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Da: Comitato Contro la Guerra Milano <comitatocontrolaguerramilano @ gmail.com>
Oggetto: Il punto sull’attacco mercenario contro la Repubblica Bolivariana del Venezuela
Data: 12 maggio 2020 18:28:10 CEST
 
 
Il punto sull’attacco mercenario contro la Repubblica Bolivariana del Venezuela
 
 

All’alba della scorsa domenica 3 maggio, un gruppo di 10 mercenari pesantemente armato proveniente dalla Colombia con veloci imbarcazioni, è stato affrontato e smantellato dalle forze speciali della Polizia Bolivariana (FAES) e da reparti della Forza Armata Nazionale Bolivariana (FANB), mentre cercava di sbarcare presso Macuto, a pochi chilometri dall’aeroporto internazionale di Caracas e dal porto di La Guaria, nella regione di Vargas. Questo è stato il primo atto della cosiddetta “Operazione Gedeòn”. Tale azione aveva lo scopo di eliminare il Presidente Nicolas Maduro, i suoi più stretti collaboratori, tra cui Diosdado Cabello, i generali dello stato maggiore della Forza Armata Nazionale Bolivariana e attaccare le istituzioni del Paese con l’obbiettivo di distruggere l’ordine costituzionale vigente. In ogni suo aspetto: politico, istituzionale, economico, giuridico, sociale e militare.

Lunedì 4 maggio una seconda imbarcazione è stata intercettata e neutralizzata sulle coste della regione di Aragua (regione confinante con Vargas), in località Chuao con 8 mercenari a bordo, tra cui il figlio dell’ex generale Baduel (ex ministro della difesa del governo Chavez, in carcere dal 2009 per corruzione ed organizzazione di un golpe militare), due mercenari statunitensi contrattati dalla SilverCorp (agenzia di mercenari di cui parleremo più avanti) ed ex Berretti Verdi delle forze speciali dell’esercito statunitense, il comandante sul campo dell’operazione capitano Sequea, disertore venezuelano e protagonista, insieme a Leopoldo Lopez e Juan Guaidò del fallito colpo di stato del 30 aprile 2019 dove provarono a prendere l’aeroporto militare de La Carlota a Caracas.

L’operazione denominata “Operazione Negro Primero” per smantellare questo nuovo tentativo terroristico di abbattimento del legittimo Governo venezuelano, è tuttora in corso sotto ogni punto di vista: civico-militare,investigativo, giudiziario. La cellula terrorista sembra fosse formata da 54 mercenari divisi sulle due imbarcazioni, 10 sulla prima e 44 sulla seconda. Dovrebbero essere tutti disertori della polizia e dell’esercito bolivariano, tranne i due statunitensi che sono stati anche i loro istruttori militari nei campi di addestramento in Colombia.
Dal primo tentativo di sbarco presso Macuto di domenica 3 maggio ad oggi, sono 8 i terroristi abbattuti e 31 gli arrestati (catturati in varie località della costa tra Aragua e Vargas nei giorni successivi), tra cui anche alcuni complici che li attendevano sulla costa venezuelana. Sono state anche sequestrate armi da guerra ed equipaggiamenti militari. Saranno giudicati dal tribunale penale civile con le seguenti imputazioni:
-cospirazione in complicità con governo straniero
-terrorismo
-tradimento alla patria
-ribellione
-traffico illecito di armi da guerra
-finanziamento al terrorismo
-associazione a delinquere
Ai due mercenari statunitensi non verranno contestate le imputazioni di tradimento alla patria, ribellione e finanziamento al terrorismo.

Altri 4 mercenari sono stati catturati nella giornata di sabato 9 maggio sulle montagne tra la costa di Aragua e Vargas.

Dalle indagini in corso si sta sempre più delineando la gravità del quadro. Questa è la ragione principale per cui il nostro “mainstream” sta censurando il tutto. Semplicemente dovrebbero smentire ciò che per anni hanno raccontato agli italiani sul Venezuela.

Le prove e le confessioni raccolte sono già così ampie, che il Venezuela denuncerà gli USA alla Corte Penale Internazionale, alle Nazioni Unite e al Movimento dei Paesi Non Allineati(MNOAL), come il Paese che ha ordinato, pianificato e appoggiato l’azione dei terroristi. Inoltre non ci sono dubbi sul ruolo complice svolto dal governo colombiano. Anche la Colombia sarà denunciata alla Corte Penale Internazionale. Si sta indagando anche sull’eventuale coinvolgimento del Brasile.

Già nei mesi scorsi durante una sessione dell’Assemblea delle Nazioni Unite, il Venezuela aveva fornito al governo di Ivan Duque le coordinate dei 3 campi in Colombia dove si stavano addestrando i mercenari. Nulla è stato fatto dalle autorità di Bogotà. I prigionieri hanno confessato che il governo colombiano sapeva tutto e ha fornito aiuto logistico. Alcuni organi d’informazione colombiani stanno ipotizzando la liberazione di alcuni narcotrafficanti in cambio di aiuti finanziari e logistici all’”Operazione Gedeon”.
A rafforzare questa ipotesi ci sono anche le confessioni dei prigionieri: in procinto di salpare per il Venezuela sono stati ospitati ed accolti nella tenuta del noto narcotrafficante Elkin Javier Lopez Torres detto “Doble Rueda” (“Doppia Ruota“ perché costretto sulla sedia a rotelle dopo aver subito un attentato). Avrebbe dovuto trovarsi in carcere per scontare la sua pena, in realtà era libero e tra i finanziatori dell’operazione.

La stessa DEA (Drug Enforcement Administration, l’agenzia anti-droga degli Stati Uniti) è coinvolta. Josè Alberto Socorro Hernandez detto “Pepero”, agente DEA venezuelano arrestato lo scorso 3 maggio a Macuto (luogo del primo sbarco da parte del gruppo mercenario), ha confessato che la DEA si è occupata di trovare una parte dei finanziamenti dell’”Operazione Gedeon” tra i narcotrafficanti colombiani , ha organizzato l’accoglienza dei terroristi in Venezuela, si è occupata della fornitura di pick-up blindati con porta mitragliatrici pesanti (sequestrati a Macuto la stessa notte del 3 maggio) e ha organizzato un’azione di “distrazione” avvenuta nella notte del 3 maggio scorso a Petare, un popoloso quartiere nell’est di Caracas: hanno inscenato uno scontro a fuoco tra due bande rivali criminali, con il fine di concentrare a Petare la Polizia Nazionale Bolivariana ed avere l’accesso libero per lo sbarco.

