Informazione

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Kosovo: nuove accuse della Serbia contro l’ipotesi di un Kosovo, stato fantoccio, protettorato Nato 


(Traduzioni ed elaborazione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

Commento del traduttore: A mio parere, dall’esame dei documenti e delle dichiarazioni qui sotto riportati appare che la dirigenza e le forze politiche Serbe, più che conservare l’integrità del territorio della Serbia e far valere il diritto internazionale, cercano di ottenere un “compromesso” che permetta loro di salvare la faccia di fronte alla devastazione della Jugoslavia e alle tante vittime della cosiddetta “guerra umanitaria”. I loro sforzi sono tutti orientati a che la Serbia assuma un ruolo riconosciuto come membro dell’Unione Europea e diventi un partner ritenuto affidabile della Nato, l’Alleanza responsabile dei bombardamenti illegali. Ecco che mettere sul piatto la posta del volere esigere il rispetto della Risoluzione 1244 e il ritorno di forze militari e di polizia per controllare nuovamente il Kosovo non è altro che una mossa tipica di un giocatore di poker che bluffa. Non è altro che un tentativo per evitare la, per loro disonorevole, dichiarazione di indipendenza unilaterale di una provincia della Serbia, ed in cambio ottenere un Kosovo a forte autonomia amministrativa e militare, esercitata però questa volta non più dall’ONU ma dalla Nato per conto degli Stati Uniti. Agli attuali dirigenti politici della Serbia interessano poco le sorti dei pochi Serbi rimasti in Kosovo, vessati dalla maggioranza Albanese, come ben testimoniato dal documentario del giornalista Belga Michel Collon, “I dannati del Kosovo”. A loro interessa molto di più diventare omogenei ai tanti liberisti truffaldini che si sono insediati nell’area Balcanica. In cambio cedono il Kosovo alla Nato, che insedia un suo stato nel cuore dei Balcani, con capitale Bondsteel.
Gli unici a contrastare questo progetto restano i Russi, che vedono come il fumo negli occhi lo “stato della Nato” in accoppiata con il programma anti-missilistico messo in azione dagli Stati Uniti. La Russia potrà esercitare il suo diritto di veto presso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, in modo che questo piano Statunitense e della Nato non vada in porto. Comunque, la Russia non potrà evitare che il Kosovo diventi ancor più un enclave Albanese, sotto il controllo di clan mafiosi dediti a tutti i traffici illeciti, però sempre sotto la supervisione della Nato. La Serbia verrà accettata nell’ambito dell’Unione Europea, diverrà membro della Nato, delle istituzioni e dell’Alleanza che tante sofferenze hanno provocato ai popoli della Jugoslavia per arrivare ad ottenere un controllo geopolitico ed economico di tutti i Balcani. E a tutto questo hanno contribuito non poco tanti politici Italiani, quelli sempre dalla parte degli USA, considerati i soli portatori di “democrazia e ordine” in tutto il pianeta.        


(ANSA) - Belgrado, 20 agosto 2007 - Continua il botta e risposta tra settori del governo Serbo e della Nato sul destino del Kosovo, la provincia secessionista a maggioranza Albanese che - accusano esponenti di Belgrado - l'Alleanza Atlantica vorrebbe staccare definitivamente 
dalla Serbia per farne un proprio protettorato. 
L'ultimo a rilanciare la palla e' stato in queste ore Srdjan Djuric, capo ufficio stampa del Primo Ministro Serbo Vojislav Kostunica, secondo cui appare improprio che un'alleanza militare esprima pareri sul futuro status della provincia contesa. E, per di più, avalli proposte come quella dell'ex 
presidente Finlandese Martti Ahtisaari - favorevole a una  “indipendenza sorvegliata'” del Kosovo - che di fatto trasformerebbero la regione in “uno Stato di proprietà della Nato”. 
Interpretazioni respinte da Bruxelles, dove si sostiene che l'Alleanza “non intende possedere alcuno Stato”, ne' sta architettando nulla “alle spalle della Serbia”, ma solo intende “garantire condizioni di sicurezza” durante l'estrema fase negoziale promossa fra le parti dalla nuova Troika di mediatori Euro-Russo-Americana, creata dal Gruppo di Contatto. 
E tuttavia interpretazioni che continuano a circolare a Belgrado, almeno negli ambienti del Partito Democratico di Serbia (Dss, conservatore) di Kostunica: la forza più oltranzista in seno all'attuale esecutivo Serbo di coalizione democratica nella battaglia contro il riconoscimento d'ogni ipotesi di indipendenza del Kosovo, e la più incline a immaginare un vero e proprio asse con Mosca su questo punto, anche a costo di mettere in imbarazzo i partner liberali di governo e di virare bruscamente dalla rotta Euro-Atlantica avviata nel dopo-Milosevic. 
Tra i più polemici si segnala il giovane ministro dell'Energia, Aleksandar Popovic, fedelissimo di 
Kostunica, con un passato di studi universitari in Russia, che in un'intervista ripresa oggi dalla newsletter Vip ha avuto a sua volta parole di fuoco contro Washington e Bruxelles, accusate entrambe di non spingere per “un compromesso accettabile”, perché bramose di creare “uno staterello Nato” sul territorio del Kosovo. Una entità in cui - a giudizio di Popovic - le unità militari internazionali sotto controllo Nato “avrebbero poteri illimitati, non sottoposti ad alcuna vera autorità civile: cosa che non avviene in nessuno Stato democratico, e meno che mai nei Paesi Occidentali fondatori della Nato''. (ANSA). LR
20/08/2007 15:49

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http://www.srbija.sr.gov.yu/vesti/vest.php?id=37422
Governo di Serbia – 14 agosto 2007

La Serbia non accetterà mai una colonia Nato in Kosovo-Metohija

Belgrado – Oggi, il ministro Serbo dell’Educazione Zoran Loncar ha affermato che l’intera comunità internazionale è consapevole che la Serbia non accetterà mai che la Nato crei un quasi-stato o una colonia militare sul suo territorio.
In una dichiarazione all’agenzia di notizie Tanjug, Loncar ha ribadito che la questione della minoranza Albanese in Kosovo-Metohija ha fornito alla Nato l’opportunità di tentare di insediare il suo primo stato militare fantoccio.
Inoltre, ha aggiunto: “La Nato, dopo avere intrapreso un’azione militare contro la Serbia, ha inviato le sue truppe nel  Kosovo-Metohija ed ora, tramite il piano proposto da Martti Ahtisaari per determinare il futuro status del Kosovo-Metohija, sta tentando di creare il suo primo stato militare. L’Allegato 11 del piano Ahtisaari propone in via diretta che la Nato deve esercitare un’autorità senza limiti sullo stato supposto indipendente del Kosovo-Metohija. A questo punto sono gli Stati Uniti a portare la maggiore responsabilità, se alla fine non viene abbandonato questo progetto di formare il primo stato della Nato”. 
Il Ministro dell’Educazione ha concluso che questa è una pre-condizione essenziale per trovare una soluzione che si basi su un compromesso negoziale che possa soddisfare gli interessi sia dei Serbi che dei cittadini di  etnia Albanese presenti nella provincia.

http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2007&mm=08&dd=14&nav_category=90&nav_id=43014
B92, Beta (Serbia) – 14 agosto 2007

“La Nato vuole che il Kosovo diventi uno stato fantoccio”

Belgrado – Un ministro del Governo di Koštunica e membro del Partito Democratico di Serbia (Dss, conservatore) afferma che la Nato intende trasformare il Kosovo in un suo proprio stato. 
La dichiarazione del ministro dell’Educazione Zoran Loncar, riportata martedì da Beta, è la terza presa di posizione degli ultimi giorni che critica duramente l’Alleanza e che proviene dagli ambienti del Partito Democratico di Serbia del primo Ministro Vojislav Koštunica.
In modo particolare, il Ministro degli Interni Dragan Jocic aveva ribadito domenica che “un progetto da parte della Nato di creare uno stato proprio era il più grande ostacolo per una sistemazione del Kosovo.”
In più, Loncar, passando ad un linguaggio più forte, ha sottolineato che la Nato ha sfruttato l’opportunità creata dai “problemi con la popolazione di etnia Albanese in Kosovo” per “tentare di insediare il suo primo stato militare fantoccio”. 
Loncar ha ricordato all’agenzia di informazioni che è stata la Nato a bombardare la Serbia e che ha portato le sue truppe in Kosovo, ed ora sta cercando di insediare uno stato di sua proprietà, secondo le condizioni del piano dell’Inviato dell’ONU Martti Ahtisaari sullo stato del Kosovo. 
“L’Allegato 11 del piano Ahtisaari accorda alla Nato autorità diretta e poteri senza limiti in uno stato presunto indipendente”.
Il ministro ha aggiunto che “l’intera comunità internazionale conosce bene che la Serbia non permetterà mai alla Nato di creare sul suo territorio un quasi-stato.” 

