Informazione


All'indirizzo 

http://nuke.disarmiamoli.org/LinkClick.aspx?fileticket=lnwW3PmzZIk%3d&tabid=53&mid=413 

si può scaricare il volantino nazionale di Disarmiamoli! che propone, in sintonia con il Patto permanente contro la guerra, di scendere in piazza il prossimo 20 febbraio contro il voto alla Camera con il quale si riconfermeranno le spese per il mantenimento delle truppe italiane all'estero.

La Rete nazionale Disarmiamoli!

www.disarmiamoli.org 3381028120  3384014989

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NON ESISTONO MISSIONI "BUONE"

NO AL RIFINANZIAMENTO DELLE TRUPPE ITALIANE ALL'ESTERO

Dal 19 febbraio alla Camera e successivamente al Senato si discuterà ancora una volta del decreto che finanzia e approva le missioni militari italiane all'estero.

In questi ultimi due anni di governo Prodi l'impegno militare italiano nei vari fronti di guerra è aumentato. I  vertiginosi aumenti di spesa (+ 24%) per Esercito e produzioni belliche - varati con le Finanziarie 2007 / 2008 - sono serviti a coprire i costi di una politica interventista ed aggressiva. 

Il ritiro dall'Iraq si è compiuto nei tempi e nei modi stabiliti dal precedente governo di centrodestra, ma l'impegno militare italiano continua ancora oggi. Personale altamente specializzato dell'esercito e dei carabinieri addestra truppe irachene, quotidianamente coinvolte in massacri settari, violenze e torture. 

Il ruolo giocato in questi mesi dalla diplomazia italiana - e dalle "nostre" truppe - nello scacchiere balcanico evidenzia un atteggiamento aggressivo ed unilaterale a favore dell'indipendenza del Kosovo, fuori e contro il diritto internazionale e gli accordi di pace di Kumanovo, che segnarono la fine dell'aggressione del 1999, durante la quale i bombardieri della N.A.T.O. uccisero 1.500 civili jugoslavi. 

L'operazione "Leonte" in Libano, voluta con forza dal governo Prodi, schiera oltre 2.500 soldati italiani, garantendo la sicurezza delle frontiere di Israele (in terra ed in mare) e sostenendo l'attuale illegittimo governo libanese. Le dichiarazioni di Prodi, Parisi e D'Alema sono state in questi anni inequivocabili, evidenziando anche in quest'incandescente area di conflitto un atteggiamento bellicista della diplomazia italiana, coperto dalla solita demagogia "peacekeeping". 

L'ultimo soldato italiano ucciso in Afghanistan ci parla di una guerra che dura da sette anni, nella quale il numero dei civili uccisi è impressionante. Nel silenzio dei mass media nazionali, l'impegno in operazioni di guerra delle truppe italiane in questo paese è in costante aumento. 

Non sappiamo se dal prossimo dibattito parlamentare sul decreto di rifinanziamento delle missioni militari all'estero, previsto per il 20 febbraio, la missione afgana sarà stralciata dalle altre, in modo da dare una chance alla "sinistra arcobaleno" per distinguersi nel voto. 

Sappiamo invece su chi ricade la responsabilità politica della morte dei militari italiani e delle migliaia di civili di questi ultimi due anni di guerre: sui partiti che nel 2006 e nel 2007 hanno votato a favore del rifinanziamento delle cosiddette "missioni di pace". 

Non sarà un'ennesima capriola pre elettorale, tanto meno un tardivo distinguo sulla sola missione afgana a salvare un ceto politico direttamente compromesso con la politica militarista e neocolonialista del decaduto governo Prodi. 

Il 20 febbraio il movimento contro la guerra torna in piazza

Ritiro immediato dall'Afghanistan e da tutti i fronti di guerra

Risorse per le spese sociali, i salari e la sicurezza sul lavoro non per le armi!