Inoltre non c’è alcun dubbio che per il lancio di questa operazione “segreta”, sia stato stipulato un contratto firmato da Juan Guidò,”presidente ad interim” autoproclamato in una piazza di Caracas, Jordan Goudreau, proprietario della SilverCorp, un’agenzia di mercenari statunitensi, Sergio Vergara, Juan Josè Rendòn e Manuel Retureta.
Sergio Vergara è un uomo di fiducia di Guaidò, colui che ha gestito i fondi raccolti durante il “concerto umanitario per il Venezuela” organizzato a Cucuta in Colombia nel febbraio 2019. Questi fondi erano stati promessi per il mantenimento dei disertori scappati dal Venezuela alla Colombia. Il gruppo di traditori sarebbe dovuto diventare il nucleo base del “nuovo esercito” del presidente autoproclamato. Soldi che sono invece finiti nelle sue tasche, in quelle di Guaidò e di altri personaggi della loro ristretta cerchia.
JJ Rendòn è invece il consulente politico-strategico di Guaidò e viene definito un “esperto in guerre sporche”. A testimonianza dell’accordo c’è la firma di Manuel Retureta, noto avvocato di origini cubane e cittadino statunitense, difensore di narcotrafficanti.
Nel contratto sono anche specificati i compiti dei 3 rappresentanti del cosiddetto “governo ad interim”:
Guaidò “comandante in capo”, Vergara “supervisore generale del progetto”, Rendòn “capo della strategia”.

Nel contratto viene specificato che 5 giorni dopo la stipula, avvenuta il 16 ottobre 2019, la SilverCorp avrebbe dovuto ricevere un anticipo di 1 milione e 500 mila dollari da parte dei 3 rappresentati del “governo ad interim”, ma pare che solo 50 mila dollari siano entrati nelle casse dell’agenzia mercenaria.

A causa di questa inadempienza il mercenario ex Berretto Verde, guardaspalle del presidente Trump, responsabile della sicurezza del già menzionato “concerto umanitario” di Cucuta e proprietario di SilverCorp, Jordan Godreau (che ha anche rivendicato la paternità dell’operazione Gedeòn), ha ingaggiato uno studio legale che ha inviato una lettera (che è stata pubblicata) a Guaidò, Vergara e Rendòn, oltre che a Carlos Vecchio, ambasciatore a Washington del “governo ad interim”, in cui si annuncia una denuncia al tribunale statunitense per non aver onorato le clausole economiche del contratto.
Jordan Godreau ha reso pubblico l’intero contratto, con le 42 pagine siglate e firmate, facendolo pubblicare sul Washington Post. Ha inoltre reso pubblico l’audio che ha registrato durante la firma dello stesso. Il contratto e l’audio inchiodano Guaidò, Vergara e Rendòn.

Il ministro venezuelano della Comunicazione, Turismo e Cultura, Jorge Rodríguez, durante una conferenza stampa venerdì 8 maggio ha analizzato nel dettaglio questo contratto, ha mandato in onda l’audio registrato di Juan Guidò durante la firma del contratto ed un’intervista di JJ Rendòn in cui confessa di aver firmato il contratto. Qui la conferenza stampa integrale:
https://videos.telesurtv.net/video/821986/venezuela-muestra-el-contrato-entre-la-oposicion-y-silvercorp

Cosa hanno firmato questi rappresentanti del “governo ad interim” e leaders dell’opposizione venezuelana? Nella sostanza hanno firmato per l’assassinio del Presidente Nicolas Maduro e dei suoi più stretti collaboratori, tra cui Diosdado Cabello e i generali dello stato maggiore della Forza Armata Nazionale Bolivariana. Secondo uno dei due statunitensi catturati, Luke Alexander Denman, il Presidente e i dirigenti bolivariani avrebbero dovuto essere catturati e trasferiti negli Stati Uniti dove, da fine marzo 2020 pende una taglia sulla loro testa tra i 10 e i 15 milioni di dollari per l’accusa di narcotraffico. Ad ottobre 2019 l’accusa di narcotraffico e la taglia non erano ancora in campo. Ciò significa che firmarono affinché venissero assassinati. Inoltre hanno firmato l’autorizzazione all’uso di qualsiasi arma convenzionale utile a raggiungere l’obbiettivo, per la distruzione del Paese, per la rinuncia alla sovranità, per la deroga della Costituzione Bolivariana, per l’annullamento dell’ordine giuridico vigente. Hanno dato così carta bianca ad un gruppo di terroristi mercenari, l’impunità nell’ esercitare il monopolio della violenza, anche “letale” contro i civili, senza rendere conto a nessuno, se non allo stesso Guaidò. Si arriva al punto che le Forze Armate venezuelane debbano dipendere dall’ex Berretto Verde Jordan Godreau. Un para-Stato di fatto. Un altro paragrafo rende bene l’idea di cosa sarebbe il Venezuela con l’opposizione al governo: si prevede per i finanziatori dell’operazione Gedeòn un trattamento di favore nelle scelte economiche del governo. Se si pensa che una parte di questi finanziamenti arrivino dal narcotraffico…

A contratto l’intera operazione è stata valutata 212 milioni e 900 mila dollari. C’è un aspetto curioso nella parte economica del contratto: Una volta caduto Maduro, si prevede da parte del nuovo governo il pagamento con il 55% di interessi dei costi sostenuti e anticipati dalla SilverCorp per la buona riuscita dell’operazione. Appare evidente che i beneficiari della spartizione di questo “surplus” siano gli stessi firmatari.

Questa operazione Gedeòn è solo la punta dell’iceberg dell’aggressione politica, economica, paramilitare, terroristica e mediatica che l’imperialismo statunitense sta portando avanti contro la Repubblica Bolivariana del Venezuela. L’Unione Europea e gli stati satellite degli USA in Latino America sono complici di questa continua aggressione che non si ferma nemmeno di fronte ad una pandemia mondiale.

Il Venezuela è la prima riserva mondiale di petrolio ed in proporzione all’estensione del suo territorio è il Paese più ricco di risorse naturali al mondo. L’obiettivo dell’imperialismo è fare del Venezuela una colonia da saccheggiare. In una situazione di grave crisi economica mondiale diviene una preda molto ambita nella corsa all’egemonia mondiale.