http://www.iht.com/articles/ap/2007/08/15/europe/EU-GEN-Serbia-US
Associated Press – 15 agosto 2007

La Serbia accusa gli USA di volere il Kosovo come “stato satellite”

Belgrado, Serbia – Mercoledì, la Serbia ha incrementato la sua campagna contro gli Stati Uniti, accusandoli di volere creare uno “stato satellite” al posto della provincia separata del Kosovo. 
“Ora che stiamo per sederci nuovamente al tavolo dei negoziati sul Kosovo, è fondamentale che la Nato e gli Stati Uniti rinuncino a creare uno stato satellite in una provincia del sud della Serbia.” Così si è espresso Slobodan Samardzic, ministro per il Kosovo del governo Serbo.
La sua dichiarazione ai media locali è stato l’ultima di una serie di accuse contro gli USA per il loro appoggio all’indipendenza del Kosovo, dove l’etnia Albanese rappresenta il 90% dei due milioni di abitanti della provincia.  
A Samardzic si è unito il capo dell’autorevole Chiesa Ortodossa Serba in Kosovo, che ha ribadito che la Serbia non dovrebbe mai rinunciare alla provincia, a qualsiasi prezzo, anche se dovesse sopportare “2.000 anni” di isolamento. Il Vescovo Artemije ha affermato: “Loro, (l’Occidente), ci stanno offrendo in cambio di diventare membri dell’Unione Europea.” 
Il Kosovo, considerato da molti Serbi come la culla della loro nazionalità e della loro religione, è solo formalmente una parte della Serbia. La provincia è passata sotto l’amministrazione delle Nazioni Unite e della Nato dal 1999, quando la Nato ha scatenato una guerra aerea per bloccare il governo della Serbia che si opponeva ai separatisti Albanesi.
La settimana scorsa, delegati degli Stati Uniti, dell’Unione Europea e della Russia si sono dati 120 giorni di tempo in un tentativo per mettere fine alla situazione di stallo sul Kosovo.
Il nuovo impegno arriva in seguito alla minaccia della Russia di bloccare nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU un piano confezionato dall’Occidente che garantisce al Kosovo una indipendenza “supervisionata internazionalmente”. I diplomatici devono ripresentare una relazione al segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon, il 10 dicembre.
Samardzic, il ministro Serbo per il Kosovo, ha evidenziato come l’eventuale stato del Kosovo, creato sotto l’influenza USA, “servirebbe solo agli interessi dell’America e dei clan locali della mafia Kosovara.” 
L’ultima campagna appoggiata dal governo Serbo contro gli Stati Uniti è con tutta evidenza a sostegno ulteriore dell’opposizione all’indipendenza del Kosovo da parte della Russia, opposizione alle politiche Statunitensi che si sta esercitando su diversi fronti.   

http://www.reuters.com/article/worldNews/idUSL1580306920070815
Reuters – 15 agosto 2007

I Serbi accusano l’Occidente di volere il Kosovo trasformato in uno “stato Nato”

Belgrado – I Serbi stanno conducendo una campagna contro l’indipendenza della provincia in via di separazione del Kosovo e accusano l’Occidente di essere alla ricerca nei Balcani di insediare uno “stato della Nato”.
Numerosi politici affermano che gli alleati Nato sono determinati a costruire il nuovo stato utilizzando territorio Serbo, puntando sulle richieste di indipendenza della maggioranza Albanese (90%) della popolazione del Kosovo.
Per bloccare una risoluzione di indipendenza del Kosovo alle Nazioni Unite, la Serbia ha ottenuto l’appoggio del diritto di veto della Russia e del Presidente Vladimir Putin, che spesso si sono opposti agli obiettivi della Nato.
Mercoledì, la Russia ha accusato l’Occidente di perseguire l’indipendenza del Kosovo sotto la minaccia della “violenza e dell’anarchia” Albanese.  
In un articolo, il Ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha scritto che i partners Occidentali di Mosca sono “tendenzialmente disposti a cadere nel ricatto”. 
L’inclinazione della Serbia verso Mosca è tale che solo qualche commentatore Serbo si stupirebbe se, con la perdita del Kosovo, il governo si preparasse seriamente ad abbandonare le politiche e gli obiettivi filo Occidentali.
L’idea di uno “stato della Nato” è affiorata in vari commenti della settima scorsa. Aveva cominciato a spuntare con il Primo Ministro Vojislav Kostunica, il cui governo di coalizione aspira a diventare membro della Nato. Infatti, Kostunica ha minacciato di rompere le relazioni con tutti gli stati che nell’evenienza decidessero di riconoscere l’indipendenza del Kosovo, e fra questi ci sono le più importanti potenze della Nato. E un giornale di area governativa ha fatto trapelare che la Serbia avrebbe ritirato la sua richiesta all’ingresso come membro dell’Unione Europea.
Secondo il Ministro per il Kosovo, Slobodan Samardzic, il progetto della Nato è quello di rendere il Kosovo un territorio di sua proprietà e un portavoce di Kostunica ha messo in evidenza come la base militare USA, Camp Bondsteel, diverrebbe la sua capitale.
Mercoledì, Samardzic ha dichiarato alla agenzia di informazioni Tanjug che la Nato vuole il Kosovo come sua base per “realizzare obiettivi geopolitici e strategici, suoi e dei clan mafiosi.” 
Inoltre raccomandava a Washington di rinunciare al “progetto di creare uno stato satellite, insieme di caserme dell’esercito, su territorio straniero”, nel momento in cui i Serbi e gli Albanesi del Kosovo stanno per dare inizio ad un nuovo e probabilmente conclusivo giro di consultazioni per ricercare un compromesso sul futuro della provincia.  
In un commento, probabilmente per irritare l’alleanza Occidentale, il Ministro ha insistito nel dire che il reale obiettivo della guerra aerea della Nato del 1999 era “la creazione dello stato della Nato che sarebbe coinciso con il Kosovo indipendente”.   

http://www.srbija.sr.gov.yu/vesti/vest.php?id=37439
Governo della Serbia – 15 agosto 2007

La Nato e gli USA devono abbandonare il progetto di creare uno stato satellite. 

Belgrado – Il Ministro Serbo per il Kosovo-Metohija, Slobodan Samardzic, ha richiesto agli USA di abbandonare il progetto di creare uno stato Nato nella forma di un Kosovo-Metohija indipendente, nel momento in cui è atteso l’inizio di nuovi negoziati sul futuro status della provincia. 
In una dichiarazione all’agenzia di informazioni Beta, Samardzic ha sottolineato come, nel momento in cui nuovi negoziati stanno per avere inizio, sarebbe di importanza cruciale che la Nato e gli USA abbandonassero il progetto di creare uno stato satellite nel Kosovo-Metohija.
Il Ministro ha posto in rilievo come questo progetto non abbia nulla a che vedere con la ricostruzione economica del Kosovo-Metohija e con la riconciliazione fra Serbi e i cittadini di etnia Albanese, e tanto meno con il futuro Europeo di questa parte di Europa. 
Secondo Samardzic, questo tipo di stato servirebbe solo a conseguire obiettivi militari geopolitici e strategici degli USA, e sarebbe utile agli scopi dei gruppi mafiosi locali presenti nel Kosovo-Metohija, e questo renderà impossibile un futuro di pace e di prosperità per le popolazioni della provincia. Ha messo in evidenza che, per queste ragioni, la Serbia aveva respinto il piano prospettato da Martti Ahtisaari, che nell’allegato 11 propone di insediare una presenza Nato in permanenza nel Kosovo-Metohija.
Samardzic ha ricordato che nel corso dei precedenti otto anni la comunità internazionale aveva avuto la possibilità di verificare il reale obiettivo dell’azione militare della Nato contro la Serbia, quello della creazione di uno stato Nato con la scusa dell’indipendenza del Kosovo-Metohija.