Rete nazionale Disarmiamoli

www.disarmiamoli.org - info@... 338.1028120 - 338.4014989


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Italia. Domani pomeriggio manifestazione a Roma per il ritiro delle truppe italiane dall'Afghanistan e da tutti i fronti di guerra

"Un altro soldato italiano è stato ucciso in Afghanistan. Il Patto permanente contro la guerra chiede ad ogni singolo parlamentare di votare contro l'intero decreto di rifinanziamento delle missioni di guerra e su questo lancia un appello alla mobilitazione a cominciare dal 20 febbraio alle ore 16.00 sotto alla Camera" gli attivisti del movimento No War hanno già dato un primo appuntamento nella prossima settimana per ribadire la richiesta di ritiro delle truppe italiane da tutte le missioni all'estero. "Sulle missioni di guerra ormai non sono accettabili né credibili i distinguo che abbiamo sentito ripetere in questi mesi" afferma in una nota il Patto contro la guerra sorto dalle organizzazioni pacifiste che diedero vita alla ormai famosa manifestazione del 9 giugno dello scorso anno.
"Di fronte all’uccisione di un altro militare italiano sul fronte di guerra in Afghanistan, si conferma la validità della nostra richiesta del ritiro immediato delle truppe italiane dall’Afghanistan e dagli altri teatri di conflitto". I No War sottolineano anche come "il numero degli afghani uccisi in questa assurda guerra, più civili che militari, è ancora sconosciuto sia a noi che all'intera opinione pubblica e continua a ispirarci rabbia e vergogna come per tutte le vittime di guerra - italiane e straniere - delle nostre finte "missioni di pace". 



(english / deutsch / italiano)

Kosovo: la posizione dei comunisti

1) I comunisti greci contro il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo
2) Branko Kitanovic (NKPJ): 
"The European Union acts like a colonial power in the Balkans" /
»Die EU geriert sich auf dem Balkan als Kolonialmacht«
3) Kosovo: la posizione del Partito Comunista di Boemia e Moravia (KSCM)


=== 1 ===


www.resistenze.org - popoli resistenti - serbia - 09-02-08 - n. 214

 
I comunisti greci contro il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo

 

Dichiarazione del Partito Comunista di Grecia (KKE)

 

02/02/2008

 

Il Partito Comunista di Grecia chiede al governo greco di non riconoscere l’indipendenza del Kosovo, per le modalità con cui verrà imposta.

 

Il KKE mette in guardia sulle pericolose conseguenze della pressione esercitata sia dall’Amministrazione USA che dall’UE per l’immediata proclamazione dell’indipendenza e per il dispiegamento di una forza di polizia dell’UE nella provincia del Kosovo.

 

Portano la responsabilità per questa situazione anche i governi Greci di Nuova Democrazia, quelli precedenti guidati dal PASOK e altre forze in Grecia, per il loro comportamento e le loro azioni in merito alla questione.

 

A parere del KKE la proclamazione dell’indipendenza significa un cambiamento delle frontiere nei Balcani. Ciò creerà un pericoloso precedente che minaccia la destabilizzazione dell’intera regione e non solo.

 

La mossa è contro gli interessi degli Albanesi e degli altri popoli.

 

La decisione riguardante il Kosovo intensificherà le pressioni per soluzioni contrarie agli interessi del popolo Cipriota, di quello Palestinese e di altri popoli che lottano per la libertà.

 

Il KKE fa appello al popolo Greco perché rafforzi la lotta per la richiesta di un immediato ritiro delle forze armate Greche dai territori occupati all’estero.

 

Traduzione dall’inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare


=== 2 ===


The European Union acts like a colonial power in the Balkans

Published Feb 15, 2008 8:36 PM

Following is an interview by Yugoslavia scholar Cathrin Schütz with Branko Kitanovic, general secretary of the New Communist Party of Yugoslavia (NKPJ), and published in the German daily newspaper Junge Welt on Feb. 12. The Belgrade-based NKPJ was established in 1990 and has its departments in all former republics of Yugoslavia. Schütz and Kitanovic discuss mainly Yugoslavia and European imperialism, but U.S. imperialism played a similar role as its European allies, and of course led the military assault on Yugoslavia. —WW editors

Cathrin Schütz: The West’s favorite candidate, Serbia’s President Boris Tadic, has just been confirmed in office. What position did the New Communist Party of Yugoslavia (NKPJ) take during the election campaign?

Branko Kitanovic: We supported Tadic’s opponent Tomislav Nikolic from the Serbian Radical Party (SRS), who lost by a small margin. He represents an anti-imperialist position, which refuses to accept either the separation of Kosovo or the membership of Serbia in NATO and the European Union, even though his position towards the EU is ambivalent. We are a Marxist-Leninist party and categorically against NATO, not only because it bombed our country in 1999, but because it is an aggressive alliance that supports the policy of the leading western states by military means. We are against Serbia’s entry into EU. The European Union is a creature of big western capital, especially German, English and French. The EU acts like a colonial power towards Eastern Europe and the Balkans. An EU membership would be a harder imprisonment than the ones we suffered under Ottoman or Austrian rule.