Per raggiungere questo obiettivo va eliminata la Repubblica Bolivariana, perché è un “cattivo esempio” per il continente Latino Americano e per quei Popoli che hanno cara la propria sovranità ed indipendenza.
Il nuovo Venezuela che dovrebbe sostituire quello Bolivariano e che non è difficile da vedere nel contratto stipulato, è quello di uno stato mafioso narcotrafficante e paramilitare sul modello della Colombia, fedele e totalmente subalterno ai desiderata di Washington. E’ abbastanza chiaro che si svilupperebbe con una costituzionalizzazione del fascismo.

Si è sottovalutata la Repubblica Bolivariana del Venezuela. Il Chavismo in questi 22 anni si è radicato in profondità nella società venezuelana e nessuno dall’esterno può pretendere di abbatterlo attraverso operazioni di privatizzazione e terziarizzazione della guerra sul modello delle aggressioni contro la Libia e la Repubblica Araba di Siria. La Repubblica Bolivariana è organizzata per la sua difesa con una forte unione civico-militare, studiata sul modello di Ho Chi Minh e del generale Giap. Ha dato ottima prova di se nello sgominare questa operazione della “disperazione” dell’imperialismo e tutte le operazioni di aggressione precedenti che avevano lo stesso fine. Il Popolo venezuelano e la sua Forza Armata Nazionale Bolivariana (FANB) sono ben guidati, organizzati e di gran lunga più motivati di qualsiasi esercito abbia l’idea di violare i suoi confini. Chiunque si azzardi a farlo, dovrà affrontare una guerra contro un intero popolo che è pronto a combattere per difendere il proprio legittimo Governo, la propria sovranità e indipendenza, la sua autodeterminazione e le sue risorse.

Giovedì 8 maggio il Procuratore generale della Repubblica, Tareck William Saab ha annunciato di aver sollecitato 22 nuovi mandati di cattura di persone implicate nell’operazione Gedeòn. Tra questi i mandati di cattura internazionale per i firmatari del contratto Juan José Rendón, Sergio Vergara e il proprietario della SilverCorp Jordan Goudreau.

Difficile dire cosa la giustizia e il Governo venezuelano abbiano in serbo per Juan Guaidò. In qualsiasi Paese non sottoposto alla violenta aggressione imperialista statunitense sarebbe già agli arresti dall’anno scorso. In Venezuela l’Assemblea costituente non gli ha ancora revocato l’immunità parlamentare e ufficialmente per gli Stati Uniti è ancora il Presidente del Venezuela. E’ facilmente intuibile che l’imperialismo auspichi un arresto di Guaidò. Sarebbe un’altra giustificazione per proseguire nei suoi piani e che potrebbe portare anche ad un’eventuale risposta militare punitiva, come potrebbe esserlo un “bombardamento mirato”.
Nel caso il Governo e la giustizia venezuelana non prendano provvedimenti contro di lui, per l’imperialismo Guaidò varrebbe molto più da morto che da vivo. Una sua morte violenta in Venezuela, di cui sarebbe accusato immediatamente il “dittatore narcotrafficante Maduro”, non farebbe altro che aumentare la tensione e l’interventismo statunitense.
Rispetto ad “illustri” oppositori venezuelani che sono scappati nel corso degli ultimi 20 anni in Colombia e negli Stati Uniti, Guaidò avrebbe qualche problema in più, viste le promesse non mantenute ai cartelli della droga in Colombia rischierebbe di non uscirne vivo, mentre negli USA se procedesse l’iter della denuncia di Jordan Godreau rischierebbe di dover risarcire la SilverCorp; inoltre l’Amministrazione Trump non gli crede più.
Forse seguirà le orme del suo padrino politico, Leopoldo Lopez e finirà con il rifugiarsi in un’ambasciata di un Paese dell’Unione Europea a Caracas.

Il dato incontrovertibile è che Guaidò, lasciato libero per più di un anno dal Governo e dalla giustizia venezuelana, si è scavato la fossa da solo. Nemmeno il genio del Comandante Chavez era riuscito a portare gli stessi risultati che in un solo anno ha portato Juan Guaidò: negli ultimi 22 anni l’opposizione venezuelana non è mai stata così screditata, così denigrata dai suoi stessi sostenitori e così in basso nei consensi. Un vero capolavoro.

Si vedrà, l’auspicio è che sia fatta giustizia e che Guaidò non si goda ciò che ha rubato al Popolo venezuelano.

Qui il contratto della SilverCorp e gli allegati del contratto

Comitato Contro La Guerra Milano

 

[srpskohrvatski / русский / italiano]
 
9 Maggio
 
1) Il 9 maggio è l’ultimo campo di battaglia della Seconda Guerra Mondiale (Giacomo Simoncelli)
2) MOČ: Saopštenje povodom Dana pobede nad fašizmom
 
 
Per onorare il 9 MAGGIO – GIORNATA DELLA VITTORIA / ДЕНЬ ПОБЕДЫ – e il 75.mo Anniversario della sconfitta del nazifascismo, segnaliamo anche:
 
*** NICOLA GROSA MODERNO ANTIGONE /НИКОЛА ГРОЗА - АНТИГОНА НАШЕГО ВРЕМЕНИ
È disponibile per la visione online l'importante documentario curato da Anna Roberti sulle ricerche delle salme dei partigiani sovietici caduti nella Resistenza italiana
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=J6_Q4D5cGAE
 
*** OMAGGI AI CADUTI JUGOSLAVI IN ITALIA 
Per la Giornata della Vittoria 2020 – 75.mo anniversario della Liberazione dell'Europa – nostri simpatizzanti hanno reso omaggio agli antifascisti jugoslavi caduti per la liberazione dell'Italia: Alberto si è recato al Sacrario jugoslavo del cimitero di Prima Porta (Roma), Valentina si è recata al Cimitero partigiano Internazionale di Pozza (Acquasanta Terme AP)
FOTO: https://www.cnj.it/home/it/valori/partigiani/9295-9-maggio-2020-omaggi-ai-caduti-jugoslavi-in-italia.html

*** Tra i caduti di Pozza è da annoverare JOVAN KARADAGLIĆ, montenegrino: le vicende sue, di suo fratello NIKOLA – anch'egli perito nella lotta al nazifascismo – e della intera famiglia sono state ricostruite dal nipote, Dejan Karadaglić, in un accurato e interessante video realizzato proprio per questa Giornata della Vittoria e non a caso intitolato "Il Reggimento Immortale":


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Il 9 maggio è l’ultimo campo di battaglia della Seconda Guerra Mondiale
di Giacomo Simoncelli (Potere Al Popolo)
 

Chi desidera ma non agisce, alleva pestilenza» 

William Blake, Il matrimonio del Cielo e dell’Inferno

A tarda sera dell’8 maggio 1945 il capo dell’Oberkommando der Wehrmacht, ovvero delle forze armate tedesche, firmava la resa della Germania di fronte al generale sovietico Žukov, come poche ore prima un altro vertice delle truppe naziste, Alfred Jodl, aveva fatto a Reims sul fronte occidentale della guerra. 