http://news.xinhuanet.com/english/2007-08/16/content_6539052.htm
Xinhua News Agency – 16 agosto 2007

La Serbia accusa la Nato di volere costituire in Kosovo uno stato “caserma”

Tirana – Mercoledì, la Serbia ha accusato la Nato e gli Stati Uniti di cercare di insediare uno stato satellite “caserma” nella sua provincia meridionale autonoma del Kosovo. Questa notizia arriva direttamente da Belgrado. 
In una dichiarazione del Ministro della Serbia per il Kosovo, Slobodan Samardzic, si ribadisce che  “la Nato e gli Stati Uniti dovrebbero abbandonare il progetto di creare uno stato satellite “caserma” in un territorio straniero nel momento in cui si stanno aprendo nuovi negoziati sul futuro status del Kosovo”.
Samardzic ha dichiarato che il tipo di stato che si vorrebbe per il Kosovo servirebbe solo agli interessi della Nato e degli Stati Uniti, e costituirebbe una salvaguardia dei profitti dei clan mafiosi nella provincia, e impedirebbe in permanenza un futuro di pace e di prosperità per le popolazioni locali. 
La Tanjug, l’agenzia ufficiale di informazioni della Serbia, ha riportato le affermazioni di Samardzic: “Questo progetto non ha nulla a che vedere con la ricostruzione economica del Kosovo-Metohija e con la riconciliazione fra Serbi e i cittadini di etnia Albanese, e tanto meno con il futuro Europeo di questa parte di Europa.”
Il Kosovo è stato amministrato dall’ONU e dalla Nato dal 1999, quando la Nato ha scatenato bombardamenti aerei per bloccare la Serbia nei suoi attacchi contro i separatisti Albanesi. La popolazione di etnia Albanese, che rappresenta il 90% della popolazione di circa 2 milioni della provincia, sta domandando l’indipendenza, mentre i Serbi del Kosovo vogliono rimanere nell’ambito della Serbia.   
In marzo, l’inviato speciale dell’ONU Martin Ahtisaari ha proposto al Consiglio di Sicurezza un piano per risolvere la questione Kosovo, che prevede una indipendenza del Kosovo sotto supervisione internazionale.
Il piano, appoggiato dagli Stati Uniti e da altri paesi dell’Occidente, ha ricevuto la vigorosa opposizione della Serbia e del suo alleato, la Russia, che esercita un potere di veto nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU. 
La settimana scorsa, delegati dell’Unione Europea, degli Stati Uniti e della Russia, la cosiddetta Troika per il Kosovo,  si sono dati 120 giorni in un tentativo di superare il punto morto a cui è giunto la questione del Kosovo. Alla fine di agosto, a Vienna, questi avevano programmato di dare inizio ad un nuovo negoziato per superare il problema. 

http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2007&mm=08&dd=16&nav_category=90&nav_id=43067
B92, Beta (Serbia) – 16 agosto 2007

Il DSS, Partito Democratico di Serbia, continua la guerra delle parole contro la Nato 

Belgrado – Oggi, il Ministro dell’Interno Dragan Jocic ha nuovamente accusato la Nato di avere l’intenzione di trasformare il Kosovo in “un suo proprio stato fantoccio”.
Inoltre, ha aggiunto che l’Alleanza non può “più a lungo nascondere” queste intenzioni.
La dichiarazione è la seconda di questo tipo negli ultimi quattro giorni.
Jocic ha dichiarato alla Beta che “la Nato non può più a lungo nascondere la sua vera intenzione di trasformare il Kosovo in un suo stato fantoccio militarizzato. Il piano di Ahtisaari, in cui è definito a chiare lettere che la Nato avrà poteri illimitati in un Kosovo supposto indipendente, è stato prospettato in modo da iscrivere e conservare il territorio della nostra provincia nell’ambito delle proprietà del Patto della Nato.”
Il Ministro ha aggiunto che il bombardamento della Serbia nel 1999 “viene spiegato perfettamente dal piano Ahtisaari, che, questo bisogna dirlo, dà luogo alla creazione del primo stato della Nato.” 
Jocic è arrivato a dire che, “Se gli USA intendono costruire normali relazioni con la Serbia, e questo dovrebbe avvenire, allora devono mettere fine a questo pericoloso esperimento, che è iniziato con l’illegale, e soprattutto crudele, distruzione del nostro paese.”
Jociæ viene ritenuto essere una delle figure più influenti nel partito guidato dal Primo Ministro Vojislav Koštunica. La settimana scorsa, i suoi colleghi di partito e di Gabinetto hanno unito la loro voce in dure critiche al ruolo dell’Alleanza nella crisi sullo status del Kosovo.  
I partners del Partito Democratico di Serbia DSS nell’attuale coalizione al governo, in primis il Partito Democratico del Presidente Boris Tadic, fino a questo momento non si sono espressi a riguardo. Rifiutando di commentare le dichiarazioni polemiche. 

http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2007&mm=08&dd=17&nav_category=90&nav_id=43088
B92, Beta (Serbia) – 17 agosto 2007

Un consigliere di Koštunica: È giunto il tempo di ritornare in Kosovo

Belgrado, Gnjilane – Un consigliere del Primo Ministro dichiara che è giunto il tempo del ritorno di un certo numero di truppe Serbe in Kosovo.
Venerdì, Aleksandar Simic ha riferito ai giornalisti che la Risoluzione dell’ONU 1244, che assicura alla Serbia la sovranità sul Kosovo, consente anche la possibilità del ridispiegamento di un certo numero di forze militari e di polizia nella provincia.
Facendo eco ad una dichiarazione rilasciata mercoledì da uno dei leaders Serbi del Kosovo, Marko Jakšic, Simic ha così commentato: “È giunto il tempo che questo avvenga.”
Secondo Simic, “i leaders separatisti Albanesi in Kosovo hanno dimostrato nei fatti di non avere alcun desiderio a trattare” nei prossimi colloqui fra Belgrado e Pristina su un nuovo status della provincia. Simic ha continuato: “Attualmente sono date ulteriori prove che la sola forza che può costringere gli Albanesi Kosovari a trattare sono gli Stati Uniti. Se questo paese rinunciasse alle sue mire di creare uno stato della Nato nei Balcani, sarebbero effettivamente possibili dei negoziati, con la produzione di un compromesso, per noi doloroso, ma estremamente necessario alla stabilità dei Balcani e dell’Europa.” 
Interrogato dai giornalisti se le ripetute affermazioni rilasciate da funzionari statali del Partito Democratico di Serbia DSS di Koštunica, in cui la Nato viene accusata di cospirare per insediare un suo proprio stato nella regione, significano che la Serbia ha rinunciato alla sua precedente politica di diventare membro della Nato, Simic ha risposto che il governo “non intende discutere su questo argomento.” 

http://www.focus-fen.net/index.php?id=n119629
Focus News Agency (Bulgaria) – 17 agosto 2007