CS: So you support the SRS because of its foreign policy?

BK: Right. It is a bourgeois, patriotic party and we do have different ideas on how to achieve the national liberation of our country. The SRS stands for “honest capitalism,” for “fair privatization.” That’s nonsense. Any privatization of public property is theft. Nevertheless, the SRS, which is presently the strongest patriotic party in Serbia, struggles against the government, which carries out the interests of the West. Of course, we as communists are patriots, too.

CS: The term “patriotism” is upsetting to progressive movements in Germany.

BK: Patriotism is a characteristic of anti-imperialism. As Germany itself is an imperialist country, you probably understand the term “patriotism” as meaning support of imperialism. For us, it has a defensive character. We fight for our sovereignty and national integrity, and as a party, for the reestablishment of the Socialist Federal Republic of Yugoslavia. The FRY had deficiencies, for example, Serbia did not enjoy the same rights as the other republics. However: even the worst socialism is better than the best capitalism.

CS: During the 1999 war, the majority of the western left did not oppose their governments’ anti-Serbian agitation and shared the position that then-President Slobodan Milosevic was responsible for the conflicts in the former Yugoslavia. What was your relationship to the Milosevic government?

BK: Since its establishment in 1990, the NKPJ supported the Socialist Party of Serbia (SPS), whose chairperson was Milosevic. The international circumstances at the beginning of the 1990s forced Milosevic to adapt to some sort of social democratic line and to carry out some limited privatizations. I think that he thought that this was the way Serbia could exist in peace. It turned out to be an error. The West, Germany and the UK in particular, wanted to destroy first Yugoslavia and than Serbia. In the end, Milosevic was harmed by not having followed a stricter ideological line. He was surrounded by the wrong people, many of whom turned out to be traitors. We did not support the bourgeois orientation of his party, but we completely stood behind the anti-imperialist features of his foreign policy.

During the years when Milosevic was president, we were able to participate in all elections. Since the pro-western “democrats” had come to power by the coup in October 2000, they made unconstitutionally high demands for the registration for the elections that we still have been unable to fulfill even once.

CS: How will you remember Slobodan Milosevic?

BK: In some respect, he cooperated with the West as president of Serbia and Yugoslavia. After he had been extradited and stood before the Yugoslav tribunal in The Hague, he was incredible. What he did not fully understand before—he realized much better then. In The Hague he made sure the truth was heard. He exposed the methods which the western states used to destroy Yugoslavia and the rest of the world. “Slobo” will go down in history as a symbol of the worldwide anti-imperialist struggle.

Translation by Zoran Sergievski

Articles copyright 1995-2007 Workers World. Verbatim copying and distribution of this entire article is permitted in any medium without royalty provided this notice is preserved. 

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junge Welt (Berlin), 12.02.2008 


»Die EU geriert sich auf dem Balkan als Kolonialmacht«


Die Serbische Radikale Partei vertritt in der Kosovo-Frage eine antiimperialistische Haltung. Ein Gespräch mit Branko Kitanovic

Interview: Cathrin Schütz, Belgrad

Branko Kitanovic ist Generalsekretär der Neuen Kommunistischen Partei Jugoslawiens (NKPJ). Sie wurde 1990 gegründet, hat ihren Sitz in Belgrad und ist in allen Ländern des ehemaligen Jugoslawien vertreten


Soeben wurde der Favorit des Westens, der serbische Präsident Boris Tadic, im Amt bestätigt. Wie hatte sich die Neue Kommunistische Partei Jugoslawiens (NKPJ) im Wahlkampf positioniert?

Wir haben Tadics knapp unterlegenen Gegner Tomislav Nikolic von der Serbischen Radikalen Partei (SRS) unterstützt. Er vertritt eine antiimperialistische Haltung, die sich in der Ablehnung der Abspaltung des Kosovo sowie einer NATO- und EU-Mitgliedschaft ausdrückt, auch wenn seine Position gegenüber der EU nicht eindeutig ist. Wir sind eine marxistisch-leninistische Partei und kategorisch gegen die NATO, nicht nur, weil sie unser Land 1999 bombardiert hat, sondern weil sie ein aggressives Bündnis ist, das die Politik der führenden westlichen Staaten militärisch stützt. Wir sind gegen einen EU-Beitritt Serbiens. Die Europäische Union ist eine Kreatur des westlichen Großkapitals, vor allem Deutschlands, Englands und Frankreichs. Die EU geriert sich gegenüber Osteuropa und auf dem Balkan als Kolonialmacht. Eine Mitgliedschaft käme einem härteren Gefängnis gleich, als wir es unter der osmanischen und österreichischen Herrschaft hatten.


