Informazione
ROMA LIBRERIA ARION
VIA VENETO 42 presso Hotel Majestic Via Veneto 52
MARTEDI 3 GIUGNO 2008 ORE 18:00
La casa editrice Nutrimenti ha il piacere di invitarla alla
presentazione del libro di Alessandra Kersevan
LAGER ITALIANI
Pulizia etnica e campi di concentramento fascisti per civili
jugoslavi 1941-1943
Oltre all'autrice intervengono
Guido Crainz
Università di Teramo
Amedeo Osti Guerrazzi
Istituto storico germanico
Modera: Bruno Luverà
giornalista TG1
www.nutrimenti.net
Al “Corriere della Sera”
A proposito dei dibattiti alla Sapienza sulle foibe
Leggiamo sul “Corriere” del 31 maggio che il preside della facoltà di Lettere della Sapienza, prof. Pescosolido, motiva il suo assenso al dibattito sulle foibe organizzato dalla componente studentesca di Forza Nuova col fatto che giorni prima si sarebbe svolto, sempre alla Sapienza, “un convegno negazionista” sullo stesso tema. Come studiosi intervenuti a quella conferenza – con una breve introduzione sul revisionismo storico (Höbel) e con un’analisi del fenomeno delle foibe basata su documentazione d’archivio e una disamina degli eventi che ne costituirono il retroterra (Kersevan) – respingiamo fermamente tale definizione, peraltro lesiva della nostra dignità di studiosi. Alla conferenza erano presenti vari docenti, che possono testimoniare dell’approccio scientifico delle nostre relazioni. Contestualizzare, analizzare sulla base di documenti e provare a interpretare i fatti sono le componenti essenziali del “mestiere di storico”. Non vorremmo che fuorvianti etichette contribuissero a chiudere un dibattito che – in particolare se svolto con i metodi e gli strumenti della storiografia – è auspicabile rimanga aperto.
Alessandra Kersevan
Alexander Höbel
(sul convegno che ha visto la partecipazione di Kersevan e Höbel si veda: http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6019 )
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Esprimiamo la nostra solidarietà agli studenti di Roma
impegnati e mobilitati contro l’aggressione squadristica, la falsificazione storica e che in cambio ricevono i fermi e gli arresti dagli organi preposti di quello stesso Stato che ha istituito la “Giornata del Ricordo” delle foibe e dell’esodo del 10 febbraio. Giornata che riabilita il fascismo passato e presente che nel vostro striscione avete definito “odio e aggressione” e che ha oppresso, represso, torturato, ucciso e precipitato nella guerra le masse popolari e lavoratrici del nostro paese.
Quale che sia il nome che la canaglia fascista assume oggi, sul piano istituzionale o militante, essa non ha mutato la sua sostanza reazionaria e antipopolare.
Come Comitato promotore del Convegno “Foibe: la verità. Contro il revisionismo storico”, tenutosi a Sesto San Giovanni (Mi) il 9 febbraio scorso, abbiamo ritenuto “necessaria e importante la riconquista della verità storica basata su quanto accaduto e non su come gli eredi e ispiratori del nazifascismo vorrebbero raccontarla”.
A fronte di una campagna che mira ad instaurare una vera e propria egemonia politica e culturale è necessario superare un’impostazione meramente difensiva della questione, con una risposta politica determinata e documentata alle menzogne e alle falsità di forze reazionarie e revisioniste.
In questi anni il revisionismo (da destra e da “sinistra”) ha fatto carte false pur di deformare, falsificare e cancellare la storia. Nel nome della pacificazione e della costruzione di un’artificiosa “memoria condivisa” viene condotta una campagna di stravolgimento della verità storica, tesa alla sistematica assoluzione del fascismo e alla denigrazione di chi lo ha realmente combattuto – in particolare dei comunisti, che ebbero un ruolo fondamentale nell’antifascismo e nella Resistenza – arrivando alla vergogna di mettere sullo stesso piano nazi-fascisti, repubblichini e partigiani, combattenti per la libertà e oppressori o, peggio ancora, presentando i carnefici come vittime e martiri e i perseguitati come aggressori”.
Il lavoro che abbiamo finora condotto è in controtendenza, sia nel merito della battaglia politica, che nel metodo che abbiamo perseguito, negando il fare ognuno per sé e premiando la logica di unire le forze per valorizzare l’esperienza, la conoscenza, la militanza, la forza di organizzazioni, associazioni e organismi di compagni e compagne, nella comune battaglia politica.