La Serbia esige il ritorno del suo esercito e della sua polizia in Kosovo

Belgrado – Venerdì, un funzionario Serbo di alto grado, fra tensioni crescenti sullo status futuro della provincia sotto amministrazione ONU, ha dichiarato che la Serbia esige di inviare nuovamente in Kosovo soldati e poliziotti, questo secondo l’agenzia AFP. 
Aleksandar Simic, un consigliere del Primo Ministro Vojislav
Kostunica, ha affermato all’agenzia di stampa Beta: “Noi reputiamo che sia giunto il momento per fare questo!” 
La Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che ha messo fine al conflitto in Kosovo fra le forze Serbe e i separatisti di etnia Albanese, conteneva un’opzione che prevedeva che più di 1.000 poliziotti e militari Serbi potevano essere rinviati nella provincia a guardia dei siti culturali e religiosi. 
L’opzione non è stata mai messa in esecuzione per il timore di esacerbare tensioni.
Nel giugno 1999, le forze armate Serbe venivano mandate via dalla provincia in seguito ad una campagna di bombardamenti della Nato... 
Anche se giuridicamente rimaneva una provincia della Serbia, da allora il Kosovo passava sotto l’amministrazione di una missione ONU, con un dispiegamento di 16.000 uomini della Nato per “mantenere la pace”.  
Secondo le recenti proposte dell’inviato speciale dell’ONU Martti Ahtisaari – respinte sia dalla Serbia che dalla Russia, ma appoggiate dagli Stati Uniti – al Kosovo dovrebbe venire concessa una indipendenza “supervisionata”. 
Simic ha unito le sue accuse agli Stati Uniti a quelle di un certo numero di ministri Serbi, che imputano agli USA di volere allargare la loro influenza nella regione. “Se gli USA rinunciano alla creazione di uno stato Nato nei Balcani, saranno possibili effettivamente dei negoziati sullo status futuro del Kosovo”.
La Troika internazionale costituita da Stati Uniti, Unione Europea e Russia ha proposto un nuovo giro di negoziati sul Kosovo in seguito al rifiuto del piano Ahtisaari da parte di Mosca.
La ripresa dei colloqui era prevista per il 30 agosto a  Vienna.
I cittadini di etnia Albanese del Kosovo, che costituiscono il 90% della popolazione di 1,8 milioni di abitanti, vogliono null’altro che l’indipendenza, mentre Belgrado si oppone a qualsiasi cosa che sia più di un alto grado di autonomia. 

http://www.srbija.sr.gov.yu/vesti/vest.php?id=37452
Governo della Serbia – 17 agosto 2007

È giunto il tempo che un certo numero di soldati e di poliziotti della Serbia ritornino nel Kosovo-Metohija

Belgrado –Oggi, il consigliere del Primo Ministro della Serbia, Aleksandar Simic, ha asserito che, in linea con la Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, è giunto il tempo in cui un certo numero di soldati e funzionari di polizia Serbi ritorni nel Kosovo-Metohija.
In una dichiarazione all’agenzia di stampa Beta, Simic ha affermato che, secondo la Risoluzione 1244, che assicura la sovranità della Serbia, l’ONU e la Nato hanno l’obbligo di permettere il ritorno della polizia e dell’esercito Serbo nel territorio della provincia.
Secondo Simic, le asserzioni dei leaders dei separatisti Albanesi del Kosovo-Metohija, seguite all’incontro con gli inviati della Troika del Gruppo di Contatto, indicano che loro non vogliono alcun negoziato e che il prossimo periodo, che andrà fino al 10 dicembre, sarà una “mera perdita di tempo”. Simic ha aggiunto che questa è una prova ulteriore che gli USA sono la sola forza che può costringere ad un negoziato gli Albanesi del Kosovo, e che, solo se gli USA rinunciano a creare uno stato della Nato nei Balcani, allora saranno possibili effettivi negoziati ed un compromesso tanto indispensabile per la stabilità dei Balcani e dell’intera Europa. Simic ha continuato che, solo seguendo alla lettera le decisioni del Consiglio di Sicurezza, può essere assicurato il rispetto della Carta dell’ONU e del diritto internazionale, e questo sarà reso impossibile da “creazioni pericolose e mostruose di quasi-stati nel cuore della Serbia e dei Balcani”.  
 
http://www.iht.com/articles/ap/2007/08/17/europe/EU-GEN-Serbia-Kosovo
Associated Press – 17 agosto 2007

Serbia spinge per un ritorno in Kosovo del suo esercito e della sua polizia

Belgrado, Serbia – Venerdì, un dirigente ha dichiarato che la Serbia fa pressioni per un ritorno del suo esercito e della sua polizia in Kosovo, un’azione che potrebbe aumentare le tensioni etniche nella provincia autonoma. Aleksandar Simic, un portavoce del primo Ministro Vojislav Kostunica, ha affermato che è “giunto il tempo di un ritorno” nella provincia di quasi 1.000 uomini appartenenti alle forze di sicurezza Serbe. 
In Kosovo, il 90% dei due milioni di abitanti sono di etnia Albanese. L’amministrazione ONU in Kosovo ha rifiutato ogni commento prima dell’arrivo di una formale richiesta da parte del governo Serbo per un ritorno delle sue truppe. 
Secondo una Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU promossa nel 1999, quando le truppe della Nato avevano cacciato dal Kosovo le forze di sicurezza della Serbia, che avevano messo in atto misure restrittive contro i separatisti Albanesi Kosovari, alla Serbia veniva assicurato il ritorno di circa 1.000 fra soldati e poliziotti a guardia dei confini della provincia e delle chiese e dei monasteri Serbo-Ortodossi. Ma la Nato e gli appartenenti al contingente dell’ONU per conservare la pace in Kosovo non avevano permesso il ridispiegamento... 
Il Kosovo, considerato da molti Serbi come la culla della loro nazionalità e della loro religione, è solo formalmente una parte della Serbia. Dal 1999, quando la Nato ha scatenato una guerra aerea per bloccare il governo della Serbia nei suoi attacchi contro i separatisti Albanesi, la provincia è stata sotto amministrazione delle Nazioni Unite e della Nato.
La settimana scorsa, i diplomatici inviati dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea e dalla Russia si sono dati 120 giorni nel tentativo di mettere fine alla situazione di stallo relativa alla questione Kosovo. Per il 30 agosto, a Vienna, si darà inizio ad un nuovo giro di consultazioni. 
Simic ha sottolineato che il ritorno delle truppe Serbe in Kosovo è una “precondizione” per un possible accordo con l’etnia Albanese.
Il nuovo tentativo di negoziato segue la minaccia della Russia di bloccare nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU  il piano appoggiato dagli USA di assegnare al Kosovo un’indipendenza sotto supervisione internazionale. I diplomatici presenteranno una relazione al Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon per il 10 dicembre 2007. 

http://www.focus-fen.net/index.php?id=n119726
Tanjug (Serbia) – 18 agosto 2007

La Serbia fa pressioni sulla Nato per bloccare il piano dell’inviato dell’ONU per il Kosovo

Belgrado – Sabato, il consigliere per i rapporti con i media del Primo MinistroVojislav Kostunica, Srdjan Djuric ha dichiarato alla stampa che la Nato deve rinunciare ad appoggiare il piano dell’Inviato dell’ONU Martti Ahtisaari per la risistemazione del Kosovo e che le assicurazioni che l’Alleanza non sta cercando di creare un suo proprio stato nel Kosovo-Metohija per la Serbia valgono meno di niente. E Djuric ha continuato, asserendo che fin tanto che la Nato continua a sostenere il piano di Ahtisaari, e particolarmente l’Allegato 11, risulta chiaro che sta tentando di creare il primo stato Nato; inoltre, la Nato non ha mai detto che avrebbe rispettato l’inviolabilità dei confini della Serbia riconosciuti internazionalmente, la sovranità della Serbia e la sua integrità territoriale. 
Venerdì, la portavoce della Nato, Carmen Romero, ha ribadito ai media di Belgrado che la Nato non sta facendo nulla in segreto e dietro alle spalle della Serbia....

http://www.nasdaq.com/aspxcontent/NewsStory.aspx?cpath=20070817%5cACQDJON200708171320DOWJONESDJONLINE000592.htm&
Associated Press – 17 agosto 2007

La Nato respinge il tentativo della Serbia di riportare il suo esercito e la sua polizia in Kosovo 