Sie unterstützen die SRS also wegen ihrer außenpolitischen Haltung?

Ja. Sie ist eine bürgerliche patriotische Partei, und wir haben unterschiedliche Vorstellungen, wie die nationale Befreiung des Landes zu erreichen ist. Die SRS tritt für einen »ehrlichen Kapitalismus« ein, für eine »faire Privatisierung«. Das ist Blödsinn. Jede Privatisierung öffentlichen Eigentums ist Raub. Doch sie bekämpft die Regierung, die die Interessen des Westens ausführt, und sie ist derzeit in Serbien die stärkste patriotische Partei. Als Kommunisten sind auch wir selbstverständlich Patrioten.


In Deutschland löst der Begriff Patriotismus innerhalb fortschrittlicher Kräfte Befremden aus.

Patriotismus ist ein Merkmal des Antiimperialismus. Da Deutschland selbst ein imperialistisches Land ist, versteht man unter Patriotismus dort wohl die Unterstützung des deutschen Imperialismus. Bei uns dagegen hat er einen defensiven Charakter. Wir kämpfen für unsere Souveränität und nationale Integrität und als Partei auch für die Wiederkehr der Sozialistischen Föderativen Republik Jugoslawien. Diese hatte Mängel, Serbien genoß nicht die gleichen Rechte wie die anderen Republiken. Doch selbst der schlechteste Sozialismus ist besser als der beste Kapitalismus.

Die westliche Linke hat sich während des Krieges mehrheitlich nicht gegen die Serbenhetze ihrer Regierungen gestellt. Auch für sie galt der damalige Präsident Slobodan Milosevic als Hauptverantwortlicher der Konflikte im ehemaligen Jugoslawien. Wie war Ihr Verhältnis zur Milosevic-Regierung?

Die NKPJ hat Milosevic und die Sozialistische Partei SPS, der er vorstand, seit ihrer Gründung 1990 unterstützt. Milosevic sah sich in Anbetracht der internationalen Umstände Anfang der 1990er Jahre gezwungen, eine Art sozialdemokratischen Weg einzuschlagen und manche Privatisierungen durchzuführen. Er dachte, Serbien könne so in Frieden existieren. Doch so war es nicht. Der Westen, allen voran Deutschland und England, wollte erst Jugoslawien und dann Serbien zerstören. Letztlich hat es Milosevic geschadet, keine klare ideologische Linie zu verfolgen. Er hat sich mit den falschen Leuten umgeben, viele haben sich als Verräter entpuppt. Die bürgerliche Orientierung seiner Partei haben wir nicht mitgetragen, doch was die antiimperialistischen Züge seiner Außenpolitik betraf, standen wir voll hinter ihm. 


Zu Milosevics Zeiten nahmen wir an allen Wahlen teil. Die prowestlichen »Demokraten«, die mit dem Putsch im Oktober 2000 an die Macht kamen, schraubten die Anforderungen zur Registrierung dann auf verfassungswidrige Weise so hoch, daß wir sie bisher nicht erfüllen konnten.

Wie werden Sie Slobodan Milosevic in Erinnerung behalten?

Als Präsident Serbiens und Jugosla­wiens hat er mit dem Westen in gewisser Weise kooperiert. Als er dann ausgeliefert wurde und als Angeklagter vor dem Jugoslawien-Tribunal in Den Haag stand, war er umwerfend. Was er vorher nicht verstanden hatte, hatte er dann um so besser realisiert. In Den Haag hat er der Wahrheit Gehör verschafft. Er hat aufgedeckt, mit welchen Methoden die westlichen Staaten Jugoslawien und dem Rest der Welt zerstören. »Slobo« wird als Symbol des weltweiten antiimperialistischen Kampfes in die Geschichte eingehen.


=== 3 ===


www.resistenze.org - popoli resistenti - serbia - 03-02-08 - n. 213

 
Kosovo: la posizione del Partito Comunista di Boemia e Moravia (KSCM)

 

Intervento di Katerina Konecna all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa
31/01/2008

 

Discorso di Katerina Konecna (del Partito Comunista di Boemia e Moravia, membro della Camera dei Deputati del Parlamento della Repubblica Ceca e membro ceco del Gruppo GUE/NGL al Consiglio d’Europa) nel corso del dibattito sul Kosovo nella sessione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (21-25 gennaio 2008).