Il feroce attacco sferrato contro il movimento partigiano organizzato e la Resistenza affinchè non viva come elemento di coscienza, forza e prospettiva di una nuova società, deve essere contrastato con una lotta capace di unire quello che la borghesia e la sua manovalanza fascista e squadrista vuole divisi.
Il criminale di guerra generale Graziani (che non ha mai pagato per i crimini in Jugoslavia e in Africa) dichiarò: “Non è necessario vincere la guerra perché il fascismo e i fascisti possano, sia pure dietro altre bandiere, salvarsi”.
La Resistenza non è mai finita, l’unico antifascismo è quello militante!
29 maggio 2008 Comitato promotore convegno “Foibe: la verità”
(sul convegno “Foibe: la verità”, svoltosi a Milano il 9/2 u.s., si veda: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/milano090208.htm )
"Questo è un film sul Kosovo. Questo è un film sul dolore, sull'assenza di solidarietà, sull'insensibilità, sulla cecità. Non è un film su come gli albanesi hanno perseguitato i serbi. È un film su come certe cose possano accadere sotto gli occhi di tutti senza che nessuno le veda. E non solo a Ovest, ma anche qui da noi in Russia".
Con queste parole Evgenij Baranov ha presentato il suo documentario sul Kosovo, realizzato con il regista Aleksandr Zamyslev e trasmesso nel dicembre del 2007 dal primo canale della televisione russa: un'opera di poco meno di un'ora che ricostruisce le vicende storiche e umane del Kosovo e Metohija mettendo da parte la correttezza e l'opportunità politica per concentrarsi sui volti e i racconti delle persone e sulla compassione per le loro sofferenze e sventure.
Il titolo originale, "Kraj", significa provincia, e più genericamente area, zona. Si riferisce dunque al Kosovo e al suo essere storicamente provincia serba, e dunque allude all'appartenenza a un'area geografica e a un diritto al ritorno negato. Significa però anche limite, margine, orlo: "na kraju" - al limite, sull'orlo del baratro - è dove si trova ora il popolo serbo. Nella consapevolezza di non poter riunire questi significati in un'unica intensa parola, abbiamo preferito tradurlo semplicemente "terra": un termine che, per tanti protagonisti di queste storie - costretti a un doloroso esilio e all'umiliazione e all'abbandono dei campi profughi - ha perso ogni significato geografico.
Qui ne presentiamo una versione divisa in sette parti, di circa 8 minuti ciascuna.
La traduzione dal russo ed i relativi sottotitoli in italiano sono opera di Manuela Vittorelli, che ringraziamo sentitamente per la sua disponibilità.
http://byebyeunclesam.wordpress.com/2008/04/19/kraj-documentario-russo-sul-kosovo-e-metohija/
Il premier albanese: «Sicurezza garantita. Avviati contatti con un gruppo» DAL NOSTRO INVIATO TIRANA—Signor Berisha, l’Albania è disposta a costruire le centrali nucleari che vuole Berlusconi? «La mia decisione è di non escludere gli albanesi da questo grande potenziale che è l’energia nucleare. Più economica, più pulita. Manca un quadro normativo necessario, stiamo lavorando con l’Agenzia atomica di Vienna. Il progetto è avanti. Appena pronti, l’ideale sarà arrivare a un accordo coi Paesi vicini, Italia per prima. Finanzieremo col governo di Roma un impianto da costruire in Albania. E se questo non sarà possibile, ci rivolgeremo al settore privato per studiare il mercato balcanico e italiano». Qualche settimana fa, Tremonti ha detto che l’Albania è una soluzione possibile. È vero che avete già individuato un sito a Durazzo? «Il nostro Paese è aperto all’energia atomica. Aperto a chiunque. Non ne ho ancora parlato col governo italiano, perché quello precedente era antinucleare. Con Berlusconi invece cambia tutto. C’è un gruppo italiano che è venuto a discutere la possibilità d’una centrale in Albania. Ma non abbiamo ancora deciso il sito. Sappiamo solo che ci sarà». E i tempi? Il governo italiano ha parlato di cinque anni... «Dipende. Se ci sarà un accordo fra i nostri governi, cinque anni è un termine possibile». Nucleare? Po, faleminderit! Non c’è bisogno di promettere sconti fiscali ai sindaci italiani: oltre Adriatico, c’è già