Belgrado – Venerdì, la Nato ha respinto la richiesta della Serbia per un ritorno in Kosovo del suo esercito e della sua polizia, un ridispiegamento che potrebbe alimentare le tensioni etniche nella provincia autonoma. In Kosovo, il 90% dei due milioni di abitanti sono di etnia Albanese
Aleksandar Simic, un portavoce del Primo Ministro Vojislav Kostunica ha dichiarato: “È giunto il tempo del ritorno” nella provincia di circa 1.000 appartenenti al personale di sicurezza della Serbia .
Michael Knop, un portavoce del contingente di pace in Kosovo sotto l’egida della Nato, ha risposto: “Le forze Serbe non saranno autorizzate al ritorno”. Ed ha aggiunto che “è la forza internazionale responsabile della sicurezza in Kosovo e non esiste alcun proposito di autorizzare tale decisione.”  Secondo una Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU promossa nel 1999, quando le truppe della Nato avevano cacciato dal Kosovo le forze di sicurezza della Serbia, che avevano messo in atto misure restrittive contro i separatisti Albanesi Kosovari, alla Serbia veniva assicurato il ritorno di circa 1.000 fra soldati e poliziotti a guardia dei confini della provincia e delle chiese e dei monasteri Serbo-Ortodossi. Ma la Nato e gli appartenenti al contingente dell’ONU per conservare la pace in Kosovo non avevano permesso il ridispiegamento, temendo che ciò avrebbe irritato gli Albanesi Kosovari e riacceso la violenza e le tensioni etniche nella regione.
Il Kosovo, considerato da molti Serbi come la culla della loro nazionalità e della loro religione, è solo formalmente una parte della Serbia. Dal 1999, quando la Nato ha scatenato una guerra aerea per bloccare il governo della Serbia nei suoi attacchi contro i separatisti Albanesi, la provincia è stata sotto amministrazione delle Nazioni Unite e della Nato.
La settimana scorsa, i diplomatici inviati dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea e dalla Russia si sono dati 120 giorni nel tentativo di mettere fine alla situazione di stallo relativa alla questione Kosovo. Per il 30 agosto, in Austria, a Vienna, si darà inizio ad un nuovo giro di consultazioni. 
Simic ha sottolineato che il ritorno delle truppe Serbe in Kosovo è una “precondizione” per un possibile accordo con l’etnia Albanese. Il nuovo tentativo di negoziato segue la minaccia della Russia di bloccare nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU  il piano appoggiato dagli USA di assegnare al Kosovo un’indipendenza sotto supervisione internazionale. I diplomatici presenteranno una relazione al Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon per il 10 dicembre 2007. 
 
 http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2007&mm=08&dd=19&nav_category=90&nav_id=43124
FoNet (Serbia) – 19 agosto 2007 

“Le forze potrebbero ritornare immediatamente”

http://www.serbianna.com/news/2007/01551.shtml
Serbianna, Agencies - April 20, 2007

China against Kosovo independence, Serbia

BELGRADE, Serbia - The Serbian government said
Wednesday it had received support from a senior
Chinese official for its opposition to a U.N. plan
that would give independence to Serbia's breakaway
province of Kosovo.
Russia has already expressed support for the Serb
position on Kosovo, which has been a U.N. protectorate
since 1999. The province's majority ethnic Albanians
have been seeking independence, but Belgrade wants to
retain at least formal control over the area.
The Serbian government said in a statement that
Chinese Vice Premier Hui Liangyu said during a meeting
with Prime Minister Vojislav Kostunica that China "is
against imposed solutions and deadlines" that would
quickly determine the province's future status.
Hui Liangyu urged more talks between Belgrade and
Kosovo "so a negotiated solution, acceptable to both
sides, is found that would maintain peace and
stability in the region," the government statement
said.
China had no immediate comment on the Serbian
statement, a duty officer at the Chinese Foreign
Ministry press section said Wednesday. There were no
notices or statements about this issue on the Foreign
Ministry's Web site.
U.S. Undersecretary of State Nicholas Burns has said
the U.S. considers independence the only option for
Kosovo and has suggested that the U.S. may recognize
Kosovo's split from Serbia, even if Russia carries out
its threat to veto the U.N. plan when it comes to a
vote at the Security Council.
Kostunica reiterated Belgrade's stand that Kosovo, its
historic heartland, must remain within Serbia. He said
Serbia "greatly appreciates" the Chinese view on
Kosovo.
Serbia's pro-Western President Boris Tadic also met
Hui, thanking him in a statement for China's
"principal stand in regards to Kosovo's future
status."
"Serbia will use all available diplomatic and legal
means to protect its territorial integrity and
sovereignty," Tadic said after the meeting.
Serbia has been seeking support from Russia and China
in its bid to keep Kosovo within its borders.
Belgrade has suggested it relies on Russian and
Chinese veto at the U.N. Security Council, which will
have the final say on the U.N. plan that proposes
internationally supervised statehood for the province.
The Chinese call for more negotiations reflects
Serbian and Russian demands, despite U.S. calls for a
quick acceptance of the U.N. plan in the Security
Council.
U.N. special envoy Martti Ahtisaari, who has presented
his proposal to the council, said that there was no
point to more negotiations because the Serbs and
Kosovo Albanians are very much apart on Kosovo's
future status.
Amid a flurry of diplomatic activity regarding Kosovo,
Russia's Foreign Minister Sergei Lavrov is to arrive
in Belgrade later Wednesday for a two-day visit.
Kosovo has been run by a U.N. administration and
patrolled by NATO peacekeepers since the end of a NATO
air war to halt a crackdown by Serb government troops
against ethnic Albanian rebels seeking independence.



http://www.srbija.sr.gov.yu/vesti/vest.php?id=38310
Government of Serbia - September 13, 2007

Only a compromise solution for Kosovo-Metohija status
issue guarantees regional stability

Beijing – Serbian Minister of Foreign Affairs Vuk
Jeremic said today that only a solution acceptable to
both sides for the future status of Kosovo-Metohija
could provide regional stability.
At a lecture held at the Institute of International
Studies in Beijing, Jeremic expressed gratitude to
China for its principled support to Serbia in the
effort to find a solution based on compromise,
acceptable to both sides.
China’s principled stand was always there and will
never be forgotten, stressed the Minister, and he
added that China’s stand on the issue has brought the
two countries closer together, just as Serbia’s stand
regarding Taiwan did.
Jeremic said that only such a solution could secure
viable, quick and harmonious economic growth in the
entire region, as well as political stability, which
is an essential condition for the economic growth of
any country.
According to Jeremic, attempts to impose solutions are
universally unacceptable in the international
community, and not just for Serbia.
A solution, such as the recognition of the separatist
ambitions of the Kosovo Albanians, would lead to the
forcible breakup of Serbia and would give a blow to
the very essence of international order.
He warned that this would set a precedent which could
jeopardize stability in southeast Europe, and threaten
security in many other parts of the world.
He said that there is a huge difference between stands
taken by Belgrade and Pristina, but expressed
expectation that a compromise is still possible if the
two sides show sincere willingness to transcend their
differences for the sake of peace and reconciliation.
The Minister said that Belgrade is against setting an
artificial deadline for concluding the process of
negotiations.
Serbia will continue making efforts to strengthen
cooperation with China, said Jeremic and pointed to
the fact that China today is a strong factor in global
political stability, economic growth and social
equality.
Jeremic also met in Beijing with Chinese Foreign
Minister Yang Jiechi and stressed on the occasion that
Serbia attaches great importance to relations with
China.
Serbia values China’s positive role on the
international scene said Jeremic and pledged to make
efforts to further develop bilateral relations.
Yang Jiechi said that China will never alter its
policy of developing relations with Serbia regardless
of the situation in the West Balkans and in the world.
He gave a positive assessment of relations between
China and Serbia and expressed willingness to widen
cooperation.
Jeremic and Yang Jiechi signed a protocol on
cooperation between the two ministries.


http://www.srbija.sr.gov.yu/vesti/vest.php?id=38396
Government of Serbia - September 15, 2007

Serbia gets China’s support for stand on Kosovo-Metohija status issue

Belgrade, Sept 15, 2007 – Serbian Minister of Foreign Affairs Vuk
Jeremic said in an interview for today’s edition of the daily
Vecernje Novosti that China will not support an imposed solution
which is not based on a compromise for the future status of Kosovo-
Metohija in the Security Council, and is not in favour of setting
deadlines in the negotiations on the status of the province.
The Serbian government’s official website presents the interview in
full.


On recent visit to China and talks with Chinese Vice-President Zeng
Qinghong and Foreign Minister Yang Jiechi:

Talks were conducted in an excellent atmosphere! We had meetings at
the highest level, and our hosts began discussion on the issue
themselves, stating that international issues must not be settled
through use of force. We reached agreement concerning questions which
are important for our countries, and Serbia got support for its stand
on the Kosovo status issue.

Is this the first time that Serbia has openly received firm
reassurance from this permanent member of the Security Council that
it will not support a solution which is not acceptable both to
Belgrade and Pristina?

China always had a principled on the Kosovo status issue, based on
international law. That was visible during the Security Council
debate held in June. But until this point it was not expressed so
explicitly.