 

Egregi signore e signori,

 

Permettetemi di iniziare il mio discorso ricordando che il mio paese, la Repubblica Ceca, ha sperimentato una separazione imposta di parte del suo territorio. Violente spinte separatiste furono appoggiate dall’estero e incoraggiate sotto la pressione di settori della comunità internazionale che tutti conosciamo sotto il nome di Accordi di Monaco. Permettetemi anche di menzionare il fatto che le politiche di pacificazione non condussero alla pace.

 

La soluzione dell’assetto del Kosovo deve avvenire nel contesto del Diritto Internazionale. Non possiamo imporre accordi a un paese sovrano. Il Kosovo è parte della Serbia, non solo in accordo con tutte le attuali norme della legalità internazionale, ma anche secondo la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza n. 1244 e l’Accordo Finale di Helsinki. Il richiamo al fatto che la missione dell’Unione Europea in Kosovo, che non è stata approvata dalle autorità serbe, risponde al dettato della Risoluzione del CS n. 1244, non è fondata su dati certi. Di fatto, è in palese contraddizione con lo spirito del Diritto Internazionale, che impone che tutti gli accordi debbano essere interpretati in buona fede, bona fide.

 

Allarma che coloro che propongono la separazione della provincia del Kosovo dalla Serbia usino e abusino dell’argomento del risorgere della violenza e del conflitto armato nella regione dei Balcani. Costituisce di fatto un assoluto ricatto che non può essere tollerato nel momento in cui stiamo affrontando la minaccia del terrorismo internazionale.

 

La certezza che la separazione della provincia del Kosovo dalla Serbia non venga percepita come un precedente da parte di altri paesi è più un sogno che una realtà, e ha ancora una volta il significato dell’applicazione di politiche del doppio standard: se è possibile per gli albanesi separarsi dalla Serbia, perché ai serbi non è consentito separarsi dalla Bosnia-Erzegovina? E quale deve essere la nostra politica di fronte a tutte le altre rivendicazioni separatiste in Europa e nel territorio ex sovietico?

 

L’Articolo 6 della risoluzione preliminare che afferma che “le possibilità di raggiungere un compromesso si sono esaurite” riproduce solamente l’opinione presentata dal Consiglio d’Europa, e io ritengo che tale dichiarazione sia assolutamente inammissibile. Essa non fa altro che riflettere l’incompetenza e la reticenza dei negoziatori dell’UE che dovrebbero mediare tra Pristina e Belgrado. Come si può affermare che la possibilità di accordo è venuta meno? Stabilire termini limite artificiali è un’altra forma di ricatto. Perché dovremmo sentirci obbligati ad accettare l’ostinazione di individui come l’Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza Javier Solana, la cui opinione sui Balcani è condizionata dalla necessità di giustificare il ruolo da lui giocato nel massacro di più di 2.000 innocenti civili durante il barbaro bombardamento della Jugoslavia?

 

Queste ragioni mi hanno indotto a proporre una risoluzione al Parlamento del mio paese, in relazione alla questione dell’integrità del territorio Serbo. Ora noi, nel Consiglio d’Europa, non dobbiamo agire sotto pressione e la risoluzione finale dovrebbe rispettare i due seguenti principi:

 

- non abbiamo esaurito tutte le possibilità di arrivare a un compromesso

 

- e il principio invocato dal Presidente della Repubblica Ceca Vaclav Klaus: che la possibile indipendenza della Provincia del Kosovo dovrebbe essere preceduta dall’approvazione da parte di tutte le parti implicate.

 

Grazie per l’attenzione.

 

La traduzione in spagnolo dell’intervento è stata curata dai compagni del Partito Comunista dei Popoli di Spagna (PCPE)

                                                                                                                                                                                                          

Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare


En français: Kosovo, abcès international (Comaguer)
 

Scheda sintetica sulla questione Kosovo.
 
