non si può fare violenza a una cultura, non si può aggredire una nazione, non si può reprimere un  popolo in nome di una presunta superiorità razziale, perché questo produce inevitabilmente odio e l’odio genera altra ingiustizia. 
Il Mori opera nel 1943/44 in questi territori che fanno parte integrante del Reich tedesco, con la denominazione di Adriatisches Kusterland, alle dirette dipendenze dei comandi germanici.
Poi durante una azione cade  in alta Val Baccia (Baška grapa) oggi territorio sloveno il 18 febbraio 1944. 
Noi non sappiamo come morì, se indirizzando un ultimo saluto al suo Duce o sfidando con il petto il piombo nemico, probabilmente non ne ebbe il tempo e cadde come tanti ragazzi e uomini in camicia nera, capri sacrificali dei folli sogni imperiali di Mussolini. 
A Mori la pietà, come a tutti i caduti, alla nostra Amministrazione e al nostro Sindaco così attento e sensibile ai valori di democrazia e giustizia  più prudenza nel dedicare strade e piazze, non basta morire per una bandiera occorre  anche seguire valori quali democrazia, tolleranza e giustizia ideali e meriti che secondo la nostra modesta opinione il Mori non praticava. 

 

Traversetolo  26 luglio 2010

 

Associazione Nazionale Combattenti e Reduci  di Traversetolo

Le Associazioni partigiane di Traversetolo ANPI ALPI APC

 


(Sulla inconcludente decisione della Corte dell'Aia a proposito della secessione etnica kosovara si veda anche:

http://www.workers.org/2010/world/serbia_0812/

Belgrade protests in U.N. as Int'l Court opens door to dismember Serbia

By John Catalinotto 
Published Aug 8, 2010 11:11 PM 

The United Nations' International Court of Justice ruled that a 2008 declaration of separation by the parliament of Serbia's Kosovo province was legal under international law. Although the judges explained their July 22 decision on a narrow basis, it may still encourage recognition of the historically Serbian province's secession.

There are 192 countries in the U.N. General Assembly. Up to July 30 only 69, including the United States and a majority of European Union members, had recognized Kosovo, whose population is about 80 percent of Albanian ethnic origin.

On July 30, Serbia lodged a resolution in the U.N. General Assembly demanding a new set of talks on Kosovo's status. Despite the current Serbian government's desire to join the EU, on this issue of territorial integrity Serbia is confronting the EU imperialist states.

Although the EU and U.S. imperialists support this dismemberment of Serbia, they oppose general support for self-determination. A broader court decision could give backing, for example, to the liberation struggles in British-ruled Ireland, in the Basque country now ruled by Spain and France, and for the independence of Puerto Rico from the U.S. These are legitimate struggles of oppressed nations for liberation from imperialist powers.

Kosovo is "independent" in name only. This means it is separate from Serbia, but it is not politically or economically self-sufficient. Kosovo's government is an appendage of U.S. imperialism in the Balkans.

Kosovo is home to the massive Bondsteel U.S. military base, housing 10,000 troops. The province has been dependent on the U.S. and West European imperialist states since U.S.-NATO forces waged an aggressive war in 1999 to destroy what was left of Yugoslavia.

The Socialist Federal Republic of Yugoslavia was an independent country of 20 million people in 1989, before the collapse of the USSR and the East European socialist bloc. By December 1991, German imperialism, after annexing the German Democratic Republic, recognized the secession of Slovenia and Croatia, led by rightist parties, and supported secessionist groups in Bosnia. Since large Serb minorities lived in Croatia and Bosnia, civil war was inevitable.

U.S.-led NATO forces then intervened militarily in the Bosnian civil war against the Serb forces in 1995. In 1999, U.S.-led NATO forces supported the ultraright Kosovo Liberation Army (UCK in its initials in Albanian) against Yugoslavia, even though Washington had called the UCK "terrorist" a year earlier. The Pentagon carried out 79 days of bombing raids on Serbia, killing thousands of civilians and destroying much of the Serbian infrastructure and environment.