How much will the Chinese stand affect other Security Council members?

It is certain that the stand of an important and permanent Security
Council member on the issue of the future status of Kosovo-Metohija
is very significant. Undoubtedly it will have an affect upon all
forums and organisations of which China is a member, including the
most important one, the Security Council.


(Source: R. Rozoff via yugoslaviainfo@yahoogroups;com)

(italiano / english)

Hungary: Communists under attack

1) Un nuovo episodio della “caccia alle streghe” anticomunista in Europa
2) Hungary: Free Speech Under Attack
3) ESTRATTI DALL'INTERVENTO DEL RAPPRESENTANTE DEL PARTITO COMUNISTA OPERAIO D'UNGHERIA Gyula Thürmer alla Conferenza a Lisbona dei Partiti Comunisti ed Operai (10-12 Novembre 2006) 
4) L'allarme della Federazione della Stiria del Partito Comunista Austriaco sulla persecuzione ai danni dei comunisti in Ungheria e non solo (febbraio 2007)

=== 1 ===

www.resistenze.org - popoli resistenti - ungheria - 10-09-07 - n. 193

 
Ungheria: attacco contro la libertà d’espressione

 

Un nuovo episodio della “caccia alle streghe” anticomunista in Europa

 

06/09/2007
 
Il Presidente del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese, Gyula Thurmer, ha inviato una lettera ai partiti comunisti di tutti i paesi, chiedendo solidarietà per il nuovo attacco sferrato contro i comunisti nel suo paese. Nell’associarci alla solidarietà che già si sta manifestando nel mondo verso i coraggiosi militanti comunisti ungheresi impegnati a difendere l’esistenza del loro partito, ci auguriamo che anche i rappresentanti istituzionali delle forze democratiche e di sinistra presenti in Italia facciano la loro parte, innalzando una vigorosa protesta nei confronti delle autorità di un paese che, oltretutto, fa parte dell’Unione Europea.
 
Si ponga immediatamente fine alla persecuzione in atto!
 
La redazione di "Resistenze.org"           

   

---

 

Cari compagni,

 

L’intero Presidium del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese si trova sotto la minaccia della condanna a due anni di prigione. Venerdì 21 settembre 2007, il Tribunale cittadino di Szekesfehervar giudicherà la causa intentata contro il Presidium del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese (HCWP). Il Presidente Gyula Thurmer ed altri sei membri del Presidium sono accusati di “diffamazione pubblica”. Secondo il Codice Penale Ungherese essi potrebbero essere condannati ad un massimo di due anni di carcere.

 

Chiediamo la vostra solidarietà. Vi chiediamo di condannare la persecuzione politica contro il nostro partito. Vi chiediamo di organizzare in settembre manifestazioni davanti all’Ambasciata ungherese del vostro paese, esigendo la fine della persecuzione contro i comunisti e che vengano garantiti i diritti costituzionali del popolo.

 

I retroscena del caso

 

Nel giugno 2005, appena dopo le elezioni per il Parlamento Europeo, l’ex vicepresidente del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese, Attila Vainaj, avviò un’ampia offensiva politica ed ideologica contro la leadership del partito, chiedendo un cambiamento radicale della sua linea politica. Le caratteristiche di fondo di tale posizione consistevano nell’esigere dai comunisti la cooperazione e la collaborazione con il Partito Socialista Ungherese, che governava l’Ungheria dal 2002. Egli riuscì ad ottenere sostegni in quelle città e località, dove i membri del nostro partito collaboravano con i socialisti nelle amministrazioni locali.

 

La maggioranza dei membri del Comitato Centrale e la maggioranza dei membri del Partito respinsero la posizione di Attila Vajnai e dei suoi sostenitori, considerandola una piattaforma politica che pretendeva di mettere in discussione l’intera esperienza politica del partito; di distruggere l’unità del partito, e di trasformarlo in una forza riformista e in un fedele alleato dei socialisti al governo. Il Comitato Centrale confermò la tesi, secondo cui il Partito Socialista Ungherese è un partito capitalista con una tipica politica neoliberale. Esso non ha niente a che fare con i programmi e i valori della Sinistra.

 

Il Comitato Centrale decise l’espulsione di Vajnai e dei suoi sostenitori dal partito il 12 marzo 2005. Alcune settimane più tardi, il 2 aprile 2005, il Comitato Centrale convocò il 21° Congresso del partito per il 4 giugno 2007, allo scopo di risolvere la crisi politica.

 

L’opposizione interna, capeggiata da Attila Vajnai, si appellò allora al Tribunale di Budapest, chiedendo l’invalidazione delle risoluzioni del Comitato Centrale del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese.

 

Il Tribunale di Budapest invalidò le risoluzioni del Comitato Centrale l’8 giugno 2005, riconfermando l’appartenenza di Vajnai e dei suoi sostenitori al partito e a tutti gli incarichi dirigenti ricoperti in precedenza e annullando così tutte le decisioni prese dal partito nel 21° Congresso.

 

La conseguenza è stata la quasi totale paralisi dell’attività per alcuni mesi, che ha impedito un’adeguata preparazione delle elezioni parlamentari di aprile 2006. Sì è determinata una situazione molto difficile per l’intero partito e l’insieme del movimento operaio.

 

Il Presidium del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese ha espresso la propria opinione in una dichiarazione. Esso ha affermato che la sentenza è stata una sentenza politica, che non ha precedenti nella storia legale degli ultimi due decenni. Il Presidium ha dichiarato che la sentenza rappresenta una risposta vendicativa al referendum promosso dal nostro partito contro la privatizzazione degli ospedali (il referendum si è svolto nel 2004 e circa due milioni di elettori hanno votato contro la privatizzazione del sistema sanitario).

 

Il Tribunale di Budapest ha richiesto al Presidium del partito di ritirare immediatamente la propria opinione e di dichiarare che la sentenza non aveva niente a che fare con la politica. La leadership del partito ha rifiutato di farlo.

 

Il presidente del Tribunale di Budapest ha poi deciso di chiamare in giudizio l’intera dirigenza del partito. Sul caso ha indagato la polizia nel febbraio 2006 (proprio alla vigilia delle elezioni parlamentari) ed il Presidium è stato incriminato per “diffamazione pubblica”.

 

La posizione del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese

 

Il Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese è convinto che questa sentenza violi la Costituzione ungherese. L’articolo 61 della Costituzione concede a chiunque la libertà di esprimere la propria opinione.

 

Pensiamo che lo scopo della persecuzione sia quello di attaccare il nostro partito. Nel 2005, la sentenza del Tribunale di Budapest ha impedito che il partito si mobilitasse perché la crescente insoddisfazione del popolo entrasse in parlamento.

 

Ora, nel momento in cui ci stiamo consolidando, alcuni circoli politici vogliono liquidare il partito.

 

Ciò è parte di una vasta campagna anticomunista in corso in Europa. A Praga, l’Unione della Gioventù Comunista è stata messa al bando; a Budapest, la tomba dell’ex leader comunista Janos Kadar è stata profanata; a Tallin, il monumento agli eroi sovietici è stato smantellato. Adesso, due anni di prigione minacciano i dirigenti comunisti ungheresi.

 

Ribadiamo che i comunisti ungheresi continueranno la lotta, e che nessuno potrà intimidirli. In questa dura situazione chiediamo il vostro sostegno e la vostra solidarietà.

 

Fraternamente,

 

Gyula Thurmer
Presidente del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese

 

Traduzione dall’inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

=== 2 ===

Free Speech Under Attack

Dear Comrades,

THE ENTIRE Presidium of the Hungarian Communist Workers’ Party is under threat of two years of imprisonment. On Friday 21st  September 2007, the City Court of Szekesfehervar will hear the case against the Presidium of the Hungarian Communist Workers’ Party (HCWP). President Gyula Thürmer and six other members of the Presidium of HCWP are accused of “public libel”. Under the Hungarian Criminal Code they could face a maximum of two years in jail.

We ask for your solidarity. We ask you to condemn the political prosecution against the HCWP. We ask you to organise in September meetings in front of the Hungarian embassy in your country, demanding the halt of the prosecution against the communists and to guarantee the constitutional rights of people.