(Traduzione di Bettio Curzio di Soccorso Popolare di Padova)
 
21/01/2008 
 

Da otto anni sotto amministrazione ONU, la cui missione UNMIK doveva procurare il ritorno ad una vita normale e al rispetto del diritto internazionale tuttora vigente, il Kosovo-Metohija è in procinto di diventare una zona di putrefazione delle relazioni internazionali. Il medico ONU si propone di abbandonare un malato in preda ad una setticemia, di cui lui ha permesso lo sviluppo, lasciandolo nelle mani di infermieri che di fatto sono garzoni di beccaio.
Infatti, la squadra candidata al potere è una emanazione della vecchia UCK, movimento sedicente di “liberazione nazionale”, il cui progetto politico è un progetto reazionario razzista e xenofobo e che per tutto questo non merita alcuna simpatia. Complimenti!
Ci si dovrebbe ricordare che il primo medico di questo stampo inviato dall’ONU in Kosovo è stato un certo Kouchner, che era divenuto specialista nell’invocare interventi militari, per poi inviare missioni “umanitarie” a curare i sopravvissuti.
Come dato fondamentale resta il fatto che il Kosovo-Metohija è una Provincia della Serbia. Questo diritto è riconosciuto e garantito dall’ONU e attestato dalla Risoluzione 1244, che ha posto fine ai bombardamenti sulla Jugoslavia da parte della NATO. 
Il Kosovo-Metohija (con dicitura abbreviata Kosmet) copre il 15% del territorio della Serbia. La sua popolazione viene stimata intorno ai 2,1 milioni di abitanti, e i 200.000 Serbi che vi risiedevano sono fuggiti e si sono rifugiati in Serbia.  Hanno poco da sperare o da desiderare il ritorno, le loro case sono state distrutte od occupate. D’altro canto, altre minoranze vengono oppresse allo stesso modo.
In origine, il Kosovo-Metohija era popolato in maggioranza da Serbi; attualmente la maggioranza è costituita da albanofoni, che, in virtù di un dinamismo demografico ben superiore, sono divenuti progressivamente la maggioranza, (e non sono proprio stati eliminati dal governo di Milosevic, contrariamente a quanto ci hanno raccontato!). Al contrario, dopo che la Provincia è stata posta sotto la protezione dell’ONU, sono le altre minoranze ad essere state sia mal protette che maltrattate, e la Provincia è stata lasciata al suo destino, dato che si trattava di Serbi, di Bosniaci, di Turchi, di Rom. 
 
Attualmente sono tre o forse quattro le autorità provvisorie che governano il Kosovo-Metohija:
 - l'ONU, tramite la sua missione speciale UNMIK, diretta all’oggi da un tedesco, più preoccupato di fare posto agli interessi economici della Germania nel futuro Stato putridume che di fare regnare l’armonia nella società locale 
- l'OSCE, incaricata della supervisione delle elezioni locali 
- la NATO, che assicura il controllo militare della Provincia attraverso la KFOR, ma un controllo poco centralizzato, visto che le 5 zone di occupazione sono sotto il comando di nazionalità differenti (inglese, italiana, francese, statunitense), che mettono in campo comportamenti tutti diversi, e la quinta zona sotto comando tedesco accoglie per di più un battaglione russo ed uno turco
- il Governo Provvisorio, gestito dagli albanofoni più radicali, che si appoggia ad una polizia e ad una milizia reclutate su base etnica e razzista.
Questo organico sovrastrutturale privo di coordinazione, invece di assicurare una qualche regolarità e stabilità nel funzionamento delle istituzioni, non ha prodotto nulla di positivo per l’avvenire della Provincia e dei suoi abitanti. Una moltitudine di funzionari internazionali conduce la bella vita a Pristina e fiancheggia, senza imbarazzo alcuno, dirigenti albanofoni mafiosi, trafficanti di droga, specialisti riconosciuti nel trasferimento dell’eroina afgana verso i mercati europei, che ostentano con tracotanza le loro fortune di nuovi arricchiti e sono in attesa di diventare gli unici padroni.              
Militari, in numero di 15.000, ben equipaggiati, ma senza chiare istruzioni, o meglio con ordini emanati direttamente dai loro governi a difesa dei propri interessi, privi di una netta visione dello scopo della loro presenza, attendono dunque di essere rilevati da questa operazione di mantenimento dell’ordine, senza esporsi a troppi rischi.  
 

Le principali poste in gioco.
 
Dal punto di vista geopolitico.  
Per i fautori dell’indipendenza della Provincia, quello che importa è acquisire lo smembramento della ex Jugoslavia e di indebolire ancor di più la Serbia, che al tempo di Milosevic non aveva manifestato alcun interesse di raggiungere i paradisi neo-liberisti e la loro anticamera militare, la NATO, e che nemmeno attualmente manifesta questo interesse, ben consapevole che l’Unione Europea vuole anzitutto amputarla del 15% del suo territorio, prima di aprirle eventualmente le porte. Il Montenegro, già separato con l’appoggio attivo dell’UE, è incamminato a divenire uno dei luoghi di prestigio dove i nuovi ricchi insediano i loro palazzi in riva al mare, su una costa bella e incontaminata.
 