A Mosca era già il 9 maggio, e perciò tale data segna la conclusione effettiva della terribile tragedia della Seconda Guerra Mondiale in Europa, nonostante vi furono ancora strascichi e scontri fino a settembre. 

L’eredità lasciata da una tale esperienza di morte e distruzione non poteva che essere quella di un forte anelito di pace e collaborazione, e come per ricollegarsi a questo desiderio il 9 maggio è celebrata nell’Unione Europa la Festa dell’Europa. 

Ma, come scriveva William Blake, chi desidera ma non agisce, crea le condizioni per la diffusione di una malattia. Anche le modalità della costruzione di una prospettiva di pace sono, in un certo senso, un campo di battaglia, e dove coloro che vogliono davvero raggiungere una pace reale e duratura arretrano prendono piede coloro per cui la pace è solo una parola da agitare a seconda della convenienza.

Nell’Europa stremata dalla guerra questo avvenne quasi subito. Il 9 maggio del 1950 Robert Schuman, ministro degli Esteri francese, tenne un discorso che prefigurava l’inizio del processo di integrazione europea, di cui il primo passo avvenne poco tempo dopo con la formazione della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA). 

Ma questo processo era davvero dettato dalla volontà di cooperazione e pace? La spinta all’Europa unita purtroppo nacque dalla peggiore consigliera della politica: la paura. 

Paura dei comunisti, dei sovietici che più di tutti avevano retto il peso militare della guerra con ingenti perdite materiali e umane, e contro cui bisognava costruire una “cintura di sicurezza”; paura del riaccendersi delle rivalità fra paesi, in primis Francia e Germania. 

Una rivalità che non venne risolta sul campo della crescita della coscienza civica, democratica e sociale dei paesi stessi, ma sul piano della progressiva integrazione delle economie, a partire dai settori strategicamente più importanti. 

Un tentativo velleitario di evitare la competizione fra Stati attraverso la definizione di un’area di libero mercato capitalistico, il cui pilastro è la competizione stessa. 

E in questo senso parlò Giuseppe Di Vittorio, di cui riporto alcune parole pronunciate al Parlamento nel 1952 in occasione della ratifica del trattato sull’istituzione della CECA:

«Si dice che il piano Schuman deve costituire la base economica della nuova federazione europea. Possiamo discutere questa idea; ma, allo stato attuale, si tratta di una astrazione, priva di ogni contenuto concreto.

Tutti sanno che, lungi dall’unire l’Europa, tutta la politica che si ricollega a questo trattato, di cui discutiamo la ratifica, è una politica di divisione dell’Europa e, peggio, anche una politica di divisione all’interno degli stessi popoli europei. Per cui si tratta della divisione più nefasta e più nociva che si possa concepire per i popoli e per l’Europa. 

L’altro pretesto – altrettanto astratto, privo di contenuto reale e di verità – è che con questo trattato si concorrerebbe a salvaguardare la pace, mentre tutti vedono che si organizza la guerra e che alla base di tutto il lavorio condotto per giungere alla costituzione di questa coalizione di Stati attorno al grande trust dell’acciaio e del carbone è l’intendimento di accelerare gli armamenti ed i preparativi di guerra. 

Unità europea e pace sarebbero due nobilissimi ideali; ma, allo stato attuale, si tratta di due menzogne convenzionali addotte a giustificazione di un piano che, invece, persegue fini diametralmente opposti. […] 

Oggi si usa la terminologia che esprimeva il grande e generoso ideale di Mazzini sulla federazione dei popoli europei per giustificare un’impresa che non ha niente a che fare con la concezione mazziniana del federalismo. 

Nel concetto di Mazzini si trattava di costituire una federazione di popoli, ma di tutti i popoli europei, senza discriminazione; scopo primordiale della federazione mazziniana doveva essere la pace, e strumento conseguente della politica di pace di tutta l’Europa doveva essere il disarmo generale. 

In questo caso, invece, accade tutto il contrario: si cerca di costituire una coalizione che deve proteggere interessi privati allo scopo di accelerare la preparazione alla guerra e di cristallizzare, approfondire ed aggravare la divisione dell’Europa e la divisione dei popoli all’interno di ciascun paese. Noi denunciamo questo inganno»1.

L’Unione Europea si è per caso fatta promotrice del disarmo generale? Negli ultimi anni abbiamo assistito allo sviluppo di programmi militari europei (Permanent Structured Cooperation, European Intervention Initiative, etc.). 

Abbiamo sentito il Commissario Europeo all’Economia Paolo Gentiloni affermare che l’UE deve assumere un certo protagonismo sulle questioni internazionali, come in Libia, dove ora si accende in maniera sempre più violenta una guerra civile che è cominciata proprio con le “bombe democratiche” sganciate da paesi UE. 

Abbiamo letto le dichiarazioni di Ursula Von der Leyen in cui si affermava chiaramente e candidamente che il suo mandato avrebbe fatto assumere alla Commissione Europea un ruolo geopolitico. 

La contraddizione tra la retorica progressiva e la funzione reazionaria che la costruzione di una federazione europea poteva svolgere si è risolta a favore della seconda, e l’evento che ha segnato il passo fu proprio un’azione militare.

Crollato il blocco sovietico, venuta meno l’esigenza dell’argine al comunismo di cui “l’ombrello della NATO” era lo strumento fondamentale, l’Europa poteva svolgere un ruolo autonomo nel panorama mondiale, puntando a riconquistare un certo peso anche a livello geopolitico. 