1. The background of the case is the following:

In June 2005, just after the European Parliamentary elections, former vice-president of the HCWP Attila Vajnai launched a wide political and ideological offensive against leadership of the party, demanding a principal change of the political line of the party. The main essence of his position was that the Communists should cooperate and work with the Hungarian Socialist Party, which has been governing Hungary since 2002. He succeeded in getting support in those cities and localities where the members of the Hungarian Communist Workers’ Party had been cooperating with the Socialists in the local municipalities.

The majority of the members of the Central Committee and the majority of Party members rejected the position of Attila Vajnai and his supporters, seeing it as a political platform that wanted to reconsider the whole political experience of the party; to destroy the unity of the party, and to change it into a reformist party and close supporter of the governing Socialists. The Central Committee confirmed that the Hungarian Socialist Party is a capitalist party, a right-wing social-democratic party with a typical neo-liberal policy. It has nothing to do with Left programmes and values.

The Central Committee of the HCWP expelled Vajnai and his supporters from the party on 12th March 2005. Some weeks later, on the 2nd April 2005 the Central Committee convened the 21st Congress of the party for 4th June 2007 to resolve the political crisis.

The internal opposition headed by Attila Vajnai turned to the Budapest Court demanding that the resolutions of the Central Committee of the HCWP be invalidated.

The Budapest City Court invalidated the resolutions of the Central Committee on the 8th June 2005. The Court restored the membership of Vajnai and his supporters to the party and to all leading bodies of the party that they had held and cancelled all the resolutions of the 21st Congress.

As a consequence, the HCWP was paralysed to a great degree for some months, and could not make the necessary preparations for the parliamentary elections in April 2006. It led to very difficult situation in the whole party and the whole workers’ movement.

The Presidium of the HCWP expressed its opinions in a declaration. It said that the judgment was a political judgement, which has no precedent in the legal history of the last two decades. The Presidium declared that the judgment was revenge for the referendum initiated by the Hungarian Communist Workers’ Party against the privatisation of hospitals. (The referendum took place in December 2004 and almost two million voters voted against the privatisation of the health care system).

 The Budapest Court demanded that the Presidium of the Party officially withdraw this opinion and declare that the court judgement had nothing to do with politics. The leadership of the party refused to do it.

The head of the Budapest City Court then decided to prosecute the whole leadership of the party. The case was investigated by the police in February 2006 (just before the parliamentary elections) and the Presidium was charged with “public libel”.

2. The position of the HCWP:

The Hungarian Communist Workers’ Party is convinced that this judgement violates the Hungarian Constitution. Article 61 of the Constitution gives everybody the freedom to express their opinion.

We consider that the purpose of prosecution is to attack the Hungarian Communist Workers’ Party. In 2005 the judgement of the Budapest Court prevented our party from mobilising the rising dissatisfaction of the people to get into parliament.

Now, when our situation has been consolidated, some political circles want to liquidate the party.

It is a part of the wide anti-communist campaign going on across Europe. In Prague the Communist Youth Union was banned; in Budapest the grave of [former communist leader] Janos Kadar was dishonoured, in Tallinn the monument of Soviet heroes was dismantled. Now two years of imprisonment threaten the Hungarian Communist leaders.

We confirm that we Hungarian Communists will continue our fight, and nobody can threaten us. In this serious situation we ask your support and solidarity.

Comradely yours,

Gyula Thürmer

President - Hungarian Communist Workers’ Party

Source: New Communist Party of Britain

=== 3 ===

Conferenza a Lisbona dei Partiti Comunisti ed Operai
10-12 Novembre 2006



ESTRATTI DALL'INTERVENTO DEL RAPPRESENTANTE DEL
PARTITO COMUNISTA OPERAIO D'UNGHERIA Gyula Thürmer


(...) Noi sperimentiamo ogni giorno gli attacchi delle forze capitaliste contro gli operai e le classi lavoratrici. Ed ogni giorno sperimentiamo i loro attacchi contro i partiti comunisti. Vogliono distruggerci completamente. Non ci perdoneranno mai il 1917 e il 1945. Ora si prendono la vendetta. Le forze capitaliste hanno conquistato l'Europa Orientale. L'Unione Europea ha occupato i nostri mercati, compresa l'Ungheria. Non si sono arrestati. Continuano i loro attacchi in direzioni differenti.

In primo luogo, nei nostri paesi che già hanno aderito all'UE e alla NATO, vogliono mettere le spese dell'ammodernamento capitalista sulle spalle della gente che lavora. Vogliono che le nostre masse paghino la loro modernizzazione capitalista. Ecco perché attaccano il nostro sistema della sanità, della formazione, il sistema delle pensioni. In questo modo il capitale europeo non scarica su di noi solo le spese della modernizzazione capitalistica europea, ma anche i loro conflitti sociali.

In secondo luogo, in quei paesi che non partecipano ancora al sistema integrato capitalista, viene propagandata la cosiddetta democratizzazione. Essi vogliono coinvolgere questi paesi nella loro sfera di influenza. In pratica significa l'esportazione della controrivoluzione capitalistica in questi paesi. Ora, in primo luogo mi riferisco alla Bielorussia.
Compagni, noi siamo convinti che la nostra lotta è piuttosto difficile, ma non è una missione impossibile.  La nostra missione è possibile. In base alla nostra esperienza consideriamo inevitabile risolvere i seguenti problemi.

In primo luogo, dovremmo combattere contro il capitalismo. Dovremmo combattere per gli interessi dei lavoratori nei nostri paesi. Se cerchiamo compromessi con il capitalismo, se desideriamo essere adattati nel sistema democratico borghese, moriremo, spariremo. Se combattiamo contro il capitalismo, affronteremo certo grandi difficoltà, ma sopravviveremo e vinceremo.
In secondo luogo, dovremmo sostenere tutte le forze che combattono contro il capitalismo.  Il capitalismo ha non abbandonato i programmi militari. Al contrario. Il capitale non accetta più limitazioni. Non ci sono confini nazionali. Non ci sono neppure norme internazionali obbligatorie. L'Unione Sovietica non esiste più. Il capitale ha trovato i nuovi nemici nel terrorismo internazionale e nel mondo islamico.

Noi siamo contro la cosiddetta democratizzazione dei paesi indipendenti dell'Est europeo. Siamo contro la politica delle pressioni esercitata nei confronti della Bielorussia. Siamo dalla parte dei comunisti della Bielorussia e della gente della Bielorussia. Compagni, io esorto tutti voi a non ripetere gli errori storici della nostra lotta durante la aggressione NATO contro la Jugoslavia. Dovremmo essere pronti a tempo debito ad aiutare il popolo della Bielorussia. Noi comunisti ungheresi siamo pronti a svolgere un ruolo di coordinamento su questo problema.

Noi sosteniamo la lotta giusta del popolo arabo contro l'imperialismo. La battaglia per la pace del Medio Oriente continua non solo nei paesi arabi. Noi europei possiamo svolgere un ruolo importante in questo campo.
Siamo convinti che il presidente Chavez in Venezuela sta combattendo con la stessa bandiera rossa che agitiamo noi. Sosteniamo la loro lotta contro l'imperialismo degli Stati Uniti, sosteniamo la loro rivoluzione bolivariana.

Sosteniamo le forme multinazionali di cooperazione dei partiti comunisti ed operai. 
Sosteniamo il processo iniziato a Atene. Ci siamo avviati nella direzione giusta. Abbiamo bisogno di riunirci regolarmente. Abbiamo bisogno di un Fondo di Solidarietà. Servono gruppi di lavoro che possano aiutare la nostra lotta a livello nazionale. Noi sosteniamo pienamente la bozza di documento comune.

Compagni, tutti voi sapete degli eventi turbolenti avvenuti di recente in Ungheria. Non è ancora una rivoluzione sociale. Non è una rivoluzione ma possiamo dire che il capitalismo ungherese è in crisi. La lotta sta continuando fra forze politiche che rappresentano la stessa capitalista. Il Partito socialista ungherese (MSZP) ed il Partito dei liberal democratici (SZDSZ) vogliono mantenere il potere. La Lega dei giovani democratici - Partito civico ungherese (Fidesz) vorrebbero conquistare il potere. Nessuno di loro è innocente come un candido agnellino. 