Dal punto di vista militare.
Gli Stati Uniti hanno installato nel loro settore di occupazione l’immensa base militare di Camp Bondsteel, che costituisce un vero e proprio enclave statunitense completamente autonomo su un territorio a sovranità della Serbia. Da questa base possono intervenire, costituendo questa un punto di osservazione per bombardare, per aviotrasportare truppe, per infiltrare forze speciali in tutta l’area Balcanica, senza rendere conto di tutto questo a chicchessia, e uno Stato fantoccio, di cui sarebbero i protettori, consentirebbe loro una totale libertà di movimento. 
Il Kosovo diventerebbe la più grande base Statunitense fuori degli USA, una specie di metastasi americana all’interno del corpo dell’Europa.
 
Dal punto di vista economico.
La Provincia è molto ricca in carbone. Inoltre possiede tre importanti giacimenti di minerali non ferrosi e strutture industriali per il trattamento dei minerali nel settore di Kosovska Mitrovica.   Proprietà dello Stato Jugoslavo, queste strutture industriali sono state privatizzate, ma sono situate in una zona ancora popolata da una maggioranza Serba e intermedia ad altre province Serbe.
Una situazione di sfruttamento intensivo di questi giacimenti pone due tipi di problemi:
- le autorità provvisorie vogliono cacciare i Serbi che abitano questa zona, in modo che siano solo gli albanofoni ad essere impiegati
- il controllo economico e finanziario di questo autentico tesoro minerario diventa l’oggetto di una sorda concorrenza fra le potenze occupanti, in particolare fra le europee e le compagnie tedesche specializzate, che al momento sono le più presenti. 
La Provincia è situata su uno dei corridoi energetici europei destinato a permettere il passaggio di oleodotti o gasdotti per il trasporto di petrolio e di gas naturale estratti nel settore del Mar Caspio e destinati ai mercati europei, sia per via terrestre attraverso la Bosnia e la Croazia, sia per via marittima reimbarcando i prodotti in qualche porto albanese.   
Questi progetti sono ridotti a mal partito nella misura in cui la Russia, la Bulgaria e la Grecia si sono accordate per la realizzazione di un oleodotto più corto, e dunque molto meno costoso, che collega il porto bulgaro di Burgas al porto di Alexandropoulos, nel nord della Grecia. Questo progetto, i cui pilastri erano stati già fissati da un anno fra i tre capi di Stato interessati, sta entrando nella sua fase di montaggio esecutivo tecnico e finanziario.
 

I protagonisti della crisi internazionale in corso

Il governo provvisorio si dichiara pronto per dichiarare l’indipendenza della Provincia.
Il segretario generale dell’ONU è pronto ad avallare servilmente il fatto, dimenticando che dal punto di vista del diritto internazionale il Kosovo-Metohija è una Provincia di uno Stato Membro. 
Benché non siano membri dello stesso partito, il Presidente Serbo Tadic, il Primo Ministro Kostunica, come pure i dirigenti del partito nazionalista, numericamente il più rappresentativo in Parlamento, sono tutti risolutamente contrari all’indipendenza del Kosovo-Metohija.
Gli Stati Uniti e l’Unione Europea UE sono favorevoli all’indipendenza, ma sulla questione nell’ambito dell’Unione Europea non esiste unanimità.
La Slovenia, attualmente alla presidenza dell’UE per sei mesi, visto che è stata la prima a staccarsi dalla Repubblica Jugoslava violandone la costituzione federale, sempre con la benedizione della Germania e del Vaticano, non può che appoggiare decisamente l’indipendenza.
Ma altri membri dell’UE sono reticenti e lo hanno affermato pubblicamente: la Grecia, sempre preoccupata per il tanto agitarsi etnico-albanese alle sue frontiere; Cipro, che ha vissuto e continua a vivere l’esperienza di una secessione e di uno Stato, imposto con la forza da una potenza straniera, la Turchia, che dopo più di 30 anni dalla sua creazione, non ha alcun riconoscimento internazionale ; la Bulgaria e la Romania che intrattengono buone relazioni di vicinato con la Serbia.    
Altri hanno delle perplessità, che non palesano apertamente, ma che è ben noto essere al centro della loro politica, a cominciare dalla Spagna, che, con tutta la sua volontà di non riconoscere attraverso la violenza di Stato la questione basca, teme l’instaurasi di un precedente.
La Gran Bretagna può temere che il riconoscimento di uno Stato, che è discriminante sul piano religioso, non rilanci la questione dell'Ulster. 
 