Quasi contemporaneamente alla firma del Trattato di Maastricht, a fine 1991 il cancelliere Helmut Kohl dichiarò che la Germania riconosceva l’indipendenza di Slovenia e Croazia, trascinandosi dietro tutti i paesi che all’epoca formavano la CEE e mettendo una seria ipoteca su qualsiasi risoluzione pacifica della questione jugoslava; le conseguenze le conosciamo tutti. 

Come ha detto il premio Nobel per la letteratura Peter Handke, con i bombardamenti su Belgrado «è morta l’Europa ed è nata l’Unione Europea». 

L’idea di una federazione europea è stata costruita non sulle esigenze e sul protagonismo dei popoli che la compongono, ma su di un progetto di vero e proprio dominio imperiale sostenuto ideologicamente da un profondo eurocentrismo; Romano Prodi, strenuo difensore dell’Unione Europea, nella puntata di Che tempo che fa? del 29 marzo scorso affermava, in maniera evidentemente criticabile, che «l’Europa è l’unica àncora della democrazia mondiale». 

Cos’è questa se non la riproposizione di una convinta superiorità della civiltà europea che ci portiamo dietro sin dai tempi coloniali?

Ma ai “destini manifesti” non bisogna dare credito, perché sono questi che hanno prodotto l’imperialismo statunitense, così come la convinzione della purezza della razza ariana. 

Quest’ultimo paragone può sembrare esagerato, quasi offensivo, ma non lo è. Non lo è perché una certa contiguità, anche se ovviamente non una completa sovrapposizione, può essere riscontrata tra il progetto di integrazione europea e alcune riflessioni di importanti esponenti del nazi-fascismo. 

Il 5 agosto del 1943 Jean Monnet, ispiratore della Dichiarazione Schuman, affermò al Comitato Francese di Liberazione Nazionale che «non ci sarà pace in Europa se gli Stati verranno ricostituiti sulla base della sovranità nazionale… Gli Stati europei sono troppo piccoli per garantire ai loro popoli la necessaria prosperità e lo sviluppo sociale. Le nazioni europee dovranno riunirsi in una federazione»2

Vidkun Quisling, fondatore del partito fascista norvegese e tra i più famosi collaborazionisti del regime di Hitler (tanto che il suo cognome è diventato sinonimo di “governo fantoccio” in tutto il mondo), fu un convinto sostenitore della necessità di un’Europa federale, come accennato anche nella biografia scritta dallo storico e giornalista Hans Fredrik Dahl, al punto da produrre anche più di un documento in cui scendeva nel dettaglio di come il continente avrebbe dovuto essere riorganizzato alla fine della guerra mondiale. 

Lo scopo era quello di recuperare il ruolo egemonico perso dall’Europa, e questo non poteva avvenire, a suo avviso, se non attraverso la formazione di una più vasta area politica ed economica.

Vidkun Quisling fu catturato dagli Alleati il 9 maggio. Si ritorna quindi al punto da cui avevo cominciato. 

La data del 9 maggio condensa in sé una quantità di significati straordinari, e proprio per questo è divenuta un campo di battaglia, l’ultimo della Seconda Guerra Mondiale. Alla caduta del Muro di Berlino alcuni giornali hanno riportato la notizia che Alessandro Natta, ex segretario del Partito Comunista Italiano, commentò dicendo: «qui crolla un mondo, cambia la storia… Ha vinto Hitler… Si realizza il suo disegno, dopo mezzo secolo». 

Più velenosamente, nel suo stile, Giulio Andreotti confessava che «amo la Germania; la amo così tanto che ne preferisco due».

La data della conclusione del conflitto, di cui l’Unione Sovietica sopportò il peso maggiore, è stata appropriata da una realtà istituzionale nata al momento del crollo del blocco orientale con una guerra in seno all’Europa, una guerra che favorì l’accentuarsi di odi nazionalistici. 

L’Unione Europea ha espresso tutta la spinta democratica di cui è capace in una risoluzione che equipara il comunismo al nazismo, mentre finanzia e sostiene il governo ucraino in cui siedono ministri dichiaratamente nazisti. 

I vertici europei vogliono cancellare la memoria della dura lotta che l’URSS condusse contro i progetti hitleriani, trasformando la fine della carneficina causata dall’imperialismo nell’occasione di una vaga esaltazione della pace, da identificarsi tout court con istituzioni costruite nel sangue e altrettanto imperialiste. 

Non so se Natta avesse previsto tutto questo, probabilmente no, ma sicuramente ci aveva visto lungo. Se vogliamo difendere la pace, dobbiamo combattere l’Unione Europea; e il 9 maggio, se vogliamo festeggiare qualcosa, festeggiamo la Giornata della Vittoria.

1 Camera dei Deputati. Assemblea, Discussioni, I Legislatura, 932° seduta, 16 giugno 1952, p. 38833.

 
=== 2 ===
 
 
Mreža intelektualaca, umetnika i društvenih pokreta za odbranu čovečanstva 
 

SAOPŠTENJE POVODOM DANA POBEDE NAD FAŠIZMOM

Danas, nakon 75 godina od pobede nad nacifašističkim okupatorom, izražavamo najdublju zahvalnost borcima NOR-a za nesebično žrtvovanje u borbi protiv najmračnije ideologije koja je pritisnula planetu. Zahvaljujući toj borbi, Srbija se svrstala u vrhove antifašističkog sveta pobednika nad nacifašističkim okupatorima i njihovim saveznicima i ispisala najsvetliju stranicu svoje istorije. 

Sve dok nosimo u sećanju podvige i žrtve pripadnika NOP-a u borbi protiv okupatora i njegovih sluga, dok učimo nove generacije o stvarnim akterima pobede, besmrtni puk pobednika će stajati na mrtvoj straži slobode i antifašizma.

Kao što ne smemo zaboraviti – ko su bili oslobodioci i saveznici, ko je bio okupator i saradnici okupatora, tako smo dužni čuvati sećanje na svaku nesebičnu pomoć savremenoj Srbiji u očuvanju slobode, nezavisnosti, teritorijalne celokupnosti i pomoći na prevazilaženju posledica svih nepogoda, uključujući i podršku u borbi protiv aktuelnih pošasti.