D'altra parte, piccoli e medi capitalisti ora rappresentati dai proprietari delle farmacie e dai medici combattono contro il grande capitale, che è sostenuto dal governo attuale. Combattono per la loro propria esistenza di capitalisti. Combattono perché la loro vita ed esistenza sono legate alle sorti dell'Ungheria. Essi non possono trasferire le loro farmacie o ambulatori dai villaggi ungheresi a Parigi.

E c'è un altro aspetto ancora. Anche gli intellettuali ungheresi lottano contro il grande capitale. Sono stati gli intellettuali ungheresi a preparare il cambiamento del sistema sociale-economico nel 1990. Ora stanno perdendo tutto. Sulla televisione potete vedere i tesori delle aziende multinazionali, e non i rappresentanti degli intellettuali ungheresi. Non sono presenti nel sistema di potere neppure simbolicamente. Gli intellettuali meglio di tutti gli altri gruppi sociali sentono che stiamo perdendo gli elementi di base della nostra esistenza nazionale, le scuole ungheresi, la cultura ungherese, e la lingua ungherese.

Gli operai, la classe operaia non partecipa ancora a questa battaglia. Ma è anche vero che incominciano a capire la loro situazione disperata. Sono i perdenti del capitalismo ed ora sono loro a pagare la modernizzazione capitalista.

Che cosa stiamo facendo noi?
In primo luogo, abbiamo deciso di lottare con tutte le nostre forze per gli interessi dei nostri operai. Non siamo interessati al successo delle riforme capitalistiche promosse dal governo attuale. Non siamo interessati ad una tale soluzione laddove dovremmo essere noi a pagare il prezzo della modernizzazione capitalista.

In secondo luogo, abbiamo deciso di sostenere la lotta delle piccole e medie imprese ungheresi per la loro sopravvivenza. È la loro battaglia ma allo stesso tempo è anche una nostra battaglia.

In terzo luogo, abbiamo deciso difendere e rinforzare il nostro partito, l'unico partito della sinistra marxista in Ungheria. Al nostro recente ventiduesimo congresso, terminato il 4 novembre scorso, abbiamo deciso di rinnovare completamente il nostro partito, in pratica per sviluppare un nuovo partito, un'organizzazione marxista leninista rivoluzionaria efficace e combattiva, costituita di membri disciplinati. Noi non possiamo mai prevedere come la situazione si svilupperà domani. Dovremmo essere sempre dalla parte degli operai e della gente che lavora.

Il Partito comunista operaio ungherese è uno dei partiti comunisti degli ex paesi socialisti europei. Sono convinto che i nostri partiti hanno un grande potenziale rivoluzionario.
Le società europee orientali sono piene dei conflitti. Il capitalismo distrugge gli operai e la gente che lavora. Noi non siamo i vincitori nel capitalismo, siamo le vittime. Stiamo cercando nuove risposte. Desideriamo contribuire al rafforzamento dello spirito rivoluzionario del movimento comunista.

Grazie,
Gyula Thürmer,
presidente del Partito Comunista Operaio Ungherese

THIS TEXT IN ENGLISH:


=== 4 ===

Partito Comunista di Austria - federazione della Stiria
Lagergasse 98a
8020 Graz

Mercoledi 14 febbraio 2007

Comunicato stampa del PCA della Stiria

Appello all'Europa:
Non abbiate timore dei comunisti!

In alcuni Stati della UE, come la Lettonia, la Rep. Ceca o l'Ungheria, gli obiettivi politici ed i simboli del movimento comunista sono soggetti a discriminazione. Per ragioni di principio, il PCA di Stiria partecipa a tutte le iniziative di solidarietà contro questi atti antidemocratici.

Dichiara il segretario federale Franz Stephan Parteder: "Mettere un freno a questi tentativi di reprimere le opinioni a sinistra è nell'interesse di tutti i democratici e di tutte le persone che ritengono che il capitalismo sfrenato non sia la fine della storia".

Per questo il PCA della Stiria ha deciso di esprimersi contro la messa al bando della Lega della Gioventù Comunista della Repubblica Ceca e di mobilitarsi anche contro il divieto, vigente in Ungheria, di esporre in pubblico simboli del movimento operaio quali la falce ed il martello o la stella rossa.

Pertanto, all'inizio di febbraio Franz Stephan Parteder ha preso parte ad una conferenza stampa internazionale tenutasi a Budapest. In questa maniera egli ha espresso la solidarietà del PCA della Stiria con il funzionario del partito comunista ungherese Attila Vajnai, contro il quale nel paese con noi confinante è stata sporta denunzia per avere portato una stella rossa. Lo scorso 5 febbraio il processo è stato aggiornato.

Nel corso della Conferenza Stampa, cui hanno preso parte anche il presidente del partito ungherese Janos Fratanolo e l'esponente del partito comunista slovacco András Prágay, Parteder ha sottolineato come una legge che sanziona i simboli del movimento operaio ungherese ed internazionale non può essere ammessa da un punto di vista democratico. Egli ha ricordato come il PCA della Stiria abbia partecipato alla campagna elettorale per il parlamento regionale usando la stella rossa ed anche il simbolo della falce e martello e lo slogan: "Non abbiate timore" dei comunisti.

Le differenze di opinione che esistono in Europa tra i comunisti e gli altri partiti progressisti della sinistra non possono, secondo la visione del PCA di Stiria, impedire che su questa questione sia espressa la necessaria ed urgente solidarietà.

(fine)



(castellano / francais / english)


Castro says US lied about 9/11 attacks

Mark Tran and agencies
Wednesday September 12, 2007
Guardian Unlimited

Fidel Castro today joined the band of September 11 conspiracy
theorists by accusing the US of spreading disinformation about the
attacks that took place six years ago.
In a 4,256-word article read by a Cuban television presenter last
night, the country's leader asserted that the Pentagon was hit by a
rocket, not a plane, because no traces were found of its passengers.
"Only a projectile could have created the geometrically round orifice
created by the alleged airplane," he said. "We were deceived as well
as the rest of the planet's inhabitants," he said...

http://www.guardian.co.uk/cuba/story/0,,2167354,00.html

---

9/11 is an inside job

The Empire and its lies

by Fidel Castro Ruz*

On the 6th anniversary of the September 11th attacks, the Cuban
television has broadcast a Venezuelan documentary about Thierry
Meyssan’s work. During the following debate, a message from President
Fidel Castro was read to the audience. As Hugo Chavez had done the
year before, he points the incoherencies of the Bushians’ story
around the events. Furthermore, explaining how a U.S. lobby had
attempted to assassinate Ronald Reagan, he explains how such crimes
and lies are rife within the Empire. Fidel Castro Ruz is the fifth
current head of state to take this stand...

http://www.voltairenet.org/article151391.html

---

L’Empire et ses mensonges

par Fidel Castro Ruz*

La télévision cubaine a diffusé, à l’occasion du 6e anniversaire des
attentats du 11 septembre, un documentaire vénézuélien consacré aux
analyses de Thierry Meyssan. Au cours du débat qui a suivi, un
message du président Fidel Castro a été lu. Comme l’avait fait le
président Hugo Chavez l’an passé, il y stigmatise les incohérences de
la version bushienne des événements. Plus encore, témoignant de la
manière dont un lobby états-unien avait tenté d’assassiner Ronald
Reagan, il explique comment de tels crimes et de tels mensonges ont
cours dans l’Empire. Fidel Castro Ruz est le 5e chef d’État en
exercice à prendre publiquement cette position...

http://www.voltairenet.org/article151437.html

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11 Septiembre: La Gran Impostura

El imperio y la mentira

por Fidel Castro Ruz*

La televisión cubana difundió, con motivo del sexto aniversario de
los atentados del 11 septiembre, un documental venezolano mostrando
los análisis del investigador Thierry Meyssan. Después de la
proyección hubo un debate en el cual se pronunció un mensaje del
presidente Fidel Castro, de la misma manera como lo hizo el
presidente Chávez el año pasado. El Comandante denunció las
incoherencias de la administración Bush en estos sucesos, así como el
intento del lobby estadounidense en asesinar Ronald Reagan en el
pasado. Explicando como tales crímenes y mentiras ocurren en el
Imperio. Fidel Castro es el quinto jefe de Estado a tomar posición
públicamente...

http://www.voltairenet.org/article151440.html