il «sì, grazie» dell’Albania e del suo premier, l’eterno Sali Berisha che non rinnega vecchie alleanze («Prodi resta un grande amico! ») e intanto ne cerca di nuove («Silvio è il leone della Penisola! Ha fatto tanto per l’Italia e per i suoi amici! Avremo relazioni strettissime! Lo inviterò al più presto! »), magari attraverso singolari affinità: rieletto per la terza volta capo del governo con la promessa di dimezzare le tasse, a 64 anni questo cardiologo che viene dall’Albania ghega ha in mente un Paese in offerta speciale e senza troppe preoccupazioni: «Questo Paese offre tutte le garanzie per produrre nucleare sicuro. Avremo i migliori sistemi di quarta generazione. Nessuno avrà da temere, nel Mediterraneo ». Con l’Italia, in passato ci sono stati anche progetti comuni sui rifiuti. Potete fare qualcosa per Napoli? «Questione delicatissima. Le cose sono cambiate. Oggi, importare rifiuti dall’estero è vietato dalla legge albanese. Io credo che questo veto sia imposto anche da interessi particolari, perché in questo modo il business dei rifiuti lo fanno altri Paesi. Ma l’ostacolo legale è insormontabile ». Frattini, da commissario europeo, vi promise tempi brevi per la libera circolazione in Europa. Ora però sta al governo con la Lega. Crede che manterrà? «Frattini, grande amico! Nell’atteggiamento verso gli albanesi non può cambiare. Una volta incontrai Silvio, disse a me e anche ai media: non abbiamo problemi con gli albanesi. Infatti, la situazione in Italia sta migliorando. Ci sono almeno 400mila regolari, migliaia d’imprenditori, più di 10mila studenti ». Lei è ottimista: in Italia c’è molta insofferenza... «La criminalità organizzata è un problema ovunque. Noi l’affrontiamo con tolleranza zero. Ma se si guardano i nostri indici di criminalità, sono fra i più bassi d’Europa, più che da voi. Se l’Italia usa la mano dura coi nostri criminali, anche l’Albania se ne avvantaggia. Ma l’unica soluzione al problema degli immigrati legali è dare loro uno status di minoranza ». Albanesi da tutelare come i sudtirolesi? «Dipende. Se la minoranza supera il 10 per cento della popolazione, perché non dare queste tutele? Ma l’Europa non è ancora preparata». Intanto, puntate all’ingresso nella Ue entro il 2014... «Non pongo date. Non sono un profeta. Però penso che sarà molto più veloce di quanto immaginassi ». Siete appena entrati nella Nato: ospiterete anche nuove basi militari? «Straordinario risultato! Tutto ciò che la Nato chiede, siamo pronti a farlo». La sua immagine all’estero non è buona, però. Il New York Times l’accusa di traffici illeciti. E dopo la tragedia di Gerdec, l’arsenale segreto esploso vicino a Tirana, critiche anche sugli affari della sua famiglia... «Non c’è coinvolgimento mio e della mia famiglia. E questo grande giornale che usa intercettazioni di mafiosi!... Il Times si riferisce a una fornitura di munizioni del Pentagono. Gli albanesi non c’entrano. Siamo stati i primi a bloccare quel contratto. Quando ho visto che qui si raddoppiava il prezzo di vendita delle armi agli afghani, ho chiamato il presidente Karzai e gli ho detto: potete avere tutto gratis. Tutte le munizioni che servono. L’ho fatto durante la guerra dei Balcani, con le nazioni amiche!...». A chi le davate, scusi? «È storia vecchia ormai, lasci stare. Ma l’ho fatto. Abbiamo montagne di munizioni». E poi c’è Carla Del Ponte: accusa l’Albania d’avere ospitato un lager Uck, dove si faceva traffico d’organi per finanziare la guerriglia kosovara... «Io so che ci sono 1.500 albanesi desaparecidos in Kosovo. Sono da tre anni premier, ho sempre sostenuto la Corte dell’Aja. Questa donna non fornisce prove. Probabilmente, è affascinata da Agatha Christie. Ma è una pessima imitazione. Una scelta terribile dell’Onu, nominare questa donna che ha avuto un posto di così alta responsabilità e s’è inventata tutto. Chiederemo d’agire contro di lei». Berisha da diciotto anni sulla scena: si ricandiderà? «Ci sono solo due cose che possono pensionare Berisha. Dio onnipotente e il popolo albanese. Mi piace guardare al futuro, non al passato».
le centrali nucleari per l’Italia