Istina je jedna i oduvek neumoljiva, ma koliko je sputavali i devalvirali. Istina je da su oslobodioci i nosioci veličanstvene pobede nad nacifašizmom srpski i jugoslovenski partizani, predvođeni Josipom Brozom Titom. Istina je, da izmišljanje drugih „antifašista“ i „pobednika“ iz redova poraženih snaga pre 75 godina predstavlja grubu laž kojom se želi udahnuti snaga poraženoj zveri u liku nacifašizma, što predstavlja novi zločin sledbenika poraženih snaga. 

Ta, fašistička zver se hrani lažima i našim zaboravom!

Dan Pobede nije nikakav dan trgovine ugljem i čelikom, već dan poraza najveće civilizacijske nemani i sveopšte pretnje čoveku. Stoga, ne dozvolimo da senka zaborava pritisne istinu o veličini i lepoti pobede nad fašizmom. 

Hvala i slava svim borcima NOR-a i svim žrtvama fašističkog nasilja. 

SMRT FAŠIZMU – SLOBODA ČOVEČANSTVU!

U Beogradu dana 8.maja 2020.

PREDSEDNIK:

Ratko Krsmanović

 

Veltroneide numero 6
 
1) Veltroni colpisce ancora. Ovvero l’ignoranza della storia genera mostri (Angelo d’Orsi)
2) "Mio padre era comunista". Il figlio di Aldo Cervi smentisce la bufala di Gramellini e Veltroni (Francesco Fustaneo / Adelmo Cervi)
3) << I serbi compivano atrocità e uccidevano 300 mila esseri umani in Bosnia. >> E altre immondizie
 
 
Si vedano anche le precedenti Veltroneidi:
Numero 1 – 9 ottobre 2007: Srebrenica non è nei Balcani
Numero 2 – 12 ottobre 2007: Il programma di Veltroni Sindaco e candidato alle Primarie del PD
Numeri 3 e 4 – 13-14 ottobre 2007: Il compagno Veltroni, il più abile agente della CIA
Broj 5 – 5 novembar 2007.: Čudo U Rimu (Jasna Tkalec)
 
 
=== 1 ===
 
 
Veltroni colpisce ancora. Ovvero l’ignoranza della storia genera mostri
 
di Angelo d’Orsi 

Allora, il fatto è noto, almeno in cerchie dell’antifascismo. In un programma televisivo (“Le Parole”), il conduttore, Massimo Gramellini, giornalista, divenuto poi narratore di successo e anche intrattenitore del piccolo schermo, in occasione del 75esimo del XXV Aprile, non trova di meglio che intervistare Walter Veltroni. A cui dopo l’introduzione di rito (perché è così difficile per una parte del Paese accettare l’idea che la data della Liberazione costituisca una ricorrenza condivisa, un punto fermo nella identità nazionale della Repubblica) pone la domanda, ossia se non sembri all’illustre ospite (in collegamento…) che quella festa sia importante e che ogni cittadino di questa nazione dovrebbe sottoscriverla, senza polemiche fuori luogo. Ebbene l’intervistato annuisce gravemente, come se stesse facendo una importante concessione all’intervistatore. E ammette, che sì, il 25 aprile 1945 va ricordato e festeggiato, dal popolo italiano, non dimenticando però “la tragedia delle foibe”, su cui come per il 25 aprile non c’è il necessario unanime consenso. 

C’è da strabuzzare gli occhi, fregarsi le orecchie, cercare conforto in qualcuno che eventualmente stia assistendo al programma. Ha detto proprio così. L’ex segretario dei DS e poi del PD, ha detto che per apprezzare il XXV Aprile dobbiamo ricordarci delle foibe…, dell’altro “crimine orrendo”. Dunque ha messo sullo stesso piano la Liberazione d’Italia dall’invasore e oppressore nazista, e dal fascismo suo complice-succube, con le “foibe”, un circoscritto episodio su cui dalla fine degli anni Novanta si è montata una macchina di propaganda che in Italia non ha l’eguale. Una macchina che ha cercato nel corso del tempo una impossibile equiparazione tra foibe e campi di sterminio nazista, e ora arriva Veltroni, il grande stratega, lo storico provetto, il politico progressista, a mettere sullo stesso piano quella vicenda con la più grande, la sola rivoluzione che si sia mai fatta in Italia, vittoriosamente, quella culminata con la liberazione di Milano, il 25 aprile 1945. 

Poco meno di un anno dopo quella data assurse a simbolo della nuova Italia, sotto il Governo De Gasperi, esattamente il 22 aprile 1946, con un decreto “luogotenenziale” firmato dal principe Umberto II, allora “luogotenente del Regno d’Italia” (la Repubblica sarebbe nata qualche settimana dopo): nel decreto si stabiliva «A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale». Tre anni più tardi quella giornata, il 25 aprile, entrò ufficialmente nel calendario civico dell’Italia repubblicana, tra le festività nazionali, accanto al 2 giugno. 

Ma Veltroni, opinionista, saggista, scrittore, regista (difficile decidere in quale ambito abbia dato il peggio, dopo aver detto più o meno addio alla politica attiva, ambito in cui aveva fatto sufficientemente danno), tutto questo sembra ignorarlo. Come pare ignorare la speculazione politica sulle “foibe”, e si spinge all’ardito accoppiamento. Gramellini, più accorto di lui, lascia correre, ma proseguendo nel suo ragionamento, relativo alla ovvietà del 25 aprile 1945 come data simbolo dell’Italia che ha sconfitto il fascismo, cita l’esempio altissimo dei Fratelli Cervi, martiri del fascismo, e per sottolineare che la Resistenza non era solo comunista, afferma che i Cervi non lo erano. Veltroni tace e acconsente, citando come protagonisti della lotta partigiana socialisti, liberali, cattolici, monarchici, militari… Non fa la minima menzione del ruolo che il PCI ebbe in quella lotta, dopo aver già costituito il nerbo dell’antifascismo clandestino e all’estero, nel Ventennio. Né il cenno lo fa Gramellini. Finisce lì, con Veltroni che invitato ancora a spiegare il senso della Liberazione se ne esce con un discorsetto grottesco relativo alla situazione determinata dalla pandemia. Grazie, Walter. Ciao, Massimo. 

Il giorno dopo Maurizio Acerbo, segretario del PRC, ossia Rifondazione Comunista, con un intervento sul “manifesto” chiede le scuse di Gramellini, precisando che i Cervi erano comunisti, esprimendo sconcerto per l’atteggiamento di Veltroni. E la settimana seguente Gramellini, dando prova di correttezza a supplire la propria scarsa informazione storica, apre la puntata del suo programma con la precisazione: “I fratelli Cervi provenivano da una famiglia cattolica ed erano comunisti”. 