La Russia, da un anno, non cessa di richiedere che si persista nei negoziati fra il governo Serbo e il governo provvisorio della Provincia, al fine di evitare un colpo di forza istituzionale e le sue conseguenze, che scatenerebbero la pulizia etnica della Provincia. 
Rigettando gli ultimatum artificiali, che si fondano soprattutto sugli interessi di coloro che li manifestano, la Russia domanda di prendere ancora tempo per trovare una soluzione di compromesso. Vedendo che non è assolutamente ascoltata, la Russia ha di recente precisato che, nel caso di una proclamazione unilaterale di indipendenza e del riconoscimento di questa da parte di alcuni paesi, si sarebbe opposta e ha ribadito di avere il potere giuridico ad impedire l’ammissione di questo Stato all’ONU. Quindi, il Kosovo-Metohija diventerebbe una sorta di nuovo Taiwan, Stato di fatto ma non di diritto.
L'esperienza storica dimostra che situazioni bastarde di questa natura possono anche perdurare, ma sono foriere di tensioni internazionali permanenti.
 
La Cina è sulle medesime posizioni della Russia. 
 
Come un vaso di Pandora, così definito dalla diplomazia russa, la questione del Kosovo può avere degli effetti di riflesso ai margini dell’ex Unione Sovietica.
Sono quattro le Province secessioniste che reclamano la loro indipendenza e che potrebbero utilizzare il precedente del Kosovo: la Transnistria, piccola regione della Moldavia, ai confini con l’Ucraina, popolata principalmente da Russi, l'Abkhazia e l'Ossezia del Sud che vogliono staccarsi dalla Georgia, e l’Alto-Karabakh, territorio popolato da Armeni, incluso nell’Azerbaidjans.
Le situazioni concrete non sono tutte identiche e la NATO non ha ancora bombardato alcuna di queste repubbliche, ma di fatto sorveglia da vicino la situazione.
Infine, nulla vieta di pensare che la Repubblica Serba di Bosnia, discreta sul merito, non richieda il ricongiungimento con la Serbia.
La Russia ha fatto presente questi diversi casi, che conosce bene, ma che in nessun momento ha indotto alla secessione.
 
Per concludere, una delle conseguenze non immediate potrebbe essere una crisi importante in ambito ONU. Gli Stati Uniti, la Francia e la Gran Bretagna, vedendosi bloccate con fermezza dagli altri due membri del Consiglio di Sicurezza, andrebbero a creare una sorta di direttorio: gli USA con l’UE e la NATO imporrebbero sulla parte Occidentale dell’Eurasia la loro sola legge internazionale.
Questo progetto non è proprio una elucubrazione, è un progetto che ha preso forma in un documento che verrà presentato al prossimo summit di capi di Stato della NATO, che si terrà agli inizi di aprile a Bucarest.
È stato firmato da militari, ritenuti perciò “indipendenti”:
Klaus Neumann, ex Comandante del Comitato militare della NATO (Germania)
Peter Inge, ex Capo di Stato Maggiore della Difesa  (Regno Unito) 
John Shalikashvili, ex Capo di Stato Maggiore interarmi (Stati Uniti) 
Jacques Lanxade, ex Capo di Stato Maggiore della Difesa  (Francia) 
Henk van den Breemen, ex Capo di Stato Maggiore della Difesa  (Paesi Bassi)
 
Ne vedremo delle belle, e voi stessi potrete giudicare!
 
Per tutto questo, Pristina 2008 potrebbe essere una riedizione di Sarajevo 1914!



FIDARSI DEGLI ITALIANI? A PROPRIO RISCHIO E PERICOLO!

“La Serbia – ha continuato (l'ambasciatore della Repubblica di Serbia
in Italia, Sanda Raskovic Ivic) – ha appoggiato l'Italia nelle
riforme dell'organizzazione delle Nazioni Unite e del Consiglio e
adesso noi speriamo che l'Italia non appoggi completamente i paesi
che vogliono bypassare l'esecutivo Onu. Se il Kosovo diventasse
indipendente questo significherebbe che le risoluzioni delle Nazioni
Unite sono risoluzioni al servizio delle maggiori potenze...”

(Fonte: "L'indipendenza minaccia la sicurezza dell'Europa", di
Alessandro Chiappetta, su Aprile online del 13 febbraio 2008, 18:35 -
http://www.aprileonline.info/notizia.php?id=6366 )