In the end, NATO aggression turned an independent Yugoslavia into a collection of ministates that are colonies of Western European and U.S. imperialism. The ultrarightist UCK transformed into the core of Kosovo's government. This gangster regime began to persecute the large Serb minority along with the smaller minorities of Jews, Roma and other peoples of Kosovo, many of whom fled to the rest of Serbia.


Catalinotto is editor of the book "Hidden Agenda: U.S./NATO Takeover of Yugoslavia."


Da: Claudia Cernigoi
Oggetto: a proposito della strage di Vergarolla
Data: 16 agosto 2010 19.57.28 GMT+02.00

Il presidente dell'ANVGD Lucio Toth ha dichiarato che ''la recente storia italiana è costellata di stragi rimaste senza una risposta sicura sui responsabili, da Portella della Ginestra al DC 9 di Ustica'' e tra queste stragi inserisce anche quella di Vergarolla, avvenuta il 18/8/46. La responsabilità di questa strage, causata dall'esplosione di una grossa quantità di residuati bellici ammassati sulla spiaggia di Vergarolla presso Pola, è stata spesso attribuita alla volontà jugoslava di creare il terrore in Istria in modo da spingere gli italiani all'esodo (non esistono prove di questo, ma solo illazioni, e del resto se consideriamo che sulla spiaggia di Vergarolla non c'erano solo persone di etnia italiana ma anche di etnia croata, il tutto è comunque un azzardo storico), quindi questa presa di posizione di Toth rappresenta una novità non indifferente, nello studio degli eventi della storia contemporanea. Se Vergarolla viene considerata come Portella e come Ustica, una strage della storia italiana su cui non è mai stata fatta chiarezza, ciò significa che Toth è convinto che la verità su Vergarolla si trovi negli archivi italiani, magari quelli ancora chiusi per "segreto di stato".
Apriamo dunque gli archivi, cancelliamo il segreto di Stato, facciamo chiarezza su tutte le stragi ancora irrisolte.

Claudia Cernigoi

di seguito un breve intervento su Vergarolla pubblicato nel nostro sito:

http://www.nuovaalabarda.org/leggi-articolo-la_strage_di_vergarolla.php

LA STRAGE DI VERGAROLLA

Sul quotidiano triestino “Il Piccolo” del 17/8/06 è apparso un articolo dello storico Raoul Pupo sulla strage della spiaggia di Vergarolla presso Pola, strage che avrebbe, secondo il titolo dell’articolo, scatenato l’Esodo dall’Istria. Sempre nel titolo, leggiamo che “le responsabilità” della strage non furono mai chiarite, ma “l’effetto è assolutamente chiaro”, cioè, secondo quanto si legge, questa strage avrebbe terrorizzato la popolazione italiana e sarebbe stata una delle cause scatenanti dell’esodo degli italiani. A parte che non si capisce come un evento del genere possa avere terrorizzato esclusivamente la popolazione italiana (forse i croati non andavano al mare e non avevano paura delle bombe?), vorremmo fare ora un po’ di chiarezza sui fatti che vengono così leggermente passati sulla stampa come “operazioni di pressione anti-italiana”.
La vicenda di Vergarolla è in realtà abbastanza semplice.
Il 18 agosto 1946, a Pola, che all’epoca si trovava sotto amministrazione anglo-americana, il circolo canottieri Pietas Julia aveva organizzato una festa sportiva che prevedeva anche gare di canottaggio nei pressi della spiaggia di Vergarolla, zona molto frequentata per i bagni Oltre alle gare erano previsti anche chioschi gastronomici perché si trattava a tutti gli effetti di una festa popolare.
Sulla spiaggia però gli alleati avevano ammassato anche moltissime bombe e mine raccolte dal mare nel corso della bonifica del porto, lasciate lì senza controllo in attesa di essere rese del tutto inoffensive.
Ad un certo punto un’esplosione interruppe in tragedia la festa: le mine erano esplose, lasciando a terra molte vittime, almeno 87 morti e decine di feriti. Naturalmente la città fu fortemente scossa da un fatto così tremendo.
All’epoca furono successivamente aperte delle inchieste che però non riuscirono a venir a capo dei motivi reali del fatto. Ogni ipotesi rimase senza prove che potessero portare a scoprire chi o cosa avesse fatto esplodere quelle mine. Ed oggi, a 60 anni di distanza, non avrebbe neppure senso riaprire un’inchiesta, a meno che qualcuno confessi di avere compiuto quell’attentato, se attentato fu, cosa che, bisogna dirlo proprio a causa della propaganda che viene fatta oggidì sull’episodio, non è stata assolutamente accertata, perché l’esplosione potrebbe benissimo essere stata causata da fattori accidentali. Ricordiamo che una grossa quantità di esplosivo era stata abbandonata senza controllo su una spiaggia dove poi era stata autorizzata una sagra, con accensione di fuochi per cucinare, in una torrida giornata di agosto.
I primi responsabili della tragedia andrebbero quindi ricercati in coloro che abbandonarono l’esplosivo a quel modo, ed in coloro che autorizzarono una festa popolare proprio in prossimità di ordigni che potevano esplodere da un momento all’altro. Non c’era bisogno di un attentato per arrivare alla tragedia.
Nonostante non si sia mai trovato un colpevole, l’“eccidio” venne utilizzato da subito dalla propaganda nazionalista italiana. Per molti la strage era frutto della volontà di colpire gli italiani che stavano, a loro dire, con quella manifestazione sportiva dimostrando l’attaccamento alla “patria” e la contrarietà alla cessione alla Jugoslavia della città. Naturalmente i propagandisti danno per scontato che a quella festa estiva, organizzata nel caldo agosto della prima estate di pace dopo tanti anni, avrebbero preso parte solo coloro che volevano fare dimostrazione di “italianità”, come se, appunto, la popolazione croata di Pola non usasse fare i bagni.
E del resto, quale interesse poteva avere lo stato jugoslavo a creare terrore mediante una strage del genere?
Gli jugoslavi erano all’epoca impegnati a Parigi a dimostrare, con elementi di prova, i crimini commessi durante l’occupazione nazifascista delle loro terre, le stragi, le distruzioni sofferte: avrebbero sicuramente avuto moltissimo da perdere se, per ipotesi, fosse stata scoperta una loro responsabilità in un’azione abietta come una strage di civili. Avrebbe potuto allora essere opera di una “scheggia impazzita”? Non lo si può a priori escludere, però comunque non ne vediamo il senso, dato che, nonostante la vulgata corrente parli di “pulizia etnica” commessa dagli jugoslavi contro la comunità italiana, vi sono prove certe che invece lo stato jugoslavo aveva interesse a tutelare quella comunità, come è dimostrato dalle leggi di tutela che furono successivamente emanate.
Chi invece avrebbe potuto compiere un simile attentato, magari con la creazione di prove false (che comunque non vennero trovate) erano i gruppi nazionalisti italiani, cui lo stato dava un notevole appoggio e che, da loro stessa dichiarazione, organizzavano “atti di sabotaggio” nei territori ex italiani. Ma diciamo subito che neppure di questa possibilità esiste alcuna prova.
A parer nostro la responsabilità della strage di Vergarolla va attribuita semplicemente a coloro che permisero di organizzare una festa vicino ad un deposito di esplosivi. Ma ci pare fuori luogo insistere, in assenza di qualsivoglia prova che dimostri la responsabilità jugoslava in quella tragedia, sul fatto che tale strage causò la fuga degli italiani da Pola. Storicamente furono ben altri i motivi che portarono gli italiani ad andare via da Pola, e non ci dilunghiamo qui ora, dato che esistono studi seri ed approfonditi su questo. Solo, ci piacerebbe che gli storici lasciassero perdere la propaganda e la smettessero di considerare il “si sa”, il “si dice” come fonti storiche.