Rimane l’agghiacciante silenzio di Veltroni. E rimane l’amaro della deriva storica di una generazione, quella venuta dopo Berlinguer, che non solo ha scientemente affossato il PCI, ma ha cercato in ogni modo di cancellare il patrimonio ideale e politico che in quel partito si riassume. Del resto, già parecchi anni or sono, nel 2011 (se non sbaglio) l’ex sfidante (trombato) di Berlusconi, dichiarava di non essere mai stato comunista, sottolineando: “Non ero ideologicamente comunista”. 
 
In effetti, Veltroni era probabilmente soltanto “veltroniano”, anche quando obbediva senza fiatare alle dirigenze del partito in cui militava, dopo una lunga carriera nella FGCI, anche quando era dentro la cappa del “socialismo reale”, anche quando insomma “faceva il comunista senza esserlo”. Né poteva essere comunista da segretario dei DS (Democratici di Sinistra) e men che meno da primo segretario del neonato PD (Partito Democratico, di cui fu uno degli inventori). Certo il suo curriculum studiorum è modestissimo (“diploma di istituto professionale per la cinematografia e la televisione”), ma possibile che una militanza lunga e da leader nelle file di partiti “antifascisti” (dal PCI ai DS al PD), non gli abbia insegnato neppure l’abc? E non prova vergogna a parlare dell’importanza della memoria da trasmettere ai “giovani”? 

Forse il punto sta proprio nella parola “memoria”. Ancora una volta dobbiamo smettere di usare questo termina ambiguo e fallace, e parlare piuttosto di “storia”. E cominciare a studiarla. La memoria comprende l’oblio e l’errore, e in fondo consente a tutti una giustificazione. Perciò rimane fondamentale lo studio della storia. Accetti un buon consiglio, Veltroni: la bibliografia su fascismo, antifascismo, Resistenza, è molto estesa. E se non sa da che parte cominciare chieda consiglio. Personalmente sono pronto a fornirle qualche utile indicazione. Così eviterà in futuro figuracce come quella che ha compiuto proprio nella ricorrenza del 75esimo della Liberazione. È proprio vero che l’ignoranza della storia genera mostri.
 
(5 maggio 2020)
 
 
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"Mio padre era comunista". Il figlio di Aldo Cervi smentisce la bufala di Gramellini e Veltroni
 
Di Francesco Fustaneo per L'AntiDiplomatico
30/04/2020
 
Giorno 25 Aprile alla Rai nel corso del programma condotto da Massimo Gramellini “Aspettando le Parole” con tema il 25 aprile dinnanzi all'ospite in collegamento esterno, Walter Veltroni, il primo affermava che i fratelli Cervi non fossero comunisti, senza che Veltroni con trascorsi politici nella F.g.c.i e da dirigente nel Partito Comunista si sentisse in dovere di smentirlo.
 
Da anni nel nostro Paese, parallelamente ad un processo revisionista, si assiste ad un tentativo mediatico di sminuire l'approccio comunista alla Resistenza e alla causa antifascista in genere, ma anche il suo contributo alla nascita e alla maturazione di quello che è attualmente la Repubblica Italiana.
Essendo venuto a mancare un contraddittorio televisivo in quello che appare quanto meno una forzatura (se non una falsificazione storica), ho contattato chi forse è tra i più titolati a potersi esprimere in merito: Adelmo Cervi, figlio di Verina ed Aldo Cervi  terzogenito dei sette Fratelli Cervi, fucilati dai fascisti al poligono di tiro di Reggio Emilia il 28 dicembre del 1943. Adelmo all'epoca  infante, aveva da poco compiuto 4 mesi.

Attualmente Adelmo si trova a Celle Ligure, ospite di un amico. Prima che scoppiasse l'emergenza sanitaria era impegnato nella presentazione del suo libro  “Io che conosco il tuo cuore” scritto con Giovanni Zucca, un testo in cui si racconta la storia umana e politica del padre Aldo, partigiano con i suoi sei fratelli nella banda Cervi.
“Dovevo partecipare alla trasmissione in questione- mi riferisce- ma per motivi tecnici poi mi hanno comunicato che non c'era spazio.”
 
- Signor Cervi che cosa ha pensato quando ha visto in t.v. Gramellini affermare testualmente “che i fratelli Cervi non erano neanche comunisti”?

In relazione alle affermazioni in questione sono rimasto stupito, lo dico in tono non polemico: vorrei sottolineare però il fatto che se non tutti i Cervi erano comunisti mio padre lo era e i suoi fratelli lo appoggiavano pienamente. Aggiungo che mio padre era considerato il capo Politico dei fratelli Cervi.

Aldo Cervi era  convintamente comunista e ha lottato per la libertà e la giustizia. La mia famiglia era una famiglia contadini, mezzadri sfruttati, una famiglia di cattolici.
Mio padre finisce in carcere nei primi anni '30 e finirà per incontrare tanti antifascisti, molti di ideologia comunista e finirà anche per lui per diventare un'antifascista comunista.

Ha partecipato nei gruppi clandestini del Partito Comunista di lotta alla liberazione e ha combattuto orgogliosamente con tutti i suoi fratelli contro il nazifascismo.
Spesso si dimentica che i comunisti sono quelli che hanno pagato il prezzo più importante nella resistenza.

Dire questo non significare sminuire il fatto che nella Resistenza contro il comune nemico fascista si unirono tante esperienze: comunisti, socialisti, democratici, ecc,  I valori della Resistenza sono fondamentali e tutt'oggi sono da portare avanti. Divido il mondo in due categorie: gli sfruttati e gli sfruttatori. Chi condivide certe idee non può che essere dalla parte dei primi e le battaglie grandi o piccole che siano vanno portate avanti nel quotidiano.
 
 
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<< I serbi compivano atrocità e uccidevano 300 mila esseri umani in Bosnia. >> E altre immondizie
 
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UN COMMENTO DI CLAUDIA CERNIGOI
 
Alla "Veltroneide n.3 e 4" [Il compagno Veltroni, il più abile agente della CIA: 
vorrei aggiungere che papà Vittorio Veltroni, "pioniere" delle trasmissioni radio, conobbe la futura mamma del buon Walter nella Lubiana invasa ed occupata dai fascisti (1941), quando vi fu inviato per organizzare le trasmissione radiofoniche di regime.
Quanto alle "rivelazioni", possiamo scherzarci su finché vogliamo, però una persona che si iscrive a 15 anni ad un partito denominato comunista e vi rimane e vi fa carriera, diventandone funzionario pagato, e dopo trent'anni dichiara di non essere mai stato comunista, o ci prende per i fondelli oggidì (il che mi sembra non sia comunque una cosa ammirevole) oppure ha davvero fatto l'infiltrato fin da piccolo.
Saluti resistenti
Claudia Cernigoi
 
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VELTRONI FOIBOLOGO
 
... Nel corso della cerimonia per il "Giorno del Ricordo" tenutasi nel 2006 a Roma, in Campidoglio, è il sindaco Veltroni - che nel frattempo pare essere diventato "foibologo" per vocazione, visti gli interventi profusi sul tema persino su riviste femminili come Vanity Fair - a teorizzare che si deve "riconoscere il sopruso e la violenza di cui furono vittime non solo fascisti, ma anche antifascisti, semplici civili privi di una particolare convinzione politica. Italiani colpevoli solo di essere tali"... 
 
 
"Sopravvissuti e dimenticati. Il dramma delle foibe e l'esodo dei giuliano-dalmati", di Marco Girardo, Paoline Editoriale Libri, per il quale l'autore si è avvalso della "testimonianza" di Graziano Udovisi - "gerarca fascista e spia tedesca..." (...) oltreché della introduzione del diessino sindaco di Roma Walter Veltroni...
 
... il libro sarà ricordato per la sorprendente e vergognosa prefazione di Walter Veltroni, sindaco ex comunista di Roma, ex giornalista e direttore del quotidiano "l’Unità" (fondato da A. Gramsci, ndt). Anche lui è cascato nelle maglie della cricca neofascista le cui tesi servono a nascondere e dimenticare i crimini compiuti dalla soldatesca mussoliniana sui territori dell’ex Jugoslavia, territori sui quali sono stati uccisi centinaia di migliaia di croati, sloveni, serbi e altri...
 
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L'UOMO-PREFAZIONE
 
Avete scritto un libro e aspirate a un'illustre introduzione? No problem, ci pensa Walter: Veltroni, infatti, ne ha già totalizzate 66. Una più, una meno...

da Libero News del 1 febbraio 2008

«Uno spirito mi ha rivelato la verità su Marilyn», sostiene Rosalinda Celentano, «Ho partecipato a molte sedute medianiche», aggiunge Alda Merini. Voi la scrivereste la prefazione di un libro - Donne dell'altro mondo, nella fattispecie - che contiene queste e altre perle? Walter Veltroni sì, senza alcuna esitazione. E ci si mette d'impegno, pure, elogiando con (sincera?) convinzione cotanto «mosaico suggestivo e pieno di umanità».
Sul lit-blog Il primo amore, lo scrittore Christian Raimo propone un divertente quiz: elencati i titoli e gli autori di ben 66 libri, chiede cos'abbiano in comune uno con l'altro. La risposta, ormai l'abbiamo capito, è il nome del leader del Pd, che di tutti ha scritto la prefazione. Dal volume su Giorgio Gaber a quello di Barack Obama, fino a libri su Totti e Zapatero, Veltroni tutti ha presentato e lodato con grande generosità.
E poi ancora «Tibet, teatri tenda, società delle mandorle - si legge sul Corriere della Sera -, Phi-Phi Island, in bici da Dakar a Podor»: l'eclettico Veltroni non si fa mancare nulla e a nessun autore o editore dice di no. Ma dove troverà il tempo? Alla domanda risponde Franco Giustinelli, il cui volume sulla letteratura greca è, manco a dirlo, prefato dal sindaco di Roma: «Come fa? - risponde lo studioso al Corriere - Boh, so che scrive e lavora anche di notte». Eccone un altro che (come Berlusconi) non dorme o dorme pochissimo. Sempre che, a pensar male, non ci sia qualche alacre ghost writer al lavoro. Altrimenti devono spiegarci com'è che la gente normale non ha il tempo nemmeno di respirare e loro, che dovrebbero essere impegnatissimi su altri e ben più seri fronti... 
 
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CITAZIONI
 
"Stavano avvenendo cose di fronte alle quali non ci si può più limitare alla compassione e alla condanna: le decapitazioni, le fosse comuni, lo sterminio. Vedi, a quelli che l'altro giorno sono venuti davanti a Montecitorio con gli ulivi insanguinati, io potrei dire: dov'eravate, amici, dov'erano i vostri fiori quando i serbi compivano atrocità e uccidevano 300 mila esseri umani in Bosnia?"
[ Intervista a  Walter Veltroni su l'Unità 29 marzo '99 ]

"Da mesi parlo della Birmania, del Ruanda, di Cuba e dei dissidenti sbattuti in galera da Castro, o ricordavo a Jang Zemin in visita in Italia le esecuzioni degli oppositori in Cina. Adesso si vede qual è il filo conduttore di questa politica: il tentativo di costruire una Sinistra che faccia dei diritti umani il suo nuovo 'internazionalismo', come ha detto Tony Blair alla convention dei socialisti europei a Milano. Una nuova coscienza dei disastri umanitari, del dolore, della catastrofe che c'è in tante parti del mondo. Il Kosovo, per colpa di Milosevic, è oggi la parte più devastata da questo flagello. Per farlo finire, purtroppo, la comunità internazionale è costretta ad usare lo strumento estremo, i bombardamenti"
[ Intervista a  Walter Veltroni su La Repubblica 1 aprile '99 ]
 
Le classi non esistono più. Restano gli individui.
(Walter Veltroni a Parigi. Corriere della Sera, 28 agosto 2007)
 
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COSA HA COMBINATO DA SINDACO
 
L'8 gennaio 2006 promette che abbandonerà la politica e invece si candida alle Primarie e fa affondare il suo partito
VIDEO: http://it.youtube.com/watch?v=wdisSqVy3OM
 
Il 10 gennaio 2006 alla Sinagoga di Roma partecipa alla veglia di preghiera per il criminale Ariel Sharon
 
Il 23 dicembre 2006 pretende di intitolare la Stazione Termini a Wojtyla